N. 142 ORDINANZA 3 - 7 aprile 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  - Straniero - Sentenza di non luogo a procedere per
  avvenuta  espulsione - Adozione consentita nei soli casi in cui non
  sia  stata  ancora  instaurata  la  fase  del giudizio - Denunciata
  lesione  del  principio  di  eguaglianza  e del diritto di difesa -
  Rilevanza  futura ed ipotetica della questione nel giudizio a quo -
  Manifesta inammissibilita'.
- D.lgs.   25 luglio   1998,  n. 286  (come  modificato  dalla  legge
  30 luglio 2002, n. 189), art. 13, commi 3 e 3-quater.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
Processo  penale  - Straniero - Sentenza di non luogo a procedere per
  avvenuta  espulsione - Adozione consentita nei soli casi in cui non
  sia  stata  ancora  instaurata  la  fase  del giudizio - Denunciata
  disparita' di trattamento - Manifesta infondatezza delle questioni.
- D.lgs.   25 luglio   1998,  n. 286  (come  modificato  dalla  legge
  30 luglio 2002, n. 189), art. 13, comma 3-quater.
- Costituzione, art. 3.
Processo  penale  - Straniero - Sentenza di non luogo a procedere per
  avvenuta  espulsione - Adozione consentita nei soli casi in cui non
  sia  stata  ancora  instaurata  la  fase  del giudizio - Denunciata
  lesione  del  diritto  di  difesa  e  delle garanzie del processo -
  Inadeguata   ponderazione   del   quadro   normativo   -  Manifesta
  inammissibilita' delle questioni.
- D.lgs.   25 luglio   1998,  n. 286  (come  modificato  dalla  legge
  30 luglio 2002, n. 189), art. 13, comma 3-quater.
- Costituzione, artt. 24, secondo comma, e 111.
Processo  penale  - Straniero - Sentenza di non luogo a procedere per
  avvenuta  espulsione - Adozione consentita nei soli casi in cui non
  sia  stata  ancora  instaurata  la  fase  del giudizio - Denunciata
  disparita'  di  trattamento  - Omessa descrizione della fattispecie
  concreta  oggetto  del  giudizio  a quo e carenza di motivazione in
  ordine alla rilevanza della questione - Manifesta inammissibilita'.
- D.lgs.   25 luglio   1998,  n. 286  (come  modificato  dalla  legge
  30 luglio 2002, n. 189), art. 13, comma 3-quater.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.15 del 12-4-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Luigi  MAZZELLA,  Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria
Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 13, commi 3 e
3-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme  sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifiche  alla  normativa  in  materia di
immigrazione e di asilo), promossi con ordinanze del 20 febbraio 2003
dal  Tribunale  di  Ascoli Piceno, sezione distaccata di S. Benedetto
del  Tronto,  del  30 luglio  2003  (due  ordinanze) dal Tribunale di
Lucera  e del 13 luglio 2004 dal Tribunale di Pesaro, rispettivamente
iscritte  ai numeri 437, 1006 e 1007 del registro ordinanze 2003 e al
n. 87  del  registro  ordinanze  2005  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  numeri  28  e  48,  1ª  serie speciale,
dell'anno 2003 e n. 10, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio del 22 febbraio 2006 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che  con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Ascoli
Piceno,  sezione  distaccata di S. Benedetto del Tronto, ha sollevato
questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3
e  24  della  Costituzione,  dell'art. 13,  commi 3  e  3-quater, del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero),  come  modificato  dalla  legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifiche  alla  normativa  in  materia di
immigrazione  e di asilo), nella parte in cui non consente al giudice
del  dibattimento  di  emettere  sentenza  di  non  luogo a procedere
qualora,  a  seguito  del  rilascio  del nulla osta, sia acquisita la
prova dell'avvenuta espulsione dell'imputato;
        che  il  giudice  a  quo  premette, in punto di fatto, che un
cittadino  extracomunitario,  imputato  del reato di cui all'art. 385
