N. 148 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2005

Ordinanza emessa il 21 novembre 2005 dal tribunale amm. regionale per
la  Liguria  sul  ricorso  proposto da Toto' Pizzeria S.r.l. ed altro
contro Comune di Genova ed altra

Giustizia  amministrativa  -  Difetto  di  giurisdizione  del giudice
  amministrativo  (nella  specie a seguito della sentenza n. 204/2004
  dichiarativa  della  giurisdizione  del G.O.) - Possibilita' per il
  giudice  amministrativo  di  disporre la continuazione del processo
  innanzi  al  giudice  fornito  di giurisdizione, con salvezza degli
  effetti  sostanziali  e  processuali  della  domanda  e  degli atti
  compiuti  -  Mancata  previsione  -  Violazione del principio della
  perpetuatio  actionis  -  Incidenza sul principio della ragionevole
  durata   del   processo   -  Violazione  del  principio  di  tutela
  giurisdizionale.
- Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 30.
- Costituzione, artt. 24, 111 e 113.
(GU n.21 del 24-5-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero di
registro  generale 01440 del 2004, proposto da: Toto' Pizzeria s.r.l.
e  Poce  Rodolfo,  rappresento  e  difeso  dall'avv.  Giuseppe Ingle,
Michela  Vallarino,  con  domicilio eletto presso Giuseppe Inglese in
Genova, via Porta D'archi n. 3;
    Contro Comune di Genova, rappresentato e difeso dall'avv. Luca De
Paoli,  con  domicilio  eletto  presso  Luca  De Paoli in Genova, via
Garibaldi   n. 9;   nei   confronti   di   A.M.I.U.  S.p.a.,  Azienda
multiservizi  e  d'igiene  urbana  -  Genova,  rappresentato e difeso
dall'avv.  Luigi Cocchi, con dormicilio eletto presso Luigi Cocchi in
Genova,  Via  Macaggi  21/5  - 8; per l'accertamento e la condanna ai
sensi degli artt. 2043, 2058 e 1585 c.c. in relazione agli arrt. 32 e
2  Cost.,  della  responsabilita'  del Comune di Genova e di A.M.I.U.
S.p.A.   per   i  danni  causati  ai  ricorrenti  in  relazione  alla
collocazione   di   un  impianto  destinato  alla  raccolta  ed  allo
smaltimento  di  rifiuti  solidi urbani nelle immediate vicinanze dei
locali    condotti   dalla   Societa'   adibiti   ad   attivita'   di
ristorante-pizzeria.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  16  giugno 2005, relatore il
Consigliere Oreste Mario Caputo, gli avvocati come da verbale;.

                              F a t t o

    La  ricorrente,  gestore di una pizzeria nel centro di Genova, ha
dedotto in fatto:
        di  avere  ottenuto  dal  comune  un  permesso di occupazione
permanente  di  suolo  pubblico  pari  a mq. 44 del tratto antistante
l'esercizio commerciale;
        nel   febbraio   del  2003  il  comune,  senza  comunicazione
dell'avvio  del  procedimento,  ha  iniziato  lavori  edili che hanno
interessato   in   parte  lo  spazio  oggetto  della  concessione  di
occupazione;
        il comune ha collocato a pochi metri di distanza dall'entrata
della  pizzeria  e  a  ridosso  dell'area  oggetto  d'occupazione sei
manufatti  componenti  di  un vero e proprio impianto per la raccolta
dei rifiuti solidi urbani facenti;
    Ha  dedotto  in  diritto  che  l'istallazione di detto impianto a
pochissimi  metri di distanza dal locale ha comportato la lesione dei
diritti e interessi della ricorrente;
        che, all'esito dell'infruttuoso esperimento di segnalazioni e
diffide  inoltrate  all'amministrazione, ha proposto ricorso ai sensi
degli  artt. 1168  e/o  1170 c.c. nonche' art. 1585 c.c. in relazione
agli artt. 700 c.p.c. e 32 Cost. innanzi al tribunale civile;
        che  con  ordinanza,  confermata in sede di reclamo da quella
collegiale,   il   tribunale   adito  ha  dichiarato  il  difetto  di
giurisdizione sul rilievo che l'istallazione di un impianto destinato
all'attivita'   di  smaltimento  di  rifiuti  solidi  urbani  sia  da
ricondurre  alla  materia  urbanistica ed edilizia devoluta, ai sensi
dell'art. 34  d.lgs. 31marzo 1998, n. 80 come modificato dall'art. 7,
legge  n. 205  del  2000,  alla  giurisdizione  esclusiva del giudice
amministrativo.
    Da  qui  il  ricorso che ne occupa che muove dalla violazione dei
diritti alla fruizione e all'esercizio dell'attivita' commerciale nei
locali   compromessi   dall'impianto,  con  la  conseguente  condanna
dell'amministrazione  e  della  controinteressata al risarcimento dei
danni patrimoniali, alla reintegrazione nel godimento dei beni e alla
adozione delle misure atte ad scongiurare la lesione del diritto alla
salute in stretta connessione dell'attivita' di ristorazione.
