N. 155 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2006

Ordinanza  emessa  il  16 marzo 2006 dalla Corte di appello di Milano
nel procedimento penale a carico di Acierno Marco ed altri

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento  - Esclusione - Applicabilita' delle nuove norme ai
  procedimenti  in  corso  -  Disparita'  di trattamento tra pubblico
  ministero e imputato, nonche' tra pubblico ministero e parte civile
  -  Irragionevolezza -  Violazione del principio del contraddittorio
  tra le parti, in condizione di parita'.
- Legge 20 febbraio 2006, n. 46, artt. 1 e 10.
- Costituzione, artt. 3 e 111, comma secondo.
(GU n.22 del 31-5-2006 )
                         LA CORTE D'APPELLO

    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione  di
illegittimita'  costituzionale  proposta  dal p.g. relativamente agli
artt. 1  e  10, legge n. 46/2006 nel procedimento sopra rubricato nei
confronti di Acierno Marco + altri; sentite le parti, osserva.
    Rilevato   che   con   sentenza  n. 1783  del  17  febbraio  2005
pronunciata  dal  Tribunale  di  Milano  in  composizione collegiale,
sezione  IV  penale, all'udienza del 17 febbraio 2005 e depositata in
data  11 aprile 2005 tutti gli imputati venivano assolti ex art. 530,
comma 1 e 2 c.p.p. dai reati loro rispettivamente ascritti perche' il
fatto non sussiste;
    Visto  l'atto  di  appello  16  maggio  2005,  con  richiesta  di
condanna, presentato dal P.M. nei confronti di:
        Acierno  Marco - Capo A1) per episodio in Milano 6 marzo 2000
dalle ore 21,30 alle ore 24,00;
        Amodei  Giuseppe  - Capo A4) in Milano nel giorno 25 febbraio
2000, accertata dalle ore 21,20 alle ore 23,00;
        Arsi' Mauro - Capo A5) in Milano nei giorni: 11 dicembre 1999
dalle  ore 10,20 alle ore 11,38; 5 febbraio 2000 dalle ore 10,10 alle
ore 11,25.
        Bologni  Antonello  -  Capo  A62)  accertati  in Milano il 26
settembre 1998, 20 novembre 1999 e 16 novembre 1999.
        Campanella Sandro - Capo A10) in Milano nei seguenti giorni:
          12  febbraio 2000 turno 8/15 durata 9,30-10,42 Milano campo
Saini;
          25  marzo  2000  turno 7/14 calcio durata 10,24-11,33 campo
comunale Novegro;
        Carlini  Gianluca  -  Capo  A64)  accertati  in  Milano il 17
ottobre 1998, 6 marzo 1999, 23 ottobre 1999.
        Cerini  Roberto - Capo A65) accertati in Milano il 31 ottobre
1998 e 14 novembre 1998.
        Ciccarese  Antonio  - Capo A15) in Milano nel giorno 16 marzo
2000 accertata dalle ore 22,30 alle ore 05,00.
        Ciocioni  Renato  -  Capo  A16)  in  Milano nei giorni qui di
seguito indicati:
          27 novembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,15 alle
ore 11,27;
          11 dicembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,20 alle
ore 11,38;
          15 gennaio 2000, turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alle
ore 11,30;
          4  marzo  2000,  turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alle
ore 11,28.
        Ciofi  Mauro  -  Capo A17) per il solo episodio 6 marzo 2000,
turno 15/24 accertata dalle ore 21,00 alle ore 24,00.
        Coticoni  Stefano  -  Capo  A19)  in Milano nei giorni qui di
seguito indicati:
          17 ottobre 1998, turno 7/14 turno 7/14 durata partita 10,00
- 11,11 campo Segrate;
          9  ottobre 1999, turno 7/15 turno 7/15 durata partita 10,25
- 11,25 campo Novegro in orario straordinario;
          23  ottobre  1999,  turno  7/15 durata partita 10,25-11,40,
campo di Novegro in orario di straordinario;
          15  gennaio  2000,  turno  7/14  durata partita 10,15-11,30
campo Novegro.
        De  Chiara  Paola  - Capo A21) in Milano nel giorno 23 aprile
2000,  accertata  dalle ore 19,14 alle ore 19,42 - in orario Zulu - e
alle ore 23,00.
        Di Somma Sebastiano - Capo A23) per i soli episodi: in Milano
nei seguenti giorni:
          25  febbraio  2000,  turno  15/23 accertata dalle ore 21,00
alle ore 23,00;
          6  marzo  2000,  turno 15/22 accertata dalle ore 21,00 alle
ore 22,00;
          22  marzo  2000, turno 21/07 accertata dalle ore 00,40 alle
ore 07,00;
          26  marzo  2000, turno 15/23 accertata dalle ore 21,20 alle
ore 23,00.
        D'Orazio  Alessandro  -  Capo  A24)  in  Milano nel giorno 23
aprile 2000 accertata alle ore 23,00.
        Esposito  Giuseppe  -  Capo  A25) in Milano nei giorni qui di
seguito indicati:
          9 ottobre 1999, accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,23;
          20 novembre 1999, accertata dalle ore 11,00 alle ore 12,14.
          7  novembre  1998,  14  novembre  1998, 5 dicembre 1998, 27
febbraio  1999, 9 ottobre 1999, 20 novembre 1999, 5 febbraio 2000, 19
febbraio 2000.
        Filonzi Alessandro - Capo A28) in Milano nei seguenti giorni:
          26  settembre 1998, turno 8/15 durata partita 10,03 - 11,18
campo Milano;
          31  ottobre  1998,  turno 7/15 durata partita 10,00 - 11,10
campo Segrate;
          6 marzo 1999, turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,10 campo
Segrate;
          20  marzo  1999,  turno  7/15  durata partita 10,00 - 11,14
campo Segrate;
          9 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata
partita 10,15 - 11,23 campo comunale di Novegro;
          23 ottobre 1999, turno 7/15 (tutto in straordinario) durata
partita 10,25 - 11,40 campo comunale di Novegro;
          20  novembre  1999, turno 7/15 durata partita 11,00 - 12,14
campo Milano-Ausonia;
          27 novembre 1999, turno /15 (tutto in straordinario) durata
10,15-11,27;
          15 gennaio 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,30;
          4  marzo 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,28; 18 marzo 2000
turno 7/15 durata 9,30-10,45;
          18 marzo 2000, turno 7/15 durata partita 9,30 - 10,45 campo
Centro Saini.
        Gandini Alessio - Capo A29) in Milano nei seguenti giorni:
          7  novembre  1998,  turno  7/15  durata 10,10 - 11,18 campo
Milano Farina;
          14  novembre  1998,  turno  7/14 durata 10,00 - 11,10 campo
Segrate;
          13  novembre  1999,  turno  7/15 durata 09,15 - 10,27 campo
Novegro;
          19  febbraio  2000,  turno  7/14 durata 10,15 - 11,27 campo
Novegro;
          4  marzo  2000,  turno  10/18  durata  10,15  - 11,28 campo
Novegro;
          25 marzo 2000, turno 7/15 durata 10,24-11,33 campo Novegro;
          15   aprile  2000,  turno  7/15  durata  10,30-11,35  campo
Comasina di Milano.
        Ghidini Roberto - Capo A30) in Milano nei seguenti giorni:
          29  gennaio 2000, turno 7/14 accertata dalle ore 09,30 alle
ore 10,45;
          6  marzo  2000,  turno 14/23 accertata dalle ore 21,00 alle
ore 23,00;
          25  marzo  2000,  turno 7/15 accertata dalle ore 10,24 alle
ore 11,33;
          9  ottobre  1999,  turno  8/16  (un'ora  di  straordinario)
accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,23;
          6  novembre  1999,  turno  8/15  (un'ora  di straordinario)
accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,27.
        Giustizieri  Giovanni - Capo A33) per i seguenti episodi - in
Milano:
          17  ottobre  1998,  turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,11
campo Segrate;
          14  novembre  1998, turno 7/14 durata partita 10,10 - 11,10
campo Segrate;
          28  novembre  1998, turno 7/14 durata partita 10,05 - 11,20
campo Segrate;
          27  febbraio  1999, turno 7/15 durata partita 10,45 - 12,06
campo Castelletto Settimo Milanese;
          6 marzo 1999, turno 7/14 durata partita 10,10 - 11,10 campo
Segrate;
          16  ottobre  1999,  turno  7/15  (un'ora  di straordinario)
durata partita 10,30-11,38 stadio comunale di Assago;
          4  dicembre  1999,  turno  7/15  durata  10,45-11,53 stadio
Milano Colombo;
          4 marzo 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,28 stadio comunale
Novegro;
        Labigi  Vittorio  - Capo A66) in Milano il 3 ottobre 1998, 10
ottobre 1998, 17 ottobre 1998.
        Lagana' Antonino - Capo A34) in Milano nei seguenti giorni:
          25  febbraio  2000,  turno 15/23 in straordinario accertata
dalle ore 21,00 alle ore 23,00;
          2  ottobre 1999, turno 7/15 in straordinario durata partita
10,00-11,13 in Milano campo Ausonia, via Lombroso zona Vittoria;
          30  ottobre  1999,  turno  7/15  (un'ora  di straordinario)
durata 10,45-11,55 stadio Carraro di Milano;
          27  novembre  1999,  turno  7/15  durata 10,15-11,27 stadio
comunale di Novegro;
          15  gennaio  2000,  turno  7/14  durata  10,15-11,30 stadio
comunale Novegro;
          22 gennaio 2000, turno 7/14 durata 10,45-11,58 stadio Pozzo
in Milano;
          29  gennaio  2000, turno 7/15 durata 9,30-10,45 campo Saini
Milano;
          4 marzo 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,28 stadio comunale
di Novegro.
        Loffredi Marco - Capo A36) in Milano nei seguenti giorni:
          6  marzo  2000,  turno 15/24 accertata dalle ore 21,00 alle
ore 24,00;
          23  ottobre  1999,  turno  7/15  (un'ora  di straordinario)
durante   il  quale  effettuava  una  partita  di  calcio  di  durata
10,25-11,40 presso lo stadio comunale di Novegro;
          27 novembre 1999, turno 7/15 partita di calcio durata dalle
10,15 alle 11,27 presso lo stadio comunale di Novegro Grazia Deledda.
        Maicu  Paolo  - Capo A37) in Milano nei giorni qui di seguito
indicati:
          25  febbraio  2000,  turno  14/23 accertata dalle ore 21,00
alle ore 23,00;
          6  marzo  2000,  turno 15/23 accertata dalle ore 21,00 alle
ore 23,00.
