N. 191 SENTENZA 3 - 11 maggio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Espropriazione  per  pubblica  utilita' - Giurisdizione esclusiva del
  giudice amministrativo - Devoluzione delle controversie relative ai
  comportamenti  delle  pubbliche  amministrazioni  e dei soggetti ad
  esse   equiparati,   non   riconducibili,   nemmeno   mediatamente,
  all'esercizio  di  un  pubblico  potere  - Contrasto con i principi
  costituzionali   sul  riparto  di  giurisdizione  -  Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- D.lgs.    8 giugno 2001,   n. 325,   art. 53,   comma 1,   trasfuso
  nell'art. 53, comma 1, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
- Costituzione, artt. 25, 102, comma secondo, e 103.
(GU n.20 del 17-5-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 1, del
decreto   legislativo   8  giugno 2001,  n. 325  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia di espropriazione per pubblica
utilita'  - Testo B), trasfuso nell'art. 53, comma 1, del decreto del
Presidente  della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione
per  pubblica  utilita'  -  Testo  A),  promossi  con  ordinanze  del
22 ottobre  2004 e del 5 maggio 2005 dal Tribunale amministrativo per
la  Calabria sui ricorsi proposti da Marzano Fabrizio ed altri contro
il Ministero dell'interno ed altri e da Care' Ilario contro il Comune
di  Nardodipace,  iscritte  ai numeri 36 e 425 del registro ordinanze
2005  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 7
e 37, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  dell'8 marzo 2006 il giudice
relatore Romano Vaccarella.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ordinanza  del  22 ottobre  2004 (n. 36 del 2005), il
Tribunale  amministrativo  regionale  della Calabria ha sollevato, in
riferimento  agli  artt. 25 e 102, secondo comma, della Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 1, del
d.P.R.   8   giugno 2001,  n. 327  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilita'  -  Testo  A), nella parte in cui devolve alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice  amministrativo  «le  controversie aventi per
oggetto  [...]  i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei
soggetti  ad  esse  equiparati,  conseguenti  alla applicazione delle
disposizioni   del   testo   unico»,   segnatamente  allorche'  detti
comportamenti  riguardino  progetti  la cui dichiarazione di pubblica
utilita',   indifferibilita'   ed   urgenza   sia  intervenuta  prima
dell'entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001.
    1.1.  -  Il  giudizio,  introdotto  nell'anno 2000, nel corso del
quale  il  dubbio e' stato prospettato, ha avuto origine da una causa
intentata dagli eredi del titolare di un fondo, oggetto di accessione
invertita,  contro il Ministero dell'interno, l'Ente nazionale per le
strade  (ANAS)  e  il  Concordato  preventivo  IGIEMME,  gia' impresa
Grandinetti  Michele  costruzioni s.n.c. (quest'ultima in qualita' di
concessionaria  per  l'espropriazione e per l'esecuzione dei lavori),
al  fine di ottenere il ristoro dei danni subiti in conseguenza della
perdita  della  proprieta' di un immobile, che, durante il periodo di
occupazione   disposta  in  vista  della  realizzazione  di  un'opera
pubblica, aveva subito una radicale trasformazione, in mancanza di un
valido decreto di esproprio.
    1.2.  -  In  punto  di  rilevanza,  osserva  il rimettente che il
comma 1   dell'art. 53  del  d.P.R.  n. 327  del  2001  devolve  alla
giurisdizione  esclusiva  del giudice amministrativo «le controversie
aventi  per  oggetto  [...]  i  comportamenti  delle  amministrazioni
pubbliche  e  dei  soggetti  ad  esse  equiparati,  conseguenti  alla
applicazione   delle   disposizioni   del  testo  unico»,  mentre  il
successivo  comma 3  mantiene  ferma  la  giurisdizione  del  giudice
ordinario  per  le sole controversie riguardanti «la determinazione e
la  corresponsione  delle  indennita' in conseguenza dell'adozione di
atti di natura espropriativa o ablativa».
    Rileva   quindi   come   la  giurisprudenza,  nell'affrontare  le
problematiche  di  diritto transitorio connesse all'entrata in vigore
del  testo  unico  sulle  espropriazioni, abbia distinto tra norme di
carattere    sostanziale    e   norme   di   carattere   processuale,
condivisibilmente  ritenendo queste ultime, e quindi anche l'art. 53,
applicabili  a  tutti  i  giudizi  pendenti,  pur se introdotti prima
dell'entrata  in vigore del testo unico stesso: del resto - rileva il
rimettente -  la  predetta norma si salda, ad essi sostituendosi, con
l'art. 34,  comma 1,  del  decreto  legislativo  31 marzo 1998, n. 80
(Nuove  disposizioni  in  materia  di organizzazione e di rapporti di
lavoro   nelle  amministrazioni  pubbliche,  di  giurisdizione  nelle
controversie  di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in
attuazione  dell'articolo 11,  comma 4,  della  legge  15 marzo 1997,
n. 59),  e  con  l'art. 7,  lettera b),  della  legge 21 luglio 2000,
n. 205  (Disposizioni  in  materia  di giustizia amministrativa), che
gia'   attribuivano  tali  controversie  al  giudice  amministrativo.
L'applicazione  del  primo comma dell'art. 53 comporta, pertanto, che
la  cognizione della controversia dedotta in giudizio - che «verte in
ordine alla domanda di riparazione del pregiudizio subito dal privato
in  conseguenza  di  un  comportamento materiale dell'amministrazione
qualificabile  come  illecito»  - spetta al giudice amministrativo in
sede di giurisdizione esclusiva.
