N. 140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 ottobre 2005

Ordinanza   emessa   il   4   ottobre   2005  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  20  aprile  2006)  dalla  Commissione  tributaria
regionale  di Milano sul ricorso proposto dal comune di Milano contro
agenzia delle entrate - Ufficio di Milano

Imposte  e tasse - Imposte sui redditi - Ritenuta a titolo di imposta
  sugli  interessi  prodotti  da  conti  correnti bancari e postali -
  Applicabilita'  nei  confronti  dei  soggetti  esclusi dall'IRPEG -
  Retroattiva  estensione,  con norma dichiaratamente interpretativa,
  ai  rapporti sorti anteriormente al 1° luglio 1998 (in specie, agli
  interessi   maturati   nel  1996)  -  Violazione  dei  principi  di
  ragionevolezza,  eguaglianza  ed  equita',  nonche'  del  legittimo
  affidamento   del   contribuente   -  Surrettizia  introduzione  di
  un'imposizione  nuova rispetto alla normativa vigente anteriormente
  alla    modifica    recata    dall'art. 12    d.lgs.   461/1997   -
  Incompatibilita'  con  i  principi  e criteri direttivi della legge
  delega 825/1971 - Contrasto con l'esigenza di certezza del diritto,
  con  il  generale principio di irretroattivita' della legge e con i
  principi   sull'efficacia   temporale   delle  norme  tributarie  -
  Esorbitanza  dai  limiti delle leggi di interpretazione autentica -
  Incidenza sulle funzioni riservate al potere giudiziario.
- Legge    18 febbraio    1999,    n. 28,   art. 14   [interpretativo
  dell'art. 26,  comma 4,  ultimo periodo, del decreto del Presidente
  della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600].
- Costituzione, artt. 3, 23, 76, 77, primo comma, 101, comma secondo,
  e  104,  primo  comma;  legge  9 ottobre  1971,  n. 825;  preleggi,
  art. 11; legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 3, comma 1.
(GU n.21 del 24-5-2006 )
                 LA COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

    Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 24/35/05.
    Sull'appello  R.G.A.  n. 1943/05  depositato  il  19  aprile 2005
avverso   la   sentenza   n. 22/40/04  della  Commissione  tributaria
provinciale  di  Milano  promosso da comune di Milano, in persona del
sindaco  pro  tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita
Surano,   Antonella   Fraschini,  Ruggero  Meroni  e  Irma  Marinelli
dell'Avvocatura  comunale  di Milano presso i cui uffici in via della
Guastalla n. 8 ha eletto domicilio;
    Contro  Agenzia  delle  entrate - Ufficio di Milano 1, in persona
del  legale  rappresentante  pro  tempore,  presso  la sede legale in
Milano, via della Moscova n. 2.
    Visti gli atti e i documenti del primo grado di giudizio;
    Visto  il  ricorso in appello del comune di Milano, notificato il
1° aprile 2005 e depositato il 19 aprile 2005;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  appello  dell'Agenzia  delle
entrate - Ufficio di Milano 1;
    Visti tutti gli atti e i documenti della causa;
    Uditi,  alla  pubblica udienza del 4 ottobre 2005, chiesta con il
ricorso  in  appello dal comune di Milano, il relatore dott. Leonardo
Sardo  e  l'avv. Marinelli per il comune di Milano, assente l'Agenzia
delle entrate;
    Considerato quanto segue in

                           Fatto e diritto

    Con  ricorso  notificato  il  21  febbraio 2003 e depositato l'11
marzo  2003,  il  comune  di  Milano ha impugnato il silenzio-rifiuto
opposto  dall'Agenzia  delle  entrate  -  Ufficio  di  Milano 1 (gia'
Direzione  regionale  per  le entrate della Lombardia) all'istanza di
rimborso  dell'importo  di ". 1.046.819.379 (pari a Euro 540.637,09),
oltre interessi legali.
    Tale  somma  e'  stata  ritenuta  e  versata  allo Stato ai sensi
dell'art. 26,  quarto comma, terzo periodo del d.P.R. n. 600/1973, da
vari istituti di credito sugli interessi maturati nel corso dell'anno
1996,  sui  redditi  di capitale prodotti da depositi, titoli e conti
correnti  intestati  alla  sua  Azienda Municipalizzata per i Servizi
ambientali  (AMSA),  allora  priva di personalita' giuridica ed unico
soggetto  di  imputazione economica e tributaria insieme al comune di
Milano.
    Il comune ha eccepito l'illegittimita' di tali ritenute in quanto
soggetto escluso dall'Imposta sui redditi delle persone giuridiche ai
sensi  dell'art. 4, legge 22 dicembre 1990, n. 403, che ha modificato
l'art. 88  del  Testo  unico  per  le  imposte  sul  reddito - d.P.R.
n. 917/1986  - dal 1° gennaio 1991 e, conseguentemente, escluso anche
dall'obbligo  della  ritenuta  a  titolo  d'imposta  sugli  interessi
prodotti da conti correnti, titoli e depositi, prevista dall'art. 26,
quarto   comma,   terzo  periodo,  d.P.R.  n. 600/1973,  in  funzione
sostitutiva   dell'ordinaria   imposizione  sul  reddito,  secondo  i
principi di cui alla sua legge di delega n. 825/1971.
