N. 155 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2006
Ordinanza emessa il 16 marzo 2006 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento penale a carico di Acierno Marco ed altri Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Esclusione - Applicabilita' delle nuove norme ai procedimenti in corso - Disparita' di trattamento tra pubblico ministero e imputato, nonche' tra pubblico ministero e parte civile - Irragionevolezza - Violazione del principio del contraddittorio tra le parti, in condizione di parita'. - Legge 20 febbraio 2006, n. 46, artt. 1 e 10. - Costituzione, artt. 3 e 111, comma secondo.(GU n.22 del 31-5-2006 )
LA CORTE D'APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'eccezione di illegittimita' costituzionale proposta dal p.g. relativamente agli artt. 1 e 10, legge n. 46/2006 nel procedimento sopra rubricato nei confronti di Acierno Marco + altri; sentite le parti, osserva. Rilevato che con sentenza n. 1783 del 17 febbraio 2005 pronunciata dal Tribunale di Milano in composizione collegiale, sezione IV penale, all'udienza del 17 febbraio 2005 e depositata in data 11 aprile 2005 tutti gli imputati venivano assolti ex art. 530, comma 1 e 2 c.p.p. dai reati loro rispettivamente ascritti perche' il fatto non sussiste; Visto l'atto di appello 16 maggio 2005, con richiesta di condanna, presentato dal P.M. nei confronti di: Acierno Marco - Capo A1) per episodio in Milano 6 marzo 2000 dalle ore 21,30 alle ore 24,00; Amodei Giuseppe - Capo A4) in Milano nel giorno 25 febbraio 2000, accertata dalle ore 21,20 alle ore 23,00; Arsi' Mauro - Capo A5) in Milano nei giorni: 11 dicembre 1999 dalle ore 10,20 alle ore 11,38; 5 febbraio 2000 dalle ore 10,10 alle ore 11,25. Bologni Antonello - Capo A62) accertati in Milano il 26 settembre 1998, 20 novembre 1999 e 16 novembre 1999. Campanella Sandro - Capo A10) in Milano nei seguenti giorni: 12 febbraio 2000 turno 8/15 durata 9,30-10,42 Milano campo Saini; 25 marzo 2000 turno 7/14 calcio durata 10,24-11,33 campo comunale Novegro; Carlini Gianluca - Capo A64) accertati in Milano il 17 ottobre 1998, 6 marzo 1999, 23 ottobre 1999. Cerini Roberto - Capo A65) accertati in Milano il 31 ottobre 1998 e 14 novembre 1998. Ciccarese Antonio - Capo A15) in Milano nel giorno 16 marzo 2000 accertata dalle ore 22,30 alle ore 05,00. Ciocioni Renato - Capo A16) in Milano nei giorni qui di seguito indicati: 27 novembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,27; 11 dicembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,20 alle ore 11,38; 15 gennaio 2000, turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,30; 4 marzo 2000, turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,28. Ciofi Mauro - Capo A17) per il solo episodio 6 marzo 2000, turno 15/24 accertata dalle ore 21,00 alle ore 24,00. Coticoni Stefano - Capo A19) in Milano nei giorni qui di seguito indicati: 17 ottobre 1998, turno 7/14 turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,11 campo Segrate; 9 ottobre 1999, turno 7/15 turno 7/15 durata partita 10,25 - 11,25 campo Novegro in orario straordinario; 23 ottobre 1999, turno 7/15 durata partita 10,25-11,40, campo di Novegro in orario di straordinario; 15 gennaio 2000, turno 7/14 durata partita 10,15-11,30 campo Novegro. De Chiara Paola - Capo A21) in Milano nel giorno 23 aprile 2000, accertata dalle ore 19,14 alle ore 19,42 - in orario Zulu - e alle ore 23,00. Di Somma Sebastiano - Capo A23) per i soli episodi: in Milano nei seguenti giorni: 25 febbraio 2000, turno 15/23 accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00; 6 marzo 2000, turno 15/22 accertata dalle ore 21,00 alle ore 22,00; 22 marzo 2000, turno 21/07 accertata dalle ore 00,40 alle ore 07,00; 26 marzo 2000, turno 15/23 accertata dalle ore 21,20 alle ore 23,00. D'Orazio Alessandro - Capo A24) in Milano nel giorno 23 aprile 2000 accertata alle ore 23,00. Esposito Giuseppe - Capo A25) in Milano nei giorni qui di seguito indicati: 9 ottobre 1999, accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,23; 20 novembre 1999, accertata dalle ore 11,00 alle ore 12,14. 7 novembre 1998, 14 novembre 1998, 5 dicembre 1998, 27 febbraio 1999, 9 ottobre 1999, 20 novembre 1999, 5 febbraio 2000, 19 febbraio 2000. Filonzi Alessandro - Capo A28) in Milano nei seguenti giorni: 26 settembre 1998, turno 8/15 durata partita 10,03 - 11,18 campo Milano; 31 ottobre 1998, turno 7/15 durata partita 10,00 - 11,10 campo Segrate; 6 marzo 1999, turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,10 campo Segrate; 20 marzo 1999, turno 7/15 durata partita 10,00 - 11,14 campo Segrate; 9 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata partita 10,15 - 11,23 campo comunale di Novegro; 23 ottobre 1999, turno 7/15 (tutto in straordinario) durata partita 10,25 - 11,40 campo comunale di Novegro; 20 novembre 1999, turno 7/15 durata partita 11,00 - 12,14 campo Milano-Ausonia; 27 novembre 1999, turno /15 (tutto in straordinario) durata 10,15-11,27; 15 gennaio 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,30; 4 marzo 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,28; 18 marzo 2000 turno 7/15 durata 9,30-10,45; 18 marzo 2000, turno 7/15 durata partita 9,30 - 10,45 campo Centro Saini. Gandini Alessio - Capo A29) in Milano nei seguenti giorni: 7 novembre 1998, turno 7/15 durata 10,10 - 11,18 campo Milano Farina; 14 novembre 1998, turno 7/14 durata 10,00 - 11,10 campo Segrate; 13 novembre 1999, turno 7/15 durata 09,15 - 10,27 campo Novegro; 19 febbraio 2000, turno 7/14 durata 10,15 - 11,27 campo Novegro; 4 marzo 2000, turno 10/18 durata 10,15 - 11,28 campo Novegro; 25 marzo 2000, turno 7/15 durata 10,24-11,33 campo Novegro; 15 aprile 2000, turno 7/15 durata 10,30-11,35 campo Comasina di Milano. Ghidini Roberto - Capo A30) in Milano nei seguenti giorni: 29 gennaio 2000, turno 7/14 accertata dalle ore 09,30 alle ore 10,45; 6 marzo 2000, turno 14/23 accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00; 25 marzo 2000, turno 7/15 accertata dalle ore 10,24 alle ore 11,33; 9 ottobre 1999, turno 8/16 (un'ora di straordinario) accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,23; 6 novembre 1999, turno 8/15 (un'ora di straordinario) accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,27. Giustizieri Giovanni - Capo A33) per i seguenti episodi - in Milano: 17 ottobre 1998, turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,11 campo Segrate; 14 novembre 1998, turno 7/14 durata partita 10,10 - 11,10 campo Segrate; 28 novembre 1998, turno 7/14 durata partita 10,05 - 11,20 campo Segrate; 27 febbraio 1999, turno 7/15 durata partita 10,45 - 12,06 campo Castelletto Settimo Milanese; 6 marzo 1999, turno 7/14 durata partita 10,10 - 11,10 campo Segrate; 16 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata partita 10,30-11,38 stadio comunale di Assago; 4 dicembre 1999, turno 7/15 durata 10,45-11,53 stadio Milano Colombo; 4 marzo 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,28 stadio comunale Novegro; Labigi Vittorio - Capo A66) in Milano il 3 ottobre 1998, 10 ottobre 1998, 17 ottobre 1998. Lagana' Antonino - Capo A34) in Milano nei seguenti giorni: 25 febbraio 2000, turno 15/23 in straordinario accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00; 2 ottobre 1999, turno 7/15 in straordinario durata partita 10,00-11,13 in Milano campo Ausonia, via Lombroso zona Vittoria; 30 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata 10,45-11,55 stadio Carraro di Milano; 27 novembre 1999, turno 7/15 durata 10,15-11,27 stadio comunale di Novegro; 15 gennaio 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,30 stadio comunale Novegro; 22 gennaio 2000, turno 7/14 durata 10,45-11,58 stadio Pozzo in Milano; 29 gennaio 2000, turno 7/15 durata 9,30-10,45 campo Saini Milano; 4 marzo 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,28 stadio comunale di Novegro. Loffredi Marco - Capo A36) in Milano nei seguenti giorni: 6 marzo 2000, turno 15/24 accertata dalle ore 21,00 alle ore 24,00; 23 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durante il quale effettuava una partita di calcio di durata 10,25-11,40 presso lo stadio comunale di Novegro; 27 novembre 1999, turno 7/15 partita di calcio durata dalle 10,15 alle 11,27 presso lo stadio comunale di Novegro Grazia Deledda. Maicu Paolo - Capo A37) in Milano nei giorni qui di seguito indicati: 25 febbraio 2000, turno 14/23 accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00; 6 marzo 2000, turno 15/23 accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00. Marino Vincenza - Capo A38) in Milano nel giorno 23 aprile 2000 accertata alle ore 23,00. Martellini Giacomo - Capo A39) in Milano nei seguenti giorni: 8 aprile 1999, turno 14/20 accertata dalle ore 18,40 alle ore 19,54; 29 gennaio 2000, turno 07/15 accertata dalle ore 09,30 alle ore 10,45; 19 febbraio 2000, turno 07/15 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,27; 4 marzo 2000, turno 08/15 