    1.3. - In punto di non manifesta infondatezza, ricorda il giudice
a  quo  che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 204 del 2004,
ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1,
del   d.lgs.  31 marzo  1998,  n. 80,  come  sostituito  dall'art. 7,
comma 1,  lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205, nella parte
in  cui  prevede  la  devoluzione  alla  giurisdizione  esclusiva del
giudice  amministrativo  delle  controversie  aventi per oggetto «gli
atti,  i  provvedimenti  e  i  comportamenti»,  anziche'  delle  sole
controversie  aventi  per oggetto «gli atti e i provvedimenti», delle
pubbliche  amministrazioni  e dei soggetti alle stesse equiparati, in
materia urbanistica ed edilizia, e cioe' in una materia che abbraccia
tutti gli aspetti dell'uso del territorio, ivi compresa la disciplina
dell'acquisizione  dei  beni  all'amministrazione  a  seguito,  o per
effetto, di procedimenti espropriativi.
    Orbene,  le  stesse  argomentazioni  che hanno indotto il giudice
delle  leggi  alla  declaratoria  di incostituzionalita', nei termini
innanzi  precisati  -  e  segnatamente l'affermazione secondo cui nei
«comportamenti [...] la pubblica amministrazione non esercita nemmeno
mediatamente   [...]   alcun   pubblico   potere»,  e  che  «la  mera
partecipazione  della  pubblica  amministrazione  al giudizio» non e'
sufficiente   «perche'   si  radichi  la  giurisdizione  del  giudice
amministrativo  (il quale davvero assumerebbe le sembianze di giudice
«della»  pubblica  amministrazione,  con  violazione degli artt. 25 e
102,  secondo  comma,  della  Costituzione)  -,  si  presterebbero ad
operare  con  riferimento  alla devoluzione al giudice amministrativo
dei   comportamenti   della   pubblica   amministrazione  in  materia
espropriativa,  a  meno che essi non riguardino progetti in relazione
ai  quali  la  dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' e
urgenza  sia  stata  pronunziata  dopo l'entrata in vigore del d.P.R.
n. 327  del 2001: e invero in tal caso ben potrebbe l'amministrazione
avvalersi  del disposto dell'art. 43, comma 1, per il quale «valutati
gli interessi in conflitto, l'autorita' che utilizza un bene immobile
per  scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed
efficace  provvedimento  di  esproprio  o dichiarativo della pubblica
utilita',  puo'  disporre  che  esso vada acquisito al suo patrimonio
indisponibile  e  che  al  proprietario vadano risarciti i danni». La
previsione  di  un  siffatto  potere  di  dichiarazione  «postuma» di
pubblica  utilita'  dell'opera,  connotato  da  evidenti  profili  di
discrezionalita',  consentirebbe infatti - nella prospettiva adottata
dalla  Corte  costituzionale  con  riguardo  all'ipotesi, per vero di
portata  minore,  di uso, da parte della pubblica amministrazione, di
strumenti  intrinsecamente privatistici, in quanto forma di esercizio
«mediato»   del   potere   pubblico   -   di   ritenere  giustificata
l'attribuzione della materia al giudice amministrativo.
    Il  medesimo  potere,  peraltro,  differenzierebbe  nettamente la
fattispecie  di cui all'art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001, da quella
di  cui  all'art. 34  del  d.lgs. n. 80 del 1998; il che spiegherebbe
anche  perche' la Corte nella sentenza n. 204 del 2004 non ritenne di
estendere  d'ufficio  la  statuizione  di illegittimita' anche a tale
ultima norma, ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
    Sottolinea,  infine,  il  rimettente  che  nel  caso  dedotto  in
giudizio  la  dichiarazione  di pubblica utilita', indifferibilita' e
urgenza dell'opera e' intervenuta «ben prima del 30 giugno 2003».
    1.4.  -  Per  le  ragioni  esposte  il  Tribunale  amministrativo
regionale  della  Calabria  ritiene  non  manifestamente infondato il
dubbio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 53,  comma 1, del
d.P.R. n. 327 del 2001, nella parte in cui devolve alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice  amministrativo  «le  controversie aventi per
oggetto  [...]  i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei
soggetti  ad  esse  equiparati,  conseguenti  alla applicazione delle
disposizioni   del   testo   unico»,   segnatamente  allorche'  detti
comportamenti  riguardino  progetti  la cui dichiarazione di pubblica
utilita',   indifferibilita'   ed   urgenza   e'   intervenuta  prima
dell'entrata  in  vigore  del  d.P.R. n. 327 del 2001, per violazione
degli artt. 25 e 102, secondo comma, della Costituzione.
    2.  -  Con  ordinanza  del  5 maggio  2005  (n. 425 del 2005), il
Tribunale   amministrativo  regionale  della  Calabria  ha  sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 53, comma 1, del
decreto   legislativo   8  giugno 2001,  n. 325  (Testo  unico  delle
disposizioni  legislative  in  materia di espropriazione per pubblica
utilita' - Testo B) - «cui e' conforme l'art. 53, comma 1, del d.P.R.
8   giugno 2001   n. 327»   -  per  contrasto  con  l'art. 103  della
Costituzione,   nella  parte  in  cui  prevede  la  devoluzione  alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie
concernenti  i  comportamenti  delle amministrazioni pubbliche, e dei
soggetti  equiparati,  in  materia  di  espropriazione  per  pubblica
utilita'.
