N. 183 SENTENZA 20 aprile - 5 maggio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Reati  e pene - Ambiente - Irrilevanza penale di determinati abusi in
  zona   paesaggistica,   per  il  futuro,  e  estinzione  dei  reati
  paesaggistici,  per  il  passato  - Ricorso della Regione Toscana -
  Denunciata  lesione  della potesta' regionale in materia di governo
  del  territorio  e  del  potere  sanzionatorio regionale in materia
  edilizia  -  Sussistenza  della  competenza  statale  esclusiva  in
  materia  di  ordinamento penale, e chiamata in sussidiarieta' dello
  Stato   nelle   funzioni  amministrative  -  Non  fondatezza  delle
  questioni.
- Legge  15 dicembre  2004,  n. 308,  art. 1, comma 36, lettera c), e
  comma 37.
- Costituzione, artt. 117, secondo comma, lettera l), e 118.
(GU n.19 del 10-5-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE,
Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio   di   legittimita'   costituzionale  dell'articolo 1,
comma 36,   lettera   c)  (aggiuntivo  dei  commi  1-ter  e  1-quater
all'articolo  181  del  decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) e
comma 37, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per
il  riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in
materia  ambientale  e  misure di diretta applicazione), promosso con
ricorso  della  Regione  Toscana,  notificato  il  24 febbraio  2005,
depositato  in  cancelleria  il 4 marzo 2005 ed iscritto al n. 29 del
registro ricorsi 2005.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 febbraio  2006  il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
    Uditi  l'avvocato  Fabio  Lorenzoni  per  la  Regione  Toscana  e
l'avvocato  dello  Stato  Maurizio  Fiorilli  per  il  Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato il 24 febbraio 2005, e depositato il
4 marzo   2005,   la   Regione   Toscana  ha  proposto  questione  di
legittimita'  costituzionale in via principale dell'art. 1, commi 36,
lettera c)  e  37  della  legge  15 dicembre  2004, n. 308 (Delega al
Governo  per  il  riordino,  il  coordinamento e l'integrazione della
legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione),
per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione.
    La   Regione  ricorrente  lamenta  che  il  legislatore  statale,
delegando il Governo ad emanare uno o piu' decreti legislativi per il
riordino  delle  norme  in  materia  ambientale,  avrebbe  violato le
competenze  regionali,  nel  momento  stesso in cui ha dettato, tra i
principi  direttivi  della  delegazione,  la  necessita' del rispetto
delle attribuzioni regionali.
    La violazione delle prerogative regionali e' denunciata sotto due
aspetti.
    Il  primo  aspetto  riguarda  l'art. 1, comma 36, lettera c) che,
modificando l'art. 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42
(Codice  dei  beni  culturali  e del paesaggio), avente ad oggetto le
sanzioni  penali  per  le  opere  eseguite  su  beni paesaggistici in
assenza  di  autorizzazione,  o  in difformita' di essa, inserisce il
comma 1-ter,  con  cui,  ferma restando l'applicazione delle sanzioni
amministrative,   dichiara  non  applicabili  le  pene  previste  dal
comma 1,  per particolari tipi di interventi, ove sia stata accertata
la compatibilita' paesaggistica degli stessi.
    L'irrilevanza  penale condizionata all'accertamento, riguarda, in
particolare:  a)  i  lavori,  realizzati  in  assenza  o  difformita'
dall'autorizzazione   paesaggistica,   che  non  abbiano  determinato
creazione  di  superfici  utili  o  volumi  ovvero  aumento di quelli
legittimamente  realizzati;  b) l'impiego di materiali in difformita'
dall'autorizzazione  paesaggistica;  c)  i lavori configurabili quali
interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria.
    L'accertamento    della    compatibilita'   paesaggistica   degli
interventi compete all'autorita' amministrativa, che - secondo quanto
previsto  dal  comma 1-quater dell'art. 181 del Codice, pure inserito
dall'art. 1,  comma 36, lett. c) della legge n. 308 del 2004, oggetto
d'impugnazione  -  deve esprimersi nel termine di centottanta giorni,
previo  parere  vincolante  della  Soprintendenza,  da  rendersi  nel
termine, anch'esso perentorio, di novanta giorni.
    La ricorrente assume che le funzioni amministrative in materia di
tutela  del paesaggio sono state attribuite alle Regioni dall'art. 82
del  d.P.R.  24 luglio  1977,  n. 616, e confermate dall'art. 146 del
Codice dei beni culturali.
