N. 227 ORDINANZA 5 - 13 giugno 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Edilizia e urbanistica - Edilizia popolare, economica e sovvenzionata
  - Locazione di alloggi - Morosita' dell'assegnatario - Procedimento
  speciale  di  ingiunzione e di sfratto - Applicabilita' o meno alle
  locazioni  di  edilizia residenziale pubblica del termine di grazia
  di  cui  all'art. 55  della legge n. 392 del 1978 dopo l'entrata in
  vigore della legge n. 431 del 1998 - Questione estranea al giudizio
  a quo - Manifesta infondatezza.
- R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.25 del 21-6-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Annibale MARINI;
  Giudici: Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo
DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO,
Alfonso  QUARANTA,  Franco  GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI,
Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 32 del regio
decreto  28 aprile  1938, n. 1165 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni  sull'edilizia  popolare  ed  economica),  promosso  con
ordinanza  del  6 maggio  2005  dal  Tribunale  di Modena sul ricorso
proposto  dall'Azienda  Casa Emilia-Romagna (ACER) della Provincia di
Modena,  iscritta  al n. 554 del registro ordinanze 2005 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 47, 1ª serie speciale,
dell'anno 2005;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 17 maggio 2006 il giudice
relatore Franco Bile;
    Ritenuto che, con ordinanza emessa il 6 maggio 2005, il Tribunale
di   Modena   -  investito  dall'Azienda  Casa  Emilia-Romagna  della
Provincia  di  Modena (ACER) di ricorsi per ingiunzione e sfratto, ai
sensi   dell'art. 32   del  regio  decreto  28 aprile  1938,  n. 1165
(Approvazione   del  testo  unico  delle  disposizioni  sull'edilizia
popolare ed economica), contro due inquilini di alloggi di proprieta'
del  comune  di Modena, morosi nel pagamento delle rate del canone di
locazione  - ha sollevato questione di legittimita' costituzionale di
tale norma, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
        che,  in particolare, il rimettente - dopo avere rilevato che
la  norma  impugnata  attribuisce  agli  Istituti autonomi delle case
popolari,  «nelle  ipotesi di mancato pagamento di rate di fitto», il
diritto   di   chiedere,   con  ricorso,  un  decreto,  che  ingiunga
all'inquilino  moroso  (sulla  base di un'attestazione del presidente
dell'Istituto)  di pagare entro quaranta giorni dalla notificazione e
che  disponga,  altresi',  lo  sfratto  per il caso di inadempienza -
osserva  che  questa  Corte,  nel  rigettare (con sentenza n. 419 del
1991)   la  questione  ora  proposta,  per  la  possibilita'  di  una
temporanea interpretazione adeguatrice della norma, aveva considerato
la  norma  stessa  non perfettamente adeguata alle esigenze di tutela
del   diritto  di  abitazione  ed  aveva  indirizzato  un  monito  al
legislatore,   perche'   la   sostituisse  con  una  disciplina  piu'
rispettosa  del rilievo sociale di quel diritto; e soggiunge che, non
essendo  stato  il  monito  raccolto, sarebbe «piu' che mai legittimo
continuare   a   dubitare  della  legittimita'  costituzionale  della
normativa de qua»;
        che,  peraltro,  il  rimettente afferma di non condividere il
ragionamento   con   cui  la  Corte,  nella  citata  sentenza,  aveva
prospettato la possibile interpretazione adeguatrice;
        che a suo avviso - mentre ogni altro conduttore moroso, prima
della pronuncia di un'ordinanza di convalida di sfratto, beneficia di
congrue   garanzie   difensive   perche'   non  deve  opporsi  ad  un
provvedimento  pronunciato  inaudita altera parte; perche' il termine
di  comparizione  e'  stato  elevato da tre a venti giorni (art. 660,
quarto  comma,  del  codice  di procedura civile, come modificato dal
decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432, convertito, con modificazioni,
nella   legge  20 dicembre  1995,  n. 534);  perche'  all'udienza  di
comparizione  egli  puo'  opporsi  alla  convalida  costituendosi  in