    2.1.  -  Il  dubbio e' stato prospettato nel corso di un giudizio
proposto  dal  proprietario  di  un  terreno,  oggetto  di decreto di
occupazione d'urgenza emesso dal Sindaco del comune di Nardodipace in
data 14 gennaio 1992, in vista della realizzazione, entro cinque anni
dalla   data   dell'immissione  in  possesso,  di  infrastrutture  di
carattere  turistico-sportivo.  Decorso  tale termine senza che fosse
stato  emesso  provvedimento  di  esproprio  ne'  corrisposta  alcuna
indennita',  il  ricorrente,  dopo  avere  adito il Tribunale di Vibo
Valentia,  che aveva dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a
conoscere  la controversia, aveva chiesto al Tribunale amministrativo
regionale  della  Calabria  la  condanna  del  convenuto al pagamento
dell'indennita'  di occupazione nonche' al risarcimento del danno per
la  perdita  del  diritto  dominicale  conseguente  all'irreversibile
trasformazione del fondo.
    2.2.  -  Osserva  il rimettente che quest'ultima domanda si fonda
sull'avvenuto  perfezionamento  di  una  fattispecie  di  occupazione
acquisitiva,  nella  quale  l'acquisto della proprieta' del fondo, in
mancanza  di  tempestivo  e  formale  provvedimento  di esproprio, si
ricollega alla sua irreversibile trasformazione, avvenuta nell'ambito
di  un  procedimento  ablativo  iniziato  con  una valida ed efficace
dichiarazione  di pubblica utilita'. Peraltro - osserva il rimettente
-  rispetto  a  tale  parte  del  petitum si impone la verifica della
sussistenza  della  giurisdizione  del  giudice amministrativo, posto
che,  dopo  l'introduzione  del  giudizio, e' intervenuta la sentenza
della  Corte  costituzionale  n. 204  del  2004,  dichiarativa  della
parziale   illegittimita',   per   contrasto   con  l'art. 103  della
Costituzione,  dell'art. 34,  comma 1,  del decreto legislativo n. 80
del  1998,  modificato  dall'art. 7, comma 1, lettera b), della legge
n. 205  del 2000 nella parte in cui, comprendendo nella giurisdizione
esclusiva, anche i «comportamenti», estende la cognizione del giudice
amministrativo a controversie nelle quali la pubblica amministrazione
non   esercita  nemmeno  mediatamente,  «e  cioe'  avvalendosi  della
facolta'  di  adottare  strumenti intrinsecamente privatistici, alcun
pubblico potere».
    Ricorda   segnatamente   il   giudice   a  quo  che  il  fenomeno
dell'occupazione  acquisitiva  e'  stato unanimemente ricondotto alla
giurisdizione   esclusiva   del  giudice  amministrativo  in  materia
urbanistica,  prevista  dall'art. 34, comma 1, del menzionato decreto
legislativo  n. 80  del  1998,  in  considerazione  del  riferimento,
contenuto    in   tale   disposizione,   ai   «comportamenti»   delle
amministrazioni  e  dell'ampia  nozione  di «urbanistica» accolta dal
comma 2  della  stessa  norma,  secondo una prospettiva fatta propria
anche dal giudice delle leggi, nella sentenza innanzi menzionata.
    Segnala  quindi  che,  ai fini della decisione della controversia
dedotta   in   giudizio,   assume  rilevanza  l'art. 53  del  decreto
legislativo   8   giugno 2001,   n. 325,   il   quale,   parzialmente
riproduttivo  dell'art. 34  del decreto legislativo n. 80 del 1998, e
non  toccato  dalla  pronuncia  di  incostituzionalita',  afferma  la
perdurante   vigenza   della   giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo,  in  ordine alle controversie concernenti fattispecie
di appropriazione acquisitiva.
    Precisa,   in  particolare,  il  giudicante  di  non  condividere
l'assunto   secondo  cui  l'intervento  attuato  dalla  Consulta  nei
confronti dell'art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 avrebbe
travolto  anche l'art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001, nella
parte   in   cui  estende  la  giurisdizione  esclusiva  del  giudice
amministrativo  ai  «comportamenti» della pubblica amministrazione: a
suo  avviso,  tale  approdo  ermeneutico  sarebbe in contrasto con le
previsioni  di  legge  -  e  segnatamente  con  l'art. 27 della legge
11 marzo  1953,  n. 87  (Norme sulla Costituzione e sul funzionamento
della  Corte  costituzionale),  in  base  al  quale spetta alla Corte
costituzionale  individuare  le  disposizioni  la  cui illegittimita'
deriva   come  conseguenza  dalla  decisione  adottata  -  oltre  che
contraddetto  e  dalla  diversa estensione della previsione racchiusa
nella norma censurata, estesa anche agli accordi, e dal suo carattere
speciale  rispetto  al  disposto dell'art. 34 del decreto legislativo
n. 80 del 1998.
    Segnala  altresi'  il  rimettente che l'art. 53 del d.P.R. n. 327
del 2001 si inserisce nel contesto normativo delle espropriazioni, in
cui   vi   e'   una  forte  accentuazione  dei  poteri  di  carattere
autoritativo  e  in cui sono presenti norme, come l'art. 43, che, sia
pure   in   vista   del  superamento  del  fenomeno  dell'occupazione
appropriativa,  «sembrerebbero strettamente collegate alla previsione
concernente  la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in
ordine  ai  comportamenti dell'amministrazione pubblica», quanto meno
con  riferimento  alla  mera  utilizzazione del bene per finalita' di
pubblico interesse.