    La  norma  impugnata,  apparentemente  attinente  alla sola sfera
penale,  in  realta'  rileva  sotto il profilo urbanistico - e quindi
incide  sul «governo del territorio», materia spettante alla potesta'
legislativa  concorrente -, giacche' limita di fatto l'applicabilita'
delle  sanzioni  ripristinatorie  previste dalla normativa regionale.
Nonostante  la  conferma,  contenuta  nella  norma, dell'applicazione
delle   sanzioni  amministrative  pecuniarie  o  ripristinatorie,  il
rispetto  delle  attribuzioni regionali e' solo formale, perche', ove
l'opera  abusiva sia valutata come compatibile con il paesaggio, essa
non  potra'  essere  oggetto  di  ripristino:  l'eventuale  ordine di
ripristino  in  via  amministrativa apparirebbe viziato di eccesso di
potere,  a  fronte  della  constatata inapplicabilita' della sanzione
penale,  anche nelle ipotesi in cui la normativa regionale preveda la
demolizione  e  la  restituzione  in  pristino degli abusi nelle aree
vincolate.
    L'intervento  statale  non  potrebbe dirsi giustificato alla luce
dell'art. 117,  secondo  comma,  lettera s),  Cost. La giurisprudenza
costituzionale  considera l'ambiente, nel contesto del nuovo Titolo V
della  Costituzione,  come «valore» costituzionalmente protetto, piu'
che   come  materia  in  senso  tecnico,  giacche'  esso  s'intreccia
inestricabilmente  con  altri  interessi e competenze, di modo che la
sua  protezione  non  elimina la preesistente pluralita' di titoli di
legittimazione   per   interventi  regionali  diretti  a  soddisfare,
nell'ambito  delle  proprie competenze, ulteriori esigenze rispetto a
quelle a carattere unitario definite dallo Stato.
    Il  comma 1-quater  dell'art. 181  del Codice contrasta anche con
l'art. 118   Cost.   La   previsione   del  parere  vincolante  della
Soprintendenza,  cui sottostanno la Regione o l'ente eventualmente da
questa    delegato,    sostanzialmente    attribuisce    allo   Stato
l'accertamento  di compatibilita' paesaggistica dell'abuso, senza che
tale  allocazione sia giustificata da esigenze di carattere unitario.
E  neppure  sono previste adeguate procedure d'intesa con le Regioni,
che  s'impongono  nel  caso di interferenza con materie di competenza
regionale:  non e' dubbio che la valutazione di compatibilita' incide
sull'assetto   urbanistico   e   sulla  pianificazione  territoriale,
vanificando  la  disciplina regionale che prevede il ripristino dello
stato  dei  luoghi,  giacche'  il  parere  vincolante  positivo della
Soprintendenza,  in possibile difformita' dalla valutazione regionale
o  dell'ente  locale delegato, determina l'impossibilita' di irrogare
le  sanzioni amministrative ripristinatorie, previste dalla normativa
regionale.
    Il  secondo  aspetto della denunciata violazione delle competenze
regionali  riguarda  l'art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004,
che ammette l'estinzione del reato di cui all'art. 181 del Codice dei
beni culturali, e di ogni altro reato in materia paesaggistica, per i
lavori    interessanti   i   beni   paesaggistici,   compiuti   senza
autorizzazione  o  in  difformita', entro e non oltre il 30 settembre
2004.  La  condizione  e'  che  le  tipologie edilizie realizzate e i
materiali  utilizzati rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli
strumenti di pianificazione paesaggistica, o siano comunque giudicati
compatibili  con  il  contesto paesaggistico (e' previsto a tal fine,
dal   comma 39,   il   parere   della  Soprintendenza,  tuttavia  non
vincolante).  Occorre  inoltre che i trasgressori abbiano previamente
pagato  le  sanzioni  pecuniarie,  oltre  ad  una sanzione pecuniaria
aggiuntiva, determinata dall'autorita' amministrativa.
    I  profili  d'incostituzionalita' sono analoghi a quelli rilevati
per  il  comma 36:  ove  l'abuso  sia  valutato  compatibile  con  il
paesaggio,  non  potra' essere oggetto di ripristino, e cio' anche se
la  normativa  regionale  preveda la demolizione e la restituzione in
pristino  delle  opere  abusive nelle aree vincolate. Le attribuzioni
regionali  ne  risultano  violate, non potendosi invocare esigenze di
carattere  unitario.  La  disposizione  presenta  inoltre  aspetti di
ambiguita'  idonei  a  ledere  le  prerogative  regionali  in tema di
governo  del  territorio: la norma, infatti, non facendo salve - come
invece  il  comma  36  - le sanzioni amministrative ripristinatorie e
pecuniarie,  incide direttamente nell'ambito materiale riservato alla
competenza regionale.
