N. 199 ORDINANZA 3 - 11 maggio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Regione Lombardia - Intervento in giudizio - Inosservanza del termine
  perentorio - Inammissibilita'.
Commercio - Norme della Regione Lombardia - Chiusura domenicale degli
  esercizi  commerciali di vendita al dettaglio - Sanzioni pecuniarie
  -  Denunciato  aggravamento  della sanzione amministrativa prevista
  dalla   legislazione   statale,   con   lesione  del  principio  di
  eguaglianza,  irragionevolezza,  lesione  del principio del diritto
  comunitario  della  libera  prestazione  dei  servizi, compressione
  della  liberta'  di  iniziativa economica, lesione dei principi del
  riparto  di  competenze  tra Stato e Regioni - Censura di norma che
  non   deve   essere   applicata  nel  giudizio  a  quo -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge Regione Lombardia 24 marzo 2004, n. 5, art. 7, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 11, 41 e 117.
Commercio - Norme della Regione Lombardia - Chiusura domenicale degli
  esercizi  commerciali di vendita al dettaglio - Sanzioni pecuniarie
  -  Denunciato  aggravamento  della sanzione amministrativa prevista
  dalla   legislazione   statale,   con   lesione  del  principio  di
  eguaglianza,  irragionevolezza,  lesione  del principio del diritto
  comunitario  della  libera  prestazione  dei  servizi, compressione
  della  liberta'  di  iniziativa economica, lesione dei principi del
  riparto  di competenze tra Stato e Regioni - Manifesta infondatezza
  della questione.
- Legge Regione Lombardia 24 marzo 2004, n. 5, art. 7, comma 1.
- Costituzione, artt. 3, 11 e 117.
(GU n.20 del 17-5-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge
della  Regione  Lombardia  24 marzo  2004,  n. 5  (Modifiche  a leggi
regionali   in   materia  di  organizzazione,  sviluppo  economico  e
territorio. Collegato ordinamentale 2004), promosso con ordinanza del
7  giugno 2005  dal  giudice  di  pace di Milano, sui ricorsi riuniti
proposti  da  F.lli Piazza s.p.a. contro il comune di Cesano Boscone,
iscritta  al  n. 580  del  registro delle ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ª serie speciale, n. 51,
dell'anno 2005.
    Visto l'atto di intervento della Regione Lombardia;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 5 aprile 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  depositata  il  7 giugno 2005, il
giudice  di  pace  di  Milano  ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 7  della  legge  della  Regione  Lombardia
24 marzo  2004,  n. 5  (Modifiche  a  leggi  regionali  in materia di
organizzazione,    sviluppo   economico   e   territorio.   Collegato
ordinamentale 2004), per violazione degli artt. 3, 11, 41 e 117 della
Costituzione;
        che  il  rimettente  premette di essere stato investito di un
ricorso ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al
sistema   penale),   con  cui  la  F.lli  Piazza  s.p.a.  ha  chiesto
l'annullamento  di un'ordinanza mediante la quale il comune di Cesano
Boscone   le  ha  ingiunto  di  pagare  una  sanzione  amministrativa
pecuniaria irrogata per violazione dell'art. 11, comma 4, del decreto
legislativo  31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa
al  settore  del commercio, a norma dell'art. 4, comma 4, della legge
15 marzo  1997, n. 59), correlato all'art. 7 della citata legge della
Regione  Lombardia  n. 5 del 2004, in quanto la societa' ricorrente -
quale   esercente   l'attivita'   di  vendita  al  dettaglio  (grande
struttura)  -  non ha osservato la chiusura domenicale dell'esercizio
commerciale;
        che,  successivamente,  la  medesima  societa'  ricorrente ha
proposto,  sempre  davanti  al  giudice  di pace di Milano, altre tre
opposizioni  «in  tutto  identiche  a  quella di cui sopra, in quanto
relative  alla  impugnazione  di  identiche violazioni amministrative
ancorche'  accertate  in  tempi  successivi». Queste opposizioni sono
state  tutte  riunite dinanzi al giudice di pace rimettente in quanto
preventivamente adito;
        che,  prima di entrare nel merito della questione, il giudice
a quo sottolinea l'importanza di interpretare la normativa in materia
alla  luce  della recente evoluzione del sistema della distribuzione,
che  ha  visto  la progressiva scomparsa dei tradizionali negozi e il
