N. 178 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo 2006

Ordinanza  emessa  il  13  marzo  2006  dal  tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Istituti  paritari
«Kennedy» ed altri contro Ministero dell'istruzione, dell'universita'
e  della ricerca - Ufficio scolastico regionale per il Lazio - Centro
servizi amministrativi di Roma.

Istruzione  pubblica  -  Esami di stato presso istituti di istruzione
  medio-superiore  parificati - Candidati esterni in numero eccedente
  il  cinquanta per cento di quelli interni - Previsione in tal caso,
  per gli studenti eccedenti la detta percentuale, della costituzione
  di  apposite  commissioni  esaminatrici  esclusivamente  presso gli
  istituti  statali  -  Violazione  del  principio  di  uguaglianza -
  Lesione  del  principio  dell'equipollenza  degli  istituti privati
  parificati  a  quelli  statali  - Lesione del principio di liberta'
  d'iniziativa economica privata - Eccesso di delega - Violazione del
  principio di sussidiarieta'.
- Decreto  legislativo  17 ottobre  2005,  n. 226,  art. 14, comma 5,
  sostitutivo dell'art. 4, comma 4, legge 10 dicembre 1997, n. 425.
- Costituzione,  artt. 3,  33,  comma  quarto,  41,  76  e 118; legge
  28 marzo 2003, n. 53.
(GU n.25 del 21-6-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 8697/2005,
proposto  da  Istituti paritari «Kennedy», in persona del gestore pro
tempore,  nonche'  dai  docenti  presso l'Istituto sig. ri Elisabetta
Maria  Bertone,  Antonella Stampiggioni, Silvia Del Pizzo, Vincenzina
Piccolino,  Daniele Ghirardi, Antonio Arcieri, Marianna Cannone Pepe,
Generoso Calisti, Patrizia Pennasilico Attanasio, tutti rappresentati
e  difesi  dal  prof.  avv. Carlo Rienzi ed elettivamente domiciliati
presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie n. 9;
    Contro  il  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita' e della
ricerca,  in  persona  del  Ministro pro tempore - Ufficio scolastico
regionale  per  il  Lazio,  in  persona del legale rappresentante pro
tempore;  -  il Centro servizi amministrativi di Roma, in persona del
legale   rappresentante   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  per  l'annullamento, previa
sospensiva,  della  circolare n. 9026 del 12 luglio 2005; nonche' ove
necessario  della  C.M.  n. 77  del  21 ottobre 2004 e le O.M. e C.M.
emesse   in   materia,   nonche'   di  tutti  gli  atti  presupposti,
consequenziali o connessi, precedenti o successivi, ivi compreso, ove
occorra, e in via subordinata, il d.P.R. n. 323/1998;
    Visti  i  motivi  aggiunti  presentati dall'Istituto «Kennedy» (e
depositati il 23 novembre 2005), in persona del legale rappresentante
pro   tempore  come  sopra  rappresentato,  difeso  ed  elettivamente
domiciliato,  per  l'annullamento,  previa sospensiva della circolare
n. 86  del  18 novembre  2005,  prot.  n. 10633  del Dipartimento per
l'istruzione  -  Direzione  generale per gli ordinamenti scolastici -
Uff.  VII,  nella  parte  in  cui  intende  applicare  a  questo anno
scolastico  2005/2006  il d.lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005 (Gazzetta
Ufficiale  n. 257  del  4  novembre 2005) limitatamente agli esami di
Stato  e  al trasferimento di candidati esterni esclusivamente presso
istituzioni scolastiche statali; nonche' per la trasmissione - in via
solo   subordinata   -  deg1i  atti  alla  Corte  costituzionale  per
violazione,  da  parte del d.lgs. n. 226, dei principi costituzionali
di cui agli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118 della Costituzione;
    Visti  i  motivi  aggiunti  presentati dall'Istituto «Kennedy» (e
depositati il 29 novembre 2005), in persona del legale rappresentante
pro  tempore,  come  sopra  rappresentato,  difeso  ed  elettivamente
domiciliato,  per  l'annullamento,  previa sospensiva della circolare
n. 12695  del 21 novembre 2005, dell'Ufficio scolastico regionale del
Lazio  nella  parte in cui intende applicare a questo anno scolastico
2005/2006  il  d.lgs.  n. 226 del 17 ottobre 2005 (Gazzetta Ufficiale
n. 257  del  4  novembre 2005) limitatamente agli esami di Stato e al
trasferimento  di candidati esterni esclusivamente presso istituzioni
scolastiche  statali;  nonche'  per  la  trasmissione  -  in via solo
subordinata - degli atti alla Corte costituzionale per violazione, da
parte  del  d.lgs.  n. 226,  dei  principi costituzionali di cui agli
artt. 30, 31, 33, 41,76 e 118 della Costituzione;
    Visti  i  motivi  aggiunti  presentati dall'Istituto «Kennedy» (e
depositati il 29 novembre 2005), in persona del legale rappresentante
pro  tempore,  come  sopra  rappresentato,  difeso  ed  elettivamente
domiciliato,  per  l'annullamento,  previa sospensiva delle circolari
n. 86   del  18 novembre  2005  e  n. 12695  del  21  novembre  2005,
quest'ultima dell'Ufficio scolastico regionale del Lazio, nella parte
in  cui impone ai candidati esterni di presentare la domanda di esami
esclusivamente  nel  comune  di  residenza anagrafica. Nonche' per la
trasmissione  -  in  via  solo  subordinata  -  degli atti alla Corte
costituzionale  per violazione, da parte della legge n. 425/1997, dei
principi  costituzionali  di  cui agli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118
della Costituzione;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello
Stato in rappresentanza delle Amministrazioni intimate;
    Viste le memorie difensive delle parti;
    Visti il ricorso e i motivi aggiunti, con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore  designato, per la pubblica udienza del 16 gennaio 2006,
il consigliere D. Lundini;
    Uditi,   all'udienza   predetta,   l'avv.  Rienzi  per  la  parte
ricorrente   e   l'avv.   dello   Stato  Sica  per  l'Amministrazione
resistente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