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,28; 8 aprile 2000, turno 07/14 accertata dalle ore 10,15 alIe ore 11,29. Migliaccio Domenico Mario - Capo A40) in Milano nei seguenti giorni: 2 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata partita 10-11,13 campo Ausonia, via Lombroso, Milano; 23 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata 10,25-11,40 stadio comunale Novegro; 30 ottobre 1999, turno 7/15 in straordinario durata 10,45-11,45 stadio Carraro Milano; 4 dicembre 1999, turno 8/15 durata 10,45-11,53 stadio Colombo Milano. Musolino Aldo - Capo A42) in Milano nei seguenti giorni: 2 ottobre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata partita 10,00-11,13 stadio Ausonia, via Lombroso, zona Vittoria Milano; 9 ottobre 1999, turno 7/15 in straordinario durata 10,15-11,25 stadio comunale Novegro; 13 novembre 1999, turno 7/15 (un'ora straordinario) durata 9,15-10,27 stadio Novegro; 15 gennaio 2000, turno 8/15 durata 10,15-11,30 stadio Novegro; 19 febbraio 2000, turno 7/14 durata partita 10,15-11,27 stadio Novegro. Orlando Antonino Jr., nato a Roma il 29 maggio 1970, Capo A43) in Milano nei seguenti giorni: 25 febbraio 2000, accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00; 6 marzo 2000, accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00. Pagano Patrizio - Capo A44) In Milano per il solo episodio: 25 febbraio 2000, turno 15/23 accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00. Paone Antonio - Capo A46) in Milano nei seguenti giorni: 3 ottobre 1998, turno 8/15 durata partita 10,00 - 11,15 campo Segrate; 27 marzo 1999, turno 7/15 durata partita 10,30 - 11,45 campo Milano i Martinitt; 23 ottobre 1999, turno 8/16 durata partita 10,25 - 11,40 campo comunale Novegro; 6 novembre 1999, turno 10/14 durata 10,15 - 11,27 campo comunale Novegro; 27 novembre 1999, turno 7/15 durata 10,15 - 11,27 campo comunale Novegro; 22 gennaio 2000, turno 7/14 durata 10,45 - 11,58 stadio Pozzo Milano; 29 gennaio 2000, turno 7/15 durata 9,30 - 10,45 campo Saini Milano; 19 febbraio 2000, turno 7/14 durata partita 10,15 - 11,27 campo Novegro. Passaro Mario - Capo A48) in Milano nel giorno 22 marzo 2000 accertata dalle ore 00,40 alle ore 05,00. Patrizi Nazareno - Capo C) reato di cui all'art. 328 c.p.. Pochintesta Lorenzo - Capo A50) per il solo episodio in Milano 20 febbraio 2000, turno 15/23 assenza accertata dalle ore 21,00 alle ore 23,00. Preziosi Roberto - Capo A52) in Milano nei seguenti giorni: 31 ottobre 1998, turno 8/15 durata partita 10,00 - 11,10 campo comunale di Segrate; 14 novembre 1998, turno 7/14 durata partita 10,00 - 11,10 campo Segrate; 21 novembre 1998, turno 7/14 durata partita 10,47 - 12,00 campo Milano USSL; 23 ottobre 1999, turno 8/16 (un'ora di straordinario) durata partita 10,25-11,40 campo comunale Novegro; 6 novembre 1999, turno 7/15 (un'ora di straordinario) durata 10,15-11,27 campo comunale Novegro; 13 novembre 1999, turno 7/16 (un'ora di straordinario) durata 9,15-10,27 campo comunale Novegro; 4 dicembre 1999, turno 8/15 durata 10,45-11,53 campo Colombo Milano; 22 gennaio 2000, turno 7/15 durata 10,45-11,58 campo Pozzo Milano; 12 febbraio 2000, turno 8/15 durata 9,30-10,42 campo Saini Milano; 19 febbraio 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,27 campo comunale Novegro; 26 febbraio 2000, turno 7/15 durata 10,45-11,20 campo Colombo Milano; 4 marzo 2000, turno 7/15 durata 10,15-11,28 campo comunale Novegro; 8 aprile 2000, turno 7/14 durata 10,15-11,29 campo comunale Novegro; 15 aprile 2000, turno 7/15 durata partita 10,30 - 11,35 campo Milano Comasina. Punzo Luigi - Capo A68) accertati in Milano il 17 ottobre 1998 e 28 novembre 1998. Quercia Andrea - Capo A53) per il solo episodio in Milano il giorno 11 marzo 2000, accertata dalle ore 10,00 alle ore 11,14. Rotondo Stefano: Capo A54) in Milano nei seguenti giorni: 4 dicembre 1999, turno 7/14 accertata dalle ore 10,45 alle ore 11,53 campo Colombo Milano; 11 dicembre 1999, turno 7/15 accertata dalle ore 10,20 alle ore 11,38 campo comunale di Novegro; 15 gennaio 2000, turno 8/15 accertata dalle ore 10,15 alle ore 11,30 campo comunale di Novegro. Talevi Riccardo - Capo A56) in Milano nei seguenti giorni: 17 ottobre 1998, turno 7/15 durata partita 10,00 - 11,11 campo Segrate; 31 ottobre 1998, turno 8/14 durata partita 10,00 - 11,10 campo Segrate; 27 febbraio 1999, turno 7/14 durata partita 10,45 - 12,06 campo Castelletto settimo Milanese; 16 ottobre 1999, turno 8/16 (un'ora di straordinario) durata partita 10,30-11,38 campo comunale di Assago; 11 dicembre 1999, turno 7/14 durata 10,20-11,38 campo comunale Novegro; 12 febbraio 2000, turno 7/14 durata 9,30-10,42 campo Saini Milano; 23 aprile 2000, turno 21/7 assenza accertata alle ore 23,00. Vitelli Massimo - Capo A60) in Milano nel giorno 25 febbraio 2000, accertata dalle ore 22,19 alle ore 22,21; dalle ore 22,33 alle ore 22,34 - in orario Zulu. Rilevato che in data 9 marzo 2006 e' entrata in vigore la legge n. 46/2006, il cui art. 10 impone che venga dichiarata l'inammissibilita' dell'appello proposto dal p.m. prima dell'entrata in vigore della stessa legge, dandogli facolta' di proporre ricorso per Cassazione contro la stessa sentenza. Si tratta di una norma transitoria, che tende ad equiparare la situazione dei processi per i quali e' gia' stato proposto l'appello a quella dei processi per i quali, dai 9 marzo 2006, vige il divieto di appello avverso le sentenze di proscioglimento, come introdotto dall'art. 1 della stessa legge, che ha modificato l'art. 593 c.p.p.. Rilevato che, all'udienza del 15 marzo 2006, il P.G., in via preliminare, ha proposto eccezione di illegittimita' costituzionale della normativa richiamata con riferimento agli artt. 3, 111 e 112 della Costituzione come da motivi depositati e allegati alla presente ordinanza, da intendersi parte integrante,. La questione e' sicuramente rilevante, perche' l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale delle norme indicate consentirebbe l'esame del gravame, da dichiarare altrimenti inammissibile, non avendo il p.m. proposto nuove prove ex all'art. 593, n. 2, nella nuova formulazione. Quanto alla non manifesta infondatezza, la Corte ritiene di poterne individuare la ricorrenza esclusivamente con riferimento agli artt. 3 e 111 della Costituzione, condividendo integralmente i motivi addotti dal p.g. nell'esposizione scritta qui allegata, da intendersi compiutamente richiamati e trascritti. Non ritiene invece pertinente il riferimento all'art. 112 Cost. dal momento che la Corte costituzionale ha gia' manifestato il convincimento che il potere di appello del p.m. non puo' riportarsi all'obbligo di esercitare l'azione penale, come se ne fosse una proiezione necessaria ed ineludibile (Corte cost. sent. 280/1995). Gli argomenti addotti dalla difesa in data odierna, a sostegno del rigetto dell'eccezione, pur non privi di pregio, non valgono ad elidere la non manifesta infondatezza dell'eccezione sollevata dal p.m., nei confronti della quale questa Corte deve limitarsi ad esprimere una valutazione delibativa preliminare, senza necessariamente spingersi ad un esame approfondito della questione sollevata, al fine di superare ogni dubbio sulla eventuale illegittimita' costituzionale della normativa invocata, esprimendo un giudizio, che e' e deve essere riservato esclusivamente alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 10, legge 20 febbraio 2006, n. 46, in riferimento agli artt. 3 e 111, comma 2 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso. Dispone, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e ordina a cura della cancelleria che l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato. Si da' atto che la presente ordinanza viene letta in pubblica udienza. Milano, addi' 16 marzo 2006 Il Presidente: Chiarolla Allegato PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D'APPELLO DI MILANO Alla Corte d'Appello di Milano IV Sezione Penale Procedimento n. 4965/2005 R.G. APP. - a carico di ACIERNO Marco + 38 - udienza del 15.03.2006 Istanza del Procuratore Generale ai sensi dell'art. 23, comma 1, della legge 11 marzo 1953, n. 87 questione di costituzionalita' Sommario 1. PREMESSA IN FATTO | Pag. 67 --------------------------------------------------------------------- 2. DISPOSIZIONI DELLA LEGGE VIZIATE DA ILLEGITTIMITA' | COSTITUZIONALE (ARTICOLO 23, COMMA 1, LETTERA A), DELLA | LEGGE 11 MARZO 1953, n. 87) | " 68 --------------------------------------------------------------------- 3. DISPOSIZIONI DELLA COSTITUZIONE CHE SI ASSUMONO VIOLATE| (ARTICOLO 23, COMMA 1, LETTERA B), DELLA LEGGE 11 MARZO | 1953, n. 87 | " 68 --------------------------------------------------------------------- 4. LE PRONUNCE DELLA CORTE COSTITUZIONALE PERTINENTI AL | CASO | " 69 --------------------------------------------------------------------- 4.1.1. In generale | " 69 --------------------------------------------------------------------- 4.1.2. Le pronunce relative al giudizio abbreviato | " 70 --------------------------------------------------------------------- 4.1.3. Il doppio grado di giurisdizione di merito per | l'imputato non e' oggetto di un diritto elevato a rango | costituzionale e non e' garantito, neppure, da convenzioni| internazionali | " 71 --------------------------------------------------------------------- 5. I PROFILI DI INCOSTITUZIONALITA' DENUNCIATI | " 71 --------------------------------------------------------------------- 5.1.Violazione dell'art. 111, comma 2, della Costituzione,| per cui {ogni processo si svolge nel contraddittorio tra | le parti, in condizioni di parita} | " 71 --------------------------------------------------------------------- 5.1.1. Premessa sulle {condizioni di parita} | " 72 --------------------------------------------------------------------- 5.1.2. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero | e imputato | " 72 --------------------------------------------------------------------- 5.1.3. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero | e parte civile | " 72 --------------------------------------------------------------------- 5.1.4. Conclusioni sulla disparita' di trattamento | " 74 --------------------------------------------------------------------- 5.2. Violazione dell'art. 3 della Costituzione (sotto il | profilo della irragionevolezza delle norme) considerazioni| di ordine generale | " 74 --------------------------------------------------------------------- 5.3. Assenza di giustificazione per la disparita' di | trattamento del pubblico ministero rispetto alla parte | civile | " 75 --------------------------------------------------------------------- 5.4. Infondatezza di tutte le giustificazioni portate alla| disparita' di trattamento del pubblico ministero rispetto | all'imputato | " 75 --------------------------------------------------------------------- 5.4.1. Diritto della persona accusata alla rapida | definizione del processo (art. 111, comma 3 della | Costituzione) | " 75 --------------------------------------------------------------------- 5.4.2. Diritto dell'imputato ad avere - sempre e | comunque - un doppio grado di giudizio di merito, in caso | di condanna | " 76 --------------------------------------------------------------------- 5.4.3. Patimento derivante dal processo | " 76 --------------------------------------------------------------------- 5.4.4. Principi del contraddittorio, dell'oralita' e | dell'immediatezza | " 76 --------------------------------------------------------------------- 5.4.5. Principio della colpevolezza al di la' di ogni | ragionevole dubbio | " 77 --------------------------------------------------------------------- 5.4.6. Affermazioni della Cassazione | " 77 --------------------------------------------------------------------- 5.5. Violazione dell'art. 112 della Costituzione, per cui | il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione | penale | " 78 --------------------------------------------------------------------- 6. LA RILEVANZA DELLE QUESTIONI PROPOSTE - LE RAGIONI PER | CUI IL GIUDIZIO NON PUO' ESSERE DEFINITO INDIPENDENTEMENTE| DALLA LORO RISOLUZIONE (ART. 23, COMMA 2, LEGGE 11 MARZO | 1953, n. 87) | " 79 --------------------------------------------------------------------- 7. RICHIAMO ALLE ORDINANZE CHE RISULTANO - AD OGGI - | EMESSE DALLA CORTE D'APPELLO DI MILANO SUL PUNTO | " 79 --------------------------------------------------------------------- 8. CONCLUSIONI | " 80 1. Premessa in fatto Il Tribunale di Milano, con sentenza in data 17 febbraio 2005-11 aprile 2005, ha assolto dal delitto di truffa aggravata ai danni dell'ENAV (Ente Nazionale Assistenza Volo) i seguenti imputati: 1. ACIERNO MARCO 2. AMODEI GIUSEPPE 3. ARSI' MAURO 4. BOLOGNINI ANTONELLO 5. CAMPANELLA SANDRO 6. CARLINI GIANLUCA 7. CERINI ROBERTO 8. CICCARESE ANTONIO 9. CIOCIONI RENATO 10. CIOFI MAURO 11. COTICONI STEFANO 12. D'ORAZIO ALESSANDRO 13. DE CHIARA PAOLA 14. DI SOMMA SEBASTIANO 15. ESPOSITO GIUSEPPE 16. FILONZI ALESSANDRO 17. GANDINI ALESSIO 18. GHIDINI ROBERTO 19. GIUSTIZIERI GIOVANNI 20. LABIGI VITTORIO 21. LAGANA' ANTONINO 22. LOFFREDI MARCO 23. MAICU PAOLO 24. MARINO VINCENZA 25. MARTELLINI GIACOMO 26. MIGLIACCIO DOMENICO MARIO 27. MUSOLINO ALDO 28. ORLANDO ANTONINO 29. PAGANO PATRIZIO 30. PAONE ANTONIO 31. PASSARO MARIO 32. PATRIZI NAZARENO 33. POCHINTESTA LORENZO 34. PREZIOSI ROBERTO 35. PUNZO LUIGI 36. QUERCIA ANDREA 37. ROTONDO STEFANO 38. TALEVI RICCARDO 39. VITELLI MASSIMO Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, con atto del 16 maggio 2005, ha proposto appello contro tutti gli imputati, limitatamente ad una parte degli episodi di truffa contestati. Per la trattazione del processo d'appello e' stata fissata l'udienza del 15 marzo 2006. Il 9 marzo 2006 e' entrata in vigore la legge 20 febbraio 2006, n. 46, che esclude la possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento. L'art. 10 della legge prevede l'applicabilita' delle nuove norme ai processi in corso. 2. Disposizioni della legge viziate da illegittimita' costituzionale (articolo 23, comma 1, lettera a), della legge 11 marzo 1953, n. 87) Si propone, quindi, questione di costituzionalita' dell'art. 593, comma 2, del codice di procedura penale, modificato dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46. Modifiche al codice di procedura penale in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 febbraio 2006, n. 44. Si riporta il testo dell'articolo: Articolo 593 del codice di procedura penale (modificato dall'art. 1 della legge) - (Casi di appello) 1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna. 2. L'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova e' decisiva. Qualora il giudice, in via preliminare, non disponga la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale dichiara con ordinanza l'inammissibilita' dell'appello. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento le parti possono proporre ricorso per cassazione anche contro la sentenza di primo grado. 3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali e' stata applicata la sola pena dell'ammenda». Si propone inoltre questione di costituzionalita' dell'articolo 10, commi 1, 2 e 3 della legge n. 44/2006: 1. La presente legge si applica ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della medesima. 2. L'appello proposto contro una sentenza di proscioglimento dall'imputato o dal pubblico ministero prima della data di entrata in vigore della presente legge viene dichiarato inammissibile con ordinanza non impugnabile. 3. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento di inammissibilita' di cui al comma 2, puo' essere proposto ricorso per cassazione contro le sentenze di primo grado. Omissis 3. Disposizioni della Costituzione che si assumono violate (articolo 23, comma 1, lettera b), della legge 11 marzo 1953, n. 87) Si assume la violazione: - dell'art. 3 della Costituzione (sotto il profilo della irragionevolezza delle norme); - dell'art. 111, comma 2, della Costituzione, per cui «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita»; - dell'art. 112 della Costituzione, per cui il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. 4. Le pronunce della Corte Costituzionale pertinenti al caso 4.1.1. In generale La Corte Costituzionale, fin dalla sentenza n. 190/l970 ha puntualizzato questi concetti: 1. Il pubblico ministero, in via di principio, non puo' essere considerato come parte in senso stretto. Magistrato appartenente all'ordine giudiziario, collocato come tale in posizione di istituzionale indipendenza rispetto ad ogni altro potere, egli non fa valere interessi particolari, ma agisce esclusivamente a tutela dell'interesse generale all'osservanza della legge: persegue, come si usa dire, fini di giustizia. 2. Nel processo penale si controverte intorno alla responsabilita' dell'imputato, e la realta' effettuale, della quale l'interprete del diritto non puo' non tener conto, e' che in questa controversia i due poli del contraddittorio si incentrano, appunto, nel pubblico ministero da un lato, nell'imputato e nel suo difensore dall'altro. 3. La netta distinzione fra gli interessi a tutela dei quali essi rispettivamente agiscono e fra i fini che essi conseguentemente perseguono giustifica la conclusione che nella dialettica del processo e di fronte al giudice i predetti soggetti sono da considerare parti. 4. Va peraltro posto in rilievo che questa conclusione non comporta la conseguenza che i poteri processuali del pubblico ministero debbano sempre ed in ogni caso essere pari a quelli dell'imputato e del suo difensore. La peculiare posizione istituzionale e la funzione assegnata al primo ovvero esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia e di rilievo costituzionale possono giustificare una disparita' di trattamento: ma la giustificano, ovviamente, solo quando in quella posizione, in quella funzione od in quelle esigenze essa possa trovare una ragionevole motivazione. In seguito, la Corte Costituzionale ha ulteriormente precisato quanto segue (limitando il richiamo alle pronunce piu' rilevanti): 1. Il pubblico ministero e' organo di giustizia, preposto, nell'interesse generale, alla difesa dell'ordinamento, con il compito di provvedere alla persecuzione dei reati, sicche' i maggiori termini a lui riconosciuti per proporre impugnazione (nel codice previgente) trovavano giustificazione razionale nella strutturazione stessa dell'organo di accusa (n. 136/1971). 