    L'amministrazione e la controinteressata affidataria del servizio
di  smaltimento  dei rifiuti e dei relativi impianti hanno chiesto la
reiezione  del  ricorso,  depositando  in prossimita' dell'udienza di
discussione  memoria  con la quale, invocando la sentenza Corte cost.
n. 204  del  2004,  hanno  eccepito  il  difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo.
    Alla  pubblica  udienza  del 16 giugno 2005 la causa su richiesta
delle parti e' stata attenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    La   ricorrente  ha  chiesto  l'accertamento,  e  la  conseguente
condanna,  ai  sensi  degli artt. 2043, 2058 e 1585 c.c. in relazione
agli  arti. 700 c.p.c. e 32 Cost. della responsabilita' del Comune di
Genova  e  di  A.M.I.U.  S.p.a.  per i danni causati ai ricorrenti in
relazione  alla  collocazione  di una serie di «cassonetti a cascata»
destinati  alla raccolta ed allo smaltimento di rifiuti solidi urbani
nelle  immediate vicinanze dei locali condotti dalla societa' adibiti
ad attivita' di ristorante-pizzeria.
    All'udienza   di  discussione  la  ricorrente  nulla  ha  opposto
all'eccezione,  concordemente  sollevata dal Comune di Genova e dalla
controinteressata,   sul   difetto   di   giurisdizione  del  giudice
amministrativo fondata sulla sopravvennuta declaratoria di (parziale)
incostituzionalita'  degli artt. 33, commi primo e secondo, d.lgs. 31
marzo  1998,  n. 80,  come  sostituito dall'art. 7, lett. a) legge 21
luglio   2000  e  dell'art. 34,  comma  primo,  stesso  d.lgs.,  come
sostituito  dall'art. 7,  lett. b)  stessa  legge  per  effetto della
sentenza  Corte  cost. n. 204, del 2004 nella parte in cui ha escluso
che  rientrino  nella  giurisdizione  amministrativa  le controversie
afferenti  a  meri  comportamenti  della  pubblica amministrazione e,
conseguentemente,   negando  la  giurisdizione  sulle  corrispondenti
azioni possessorie e meramente risarcitorie.
    Ritiene   peraltro   il   collegio   che   la   dichiarazione  di
inammissibilita'   del  ricorso  per  difetto  di  giurisdizione  che
esaurisca definitivamente il giudizio, per non vanificare l'attivita'
processuale  svolta  e,  per  quel  piu' rileva, onde impedire che la
parte  subisca  gli  effetti  della decadenza nel frattempo maturata,
debba  comportare  la  translatio iudicii innanzi al giudice divenuto
competente,  peraltro  non  prevista  dall'art. 30,  legge 6 dicembre
1971, n. 1034.
    La  norma  infatti  si  limita  a  stabilire  che  il  difetto di
giurisdizione  del giudice amministrativo «deve essere rilevato anche
d'ufficio»,  precludendo ogni altra pronuncia intesa ad assicurare la
possibilita'  di  riassumere il processo davanti al giudice ordinario
fornito  di giurisdizione e, conseguentemente, di salvare gli effetti
sostanziale e processuali della domanda.
    Da  qui  la  rilevanza  nel  presente giudizio della questione di
costituzionalita' dell'art. 30, legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
    La  vicenda  oggetto di sindacato e' al riguardo paradigmatica di
cattiva  funzionalita'  del  processo,  cui  potrebbe porre argine il
meccanismo della translatio.
    La  societa'  (allora)  attrice, a seguito della realizzazione da
parte  del  comune  di Genova di un insieme di «cassonetti a cascata»
per  la  raccolta  dei  rifiuti  urbani  localizzato  dinanzi  al suo
esercizio   di   ristorazione,  ha  dapprima  presentato  ricorso  ex
artt. 1168  e  1170  c.c.  nonche'  art. 1595  c.c.  e  700 c.p.c. in
relazione  all'art. 32  Cost.  innanzi  al  tribunale  civile che con
ordinanza  collegiale,  resa  in  sede  di  riesame, ha confermato la
pronuncia  di  declinatoria  di  giurisdizione  sul  rilievo  che  si
vertesse  su  provvedimenti  e  comportamenti dell'amministrazione in
materia  urbanistica  ed  edilizia  devoluti,  ai  sensi dll'art. 34,
d.lgs.  31  marzo  1998,  n. 80, come modificato dall'art. 7 lett. a)
legge   21   luglio  2000  n. 205,  alla  giurisdizione  del  giudice
amministrativo.
    La  societa'  (attuale)  ricorrente,  allegando gli stessi fatti,
cause  petendi  e  petitum omologhi, ha quindi incardinato ex novo il
giudizio  innanzi  a  questo  tribunale  amministrativo,  evocando in
giudizio il Comune di Genova e la controinteressata.