del  codice penale, era stato tratto a giudizio con citazione diretta
per l'udienza del 28 marzo 2003;
        che   la   Questura  di  Ancona,  con  domanda  pervenuta  il
7 febbraio   2003,   aveva   chiesto   il  rilascio  del  nulla  osta
all'espulsione  dell'imputato,  ai  sensi  dell'art. 13, comma 3, del
d.lgs. n. 286 del 1998;
        che,   ad   avviso   del  rimettente,  la  norma  ora  citata
risulterebbe   lesiva   -   avuto  riguardo  anche  al  disposto  del
comma 3-quater   del  medesimo  art. 13  -  tanto  del  principio  di
eguaglianza che del diritto di difesa dello straniero;
        che sarebbe evidente, infatti, l'ingiustificata disparita' di
trattamento tra lo straniero che ha commesso un reato per il quale e'
prevista  l'udienza  preliminare e lo straniero che e' stato tratto a
giudizio  con  procedimento  direttissimo  o con citazione diretta ai
sensi dell'art. 550 del codice di procedura penale;
        che mentre nel primo caso, infatti, le disposizioni censurate
consentono  al  giudice  dell'udienza  preliminare  di pronunciare, a
seguito   dell'acquisizione  della  prova  dell'avvenuta  espulsione,
sentenza  di  non  luogo  a procedere ex art. 425 cod. proc. pen; nel
secondo caso, lo straniero non avrebbe invece diritto ne' ad una tale
pronuncia,  ne'  tanto  meno  a  quella  di proscioglimento prima del
dibattimento ai sensi dell'art. 469 cod. proc. pen., risultando l'una
e  l'altra  precluse  -  alla  luce di quanto stabilito dall'art. 13,
comma 3-quater,  del d.lgs. n. 286 del 1998 - dall'avvenuta emissione
del provvedimento che dispone il giudizio;
        che  sussisterebbe,  pertanto,  un  «vuoto  normativo» tra il
provvedimento  ora  indicato  e  la  sentenza  di primo grado, atto a
compromettere  i  parametri  costituzionali  evocati,  posto  che  lo
straniero tratto a giudizio con citazione diretta, una volta espulso,
non  avrebbe  la possibilita' di difendersi, ne' di venire prosciolto
con la formula di non doversi procedere;
        che  la  questione sarebbe altresi' rilevante, in quanto, per
le  considerazioni  dianzi  indicate,  l'eventuale rilascio del nulla
osta   all'espulsione   comporterebbe   la   violazione   di  diritti
costituzionalmente protetti dell'imputato;
        che  con  le  due ordinanze indicate in epigrafe, di identico
tenore, il Tribunale di Lucera ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 111
Cost.,  dell'art. 13,  comma 3-quater,  del  d.lgs.  n. 286 del 1998,
limitatamente   all'inciso   «se   non  e'  stato  ancora  emesso  il
provvedimento  che  dispone  il  giudizio»  ed  alla parte in cui non
prevede  che, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, il giudice
del dibattimento emetta sentenza di non luogo a procedere;
        che  il  rimettente  riferisce  che  l'imputato  -  cittadino
extracomunitario  tratto  in arresto per il reato di cui all'art. 14,
comma 5-ter, del d.lgs. n. 286 del 1998 - era stato presentato per la
convalida della misura;
        che,  disposta  la  convalida,  era stato rilasciato anche il
nulla  osta  all'espulsione  amministrativa,  a  norma  dell'art. 13,
commi 3  e  3-bis,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  e  si era quindi
proceduto a giudizio direttissimo, obbligatorio in relazione al reato
contestato;
        che,  avendo l'imputato chiesto ed ottenuto termine a difesa,
ai  sensi  dell'art. 558,  comma 7,  cod. proc. pen., alla successiva
udienza era stata acquisita prova della sua espulsione;
        che,  cio'  premesso, il rimettente osserva come le norme che
prevedono  il  rilascio del nulla osta all'espulsione, all'atto della
convalida  dell'arresto,  escludono  che il giudice possa negarlo per
consentire all'imputato di essere presente nel processo;
        che  l'art. 13,  comma 3-quater,  del  d.lgs. n. 286 del 1998
stabilisce,  a  sua  volta,  che  nei confronti degli imputati, per i
quali    sia    acquisita    la    prova   dell'avvenuta   esecuzione
dell'espulsione,   debba   pronunciarsi   sentenza  di  non  luogo  a
procedere,  salvo  che  sia  stato  gia'  emesso il provvedimento che