        Marino  Vincenza  -  Capo A38) in Milano nel giorno 23 aprile
2000 accertata alle ore 23,00.
        Martellini Giacomo - Capo A39) in Milano nei seguenti giorni:
          8  aprile  1999, turno 14/20 accertata dalle ore 18,40 alle
ore 19,54;
          29 gennaio 2000, turno 07/15 accertata dalle ore 09,30 alle
ore 10,45;
          19  febbraio  2000,  turno  07/15 accertata dalle ore 10,15
alle ore 11,27;
          4  marzo  2000,  turno 08/15 accertata dalle ore 10,15 alle
ore 11,28;
          8  aprile  2000, turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alIe
ore 11,29.
        Migliaccio  Domenico Mario - Capo A40) in Milano nei seguenti
giorni:
          2 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata
partita 10-11,13 campo Ausonia, via Lombroso, Milano;
          23  ottobre  1999,  turno  7/15  (un'ora  di straordinario)
durata 10,25-11,40 stadio comunale Novegro;
          30   ottobre  1999,  turno  7/15  in  straordinario  durata
10,45-11,45 stadio Carraro Milano;
          4  dicembre  1999,  turno  8/15  durata  10,45-11,53 stadio
Colombo Milano.
        Musolino Aldo - Capo A42) in Milano nei seguenti giorni:
          2 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata
partita  10,00-11,13  stadio  Ausonia,  via  Lombroso,  zona Vittoria
Milano;
          9   ottobre   1999,  turno  7/15  in  straordinario  durata
10,15-11,25 stadio comunale Novegro;
          13  novembre 1999, turno 7/15 (un'ora straordinario) durata
9,15-10,27 stadio Novegro;
          15  gennaio  2000,  turno  8/15  durata  10,15-11,30 stadio
Novegro;
          19  febbraio  2000,  turno  7/14 durata partita 10,15-11,27
stadio Novegro.
        Orlando  Antonino  Jr.,  nato  a Roma il 29 maggio 1970, Capo
A43) in Milano nei seguenti giorni:
          25 febbraio 2000, accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00;
          6 marzo 2000, accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00.
        Pagano Patrizio - Capo A44) In Milano per il solo episodio:
          25  febbraio  2000,  turno  15/23 accertata dalle ore 21,00
alle ore 23,00.
        Paone Antonio - Capo A46) in Milano nei seguenti giorni:
          3  ottobre  1998,  turno  8/15 durata partita 10,00 - 11,15
campo Segrate;
          27  marzo  1999,  turno  7/15  durata partita 10,30 - 11,45
campo Milano i Martinitt;
          23  ottobre  1999,  turno 8/16 durata partita 10,25 - 11,40
campo comunale Novegro;
          6  novembre  1999,  turno  10/14 durata 10,15 - 11,27 campo
comunale Novegro;
          27  novembre  1999,  turno  7/15 durata 10,15 - 11,27 campo
comunale Novegro;
          22  gennaio  2000,  turno  7/14 durata 10,45 - 11,58 stadio
Pozzo Milano;
          29 gennaio 2000, turno 7/15 durata 9,30 - 10,45 campo Saini
Milano;
          19  febbraio  2000, turno 7/14 durata partita 10,15 - 11,27
campo Novegro.
        Passaro  Mario - Capo A48) in Milano nel giorno 22 marzo 2000
accertata dalle ore 00,40 alle ore 05,00.
        Patrizi Nazareno - Capo C) reato di cui all'art. 328 c.p..
        Pochintesta  Lorenzo  -  Capo  A50)  per  il solo episodio in
Milano  20  febbraio  2000,  turno  15/23 assenza accertata dalle ore
21,00 alle ore 23,00.
        Preziosi Roberto - Capo A52) in Milano nei seguenti giorni:
          31  ottobre  1998,  turno 8/15 durata partita 10,00 - 11,10
campo comunale di Segrate;
          14  novembre  1998, turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,10
campo Segrate;
          21  novembre  1998, turno 7/14 durata partita 10,47 - 12,00
campo Milano USSL;
          23  ottobre  1999,  turno  8/16  (un'ora  di straordinario)
durata partita 10,25-11,40 campo comunale Novegro;
          6  novembre  1999,  turno  7/15  (un'ora  di straordinario)
durata 10,15-11,27 campo comunale Novegro;
          13  novembre  1999,  turno  7/16  (un'ora di straordinario)
durata 9,15-10,27 campo comunale Novegro;
          4  dicembre  1999,  turno  8/15  durata  10,45-11,53  campo
Colombo Milano;
          22  gennaio 2000, turno 7/15 durata 10,45-11,58 campo Pozzo
Milano;
          12  febbraio 2000, turno 8/15 durata 9,30-10,42 campo Saini
Milano;
          19  febbraio  2000,  turno  7/15  durata  10,15-11,27 campo
comunale Novegro;
          26  febbraio  2000,  turno  7/15  durata  10,45-11,20 campo
Colombo Milano;
          4  marzo 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,28 campo comunale
Novegro;
          8 aprile 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,29 campo comunale
Novegro;
          15  aprile  2000,  turno  7/15 durata partita 10,30 - 11,35
campo Milano Comasina.
      Punzo  Luigi - Capo A68) accertati in Milano il 17 ottobre 1998
e 28 novembre 1998.
        Quercia  Andrea - Capo A53) per il solo episodio in Milano il
giorno 11 marzo 2000, accertata dalle ore 10,00 alle ore 11,14.
        Rotondo Stefano: Capo A54) in Milano nei seguenti giorni:
          4  dicembre 1999, turno 7/14 accertata dalle ore 10,45 alle
ore 11,53 campo Colombo Milano;
          11 dicembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,20 alle
ore 11,38 campo comunale di Novegro;
          15  gennaio 2000, turno 8/15 accertata dalle ore 10,15 alle
ore 11,30 campo comunale di Novegro.
        Talevi Riccardo - Capo A56) in Milano nei seguenti giorni:
          17  ottobre  1998,  turno 7/15 durata partita 10,00 - 11,11
campo Segrate;
          31  ottobre  1998,  turno 8/14 durata partita 10,00 - 11,10
campo Segrate;
          27  febbraio  1999, turno 7/14 durata partita 10,45 - 12,06
campo Castelletto settimo Milanese;
          16  ottobre  1999,  turno  8/16  (un'ora  di straordinario)
durata partita 10,30-11,38 campo comunale di Assago;
          11  dicembre  1999,  turno  7/14  durata  10,20-11,38 campo
comunale Novegro;
          12  febbraio 2000, turno 7/14 durata 9,30-10,42 campo Saini
Milano;
          23  aprile  2000,  turno  21/7  assenza  accertata alle ore
23,00.
        Vitelli  Massimo - Capo A60) in Milano nel giorno 25 febbraio
2000,  accertata dalle ore 22,19 alle ore 22,21; dalle ore 22,33 alle
ore 22,34 - in orario Zulu.
    Rilevato  che  in data 9 marzo 2006 e' entrata in vigore la legge
n. 46/2006,    il   cui   art. 10   impone   che   venga   dichiarata
l'inammissibilita'  dell'appello proposto dal p.m. prima dell'entrata
in  vigore  della stessa legge, dandogli facolta' di proporre ricorso
per Cassazione contro la stessa sentenza.
    Si  tratta  di  una norma transitoria, che tende ad equiparare la
situazione  dei processi per i quali e' gia' stato proposto l'appello
a  quella dei processi per i quali, dai 9 marzo 2006, vige il divieto
di  appello  avverso  le sentenze di proscioglimento, come introdotto
dall'art. 1 della stessa legge, che ha modificato l'art. 593 c.p.p..
    Rilevato  che,  all'udienza  del  15  marzo 2006, il P.G., in via
preliminare,  ha  proposto eccezione di illegittimita' costituzionale
della  normativa  richiamata  con riferimento agli artt. 3, 111 e 112
della Costituzione come da motivi depositati e allegati alla presente
ordinanza, da intendersi parte integrante,.
    La   questione  e'  sicuramente  rilevante,  perche'  l'eventuale
declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale delle norme indicate
consentirebbe   l'esame   del   gravame,   da  dichiarare  altrimenti
inammissibile,   non   avendo   il   p.m.  proposto  nuove  prove  ex
all'art. 593, n. 2, nella nuova formulazione.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  la  Corte ritiene di
poterne individuare la ricorrenza esclusivamente con riferimento agli
artt. 3 e 111 della Costituzione, condividendo integralmente i motivi
addotti dal p.g. nell'esposizione scritta qui allegata, da intendersi
compiutamente richiamati e trascritti.
    Non  ritiene  invece pertinente il riferimento all'art. 112 Cost.
dal  momento  che  la  Corte  costituzionale  ha  gia' manifestato il
convincimento  che  il potere di appello del p.m. non puo' riportarsi
all'obbligo  di  esercitare  l'azione  penale,  come  se ne fosse una
proiezione necessaria ed ineludibile (Corte cost. sent. 280/1995).
    Gli  argomenti  addotti  dalla difesa in data odierna, a sostegno
del  rigetto  dell'eccezione, pur non privi di pregio, non valgono ad
elidere  la  non  manifesta infondatezza dell'eccezione sollevata dal
p.m.,  nei  confronti  della  quale  questa  Corte  deve limitarsi ad
esprimere    una    valutazione    delibativa    preliminare,   senza
necessariamente  spingersi  ad  un esame approfondito della questione
sollevata,   al   fine   di  superare  ogni  dubbio  sulla  eventuale
illegittimita' costituzionale della normativa invocata, esprimendo un
giudizio,  che  e'  e deve essere riservato esclusivamente alla Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 1  e 10, legge 20 febbraio
2006,  n. 46,  in  riferimento  agli  artt. 3  e  111,  comma 2 della
Costituzione.
    Sospende il giudizio in corso.
    Dispone,   l'immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
costituzionale  e  ordina a cura della cancelleria che l'ordinanza di
trasmissione  degli  atti alla Corte Costituzionale sia notificata al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e comunicata al Presidente
della Camera dei deputati e al Presidente del Senato.
    Si  da'  atto  che  la presente ordinanza viene letta in pubblica
udienza.
        Milano, addi' 16 marzo 2006
                      Il Presidente: Chiarolla

                                                             Allegato

                  PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA
                 PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO

                                       Alla Corte d'Appello di Milano
                                                    IV Sezione Penale

                 Procedimento n. 4965/2005 R.G. APP.