    2.3.  -  In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  osserva il
Tribunale  rimettente  che  gli  argomenti  che  indussero  la  Corte
costituzionale  a  dichiarare la parziale illegittimita' dell'art. 34
del  decreto  legislativo  n. 80  del  1998, ben potrebbero riferirsi
anche  all'art. 53,  comma 1,  del decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 325.  E,  invero,  nella  menzionata  pronuncia,  il giudice delle
leggi,  escluso  che l'art. 103 della Costituzione abbia conferito al
legislatore  ordinario una assoluta e incondizionata discrezionalita'
nell'individuazione  delle  materie  da  devolvere alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, ritenne non conforme al dettato
costituzionale  l'art. 34  del  decreto  legislativo  n. 80 del 1998,
nella   parte  in  cui  estendeva  detta  giurisdizione,  in  materia
urbanistica  ed  edilizia,  anche  ai comportamenti, cosi' allargando
l'ambito  della  giurisdizione  esclusiva  a  fattispecie  in  cui la
pubblica  amministrazione  non  esercita,  neppure  mediatamente,  un
pubblico potere.
    La  decisione  della Corte costituzionale avvalorerebbe allora il
dubbio  di  contrasto  col  medesimo parametro anche dell'art. 53 del
testo  unico  delle  espropriazioni, norma che, benche' non meramente
riproduttiva  dell'art. 34  del decreto legislativo n. 80 del 1998, e
speciale rispetto ad essa, riconduce alla giurisdizione esclusiva del
giudice  amministrativo  fattispecie  nelle  quali  l'acquisto  della
proprieta'  del bene si realizza in conseguenza di meri comportamenti
della pubblica amministrazione.
    2.4.  -  In  ordine  alla  rilevanza  della questione, osserva il
rimettente  che  il giudizio, concernente una fattispecie acquisitiva
perfezionatasi  prima dell'entrata in vigore del nuovo testo unico in
materia  di  espropriazioni,  avvenuta  il  30  giugno 2003, e' stato
introdotto   successivamente  a  tale  data,  risultando  il  ricorso
notificato  il  26 settembre  2003  e  depositato  il  successivo  13
ottobre.  Di  modo  che, ai sensi dell'art. 5 del codice di procedura
civile,   non   possono   esservi   dubbi   sull'applicabilita'  alla
fattispecie   dedotta   in   giudizio   della   norma  sospettata  di
illegittimita'.
    2.5.  -  Per  le  ragioni  esposte,  il  Tribunale amministrativo
regionale  della Calabria dubita della compatibilita', con l'art. 103
della  Costituzione,  dell'art. 53,  comma 1, del decreto legislativo
n. 325  del  2001,  nella  parte  in  cui prevede la devoluzione alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie
concernenti  i  comportamenti  delle amministrazioni pubbliche, e dei
soggetti  equiparati,  in  materia  di  espropriazione  per  pubblica
utilita'.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sede
di  Catanzaro,  solleva, con ordinanza n. 36 del 2005, in riferimento
agli  artt. 25 e 102, comma secondo, della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 53,  comma 1,  del  d.P.R.  8
giugno 2001,  n. 327  (Testo  unico  delle disposizioni legislative e
regolamentari  in  materia  di espropriazione per pubblica utilita' -
Testo   A),   e   con  ordinanza  n. 425  del  2005,  in  riferimento
all'art. 103    della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 53,  comma 1,  del  decreto  legislativo  8
giugno 2001,  n. 325  (Testo  unico delle disposizioni legislative in
materia   di   espropriazione  per  pubblica  utilita'  -  Testo  B),
disposizione   trasfusa   nell'art. 53,   comma 1,   del   d.P.R.   8
giugno 2001, n. 327, innanzi menzionato, nella parte in cui devolvono
alla   giurisdizione   esclusiva   del   giudice   amministrativo  le
controversie  aventi  per  oggetto  i «comportamenti» delle pubbliche
amministrazioni,  e  dei  soggetti  ad esse equiparati, in materia di
espropriazione per pubblica utilita'.
    Entrambe le ordinanze - emesse nel corso di giudizi nei quali era
stata proposta domanda di risarcimento dei danni per avere subito, il
fondo  di  proprieta' dei ricorrenti, radicali trasformazioni durante
il  periodo  di occupazione disposta per la realizzazione di un'opera
pubblica  senza  che  fosse  intervenuto  il  decreto  di esproprio -
osservano   che  l'art. 53,  comma 1,  prevede  la  devoluzione  alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie
aventi   ad   oggetto   (anche)  «i  comportamenti»  delle  pubbliche
amministrazioni,  e  cioe' la medesima ipotesi che questa Corte - con
la   sentenza   n. 204   del   2004   -   ha   espunto,   ritenendola
costituzionalmente  illegittima,  dall'art. 34,  comma 1, del decreto
legislativo  31 marzo  1998,  n. 80 (Nuove disposizioni in materia di
organizzazione   e   di  rapporti  di  lavoro  nelle  amministrazioni
pubbliche,  di  giurisdizione  nelle  controversie  di  lavoro  e  di
giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11,
comma 4,   della   legge   15 marzo  1997,  n. 59),  come  sostituito
dall'art. 7,  comma 1, lettera b), della legge 21 luglio 2000, n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa).
    L'ordinanza  n. 36  del  2005  precisa  che  il  dubbio  circa la
conformita'  a  Costituzione  della  norma  de qua non avrebbe ragion
d'essere  ove  la dichiarazione di pubblica utilita' ed urgenza fosse
stata pronunciata dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 327 del 2001
(e  cioe'  dopo  il  30  giugno 2003:  art. 1 del decreto legislativo
n. 302  del 2002), dal momento che in tal caso opererebbe (ex art. 57
del  d.P.R.  n. 327,  come  modificato  dal citato art. 1 del decreto
legislativo  n. 302 del 2002) anche l'art. 43 del medesimo d.P.R., il
quale attribuisce alla pubblica amministrazione il potere (certamente
sindacabile  dal  giudice  amministrativo)  di  acquisire l'immobile,
«modificato  in  assenza  del  valido  ed  efficace  provvedimento di
esproprio  o  dichiarativo  della  pubblica  utilita»,  al patrimonio
indisponibile   con   «condanna  al  risarcimento  del  danno  e  con
esclusione  della  restituzione  del  bene  senza  limiti  di tempo»;
poiche' nel caso sottoposto al suo esame la dichiarazione di pubblica
utilita' e' intervenuta «ben prima del 30 giugno 2003», la previsione
(che  sarebbe  certamente  di  diritto  sostanziale) dell'art. 43 non
potrebbe  operare  e,  pertanto,  ci  si troverebbe in una situazione
perfettamente  analoga  a  quella  che  era disciplinata dall'art. 34
(dichiarato  incostituzionale  dalla  sentenza  n. 204 del 2004), del
quale  l'art. 53,  comma 1,  riproduce  (aggiungendovi  soltanto «gli
accordi») il contenuto.