    Il  comune  ha  fatto  altresi'  presente  che successivamente al
periodo  in  cui  erano  state  operate  le ritenute in questione, il
legislatore  e'  intervenuto  sulla  disciplina  delle  ritenute  sui
redditi  di  capitale emanando una nuova legge di delega, la legge 23
dicembre  1996,  n. 662  «Misure  di  razionalizzazione della finanza
pubblica» con la quale, all'art. 3, comma 160, ha delegato il Governo
all'emanazione  di uno o piu' decreti legislativi,. «prevedendo norme
di   chiusura   volte   a   ricomprendere   ogni  provento  derivante
dall'impiego di capitale.».
    In  attuazione  del  sunnominato  principio  di cui alla legge di
delega  n. 662/1996,  il  legislatore  delegato, con l'art. 12, primo
comma,  d.lgs.  21  novembre  1997,  n. 461, intitolato «Riordino del
trattamento  tributario  dei  redditi  di  capitale  e'  dei  redditi
diversi,  a  norma  dell'art. 3,  comma  160, della legge 23 dicembre
1996,    n. 662   ha   poi   sostituito   l'originaria   disposizione
dell'art. 26,  quarto  comma,  30  periodo, d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 600,  a  far  tempo  dal 1° luglio 1998, introducendo, per effetto
della  citata delega, con norma di chiusura («e in ogni altro caso»),
la  ritenuta  a titolo d'imposta sugli interessi dei conti correnti e
depositi anche nei confronti dei soggetti esclusi da IRPEG.
    Ad  avviso del comune, questa nuova imposta non poteva applicarsi
ai rapporti, come quello in esame, sorti precedentemente.
    Pertanto,   l'«interpretazione  autentica»  dell'art. 26,  quarto
comma,  terzo periodo del d.P.R. n. 600/1973, successivamente fornita
dall'art. 14  della  legge  18  febbraio  1999, n. 28, secondo cui: a
disposizione di cui all'art. 26 comma 4, terzo periodo, del d.P.R. 29
settembre  1973,  n. 600, riguardante l'applicazione della ritenuta a
titolo  d'imposta  sugli  interessi,  premi  ed  altri  frutti  delle
obbligazioni  e titoli similari e sui conti correnti, deve intendersi
nel  senso  che  tale  ritenuta  si  applica  anche nei confronti dei
soggetti  esclusi dall'imposta sul reddito delle persone giuridiche»,
poteva  riguardare  solo  il  citato art. 26 sostituito dall'art. 12,
comma  1,  21  novembre 1997, n. 461, in vigore dal 10 luglio 1998, e
non quello vigente al tempo del prelievo in esame.
    Diversamente,   l'art. 14,   legge   n. 28/1999   avrebbe  dovuto
ritenersi   incostituzionale  per  aver  introdotto  retroattivamente
l'obbligo  della  ritenuta nei confronti di soggetti che in base alle
norme allora vigenti ne erano esclusi, in relazione ai principi posti
dagli  articoli 3,  23, 76, 77, primo comma, 101, secondo comma e 104
della Costituzione.
    Con  sentenza  n. 22/40/04, la Commissione tributaria provinciale
di  Milano,  pur prendendo atto dell'esistenza di due leggi di delega
disciplinanti  la  materia delle ritenute d'imposta, la n. 825/1971 e
la  n. 662/1996 - neppure contestata dall'Amministrazione finanziaria
resistente   -  ha  respinto  il  ricorso  in  virtu'  dell'efficacia
retroattiva  del  citato art. 14, legge n. 28/1999 a tutti i rapporti
ancora  in  corso,  e  quindi  anche  ai  rapporti  relativi al 1996,
ritenendo    altresi'   manifestamente   infondata   la   prospettata
incostituzionalita'  dell'art. 14  legge  n. 28/1999, anche alla luce
delle  ordinanze  n. 174/2001  e 313/2002 della Corte costituzionale,
aventi  ad  oggetto  il giudizio di legittimita' dell'art. 26, quarto
comma,    terzo   periodo   d.P.R.   n. 600/1973,   come   sostituito
dall'art. 12,  d.lgs.  n. 461/1997,  come  interpretato dall'art. 14,
legge n. 28/1999.
    Con  ricorso in appello notificato il 1° aprile 2005 e depositato
il  19  aprile  2005, il comune di Milano ha impugnato la sentenza di
primo  grado  deducendone  l'illegittimita'  per  violazione  e falsa
applicazione  e  omessa  e/o  insufficiente  pronuncia  su  un  punto
decisivo   della  controversia,  in  ordine  all'art. 88  del  d.P.R.
n. 917/1986 cosi' come modificato dall'art. 4 legge 22 dicembre 1991,
n. 403, agli articoli 9 e 10 della legge di delega legge n. 825/1971,
all'art. 3,  comma  160  legge 23 dicembre 1996, n. 662, all'art. 26,
quarto   comma,   terzo   periodo   del   d.P.R.  n. 600/1973,  nella
formulazione  vigente  nel  1996  e  anche in quella risultante dalla
modifica  effettuata  dall'art. 12,  primo  comma  d.lgs. 21 novembre
1997,   n. 461,  nonche'  all'art. 14,  legge  n. 28/1999,  norma  di
«Interpretazione  autentica dell'art. 26, quarto comma, terzo periodo
d.P.R. n. 600/1973» dolendosi altresi' della mancata rimessione della
questione  di  incostituzionalita'  dell'art. 14, legge n. 28/1999 ex
art.  23  legge  n. 87/1953,  e riproponendo la medesima questione di
incostituzionalita' anche in appello.