connesso incremento dei grandi centri commerciali, in cui il pubblico
e' attratto, fra l'altro, «dalla flessibilita' di orario»;
        che,  passando  ai  singoli  motivi di censura, il rimettente
evidenzia,   innanzitutto,   il  contrasto  esistente  tra  la  norma
impugnata e il citato d.lgs. n. 114 del 1998; in particolare, a detta
del giudice a quo, mentre quest'ultimo decreto ribadisce il principio
della  liberta'  di  iniziativa  economica di cui all'art. 41 Cost. -
«fissando  come  regola  generale la liberta' di orario di apertura e
limitandosi  a  prevedere  la  chiusura  domenicale  con una sanzione
economica  e  senza  ulteriori  misure  limitative  della liberta' di
impresa»  -  la  norma  impugnata  «non  solo»  aumenta  la  sanzione
amministrativa  ma  la differenzia nel suo ammontare «a seconda della
tipologia  degli esercizi di vicinato, della struttura media o grande
dell'impresa  commerciale»  e  prevede,  in  caso di reiterazione, la
sanzione della sospensione dell'attivita' di vendita;
        che,  in  particolare,  il  giudice di pace di Milano osserva
come  la norma impugnata si ponga in contrasto con l'art. 3 Cost., in
quanto  sanzionerebbe  «gravemente  gli  operatori  commerciali della
Regione  Lombardia in ordine a quei medesimi fatti che possono essere
ovviamente  commessi  in  altre  Regioni  per le quali vigono le meno
severe sanzioni del d.lgs. n. 114 del 1998»;
        che il principio di eguaglianza sarebbe inoltre violato dalla
previsione  di  «sanzioni  pecuniarie  progressivamente  crescenti in
relazione  alla  tipologia  dell'esercizio commerciale»; una siffatta
norma  darebbe  vita,  a detta del rimettente, ad «una ingiustificata
discriminazione   del   trattamento   sanzionatorio  in  relazione  a
contravvenzioni  del  tutto  identiche».  A tal proposito, secondo il
giudice di pace, il criterio in parola sarebbe irrazionale, in quanto
non  si  comprenderebbe  perche' «debba essere piu' grave la sanzione
inflitta  ad  una  grande  impresa in un quartiere come quello de quo
(nel  quale non esiste un problema di concorrenza con la tradizionale
bottega  dei  quartieri  destinati  alla abitazione) rispetto al caso
degli esercizi di vicinato»;
        che   il   rimettente   lamenta,   inoltre,   la   violazione
dell'art. 30  (oggi  art. 28) del Trattato istitutivo della Comunita'
europea,  «costituzionalizzato  attraverso  il  richiamo dell'art. 11
della  Costituzione».  Al  riguardo,  la norma impugnata, sanzionando
l'apertura   domenicale   anche   con   la  chiusura  dell'esercizio,
applicherebbe  «un limite non consentito» dal «principio della libera
prestazione dei servizi» di cui al citato art. 30 (oggi art. 28);
        che, secondo il giudice di pace di Milano, la norma regionale
impugnata  sarebbe  in contrasto pure con l'art. 41 Cost., in quanto,
prevedendo  la  sanzione  della  chiusura dell'attivita' commerciale,
comprimerebbe  la liberta' di iniziativa economica, la quale, secondo
la  norma  costituzionale  richiamata, «puo' essere limitata soltanto
allorquando  detta  attivita'  si svolga «in contrasto con l'utilita'
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla liberta', alla
dignita' umana»»;
        che, infine, sarebbe rinvenibile una violazione dell'art. 117
Cost.,  il  quale,  a detta del rimettente, imporrebbe al legislatore
regionale  «di  essere coerente con i principi fondamentali di unita'
dell'ordinamento e di coordinamento degli interessi particolari delle
Regioni con il preminente interesse generale dello Stato». Secondo il
giudice  a  quo,  tale  contrasto  sarebbe ravvisabile «nel fatto che
mentre  per  lo Stato l'apertura domenicale puo' dar luogo soltanto a
modeste  sanzioni pecuniarie, per la Regione Lombardia tale fatto da'
luogo  a  quella gravissima sanzione della sospensione della liberta'
di iniziativa economica»;
        che  il rimettente conclude osservando che proprio perche' il
presente  giudizio  risulta «incentrato sulla eccepita illegittimita'
incostituzionale  delle  disposizioni  di  cui all'art. 7 della legge
regionale    24 marzo   2004,   n. 5   non   puo'   essere   definito
indipendentemente dall'anzidetta questione di costituzionalita»;
        che  con  atto  di  intervento depositato fuori termine si e'
costituita in giudizio la Regione Lombardia.