2. Il potere di impugnazione e' un'estrinsecazione dell'azione penale (n. 177 del 1971); tuttavia, il potere di appello del pubblico ministero non puo' riportarsi all'obbligo di esercitare l'azione penale come se di tale obbligo esso fosse una proiezione necessaria e ineludibile (n. 280/1995). 3. Il principio della parita' fra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita' tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato e del suo difensore. Una diversita' di trattamento rispetto a tali poteri puo', invero, risultare giustificata sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia: ma, in ogni caso, il diverso trattamento riservato al pubblico ministero, per essere conforme a Costituzione, dovra' trovare una ragionevole motivazione proprio in quella peculiare posizione o in quella funzione o in quelle esigenze appena richiamate (n. 363/1991). 4. Il principio di parita' tra accusa e difesa deve ritenersi rispettato quando la disciplina del procedimento sia tale da garantire una partecipazione dell'organo della pubblica accusa alle varie fasi del processo secondo forme adeguate con modalita' rispondenti alla natura particolare dell'organo (n. 432/1992). 5. La configurazione dei poteri del pubblico ministero rimane affidata alla legge ordinaria, che potrebbe essere censurata per irragionevolezza solo se i poteri stessi, nel loro complesso, dovessero risultare inidonei all'assolvimento dei compiti previsti dall'art. 112 della Costituzione (n. 98/1994). 6. E', quindi, infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 322-bis cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero possa proporre appello anche contro le ordinanze in materia di sequestro conservativo; infatti, la peculiare posizione del pubblico ministero e la piena autonomia del sistema processuale penale rispetto a quello civile comportano che un difetto di simmetria tra istituti in qualche modo analoghi dell'uno e dell'altro procedimento non costituisce, di per se', indice di irragionevolezza (n. 426/1998). 7. Il nuovo testo dell'art. 111, comma 2 della Costituzione, inserito dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 - nel conferire veste autonoma ad un principio, quale quello di parita' delle parti, pacificamente gia' insito nel pregresso sistema dei valori costituzionali - non ha inciso sulla validita' dell'affermazione, cui si e' costantemente ispirata la giurisprudenza della Corte, in forza della quale il principio di parita' tra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita' tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell'imputato, potendo una disparita' di trattamento risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia (n. 347/2002). 4.1.2. Le pronunce relative al giudizio abbreviato La Corte Costituzionale ha ritenuto ragionevole il limite all'appello del pubblico ministero contro le sentenze di condanna, nel giudizio abbreviato, salvo il caso di sentenza che modifica il titolo del reato (art. 443, comma 3, cod. proc. pen.), per le seguenti ragioni: a) la natura speciale del rito; b) il fatto che il pubblico ministero ha comunque realizzato la pretesa punitiva dello Stato, ottenendo una sentenza di condanna; c) l'obiettivo primario di una rapida e completa definizione dei processi svoltisi in primo grado secondo rito abbreviato. Si richiamano solo le seguenti pronunce: 1. n. 46/2004, sull'impossibilita' del pubblico ministero di proporre appello incidentale, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479; 2. n. 165/2003, n. 347/2002 1), n. 421/2001, n. 115/2001 sull'impossibilita' del pubblico ministero di proporre appello principale contro le sentenze di condanna, anche dopo le modifiche introdotte dalla legge sopra citata; 3. n. 363/1991, sull'impossibilita' del pubblico ministero di proporre appello, prima delle modifiche introdotte con la sentenza sopra citata 2). 4.1.3. il doppio grado di giurisdizione di merito per l'imputata non e' oggetto di un diritto elevato a rango costituzionale e non e' garantito, neppure, da convenzioni internazionali La Corte costituzionale ha anche chiarito che: 1. Il doppio grado di giurisdizione non e' oggetto di un diritto elevato a rango costituzionale (n. 280/1995; n. 585/2000). 1. E' infondata la questione di incostituzionalita' dell'art. 443, comma 1, lett. b) cod. proc. pen. (nel testo all'epoca vigente, che prevedeva l'impossibilita' per il pubblico ministero e l'imputato di proporre appello nei confronti di sentenze che applicavano sanzioni sostitutive) cod. proc. pen. con riferimento agli articoli 2 e 10 della Costituzione e all'art. 2, comma 1, del protocollo addizionale n. 7 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e della liberta' fondamentali, adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984 3), ratificato dal Presidente della Repubblica Italiana in seguito ad autorizzazione conferitagli dalla legge 9 aprile 1990, n. 98, ed entrato in vigore per l'Italia il 1° febbraio 1992. Infatti, il tenore dell'art. 2, comma 1, del protocollo addizionale n. 7, anche attraverso il confronto con quanto gia' disposto in tema di impugnazioni dall'art. 14, comma 1 4), del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 19 dicembre 1966, ratificato dall'Italia con legge 25 ottobre 1977, n. 881, non legittima una interpretazione per cui il riesame ad opera di un tribunale superiore debba coincidere con un giudizio di merito. La formulazione dell'art. 2, nel demandare al legislatore interno ampi spazi per la disciplina dell'esercizio del diritto all'impugnazione, non esclude, infatti, che il principio si sostanzi nella previsione del ricorso in Cassazione, gia' previsto dalla Costituzione italiana. 5. I profili di incostituzionalita' denunciati 5.1. Violazione dell'art. 111, comma 2, della Costituzione, per cui "ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita'" 5.1.1. Premessa sulle "condizioni di parita'" Si e' affermato che le "condizioni di parita'" previste dall'art. 111, comma 2, della Costituzione, riguarderebbero soltanto i poteri delle parti per quanto concerne le prove e non, quindi, i poteri d'impugnazione. Tale lettura della norma costituzionale e' restrittiva ed ignora che i poteri delle parti, quanto alle prove, sono garantiti dal principio del contraddittorio (esplicitamente richiamato dallo stesso comma 2 e dai successivi commi dell'art. 111). 5.1.2. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero e imputato La "parita'" tra pubblico ministero e imputato (che si e' voluta introdurre con le nuove norme) e' solo formale. E' assolutamente ovvio, infatti, che l'imputato non ha alcun interesse ad appellare contro le sentenze di proscioglimento. D'altra parte, l'art. 568 cod. proc. pen. n. 4 sancisce espressamente "per proporre impugnazione e' necessario avervi interesse". La Cassazione ha interpretato sempre in senso restrittivo l'interesse dell'imputato a impugnare un proscioglimento ex art. 530, comma 2 cod. proc. pen. 5). In altri termini, non e' possibile porre sullo stesso piano la situazione del pubblico ministero e dell'imputato rispetto alla sentenza di proscioglimento e la situazione del pubblico ministero e dell'imputato rispetto alla sentenza di condanna: a) in un primo caso vi sono una parte totalmente soccombente (il pubblico ministero rispetto ad un capo di sentenza di proscioglimento) ed una parte sostanzialmente vincitrice, tranne casi marginali (l'imputato, rispetto ad un capo di sentenza di proscioglimento); b) in un secondo caso, vi sono due parti parzialmente soccombenti (il pubblico ministero e l'imputato rispetto ad un capo di sentenza di condanna). La norma, quindi, limita il potere di impugnare una sentenza di proscioglimento nei confronti dell'unica parte che ha reale interesse a farlo, vale a dire al pubblico ministero. 