    2.  - Va rilevato che mentre una ordinanza (n. 425 del 2005) vede
nella  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 53,
comma 1, una sorta di completamento di quanto, ex art. 27 della legge
n. 87  del  1953,  gia'  con la sentenza n. 204 del 2004 questa Corte
avrebbe  potuto fare; l'altra (n. 36 del 2005) osserva che il mancato
utilizzo  da  parte  della  Corte dello strumento della dichiarazione
consequenziale  di  illegittimita' costituzionale si giustificherebbe
per  il  collegamento,  sopra  ricordato,  della  previsione  di  cui
all'art. 53,  comma 1,  con  quella  di cui all'art. 43: sicche', ove
tale  collegamento  ratione  temporis  non  operi,  il riferimento ai
«comportamenti»  dovrebbe  essere cassato come lo fu quello contenuto
nell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del 1998.
    Ne  discende  che il petitum delle due ordinanze diverge in cio',
che  l'una  (n. 425)  sollecita  una  pronuncia  che  definitivamente
espunga  dalla norma censurata la locuzione «i comportamenti», mentre
l'altra  (n. 36)  chiede  che  la  Corte cio' faccia relativamente ai
giudizi   nei  quali  non  potrebbe  trovare  applicazione  la  norma
(ritenuta) di diritto sostanziale (art. 43), che, sola, giustifica la
giurisdizione   esclusiva   del   giudice  amministrativo  in  quanto
contempla  un  potere  della  pubblica amministrazione sindacabile da
parte di quel giudice.
    3.  - Questa Corte, con la sentenza n. 204 del 2004, ha giudicato
di  questioni  di  legittimita' costituzionale che investivano, da un
lato,   l'art. 33  (relativo  ai  pubblici  servizi)  e,  dall'altro,
l'art. 34 (relativo all'edilizia ed urbanistica) del d.lgs. n. 80 del
1998,  come modificati dall'art. 7 (lettere a e b) della legge n. 205
del  2000,  in quanto con tali norme il legislatore aveva «sostituito
al criterio di riparto della giurisdizione fissato in Costituzione, e
costituito dalla dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi, il
diverso   criterio   dei   «blocchi  di  materie»»  (punto  2.1.  del
Considerato in diritto).
    La Corte ha osservato che le censure mosse dai giudici rimettenti
«colgono nel segno nella parte in cui denunciano l'adozione, da parte
del  legislatore ordinario del 1998-2000, di un'idea di giurisdizione
esclusiva ancorata alla pura e semplice presenza, in un certo settore
dell'ordinamento,  di  un  rilevante pubblico interesse», laddove «e'
evidente  che  il  vigente  art. 103,  primo  comma,  Cost.,  non  ha
conferito  al  legislatore  ordinario  una assoluta ed incondizionata
discrezionalita'   nell'attribuzione  al  giudice  amministrativo  di
materie   devolute  alla  sua  giurisdizione  esclusiva,  ma  gli  ha
conferito il potere di indicare "particolari materie" nelle quali "la
tutela  nei confronti della pubblica amministrazione" investe "anche"
diritti  soggettivi».  «Tale  necessario collegamento delle "materie"
assoggettabili    alla    giurisdizione    esclusiva    del   giudice
amministrativo  con  la  natura delle situazioni soggettive - e cioe'
con  il  parametro adottato dal Costituente come ordinario discrimine
tra  le  giurisdizioni  ordinaria  ed  amministrativa  -  e' espresso
dall'art. 103  laddove  statuisce  che  quelle  materie devono essere
"particolari"  rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale
di  legittimita':  e  cioe'  devono  partecipare  della loro medesima
natura,  che  e'  contrassegnata  dalla  circostanza  che la pubblica
amministrazione  agisce  come  autorita' nei confronti della quale e'
accordata  tutela  al  cittadino  davanti al giudice amministrativo»,
sicche',  «da  un  lato,  e' escluso che la mera partecipazione della
pubblica  amministrazione  al  giudizio  sia  sufficiente  perche' si
radichi   la   giurisdizione  del  giudice  amministrativo  [...]  e,
dall'altro   lato,   e'  escluso  che  sia  sufficiente  il  generico
coinvolgimento  di  un  pubblico interesse nella controversia perche'
questa possa essere devoluta al giudice amministrativo» (punto 3.2.).
    Sulla  base  di  tali premesse, questa Corte - dopo aver distinto
nell'ambito  dell'art. 33  le  ipotesi  in cui la materia dei servizi
pubblici  era  legittimamente  devoluta  al giudice amministrativo in
quanto  «la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere
autoritativo»  da  quelle prive di tale connotato (punto 3.4.2.) - ha
osservato  che  «analoghi  rilievi  investono  la  nuova formulazione
dell'art. 34»,  la  quale  «si  pone in contrasto con la Costituzione
nella  parte  in  cui,  comprendendo  nella giurisdizione esclusiva -
oltre  "gli  atti  e i provvedimenti" attraverso i quali le pubbliche
amministrazioni  [...]  svolgono  le  loro funzioni pubblicistiche in
materia urbanistica ed edilizia - anche "i comportamenti", la estende
a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita -
nemmeno  mediatamente, e cioe' avvalendosi della facolta' di adottare
strumenti  intrinsecamente  privatistici  -  alcun  pubblico  potere»
(punto 4.3.3. del Considerato in diritto).