    Giudizio   che  qualora  si  concludesse  ancora  una  volta  con
pronuncia  declaratoria  tout  court sulla giurisdizione, senza cioe'
l'indicazione  del  giudice  divenuto  nel  frattempo competente alla
prosecuzione  del  processo,  vanificherebbe  l'attivita' processuale
svolta,  determinando  di  fatto, altresi', la decadenza dalle azioni
possessorie  da promuoversi nel termine annuale (artt. 1168, comma 1,
e  1170,  comma  1, c.c.) originariamente proposte innanzi al giudice
civile  e  riproposte,  nel  contenuto  e  nella  formulazione  della
specifica domanda di reintegrazione, innanzi a questo Collegio.
    In  definitiva,  oltre  al  «palleggio  dei  giudizi» fra giudici
appartenenti a giurisdizioni diverse ma nient'affatto separate (artt.
111,  ult.  comma,  Cost.,  382 c.p.c e 30, comma 3, legge 6 dicembre
1971,  n. 1034),  ed  ex  se (figurativamente) emblematica di inutile
dispendio  di  energie  procesuali  e  risorse  economiche oltretutto
collidente  con il diritto costituzionale alla durata ragionevole del
processo   che   metta  capo  ad  una  pronuncia  sul  merito  (legge
costituzionale    23 novembre   1999,   n. 2),   la   parte   subisce
passivamente,  suo  malgrado  senza  alcuna  auto-responsabilita' che
giustifichi  la  sopportazione delle conseguenze negative, la perdita
del diritto alle azioni possessorie.
    In  guisa  tale  che  la  durata  del  processo,  non  solo  va a
detrimento  di  chi  attraverso esso fa valere il proprio diritto, ma
incide alla radice sull'azione in senso concreto, intesa come diritto
«all'attuazione  della  legge  spettante  a  chi  ha  ragione»  (c.d.
perpetuatio actionis).
    Ne'  supplisce  tale  grave vulnus epitome della violazione degli
artt.  24,  111  e  113  Cost., l'applicazione estensiva, in forza di
interpretazione correttiva, dell'art. 5 c.p.c. sulla c.d. perpetuatio
giurisdictionis   a  mente  della  quale,  anche  in  presenza  della
declaratoria  di  incostituzionalita'  della  norma attributiva della
giurisdizione,  il  processo  continua dinanzi al giudice individuato
sulla scorta di quella stessa norma oramai espunta dall'ordinamento.
    E'  consolidato  a  riguardo  l'orientamento  della suprema corte
(Cass.  sez.  un. 16  novembre 2004 n. 216359) a tenore del quale «il
principio  di  cui all'art. 5 c.p.c. non opera allorche' la norma che
detta  i  criteri  determinativi della giurisdizione venga dichiarata
costituizionalmente  illegittima,  atteso  il  carattere  retroattivo
delle pronunce della Corte costituzionale che ne comporta l'immediata
applicabilita' nei giudizi in corso, con il solo limite del giudicato
sulla giurisdizione».
    Ogni  altro  sforzo pretorio, condotto sia sul piano dell'esegesi
delle  norme  che  disciplinano  la  materia sia su quello operativo,
volto   scongiurare   il  denunciato  horror  vacui  si  scontra  con
l'inidoneita'  della  pronuncia,  che  disponga  la continuazione del
processo  con  la  possibilita'  di riassumere il giudizio dinanzi al
giudice  fornito  di  giurisdizione e la salvezza degli effetti della
domanda  e  degli  atti  compiuti,  a  vincolare  il  giudice ad quem
appartenente - a tacere d'altro - ad altro ordine giurisdizionale.
    Mentre  la  stessa  possibilita'  di invocare l'errore scusabile,
gia'  in  astratto  affatto  esorbitante  laddove «errore» non vi sia
stato,  affidata  ad una valutazione del giudice che non garantisce a
sufficienza  sia  il diritto sostanziale sia quello all'azione di chi
abbia  iniziato  il  processo nel pieno rispetto della legge vigente:
viceversa  assicurati  dal  meccanismo  processuale  della transiatio
iudicii.
    Conclusivamente  il  Collegio,  sulla  base  deli argomenti sopra
esposti    solleva    d'ufficio    questione   di   costituzionalita,
dell'art. 30, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, in relazione agli artt.
24,  111,  113  cost.  nella  parte  in  cui  non consente al giudice
amministrativo   che   declini   la   giurisdizione  di  disporre  la
continuazione  del  processo con salvezza degli effetti sostanziali e
processuali della domanda.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1  e  segg.,  legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23,
legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta  rilevante  ai fini della decisione e non manifestamente
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale per contrasto
con  gli  artt. 24,  111  e  113 Cost. dell'art. 30, legge 6 dicembre
1971, n. 1034 ai sensi precisati della motivazione;
    Sospende  il giudizio iniziato e dispone l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionaIe;
    Ordina  che  a  cura  della segreteria la presente ordinaza venga
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato.
    Cosi'  deciso  in  Genova,  nella  Camera di consiglio del giorno
16 giugno 2005.
                       Il Presidente: Vivenzio
                         L'estensore: Caputo
06C0432