    2.  -  Nel  giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei ministri.
    La  difesa  erariale assume l'infondatezza del ricorso, attenendo
la  disposizione  impugnata alla tutela dei beni culturali, di cui il
paesaggio  e'  componente,  e  non al governo del territorio, come si
ricava inequivocabilmente dall'art. 146, comma 8, del Codice dei beni
culturali,   secondo   cui  l'autorizzazione  paesaggistica  e'  atto
distinto  e  presupposto  della  concessione edilizia e di ogni altro
titolo  legittimante l'intervento edilizio. L'inserimento della norma
denunciata  nella  legge  delega ambientale non e' indice di un nuovo
classamento   del   «paesaggio»,  che  appartiene  alla  legislazione
esclusiva,  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma,  lettera s) della
Costituzione (tutela dei beni culturali), ma e' dettato dall'esigenza
di  trovare,  nell'emergere  degli  interessi locali contrastanti, il
bilanciamento  degli  interessi  e  delle  competenze,  in materia di
tutela  del  patrimonio  culturale,  raggiunto  nel  Codice  dei beni
culturali e del paesaggio.
    Quanto  alle  disposizioni  impugnate  dalla  Regione Toscana, lo
scopo,  che  e'  quello  di  condonare  i  piccoli  abusi siccome non
confliggenti con le previsioni urbanistiche (si tratta della semplice
violazione della regola dell'autorizzazione), giustifica l'inversione
della  rilevanza  dell'interesse pubblico tutelato, che imporrebbe il
ripristino  dell'ordine costituzionale dei beni in conflitto nel caso
di  reiterazione della violazione o di significativita' della singola
violazione.
    La   previsione  di  autorizzazione  paesaggistica  attiene  alla
«tutela» dei beni culturali, e non alla loro «valorizzazione»: dunque
la potesta' amministrativa regionale puo' esercitarsi solo nei limiti
della  legislazione  statale  di principio. La norma ha unicamente la
funzione  di  integrare quanto organicamente previsto, nell'esercizio
della funzione legislativa esclusiva dello Stato, dal Codice dei beni
culturali e del paesaggio.
    L'art. 36,   lett. c)   della   legge   n. 308   del  2004  opera
astrattamente   la   valutazione  di  compatibilita'  dell'intervento
urbanistico  con  la  tutela  del  paesaggio, ma fa salva la funzione
dello   Stato   di   estremo   difensore  del  vincolo.  Promuove  la
collaborazione  tra  Stato  e  Regione,  ma nello stesso tempo tutela
l'interesse   unitario,   ragione  giustificatrice  dell'attribuzione
costituzionale  allo  Stato del vincolo paesaggistico, che condiziona
l'assetto  del  territorio, secondo modalita' di tutela che rientrano
nella   discrezionalita'   di   questo,   secondo   il  limite  della
razionalita': limite che nella specie appare rispettato.
    Il  riferimento  alla  giurisprudenza  costituzionale  in tema di
tutela   dell'ambiente   -   operato   dalla   ricorrente   -  appare
inconferente.
    Quanto  all'ipotesi,  subordinatamente prospettata, di violazione
dell'art. 118,  terzo  comma,  Cost., per la pretesa interferenza con
materia  di competenza regionale senza la previsione di un'intesa, va
osservato  che  si verte in materia di beni culturali - ed il Codice,
nella  parte III,  ne  disciplina  limiti  e  coordinamento  -  e  la
competenza   soprintendentizia   sulla  compatibilita'  paesaggistica
dell'abuso  si  alloca  nella  sua  funzione  di  estrema  difesa del
vincolo,  di  modo  che la tutela del paesaggio non diventi recessiva
rispetto ad altri interessi.
    L'art. 1,  comma 37, della legge n. 308 del 2004 non incide sulla
competenza  regionale  in  materia  paesaggistica:  la  Regione ha la
competenza  autorizzatoria  in  quanto  cogarante  della gestione del
vincolo  paesaggistico.  La norma derogatoria introdotta, vanificando
una  ponderata valutazione degli interessi coinvolti negli interventi
edilizi in area vincolata, non e' oggettivamente in grado di abrogare
le  norme  regionali  demolitorie  o  ripristinatorie:  la disciplina
regionale  trovera'  applicazione  ove  le  tipologie  realizzate e i
materiali   utilizzati   non   siano   conformi  alla  pianificazione
paesaggistica   e   siano  comunque  incompatibili  con  il  contesto
paesaggistico.