dispone il giudizio;
        che   nella   specie,  essendo  stato  disposto  il  giudizio
direttissimo,  non  sarebbe  dunque piu' possibile la pronuncia della
sentenza  dianzi  indicata:  e  cio'  quantunque  l'imputato  risulti
assente per causa indipendente dalla sua volonta';
        che  tale  meccanismo  contrasterebbe  con  diversi  precetti
costituzionali;
        che   esso   determinerebbe,   infatti,   una  disparita'  di
trattamento  tra  gli  imputati  del  tutto  irragionevole, in quanto
dipendente  da fattori meramente casuali, ossia dalla circostanza che
le  condizioni  per  il  rilascio  del  nulla  osta all'espulsione si
concretizzino  prima  del rinvio a giudizio, ovvero contestualmente o
successivamente a questo;
        che  la  sperequazione  censurata  non sarebbe giustificabile
neppure con una finalita' di deflazione processuale, posto che, anche
rispetto  all'imputato  gia' rinviato a giudizio, l'espulsione previo
nulla  osta  dell'autorita' giudiziaria potrebbe aver luogo prima che
sia aperto il dibattimento;
        che  la  previsione  per  cui il dibattimento puo' proseguire
contro  lo straniero gia' espulso violerebbe, altresi', il diritto di
difesa, non potendosi ritenere applicabili, nell'ipotesi considerata,
le  disposizioni  in  tema  di  legittimo  impedimento  dell'imputato
(artt. 484,  comma 2-bis,  e  420-ter  cod.  proc.  pen.):  e cio' in
quanto,   da   un   lato,   ove  si  facesse  applicazione  di  dette
disposizioni,  si  determinerebbe  una sospensione a tempo indefinito
del  processo  in  dipendenza  di  provvedimenti  amministrativi;  e,
dall'altro  lato, la lettera dell'art. 13, comma 3-quater, del d.lgs.
n. 286  del 1998 lascerebbe intendere che si debba comunque procedere
nei confronti degli imputati espulsi, gia' rinviati a giudizio;
        che  sarebbe  violato,  da ultimo, l'art. 111 Cost., il quale
enuncia,  con riguardo al processo penale, una serie di principi e di
regole  di  garanzia  -  principio  del  contraddittorio,  diritto  a
disporre  di  condizioni  adeguate  per  preparare la propria difesa,
diritto  di  interrogare  o  fare interrogare i dichiaranti a carico,
diritto  all'interprete - che presuppongono la facolta' dell'imputato
di   presenziare   al   processo  a  suo  carico,  risultando  dunque
incompatibili con le norme che limitano tale facolta';
        che  con  l'ordinanza  in  epigrafe il Tribunale di Pesaro ha
sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 13,  comma 3-quater,  del d.lgs. n. 286 del
1998;
        che  il  rimettente  ritiene  rilevante  e non manifestamente
infondata la questione prospettata dalla difesa dell'imputato, stante
la  palese  e  non  giustificata  disparita'  di  trattamento tra gli
indagati  extracomunitari  espulsi,  nei cui confronti si procede per
reati  che  prevedono  l'udienza  preliminare,  in  ordine  ai  quali
soltanto,  se non e' stato ancora emesso il provvedimento che dispone
il  giudizio,  deve  essere  pronunciata  sentenza  di  non  luogo  a
procedere;  e tutti gli altri indagati, nonche' gli imputati tratti a
giudizio  con  citazione  diretta - come nel caso di specie - i quali
non potrebbero ottenere analoga sentenza;
        che  nei giudizi di costituzionalita' relativi alle ordinanze
del  Tribunale  di  Ascoli  Piceno  e  del  Tribunale  di  Lucera  e'
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che
le questioni siano dichiarate inammissibili o infondate.
    Considerato  che  le  ordinanze  di rimessione sollevano analoghe
questioni,  onde i relativi giudizi vanno riuniti per essere definiti
con unica pronuncia;
        che  la questione sollevata dal Tribunale di Ascoli Piceno e'
manifestamente inammissibile, essendo la sua rilevanza nel giudizio a
quo solo futura ed ipotetica;
        che  il  Tribunale  rimettente invoca, difatti, una pronuncia
che  consenta  anche  al  giudice  del  dibattimento  di  emettere la
sentenza   di   non   luogo   a  procedere  per  avvenuta  espulsione
dell'imputato,   di   cui  all'art. 13,  comma 3-quater,  del  d.lgs.
