N. 196 ORDINANZA 3 - 11 maggio 2006

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Demanio  e  patrimonio  -  Ambiente  - Rilascio delle concessioni sul
  demanio  marittimo  ricadente  nelle  aree  marine  protette - Nota
  ministeriale  in merito all'applicazione di un parere del Consiglio
  di  Stato sul riparto delle competenze in materia di concessioni di
  beni  del  demanio  marittimo  e  zone di mare ricadenti nelle aree
  marine  protette  -  Ricorso  della  Regione  Campania - Denunciata
  lesione  delle  competenze  della  Regione e del principio di leale
  collaborazione  -  Mancanza  di  corrispondenza  tra  l'oggetto del
  ricorso  e  il  contenuto  della  delibera di impugnazione adottata
  dalla Giunta regionale - Manifesta inammissibilita' del conflitto.
- Nota  del  Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio -
  Direzione per la difesa del mare 20 marzo 2003, n. SDH/2/2312.
- Costituzione,  artt. 114,  117 e 118; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112,
  art. 118;  legge  Regione  Campania  26 luglio  2002,  n. 16; legge
  11 marzo 1953, n. 87, art. 39, comma 3.
(GU n.20 del 17-5-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota
del  Ministero  dell'ambiente  e  della  tutela  del  territorio  del
20 marzo   2003,   n. SHD/2/2312   (recte:   n. SDH/2/2312)  recante:
«Istruzioni  in  merito  all'applicazione del parere del Consiglio di
Stato  sul riparto delle competenze in materia di concessione di beni
del  demanio  marittimo  e  zone  di mare ricadenti nelle aree marine
protette», promosso con ricorso della Regione Campania, notificato il
30 maggio 2003 e depositato in cancelleria il 6 giugno 2003, iscritto
al numero 20 del registro conflitti del 2003.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 2006 il giudice relatore
Sabino Cassese;
    Uditi  l'avvocato  Vincenzo  Cocozza  per  la  Regione Campania e
l'avvocato dello Stato Anna Lidia Caputi Jambrenghi per il Presidente
del Consiglio dei ministri;
    Ritenuto  che  la  Regione  Campania  ha  promosso  conflitto  di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,
chiedendo  a  questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato e,
per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa
con  il  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, di
svolgere le attivita' amministrative e, in particolare, di rilasciare
le concessioni demaniali nelle aree marine protette;
        che    la    Regione   Campania   chiede,   conseguentemente,
l'annullamento  della nota del Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio-Direzione  per  la  difesa  del  mare  20 marzo 2003,
n. SHD/2/2312  (recte:  n. SDH/2/2312), recante «Istruzioni in merito
all'applicazione  del parere del Consiglio di Stato sul riparto delle
competenze  in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e
zone  di  mare  ricadenti  nelle  aree  marine protette», che avrebbe
affermato  l'esclusiva  competenza  dello  Stato  e,  per  esso,  del
Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  d'intesa con il
Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, al rilascio
delle  concessioni  sul demanio marittimo ricadente nelle aree marine
protette;
        che  la  richiesta di annullamento della nota ministeriale e'
fondata su quattro motivi:
        con il primo, si eccepisce la violazione degli articoli 117 e
118 della Costituzione, nonche' dell'art. 118 del decreto legislativo
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  Regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del  capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). La Regione
osserva  che  la  nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio  investe,  «per  larga  parte  un ambito materiale, quello
relativo  ai  «porti», che il legislatore ordinario (anticipando, per
certi   aspetti,   i   profili   della  riforma  costituzionale)  ha,
progressivamente,  affidato  alle  autonomie territoriali; e, piu' in
generale  la  gestione  del  territorio nonche' la valorizzazione dei
beni  culturali  e ambientali». La Regione osserva che gia' il d.P.R.