5.1.3. Disparita' di trattamento fra pubblico ministero e parte civile La legge 46/2006 espressamente mantiene il diritto della parte civile di proporre appello contro la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice di primo grado. Cio' si ricava in modo chiaro dall'articolo 6 della legge, che riconosce alla parte civile il diritto di impugnare, ai fini civili, le sentenze di condanna o di proscioglimento, eliminando dal teso dell'articolo 576 cod. proc. pen. ogni richiamo e parificazione del potere di proporre impugnazione del pubblico ministero. E se la parte civile non decide di proporre direttamente ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, ai sensi dell'art. 569, comma 1, cod. proc. pen., il normale mezzo di impugnazione di cui dispone e' l'appello. Quindi, il pubblico ministero (parte pubblica) viene a trovarsi in condizione deteriore rispetto alla parte civile (parte privata), la quale, sia pure ai limitati fini civili, puo' appellare le sentenze di proscioglimento. Non sono condivisibili - al riguardo - le considerazioni svolte dalla Corte d'Appello di Milano - II Sezione Penale - ordinanza del 09.03.2008, secondo la quale: ... differentemente dall'opinione del Procuratore Generale, la parte civile non e' titolare, dopo la novella legislativa, di poteri diversi e piu' incisivi del pubblico ministero in tema di impugnazione della sentenza di primo grado, essendo piuttosto vero il contrario. E', infatti, da ritenere che detta parte processuale abbia ora, al pari dell'accusa pubblica, solo il potere di ricorrere per cassazione sia che la decisione di prime cure abbia contenuto di proscioglimento, sia che abbia contenuto di condanna: tanto e' dato dedurre, alla luce del principio di tassativita' dei mezzi di impugnazione, da un canto dall'abrogazione delle parole "con il mezzo previsto dal pubblico ministero" e dall'altro dalla presenza nella Costituzione dell'art. 111, 7 comma, a' termini del quale «contro le sentenze... pronunziate dagli organi giurisdizionali ordinari... e' sempre ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge». Che la parte civile possa proporre appello contro le sentenze di proscioglimento, anche nella nuova formulazione del citato art. 576, si desume non solo dalle stesse intenzioni palesate del legislatore nell'attuare tale modifica 6), ma altresi' dai seguenti argomenti: - e' rimasta invariata la previsione che permette l'appello della parte civile contro il punto della sentenza di primo grado che attiene alla provvisoria esecuzione delle condanne in materia risarcitoria (mancata pronuncia o rigetto); cosicche', a meno di proporre un'abrogazione implicita dell'art. 600, comma 1 cod. proc. pen., sarebbe davvero singolare che la legge negasse alla parte civile il potere di appellare le sentenze in ordine ai capi civili e lo consentisse poi con esclusivo riferimento all'esecuzione provvisoria negata 7); - l'art. 10 della L. 46/06 stabilendo la disciplina transitoria non dice alcunche' riguardo agli appelli proposti dalla parte civile prima dell'entrata in vigore della legge stessa, mentre contempla una laboriosa dinamica quanto ai gravami proposti da imputato e pubblico ministero. Questa mancata previsione implica necessariamente che i poteri di impugnazione della parte civile sono rimasti invariati. L'unica interpretazione possibile, quindi, dell'art. 576 cod. proc. pen., cosi' come novellato dalla legge n. 46/2006 e' che la parte civile puo' continuare a proporre appello contro la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice di primo grado, esattamente come avveniva prima della promulgazione di tale legge: non avrebbe infatti avuto senso mantenere questa disposizione, eliminando soltanto l'inciso che equiparava i poteri della parte civile a quelli del pubblico ministero, se l'art. 576 cod. proc. pen. fosse stato meramente ripetitivo dell'art. 568, comma 2. 5.1.4. Conclusioni sulla disparita' di trattamento In definitiva: davanti alla sentenza di primo grado, le parti processuali si trovano - attualmente - in una situazione di assoluta disparita' di trattamento. Tale disparita' di trattamento non e' eliminata dalla possibilita' di proporre appello contro una sentenza di proscioglimento nel caso previsto dall'art. 603, comma 2, cod. proc. pen. (e cioe' nel caso di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado). Si tratta infatti di ipotesi del tutto residuale, che non incide sulla normativa nel suo complesso. Va rimarcato, infine, che, come si e' visto sopra, la Corte Costituzionale ha affermato che la sentenza di condanna emessa in primo grado secondo il rito abbreviato segna comunque la realizzazione della pretesa punitiva fatta valere nel processo dal pubblico ministero (sent. 363/1991). A contrario, posto che con la sentenza di proscioglimento la domanda di punizione del procuratore della repubblica e' respinta, la preclusione del potere di appello del procuratore della repubblica contro di essa crea una ingiustificata disparita' fra le parti a danno di quest'ultimo. 5.2. Violazione dell'art. 3 della Costituzione (sotto il profilo della irragionevolezza delle norme) - considerazioni di ordine generale Va rimarcato che: 1. Soltanto la salvaguardia di un qualche interesse di rilievo costituzionale potrebbe rendere ragionevole una tale asimmetria fra i poteri d'impugnazione della parte pubblica e di quella privata (si veda Corte Costituzionale, n. 110/1986). 2. La disparita' di trattamento - denunciata sopra - e', invece, del tutto irragionevole, come ben e' stato rilevato dal Presidente della Repubblica, nel messaggio alle Camere del 20.01.2006, con cui ha rinviato la prima versione della legge in esame 8). 3. La Corte Costituzionale (come s'e' e' visto in precedenza) ha piu' volte chiarito che il potere d'impugnazione del pubblico ministero non costituisce estrinsecazione necessaria dei poteri inerenti all'esercizio dell'azione penale, ma ha anche piu' volte ribadito che il principio della parita' tra accusa e difesa puo' sopportare una diminuzione dei poteri processuali del pubblico ministero solo nei limiti della ragionevolezza. 4. Tali limiti nella nuova formulazione dell'art. 593, sono stati varcati. 5. Proprio dall'esame delle piu' recenti pronunce la Corte Costistuzionale ha affrontato la questione della legittimita' costituzionale degli artt. 443, comm. 3 e 595 cod. proc. pen., nella parte in cui non consentono al pubblico ministero di proporre appello sia in via principale che in via incidentale avverso le sentenze di condanna emesse a seguito di giudizio abbreviato, appare evidente che i limiti della ragionevolezza sono stati individuati nella particolare caratteristica del rito abbreviato. 6. La nuova disciplina toglie al pubblico ministero la possibilita' di appellare tutte le sentenze di proscioglimento, senza alcuna differenza fra il giudizio abbreviato ed il giudizio ordinario. L'interesse dell'organo dell'accusa ad ottenere una sentenza di merito giusta e' quindi sacrificato, senza che sia possibile individuare alcun interesse contrario, costituzionalmente garantito, che giustifichi tale sacrificio. 5.3. Assenza di giustificazione per la disparita' di trattamento del pubblico ministero rispetto alla parte civile Il fatto che la modifica degli articoli 593 e 576 cod. proc. pen. attribuisca alla parte civile, e non al pubblico ministero, la facolta' di proporre appello contro la sentenza di proscioglimento di primo grado, costituisce una grave e irragionevole violazione dei principi stabiliti dagli articoli 111 e 112 della Costituzione. Ogni impugnazione della sentenza penale ritarda la definizione del processo e quindi comporta un costo per il bene, costituzionalmente protetto, della ragionevole durata. Tale costo e' tuttavia giustificato, entro limiti stabiliti dal legislatore ordinario, dall'esigenza di porre rimedio all'eventuale ingiustizia della sentenza evitando che divenga definitiva senza possibilita' di controllo, e consentendone la riforma secondo giustizia. Anche la sentenza di proscioglimento emessa dal giudice di primo grado puo' essere ingiusta, come la legge n. 46/2006 riconosce, mantenendo alla parte civile la facolta' di impugnarla con il mezzo ordinario dell'appello. Il fatto che invece sia negata al pubblico ministero la possibilita' di proporre appello contro tale sentenza non ha alcuna giustificazione ragionevole che possa spiegare la disparita' di trattamento. considerato che: - la parte civile nel processo penale persegue un interesse meramente risarcitorio che presuppone la commissione del reato da parte dell'imputato e che puo' essere azionato anche davanti al giudice civile; - il pubblico ministero e' la parte pubblica del processo penale, esercita obbligatoriamente l'azione penale e istituzionalmente fa valere, anche in sede di impugnazione, la pretesa punitiva dello Stato e l'interesse pubblico al ripristino dell'ordine giuridico violato dal reato. 5.4. Infondatezza di tutte le giustificazioni portate alla disparita' di trattamento del pubblico ministero rispetto all'imputato 5.4.1. Diritto della persona accusata alla rapida definizione del processo (art. 119, comma 3 della Costituzione). Tale diritto non puo' realizzarsi con l'esclusivo sacrificio del potere d'appello della parte pubblica, senza infrangere l'altro precetto costituzionale, di rango pari a quello della rapidita', della parita' delle parti nel processo (art. 111, comma 2). Un ragionevole contemperamento dei due valori (parita' delle parti e rapidita) avrebbe potuto essere realizzato, e non solo per il rito abbreviato, escludendo il potere di appello del pubblico ministero avverso le sentenze di condanna, potere che invece l'art. 593, comma 1 cod. proc. pen. espressamente conserva. 