N. 170 ORDINANZA 5 - 21 aprile 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Reati  e  pene - Violenza sessuale di gruppo - Circostanza attenuante
  per  i  «casi  di minore gravita» - Mancata previsione - Denunciata
  disparita'   di   trattamento   rispetto   alla  violenza  sessuale
  monosoggettiva  e  incongruenza della pena - Manifesta infondatezza
  della questione.
- Cod. pen., art. 609-octies.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.17 del 26-4-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:, Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 609-octies del
codice  penale,  promosso  con  ordinanza  del  14 dicembre  2004 dal
Tribunale di Milano, iscritta al n. 186 del registro ordinanze 2005 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, 1ª serie
speciale, dell'anno 2005.
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 marzo 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza deliberata il 14 dicembre 2004, il
Tribunale  di  Milano, nona sezione penale, ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 609-octies del codice penale,
in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione;
        che  nel  giudizio  a quo si procede, secondo quanto riferito
dal  Tribunale rimettente, con riguardo alla condotta di due uomini i
quali,  in evidente stato di ubriachezza, avvicinando in ora notturna
due  donne  che  camminavano  in  una strada urbana, avevano dapprima
rivolto  loro  «pesanti apprezzamenti», e poi «erano passati alle vie
di fatto, palpeggiando loro i glutei»;
        che  per  tale  condotta,  nei  confronti  dell'unico  agente
identificato,   e'  stata  elevata  imputazione  per  il  delitto  di
«violenza  sessuale  di  gruppo»,  come delineato all'art. 609-octies
cod. pen;
        che  in  esito al giudizio, celebrato con rito abbreviato, il
pubblico  ministero  e  la  difesa dell'imputato hanno fatto concorde
richiesta  di  applicazione  dell'attenuante di cui all'art. 609-bis,
terzo   comma,   cod.  pen.,  norma  con  la  quale  il  legislatore,
immediatamente  dopo  aver delineato le figure delittuose di violenza
sessuale  individuale,  ha  prescritto una diminuzione della pena, in
misura non eccedente i due terzi, per i casi di «minore gravita»;
        che  secondo  il  rimettente,  pur  dovendosi  condividere il
giudizio  di  ridotta  valenza  offensiva  del  fatto  contestato, la
richiesta   delle  parti  non  puo'  essere  accolta,  posto  che  la
fattispecie  circostanziale  invocata  non  e'  applicabile  al reato
previsto  dall'art. 609-octies  cod.  pen.,  come piu' volte ritenuto
dalla giurisprudenza di legittimita';
        che  d'altra  parte,  a  parere del Tribunale, la condotta in
contestazione  e'  stata  correttamente  qualificata  come  «violenza
sessuale  di gruppo», reato per la cui integrazione e' sufficiente la
mera  presenza  di  piu'  persone  sul luogo e nel momento del fatto,
anche  se  una  sola  tra esse ponga materialmente in essere gli atti
sessuali  descritti  al precedente art. 609-bis cod. pen., purche' si
tratti   di  soggetti  che  forniscano  un  contributo  causale  alla
realizzazione dell'illecito;
        che  il  rimettente,  stabilita l'inapplicabilita' al caso di
specie  dell'attenuante  di cui al terzo comma dell'art. 609-bis cod.
pen.,  assume  che una siffatta disciplina sarebbe in contrasto con i
principi  costituzionali  di ragionevolezza e di finalizzazione della
pena alla rieducazione del condannato;
        che  nell'attuale  quadro  normativo - introdotto dalla legge
15 febbraio  1996,  n. 66  (Norme  contro  la violenza sessuale) - la
soppressione  del tradizionale distinguo tra violenza carnale ed atti
di libidine, con la conseguente previsione di valori edittali di pena
comuni  a tutti gli «atti sessuali» connotati da violenza effettiva o
presunta, trova compensazione, secondo il Tribunale, in un sistema di
circostanze  attenuanti idoneo a consentire il necessario adeguamento
della sanzione al caso concreto;
        che in questa logica si inseriscono, a parere del rimettente,
la  previsione  del  terzo comma dell'art. 609-bis, applicabile anche
quando   la   violenza   sessuale  monosoggettiva  sia  aggravata  ex
art. 609-ter  cod.  pen;  l'analoga  previsione di cui al terzo comma
dell'art. 609-quater,   che  consente  riduzioni  di  pena  nei  casi
riguardanti  vittime  minori  d'eta'; le stesse figure circostanziali
concernenti  la  «violenza  sessuale  di gruppo», cioe' le attenuanti
configurate  per  il  concorrente  che  abbia avuto minima importanza
nella preparazione o nella esecuzione del reato, e per quello che sia