    Costituitasi  in  appello,  l'Agenzia  delle entrate non smentiva
l'inquadramento  normativo  prospettato  dal  comune,  limitandosi  a
rilevare  la legittimita' del prelievo ai sensi del piu' volte citato
art. 26  del  d.P.R. n. 600/1973, e dell'interpretazione autentica ad
esso  fornita  dall'art. 14  legge 18 febbraio 1999 n. 28, sostenendo
che  «la  legge  infatti  e' interpretativa non perche' interpreta ma
perche'   impone   una   data   interpretazione.   In   altre  parole
l'interpretazione  imposta non si afferma per la sua esattezza ma per
la   sua   imperativita'   che   sottende   ad   una  valutazione  di
discrezionalita'    di    politica   legislativa»   (pag.   3   delle
controdeduzioni).
    Occorre  premettere  che appaiono fondate le doglianze del comune
appellante in ordine alla decisiva rilevanza, in ordine alle ritenute
operate a titolo d'imposta, dei principi direttivi e dei limiti posti
dalla  legge  di  delega n. 825/1971 all'art. 26, quarto comma, terzo
periodo   del   d.P.R.  n. 600/1973,  nella  formulazione  in  vigore
nell'anno  1996,  e  della  diversita'  del  titolo legittimante tale
prelievo  rispetto, a quello successivamente disciplinato dalla legge
di delega legge 23 dicembre 1996, n. 662, e dall'art. 12, primo comma
d.lgs.  21  novembre  1997,  n. 461,  che ha sostituito la previgente
disposizione di cui all'art. 26 cit.
    La  definizione  del  giudizio  postula  peraltro  la preliminare
soluzione    della    questione   di   incostituzionalita'   relativa
all'art. 14, legge n. 28/1999 rilevabile anche d'ufficio in qualsiasi
stato e grado del processo in quanto il dato letterale di tale norma,
la  sua  collocazione  temporale, e le modalita' con la quale risulta
introdotto  l'obbligo  della  ritenuta  nei  confronti  dei  soggetti
esclusi da IRPEG e l'evoluzione giurisprudenziale cui in prosieguo si
fara'  riferimento,  inducono  a  ritenere  che  con l'art. 14, legge
n. 28/1999  il  legislatore  abbia  inteso  realizzare un'imposizione
retroattiva mediante ritenuta sugli interessi, maturati anteriormente
all'entrata  in  vigore  del  «nuovo»  art. 26,  quarto  comma, terzo
periodo  del  d.P.R. n. 600/1973, cosi' come sostituito dall'art. 12,
d.lgs.  n. 461/1997,  ex lege n. 662/1996, relativi a conti correnti,
titoli  e  depositi  intestati  ai soggetti esclusi da IRPEG ed anche
dalla  ritenuta  stessa,  ai sensi delle norme vigenti al momento del
prelievo.
    Il  che  rende  rilevante  la  questione di costituzionalita' del
citato  art. 14  legge  n. 28/1999, nei termini di seguito precisati,
che  si  palesa  altresi' non manifestamente infondata per i seguenti
motivi.
    1.  -  Con  la legge di delega della riforma tributaria 9 ottobre
1971,  n. 825,  il  Governo  e'  stato  delegato a regolamentare, tra
l'altro,  le  modalita'  di applicazione delle imposte sui redditi di
capitale  prodotti da depositi e conti correnti bancari e postali, in
conformita'  ai  seguenti criteri direttivi: «i redditi delle persone
fisiche  derivanti  da depositi e conti correnti bancari e postali ..
saranno   esclusi   dal  computo  del  reddito  complessivo  ai  fini
dell'imposta  sul reddito ed esentati dall'imposta locale sui redditi
e   saranno   invece   assoggettati  ad  un'imposta  sostitutiva  con
l'aliquota  del  trenta  per cento, ridotta ... al quindici per cento
per  i  depositi  e  conti  correnti  bancari e postali ... L'imposta
sostitutiva   sara'   applicata  mediante  ritenuta  alla  fonte  con
l'obbligo di rivalsa» (art. 9, n. 3).
    Il successivo art. 10 n. 5 prevedeva «l'estensione del sistema di
ritenuta  alla  fonte,  con  l'obbligo  di  rivalsa, in acconto delle
imposte  sui redditi (...omissis). Per i redditi indicati al numero 3
dell'art. 9, corrisposti a soggetti diversi dalle persone fisiche, la
ritenuta  sara' applicata a titolo d'acconto dell'imposta sul reddito
delle  persone  giuridiche  e  dell'imposta locale sui redditi, nelle
stesse  ipotesi  e  con  le  stesse  aliquote della ritenuta a titolo
d'imposta  stabilita  per  le persone fisiche. Per gli stessi redditi
corrisposti a soggetti esenti dalla imposta sul reddito delle persone
giuridiche e dall'imposta locale sul reddito la ritenuta sara' invece
applicata  a  titolo  d'imposta. Potranno essere previste particolari
ritenute per redditi corrisposti a non residenti.».