5.4.2. Diritto dell'imputato ad avere - sempre e comunque - un doppio grado di giudizio di merito, in caso di condanna. Sul punto, vi e' un preciso riferimento nei lavori preparatori 9). Si osserva che tale diritto non e' riconosciuto ne' dalla Costituzione, ne' dalle Convenzioni internazionali. Si e' gia' sottolineato che il comma 2 dell'art. 2 del Protocollo addizionale n. 7 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, adottato a Strasburgo, prevede espressamente che il diritto dell'imputato a far riesaminare la affermazione di colpevolezza da una giurisdizione superiore e' escluso quando tale affermazione provenga dalla giurisdizione piu' elevata o quando l'imputato sia stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento. Quest'ultimo inciso espressamente fa riferimento alla impugnazione di una prima sentenza di proscioglimento, che non puo' che provenire dalla parte pubblica. In ogni caso, tale (si ripete: preteso) diritto si sarebbe potuto realizzare con una completa riforma del sistema delle impugnazioni, piuttosto che con la sottrazione totale al pubblico ministero del potere di appellare le sentenze di proscioglimento. 5.4.3. Patimento derivante dal processo. Si e' sostenuto nei lavori preparatori che non si puo' ammettere che un individuo, gia' riconosciuto innocente al termine di un regolare processo, possa nuovamente essere assoggettato ai patimenti del processo penale (come affermato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti), per consentire al pubblico ministero di provare davanti ad un altro giudice che il giudice precedente si era sbagliato; e cio' in quanto, tenuto conto delle disparita' delle forze in gioco, si finisce per ingigantire la possibilita' che un innocente sia condannato. Tale affermazione: a) da un lato, si richiama ad affermazioni valide per ordinamenti processuali pienamente accusatori, in cui la sentenza non e' motivata; b) dall'altro non considera che la disparita' delle forze, dopo la sentenza di primo grado, non sussiste piu': l'accusa non puo' piu' perquisire, intercettare, sequestrare, puo' soltanto argomentare. Costituisce, quindi, una semplice petizione di principio l'affermazione per cui aumenta la possibilita' di errore giudiziario, con la facolta' del pubblico ministero di appellare sentenze di proscioglimento. 5.4.4. Principi dei contraddittorio, dell'oralita' e dell'immediatezza. Nei lavori preparatori si e' sostenuto che il giudice d'appello valuta soltanto le carte, a differenza del giudice di primo grado, e che e' quindi incongruo consentire a tale giudice di ribaltare una sentenza di proscioglimento. Tale argomentazione: a) non corrisponde a verita' per un buon numero di processi (gli appelli contro le sentenze pronunciate nel giudizio abbreviato); b) non spiega perche' "un giudizio sulle carte" di proscioglimento abbia maggior dignita' di un analogo giudizio di condanna; c) infine, prova troppo: portando tale argomento fino in fondo, si dovrebbe giungere all'inappellabilita' di tutte le sentenze 10). 5.4.5. Principio della colpevolezza al di la' di ogni ragionevole dubbio. Costituisce una semplice petizione di principio l'affermazione (pure contenuta nei lavori preparatori) secondo la quale una sentenza di proscioglimento farebbe sorgere comunque un "ragionevole dubbio" sulla colpevolezza, come previsto dall'art. 533, co. 1, cod. proc. pen. (nel testo introdotto dalla stesa legge n. 46/2006). Del resto, il dubbio derivante dalla difformita' di esito di due gradi di giudizio e' insito in un ordinamento che preveda piu' gradi di giurisdizione di merito ed esso potrebbe essere eliminato soltanto col giudizio di merito in unico grado. L'appellabilita' della sentenza di condanna da parte dell'imputato si fonda sulla ipotesi di una decisione di primo grado errata. Ed analoga ipotesi deve giustificare, per il principio di parita', l'appellabilita' delle sentenze di assoluzione). Si rimarca infine che - quotidianamente - sentenze di proscioglimento sono bollate d'irragionevolezza, dai media e dalle forze politiche: non si comprende perche', solo per limitare i poteri d'impugnazione del pubblico ministero, esse debbano essere presunte ragionevoli. 5.4.6. Affermazioni della Cassazione. Nei lavori preparatori alla legge e' contenuto un richiamo ad una sentenza delle sezioni Unite 11). Tale sentenza ha in realta' auspicato (paragrafo 7.1.3 della motivazione) l'opportunita' di una riperimetrazione delle opzioni decisorie consentite al giudice d'appello, chiamato a pronunciarsi sull'appello del pubblico ministero avverso la sentenza assolutoria di primo grado nel senso di qualificare in questo caso l'appello, ove non si concluda con la conferma dell'alternativa assolutoria, come giudizio di natura esclusivamente rescindente cui debba seguire un rinnovato giudizio di primo grado sul merito della responsabilita' 12). Come si vede, nessun auspicio di soppressione dell'appello del pubblico ministero contro le decisioni assolutorie puo' trarsi da questo autorevole obiter dictum. Peraltro, nella stessa sentenza delle Sezioni Unite, citata nei lavori preparatori, si legge (paragrafo 7.1.1) che sia il Protocollo addizionale n. 7 citato sopra che l'art. 14.5 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (reso esecutivo con l. 25 ottobre 1977, n. 881), secondo la prevalente dottrina e la consolidata giurisprudenza delle corti sopranazionali, nell'ipotesi di declaratoria di colpevolezza e di condanna in appello seguite al proscioglimento in prime cure, non esigono un ulteriore grado di giudizio di merito, essendo consentita la previsione legislativa del solo ricorso per cassazione per errori in procedendo o in iudicando. E' confermato, quindi, che non e' possibile in alcun modo affermare che la normativa, di cui si contesta la costituzionalita', abbia recepito un principio di diritto internazionale volto ad escludere l'appello del pubblico ministero avverso le sentenze di proscioglimento 13). 5.5. Violazione dell'art. 112 della Costituzione, per cui il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Va rilevato che: 1. nel giudizio abbreviato il divieto di appello per il pubblico ministero avverso una sentenza di condanna non intacca l'esercizio dei poteri di iniziativa penale proprio del pubblico ministero, in quanto questi ha pur sempre ottenuto una sentenza di condanna. 2. il divieto, invece, per il pubblico ministero di impugnare una sentenza di proscioglimento viene ad incidere concretamente su detto esercizio, impedendogli, anche in casi clamorosi, di ottenere una revisione del fatto da parte di altro giudice. 6. La rilevanza delle questioni proposte - le ragioni per cui il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla loro risoluzione (art. 23, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87) La rilevanza della questione proposta e' manifesta: - il Procuratore della Repubblica ha svolto, nel proprio atto d'appello, motivi in fatto; - se non fosse dichiarata incostituzionale la nuova formulazione dell'art. 593 cod. proc. pen., tali motivi in fatto non potrebbero - ovviamente - essere riproposti con un (eventuale) ricorso per cassazione. 7. Richiamo alle ordinanze che risultano - ad oggi - emesse dalla Corte d'Appello di Milano sul punto La questione di costituzionalita' - prospettata con la presente istanza - e' stata ritenuta non manifestamente infondata dalla Corte di Assise d'Appello di Milano - III Sezione, in data 13.03.2006. Altra Sezione della Corte d'Appello di Milano ha invece ritenuta la questione manifestamente infondata (Sezione II - 09.03.2006, gia' citata in precedenza, trattando le questioni concernenti la parte civile). Si ritiene opportuno riportare la parte piu' significativa di tale ordinanza: Il Procuratore Generale ha fatto richiamo sia all'art. 3 che all'art. 111, secondo comma, della Costituzione, il primo enunciante il principio di eguaglianza ed il secondo quello della "parita' delle parti" nel processo. Orbene, premesso che il riferimento all'art. 3 appare inconferente posto che, secondo il requirente, si tratterebbe di violazione dell'eguaglianza tra pubblico ministero ed imputato, per cui in realta' la censura si appunta esclusivamente sull'art. 112, secondo comma, la Corte ritiene in linea generale che il principio di parita' tra accusa e difesa non comporta necessariamente l'identita' dei poteri processuali del pubblico ministero e dell'imputato, potendo una disparita' di trattamento risultare piu' che giustificata dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero e dalla funzione allo stesso affidata ovvero da esigenze connesse all'amministrazione della giustizia. Il Codice di procedura penale e', come e' stato acutamente oggi osservato, ricco di casi in cui, all'inverso della situazione di cui oggi si discute, e' il