    3.1.   -   Discende,   dalla   sommaria   esposizione   dell'iter
argomentativo  seguito  dalla  sentenza  n. 204  del 2004, che non e'
corretta  la  premessa dalla quale implicitamente muovono entrambe le
ordinanze  di  rimessione,  e  cioe' che, avendo questa Corte espunto
dalla disposizione di cui all'art. 34 la locuzione «i comportamenti»,
tale  espunzione  non  possa  non  estendersi  all'identica locuzione
impiegata nell'art. 53, comma 1, del d.P.R. n. 327 del 2001.
    Tale  tesi,  infatti,  si  fonda esclusivamente sulla circostanza
che,  con  il  suo dispositivo, la sentenza n. 204 del 2004 ha inciso
sul  testo  dell'art. 34,  ma  trascura  del  tutto  non  soltanto la
motivazione  che  e'  alla  base  di  quel  dispositivo,  ma anche, e
soprattutto,  la  valenza  che  la locuzione espunta aveva, specie in
relazione   alla  questione  di  legittimita'  costituzionale  allora
sottoposta  alla  Corte,  nella  disposizione dell'art. 34 del d.lgs.
n. 80 del 1998.
    Ed   infatti,   nell'affrontare   la   questione   del  se  fosse
costituzionalmente  legittimo  devolvere alla giurisdizione esclusiva
del  giudice  amministrativo  «blocchi  di materie» ed in particolare
l'intera «materia urbanistica ed edilizia» (comprensiva, la prima, di
«tutti  gli  aspetti  dell'uso  del  territorio»),  questa  Corte  ha
ravvisato  -  come  risulta  dalla motivazione della sentenza - nella
locuzione  «i  comportamenti» lo strumento utilizzato dal legislatore
per  operare  l'indiscriminata devoluzione che si andava a censurare:
sicche' l'espunzione di tale locuzione, per la funzione «di chiusura»
assegnatale  dal  legislatore  nell'art. 34, valeva a ribadire che la
«materia  edilizia  ed  urbanistica»  non  poteva essere devoluta «in
blocco»  alla  giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma
poteva esserlo nei limiti precisati nella motivazione.
    3.2.  -  La  questione di legittimita' costituzionale sulla quale
questa  Corte  e'  ora  chiamata  a pronunciarsi investe (non piu' la
pretesa  del  legislatore  ordinario di attribuire alla giurisdizione
esclusiva  del giudice amministrativo «in blocco» la materia edilizia
ed urbanistica, ma) specificamente la conformita' a Costituzione - e,
segnatamente,  agli artt. 25, 102, comma secondo, e 103 - della norma
che,  in  tema di espropriazione per pubblica utilita', devolve «alla
giurisdizione  esclusiva  del  giudice amministrativo le controversie
aventi  per  oggetto»,  oltre  che  «gli  atti,  i provvedimenti, gli
accordi»,  anche  «i  comportamenti delle amministrazioni pubbliche e
dei soggetti ad esse equiparati»; questione che, per quanto si e' fin
qui  osservato,  non  puo'  essere  risolta  attraverso la semplice e
meccanica  estensione  a  questa  disposizione  dell'espunzione (solo
perche',  allora,  operata)  della  locuzione de qua dall'art. 34 del
d.lgs. n. 80 del 1998.
    Va, altresi', precisato che, non essendo implausibile la tesi per
cui l'art. 53, in quanto norma processuale (e non anche l'art. 43, in
quanto  norma  di  diritto  sostanziale), troverebbe applicazione nei
giudizi  aventi  ad  oggetto  fattispecie  non  governate,  quanto al
diritto  sostanziale,  dal  d.P.R.  n. 327  del 2001, la questione di
legittimita'   costituzionale  ora  all'esame  della  Corte  concerne
l'art. 53,   comma 1,  esclusivamente  nella  sua  valenza  di  norma
attributiva della giurisdizione al giudice amministrativo, e pertanto
senza  che in alcun modo possa esserne coinvolta la norma nella parte
in  cui  - essendo applicabile l'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001 -
presuppone   la   possibilita'   che   sia   sindacato   dal  giudice
amministrativo  l'esercizio, da parte della pubblica amministrazione,
del  potere  di  acquisire al suo patrimonio indisponibile l'immobile
modificato.
    Peraltro la questione sollevata e' rilevante nei giudizi a quibus
perche',    non   essendo   implausibile   la   tesi   dell'immediata
applicabilita' dell'art. 53, comma 1, quale norma processuale (specie
a giudizi incardinati nella vigenza dell'art. 34 del d.lgs. n. 80 del
1998,  come  modificato  dalla  legge  n. 205 del 2000) e pendendo la
causa  davanti  al giudice amministrativo, l'eventuale carenza di sua
giurisdizione  a  norma  dell'art. 34  del  d.lgs. n. 80 del 1998 - a
seguito  dell'espunzione della locuzione «i comportamenti» operata da
questa  Corte  -  legittimerebbe  (ex  art. 5 del codice di procedura
civile) una pronuncia declinatoria della giurisdizione solo ove fosse
dichiarata    costituzionalmente    illegittima    la    disposizione
dell'art. 53,  comma 1,  che  ex novo rende il giudice amministrativo
munito di giurisdizione: se e' vero, infatti, che la giurisdizione si
determina   con   riguardo   alla  legge  vigente  al  momento  della
proposizione  della  domanda, e' anche vero che il sopravvenire della
giurisdizione in capo al giudice che originariamente ne era (o ne era
divenuto)  sfornito  impedisce  -  per  pacifica  giurisprudenza - la
pronuncia declinatoria.