    Tali  norme  disciplinavano  chiaramente  la  ritenuta  a  titolo
d'imposta  in  sostituzione  dell'ordinaria  imposizione sul reddito.
Tale  principio  risulta gia' statuito dalla Corte costituzionale con
ordinanza  31  maggio  2002  n. 174  in  relazione  all'IRPEG,  e con
sentenza n. 272 del 1994 con riferimento all'IRPEF.
    Con  legge  delegata - d.P.R. n. 600/1973 - il legislatore ha poi
disciplinato  le  modalita'  di riscossione della ritenuta in base ai
principi della legge di delega.
    In particolare, l'art. 26, quarto comma, terzo periodo, prevedeva
l'applicazione  della  ritenuta  a  titolo  d'acconto dell'IRPEG, con
prelievo  provvisorio in anticipazione di tale imposta, nei confronti
delle  societa'  e  degli  enti  commerciali  residenti,  ecc.,  e la
ritenuta  a  titolo d'imposta, con prelievo definitivo, nei confronti
dei soggetti IRPEF e nei confronti dei soggetti esenti da IRPEG, e in
via residuale, «in ogni altro caso».
    La  lettura  sistematica  dell'intero  art. 26  conferma che tale
norma,  nel  disporre  in  ordine alle ritenute sugli interessi e sui
redditi   di   capitale,  presupponeva,  al  tempo  del  prelievo  in
questione, la soggettivita' tributaria degli incisi.
    Secondo  i  principi  disposti  dalla  piu' volte citata legge di
delega  n. 825/1971,  ed il noto principio di conformita' della legge
delegata  alla  legge  di  delega,  l'espressione  residuale «in ogni
altro»  ex  art. 26 cit., poteva quindi eventualmente riguardare solo
soggetti non residenti (art. 10, legge n. 825/1971).
    Non  certo  invece  i soggetti esclusi da IRPEG, che tra l'altro,
all'epoca  dell'entrata  in vigore del d.P.R. n. 600/1973 (1° gennaio
1974)  e  sino  al  1° gennaio 1991, neppure esistevano, ad eccezione
dello  Stato.  L'art. 2,  lettera  c)  del  d.P.R. 29 settembre 1973,
n. 598  (Istituzione  e  disciplina  dell'imposta  sul  reddito delle
persone   giuridiche)   includeva  infatti  tra  i  soggetti  passivi
d'imposta  «gli  enti pubblici e privati (quindi anche le regioni, le
province  e  i  comuni)  che hanno nel territorio dello Stato la sede
legale  o amministrativa o l'oggetto principale. Anche il Testo Unico
per  le  imposte  dirette  d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 -
nella  sua originaria formulazione, prevedeva che solo: «Gli organi e
le  amministrazioni  dello  Stato,  compresi  quelli  ad  ordinamento
autonomo anche se dotati di personalita' giuridica, non sono soggetti
all'imposta (Irpeg)».
    2. -  Con  l'art. 4  del  decreto-legge  31  marzo  1999,  n. 310
convertito  in  legge  22  dicembre  1990,  n. 403, che ha sostituito
l'art. 88  del  d.P.R.  n. 917/1986  - Testo unico per le imposte sui
redditi,  in ragione della natura giuridica e delle funzioni affidate
agli enti territoriali, e allo scopo di snellire i rapporti economici
con   lo   Stato,   il   legislatore   ha  privato  totalmente  della
soggettivita'  tributaria ai fini IRPEG i comuni, i consorzi tra enti
locali,  le associazioni e gli enti gestori dei demani collettivi, le
comunita'  montane,  le  province  e  le  regioni  con effetti dal 10
gennaio 1991.
    Tali  enti,  privi  del presupposto soggettivo per l'applicazione
dell'IRPEG,  sono  stati  conseguentemente esclusi anche dall'obbligo
del versamento della ritenuta d'imposta, la cui riscossione risultava
disposta  con  le  modalita'  di cui all'art. 26, quarto comma, terzo
periodo d.P.R. n. 600/1973, ex lege n. 825/1971.
    A  seguito di tale innovazione, l'amministrazione finanziaria, in
un  primo  momento,  con  la risoluzione ministeriale n. 8/645 dell'8
gennaio  n. 1993,  aveva  chiarito  che  per  effetto delle modifiche
apportate  all'art. 88  del  testo  unico  delle imposte sui redditi,
approvato con d.P.R. n. 917/1986, dall'art. 4 del d.l. 31 marzo 1990,
n. 403,  convertito  con modificazioni dalla legge 22 dicembre 403, i
comuni,  le  province, le comunita' montane e le regioni, non essendo
piu'  soggetti  all'IRPEG e all'ILOR, non debbono subire ritenute per
tali  imposte,  fermo  restando  l'obbligo  per  essi  di  operare le
ritenute  sui  contributi  corrisposti  a  soggetti diversi, ai sensi
dell'art. 28 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.».