    Con  la  norma  derogatoria, non si sono certo lesi gli interessi
locali,  ma,  se  mai,  quello  dello  Stato ad evitare che la tutela
paesaggistica    sia   recessiva   rispetto   alla   discrezionalita'
amministrativa  dell'ente  locale.  Non  si  tratta  di una sanatoria
generalizzata,  ma  e'  consentito  alla  Regione  il  recupero delle
competenze,  per  sanare la propria inerzia nell'esercizio del potere
di tutela.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  giudizio di costituzionalita' riguarda due norme della
legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il
coordinamento   e   l'integrazione   della  legislazione  in  materia
ambientale  e  misure  di diretta applicazione), per violazione degli
artt. 117  e 118 Cost., statuenti l'irrilevanza penale di determinati
abusi  in  zona  paesaggistica,  per  il  futuro  (art. 1,  comma 36,
lettera c)  e  l'estinzione  dei  reati paesaggistici, per il passato
(art. 1, comma 37).
    Per  il futuro, l'art. 1, comma 36, lettera c) della legge n. 308
del  2004,  introducendo  i  commi 1-ter e 1-quater nell'art. 181 del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali
e  del  paesaggio),  dispone che, ferma restando l'applicazione delle
sanzioni  ripristinatorie  o  pecuniarie  previste  dall'art. 167 del
Codice   stesso,   qualora   l'autorita'  amministrativa  accerti  la
compatibilita'  paesaggistica  dell'opera abusiva, la disposizione di
cui    al   comma 1   (che   prevede   una   fattispecie   di   reato
contravvenzionale,  per  interventi  non  assistiti da autorizzazione
paesaggistica  o  in  difformita'  da  essa) non si applica. Le opere
abusive  passibili  di  tale  inapplicabilita'  sono  quelle, minori,
indicate   alle   lettere a)-b)-c)   dello   stesso  comma 1-ter.  La
procedura, descritta dal comma 1-quater, prevede che il proprietario,
possessore  o  detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area
interessata  dall'intervento, proponga istanza all'autorita' preposta
alla  gestione  del vincolo (ovvero alla Regione o all'ente da questa
delegato)  ai  fini  dell'accertamento  di  compatibilita' ambientale
delle  opere,  la  quale  si  pronuncia  nel  termine  perentorio  di
centottanta giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da
rendersi nel termine perentorio di novanta giorni.
    La  previsione  di irrilevanza penale di certi abusi - secondo la
Regione  Toscana  - comporterebbe, di fatto, l'inapplicabilita' delle
sanzioni  ripristinatorie  previste  dalla  normativa  regionale  con
riferimento  agli  abusi  commessi  nelle  zone vincolate, con questo
incidendo   sulla  potesta'  regionale  in  materia  di  governo  del
territorio (art. 117, terzo comma, Cost.): l'irrilevanza del fatto ai
fini  penali,  sulla  base  di  un  accertamento  di  non sostanziale
significativita'   dell'abuso,   finisce   per   svuotare  il  potere
sanzionatorio regionale in materia edilizia.
    Inoltre,  al fine dell'inapplicabilita' delle sanzioni penali, la
compatibilita'  paesaggistica  degli interventi deve essere accertata
dall'autorita'   competente   (la   Regione,  in  virtu'  dei  poteri
conferitile dall'art. 146 del Codice, o l'ente da questa subdelegato)
previo  parere  vincolante della Soprintendenza: in tal modo lo Stato
alloca  sostanzialmente  in  capo  a  un  proprio  organo la funzione
amministrativa di valutare la compatibilita' dell'abuso in assenza di
esigenze  di  carattere  unitario,  e  inoltre senza la previsione di
adeguate procedure d'intesa (violazione dell'art. 118 Cost.).