      - a carico di ACIERNO Marco + 38 - udienza del 15.03.2006

                  Istanza del Procuratore Generale
  ai sensi dell'art. 23, comma 1, della legge 11 marzo 1953, n. 87
                   questione di costituzionalita'

                              Sommario

1. PREMESSA IN FATTO                                      |  Pag.  67
---------------------------------------------------------------------
2. DISPOSIZIONI DELLA LEGGE VIZIATE DA ILLEGITTIMITA'     |
COSTITUZIONALE (ARTICOLO 23, COMMA 1, LETTERA A), DELLA   |
LEGGE 11 MARZO 1953, n. 87)                               |    "   68
---------------------------------------------------------------------
3. DISPOSIZIONI DELLA COSTITUZIONE CHE SI ASSUMONO VIOLATE|
(ARTICOLO 23, COMMA 1, LETTERA B), DELLA LEGGE 11 MARZO   |
1953, n. 87                                               |    "   68
---------------------------------------------------------------------
4. LE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE PERTINENTI AL   |
CASO                                                      |    "   69
---------------------------------------------------------------------
  4.1.1. In generale                                      |    "   69
---------------------------------------------------------------------
  4.1.2. Le pronunce relative al giudizio abbreviato      |    "   70
---------------------------------------------------------------------
  4.1.3. Il doppio grado di giurisdizione di merito per   |
l'imputato non e' oggetto di un diritto elevato a rango   |
costituzionale e non e' garantito, neppure, da convenzioni|
internazionali                                            |    "   71
---------------------------------------------------------------------
5. I PROFILI DI INCOSTITUZIONALITA' DENUNCIATI            |    "   71
---------------------------------------------------------------------
5.1.Violazione dell'art. 111, comma 2, della Costituzione,|
per cui {ogni processo si svolge nel contraddittorio tra  |
le parti, in condizioni di parita}                        |    "   71
---------------------------------------------------------------------
  5.1.1. Premessa sulle {condizioni di parita}            |    "   72
---------------------------------------------------------------------
  5.1.2. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero |
e imputato                                                |    "   72
---------------------------------------------------------------------
  5.1.3. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero |
e parte civile                                            |    "   72
---------------------------------------------------------------------
  5.1.4. Conclusioni sulla disparita' di trattamento      |    "   74
---------------------------------------------------------------------
5.2. Violazione dell'art. 3 della Costituzione (sotto il  |
profilo della irragionevolezza delle norme) considerazioni|
di ordine generale                                        |    "   74
---------------------------------------------------------------------
5.3. Assenza di giustificazione per la disparita' di      |
trattamento del pubblico ministero rispetto alla parte    |
civile                                                    |    "   75
---------------------------------------------------------------------
5.4. Infondatezza di tutte le giustificazioni portate alla|
disparita' di trattamento del pubblico ministero rispetto |
all'imputato                                              |    "   75
---------------------------------------------------------------------
  5.4.1. Diritto della persona accusata alla rapida       |
definizione del processo (art. 111, comma 3 della         |
Costituzione)                                             |    "   75
---------------------------------------------------------------------
  5.4.2. Diritto dell'imputato ad avere - sempre e        |
comunque - un doppio grado di giudizio di merito, in caso |
di condanna                                               |    "   76
---------------------------------------------------------------------
  5.4.3. Patimento derivante dal processo                 |    "   76
---------------------------------------------------------------------
  5.4.4. Principi del contraddittorio, dell'oralita' e    |
dell'immediatezza                                         |    "   76
---------------------------------------------------------------------
  5.4.5. Principio della colpevolezza al di la' di ogni   |
ragionevole dubbio                                        |    "   77
---------------------------------------------------------------------
  5.4.6. Affermazioni della Cassazione                    |    "   77
---------------------------------------------------------------------
5.5. Violazione dell'art. 112 della Costituzione, per cui |
il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione |
penale                                                    |    "   78
---------------------------------------------------------------------
6. LA RILEVANZA DELLE QUESTIONI PROPOSTE - LE RAGIONI PER |
CUI IL GIUDIZIO NON PUO' ESSERE DEFINITO INDIPENDENTEMENTE|
DALLA LORO RISOLUZIONE (ART. 23, COMMA 2, LEGGE 11 MARZO  |
1953, n. 87)                                              |    "   79
---------------------------------------------------------------------
7. RICHIAMO ALLE ORDINANZE CHE RISULTANO - AD OGGI -      |
EMESSE DALLA CORTE D'APPELLO DI MILANO SUL PUNTO          |    "   79
---------------------------------------------------------------------
8. CONCLUSIONI                                            |    "   80

1. Premessa in fatto
    Il  Tribunale di Milano, con sentenza in data 17 febbraio 2005-11
aprile  2005,  ha  assolto  dal  delitto di truffa aggravata ai danni
dell'ENAV (Ente Nazionale Assistenza Volo) i seguenti imputati:
       1. ACIERNO MARCO
       2. AMODEI GIUSEPPE
       3. ARSI' MAURO
       4. BOLOGNINI ANTONELLO
       5. CAMPANELLA SANDRO
       6. CARLINI GIANLUCA
       7. CERINI ROBERTO
       8. CICCARESE ANTONIO
       9. CIOCIONI RENATO
      10. CIOFI MAURO
      11. COTICONI STEFANO
      12. D'ORAZIO ALESSANDRO
      13. DE CHIARA PAOLA
      14. DI SOMMA SEBASTIANO
      15. ESPOSITO GIUSEPPE
      16. FILONZI ALESSANDRO
      17. GANDINI ALESSIO
      18. GHIDINI ROBERTO
      19. GIUSTIZIERI GIOVANNI
      20. LABIGI VITTORIO
      21. LAGANA' ANTONINO
      22. LOFFREDI MARCO
      23. MAICU PAOLO
      24. MARINO VINCENZA
      25. MARTELLINI GIACOMO
      26. MIGLIACCIO DOMENICO MARIO
      27. MUSOLINO ALDO
      28. ORLANDO ANTONINO
      29. PAGANO PATRIZIO
      30. PAONE ANTONIO
      31. PASSARO MARIO
      32. PATRIZI NAZARENO
      33. POCHINTESTA LORENZO
      34. PREZIOSI ROBERTO
      35. PUNZO LUIGI
      36. QUERCIA ANDREA
      37. ROTONDO STEFANO
      38. TALEVI RICCARDO
      39. VITELLI MASSIMO
    Il  Procuratore  della  Repubblica presso il Tribunale di Milano,
con  atto  del  16 maggio  2005, ha proposto appello contro tutti gli
imputati,   limitatamente  ad  una  parte  degli  episodi  di  truffa
contestati.
    Per  la  trattazione  del  processo  d'appello  e'  stata fissata
l'udienza del 15 marzo 2006.
    Il  9  marzo 2006 e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006,
n. 46,  che  esclude  la  possibilita'  per  il pubblico ministero di
proporre appello contro le sentenze di proscioglimento.
    L'art.  10 della legge prevede l'applicabilita' delle nuove norme
ai processi in corso.
2. Disposizioni  della legge viziate da illegittimita' costituzionale
(articolo 23, comma 1, lettera a), della legge 11 marzo 1953, n. 87)
    Si propone, quindi, questione di costituzionalita' dell'art. 593,
comma  2,  del  codice di procedura penale, modificato dalla legge 20
febbraio  2006,  n. 46.  Modifiche  al  codice di procedura penale in
materia   di  inappellabilita'  delle  sentenze  di  proscioglimento,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 febbraio 2006, n. 44.
    Si riporta il testo dell'articolo:
Articolo  593  del codice di procedura penale (modificato dall'art. 1
della legge) - (Casi di appello)
1. Salvo  quanto  previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2,
579  e  680,  il  pubblico  ministero  e l'imputato possono appellare
contro le sentenze di condanna.
2. L'imputato  e  il  pubblico  ministero possono appellare contro le
sentenze  di  proscioglimento  nelle ipotesi di cui all'articolo 603,
comma  2,  se  la nuova prova e' decisiva. Qualora il giudice, in via
preliminare,    non   disponga   la   rinnovazione   dell'istruttoria
dibattimentale     dichiara    con    ordinanza    l'inammissibilita'
dell'appello.   Entro   quarantacinque   giorni  dalla  notifica  del
provvedimento  le parti possono proporre ricorso per cassazione anche
contro la sentenza di primo grado.
3. Sono  inappellabili  le sentenze di condanna per le quali e' stata
applicata la sola pena dell'ammenda».
    Si  propone  inoltre questione di costituzionalita' dell'articolo
10, commi 1, 2 e 3 della legge n. 44/2006:
1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di
entrata in vigore della medesima.
2. L'appello   proposto   contro   una  sentenza  di  proscioglimento
dall'imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in
vigore  della  presente  legge  viene  dichiarato  inammissibile  con
ordinanza non impugnabile.
3. Entro  quarantacinque  giorni  dalla notifica del provvedimento di
inammissibilita'  di cui al comma 2, puo' essere proposto ricorso per
cassazione contro le sentenze di primo grado.
Omissis
3. Disposizioni  della Costituzione che si assumono violate (articolo
23, comma 1, lettera b), della legge 11 marzo 1953, n. 87)
    Si assume la violazione:
       -  dell'art. 3  della  Costituzione  (sotto  il  profilo della
irragionevolezza delle norme);
       -  dell'art. 111,  comma  2, della Costituzione, per cui «ogni
processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parita»;
       -  dell'art.  112  della  Costituzione,  per  cui  il pubblico
ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
4. Le pronunce della Corte Costituzionale pertinenti al caso
    4.1.1. In generale
    La  Corte  Costituzionale,  fin  dalla  sentenza  n. 190/l970  ha
puntualizzato questi concetti:
1. Il  pubblico  ministero,  in  via  di  principio,  non puo' essere
considerato  come  parte  in  senso  stretto. Magistrato appartenente
all'ordine   giudiziario,   collocato   come  tale  in  posizione  di
istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere, egli non fa
valere  interessi  particolari,  ma  agisce  esclusivamente  a tutela
dell'interesse generale all'osservanza della legge: persegue, come si
usa dire, fini di giustizia.
2. Nel  processo  penale  si controverte intorno alla responsabilita'
dell'imputato,  e la realta' effettuale, della quale l'interprete del
diritto non puo' non tener conto, e' che in questa controversia i due
poli   del  contraddittorio  si  incentrano,  appunto,  nel  pubblico
ministero da un lato, nell'imputato e nel suo difensore dall'altro.
3. La  netta  distinzione  fra  gli interessi a tutela dei quali essi
rispettivamente  agiscono  e  fra  i  fini  che essi conseguentemente
perseguono   giustifica  la  conclusione  che  nella  dialettica  del
processo  e  di  fronte  al  giudice  i  predetti  soggetti  sono  da
considerare parti.