24 luglio  1977,  n. 616  (Attuazione  della delega di cui all'art. 1
della  legge  22 luglio  1975,  n. 382)  aveva delegato alle Regioni,
nell'ambito della materia «turismo e industria alberghiera», tutte le
funzioni amministrative sul litorale marittimo e sulle aree demaniali
immediatamente  prospicienti, quando l'utilizzazione avesse finalita'
turistiche.  Successivamente,  «nell'ottica [...] del superamento sia
del  limite  funzionale della finalita' turistica, sia di una visione
solo  centralista  della  gestione  dei  beni  ambientali»,  la legge
28 gennaio  1994,  n. 84  (Riordino  della  legislazione  in  materia
portuale)   ha  attribuito  alla  competenza  regionale  le  funzioni
amministrative  concernenti  le  opere marittime relative ai porti di
categoria  II, classi II e III, riconoscendo altresi' alle Regioni la
facolta'  di  intervenire  con  proprie  risorse per la realizzazione
delle opere di grande infrastrutturazione negli stessi porti. Quindi,
il  decreto  legislativo  19 novembre 1997, n. 422 (Conferimento alle
Regioni  ed  agli  enti  locali  di  funzioni e compiti in materie di
trasporto  pubblico  locale,  a norma dell'articolo 4, comma 4, della
legge  15 marzo  1997,  n. 59),  in  materia  di  servizi pubblici di
trasporto  d'interesse  regionale e locale, ha ampliato ulteriormente
le funzioni amministrative regionali in materia portuale e di servizi
marittimi. Infine, l'art. 105 del d.lgs. n. 112 del 1998 ha conferito
alle   Regioni  tutte  le  funzioni  amministrative  nel  settore  e,
segnatamente, quelle relative «al rilascio di concessioni di beni del
demanio  marittimo  e  di  zone  del  mare territoriale per finalita'
diverse  da  quelle  di  approvvigionamento di fonti di energia» (con
l'unica  eccezione  di  cui  all'art. 105,  comma 2, lett. e, secondo
periodo):  formulazione  cosi'  chiara,  secondo  la  Regione, da non
lasciare  dubbi  sulla competenza regionale in ambiti che, invece, il
Ministero  dell'ambiente  e della tutela del territorio pretende, con
la  nota impugnata, di riservare in via esclusiva allo Stato. I «vizi
di  legittimita»  e l'«invasione di competenza» della menzionata nota
sarebbero,  poi,  addirittura  «evidenti» dopo l'emanazione del nuovo
Titolo   V   della   parte   seconda  della  Costituzione,  data,  in
particolare,  «l'espressa  attribuzione  di  una potesta' legislativa
concorrente  alla  Regione  in  materia  di  porti  e  di governo del
territorio,   nonche'   di   valorizzazione   dei  beni  culturali  e
ambientali»;
        con il secondo, si eccepiscono la violazione degli artt. 114,
117 e 118 della Costituzione, la violazione della legge della Regione
Campania  26 luglio  2002,  n. 16  (Bilancio di previsione per l'anno
finanziario  2002 e bilancio pluriennale per il triennio 2002-2004) e
la  «lesione  della  sfera di competenza costituzionalmente garantita
della  Regione».  La  ricorrente,  sul  presupposto  che  la  materia
portuale  ed il governo del territorio, nonche' la valorizzazione dei
beni  culturali  e  ambientali,  sono  inseriti  fra  le  materie  di
competenza  legislativa concorrente, reputa inammissibile «la riserva
allo   Stato   delle   funzioni  amministrative  in  materia  ed,  in
particolare,   per   il  rilascio  di  concessioni  demaniali»;  ne',
aggiunge,  «alcun  rilievo puo' avere la circostanza che, nel caso di
specie,  si  tratti  di aree marine protette»; infatti, la competenza
esclusiva  in  materia  ambientale, che l'art. 117 della Costituzione
attribuisce   allo   Stato,  «non  consente  di  escludere  qualsiasi
intervento  regionale in settori che, pur intersecandosi con esigenze
di  tutela  ambientale, risultano attribuiti alla sfera di competenza
regionale»,  in  quanto  e'  «irragionevole  ritenere che, attraverso
sovrapposizioni  di  settore, sempre possibili ed anzi frequenti, non
essendo  pensabile  una  definizione  netta  e  separata degli ambiti
materiali,  lo  Stato  possa riappropriarsi, peraltro in via assoluta
senza  recuperare  alcun  ruolo  dell'ente  territoriale, di spazi di
intervento  che  il  legislatore  costituzionale  ha  definitivamente
attribuito  alle  Regioni». Cio', a maggior ragione, quando si tratta
di  ambiti  che  rientrano  in «materie trasversali», nelle quali ben
possono  esercitarsi competenze regionali e competenze dello Stato, a
questo   spettando  «le  determinazioni  che  rispondono  a  esigenze
meritevoli  di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale».
