N. 103 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 gennaio 2006
Ordinanza emessa il 12 gennaio 2006 dal tribunale di Ravenna nel procedimento penale a carico di Blal Hassan Reati e pene - Circostanze del reato - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle circostanze inerenti alla persona del colpevole nel caso previsto dall'art. 99, quarto comma, cod. pen. (recidiva reiterata) - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Lesione del principio della funzione rieducativa della pena. - Codice penale, art. 69, comma 4, modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma.(GU n.15 del 12-4-2006 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87 (letta alla pubblica udienza del 12 gennaio 2006). In data 11 gennaio 2006 Hassan Blal e' stato arrestato dai Carabinieri di Ravenna nella flagranza del reato previsto dall'art. 73 d.P.R. n. 309/1990 e condotto davanti al giudice del dibattimento ex art. 558 c.p.p. per la convalida ed il giudizio direttissimo. Ad esito dell'udienza, il tribunale ha convalidato l'arresto. Hassan Blal, quindi, ha richiesto il giudizio abbreviato. Conseguentemente e' stata emessa ordinanza, ai sensi dell'art. 438 comma 4 del codice di rito. All'imputato viene contestata la detenzione di grammi 53,17 di hashish, non finalizzata all'uso personale e senza autorizzazione. Ritiene il giudicante che, alla luce delle modalita' della detenzione, delle condizioni soggettive dell'imputato e del quantitativo non esiguo della sostanza detenuta, il pubblico ministero abbia dimostrato l'insussistenza della detenzione per esclusivo uso personale, elemento negativo della condotta. Tuttavia, al giudicante pare chiara la configurabilita' nel caso di specie della circostanza ad effetto speciale prevista dal quinto comma dell'art. 73, d.P.R. n. 309/1990 (fatto di lieve entita), avuto particolare riguardo alta modesta quantita' dello stupefacente detenuto, in parte verosimilmente acquistato dal Blal per uso personale: l'episodio delittuoso, nel suo insieme, in riferimento alla consistenza qualitativa e quantitativa della droga oggetto dell'addebito, presenta connotati tali da poter essere definito di minore, minima offensivita' per la collettivita' (in proposito cfr., fra le ultime, Cass. 19 ottobre 2004, Bassi e altri; Cass. 3 novembre 2004, Nwbodo e altri Cass. 2 dicembre 2004, Grado e altri; Cass. 3 febbraio 2005, Pronesti'; Cass. 21 giugno 2005, Lantani e altro). In diritto, va ricordato l'orientamento della giurisprudenza di legittimita', cosi' costante da costituire «diritto vivente», secondo il quale, con la previsione dell'art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/1990, non si e' introdotta una fattispecie autonoma di reato bensi' una circostanza attenuante ad effetto speciale (cosi', anche da ultimo, Cass. 24 febbraio 2005, Cianchetta e Cass. 21 dicembre 2004, D'Aquilio), soggetta ovviamente, nel caso di concorso con una o piu' circostanze aggravanti, al giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 comma 4 c.p., (in questo senso, espressamente, cfr., Cass. 15 ottobre 2002 Mazzei; Cass. 17 aprile 1998, Piccardi; Cass. 12 dicembre 1997, Vassalli; Cass. 16 aprile 1997, Bettoschi, Cass. 8 luglio 1993, Cappelli; Cass. 4 novembre 1992, Pezzolet) con l'ulteriore conseguenza che, in caso di ritenuta equivalenza; la pena e' determinata senza tener conto di alcuna delle circostanze, ai sensi dell'art. 69 comma terzo codice penale. Il quarto comma dello stesso art. 69 prescrive che il suddetto giudizio di comparazione (o di bilanciamento) delle circostanze sia esteso anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole. Tuttavia, detto comma e' stato modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005 n. 251, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2005 ed entrata in vigore il giorno successivo: a seguito della «novella» (consistita nell'aggiunta della locuzione: «esclusi i casi previsti dall'art. 99, quarto comma, nonche' dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi e' divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti), nel caso di recidiva reiterata, eventuali circostanze attenuanti potranno tutt'al piu' essere valutate equivalenti rispetto alla recidiva medesima. Nella fattispecie l'imputato e' recidivo reiterato, atteso che lo stesso ha riportato sette precedenti condanne per delitti dolosi. La recidiva reiterata puo' essere ritenuta, pur in mancanza di una precedente apposita dichiarazione giudiziale dello status di recidivo, e che non ha natura costitutiva (Cass. 16 marzo 2004, Marchetta e Cass. 6 maggio 2003 Andreucci, Andreucci). La finalita' del giudizio di comparazione previsto dall'art. 69 c.p., che attribuisce al giudice la valutazione della prevalenza o equivalenza in caso di concorrenza fra circostanze aggravanti ed attenuanti, e' quella risultante dallo schema dell'art. 133 c.p., dovendosi cosi' valutare il fatto delittuoso, nell'esercizio del potere discrezionale riconosciuto da tale norma, nella sua complessita', avuto anche riguardo alle circostanze inerenti la persona del colpevole, dando poi rilievo a quello od a quegli elementi positivi o negativi qualificanti il reato ed il suo autore, ritenuti maggiormente significativi