4. Va  peraltro  posto in rilievo che questa conclusione non comporta
la  conseguenza  che  i  poteri  processuali  del  pubblico ministero
debbano  sempre  ed in ogni caso essere pari a quelli dell'imputato e
del suo difensore. La peculiare posizione istituzionale e la funzione
assegnata   al   primo   ovvero   esigenze   connesse  alla  corretta
amministrazione  della  giustizia e di rilievo costituzionale possono
giustificare  una  disparita'  di  trattamento:  ma  la giustificano,
ovviamente, solo quando in quella posizione, in quella funzione od in
quelle esigenze essa possa trovare una ragionevole motivazione.
    In  seguito,  la  Corte Costituzionale ha ulteriormente precisato
quanto segue (limitando il richiamo alle pronunce piu' rilevanti):
1. Il   pubblico   ministero   e'   organo  di  giustizia,  preposto,
nell'interesse generale, alla difesa dell'ordinamento, con il compito
di provvedere alla persecuzione dei reati, sicche' i maggiori termini
a  lui riconosciuti per proporre impugnazione (nel codice previgente)
trovavano   giustificazione  razionale  nella  strutturazione  stessa
dell'organo di accusa (n. 136/1971).
2. Il potere di impugnazione e' un'estrinsecazione dell'azione penale
(n. 177  del  1971);  tuttavia,  il  potere  di  appello del pubblico
ministero  non  puo'  riportarsi  all'obbligo  di esercitare l'azione
penale come se di tale obbligo esso fosse una proiezione necessaria e
ineludibile (n. 280/1995).
3. Il  principio  della  parita'  fra  accusa  e  difesa non comporta
necessariamente  l'identita'  tra  i  poteri processuali del pubblico
ministero  e quelli dell'imputato e del suo difensore. Una diversita'
di  trattamento  rispetto  a  tali  poteri  puo',  invero,  risultare
giustificata sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico
ministero,  sia  dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze
connesse  alla  corretta amministrazione della giustizia: ma, in ogni
caso,  il  diverso  trattamento  riservato al pubblico ministero, per
essere  conforme  a  Costituzione,  dovra'  trovare  una  ragionevole
motivazione  proprio  in  quella  peculiare  posizione  o  in  quella
funzione o in quelle esigenze appena richiamate (n. 363/1991).
4. Il  principio  di  parita'  tra  accusa  e  difesa  deve ritenersi
rispettato   quando  la  disciplina  del  procedimento  sia  tale  da
garantire  una  partecipazione dell'organo della pubblica accusa alle
varie   fasi  del  processo  secondo  forme  adeguate  con  modalita'
rispondenti alla natura particolare dell'organo (n. 432/1992).
5. La   configurazione  dei  poteri  del  pubblico  ministero  rimane
affidata  alla  legge  ordinaria,  che  potrebbe essere censurata per
irragionevolezza  solo  se  i  poteri  stessi,  nel  loro  complesso,
dovessero  risultare  inidonei  all'assolvimento dei compiti previsti
dall'art. 112 della Costituzione (n. 98/1994).
6. E',   quindi,   infondata   la   questione   di  costituzionalita'
dell'art. 322-bis cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che
il   pubblico  ministero  possa  proporre  appello  anche  contro  le
ordinanze in materia di sequestro conservativo; infatti, la peculiare
posizione  del  pubblico  ministero  e la piena autonomia del sistema
processuale penale rispetto a quello civile comportano che un difetto
di  simmetria  tra  istituti  in  qualche  modo  analoghi  dell'uno e
dell'altro  procedimento  non  costituisce,  di  per  se',  indice di
irragionevolezza (n. 426/1998).
7. Il nuovo testo dell'art. 111, comma 2 della Costituzione, inserito
dalla  legge  costituzionale  23  novembre 1999, n. 2 - nel conferire
veste  autonoma ad un principio, quale quello di parita' delle parti,
pacificamente   gia'   insito   nel   pregresso  sistema  dei  valori
costituzionali - non ha inciso sulla validita' dell'affermazione, cui
si  e' costantemente ispirata la giurisprudenza della Corte, in forza
della  quale il principio di parita' tra accusa e difesa non comporta
necessariamente  l'identita'  tra  i  poteri processuali del pubblico
ministero   e   quelli   dell'imputato,  potendo  una  disparita'  di
trattamento  risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza,
sia  dalla  peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero,
sia  dalla  funzione  allo  stesso affidata, sia da esigenze connesse
alla corretta amministrazione della giustizia (n. 347/2002).
    4.1.2. Le pronunce relative al giudizio abbreviato
    La   Corte  Costituzionale  ha  ritenuto  ragionevole  il  limite
all'appello  del  pubblico  ministero contro le sentenze di condanna,
nel  giudizio  abbreviato,  salvo il caso di sentenza che modifica il
titolo  del  reato  (art. 443,  comma  3,  cod.  proc.  pen.), per le
seguenti ragioni:
    a) la natura speciale del rito;
    b)  il  fatto che il pubblico ministero ha comunque realizzato la
pretesa punitiva dello Stato, ottenendo una sentenza di condanna;
    c)  l'obiettivo primario di una rapida e completa definizione dei
processi svoltisi in primo grado secondo rito abbreviato.
    Si richiamano solo le seguenti pronunce:
1. n. 46/2004, sull'impossibilita' del pubblico ministero di proporre
appello  incidentale,  anche dopo le modifiche introdotte dalla legge
16 dicembre 1999, n. 479;
2. n. 165/2003,     n. 347/2002    1),    n. 421/2001,    n. 115/2001
sull'impossibilita'   del  pubblico  ministero  di  proporre  appello
principale  contro  le  sentenze di condanna, anche dopo le modifiche
introdotte dalla legge sopra citata;
3. n. 363/1991,   sull'impossibilita'   del   pubblico  ministero  di
proporre  appello,  prima  delle modifiche introdotte con la sentenza
sopra citata 2).
    4.1.3. il  doppio grado di giurisdizione di merito per l'imputata
non  e' oggetto di un diritto elevato a rango costituzionale e non e'
garantito, neppure, da convenzioni internazionali
    La Corte costituzionale ha anche chiarito che:
1. Il  doppio  grado  di  giurisdizione  non e' oggetto di un diritto
elevato a rango costituzionale (n. 280/1995; n. 585/2000).
1. E'  infondata  la  questione di incostituzionalita' dell'art. 443,
comma  1,  lett. b) cod. proc. pen. (nel testo all'epoca vigente, che
prevedeva  l'impossibilita' per il pubblico ministero e l'imputato di
proporre  appello  nei confronti di sentenze che applicavano sanzioni
sostitutive)  cod.  proc.  pen. con  riferimento agli articoli 2 e 10
della  Costituzione e all'art. 2, comma 1, del protocollo addizionale
n. 7  della  convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei diritti
dell'uomo  e della liberta' fondamentali, adottato a Strasburgo il 22
novembre 1984 3), ratificato dal Presidente della Repubblica Italiana
in  seguito ad autorizzazione conferitagli dalla legge 9 aprile 1990,
n. 98,  ed  entrato  in  vigore  per  l'Italia  il  1° febbraio 1992.
Infatti,  il  tenore dell'art. 2, comma 1, del protocollo addizionale
n. 7,  anche attraverso il confronto con quanto gia' disposto in tema
di  impugnazioni  dall'art. 14,  comma 1 4), del patto internazionale
relativo   ai  diritti  civili  e  politici  del  19  dicembre  1966,
ratificato  dall'Italia  con  legge  25  ottobre  1977,  n. 881,  non
legittima  una  interpretazione  per  cui  il  riesame ad opera di un
tribunale  superiore  debba  coincidere con un giudizio di merito. La
formulazione  dell'art. 2,  nel demandare al legislatore interno ampi
spazi  per la disciplina dell'esercizio del diritto all'impugnazione,
non  esclude,  infatti, che il principio si sostanzi nella previsione
del ricorso in Cassazione, gia' previsto dalla Costituzione italiana.
5. I profili di incostituzionalita' denunciati
    5.1. Violazione  dell'art. 111,  comma 2, della Costituzione, per
cui  "ogni  processo  si  svolge nel contraddittorio tra le parti, in
condizioni di parita'"
    5.1.1. Premessa sulle "condizioni di parita'"
    Si   e'   affermato  che  le  "condizioni  di  parita'"  previste
dall'art. 111,  comma 2, della Costituzione, riguarderebbero soltanto
i  poteri  delle  parti per quanto concerne le prove e non, quindi, i
poteri d'impugnazione.
    Tale  lettura della norma costituzionale e' restrittiva ed ignora
che  i  poteri  delle  parti,  quanto  alle prove, sono garantiti dal
principio del contraddittorio (esplicitamente richiamato dallo stesso
comma 2 e dai successivi commi dell'art. 111).
    5.1.2.   Disparita'  di  trattamento  fra  pubblico  ministero  e
imputato
    La  "parita'" tra pubblico ministero e imputato (che si e' voluta
introdurre con le nuove norme) e' solo formale.
    E'  assolutamente  ovvio,  infatti,  che  l'imputato non ha alcun
interesse ad appellare contro le sentenze di proscioglimento. D'altra
parte,  l'art. 568  cod.  proc. pen. n. 4 sancisce espressamente "per
proporre  impugnazione e' necessario avervi interesse". La Cassazione
ha interpretato sempre in senso restrittivo l'interesse dell'imputato
a  impugnare  un proscioglimento ex art. 530, comma 2 cod. proc. pen.
5).
    In  altri  termini,  non e' possibile porre sullo stesso piano la
situazione  del  pubblico  ministero  e  dell'imputato  rispetto alla
sentenza  di proscioglimento e la situazione del pubblico ministero e
dell'imputato rispetto alla sentenza di condanna:
    a) in  un primo caso vi sono una parte totalmente soccombente (il
pubblico   ministero   rispetto   ad   un   capo   di   sentenza   di
proscioglimento) ed una parte sostanzialmente vincitrice, tranne casi
marginali   (l'imputato,   rispetto   ad   un  capo  di  sentenza  di
proscioglimento);
    b) in un secondo caso, vi sono due parti parzialmente soccombenti
(il  pubblico  ministero e l'imputato rispetto ad un capo di sentenza
di condanna).
    La  norma,  quindi, limita il potere di impugnare una sentenza di
proscioglimento nei confronti dell'unica parte che ha reale interesse
a farlo, vale a dire al pubblico ministero.