    3. - Il mutato quadro normativo descritto, nonche' l'orientamento
assunto dall'amministrazione finanziaria con detta risoluzione, hanno
dato   adito  a  considerevole  contenzioso,  instaurato  dagli  enti
interessati  allo  scopo  di  ottenere il rimborso delle ritenuta che
continuava  a  venire operata e versata dagli istituti di credito. Le
commissioni  tributarie  si  orientavano  nel senso di riconoscere il
diritto  al  rimborso di siffatte ritenute. Tra le numerose decisioni
favorevoli agli enti locali, si segnalano, Comm. trib. I, grado Roma,
sez.  XL,  30  settembre  1994  - 5 novembre 1994, n. 661; Comm.trib.
Bologna,  sez.  V,  n. 5  del  18 marzo - 8 maggio 1997; Comm.trib. I
grado  Roma,  sez.  XV,  n. 478, 23 maggio - 12 settembre 1994; Comm.
trib.  regionale  Emilia  Romagna,  sez.  I,  n. 5 del 5 maggio 1997;
Comm.trib. II grado Roma, sez. II, n. 95110485 del 26 gennaio 1996, e
Comm.trib.  II grado Roma, sez. I, n. 36 del 19 gennaio - 16 febbraio
1996; Commi.trib. Roma, Sez. XL, n. 661 del 30 settembre - 5 novembre
1994;  Comm.  trib.  Bologna, sez. V, n 5 del 18 marzo 8 maggio 1997;
Comm.  trib.  I grado Roma, sez. XV, n. 478, 23 maggio - 12 settembre
1994;  Comm.  trib.  II grado Roma, sez. IIª, dec. n. 95110485 del 26
gennaio 1996; Comm.trib. I grado Belluno, sez. Iª dep. 5 agosto 1994,
n. 22;  Comm.trib.  I  grado  Roma,  Sez.  XV  del 12 settembre 1995,
n. 478;  Comm.  trib.  Bolzano, sez. I, n. 586 del 26 settembre 1995;
Comm.  trib.  regionale Milano, n. 21 luglio 1999 del 26 maggio 1999;
Comm.trib.prov.   Milano   n. 62/12/1999   dep.   12   luglio   1999;
Comm.trib.prov.Milano numeri 112-113-118/1999 dep. 16 aprile 1999.
    4. - L'imponente contenzioso che ha coinvolto lo Stato e gli Enti
pubblici interessati al rimborso delle somme indebitamente ritenute e
versate  a  far  tempo  dal  10  gennaio  1991,  l'impossibilita'  di
estendere il prelievo di cui si discute con la forma della ritenuta a
titolo  d'imposta  anche  ai soggetti totalmente esclusi dall'imposta
stessa  tra i quali erano ormai compresi i sunnominati enti pubblici,
e  per  converso  l'eventualita'  che  venisse  rilevato l'eccesso di
delega  del  citato art. 26, atteso che la formula estensiva «in ogni
altro  caso»  utilizzata  nel  citato d.P.R. n. 600/1973, non trovava
alcun  riscontro nella legge-delega n. 825/1971, hanno determinato il
legislatore  ad  intervenire  sulla  materia,  introducendo l'obbligo
della  ritenuta  in  autonoma  rispetto all'ordinaria imposizione sul
reddito,  mediante  l'adozione  di una nuova legge di delega e di una
nuova legge delegata.
    Con  l'art.  3,  comma  160  della legge 23 dicembre 1996, n. 662
(Misure  di  razionalizzazione  della  finanza  pubblica), il Governo
veniva   delegato   ad   emanare  uno  o  piu'  decreti  legislativi,
concernenti  il  riordino  del  trattamento tributario dei redditi di
capitale  e modifiche al regime delle ritenute alla fonte sui redditi
di  capitale,  con  l'osservanza  dei  seguenti  principi  e  criteri
direttivi:  a) revisione della disciplina dei redditi di capitale con
una  puntuale  definizione  delle  singole  fattispecie  di  reddito,
«prevedendo  norme  di  chiusura  volte a ricomprendere ogni provento
derivante dall'impiego di capitale.».
    Il fatto stesso che il legislatore abbia sentito la necessita' di
adottare  una  nuova legge delega per assumere l'applicabilita' della
ritenuta anche ai soggetti esclusi da IRPEG, in via autonoma rispetto
all'ordinaria  imposizione sul reddito, depone per la novita' di tale
prelievo rispetto alla previgente disciplina.
    ll  legislatore  delegato,  con  l'art. 12, primo comma d.lgs. 21
novembre 1997, n. 461, in vigore il 1° luglio 1998, ha poi sostituito
la   norma   dell'art. 26,   quarto   comma,   terzo  periodo  d.P.R.
29 settembre  1973,  n. 600,  introducendo,  con norma di chiusura in
ogni  altro  caso»),  in  attuazione del sunnominato principio di cui
alla  legge  di  delega  n. 662/1996, la ritenuta sugli interessi dei
conti  correnti  bancari e postali disciplinati dal medesimo art. 26,
da  operarsi  a  titolo  d'imposta  anche  nei confronti dei soggetti
esclusi da IRPEG.
    Peraltro,  il  legislatore  si  e' limitato a ripetere, nel nuovo
testo,  le  identiche  parole della vecchia formulazione, disposte in
una successione leggermente diversa.
    Secondo  il  vecchio  testo  dell'art. 26,  quarto  comma,  terzo
periodo   ultimo   periodo:   «Nei   confronti  dei  soggetti  esenti
dall'imposta  sul  reddito  delle  persone giuridiche e in ogni altro
caso le ritenute sono applicate a titolo d'imposta».