o di valore decisivo; in altri termini, si tratta di apprezzare la personalita' del colpevole e l'entita' del fatto, onde conseguire il perfetto adattamento ella pena al caso concreto (in questo senso cfr., da ultimo, Cass. 28 giugno 2005, Matti). Nel caso di specie, va evidenziato che la gravita' del fatto e la conseguente pericolosita' della condotta risultano di modesta entita' (avuto riguardo alla detenzione di un piccolo quantitativo di droga leggera) e che i precedenti penali dell'imputato, anche se numerosi, si riferiscono a fatti di non rilevante allarme sociale; in due casi, poi, la pena venne sospesa, in altri tre casi la pena detentiva venne sostituita ed in un caso venne inflitta la sola pena pecuniaria. Trattasi, inoltre, di episodi verificatisi negli anni '90, a parte l'ultimo, risalente comunque al 2001 (condanna con decreto penale per il delitto di lesione personale). In considerazione di questi elementi, prima della ricordata «novella», la circostanza attenuante ad effetto speciale sarebbe stata ritenuta senz'altro prevalente sulla stata recidiva, valutazione ora preclusa dalla formulazione dell'art. 69 ultimo comma codice penale. Nel caso di specie, dunque, concessa detta attenuante in equivalenza con la contestata recidiva, la pena minima da infliggere all'imputato - prima della applicazione della diminuente per il rito - sarebbe quella di due anni di reclusione e 5.164 euro di multa, prevista dall'art. 73 comma 4 d.P.R. n. 309/1990, pena che appare manifestamente sproporzionata e non adeguata rispetto alla condotta posta in essere dall'imputato. L'attuale formulazione dell'art. 69 comma quarto c.p., come modificato dall'art. 3 della legge 5 dicembre 2005 n. 251, appare al giudicante in contrasto, innanzitutto, con l'art. 3 comma 1 Cost. e, quindi, con il principio di ragionevolezza quale accezione particolare del principio di uguaglianza. E' noto che la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che rientra nella discrezionalita' del legislatore la determinazione della quantita' e della qualita' della sanzione penale; nel contempo, pero', il giudice delle leggi ha evidenziato in numerose pronunzie (cfr., ad es., le ordinanze n. 438 del 2001, n. 207 del 1999, n. 368 del 1995, n. 435 del 1998, n. 456 del 1997) che l'esercizio di tale discrezionalita' puo' essere sindacato quando esso non rispetti il limite della ragionevolezza e dia luogo quindi, a una disparita' di trattamento palesemente irragionevole. Anche da ultimo, il giudice delle leggi ha opportunamente ribadito che «a prescindere dal rispetto di altri parametri, la normativa deve essere anzitutto conforme a criteri di intrinseca ragionevolezza» (cosi' la sentenza n. 78 del 10-18 febbraio 2005). La sproporzione e l'irragionevolezza del trattamento sanzionatorio per casi quali quello in esame, avente una modesta offensivita', confliggono anche il principio della funzione rieducativa della pena (art. 27, comma 3 Cost.), non apparendo soddisfacente, per motivare eventualmente la compatibilita' della norma in esame con detta funzione, la mera possibilita' di avvalersi, solo in sede esecutiva, delle misure alternative alla detenzione previste dall'ordinamento. La preclusione imposta al giudice di formulare eventualmente un giudizio di prevalenza di una o piu' circostanze attenuanti rispetto alla recidiva reiterata, senza eccezione alcuna, comporta un appiattimento del trattamento sanzionatorio per situazioni che potrebbero essere assai diverse e potrebbe imporre - come nel caso di specie - l'applicazione di una pena manifestamente sproporzionata ed irragionevole, l'espiazione della quale non consentirebbe una rieducazione del condannato. Certamente sono ipotizzabili altri casi ove l'irragionevolezza della norma contestata sarebbe ancora piu' evidente. Volendo fare un solo esempio (ma ve ne potrebbero essere tanti analoghi), si pensi all'imputato, in precedenza condannato per un'ingiuria e per una minaccia (fatti commessi in due diverse occasioni, non avvinti dal vincolo della costituzione, giudicati con separati processi), il quale ceda una dose di eroi ad una terza persona: configurata l'ipotesi attenuata di cui all'art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309/1990 (necessariamente) equivalente alla recidiva reiterata, l'imputato dovrebbe essere condannato alla pena minima di otto anni di reclusione e 25.822 euro di multa! La questione proposta, dunque, appare rilevante nel giudizio de quo (dovendo il giudicante emettere una sentenza di condanna ad una pena non inferiore a quella prevista dall'art. 73 comma 4 d.P.R. n. 309/1990) e manifestamente non infondata (alla luce delle valutazioni sommariamente espresse).
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 69, comma quarto c.p., come modificato dall'art. 3 della legge n. 251, nella parte in cui vi e' divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle circostanze inerenti alla persona del colpevole, nel caso previsto dall'art. 99 quarto comma codice penale. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia comunicata al presidente del Consiglio dei ministri e ai presidenti delle due Camere del Parlamento. Ravenna, addi' 12 gennaio 2006 Il giudice: Messini D'Agostini 06C0304