    4. - Le questioni sono fondate nei limiti di seguito precisati.
    4.1.  - Entrambe le fattispecie oggetto dei giudizi a quibus sono
riconducibili    alle   ipotesi   tradizionalmente   denominate   (in
giurisprudenza  e  dottrina)  di  occupazione  appropriativa (ovvero,
anche,  di accessione invertita o espropriazione sostanziale): il che
si   verifica  quando  il  fondo  e'  stato  occupato  a  seguito  di
dichiarazione  di  pubblica  utilita',  e pertanto nell'ambito di una
procedura   di   espropriazione,   ed  ha  subito  una  irreversibile
trasformazione  in  esecuzione  dell'opera di pubblica utilita' senza
che,  tuttavia,  sia intervenuto il decreto di esproprio o altro atto
idoneo a produrre l'effetto traslativo della proprieta'.
    Tale   fenomeno   viene   contrapposto  a  quello  cosiddetto  di
occupazione  usurpativa,  caratterizzato  dall'apprensione  del fondo
altrui   in  carenza  di  titolo:  carenza  universalmente  ravvisata
nell'ipotesi  di  assenza  ab  initio della dichiarazione di pubblica
utilita',  e  da  taluni  anche  nell'ipotesi  di  annullamento,  con
efficacia  ex tunc, della dichiarazione inizialmente esistente ovvero
di  sua  inefficacia  per  inutile  decorso  dei termini previsti per
l'esecuzione dell'opera pubblica.
    Nel  caso  dell'occupazione  appropriativa,  perfezionandosi  con
l'irreversibile   trasformazione   del   fondo   la   traslazione  in
capo all'amministrazione  del  diritto di proprieta', il proprietario
del  fondo  non puo' che chiedere la tutela per equivalente, laddove,
nel  caso  dell'occupazione  usurpativa  (rectius: nelle ipotesi - in
relazione  a  taluna delle quali non v'e' unanimita' di consensi - ad
essa   riconducibili)   il   proprietario   puo'   scegliere  tra  la
restituzione  del  bene e, ove a questa rinunci cosi' determinando il
prodursi  (dei  presupposti)  dell'effetto  traslativo, la tutela per
equivalente.
    4.2.   -   E'  evidente  che  la  soluzione  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  in esame non puo' che muovere da quanto
questa  Corte,  con la piu' volte citata sentenza n. 204 del 2004, ha
statuito  riguardo  all'art. 35 (come modificato dall'art. 7, lettera
c,   della  legge  n. 205  del  2000)  del  d.lgs.  n. 80  del  1998;
statuizione,  va  precisato,  e  non gia' obiter dictum, in quanto la
Corte  -  investita  della  questione  di legittimita' costituzionale
della   devoluzione   alla   giurisdizione   esclusiva   del  giudice
amministrativo  dei «blocchi di materie» relative ai servizi pubblici
ed  all'edilizia  ed urbanistica e del potere, altresi', di giudicare
di   azioni   risarcitorie   riconosciutogli   come  attributo  della
giurisdizione esclusiva - non poteva non considerare, quanto meno con
riferimento  al  disposto  dell'art. 35,  comma 1, se anche la tutela
risarcitoria  fosse  configurabile  come  una  «materia»  devoluta in
blocco alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
    In proposito questa Corte ha statuito che «il potere riconosciuto
al   giudice   amministrativo   di   disporre,  anche  attraverso  la
reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto
non  costituisce  sotto  alcun profilo una nuova "materia" attribuita
alla  sua  giurisdizione,  bensi'  uno strumento di tutela ulteriore,
rispetto   a  quello  classico  demolitorio  (e/o  conformativo),  da
utilizzare  per  rendere  giustizia  al cittadino nei confronti della
pubblica amministrazione».
    4.3.  -  I  principi appena ricordati impongono di escludere che,
per  cio' solo che la domanda proposta dal cittadino abbia ad oggetto
esclusivo  il  risarcimento  del  danno,  la giurisdizione competa al
giudice  ordinario:  cio'  dicendo  non intende questa Corte prendere
posizione  sul  tema della natura della situazione soggettiva sottesa
alla  pretesa risarcitoria, ovvero sulla natura (di norma secondaria,
id  est  sanzionatoria  di condotte aliunde vietate, oppure primaria)
dell'art. 2043  cod.  civ., ma esclusivamente ribadire che laddove la
legge  -  come fa l'art. 35 del d.lgs. n. 80 del 1998 - costruisce il
risarcimento  del  danno,  ai  fini  del riparto di giurisdizione tra
giudice  ordinario e giudice amministrativo, come strumento di tutela
affermandone  -  come e' stato detto - il carattere «rimediale», essa
non   viola   alcun  precetto  costituzionale  e,  anzi,  costituisce
attuazione  del  precetto dell'art. 24 Cost. laddove questo esige che
la   tutela  giurisdizionale  sia  effettiva  e  sia  resa  in  tempi
ragionevoli.