    Il  nuovo  testo  recita:  «le predette ritenute sono applicate a
titolo  d'imposta  nei confronti dei soggetti esenti dall'imposta sul
reddito delle persone giuridiche ed in ogni altro caso.».
    Dato   che   questa   norma,   per   essere   formulata  in  modo
apparentemente  identico  alla  precedente, dava ancora adito a forti
dubbi  circa  la  sorte  dei  soggetti  esclusi,  il  legislatore  e'
intervenuto    ancora    una    volta,    ricorrendo   all'espediente
dell'interpretazione autentica.
    5.   -  Con  l'art. 14  della  legge  18  febbraio  1999,  n. 28,
denominato «Interpretazione autentica della disciplina concernente le
ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale», ha statuito che:
«La  disposizione  di  cui  all'art. 26  comma  4, terzo periodo, del
d.P.R.  29  settembre  1973, n. 600, riguardante l'applicazione della
ritenuta  a  titolo  d'imposta sugli interessi, premi ed altri frutti
delle  obbligazioni  e  titoli  similari  e  sui conti correnti, deve
intendersi nel senso che tale ritenuta si applica anche nei confronti
dei   soggetti   esclusi   dall'imposta  sul  reddito  delle  persone
giuridiche.».
    Tale  «interpretazione autentica», per come formulata applicabile
senza  limiti  a  tutti  i  rapporti  in  corso, ha indotto i giudici
tributari,   giunti   al   vaglio  di  legittimita'  della  normativa
applicata,  a respingere le richieste di rimborso avanzate dagli enti
locali  anche  relative  al periodo antecedente il 1° luglio 1998, in
virtu' del principio di retroattivita' dell'interpretazione normativa
fornita  dall'art. 14, legge n. 28/1999 (Cass., sez. I n. 4904/1999 -
Cass.sez. I n. 9202/1999 - Cass., sez. I n. 9378/1999 - Cass., sez. I
n. 7047 - Cass., sez. trib. n. 3423/2000 - Cass., sez. trib. n. 14774
-  Cass.,  sez. trib. n. 6500/2000 - Cass., sez. trib. n. 7341/2000 -
Cass.,  sez.  trib.  n. 13477/2001  Cass., sez. trib. n. 11251/2001 -
Cass.,  sez.  trib.  n. 11658/2001 - Cass., sez. trib. n. 7315/2003 -
Cass., sez. trib n. 1050 - Cass., sez. trib n. 4127/2004 - Cass. sez.
trib. n. 17837/2004 - Cass., sez. trib. n. 11160/2004).
    6.  -  Dal quadro normativo e giurisprudenziale cui innanzi si e'
accennato,  emerge  che  il  legislatore ha sostituito all'originaria
formulazione  del «vecchio» art. 26, quarto comma, terzo periodo - «e
in  ogni altro caso» - una norma avente effetti sostanziali del tutto
innovativi,   ma  apparentemente  identica,  utilizzando  i  medesimi
termini,  seppur  in diversa successione, ingenerando nell'interprete
la  convinzione  che  la  norma fosse, anche sostanzialmente, rimasta
immutata.
    Ma  se  non  puo' dubitarsi della legittimita' costituzionale del
citato  art. 26, in entrambe le formulazioni, in quanto supportate da
due   deleghe   formalmente   ineccepibili  e  di  chiaro  contenuto,
altrettanto  non  puo'  dirsi  della  norma di cui all'art. 14, legge
n. 28/1999  autodefinitasi  «di  interpretazione autentica del citato
art. 26,   quarto   comma,   terzo   periodo,  nella  parte  in  cui,
disattendendo  l'enunciata  funzione  chiarificatrice,  non chiarisce
affatto  che la ritenuta a titolo d'imposta sugli interessi sui conti
correnti  bancari  e  postali,  nei confronti dei soggetti esclusi da
IRPEG,  e'  applicabile  solo  a  far  tempo  dal 1° luglio 1998, per
effetto della sostituzione dell'art. 26, quarto comma, terzo periodo,
d.P.R.  n. 600/1973, avvenuta ad opera dell'art. 12, d.lgs. 461/1997,
ex lege n. 662/1996.
    Nel  caso  in  esame,  la funzione interpretativa, di chiarire un
significato  dubbio insito nella norma interpretata, appare del tutto
disattesa  dall'art. 14  legge n. 28/1999 con riferimento ai rapporti
sorti  nel vigore della legge di delega n. 825/1971, perche' anziche'
fornire  una  ricognizione espressa sulla decorrenza e sulla funzione
attribuita  alla  nuova  ritenuta,  autonoma  rispetto  all'ordinaria
imposta  sul  reddito, esplicitando la diversita' tra la precedente e
la successiva norma, ha indotto l'interprete a concludere per la loro
sostanziale   identita',   seppur   ontologicamente  e  geneticamente
diverse, emanate dal Governo in forza di due distinte deleghe.
    7.  -  Ulteriori profili di ammissibilita', di rilevanza e di non
manifesta    infondatezza    della    questione   di   illegittimita'
costituzionale  dell'art. 14, n. 1128/1999, derivano dalla diversita'
della  prospettazione  posta rispetto a quelle finora esaminate dalla
Corte costituzionale.