    Per  il passato (cioe' per i lavori compiuti entro e non oltre il
30 settembre  2004),  l'art. 1, comma 37, della legge n. 308 del 2004
prevede  esplicitamente l'estinzione del reato di cui all'art. 181, e
di  ogni  altro  reato  in materia paesaggistica, previo accertamento
della  compatibilita'  paesaggistica,  qualora  le tipologie edilizie
realizzate  e  i  materiali  utilizzati,  anche  se diversi da quelli
indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti
e  assentiti  dagli  strumenti  di  pianificazione paesaggistica, ove
vigenti,  o,  in  mancanza,  se  siano  giudicati  compatibili con il
contesto  paesaggistico  (lettera a) e purche' i trasgressori abbiano
previamente   pagato   la  sanzione  pecuniaria, maggiorata,  di  cui
all'art. 167,   e   inoltre   una   sanzione  pecuniaria  aggiuntiva,
determinata dall'autorita' amministrativa (lettera b, n. 1 e n. 2).
    La previsione di estinzione dei reati paesaggistici commessi fino
al  30 settembre  2004  presenta, ad avviso della Regione ricorrente,
gli  stessi profili di incostituzionalita', richiamati nella denuncia
di  illegittimita' del comma 36: la riscontrata compatibilita' con il
paesaggio sottrae l'opera abusiva alle misure ripristinatorie, e cio'
anche   se  la  normativa  regionale  preveda  la  demolizione  e  la
restituzione  in pristino degli abusi nelle aree vincolate. La norma,
inoltre, non facendo salve - come invece fa il comma 36 - le sanzioni
amministrative  ripristinatorie  e  pecuniarie,  incide  direttamente
nell'ambito  materiale riservato alla competenza regionale in tema di
governo del territorio.
    2. - Le questioni proposte non sono fondate.
    Pur   se   la   difesa  articolata  dall'Avvocatura  dello  Stato
giustifica   le   norme   impugnate   quali  espressione  del  potere
legislativo statale in materia di «tutela dei beni culturali», di cui
all'art. 117,  secondo comma, lettera s), Cost., appare assorbente la
constatazione   che   la  disciplina  contenuta  nei  commi 36  e  37
dell'art. 1  della  legge  n. 308  del  2004  attiene strettamente al
trattamento   penale   degli  abusi,  il  che  induce  a  commisurare
l'intervento  legislativo  statale,  pur  se relazionato alla materia
dell'ambiente  e  dei  beni  culturali,  al  parametro dell'art. 117,
secondo comma, lettera l), Cost. («ordinamento penale»).
    Sul  punto,  occorre  ricordare  che  il potere di incidere sulla
sanzionabilita'  penale  spetta  solo  al legislatore statale, cui va
riconosciuta  discrezionalita'  in  materia di estinzione del reato o
della  pena,  o di non procedibilita' (di recente, sentenza n. 70 del
2005,  ma  il  principio  e'  dichiarato, anche in tema di interventi
edilizi,  nella  sentenza  n. 196  del  2004,  e in altre precedenti:
n. 327   del   2000,   n. 149   del  1999  e  n. 487  del  1989).  La
considerazione   del   trattamento   penale  assume,  d'altro  canto,
preminenza  agli  effetti  delle  competenze  legislative,  pur nella
generica  riconducibilita' ad altra materia delle norme precettive la
cui violazione e' sanzionata (sentenza 384 del 2005).
    L'irrilevanza   penale   dell'abuso   non   tocca   gli   aspetti
urbanistici,  per  i  quali  le  Regioni  non vedono scalfita la loro
competenza  nella previsione delle sanzioni amministrative in materia
edilizia.  Per  la  sanatoria  degli abusi edilizi vige il principio,
enunciato  dalla  sentenza  n. 196  del  2004,  dell'autonomia  delle
sanzioni  amministrative  rispetto a quelle penali: a maggior ragione
il principio va ribadito ove l'intervento legislativo sulla rilevanza
penale  degli  abusi riguardi gli aspetti sanzionatori concernenti la
materia,  distinta, della tutela paesaggistica. E' del resto pacifico
nella  giurisprudenza  penale  e  amministrativa  che  la valutazione
espressa  in  sede  di giudizio penale per il reato paesaggistico non
vincola le determinazioni amministrative in materia edilizia.
    L'art. 1,   comma   36,   lettera c)  fa  salva,  d'altro  canto,
l'applicazione   delle   sanzioni  amministrative  ripristinatorie  o
pecuniarie   di   cui   all'art. 167,  che  sono  quelle  in  materia
paesaggistica.    A   maggior   ragione,   e'   da   ritenere   salva
l'applicabilita'  delle  sanzioni  amministrative  che colpiscono gli
abusi  edilizi,  che  la  Regione  puo'  opportunamente  disciplinare
nell'ambito  della  propria  competenza  di  dettaglio  in materia di
governo del territorio.