    5.1.3.  Disparita'  di trattamento fra pubblico ministero e parte
civile
    La  legge  46/2006  espressamente mantiene il diritto della parte
civile  di  proporre  appello  contro  la sentenza di proscioglimento
emessa  dal  giudice  di  primo  grado. Cio' si ricava in modo chiaro
dall'articolo  6  della  legge,  che  riconosce  alla parte civile il
diritto  di  impugnare,  ai fini civili, le sentenze di condanna o di
proscioglimento,  eliminando  dal  teso  dell'articolo 576 cod. proc.
pen. ogni   richiamo   e   parificazione   del   potere  di  proporre
impugnazione del pubblico ministero.
    E  se la parte civile non decide di proporre direttamente ricorso
per   cassazione   contro  la  sentenza  di  primo  grado,  ai  sensi
dell'art. 569,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  il  normale  mezzo  di
impugnazione di cui dispone e' l'appello.
    Quindi,  il  pubblico ministero (parte pubblica) viene a trovarsi
in  condizione  deteriore rispetto alla parte civile (parte privata),
la  quale,  sia  pure  ai  limitati  fini  civili,  puo' appellare le
sentenze di proscioglimento.
    Non  sono  condivisibili - al riguardo - le considerazioni svolte
dalla  Corte  d'Appello di Milano - II Sezione Penale - ordinanza del
09.03.2008, secondo la quale:
      ...  differentemente dall'opinione del Procuratore Generale, la
parte  civile non e' titolare, dopo la novella legislativa, di poteri
diversi   e   piu'   incisivi  del  pubblico  ministero  in  tema  di
impugnazione della sentenza di primo grado, essendo piuttosto vero il
contrario.
      E', infatti, da ritenere che detta parte processuale abbia ora,
al  pari  dell'accusa  pubblica,  solo  il  potere  di  ricorrere per
cassazione  sia  che  la  decisione  di prime cure abbia contenuto di
proscioglimento,  sia  che abbia contenuto di condanna: tanto e' dato
dedurre,  alla  luce  del  principio  di  tassativita'  dei  mezzi di
impugnazione, da un canto dall'abrogazione delle parole "con il mezzo
previsto  dal  pubblico  ministero" e dall'altro dalla presenza nella
Costituzione  dell'art. 111, 7 comma, a' termini del quale «contro le
sentenze...  pronunziate  dagli organi giurisdizionali ordinari... e'
sempre ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge».
    Che  la parte civile possa proporre appello contro le sentenze di
proscioglimento,  anche nella nuova formulazione del citato art. 576,
si  desume  non solo dalle stesse intenzioni palesate del legislatore
nell'attuare tale modifica 6), ma altresi' dai seguenti argomenti:
       -  e'  rimasta  invariata la previsione che permette l'appello
della  parte civile contro il punto della sentenza di primo grado che
attiene   alla  provvisoria  esecuzione  delle  condanne  in  materia
risarcitoria  (mancata  pronuncia  o  rigetto);  cosicche', a meno di
proporre  un'abrogazione  implicita dell'art. 600, comma 1 cod. proc.
pen.,  sarebbe  davvero  singolare  che  la  legge negasse alla parte
civile  il potere di appellare le sentenze in ordine ai capi civili e
lo   consentisse   poi   con   esclusivo  riferimento  all'esecuzione
provvisoria negata 7);
      - l'art. 10 della L. 46/06 stabilendo la disciplina transitoria
non  dice alcunche' riguardo agli appelli proposti dalla parte civile
prima dell'entrata in vigore della legge stessa, mentre contempla una
laboriosa  dinamica quanto ai gravami proposti da imputato e pubblico
ministero.  Questa  mancata  previsione implica necessariamente che i
poteri di impugnazione della parte civile sono rimasti invariati.
    L'unica  interpretazione  possibile,  quindi,  dell'art. 576 cod.
proc.  pen.,  cosi'  come  novellato dalla legge n. 46/2006 e' che la
parte civile puo' continuare a proporre appello contro la sentenza di
proscioglimento  emessa  dal giudice di primo grado, esattamente come
avveniva prima della promulgazione di tale legge: non avrebbe infatti
avuto   senso  mantenere  questa  disposizione,  eliminando  soltanto
l'inciso  che  equiparava  i  poteri  della parte civile a quelli del
pubblico   ministero,  se  l'art. 576  cod.  proc.  pen. fosse  stato
meramente ripetitivo dell'art. 568, comma 2.
    5.1.4. Conclusioni sulla disparita' di trattamento
    In  definitiva:  davanti  alla  sentenza di primo grado, le parti
processuali  si trovano - attualmente - in una situazione di assoluta
disparita' di trattamento.
    Tale   disparita'   di   trattamento   non   e'  eliminata  dalla
possibilita'   di   proporre   appello   contro   una   sentenza   di
proscioglimento  nel caso previsto dall'art. 603, comma 2, cod. proc.
pen. (e cioe' nel caso di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il
giudizio  di  primo  grado).  Si  tratta infatti di ipotesi del tutto
residuale, che non incide sulla normativa nel suo complesso.
    Va  rimarcato,  infine,  che,  come  si  e' visto sopra, la Corte
Costituzionale  ha  affermato  che  la sentenza di condanna emessa in
primo   grado   secondo   il   rito   abbreviato  segna  comunque  la
realizzazione  della  pretesa  punitiva fatta valere nel processo dal
pubblico  ministero  (sent.  363/1991). A contrario, posto che con la
sentenza  di  proscioglimento la domanda di punizione del procuratore
della  repubblica  e'  respinta, la preclusione del potere di appello
del   procuratore   della   repubblica   contro   di  essa  crea  una
ingiustificata disparita' fra le parti a danno di quest'ultimo.
    5.2. Violazione  dell'art. 3 della Costituzione (sotto il profilo
della  irragionevolezza  delle  norme)  -  considerazioni  di  ordine
generale
    Va rimarcato che:
1. Soltanto  la  salvaguardia  di  un  qualche  interesse  di rilievo
costituzionale potrebbe rendere ragionevole una tale asimmetria fra i
poteri  d'impugnazione  della  parte pubblica e di quella privata (si
veda Corte Costituzionale, n. 110/1986).
2. La  disparita' di trattamento - denunciata sopra - e', invece, del
tutto  irragionevole, come ben e' stato rilevato dal Presidente della
Repubblica,  nel  messaggio  alle  Camere  del 20.01.2006, con cui ha
rinviato la prima versione della legge in esame 8).
3. La Corte Costituzionale (come s'e' e' visto in precedenza) ha piu'
volte  chiarito  che  il potere d'impugnazione del pubblico ministero
non   costituisce  estrinsecazione  necessaria  dei  poteri  inerenti
all'esercizio dell'azione penale, ma ha anche piu' volte ribadito che
il  principio  della  parita' tra accusa e difesa puo' sopportare una
diminuzione  dei  poteri  processuali del pubblico ministero solo nei
limiti della ragionevolezza.
4. Tali  limiti  nella  nuova  formulazione dell'art. 593, sono stati
varcati.
5. Proprio   dall'esame   delle   piu'   recenti  pronunce  la  Corte
Costistuzionale   ha   affrontato  la  questione  della  legittimita'
costituzionale  degli artt. 443, comm. 3 e 595 cod. proc. pen., nella
parte in cui non consentono al pubblico ministero di proporre appello
sia  in  via principale che in via incidentale avverso le sentenze di
condanna emesse a seguito di giudizio abbreviato, appare evidente che
i   limiti   della   ragionevolezza   sono  stati  individuati  nella
particolare caratteristica del rito abbreviato.
6. La  nuova  disciplina toglie al pubblico ministero la possibilita'
di  appellare  tutte  le  sentenze  di  proscioglimento, senza alcuna
differenza  fra  il  giudizio  abbreviato  ed  il giudizio ordinario.
L'interesse  dell'organo  dell'accusa  ad  ottenere  una  sentenza di
merito   giusta  e'  quindi  sacrificato,  senza  che  sia  possibile
individuare  alcun interesse contrario, costituzionalmente garantito,
che giustifichi tale sacrificio.
    5.3. Assenza  di giustificazione per la disparita' di trattamento
del pubblico ministero rispetto alla parte civile
    Il  fatto  che  la  modifica  degli articoli 593 e 576 cod. proc.
pen. attribuisca  alla  parte civile, e non al pubblico ministero, la
facolta' di proporre appello contro la sentenza di proscioglimento di
primo  grado,  costituisce  una  grave e irragionevole violazione dei
principi stabiliti dagli articoli 111 e 112 della Costituzione.
    Ogni  impugnazione  della  sentenza penale ritarda la definizione
del   processo   e   quindi   comporta   un   costo   per   il  bene,
costituzionalmente  protetto, della ragionevole durata. Tale costo e'
tuttavia   giustificato,   entro  limiti  stabiliti  dal  legislatore
ordinario,  dall'esigenza  di porre rimedio all'eventuale ingiustizia
della  sentenza evitando che divenga definitiva senza possibilita' di
controllo, e consentendone la riforma secondo giustizia.
    Anche  la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice di primo
grado  puo'  essere  ingiusta,  come  la  legge n. 46/2006 riconosce,
mantenendo  alla  parte civile la facolta' di impugnarla con il mezzo
ordinario dell'appello.
    Il   fatto  che  invece  sia  negata  al  pubblico  ministero  la
possibilita'  di  proporre appello contro tale sentenza non ha alcuna
giustificazione  ragionevole  che  possa  spiegare  la  disparita' di
trattamento. considerato che:
      -  la  parte  civile  nel processo penale persegue un interesse
meramente  risarcitorio  che  presuppone  la commissione del reato da
parte  dell'imputato  e  che  puo'  essere  azionato anche davanti al
giudice civile;
       -  il  pubblico  ministero  e'  la parte pubblica del processo
penale,     esercita     obbligatoriamente    l'azione    penale    e
istituzionalmente  fa  valere,  anche  in  sede  di  impugnazione, la
pretesa  punitiva  dello  Stato  e l'interesse pubblico al ripristino
dell'ordine giuridico violato dal reato.
    5.4. Infondatezza   di  tutte  le  giustificazioni  portate  alla
disparita'   di   trattamento   del   pubblico   ministero   rispetto
all'imputato
    5.4.1. Diritto della persona accusata alla rapida definizione del
processo (art. 119, comma 3 della Costituzione).
    Tale  diritto non puo' realizzarsi con l'esclusivo sacrificio del
potere  d'appello  della  parte  pubblica,  senza  infrangere l'altro
precetto  costituzionale,  di  rango  pari  a quello della rapidita',
della  parita'  delle  parti  nel  processo  (art. 111,  comma 2). Un
ragionevole  contemperamento  dei  due  valori (parita' delle parti e
rapidita)  avrebbe  potuto  essere realizzato, e non solo per il rito
abbreviato,  escludendo  il  potere di appello del pubblico ministero
avverso  le sentenze di condanna, potere che invece l'art. 593, comma
1 cod. proc. pen. espressamente conserva.