pubblico ministero a vantare diritti e facolta' viceversa non riconosciuti all'imputato: l'affermare oggi l'incostituzionalita' dell'art. 593 CPP significherebbe vulnerare anche tali opposte situazioni. Il che il Collegio non si sente di affermare. Ma vi e' di piu'. Proprio con riferimento alla fattispecie che qui interessa, e cioe' la pretesa disparita' di trattamento tra pubblico ministero ed imputato, l'eccezione prende le mosse da una non condivisibile interpretazione del ruolo del primo nel processo penale, individuando l'interesse processuale dello stesso pubblico ministero esclusivamente nel conseguimento di una pronunzia di condanna: il che equivale a dimenticare, tanto per esemplificare ed ancora una volta facendo richiamo ad argomentazioni difensive, che il pubblico ministero deve svolgere "accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini" (art. 358 CPP), ovvero e' deputato a "vegliare all'osservanza delle leggi" nonche' alla «pronta e regolare amministrazione della giustizia» (art. 73 dell'ordinamento giudiziario), funzioni affatto diverse dall'ottenere sempre e comunque l'affermazione di responsabilita' dell'imputato. Riguardo a tali affermazioni, va rimarcato che: 1) Il riferimento all'art. 3 della Costituzione non e' inconferente, poiche' in tale articolo trova fondamento il principio secondo il quale situazioni uguali possono essere trattate in modo diverso, salva la manifesta irragionevolezza. 2) E' infondato l'argomento secondo il quale, poiche' il pubblico ministero, nel corso delle indagini preliminari ha numerosi poteri, negati all'imputato e al difensore, affermare l'incostituzionalita' dell'art. 593 cod. proc. pen. porterebbe a dubitare della costituzionalita' di tali poteri. Infatti: 3) L'art. 111 della Costituzione riguarda il "processo" davanti ad un giudice "terzo e imparziale" e non le indagini preliminari. 4) Come gia' si e' posto in evidenza, davanti al giudice le parti debbono avere poteri uguali, salvo che vi siano motivi ragionevoli e fondati su altri valori costituzionali, per negarli. Si tratta di un principio affermato costantemente dalla Corte costituzionale. 5) Infine, il pubblico ministero non ha interesse ad ottenere esclusivamente una sentenza di condanna: egli ha interesse ad ottenere una sentenza giusta (o almeno una sentenza che egli ritiene tale, nel rispetto del contraddittorio fra le parti). 8. Conclusioni Si chiede che la Corte d'Appello di Milano voglia dichiarare non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' del seguente articolo del codice di procedura penale, modificato dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilita' delle sentenze di proscioglimento, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 22 febbraio 2006 n. 44. Articolo 593, comma 2, del codice di procedura penale (modificato dall'art. 1 della legge) - (Casi di appello), nella parte in cui esclude la possibilita' per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento. Si chiede inoltre che la Corte d'Appello di Milano voglia dichiarare non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 10, commi 1, 2 e 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46. Gian Luigi FONTANA sostituto procuratore generale 1) Significative queste affermazioni: «per quanto attiene, in particolare, al limite all'appello della parte pubblica oggetto di censura, esso continua a trovare giustificazione - come per il passato - nell'obiettivo primario della rapida e completa definizione dei processi svoltisi in primo grado con il rito abbreviato: rito che - sia pure, oggi, per scelta esclusiva dell'imputato - implica una decisione fondata, in primis, sul materiale probatorio raccolto dalla parte che subisce la limitazione denunciata, fuori delle garanzie del contraddittorio; ... siffatta ratio vale evidentemente a giustificare anche la disparita' di trattamento tra l'imputato giudicato con rito abbreviato e l'imputato giudicato con rito ordinario, escludendo la violazione dell'art. 3 Cost. denunciata dall'odierno rimettente». 2) Significative le seguenti affermazioni: "Con riferimento al contesto del giudizio abbreviato, non appare, pertanto, in contrasto con i canoni della ragionevolezza il fatto che al pubblico ministero risulti preclusa la facolta' di appello avverso le sentenze di condanna, ove la stessa sentenza non abbia modificato il titolo del reato. Tale limite trova fondamento, da un lato, nell'obiettivo primario di una rapida e completa definizione dei processi svoltisi in primo grado secondo il rito abbreviato, dall'altro, nella circostanza che la sentenza di condanna emessa in primo grado sulla base di tale rito segna comunque la realizzazione della pretesa punitiva fatta valere nel processo attraverso l'azione intrapresa dal pubblico ministero. Che, limitatamente a questa fattispecie, l'interesse del pubblico ministero alla punizione del reato possa dirsi soddisfatto con la sentenza di condanna - e percio' indipendentemente dalla misura della pena - viene, d'altro canto, a trovare indiretta conferma nell'unica eccezione al regime di preclusione sancito nell'art. 443, terzo comma, dove la facolta' dell'organo dell'accusa di proporre appello nel giudizio abbreviato, anche avverso una sentenza di condanna, e' fatta salva nella ipotesi che tale sentenza modifichi il titolo del reato originariamente contestato, venendo, di conseguenza, ad introdurre una differenza non di ordine quantitativo, ma qualitativo tra la richiesta dell'accusa e la sentenza emessa dal giudice. Le stesse caratteristiche del giudizio abbreviato, spiegano, dunque, come in tale procedimento, ai fini dell'appello del pubblico ministero, l'effettiva irrogazione della pena sia stata dal legislatore privilegiata rispetto alla sua piena aderenza alla natura del reato contestato: e questo attraverso una scelta del legislatore che, oltre a non risultare lesiva di altri valori costituzionali, appare incensurabile sul piano della ragionevolezza in quanto proporzionata al fine preminente della speditezza del processo. 3) Comma 1: Ogni persona dichiarata rea da un tribunale ha il diritto di far esaminare la dichiarazione di colpevolezza o la condanna da un tribunale della giurisdizione superiore. L'esercizio di tale diritto, ivi inclusi i motivi per cui esso puo' essere esercitato, e disciplinato dalla legge. Comma 2: Tale diritto puo' essere oggetto di eccezioni per i reati minori, quali sono definiti dalla legge, o quando l'interessato e' stato giudicato in prima istanza da un tribunale della giurisdizione piu' elevata o e' stato dichiarato colpevole e condannato a seguito di un ricorso avverso il suo proscioglimento. 4) Numero 5: Ogni individuo condannato per un reato ha diritto a che l'accertamento della sua colpevolezza e la condanna siano riesaminati da un tribunale di seconda istanza in conformita' della legge. 5) Cfr Sez. U, Sentenza n. 2110 del 23/11/1995 Ud. (dep. 23/02/1996) Rv. 203762: Una volta che sia stata pronunciata, a seguito dell'abolizione della formula dubitativa, assoluzione ai sensi dell'art. 530, comma secondo, cod. proc. pen., avendo il giudice ritenuto insufficienti le prove acquisite, viene meno qualunque apprezzabile interesse dell'imputato al conseguimento di una piu' favorevole sentenza, in quanto la conclusiva statuizione in essa contenuta non puo' essere modificata, quale che sia il giudizio esprimibile sulla prova della responsabilita' dall'accusato, e cioe' sia che sia stata acquisita la prova positiva della sua innocenza, sia che la prova della sua responsabilita' si sia rivelata soltanto insufficiente. Ed invero l'interesse all'impugnazione, sebbene non possa essere confinato nell'area dei soli pregiudizi penali derivanti dal provvedimento giurisdizionale, neanche puo' essere concepito come aspirazione soggettiva al conseguimento di una pronuncia dalla cui motivazione siano rimosse tutte quelle parti che possano essere ritenute pregiudizievoli, perche' esplicative di una perplessita' sull'innocenza dell'imputato. Difatti, l'impugnazione si configura pur sempre come un rimedio a disposizione della parte per la tutela di posizioni soggettive giuridicamente rilevanti, e non gia' di interessi di mero fatto, non apprezzabili dall'ordinamento giuridico. (Fattispecie relativa a procedimento che proseguiva con l'osservanza delle norme dell'abrogato codice di procedura penale). 6) Nel messaggio alle Camere, con cui il Presidente della Repubblica aveva rinviato il precedente testo della legge, si affermava: "Infine, non lo si dimentichi, e' parte del processo anche la vittima del reato costituitasi parte civile, che vede compromessa dalla legge approvata la possibilita' di far valere la sua pretesa risarcitoria all'interno del processo penale". L'onorevole BERTOLINI, nella propria relazione alla camera, il 30 gennaio 2006, afferma "La Commissione giustizia ha ritenuto di tutelare maggiormente la parte civile, modificando la disposizione generale di cui all'articolo 576 del codice di procedura penale relativa agli atti di impugnazione della parte civile contro i capi della sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio penale, stabilendo che tale impugnazione limitata ai soli effetti civili possa essere effettuata in via diretta e non piu' con il mezzo previsto per il pubblico ministero. Cio' ha portato alla soppressione dell'articolo 577 del codice di rito relativo alla impugnazione della persona offesa per i reati di ingiuria e diffamazione. In tali casi trovera' applicazione la norma di carattere generale di cui all'articolo 576". 