    In  altri  termini,  al precedente sistema che, in considerazione
della  natura  intrinseca  di  diritto  soggettivo  della  situazione
giuridica     conseguente    all'annullamento    del    provvedimento
amministrativo,  attribuiva al giudice ordinario «le controversie sul
risarcimento   del   danno   conseguente   all'annullamento  di  atti
amministrativi» (cosi' l'art. 35, comma 5, del d.lgs. n. 80 del 1998,
come  modificato dall'art. 7, lettera c della legge n. 205 del 2000),
il  legislatore ha sostituito (appunto con l'art. 35 cit.) un sistema
che  riconosce  esclusivamente al giudice naturale della legittimita'
dell'esercizio  della  funzione  pubblica poteri idonei ad assicurare
piena  tutela,  e  quindi  anche  il  potere  di  risarcire,  sia per
equivalente   sia   in   forma   specifica,  il  danno  sofferto  per
l'illegittimo esercizio della funzione.
    Da  cio'  consegue  che, ai fini del riparto di giurisdizione, e'
irrilevante  la  circostanza che la pretesa risarcitoria abbia - come
si  ritiene  da  alcuni  -, o non abbia, intrinseca natura di diritto
soggettivo:  avendo  la  legge,  a  questi  fini,  inequivocabilmente
privilegiato  la  considerazione  della  situazione soggettiva incisa
dall'illegittimo  esercizio  della  funzione amministrativa, a questa
Corte  competeva  (e  compete)  solo  di  valutare se tale scelta del
legislatore -  di  collegare,  cioe',  quanto  all'attribuzione della
giurisdizione,  la  tutela  risarcitoria  a  quella  della situazione
soggettiva  incisa  dal  provvedimento  amministrativo  illegittimo -
confligga,  o  non,  con  norme costituzionali; cio' che, con la piu'
volte ricordata sentenza n. 204 del 2004, questa Corte ha escluso.
    5.  -  Le  considerazioni  fin  qui esposte rendono palese che la
questione di legittimita' costituzionale sollevata dalle ordinanze de
quibus  non  puo'  risolversi  in  base  al solo petitum, id est alla
domanda  di  risarcimento  del  danno,  bensi' considerando il fatto,
dedotto a fondamento della domanda, che si assume causativo del danno
ingiusto.
    Con  espressione  ellittica l'art. 53, comma 1, individua (anche)
nei «comportamenti» della pubblica amministrazione il fatto causativo
del   danno   ingiusto,   in  parte  qua  riproducendo  il  contenuto
dell'art. 34  del  d.lgs. n. 80 del 1998 (come modificato dall'art. 7
della legge n. 205 del 2000).
    Tale  previsione  e'  costituzionalmente  illegittima la' dove la
locuzione,    prescindendo    da    ogni   qualificazione   di   tali
«comportamenti», attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo  controversie  nelle quali sia parte - e per cio' solo
che  essa  e'  parte  -  la  pubblica amministrazione, e cioe' fa del
giudice  amministrativo il giudice dell'amministrazione piuttosto che
l'organo  di  garanzia della giustizia nell'amministrazione (art. 100
Cost.).
    Viceversa,  nelle  ipotesi  in cui i «comportamenti» causativi di
danno ingiusto - e cioe', nella specie, la realizzazione dell'opera -
costituiscono  esecuzione  di  atti  o  provvedimenti  amministrativi
(dichiarazione   di  pubblica  utilita'  e/o  di  indifferibilita'  e
urgenza)  e  sono  quindi  riconducibili  all'esercizio  del pubblico
potere  dell'amministrazione,  la  norma  si  sottrae alla censura di
illegittimita' costituzionale, costituendo anche tali «comportamenti»
esercizio,   ancorche'  viziato  da  illegittimita',  della  funzione
pubblica della pubblica amministrazione.
    In sintesi, i principi sopra esposti - peraltro gia' enunciati da
questa  Corte  con  la sentenza n. 204 del 2004 - comportano che deve
ritenersi  conforme  a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione
esclusiva  del  giudice  amministrativo delle controversie relative a
«comportamenti»   (di  impossessamento  del  bene  altrui)  collegati
all'esercizio,  pur  se  illegittimo,  di un pubblico potere, laddove
deve  essere dichiarata costituzionalmente illegittima la devoluzione
alla  giurisdizione  esclusiva  di «comportamenti» posti in essere in
carenza di potere ovvero in via di mero fatto.
    L'attribuzione  alla  giurisdizione  del  giudice  amministrativo
della  tutela  risarcitoria  - non a caso con la medesima ampiezza, e
cioe'  sia  per  equivalente  sia  in forma specifica, che davanti al
giudice ordinario, e con la previsione di mezzi istruttori, in primis
la consulenza tecnica, schiettamente «civilistici» (art. 35, comma 3)
-  si  fonda sull'esigenza, coerente con i principi costituzionali di
cui  agli  artt. 24  e  111 Cost., di concentrare davanti ad un unico
giudice  l'intera  tutela  del  cittadino  avverso  le  modalita'  di
esercizio  della  funzione  pubblica (cosi' Corte di cassazione, sez.
un., 22 luglio 1999, n. 500), ma non si giustifica quando la pubblica
amministrazione   non   abbia   in   concreto   esercitato,   nemmeno
mediatamente,  il  potere  che  la  legge  le attribuisce per la cura
dell'interesse pubblico.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti   i  giudizi,  dichiara  l'illegittimita'  costituzionale
dell'art. 53,  comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 325
(Testo   unico   delle   disposizioni   legislative   in  materia  di
espropriazione   per   pubblica   utilita'   -   Testo  B),  trasfuso
nell'art. 53,  comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8
giugno 2001,  n. 327  (Testo  unico  delle disposizioni legislative e
regolamentari  in  materia  di espropriazione per pubblica utilita' -
Testo A), nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva
del   giudice   amministrativo   le   controversie   relative   a  «i
comportamenti  delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti ad esse
equiparati»,  non  esclude i comportamenti non riconducibili, nemmeno
mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 maggio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 maggio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0422