    5.4.2. Diritto  dell'imputato  ad  avere - sempre e comunque - un
doppio grado di giudizio di merito, in caso di condanna.
    Sul  punto,  vi  e' un preciso riferimento nei lavori preparatori
9).
    Si  osserva  che  tale  diritto  non  e'  riconosciuto  ne' dalla
Costituzione,  ne'  dalle  Convenzioni  internazionali.  Si  e'  gia'
sottolineato  che  il  comma 2 dell'art. 2 del Protocollo addizionale
n. 7  della  convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  adottato  a Strasburgo,
prevede  espressamente che il diritto dell'imputato a far riesaminare
la  affermazione  di  colpevolezza  da una giurisdizione superiore e'
escluso  quando  tale  affermazione provenga dalla giurisdizione piu'
elevata   o  quando  l'imputato  sia  stato  dichiarato  colpevole  e
condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento.
    Quest'ultimo    inciso    espressamente   fa   riferimento   alla
impugnazione  di  una prima sentenza di proscioglimento, che non puo'
che  provenire  dalla  parte pubblica. In ogni caso, tale (si ripete:
preteso)  diritto  si  sarebbe  potuto  realizzare  con  una completa
riforma   del  sistema  delle  impugnazioni,  piuttosto  che  con  la
sottrazione  totale  al pubblico ministero del potere di appellare le
sentenze di proscioglimento.
    5.4.3. Patimento derivante dal processo.
    Si  e' sostenuto nei lavori preparatori che non si puo' ammettere
che  un  individuo,  gia'  riconosciuto  innocente  al  termine di un
regolare  processo, possa nuovamente essere assoggettato ai patimenti
del  processo  penale (come affermato dalla Corte Suprema degli Stati
Uniti), per consentire al pubblico ministero di provare davanti ad un
altro  giudice  che il giudice precedente si era sbagliato; e cio' in
quanto,  tenuto  conto  delle  disparita'  delle  forze  in gioco, si
finisce   per  ingigantire  la  possibilita'  che  un  innocente  sia
condannato.
    Tale affermazione:
      a) da   un   lato,  si  richiama  ad  affermazioni  valide  per
ordinamenti processuali pienamente accusatori, in cui la sentenza non
e' motivata;
      b) dall'altro non considera che la disparita' delle forze, dopo
la sentenza di primo grado, non sussiste piu': l'accusa non puo' piu'
perquisire,  intercettare,  sequestrare,  puo'  soltanto argomentare.
Costituisce,    quindi,   una   semplice   petizione   di   principio
l'affermazione per cui aumenta la possibilita' di errore giudiziario,
con  la  facolta'  del  pubblico  ministero  di appellare sentenze di
proscioglimento.
    5.4.4.    Principi    dei    contraddittorio,   dell'oralita'   e
dell'immediatezza.
    Nei  lavori  preparatori si e' sostenuto che il giudice d'appello
valuta  soltanto le carte, a differenza del giudice di primo grado, e
che  e'  quindi  incongruo consentire a tale giudice di ribaltare una
sentenza di proscioglimento. Tale argomentazione:
      a) non  corrisponde  a  verita'  per un buon numero di processi
(gli appelli contro le sentenze pronunciate nel giudizio abbreviato);
      b) non   spiega   perche'   "un   giudizio   sulle   carte"  di
proscioglimento  abbia  maggior  dignita'  di  un analogo giudizio di
condanna;
      c) infine, prova troppo: portando tale argomento fino in fondo,
si dovrebbe giungere all'inappellabilita' di tutte le sentenze 10).
    5.4.5. Principio della colpevolezza al di la' di ogni ragionevole
dubbio.
    Costituisce  una  semplice  petizione di principio l'affermazione
(pure contenuta nei lavori preparatori) secondo la quale una sentenza
di  proscioglimento  farebbe sorgere comunque un "ragionevole dubbio"
sulla  colpevolezza,  come  previsto dall'art. 533, co. 1, cod. proc.
pen. (nel testo introdotto dalla stesa legge n. 46/2006).
    Del  resto, il dubbio derivante dalla difformita' di esito di due
gradi  di giudizio e' insito in un ordinamento che preveda piu' gradi
di giurisdizione di merito ed esso potrebbe essere eliminato soltanto
col  giudizio  di  merito  in  unico  grado.  L'appellabilita'  della
sentenza di condanna da parte dell'imputato si fonda sulla ipotesi di
una  decisione  di  primo  grado  errata.  Ed  analoga  ipotesi  deve
giustificare,  per  il  principio  di parita', l'appellabilita' delle
sentenze di assoluzione).
    Si   rimarca   infine   che   -  quotidianamente  -  sentenze  di
proscioglimento  sono  bollate  d'irragionevolezza, dai media e dalle
forze politiche: non si comprende perche', solo per limitare i poteri
d'impugnazione  del  pubblico ministero, esse debbano essere presunte
ragionevoli.
    5.4.6. Affermazioni della Cassazione.
    Nei lavori preparatori alla legge e' contenuto un richiamo ad una
sentenza delle sezioni Unite 11).
    Tale  sentenza  ha  in  realta'  auspicato (paragrafo 7.1.3 della
motivazione)  l'opportunita'  di  una  riperimetrazione delle opzioni
decisorie  consentite  al  giudice d'appello, chiamato a pronunciarsi
sull'appello  del  pubblico ministero avverso la sentenza assolutoria
di primo grado nel senso di qualificare in questo caso l'appello, ove
non  si  concluda  con la conferma dell'alternativa assolutoria, come
giudizio  di  natura  esclusivamente rescindente cui debba seguire un
rinnovato  giudizio  di  primo grado sul merito della responsabilita'
12).
    Come  si  vede,  nessun auspicio di soppressione dell'appello del
pubblico  ministero  contro  le  decisioni assolutorie puo' trarsi da
questo autorevole obiter dictum.
    Peraltro,  nella  stessa sentenza delle Sezioni Unite, citata nei
lavori  preparatori, si legge (paragrafo 7.1.1) che sia il Protocollo
addizionale   n. 7   citato   sopra   che   l'art. 14.5   del   Patto
internazionale  relativo ai diritti civili e politici (reso esecutivo
con  l. 25 ottobre 1977, n. 881), secondo la prevalente dottrina e la
consolidata  giurisprudenza  delle corti sopranazionali, nell'ipotesi
di  declaratoria  di colpevolezza e di condanna in appello seguite al
proscioglimento  in  prime  cure,  non  esigono un ulteriore grado di
giudizio  di merito, essendo consentita la previsione legislativa del
solo ricorso per cassazione per errori in procedendo o in iudicando.
    E'  confermato,  quindi,  che  non  e'  possibile  in  alcun modo
affermare  che la normativa, di cui si contesta la costituzionalita',
abbia  recepito  un  principio  di  diritto  internazionale  volto ad
escludere  l'appello  del  pubblico  ministero avverso le sentenze di
proscioglimento 13).
    5.5. Violazione  dell'art.  112  della  Costituzione,  per cui il
pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.
    Va rilevato che:
    1. nel  giudizio abbreviato il divieto di appello per il pubblico
ministero  avverso  una  sentenza di condanna non intacca l'esercizio
dei  poteri  di  iniziativa penale proprio del pubblico ministero, in
quanto questi ha pur sempre ottenuto una sentenza di condanna.
    2. il divieto, invece, per il pubblico ministero di impugnare una
sentenza  di proscioglimento viene ad incidere concretamente su detto
esercizio,  impedendogli,  anche  in  casi clamorosi, di ottenere una
revisione del fatto da parte di altro giudice.
    6. La  rilevanza delle questioni proposte - le ragioni per cui il
giudizio  non  puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  loro
risoluzione (art. 23, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87)
    La rilevanza della questione proposta e' manifesta:
       -  il Procuratore della Repubblica ha svolto, nel proprio atto
d'appello, motivi in fatto;
      -
se  non  fosse  dichiarata  incostituzionale  la  nuova  formulazione
dell'art.  593 cod. proc. pen., tali motivi in fatto non potrebbero -
ovviamente  -  essere  riproposti  con  un  (eventuale)  ricorso  per
cassazione.
    7. Richiamo alle ordinanze che risultano - ad oggi - emesse dalla
Corte d'Appello di Milano sul punto
    La  questione  di costituzionalita' - prospettata con la presente
istanza  - e' stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte
di Assise d'Appello di Milano - III Sezione, in data 13.03.2006.
    Altra  Sezione della Corte d'Appello di Milano ha invece ritenuta
la  questione manifestamente infondata (Sezione II - 09.03.2006, gia'
citata  in  precedenza,  trattando  le questioni concernenti la parte
civile).  Si  ritiene opportuno riportare la parte piu' significativa
di tale ordinanza:
    Il  Procuratore  Generale  ha  fatto  richiamo sia all'art. 3 che
all'art.  111, secondo comma, della Costituzione, il primo enunciante
il principio di eguaglianza ed il secondo quello della "parita' delle
parti" nel processo.
    Orbene,   premesso   che   il   riferimento   all'art. 3   appare
inconferente  posto  che,  secondo  il  requirente, si tratterebbe di
violazione  dell'eguaglianza  tra pubblico ministero ed imputato, per
cui  in  realta'  la censura si appunta esclusivamente sull'art. 112,
secondo comma, la Corte ritiene in linea generale che il principio di
parita'  tra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita'
dei  poteri  processuali  del  pubblico  ministero  e  dell'imputato,
potendo una disparita' di trattamento risultare piu' che giustificata
dalla  peculiare  posizione  istituzionale  del  pubblico ministero e
dalla  funzione  allo  stesso  affidata  ovvero  da esigenze connesse
all'amministrazione della giustizia.
    Il  Codice  di procedura penale e', come e' stato acutamente oggi
osservato,  ricco di casi in cui, all'inverso della situazione di cui
oggi  si  discute,  e'  il  pubblico  ministero  a  vantare diritti e
facolta'  viceversa  non  riconosciuti all'imputato: l'affermare oggi
l'incostituzionalita'  dell'art. 593  CPP  significherebbe  vulnerare
anche tali opposte situazioni.
    Il che il Collegio non si sente di affermare.
    Ma vi e' di piu'.