    Con   le   ordinanze   n. 174/2001   e   n. 313/2002,   la  Corte
costituzionale  ha  infatti  dichiarato  manifestamente  infondata la
diversa  questione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 26,
quarto   comma,   terzo   periodo   d.P.R.   n. 600/1973,  sostituito
dall'art. 12,  d.lgs.  n. 461/1997,  come  interpretato dall'art. 14,
legge  n. 28/1999,  sollevata in relazione agli articoli 3 e 53 della
Costituzione.
    Con  sentenza  n. 208/2001, la Corte costituzionale ha dichiarato
inammissibile   la   questione   di   illegittimita'   costituzionale
dell'art. 14,  legge  n. 28/1999  sotto  vari  profili peraltro tutti
attinenti un ipotetico conflitto di attribuzioni tra Stato e regioni,
rilevati  da  alcune regioni, in via principale, ex art. 32, legge 11
marzo 1953, n. 87.
    Diversamente,  nel  caso  in  esame,  sussistono  invece elementi
consistenti  ed  univoci,  quali  il nomen juris e l'espresso dettato
dell'art. 14,  legge  n. 28/1999,  la sua collocazione temporale, gli
orientamenti  assunti  dalla  giurisprudenza  tributaria,  il  quadro
normativo  sopra  richiamato  ed  in  particolare le modalita' con la
quale  risulta  introdotto l'obbligo della ritenuta nei confronti dei
soggetti   esclusi   da   IRPEG,   per  dubitare  della  legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  legge  n. 28/1999  in  relazione  agli
articoli 3,  23,  76,  77, primo comma, 97, 101, secondo comma e 104,
primo  comma della Costituzione e per sollevare tale questione in via
incidentale ex art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Tali  elementi  inducono  infatti  a  ritenere che con l'art. 14,
legge n. 28/1999 il legislatore abbia inteso imporre retroattivamente
l'obbligo  della ritenuta sugli interessi relativi a titoli, depositi
e  conti  correnti,  come  quello  in  esame,  maturati anteriormente
all'entrata  in  vigore  del  «nuovo»  art. 26,  quarto  comma, terzo
periodo  del  d.P.R. n. 600/1973, cosi' come sostituito dall'art. 12,
d.lgs.  n. 461/1997  ex  lege n. 662/1996, in relazione al quale, per
converso,   l'art. 14   si   pone   invece  effettivamente  in  veste
interpretativa.
    Come gia' statuito dalla Corte costituzionale, il legislatore non
e' obbligato a mantenere un regime derogatorio qualora mutino o siano
diversamente  valutate le condizioni per le quali il detto regime sia
stato   disposto;  ma  cio'  deve  avvenire  «nei  limiti  della  non
arbitrarieta'  e  della  ragionevolezza  e  nel rispetto dei principi
costituzionali in materia» (Corte Cost. ordinanza n. 174/2001).
    Limiti  e  principi  cui  non  appare  conforme  l'art. 14, legge
n. 28/1999 per quanto esposto.
    Piu'  precisamente,  in  relazione  all'art. 3 della Costituzione
l'art. 14,  legge  n. 28/1999  appare  costituzionalmente illegittimo
sotto    il    profilo    della    ragionevolezza,   dell'equita'   e
dell'uguaglianza   e   del   legittimo   affidamento,   che   vietano
l'emanazione     di     provvedimenti    legislativi    asseritamente
interpretativi   che   invece   arbitrariamente   producano   effetti
impositivi  sostanziali  e  lesivi  dei diritti gia' acquisiti da una
delle  parti del rapporto tributario, e del legittimo affidamento del
contribuente,  totalmente  escluso  dall'IRPEG anche per i redditi di
capitale,  sull'esistenza di una situazione giuridica certa di totale
esclusione  dall'imposta,  con  conseguente diritto al rimborso delle
ritenute operate.
    Come  chiarito  dalla  Corte  costituzionale, «....tanto nel caso
della  norma propriamente interpretativa quanto in quello della norma
semplicemente  retroattiva,  la  legge  rimane  comunque  soggetta al
controllo   di   conformita'   rispetto   al   canone   generale   di
ragionevolezza,  che  assume,  in  materia, un valore particolarmente
stringente  perche'  riferito  alla  certezza dei rapporti preteriti,
nonche' al legittimo affidamento dei soggetti interessati....» (cosi'
Corte  cost.  23 dicembre 1997, n. 432), che vale, a maggior ragione,
come evidenziato dal comune di Milano, nei confronti di enti cui sono
affidati compiti indefettibili.
    Sotto   il  profilo  degli  artt. 76  e  77,  primo  comma  della
Costituzione,  l'art.  14, legge n. 28/1999 appare costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui capziosamente dichiara di interpretare
una  norma  delegata,  l'art. 26,  quarto comma, terzo periodo d.P.R.
n. 600/1973, in vigore nel 1996 e quindi nella formulazione anteriore
alla  modifica  introdotta  dal  10  luglio  1998 dall'art. 12 d.lgs.
n. 461/1997,  attribuendole  un  significato e un contenuto del tutto
estranei  ai  principi  direttivi  posti  dalla  legge  delega allora
vigente  (art. 9, n. 3, e 10, n. 5 legge 9 ottobre 1971 n. 825). Come
gia' evidenziato, precedentemente all'entrata in vigore dell'art. 12,
d.lgs.  n. 461/1997  - 1° luglio 1998 - l'art. 26 citato disciplinava
l'obbligo  della  ritenuta  d'imposta solo nei confronti dei soggetti
IRPEF   e   di  quelli  esenti  da  IRPEG,  in  funzione  sostitutiva
dell'imposta  sul reddito, e l'espressione «e in ogni altro caso» non
poteva estendersi anche ai comuni, esclusi da IRPEG.