giudizio   tramite   difensore,   ovvero  comparendo  e  difendendosi
personalmente   (art. 660,   quarto   e  quinto  comma)  -  viceversa
l'inquilino  di casa popolare puo' difendersi solo proponendo ricorso
in   opposizione  al  decreto  ingiuntivo,  con  l'assistenza  di  un
difensore    tecnico,    sulla   base   di   una   previsione   «poco
giustificabile»,  trattandosi del titolare di un reddito modesto, che
ben  difficilmente  potrebbe  ottenere  dall'apposita  Commissione il
riconoscimento  del  beneficio  del  gratuito  patrocinio  nel  breve
termine  (quaranta  giorni dalla notificazione del decreto), entro il
quale l'opposizione deve esser proposta;
        che  sarebbe  quindi  concreto  il rischio, per una categoria
«protetta»,  di  non  poter  esercitare  il diritto costituzionale di
difesa  tramite  l'opposizione,  tenuto  conto,  altresi', che non e'
prevista  la possibilita' di proporre l'opposizione tardiva, concessa
ai   conduttori  di  abitazioni  private,  nonche'  di  fruire  della
sanatoria  della  morosita'  ex  art. 55  della legge 27 luglio 1978,
n. 392, come i citati conduttori;
        che  -  dopo  avere cosi' riproposto le stesse argomentazioni
addotte  a  sostegno di una identica questione decisa da questa Corte
con   la   sentenza   n. 203   del   2003  -  il  rimettente  critica
l'affermazione in essa contenuta in ordine all'inapplicabilita' della
sanatoria  della  morosita', ai sensi dell'art. 55 della legge n. 392
del 1978, alle locazioni di edilizia residenziale pubblica, adducendo
che,   dopo  la  legge  9 dicembre  1998,  n. 431  (Disciplina  delle
locazioni   e   del   rilascio  degli  immobili  adibiti  ad  uso  di
abitazione),  quella  norma  sarebbe  divenuta applicabile a tutte le
locazioni ad uso abitativo.
    Considerato  che  il  rimettente  ripropone  la  stessa questione
dichiarata infondata da questa Corte con la sentenza n. 203 del 2003,
ripetendo integralmente e quasi testualmente, senza nulla aggiungere,
le  stesse  argomentazioni  contenute  nella  precedente ordinanza, e
limitandosi   a   criticare  l'argomento  dell'inapplicabilita'  alle
locazioni  di  edilizia residenziale pubblica del «termine di grazia»
previsto dall'art. 55 della legge n. 392 del 1978;
        che,   in   particolare,   secondo   il   rimettente,  questa
inapplicabilita',  testualmente  prevista dall'art. 26 della medesima
legge, sarebbe venuta meno per effetto dell'abrogazione di tale norma
da parte dell'art. 14 della successiva legge n. 431 del 1998;
        che,  peraltro, il rimettente non considera che l'abrogazione
dell'art. 26  si  colloca  nel  quadro  dell'abrogazione quasi totale
delle norme sulle locazioni abitative del 1978, disposta dall'art. 14
della  legge  del  1998,  in occasione dell'introduzione di una nuova
disciplina  di  tali  locazioni, anche essa, del resto, inapplicabile
alle  locazioni  di  edilizia residenziale pubblica (art. 1, comma 2,
lettera b);
        che  comunque il problema se - dopo l'entrata in vigore della
legge  del 1998 - il termine di grazia di cui all'art. 55 della legge
del  1978 sia o meno applicabile al procedimento previsto dalla norma
impugnata   per  le  locazioni  di  edilizia  residenziale  pubblica,
potrebbe  essere  posto soltanto in una sede (l'eventuale opposizione
al decreto ingiuntivo previsto dalla stessa norma) del tutto estranea
al  giudizio  a  quo, nel quale il rimettente ha proposto la presente
questione  di  legittimita'  costituzionale  prima  di pronunciare il
richiesto decreto;
        che,    dunque,   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale dell'art. 32 del regio decreto 28 aprile
1938,  n. 1165  (Approvazione  del  testo  unico  delle  disposizioni
sull'edilizia  popolare ed economica), sollevata, in riferimento agli
articoli 3  e  24  della  Costituzione,  dal Tribunale di Modena, con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2006.
                        Il Presidente: Marini
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 13 giugno 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0494