    Proprio  con  riferimento  alla  fattispecie che qui interessa, e
cioe'  la pretesa disparita' di trattamento tra pubblico ministero ed
imputato,  l'eccezione  prende  le  mosse  da  una  non condivisibile
interpretazione del ruolo del primo nel processo penale, individuando
l'interesse    processuale    dello    stesso    pubblico   ministero
esclusivamente nel conseguimento di una pronunzia di condanna: il che
equivale  a  dimenticare, tanto per esemplificare ed ancora una volta
facendo   richiamo  ad  argomentazioni  difensive,  che  il  pubblico
ministero deve svolgere "accertamenti su fatti e circostanze a favore
della  persona  sottoposta  alle  indagini" (art. 358 CPP), ovvero e'
deputato a "vegliare all'osservanza delle leggi" nonche' alla «pronta
e regolare amministrazione della giustizia» (art. 73 dell'ordinamento
giudiziario),   funzioni   affatto  diverse  dall'ottenere  sempre  e
comunque l'affermazione di responsabilita' dell'imputato.
    Riguardo a tali affermazioni, va rimarcato che:
      1) Il   riferimento   all'art. 3   della  Costituzione  non  e'
inconferente,  poiche' in tale articolo trova fondamento il principio
secondo  il  quale  situazioni uguali possono essere trattate in modo
diverso, salva la manifesta irragionevolezza.
      2)  E'  infondato  l'argomento  secondo  il  quale,  poiche' il
pubblico  ministero, nel corso delle indagini preliminari ha numerosi
poteri,    negati    all'imputato    e    al   difensore,   affermare
l'incostituzionalita'  dell'art. 593  cod.  proc.  pen.  porterebbe a
dubitare della costituzionalita' di tali poteri. Infatti:
      3) L'art. 111 della Costituzione riguarda il "processo" davanti
ad un giudice "terzo e imparziale" e non le indagini preliminari.
      4) Come  gia'  si  e'  posto in evidenza, davanti al giudice le
parti  debbono  avere  poteri  uguali,  salvo  che  vi  siano  motivi
ragionevoli e fondati su altri valori costituzionali, per negarli. Si
tratta   di   un   principio   affermato  costantemente  dalla  Corte
costituzionale.
    5) Infine,  il  pubblico  ministero  non ha interesse ad ottenere
esclusivamente  una  sentenza  di  condanna:  egli  ha  interesse  ad
ottenere  una sentenza giusta (o almeno una sentenza che egli ritiene
tale, nel rispetto del contraddittorio fra le parti).
8. Conclusioni
    Si  chiede che la Corte d'Appello di Milano voglia dichiarare non
manifestamente   infondata  la  questione  di  costituzionalita'  del
seguente  articolo  del  codice di procedura penale, modificato dalla
legge  20  febbraio  2006,  n. 46,  Modifiche  al codice di procedura
penale,   in   materia   di   inappellabilita'   delle   sentenze  di
proscioglimento, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 22 febbraio 2006
n. 44.
    Articolo 593, comma 2, del codice di procedura penale (modificato
dall'art. 1  della  legge)  -  (Casi  di appello), nella parte in cui
esclude  la  possibilita'  per  il pubblico ministero di appellare le
sentenze di proscioglimento.
    Si  chiede  inoltre  che  la  Corte  d'Appello  di  Milano voglia
dichiarare    non    manifestamente   infondata   la   questione   di
costituzionalita'  dell'art. 10,  commi  1,  2  e  3  della  legge 20
febbraio 2006, n. 46.
                                             Gian Luigi FONTANA
                                       sostituto procuratore generale

          1) Significative  queste affermazioni: «per quanto attiene,
          in  particolare, al limite all'appello della parte pubblica
          oggetto di censura, esso continua a trovare giustificazione
          -  come  per  il  passato  -  nell'obiettivo primario della
          rapida  e  completa  definizione  dei  processi svoltisi in
          primo  grado  con  il rito abbreviato: rito che - sia pure,
          oggi,  per  scelta  esclusiva  dell'imputato  - implica una
          decisione  fondata,  in  primis,  sul  materiale probatorio
          raccolto dalla parte che subisce la limitazione denunciata,
          fuori  delle  garanzie  del  contraddittorio;  ... siffatta
          ratio vale evidentemente a giustificare anche la disparita'
          di trattamento tra l'imputato giudicato con rito abbreviato
          e  l'imputato  giudicato  con rito ordinario, escludendo la
          violazione   dell'art. 3   Cost.   denunciata  dall'odierno
          rimettente».
          2) Significative le seguenti affermazioni: "Con riferimento
          al  contesto del giudizio abbreviato, non appare, pertanto,
          in contrasto con i canoni della ragionevolezza il fatto che
          al  pubblico  ministero  risulti  preclusa  la  facolta' di
          appello  avverso  le  sentenze  di  condanna, ove la stessa
          sentenza  non  abbia  modificato  il titolo del reato. Tale
          limite   trova   fondamento,  da  un  lato,  nell'obiettivo
          primario  di una rapida e completa definizione dei processi
          svoltisi   in  primo  grado  secondo  il  rito  abbreviato,
          dall'altro,  nella  circostanza che la sentenza di condanna
          emessa  in  primo  grado  sulla  base  di  tale  rito segna
          comunque  la  realizzazione  della  pretesa  punitiva fatta
          valere  nel  processo  attraverso  l'azione  intrapresa dal
          pubblico    ministero.    Che,   limitatamente   a   questa
          fattispecie,   l'interesse   del  pubblico  ministero  alla
          punizione del reato possa dirsi soddisfatto con la sentenza
          di  condanna  -  e  percio'  indipendentemente dalla misura
          della  pena -  viene,  d'altro  canto,  a trovare indiretta
          conferma  nell'unica  eccezione  al  regime  di preclusione
          sancito   nell'art. 443,  terzo  comma,  dove  la  facolta'
          dell'organo  dell'accusa  di  proporre appello nel giudizio
          abbreviato,  anche  avverso  una  sentenza  di condanna, e'
          fatta  salva  nella  ipotesi che tale sentenza modifichi il
          titolo  del  reato  originariamente contestato, venendo, di
          conseguenza,  ad  introdurre  una  differenza non di ordine
          quantitativo, ma qualitativo tra la richiesta dell'accusa e
          la  sentenza  emessa dal giudice. Le stesse caratteristiche
          del  giudizio  abbreviato,  spiegano,  dunque, come in tale
          procedimento,  ai fini dell'appello del pubblico ministero,
          l'effettiva   irrogazione   della   pena   sia   stata  dal
          legislatore  privilegiata  rispetto alla sua piena aderenza
          alla  natura  del reato contestato: e questo attraverso una
          scelta del legislatore che, oltre a non risultare lesiva di
          altri valori costituzionali, appare incensurabile sul piano
          della   ragionevolezza  in  quanto  proporzionata  al  fine
          preminente della speditezza del processo.
              3) Comma 1: Ogni persona dichiarata rea da un tribunale
          ha   il  diritto  di  far  esaminare  la  dichiarazione  di
          colpevolezza   o   la   condanna   da  un  tribunale  della
          giurisdizione  superiore.  L'esercizio di tale diritto, ivi
          inclusi  i  motivi  per  cui esso puo' essere esercitato, e
          disciplinato dalla legge.
              Comma  2: Tale diritto puo' essere oggetto di eccezioni
          per  i  reati  minori,  quali  sono definiti dalla legge, o
          quando l'interessato e' stato giudicato in prima istanza da
          un  tribunale  della  giurisdizione piu' elevata o e' stato
          dichiarato  colpevole  e condannato a seguito di un ricorso
          avverso il suo proscioglimento.
              4)  Numero 5: Ogni individuo condannato per un reato ha
          diritto  a  che  l'accertamento della sua colpevolezza e la
          condanna  siano  riesaminati  da  un  tribunale  di seconda
          istanza in conformita' della legge.
              5) Cfr  Sez.  U,  Sentenza  n. 2110  del 23/11/1995 Ud.
          (dep. 23/02/1996) Rv. 203762:
              Una   volta   che  sia  stata  pronunciata,  a  seguito
          dell'abolizione  della  formula  dubitativa, assoluzione ai
          sensi dell'art. 530, comma secondo, cod. proc. pen., avendo
          il giudice ritenuto insufficienti le prove acquisite, viene
          meno  qualunque  apprezzabile  interesse  dell'imputato  al
          conseguimento di una piu' favorevole sentenza, in quanto la
          conclusiva  statuizione  in  essa contenuta non puo' essere
          modificata,  quale  che  sia  il giudizio esprimibile sulla
          prova  della responsabilita' dall'accusato, e cioe' sia che
          sia  stata acquisita la prova positiva della sua innocenza,
          sia  che la prova della sua responsabilita' si sia rivelata
          soltanto     insufficiente.     Ed    invero    l'interesse
          all'impugnazione,   sebbene   non  possa  essere  confinato
          nell'area   dei   soli   pregiudizi  penali  derivanti  dal
          provvedimento    giurisdizionale,   neanche   puo'   essere
          concepito  come  aspirazione soggettiva al conseguimento di
          una  pronuncia  dalla  cui  motivazione siano rimosse tutte
          quelle  parti  che possano essere ritenute pregiudizievoli,
          perche'  esplicative  di  una  perplessita'  sull'innocenza
          dell'imputato.  Difatti,  l'impugnazione  si  configura pur
          sempre  come  un  rimedio a disposizione della parte per la
          tutela  di posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, e
          non  gia'  di  interessi  di  mero  fatto, non apprezzabili
          dall'ordinamento   giuridico.   (Fattispecie   relativa   a
          procedimento  che  proseguiva  con l'osservanza delle norme
          dell'abrogato codice di procedura penale).
              6) Nel  messaggio  alle  Camere,  con cui il Presidente
          della  Repubblica  aveva rinviato il precedente testo della
          legge,  si  affermava:  "Infine,  non  lo si dimentichi, e'
          parte  del processo anche la vittima del reato costituitasi
          parte civile, che vede compromessa dalla legge approvata la
          possibilita'  di  far  valere  la  sua pretesa risarcitoria
          all'interno del processo penale".
              L'onorevole  BERTOLINI,  nella  propria  relazione alla
          camera,   il  30  gennaio  2006,  afferma  "La  Commissione
          giustizia  ha  ritenuto  di  tutelare maggiormente la parte
          civile,   modificando   la  disposizione  generale  di  cui
          all'articolo 576  del  codice  di procedura penale relativa
          agli  atti di impugnazione della parte civile contro i capi
          della  sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio
          penale,  stabilendo  che tale impugnazione limitata ai soli
          effetti civili possa essere effettuata in via diretta e non
          piu'  con il mezzo previsto per il pubblico ministero. Cio'
          ha  portato  alla soppressione dell'articolo 577 del codice
          di rito relativo alla impugnazione della persona offesa per
          i  reati  di ingiuria e diffamazione. In tali casi trovera'
          applicazione   la   norma  di  carattere  generale  di  cui
          all'articolo 576".