Del  resto,  secondo la ricorrente, la Corte costituzionale (sentenza
n. 407  del  2002)  ha  definitivamente  chiarito  che, riguardo alla
protezione   dell'ambiente,   non  e'  venuta  meno  la  preesistente
legittimazione   di   interventi   regionali   diretti  a  soddisfare
«ulteriori  esigenze rispetto a quelle di carattere unitario definite
dallo    Stato».    Conclusivamente,   sulla   scorta   del   disegno
costituzionale  complessivo  e  della  giurisprudenza costituzionale,
«nella  vicenda  in esame spetta allo Stato individuare gli standards
di  tutela  uniformi  sull'intero  territorio  nazionale», nonche' di
fissare i principi fondamentali disciplinando esclusivamente «il modo
di  esercizio  della  potesta' legislativa regionale», mentre «spetta
alla  Regione porre la normativa che disciplini l'organizzazione e le
funzioni  relative, nonche' l'esercizio delle funzioni amministrative
connesse».   E   tale   impostazione   «e'  coerente  con  l'impianto
costituzionale   che,  nella  materia  ambientale,  distingue  quanto
riservato  allo  Stato,  e  cioe'  la tutela, e quanto riservato alla
Regione,  e cioe' la valorizzazione». Peraltro, la riforma del Titolo
V, ponendo sullo stesso livello la potesta' legislativa dello Stato e
quella  della  Regione  -  in  virtu'  delle nuove formulazioni degli
artt. 114  e  117  -  non  consente  allo  Stato  di  incidere, anche
indirettamente, sulla nuova autonomia delle Regioni»;
          sempre  nell'ambito  del secondo motivo, osserva la Regione
che,  sul  piano  delle  competenze  amministrative  nelle materie di
legislazione   concorrente,   il   «modulo  distributivo»  introdotto
dall'art. 118  della  Costituzione  (attribuzione  delle funzioni, in
principio,   ai   comuni,  salvo  che,  per  assicurarne  l'esercizio
unitario, siano conferite a province, citta' metropolitane, Regioni e
Stato,  sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione e
adeguatezza:  primo  comma;  titolarita',  da parte dei comuni, delle
province  e  delle  citta'  metropolitane,  di  funzioni proprie e di
quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze:  secondo  comma) comporta precise conseguenze. Anzitutto,
le competenze non possono non essere attribuite dai soggetti titolari
della  relativa  potesta'  legislativa nel settore di riferimento. In
secondo  luogo,  con  riguardo  alle  materie di potesta' legislativa
concorrente,   compete   alla   Regione,   nei  limiti  dei  principi
fondamentali   stabiliti   dalla   legge  statale,  di  adottare  una
«normativa  legislativa  che  determini  l'assetto organizzativo piu'
idoneo  delle  funzioni»  ad essa spettanti. In quest'ottica, «non e'
ammissibile  una  impostazione che veda lo Stato attribuire (magari a
propri  organi,  come  nel  caso di specie) competenze amministrative
regolate  da  leggi  regionali  (differenti,  dunque,  da  Regione  a
Regione)», laddove «la logica di sistema richiede una attribuzione di
competenze  fondata  sulle  specifiche competenze legislative, con il
rispetto   dei   criteri   di   sussidiarieta',   differenziazione  e
adeguatezza».     Con    riguardo,    poi,    all'ambito    portuale,
l'illegittimita'  dell'impugnata  nota ministeriale emergerebbe anche
dal suo contrasto con la legge della Regione Campania n. 16 del 2002,
secondo   cui  (art. 8)  «[c]on  regolamento  regionale,  con  parere
obbligatorio  delle  competenti commissioni consiliari, e' operata la
catalogazione  dei  porti di interesse regionale ed interregionale di
cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, art. 4, comma 1, lettera d), e
comma 3,  lettera e),  anche  al fine delle connesse e conseguenziali
disposizioni  delle  compartecipazioni di gettito di tributi erariali
riferibili  al territorio della Regione». Ad avviso della ricorrente,
tale disposizione esprime il legittimo intervento della Regione in un
settore   di   propria  competenza,  con  conseguente  illegittimita'
dell'atto statale che pretende di disporre in contrasto con quanto ha