    Considerato  che,  con  ordinanza depositata il 7 giugno 2005, il
giudice  di  pace  di  Milano  ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale   dell'art. 7  della  legge  della  Regione  Lombardia
24 marzo  2004,  n. 5  (Modifiche  a  leggi  regionali  in materia di
organizzazione,    sviluppo   economico   e   territorio.   Collegato
ordinamentale 2004), per violazione degli artt. 3, 11, 41 e 117 della
Costituzione;
        che,   preliminarmente,   e'  inammissibile  l'intervento  in
giudizio  della  Regione  Lombardia,  in  quanto  effettuato oltre il
termine  stabilito  dall'art. 4 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale;
        che  la  censura  di costituzionalita' riguardante il comma 2
dell'art. 7  della  legge  della  Regione  Lombardia n. 5 del 2004 e'
manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto tale
norma  non  deve  essere applicata nel giudizio a quo, come si evince
dall'ordinanza di rimessione, da cui risulta che oggetto del giudizio
stesso  sono  soltanto  i  ricorsi  avverso  le  sanzioni  pecuniarie
previste dal comma 1 dell'art. 7 e non gia' avverso la sanzione della
sospensione  dell'attivita'  di  vendita prevista dal citato comma 2,
non applicata nelle fattispecie sottoposte al giudice rimettente;
        che  la  censura  relativa al comma 1 del medesimo articolo 7
della  legge  della  Regione  Lombardia  n. 5  del  2004  e', invece,
manifestamente infondata;
        che,  infatti,  a  seguito  della modifica del Titolo V della
Parte  II  della  Costituzione,  la materia «commercio» rientra nella
competenza  esclusiva  residuale  delle  Regioni, ai sensi del quarto
comma dell'art. 117 Cost;
        che,  pertanto,  il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114
(Riforma  della disciplina relativa al settore del commercio, a norma
dell'art. 4,  comma 4,  della  legge 15 marzo 1997, n. 59), di cui il
giudice  rimettente  lamenta  la  violazione,  si  applica,  ai sensi
dell'art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni
per   l'adeguamento  dell'ordinamento  della  Repubblica  alla  legge
costituzionale  18 ottobre 2001, n. 3), soltanto alle Regioni che non
abbiano  emanato  una  propria  legislazione  nella suddetta materia,
mentre la Regione Lombardia ha gia' provveduto a disciplinare in modo
autonomo la materia stessa;
        che,  come  questa  Corte  ha statuito, la Regione, in quanto
titolare  della  potesta'  legislativa sostanziale in una determinata
materia,  possiede anche la competenza a prevedere le sanzioni per le
ipotesi  di violazione delle norme regionali emanate in detta materia
(ex plurimis, sentenze n. 106 e n. 63 del 2006);
        che,   alla   luce   della   normativa  costituzionale  prima
richiamata,  la  diversificazione delle legislazioni regionali in una
materia appartenente alla competenza residuale delle Regioni non solo
non   e'  in  contrasto  con  la  Costituzione,  ma  rappresenta  una
conseguenza naturale delle sue stesse disposizioni;
        che  la previsione del comma 1 dell'art. 7 della citata legge
regionale   di  sanzioni  pecuniarie  progressivamente  crescenti  in
relazione alla tipologia e alle dimensioni degli esercizi commerciali
non  e'  palesemente irragionevole, ma, al contrario, risponde ad una
evidente  necessita'  di diversificare le sanzioni stesse in rapporto
alle  differenze  di  mole,  di  struttura,  di  organizzazione  e di
funzionamento  esistente  tra  i  vari  esercizi di vendita (sentenze
n. 176 del 2004 e n. 59 del 1975);
        che  il  richiamo,  contenuto  nell'ordinanza  di rimessione,
all'art. 30  (oggi  art. 28) del Trattato che istituisce la comunita'
europea  e'  inconferente rispetto all'oggetto del presente giudizio,
perche'  - come chiarito dalla costante giurisprudenza della Corte di
giustizia  delle  comunita'  europee  -  non  si  applica  alle norme
nazionali   che   vietino   l'apertura   domenicale   degli  esercizi
commerciali al minuto.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 2, della legge della
Regione Lombardia 24 marzo 2004, n. 5 (Modifiche a leggi regionali in
materia di organizzazione, sviluppo economico e territorio. Collegato
ordinamentale 2004), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 11, 41 e
117 della Costituzione, dal giudice di pace di Milano con l'ordinanza
indicata in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 7, comma 1, della legge della
Regione  Lombardia  n. 5  del  2004,  sollevata,  in riferimento agli
artt. 3,  11  e 117 della Costituzione, dal giudice di pace di Milano
con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 maggio 2006.
                        Il Presidente: Marini
                       Il redattore: Silvestri
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria l'11 maggio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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