stato indotto alla partecipazione per effetto dell'indebita influenza
da  altri  esercitata  (art. 609-octies,  terzo  comma,  in relazione
all'art. 112, primo comma, numeri 3 e 4, e terzo comma, cod. pen.);
        che   costituirebbe   un'anomalia,  in  un  quadro  siffatto,
l'assenza  di una fattispecie circostanziale che consenta di modulare
il trattamento della «violenza sessuale di gruppo» non con riguardo a
profili  «soggettivi» concernenti singoli partecipi, ma relativamente
alla  dimensione  «oggettiva»  del  fatto  che,  per il contesto e le
modalita'  di  esecuzione,  presenti  una valenza offensiva minore di
altre ipotesi riconducibili alla medesima figura incriminatrice;
        che,   secondo  il  Tribunale,  la  disciplina  in  questione
contrasterebbe con l'art. 27 Cost., posto che una sanzione inadeguata
all'entita'  del  fatto  ed  alla capacita' criminale del reo sarebbe
priva di funzionalita' rieducativa;
        che la stessa disciplina presenterebbe, d'altra parte, almeno
due   profili   di   irragionevolezza:  il  primo,  «intrinseco  alla
fattispecie   prevista   dall'art. 609-octies»,  consisterebbe  nella
preclusa  possibilita'  di  differenziare  adeguatamente,  sul  piano
sanzionatorio,   il   trattamento   di  «fatti  incidenti  in  misura
notevolmente  diversa  sull'interesse giuridico da tutelare»; sarebbe
incongruo, in secondo luogo, il diverso regime delineato per fatti di
gravita'  assimilata  dallo  stesso  legislatore,  come  la  violenza
sessuale   monosoggettiva   (nei   casi  in  cui  ricorre  una  delle
circostanze  di  cui  all'art. 609-ter  cod.  pen.)  e  la  «violenza
sessuale  di  gruppo»,  condotte  per  le quali sono fissati identici
valori  edittali  di  pena:  mentre infatti, nel trattamento del caso
concreto,  la  sanzione  per  la  condotta  individuale  puo'  essere
ridimensionata   eliminando  l'aggravante  attraverso  il  meccanismo
comparativo  regolato  dall'art. 69  cod.  pen.,  per  la violenza di
gruppo, delineata quale autonoma figura di reato, detto strumento non
e' utilizzabile, e tale situazione dilata gli effetti dell'assenza di
una specifica previsione attenuante per i casi di «minore gravita»;
        che dunque la normativa impugnata contrasterebbe con l'art. 3
Cost.,  secondo  il  rimettente,  sia  per l'identita' di trattamento
riservato a situazioni di differente gravita', sia per la difformita'
del trattamento conseguente a condotte di pari offensivita'.
    Considerato  che analoga questione di legittimita' costituzionale
della  disciplina della «violenza sessuale di gruppo», nella parte in
cui  non  prevede  una  circostanza  attenuante per i «casi di minore
gravita»,  e'  gia'  stata dichiarata non fondata da questa Corte, in
riferimento  agli artt. 3 e 27 Cost., con la sentenza n. 325 del 2005
(deliberata successivamente all'ordinanza di rimessione del Tribunale
di Milano);
        che  con  la  citata  sentenza  questa  Corte  ha ribadito il
proprio  orientamento  (espresso  sin  dalla sentenza n. 26 del 1979)
secondo  cui  la  determinazione  del  trattamento  sanzionatorio per
condotte  penalmente  rilevanti  rientra  nella  discrezionalita' del
legislatore,   salva   la   possibilita'   di  sindacato  per  scelte
palesemente  arbitrarie  o  irragionevoli, tali da evidenziare un uso
distorto di tale discrezionalita';
        che,  per  la  specifica  disciplina in esame, si e' ritenuta
improponibile  una  diretta comparazione con le regole concernenti la
violenza   sessuale  monosoggettiva,  attesa  la  peculiare  gravita'
dell'offesa recata da piu' persone riunite, e che l'omessa previsione
di  un'attenuante  per  i  «casi  di  minore  gravita»,  malgrado  la
latitudine dei comportamenti riconducibili alla norma incriminatrice,
non   e'  stata  ritenuta  palesemente  irragionevole,  arbitraria  o
ingiustificata,  cosi' da determinare un contrasto con l'art. 3 Cost.
(e  dunque,  in  forza  della  pretesa  incongruenza  della  pena, la
violazione dell'art. 27, terzo comma, Cost.);
        che l'ordinanza di rimessione in esame non prospetta elementi
nuovi  o  argomentazioni  tali  da indurre questa Corte a rivedere le
conclusioni gia' espresse sulla questione sollevata;
        che,   pertanto,   detta  questione  deve  essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 609-octies del codice penale,
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal
Tribunale di Milano, nona sezione penale, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 aprile 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 aprile 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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