stabilito il legislatore regionale;
        con  il  terzo  motivo,  si deduce ancora la violazione degli
artt. 117  e  118  della Costituzione, sul presupposto che le aree di
cui  si  discute  abbiano  vocazione  turistica.  Posto, infatti, che
l'ambito materiale «turismo e industria alberghiera» (precedentemente
oggetto    di   potesta'   legislativa   concorrente)   non   compare
nell'art. 117  della  Costituzione,  ne'  risulta  rifluito,  neppure
parzialmente,  in  alcuna delle formule contenute nel secondo e terzo
comma  dello  stesso  art. 117,  se ne deve dedurre che il settore e'
ormai  attribuito  alla  competenza legislativa residuale (esclusiva)
delle   Regioni   e   che   tale   attribuzione   comprende,  in  una
interpretazione  per  cosi'  dire  «funzionale»,  tutto  cio'  che e'
connesso all'interesse turistico;
        con  il  quarto  motivo,  infine,  si eccepisce la violazione
degli  artt. 114  e  117  della Costituzione e del principio di leale
collaborazione. La determinazione ministeriale, infatti, escluderebbe
del  tutto,  stando  alla  formula  verbale  adoperata,  l'intervento
regionale,  non  recuperando  per esso alcun margine, neanche in sede
meramente collaborativa;
        che,  per  la  Presidenza  del  Consiglio dei ministri, si e'
costituita  l'Avvocatura  dello  Stato, eccependo l'inammissibilita',
l'improponibilita' e l'infondatezza del ricorso;
        che, in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura dello Stato ha
depositato    una    memoria,   nella   quale   insiste,   anzitutto,
sull'inammissibilita' del ricorso. Cio', sia per carenza di lesivita'
dell'atto impugnato (trattandosi di una «mera istruzione» indirizzata
ai  soggetti  gestori e alle capitanerie di porto operanti nelle aree
marine  protette,  a  seguito del parere del Consiglio di Stato, sez.
II, 16 ottobre 2002, n. 2194), sia perche' esso non riguarda in alcun
modo ne' la materia dei porti, ne' quella dei trasporti, sia - infine
-  perche'  il  conferimento  a  Regioni  ed  enti locali di funzioni
relative  al  rilascio di concessioni su beni demaniali per finalita'
diverse  da  quelle  di  approvvigionamento  di  fonti di energia non
equivale   a   conferimento   di  tutte  le  funzioni  amministrative
riferentisi al demanio marittimo (sentenza n. 150 del 2003);
        che,  nel  merito,  l'Avvocatura ribadisce l'infondatezza del
ricorso,  dal  momento  che, come ritenuto dal Consiglio di Stato nel
menzionato  parere, le concessioni di cui all'art. 19, comma 6, della
legge  6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), in
quanto espressamente previste «per le finalita' di gestione dell'area
medesima»,  e  cioe' per fini pubblicistici di tutela ambientale, «si
diversificano  nettamente,  per  presupposti  e interessi perseguiti,
dalle  altre  concessioni demaniali marittime previste dall'art. 105,
d.lgs.  n. 112  del  1998  e  dal  codice  della navigazione», con la
conseguenza  che,  anche  ai  sensi  degli artt. 69 e 77 dello stesso
decreto n. 112, esse permangono di competenza dello Stato;
        che,  alla  pubblica udienza, la difesa della Regione ha dato
atto  che,  in  sede  di Conferenza unificata, e' stata raggiunta, il
14 luglio  2005,  un'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della
legge   5   giugno 2003,   n. 131   (Disposizioni  per  l'adeguamento
dell'ordinamento   della   Repubblica   alla   legge   costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3), in materia di concessioni di beni del demanio
marittimo  e  di  zone  di  mare ricadenti nelle aree marine protette
(pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  - serie generale, n. 174 del
28 luglio 2005), e che l'Avvocatura generale dello Stato ha insistito
per l'inammissibilita' e, comunque, per l'infondatezza del ricorso;
    Considerato  che  la  Regione  Campania  ha promosso conflitto di
attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri,
chiedendo  a  questa Corte di dichiarare che non spetta allo Stato e,
per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa
con  il  Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, di
svolgere le attivita' amministrative e, in particolare, di rilasciare
le concessioni demaniali nelle aree marine protette;
        che   la  Regione  Campania  ha  chiesto,  nel  suo  ricorso,
l'annullamento  della nota del Ministero dell'ambiente e della tutela
del  territorio-Direzione  per  la  difesa  del  mare  20 marzo 2003,
n. SHD/2/2312  (recte:  n. SDH/2/2312), recante «Istruzioni in merito
all'applicazione  del parere del Consiglio di Stato sul riparto delle
competenze  in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e
zone  di  mare  ricadenti  nelle  aree  marine protette», che avrebbe
affermato  l'esclusiva  competenza  dello  Stato  e,  per  esso,  del
Ministero  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  d'intesa con il
Ministero  dell'ambiente  e  della tutela del territorio, al rilascio
delle  concessioni  sul demanio marittimo ricadente nelle aree marine
protette;
        che  la  deliberazione  della Giunta regionale della Campania
del   9 maggio   2003,  n. 1761,  in  base  alla  quale  -  ai  sensi
dell'art. 39,  comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione  e  sul  funzionamento  della Corte costituzionale) - e'
stato  proposto  il ricorso in esame, indica nella parte dispositiva,
quale oggetto dell'impugnativa, «il provvedimento del Ministero delle
infrastrutture    e    dei    trasporti    12 marzo    2003,    prot.
n. DEM2A-1064/2002» e, cioe', un atto del tutto diverso da quello che
forma oggetto del ricorso;
        che,  pertanto,  non  vi  e' corrispondenza fra l'oggetto del
ricorso  e il contenuto della delibera di impugnazione adottata dalla
Giunta regionale;
        che,  a  norma  dell'art. 39,  comma 3, della legge n. 87 del
1953,  il  ricorso  per conflitto di attribuzione fra Stato e Regione
«e'  proposto  [...]  per  la  Regione  dal  Presidente  della Giunta
regionale in seguito a deliberazione della Giunta stessa»;
        che  tale  espressione  -  non  dissimile da quella adoperata
negli  artt. 31, comma 3, e 32, comma 2, della stessa legge n. 87 del
1953  relativamente  alla  proposizione  dei  ricorsi  con i quali si
faccia  questione  della  legittimita' costituzionale di una legge di
una  Regione  o  dello Stato - implica la piena corrispondenza fra il
contenuto  della  determinazione  di impugnare l'atto e l'oggetto del
ricorso per conflitto;
        che  tale corrispondenza soddisfa un'esigenza non soltanto di
natura formale, ma sostanziale, poiche' la legittimazione attiva (del
Presidente  del Consiglio dei ministri e) del Presidente della giunta
regionale  a  proporre  un  conflitto  dev'essere  sostenuta  da  una
determinazione  impegnativa e inequivoca (del Governo o) della Giunta
regionale,  «e  cio'  per  l'importanza  dell'atto  e per gli effetti
costituzionali  ed  amministrativi  che  l'atto stesso puo' produrre»
(sentenza  n. 33  del 1962 e, con riguardo alle questioni promosse ai
sensi dei menzionati artt. 31 e 32 della legge n. 87 del 1953, fra le
molte,  sentenze  n. 300  del 2005, n. 286 del 2004, n. 238 del 2004,
n. 43 del 2004 e n. 315 del 2003).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    manifestamente    inammissibile   il   conflitto   di
attribuzione    per   l'annullamento   della   nota   del   Ministero
dell'ambiente  e  della tutela del territorio-Direzione per la difesa
del  mare 20 marzo 2003, n. SDH/2/2312, recante «Istruzioni in merito
all'applicazione  del parere del Consiglio di Stato sul riparto delle
competenze  in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e
zone  di  mare  ricadenti nelle aree marine protette», promosso dalla
Regione Campania con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 maggio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                        Il redattore: Cassese
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 maggio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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