25 luglio 1998, n. 286;
        che,  tuttavia,  il  giudice  a  quo  formula  il  quesito di
costituzionalita'  prima del dibattimento, in sede di decisione sulla
richiesta  di rilascio del nulla osta all'espulsione di uno straniero
ancora presente nel territorio nazionale;
        che,   di   conseguenza,  la  questione  risulta  palesemente
prematura, giacche' nel giudizio principale il problema dell'asserita
esigenza costituzionale di estendere l'ambito applicativo della norma
denunciata nei termini dianzi indicati non e' attuale;
        che  tale problema avra' ragione di porsi, infatti, solo dopo
l'avvenuta  esecuzione  dell'espulsione  e  sempre  che  questa abbia
concretamente luogo prima che il dibattimento sia concluso: evenienza
che - giova aggiungere - ove si consideri che nella specie l'imputato
risultava  citato  a  giudizio  a  poco  piu'  di  un mese dalla data
dell'ordinanza  di rimessione, non puo' considerarsi ineluttabile non
solo   in   punto   di  fatto,  attese  le  difficolta'  che  possono
concretamente  frapporsi  alla materiale attuazione dei provvedimenti
espulsivi;  ma  neppure  in punto di diritto, posto che l'art. 14 del
d.lgs.   n. 286  del  1998  contempla,  in  presenza  di  determinati
presupposti,  la  possibilita'  del  trattenimento  preliminare dello
straniero  espellendo  presso un centro di permanenza temporanea fino
ad un massimo di sessanta giorni (oltre che del ricorso al meccanismo
dell'intimazione,  penalmente  sanzionata,  a  lasciare il territorio
nazionale);
        che con riguardo, poi, alla questione sollevata dal Tribunale
di  Lucera, il giudice a quo dubita, analogamente, della legittimita'
costituzionale  dell'art. 13,  comma 3-quater,  del d.lgs. n. 286 del
1998, nella parte in cui subordina la pronuncia della sentenza di non
luogo  a  procedere  per avvenuta espulsione alla condizione negativa
espressa  dall'inciso «se non e' ancora stato emesso il provvedimento
che   dispone   il   giudizio»:  impedendo,  cosi',  al  giudice  del
dibattimento la declaratoria di improcedibilita';
        che, ad avviso del rimettente, la norma impugnata si porrebbe
in   contrasto,  anzitutto,  con  l'art. 3  Cost.,  determinando  una
disparita'  di  trattamento fra gli imputati in dipendenza di fattori
puramente  casuali,  legati  al  rapporto  cronologico tra esecuzione
dell'espulsione   e   rinvio   a   giudizio  (l'imputato  «beneficia»
dell'improcedibilita'  solo  se la prima si realizza anteriormente al
secondo);
        che,  in  proposito,  questa Corte ha peraltro reiteratamente
affermato  che  rientra  nella  discrezionalita' del legislatore, una
volta  individuata  una  causa  estintiva  del  reato,  stabilire gli
effetti  ed  i  limiti  temporali  di  essa,  in relazione allo stato
dell'azione  penale  (cfr.  sentenza n. 85 del 1998; ordinanze n. 219
del 1997; n. 137 e n. 294 del 1996);
        che  il  principio  e'  stato ritenuto estensibile anche alle
cause  sopravvenute  di  non punibilita' legate a condotte lato sensu
riparatorie,  valendo  anche  in relazione a queste il rilievo che si
tratta di una non punibilita' dovuta a ragioni di politica criminale,
e  non  gia'  conseguente alla caduta dell'antigiuridicita' per cause
intrinseche  al  nucleo  sostanziale  dell'illecito  (cfr.  ordinanza
n. 155 del 2005);
        che  ad analoga conclusione deve peraltro pervenirsi anche in
rapporto  all'istituto  contemplato dall'art. 13, comma 3-quater, del
d.lgs.  n. 286  del 1998: istituto nel quale puo' scorgersi - al lume
delle  correnti  ricostruzioni  -  una  condizione  di procedibilita'
atipica,  che  trova la sua ratio nel diminuito interesse dello Stato
alla  punizione  di soggetti ormai estromessi dal proprio territorio,
in un'ottica similare - anche se non identica - a quella sottesa alle
previsioni  degli artt. 9 e 10 cod. pen., non disgiunta, peraltro, da
esigenze deflattive del carico penale;
        che, sotto questo profilo, non puo' considerarsi, di per se',
manifestamente irrazionale ed arbitraria la scelta del legislatore di
circoscrivere  l'operativita'  della  condizione di procedibilita' in
questione  -  sulla  base della discrezionale valutazione che solo in
detta ipotesi l'interesse al perseguimento del colpevole diminuisca a