              7) La  Cassazione ha - significativamente - collegato i
          poteri   di  impugnativa  in  tema  di  provvisionale  alla
          proposizione  dell'appello:  cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 1581
          del 01/04/1999 Cc. (dep. 16/04/1999) Rv. 212983.
              8) Si riporta un passo significativo: "Il sistema delle
          impugnazioni  puo'  essere  ripensato alla luce dei criteri
          ispiratori   del  codice  vigente  dal  1989.  Tuttavia  il
          carattere   disorganico   e   asistematico   della  riforma
          approvata  e' proprio cio' che sta alla base delle rilevate
          palesi incostituzionalita': una delle finalita' della legge
          avrebbe dovuto essere quella della deflazione del carico di
          lavoro  della  giustizia  penale,  mentre,  come si e' piu'
          sopra  posto in luce, la legge approvata provochera' invece
          un insostenibile aggravio di lavoro, con allungamento certo
          dei tempi del processo. La funzione compensativa attribuita
          all'ampliamento delle ipotesi del ricorso per cassazione ha
          un  effetto  inflattivo  superiore  di  gran lunga a quello
          deflattivo  derivante dalla soppressione dell'appello delle
          sentenze  di  proscioglimento.  Soppressione  che,  a causa
          della  disorganicita'  della  riforma,  fa si che la stessa
          posizione  delle  parti  nel processo venga ad assumere una
          condizione  di disparita' che supera quella compatibile con
          la  diversita' delle funzioni svolte dalle parti stesse nel
          processo.    Le    asimmetrie    tra    accusa   e   difesa
          costituzionalmente compatibili non devono mai travalicare i
          limiti  fissati  dal  secondo comma dell'articolo 111 della
          Costituzione,  a  norma del quale: "Ogni processo si svolge
          nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita',
          davanti  a  giudice  terzo  e imparziale". ... Un'ulteriore
          incongruenza  della  nuova  legge  sta  nel  fatto  che  il
          pubblico ministero totalmente soccombente non puo' proporre
          appello,  mentre  cio'  gli  e'  consentito  quando  la sua
          soccombenza sia solo parziale, avendo ottenuto una condanna
          diversa da quella richiesta».
              9) Si  veda  Camera  deputati,  seduta  25 luglio 2005,
          intervento onorevole BERTOLINI.
              10) Senza  voler  considerare che, nel sistema abrogale
          dalla  legge  che  qui  si  critica, l'appello del pubblico
          ministero  contro  le  sentenza  di  proscioglimento poteva
          essere  fondato  esclusivamente  su  ragioni di diritto (ed
          anzi - molto spesso - lo era): sicche', in tal caso, non vi
          era   alcuna   rivisitazione   del   precedente   materiale
          probatorio  ma - molto piu' semplicemente - un risparmio di
          tempo, volto ad evitare la prescrizione.
              11) Si  tratta  della  nota sentenza nel procedimento a
          carico  del  Senatore  ANDREOTTI,  condannato  dalla  Corte
          d'Assise   d'Appello   di   Perugia   per   l'omicidio  del
          giornalista   PECORELLI  (Sez.  U,  Sentenza  n. 45276  del
          30/10/2003 Ud. (dep. 24/11/2003) Rv. 226094).
              12) La  Cassazione  ha affermato: "Ben piu' radicale ed
          efficace,  de  jure  condendo,  sarebbe tuttavia, ad avviso
          delle  Sezioni  Unite, un intervento mirato del legislatore
          sul   terreno   della   (ri)perimetrazione   delle  opzioni
          decisorie   consentite  al  giudice  di  appello,  che  sia
          chiamato a pronunciarsi sull'appello del pubblico ministero
          avverso  la  sentenza  assolutoria di primo grado. Principi
          costituzionali,    norme    di    diritto    internazionale
          convenzionale  ed  autorevole dottrina suggeriscono infatti
          di   ristrutturare  sapientemente  il  giudizio  d'appello,
          secondo  cadenze  e  modalita'  tali  da  precludere a quel
          giudice  (che  di  regola  rimane  estraneo alla formazione
          dialettica  della  prova)  di ribaltare di costrutto logico
          della decisione di proscioglimento dell'imputato, all'esito
          di  una  mera  rilettura  delle  carte del processo e di un
          contraddittorio  dibattimentale "ex actis". Nel senso cioe'
          di  qualificare  in  questo  caso  l'appello,  ove  non  si
          concluda con la conferma dell'alternativa assolutoria, come
          giudizio  di  natura  esclusivamente rescindente, cui debba
          seguire  un  rinnovato  giudizio  di  annullamento.  Questa
          soluzione,  oltre  ad  assicurare  all'imputato la garanzia
          "sostanziale"  del  doppio  grado di giudizio di merito, ai
          fini  della  declaratoria di colpevolezza e della condanna,
          avrebbe  nel  contempo l'indubbio pregio di non sconvolgere
          la  geometria  dei  limiti  del sindacato di legittimita' -
          come  disegnata  dal  nuovo codice di rito nella richiamata
          interpretazione  giurisprudenziale  - e di consentire cosi'
          l'armonico   dispiegarsi   nel  sistema  processuale  della
          funzione  nomofilattica  attribuita  alla Suprema Corte. La
          Cassazione  -  quindi  -  ha  ipotizzato  un meccanismo ben
          diverso   da  quello  adottato  dal  legislatore  e  cioe':
          1) possibilita'  del pubblico ministero di proporre appello
          contro   le   sentenze   di   proscioglimento;  2) giudizio
          rescindente  del  giudice d'appello, con annullamento della
          sentenza  di  primo grado; 3) nuovo giudizio di merito, nei
          limiti fissati dal giudice d'appello.
              13) I  principi  della  sentenza  ANDREOTTI  sono stati
          riaffermati  dalle  stesse  Sezioni  Unite  nella  sentenza
          MANNINO:  (Sez.  U,  Sentenza  n. 33748  del 12/07/2005 Ud,
          (dep.20/09/2005)  Rv.  231674)  "Si  e'  gia' detto che, in
          virtu'  del carattere ampiamente devolutivo del giudizio di
          appello  instaurato  a seguito di impugnazione del pubblico
          ministero contro la pronunzia assolutoria, l'imputato ha il
          diritto   di   riproporre   ogni  questione  sostanziale  e
          processuale  gia'  posta  e  disattesa  in  primo grado. Va
          inoltre  sottolineata  che,  nella  prospettiva ermeneutica
          disegnata  dalle  Sezioni Unite con la sentenza 30/10/2003,
          Andreotti  (Cass.  pen.  2004,  811)  in  coerenza  con  le
          disposizioni  di  diritto  internazionale  pattizio  di cui
          all'art. 14.5   Patto   intern.   dir.   civ.   e  poi.  ed
          all'art. 2.2  Protocollo  n. 7  Conv.  eur.  dir.  uomo, la
          garanzia  apprestata  dall'ordinamento processuale interno,
          per    la   verifica   di   legittimita'   della   condanna
          dell'imputato  intervenuta in appello dopo l'assoluzione in
          primo  grado, riveste carattere "sostanziale" in termini di
          effettivita'  del  sindacato  di  legittimita' ex art. 606,
          comma 1, lett. e) cod. proc., pen., a fronte della mancanza
          e/o  manifesta illogicita' della motivazione della sentenza
          di  condanna  derivante  dall'omessa  valutazione  di prove
          decisive  per il proscioglimento dell'imputato da parte del
          giudice  di  appello  e,  ancor prima, del giudice di primo
          grado   che   pure   lo   aveva   assolto.  Ai  fini  della
          rilevabilita'  del vizio di prova omessa decisiva, la Corte
          di  Cassazione  puo' e deve fare riferimento, pertanto, non
          solo  alla  sentenza  assolutoria  di primo grado, ma anche
          alle  memorie  ed  agli  atti  con  i  quali la difesa, nel
          contestare   il   gravame  del  pubblico  ministero,  abbia
          prospettato  al  giudice di appello l'avvenuta acquisizione
          dibattimentale  di  altre e diverse prove, favorevoli e nel
          contempo  decisive,  pretermesse dal giudice di primo grado
          nell'economia  di quel giudizio, oltre quelle apprezzate ed
          utilizzate  per  fondare  la  decisione assolutoria. Con il
          lineare  corollario  che la mancata risposta del giudice di
          appello   alle   argomentazioni  svolte  dalla  difesa  nel
          contraddittorio dibattimentale circa la portata di decisive
          risultanze probatorie, conducente all'illegittimo esercizio
          del  potere  demolitorio  della  sentenza di assoluzione di
          primo  grado ad opera di un giudice che ha valutato solo il
          carteggio  processuale,  inficia  la tenuta "informativa" e
          "logico-argomentativa"  della  sentenza  di  condanna  e, a
          causa  della  negativa  verifica  di  corrispondenza tra il
          chiesto   e   il  pronunciato,  la  rende  suscettibile  di
          annullamento.  Ne'  va  sottaciuto  il principio piu' volte
          affermato  dalla giurisprudenza di legittimita', secondo il
          quale  il  giudice  di  appello  che  riformi totalmente la
          sentenza   di   primo  grado,  sostituendo  all'assoluzione
          l'affermazione  di colpevolezza dell'imputato, ha l'obbligo
          di dimostrarne con rigorosa analisi critica l'incompletezza
          o   l'incoerenza,   non  essendo  altrimenti  razionalmente
          giustificato il rovesciamento della statuizione assolutoria
          in  quella  di  condanna.  Di  talche',  ferma  restando la
          discrezionalita'   delle  scelte  legislative  quanto  alla
          riperimetrazione  delle  opzioni  decisorie  consentite  al
          giudice di appello, ritiene il Collegio, alla stregua della
          formulata  soluzione  interpretativa,  che  le fondamentali
          garanzie  di  cui  agli  artt.  24,  comma  2  e  111 Cost.
          attinenti  al  pieno  esercizio  delle  facolta' difensive,
          anche  per  i  profili  della  formazione  della  prova nel
          contraddittorio  fra le parti e dell'obbligo di valutazione
          della  stessa  nel  rispetto  dei  canoni  di  legalita'  e
          razionalita', siano riconosciute ed assicurate nel giudizio
          di  appello  instaurato  a  seguito  dell'impugnazione  del
          pubblico  ministero contro la sentenza assolutoria di primo
          grado.
06C0447