7) La Cassazione ha - significativamente - collegato i poteri di impugnativa in tema di provvisionale alla proposizione dell'appello: cfr. Sez. 2, Ordinanza n. 1581 del 01/04/1999 Cc. (dep. 16/04/1999) Rv. 212983. 8) Si riporta un passo significativo: "Il sistema delle impugnazioni puo' essere ripensato alla luce dei criteri ispiratori del codice vigente dal 1989. Tuttavia il carattere disorganico e asistematico della riforma approvata e' proprio cio' che sta alla base delle rilevate palesi incostituzionalita': una delle finalita' della legge avrebbe dovuto essere quella della deflazione del carico di lavoro della giustizia penale, mentre, come si e' piu' sopra posto in luce, la legge approvata provochera' invece un insostenibile aggravio di lavoro, con allungamento certo dei tempi del processo. La funzione compensativa attribuita all'ampliamento delle ipotesi del ricorso per cassazione ha un effetto inflattivo superiore di gran lunga a quello deflattivo derivante dalla soppressione dell'appello delle sentenze di proscioglimento. Soppressione che, a causa della disorganicita' della riforma, fa si che la stessa posizione delle parti nel processo venga ad assumere una condizione di disparita' che supera quella compatibile con la diversita' delle funzioni svolte dalle parti stesse nel processo. Le asimmetrie tra accusa e difesa costituzionalmente compatibili non devono mai travalicare i limiti fissati dal secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione, a norma del quale: "Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo e imparziale". ... Un'ulteriore incongruenza della nuova legge sta nel fatto che il pubblico ministero totalmente soccombente non puo' proporre appello, mentre cio' gli e' consentito quando la sua soccombenza sia solo parziale, avendo ottenuto una condanna diversa da quella richiesta». 9) Si veda Camera deputati, seduta 25 luglio 2005, intervento onorevole BERTOLINI. 10) Senza voler considerare che, nel sistema abrogale dalla legge che qui si critica, l'appello del pubblico ministero contro le sentenza di proscioglimento poteva essere fondato esclusivamente su ragioni di diritto (ed anzi - molto spesso - lo era): sicche', in tal caso, non vi era alcuna rivisitazione del precedente materiale probatorio ma - molto piu' semplicemente - un risparmio di tempo, volto ad evitare la prescrizione. 11) Si tratta della nota sentenza nel procedimento a carico del Senatore ANDREOTTI, condannato dalla Corte d'Assise d'Appello di Perugia per l'omicidio del giornalista PECORELLI (Sez. U, Sentenza n. 45276 del 30/10/2003 Ud. (dep. 24/11/2003) Rv. 226094). 12) La Cassazione ha affermato: "Ben piu' radicale ed efficace, de jure condendo, sarebbe tuttavia, ad avviso delle Sezioni Unite, un intervento mirato del legislatore sul terreno della (ri)perimetrazione delle opzioni decisorie consentite al giudice di appello, che sia chiamato a pronunciarsi sull'appello del pubblico ministero avverso la sentenza assolutoria di primo grado. Principi costituzionali, norme di diritto internazionale convenzionale ed autorevole dottrina suggeriscono infatti di ristrutturare sapientemente il giudizio d'appello, secondo cadenze e modalita' tali da precludere a quel giudice (che di regola rimane estraneo alla formazione dialettica della prova) di ribaltare di costrutto logico della decisione di proscioglimento dell'imputato, all'esito di una mera rilettura delle carte del processo e di un contraddittorio dibattimentale "ex actis". Nel senso cioe' di qualificare in questo caso l'appello, ove non si concluda con la conferma dell'alternativa assolutoria, come giudizio di natura esclusivamente rescindente, cui debba seguire un rinnovato giudizio di annullamento. Questa soluzione, oltre ad assicurare all'imputato la garanzia "sostanziale" del doppio grado di giudizio di merito, ai fini della declaratoria di colpevolezza e della condanna, avrebbe nel contempo l'indubbio pregio di non sconvolgere la geometria dei limiti del sindacato di legittimita' - come disegnata dal nuovo codice di rito nella richiamata interpretazione giurisprudenziale - e di consentire cosi' l'armonico dispiegarsi nel sistema processuale della funzione nomofilattica attribuita alla Suprema Corte. La Cassazione - quindi - ha ipotizzato un meccanismo ben diverso da quello adottato dal legislatore e cioe': 1) possibilita' del pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento; 2) giudizio rescindente del giudice d'appello, con annullamento della sentenza di primo grado; 3) nuovo giudizio di merito, nei limiti fissati dal giudice d'appello. 13) I principi della sentenza ANDREOTTI sono stati riaffermati dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza MANNINO: (Sez. U, Sentenza n. 33748 del 12/07/2005 Ud, (dep.20/09/2005) Rv. 231674) "Si e' gia' detto che, in virtu' del carattere ampiamente devolutivo del giudizio di appello instaurato a seguito di impugnazione del pubblico ministero contro la pronunzia assolutoria, l'imputato ha il diritto di riproporre ogni questione sostanziale e processuale gia' posta e disattesa in primo grado. Va inoltre sottolineata che, nella prospettiva ermeneutica disegnata dalle Sezioni Unite con la sentenza 30/10/2003, Andreotti (Cass. pen. 2004, 811) in coerenza con le disposizioni di diritto internazionale pattizio di cui all'art. 14.5 Patto intern. dir. civ. e poi. ed all'art. 2.2 Protocollo n. 7 Conv. eur. dir. uomo, la garanzia apprestata dall'ordinamento processuale interno, per la verifica di legittimita' della condanna dell'imputato intervenuta in appello dopo l'assoluzione in primo grado, riveste carattere "sostanziale" in termini di effettivita' del sindacato di legittimita' ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc., pen., a fronte della mancanza e/o manifesta illogicita' della motivazione della sentenza di condanna derivante dall'omessa valutazione di prove decisive per il proscioglimento dell'imputato da parte del giudice di appello e, ancor prima, del giudice di primo grado che pure lo aveva assolto. Ai fini della rilevabilita' del vizio di prova omessa decisiva, la Corte di Cassazione puo' e deve fare riferimento, pertanto, non solo alla sentenza assolutoria di primo grado, ma anche alle memorie ed agli atti con i quali la difesa, nel contestare il gravame del pubblico ministero, abbia prospettato al giudice di appello l'avvenuta acquisizione dibattimentale di altre e diverse prove, favorevoli e nel contempo decisive, pretermesse dal giudice di primo grado nell'economia di quel giudizio, oltre quelle apprezzate ed utilizzate per fondare la decisione assolutoria. Con il lineare corollario che la mancata risposta del giudice di appello alle argomentazioni svolte dalla difesa nel contraddittorio dibattimentale circa la portata di decisive risultanze probatorie, conducente all'illegittimo esercizio del potere demolitorio della sentenza di assoluzione di primo grado ad opera di un giudice che ha valutato solo il carteggio processuale, inficia la tenuta "informativa" e "logico-argomentativa" della sentenza di condanna e, a causa della negativa verifica di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, la rende suscettibile di annullamento. Ne' va sottaciuto il principio piu' volte affermato dalla giurisprudenza di legittimita', secondo il quale il giudice di appello che riformi totalmente la sentenza di primo grado, sostituendo all'assoluzione l'affermazione di colpevolezza dell'imputato, ha l'obbligo di dimostrarne con rigorosa analisi critica l'incompletezza o l'incoerenza, non essendo altrimenti razionalmente giustificato il rovesciamento della statuizione assolutoria in quella di condanna. Di talche', ferma restando la discrezionalita' delle scelte legislative quanto alla riperimetrazione delle opzioni decisorie consentite al giudice di appello, ritiene il Collegio, alla stregua della formulata soluzione interpretativa, che le fondamentali garanzie di cui agli artt. 24, comma 2 e 111 Cost. attinenti al pieno esercizio delle facolta' difensive, anche per i profili della formazione della prova nel contraddittorio fra le parti e dell'obbligo di valutazione della stessa nel rispetto dei canoni di legalita' e razionalita', siano riconosciute ed assicurate nel giudizio di appello instaurato a seguito dell'impugnazione del pubblico ministero contro la sentenza assolutoria di primo grado. 06C0447