    Riguardo  all'estinzione  dei reati pregressi (art. 1, comma 37),
anche  a tacere della genericita' delle censure della Regione, che si
limitano  a  richiamare le argomentazioni gia' svolte a proposito del
comma 36,  vale  la  considerazione  della  finalita'  esclusivamente
penalistica  della  norma  impugnata:  questa  non  si  occupa  delle
sanzioni   amministrative   in  materia  edilizia.  Ne'  puo'  trarsi
argomento   pregiudicante  le  competenze  regionali  dalla  rilevata
assenza  di riserva, a differenza che nel comma 36, di applicabilita'
delle sanzioni amministrative (paesaggistiche).
    Non  puo' sfuggire che, per gli abusi passati, la norma impugnata
ammette   l'estinzione  del  reato,  sempre  previo  accertamento  di
compatibilita'  paesaggistica,  ma  anche  a  condizione che (art. 1,
comma  37,  lettera b,  n. 1):  «i  trasgressori  abbiano previamente
pagato  la  sanzione  pecuniaria di cui all'art. 167 maggiorata da un
terzo  alla  meta». Le sanzioni amministrative a tutela del paesaggio
restano  applicabili,  pur  se  limitate  alla  tipologia pecuniaria,
attesa la minima rilevanza degli abusi: a maggior ragione va ritenuta
l'autonomia   e   l'eventuale  applicabilita',  ove  ne  ricorrano  i
presupposti,  delle sanzioni a presidio di tutti gli altri valori che
convergono  sul  territorio,  in  particolare  di  quelle  in materia
edilizia, di competenza regionale.
    3. - Con la previsione del parere vincolante della Soprintendenza
nella  procedura  di accertamento di conformita', che si conclude con
un  atto  di competenza della regione o dell'ente locale delegato, si
finisce  per  attribuire  la  decisione  ad un organo statale. Cio' -
secondo la Regione ricorrente - sarebbe contrario all'art. 118 Cost.,
in  mancanza  di  esigenze  unitarie,  e  senza che siano intervenute
intese.
    Riguardo   alle  due  norme  oggetto  del  presente  giudizio  di
costituzionalita',  delle  quali  solo  la prima conferisce al parere
della  Soprintendenza  carattere  vincolante,  va  ribadito  che  gli
effetti  dell'accertamento  di  conformita'  appaiono  limitati  alla
punibilita'  degli abusi, che non investe le sanzioni amministrative,
ne'  quelle  edilizie,  ma neppure quelle paesaggistiche. Ai fini del
riparto   delle   competenze,   dunque,  la  potesta'  autorizzatoria
regionale  non  appare  scalfita, posto che l'accertamento postumo di
compatibilita' paesaggistica non comporta autorizzazione in sanatoria
(inammissibile alla luce dell'art. 146, comma 10, lettera c) e che la
modifica   dell'art. 181   del   Codice   non   tocca  la  disciplina
autorizzatoria in materia di tutela dei beni paesaggistici.
    Il   comma  1-quater  dell'art. 181  del  Codice,  come  aggiunto
dall'art. 1, comma 36, lettera c) della legge n. 304 del 2004, non fa
altro  che  rendere  applicabile,  su iniziativa dell'interessato, il
modello  di  procedimento  regolato  dall'art. 143  per  il  rilascio
dell'autorizzazione  paesaggistica, estrapolando dalla sequenza degli
atti  -  il provvedimento finale e' emesso dall'organo titolare della
funzione  autorizzatoria, la Regione, appunto, o il comune delegato -
il  parere  di un organo statale, la Soprintendenza, ai soli fini del
riscontro  delle  condizioni  oggettive  di  irrilevanza penale degli
interventi   in   assenza   o   in  difformita'  dell'autorizzazione:
l'uniformita'  di metodi di valutazione sul territorio nazionale, che
e'  inerente al trattamento penale degli abusi, e' tale da giusticare
la   «chiamata   di   sussidiarieta»   dello   Stato  nelle  funzioni
amministrative (sentenza n. 384 del 2005).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 36, lettera c) e comma 37, della legge 15 dicembre
2004,  n. 308  (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l'integrazione  della  legislazione in materia ambientale e misure di
diretta applicazione), sollevate, in riferimento agli artt. 117 e 118
della Costituzione, con il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 aprile 2006.
                        Il Presidente: Marini
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 5 maggio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0398