N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 2006

Ordinanza  emessa  il  24 gennaio 2006 dal tribunale di Castrovillari
nel procedimento penale a carico di Lamaj Fatjon

Straniero   e  apolide  -  Espulsione  amministrativa  -  Delitto  di
  trattenimento,  senza  giustificato  motivo,  nel  territorio dello
  Stato,  in  violazione  dell'ordine di allontanamento impartito dal
  questore  - Trattamento sanzionatorio - Reclusione da uno a quattro
  anni  - Disparita' di trattamento rispetto a fattispecie analoghe -
  Violazione  del  principio di proporzionalita' della pena - Lesione
  del principio della finalita' rieducativa della pena.
- Decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286, art. 14, comma 5-ter,
  prima parte, sostituito dall'art. 1, comma 5-bis, del decreto legge
  14 settembre 2004, n. 241, convertito con modificazioni nella legge
  12 novembre 2004, n. 271.
- Costituzione, artt. 3 e 27.
(GU n.21 del 24-5-2006 )
                            IL TRIBUNALE

    In  composizione  monocratica,  nel  proc.  pen. n.  20/06 R.G.T.
contro  Lamaj  Fatjon, imputato del reato p. e p. dall'art. 14, comma
5-ter  del  d.lgs. 286/1998 (inserito dall'art. 13, comma 1, lett. d)
della  legge  30  luglio  2002,  n. 189, come modificato dall'art. 1,
comma  5-bis  del  decreto legge 14 settembre 2004, n. 241, conv. con
modificaz.  nella  legge  12  novembre 1994, n. 271) perche', essendo
stato  espulso  ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. citato con
ordine dato con provvedimento scritto dal Questore della Provincia di
Matera   -   susseguente   a  decreto  di  espulsione  (per  ingresso
clandestino) del Prefetto di Matera emesso in data 17 novembre 2005 -
con  intimazione  a  lasciare  il territorio dello Stato entro cinque
giorni  dalla  notifica  (avvenuta  nella stessa data del 17 novembre
2005)  e  con  indicazione  delle  conseguenze penali derivanti dalla
trasgressione, senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio
dello Stato, fatto accertato in Trebisacce il 19 gennaio 2006;
    Rilevato che il difensore dell'imputato ha sollevato questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. 25
luglio 1998, n. 286 (aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189) con
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nonce' dell'art. 14, comma 5-ter
del d.lgs. 286/1998, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost.;