tal  segno  da  giustificare la paralisi dell'azione penale (la quale
potra'  riprendere  il  suo  libero corso unicamente ove lo straniero
rientri  illegalmente  nel  territorio  dello  Stato, entro i termini
indicati  dal  comma 3-quinquies  dell'art. 13  del d.lgs. n. 286 del
1998)  -  ai soli casi in cui non sia stata ancora instaurata la fase
del  giudizio,  la quale ultima presuppone che gli elementi di accusa
gia' raccolti abbiano raggiunto una adeguata consistenza;
        che,  in  tale  prospettiva,  la  disparita'  di  trattamento
denunciata  dal  rimettente  - legata al gioco dei molteplici fattori
che  possono  rendere  piu' o meno celeri, nei singoli casi concreti,
vuoi  l'esecuzione dell'espulsione vuoi il corso dell'azione penale -
viene  a  risolversi  in una disparita' di mero fatto, inidonea, come
tale,  per  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte, a fondare un
giudizio  di  violazione  del  principio  di  eguaglianza  (cfr.,  ex
plurimis, ordinanze n. 155 del 2005 e n. 173 del 2003);
        che   per   tal  verso,  dunque,  la  questione  deve  essere
dichiarata manifestamente infondata;
        che,  quanto  alle  residue  censure, il Tribunale rimettente
afferma in modo puramente assiomatico che l'imputato espulso vedrebbe
compromesso  il  proprio  diritto  di  difesa e le ulteriori garanzie
accordate dall'art. 111 Cost., sul presupposto di una sua facolta' di
partecipazione  personale  al processo, senza prendere minimamente in
considerazione  - anche solo al fine di sindacarne la congruita' - lo
specifico  strumento  deputato,  negli  intenti  del  legislatore,  a
scongiurare l'anzidetto vulnus: vale a dire la facolta' di rientro in
Italia  per  l'esercizio del diritto di difesa, che - sulla falsariga
del   previgente   art. 7,   comma 12-quinquies,   del  decreto-legge
30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia di asilo politico,
di   ingresso   e   soggiorno  dei  cittadini  extracomunitari  e  di
regolarizzazione   dei  cittadini  extracomunitari  ed  apolidi  gia'
presenti  nel territorio dello Stato), convertito, con modificazioni,
in  legge  28 febbraio  1990, n. 39 - l'art. 17 del d.lgs. n. 286 del
1998  riconosce  allo  straniero  espulso  sottoposto  a procedimento
penale;
        che, sotto tale profilo, la questione deve ritenersi pertanto
manifestamente  inammissibile  per inadeguata ponderazione del quadro
normativo;
        che quanto, infine, alla questione sollevata dal Tribunale di
Pesaro,  l'ordinanza  di  rimessione  difetta della descrizione della
fattispecie concreta oggetto del giudizio a quo ed e' del tutto priva
di  motivazione  in  ordine  alla rilevanza della questione: carenze,
queste,  che  implicano la manifesta inammissibilita' della questione
stessa (ex plurimis, ordinanze n. 432 e n. 333 del 2005).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 13,  commi 3  e 3-quater, del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero),  come  modificato  dalla  legge
30 luglio  2002,  n. 189  (Modifiche  alla  normativa  in  materia di
immigrazione e di asilo), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24
della   Costituzione,   dal   Tribunale  di  Ascoli  Piceno,  sezione
distaccata  di  S.  Benedetto del Tronto, con l'ordinanza indicata in
epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale dell'art. 13, comma 3-quater, del citato
decreto   legislativo  n. 286  del  1998  sollevate,  in  riferimento
all'art. 3  della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Lucera  con  le
ordinanze indicate in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale del medesimo art. 13, comma 3-quater, del
decreto  legislativo  n. 286  del 1998 sollevate, in riferimento agli
artt. 24,  secondo  comma, e 111 della Costituzione, dal Tribunale di
Lucera con le ordinanze indicate in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dello stesso art. 13, comma 3-quater, del
decreto   legislativo  n. 286  del  1998  sollevata,  in  riferimento
all'art. 3   della   Costituzione,   dal   Tribunale  di  Pesaro  con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 aprile 2006.
                         Il Presidente: Bile
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 7 aprile 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0311