    In  relazione  all'art. 23  Cost..  l'art. 14,  legge  n. 28/1999
appare    costituzionalmente    illegittimo    proprio   perche'   si
autodefinisce  norma  interpretativa,  dissimulando invece un intento
impositivo   retroattivo   e   surrettiziamente  abrogativo  ex  tunc
dell'art. 26,  quarto comma, terzo periodo d.P.R. n. 600/1973 vigente
al tempo del prelievo.
    Al  di  la'  della  denominazione  attribuita,  l'art. 14,  legge
n. 28/1999  nei  confronti  dei  rapporti  sorti  anteriormente al 1°
luglio 1998, non interpreta, ma dispone innovativamente, introducendo
retroattivamente l'obbligo della ritenuta d'imposta nei confronti dei
soggetti che al momento del prelievo ne erano totalmente esclusi, con
cio'  contravvenendo  alla  fondamentale  esigenza  di  certezza  del
diritto,  insita nel precetto di cui all'art. 23 della Costituzione -
oltre  che  del  generale principio d'irretroattivita' della legge ex
art. 11  delle  disposizioni  sulla legge in generale, e per le norme
tributarie  ex  art. 3  comma  1  della  legge  n. 212/2000 - che nel
sancire  l'imposizione  di  prestazioni  patrimoniali mediante legge,
vieta  che  tali  prestazioni  possano  essere  imposte con efficacia
retroattiva   mediante   norme   dichiaratamente   interpretative,  e
contrastanti con le leggi sostanziali asseritamente interpretate.
    Sotto  il  profilo  degli  artt. 101, secondo comma, e 104, primo
comma  Cost.  va  infine  rilevato che le leggi interpretative devono
rispettare   le   funzioni  costituzionalmente  riservate  al  potere
giudiziario  ed il principio costituzionale del diritto di difesa (in
questo  senso,  Corte cost. 25 luglio 1995, n. 376). L'art. 14, legge
n. 28/1999,  non  appare affatto emanato con la finalita' di chiarire
la questione giuridica in esame o dirimere i dubbi interpretativi.
    Tale  norma  appare  introdotta nel nostro ordinamento al fine di
condizionare  il  giudizio  dell'interprete  e  ha di fatto indotto i
giudici  tributari  a mutare radicalmente orientamento e a respingere
anche le istanze di rimborso relative ad interessi prodottisi ante 1°
luglio 1998, legittimamente avanzate dagli enti locali.
    Su tali premesse, si deve sospendere il giudizio e rimettere alla
Corte  costituzionale,  in  quanto  rilevante  e  non  manifestamente
infondata,  la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14,
legge  n. 28/1999,  nella parte in cui non limitando i propri effetti
all'art. 26,  quarto,  comma,  ultimo periodo del d.P.R. n. 600/1973,
cosi'  come  sostituito  dall'art. 12  del  d.lgs.  21 novembre 1997,
n. 461,  e  riferendosi  quindi  anche  al  citato  art. 26,  ex lege
n. 825/1971  in  vigore  anche  nel  1996,  sotto  la  veste di norma
interpretativa,  ha  introdotto retroattivamente la ritenuta a titolo
d'imposta  anche per tale annualita' sugli interessi relativi a conti
correnti,  titoli  e  deposi intestati ai soggetti esclusi da IRPEG e
anche  dalla  ritenuta sostitutiva di tale imposta per violazione dei
principi  posti  dagli artt. 3, 23, 76, 77, primo comma, 101, secondo
comma, 104, primo comma della Costituzione.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  legge  n. 28/1999, nella
parte  in  cui  non  limitando  i  propri effetti all'art. 26, quarto
comma,  ultimo  periodo del d.P.R. n. 600/1973, cosi' come sostituito
dall'art. 12  del  d.lgs.  21  novembre  1997,  n. 461, e riferendosi
quindi  anche  al citato art. 26, ex lege n. 825/1971 in vigore anche
nel  1996,  sotto  la  veste  di  norma interpretativa, ha introdotto
retroattivamente  la  ritenuta  a  titolo  d'imposta  anche  per tale
annualita'  sugli  interessi  relativi  a  conti  correnti,  titoli e
depositi  intestati  ai  soggetti  esclusi  da  IRPEG  e  anche dalla
ritenuta  sostitutiva  di  tale  imposta, per violazione dei principi
posti  dagli  artt. 3,  23,  76, 77, primo comma, 101, secondo comma,
104, primo comma della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio  e  dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in causa nonche' al Presidente del Consiglio
dei  Ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e
del Senato della Repubblica.
        Milano, addi' 4 ottobre 2005
                       Il Presidente: Lamanna
L'estensore: Sardo  06C0414