                            O s s e r v a

    L'imputato,  tratto  in arresto il 19 gennaio 2006 per violazione
del   citato  art.  14,  comma  5-ter  del  d.lgs.  286/1998,  veniva
presentato all'udienza del 20 gennaio 2006 dal pubblico ministero per
la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo ed il nulla osta
all'espulsione.  A  tanto  si  provvedeva  nel  corso  della medesima
udienza.   Veniva   inoltre   disposta   la   immediata   liberazione
dell'imputato,  non  avendo  il  p.m.  richiesto l'adozione di alcuna
misura  cautelare  e,  avendo  chiesto  il difensore di avvalersi dei
termini   a  difesa.  Il  procedimento  veniva  rinviato  all'udienza
odierna.
     L'imputato chiedeva di essere ammesso al giudizio abbreviato. Il
suo  difensore  denunciava  quindi  la  illegittimita' costituzionale
delle norme innanzi indicate.
    Deve   rilevarsi,   quanto   alla   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998,
n. 286,  aggiunto  dalla  legge  30  luglio 2002, n. 189, che essa e'
stata  sollevata  nel  corso  del giudizio direttissimo e dopo che il
tribunale   aveva   gia'   provveduto   alla  convalida  dell'arresto
dell'imputato  e al rilascio del nulla osta alla espulsione. Identica
questione  e'  stata  gia'  risolta  dalla  Corte  costituzionale con
l'ordinanza  n. 377  del  28 settembre 2005, con la quale la Corte ha
dichiarato   la   questione  manifestamente  inammissibile,  giacche'
sollevata in un momento in cui il giudice ha gia' esaurito la propria
cognizione  con riferimento alla convalida dell'arresto e al rilascio
del  nulla  osta alla espulsione, cosi' da rendere i quesiti privi di
rilevanza nel caso di specie.
    Alla luce di tanto, la questione e' da considerarsi non rilevante
ai fini della decisione.
    Quanto, invece, alla questione relativa all'art. 14, comma 5-ter,
del  d.lgs.  268/1998,  nella  parte  in  cui  prevede  la pena della
reclusione  da  uno  a  quattro  anni  per  lo  straniero  che  senza
giustificato  motivo  si  trattiene  nel  territorio  dello  Stato in
violazione  dell'ordine  impartito dal questore, con riferimento agli
articoli  3  e  27  della  Costituzione, occorre ritenere la medesima
rilevante  giacche',  ove  si pervenga ad un giudizio di colpevolezza
dell'imputato,  sarebbe  comminata la pena prevista dalla norma della
cui legittimita' costituzionale si dubita.
    La  condotta  dello  straniero  che permanga nel territorio dello
Stato «senza un giustificato motivo», contravvenendo al provvedimento
del questore di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni,
ha  subito  vari  trattamenti  sanzionatori.  Essa  era sprovvista di
specifica  sanzione  nella  originaria  formulazione dell'art. 14 del
d.lgs. n. 286/1998. Successivamente, la legge 189/2002 introdusse una
fattispecie  contravvenzionale  punibile con l'arresto da sei mesi ad
un  anno.  La  Corte  costituzionale,  con  la sentenza n. 223 del 15
luglio  2004,  dichiaro' la illegittimita' costituzionale della norma
per  contrasto  con  gli  artt. 3  e  13  Cost.  «nella  parte in cui
stabilisce  che  per  il  reato previsto dal comma 5-ter del medesimo
articolo  14  e'  obbligatorio l'arresto in flagranza dell'autore del
fatto».  A  seguito di tanto, un nuovo intervento legislativo - legge
n. 271/2004  -  reintroduceva  l'arresto  obbligatorio  in flagranza,
trasformando  la fattispecie in delitto punibile con la reclusione da
uno a quattro anni.
    La  condotta ascritta all'imputato risente, quanto al trattamento
sanzionatorio,  del  notevole  inasprimento di pena di cui si e' dato
conto e che si sottopone a vaglio di costituzionalita' in riferimento
ai citati articoli della Costituzione.
    A  tal  proposito,  costituisce orientamento costante del Giudice
delle  leggi  quello  per cui il sindacato delle scelte sanzionatorie
del  legislatore  e'  possibile  solo  ove  «l'opzione  normativa del
legislatore  contrasti  con  il  principio  di  uguaglianza, sotto il
profilo     dell'assoluta    arbitrarieta'    o    della    manifesta
irragionevolezza»  (sentt.  numeri 203/2003,  287/2001, 313/1995). La
sentenza   n. 5/2000   richiede  che  si  indaghi  «sul  perche'  una
determinata  disciplina  operi,  all'interno  del tessuto egualitario
dell'ordinamento,  quella  specifica equiparazione (oppure, a seconda
dei casi, quella specifica distinzione), traendone, quindi, le debite
conclusioni in punto corretto uso del potere normativo. Solo nel caso
in  cui  siffatta verifica dovesse evidenziare una carenza di causa o
ragione  della disciplina introdotta potra' dirsi realizzato un vizio
di  legittimita'  costituzionale della norma, proprio perche' fondato
sulla irragionevole omologazione di situazioni diverse».
    Tale   giudizio   presuppone   l'individuazione   di  un  tertium
comparationis  ovvero  di  fattispecie  analoghe  ricavabili da norme
incriminatici  poste a tutela degli stessi interessi e nelle quali la
condotta  si  connota  secondo  modalita'  identiche  o,  quantomeno,
analoghe.
    Nel  caso  che occupa sono ipotizzabili due raffronti: uno con le
diverse  fattispecie  previste  dall'art. 15,  comma 1-ter del d.lgs.
286/1998 e l'altro con fattispecie che non rientrano nella disciplina
dell'immigrazione.
    Quanto  al  primo  aspetto,  si  rileva  che  alcune  ipotesi  di
irregolare  permanenza  (stranieri espulsi dal Ministero dell'interno
per  ragioni  di  ordine  e sicurezza pubblica) con configurano alcun
reato.  Altre  condotte che consistono nella inosservanza di omologhi
provvedimenti   del   questore,   sono   puniti  in  modo  del  tutto
differenziato nonostante ledano gli stessi interessi (si veda il caso
dello  straniero  con regolare permesso di soggiorno, il cui permesso
sia  scaduto  senza  che  sia stato richiesto il rinnovo nei sessanta
giorni  successivi alla scadenza; fattispecie punita con l'arresto da
sei  mesi  ad un anno). Sotto differente prospettiva, la comparazione
appare  altresi'  possibile con la fattispecie prevista dall'art. 650
C.P.  (inottemperanza ad un provvedimento legalmente dato per ragioni
di sicurezza pubblica o di ordine pubblico) nonche' dall'art. 2 della
legge  27  dicembre  1956,  n. 1423  (violazione del provvedimento di
rimpatrio emesso dal questore).
    Esiste  stretta correlazione fra il principio di proporzionalita'
della  pena  (ricavabile  dall'art. 3 Cost.) e quello della finalita'
rieducativa della pena (di cui all'art. 27, terzo comma, Cost.). Come
e'  stato  affermato,  «la  palese  sproporzione del sacrificio della
liberta' personale produce ... una vanificazione del fine rieducativo
della  pena prescritto dall'art. 27, comma 3, della Costituzione, che
di   quella   liberta'  costituisce  una  garanzia  istituzionale  in
relazione allo stato di detenzione» (sent. n. 343/1993).
    L'inasprimento   della  sanzione,  inoltre,  appare  giustificato
esclusivamente    dalla    necessita'   di   ripristinare   l'arresto
obbligatorio   ritenuto   illegittimo   dalla   Corte,  scollegandola
dall'effettiva offensivita' della condotta.
                              P. Q. M.
    Dichiara    non    rilevante   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 13, comma 3-bis, del d.lgs. 25 luglio 1998,
n. 286, aggiunto dalla legge 30 luglio 2002, n. 189;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-ter  del  d.lgs.
n. 286/1998, per violazione degli artt. 3 e 27 Cost;
    Visto  l'art. 23  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, dispone la
immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte costituzionale e la
sospensione del giudizio;
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei ministri e che essa
venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Castrovillari, addi' 24 gennaio 2006
                  Il giudice: Castaldo C. Collazzo
06C0419