                              F a t t o

   e   d i r i t t o      1.  - Gli Istituti «Kennedy», che godono di
parita'  scolastica ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e sono
attivivi nel campo dell'istruzione media superiore, hanno contestato,
con  il  ricorso introduttivo (in esso afiancati, come specificato in
epigrafe,  da  personale  docente degli Istituti stessi) la circolare
n. 9026  del 12 luglio 2005, dell'Ufficio scolastico regionale per il
Lazio  (d'ora in avanti: USRL), nella parte in cui, occupandosi degli
«Esami  di Stato» conclusivi dell'a.s. 2005/2006, la circolare stessa
ha  statuito,  in  riferimento  ai  candidati  esterni  agli istituti
scolastici,  che  le  istanze  di  questi «in eccesso rispetto al 50%
degli interni, per ogni classe terminale, devono essere consegnate al
competente  CSA  (Centro  servizi amministrativi), precisando poi che
"non  possono essere costituite commissioni di soli candidati esterni
ne'  commissioni miste nella quale (recte: nelle quali) la componente
esterna  superi  il  50% di quella interna". La circolare suddetta e'
altresi'  contestata  nella parte in cui, occupandosi di costituzione
di c.d. classi supplementari, stabilisce che "Per la formazione delle
classi non facenti parte di un corso completo le SS.LL terranno conto
della  nota MIUR del 20 febbraio 2002 e della C.M. n. 31 del 18 marzo
2003  ed  invieranno  la  comunicazione  di  tali  eventuali  classi,
attivate  a  seguito di nuove iscrizioni o ripetenze, a quest'Ufficio
regionale e al C.S.A. competente territorialmente. Si ricorda che non
e'  prevista  la costituzione di nuove classi composte interamente da
alunni provenienti da esami di idoneita'"».
    2.  - Con motivi aggiunti l'istante ha poi investito la circolare
MIUR  n. 86  del  18 novembre  2005  e  la  nota  USRL  n. 12695  del
21 novembre   2005,  nella  parte  in  cui,  ha  rilevato  l'Istituto
ricorrente,  esse  impongono  «ai  candidati esterni di presentare la
domanda di esami esclusivamente nel comune di residenza anagrafica».
    3.  -  Con  ulteriori  motivi  aggiunti,  depositati  il  23 e il
29 novembre  2005,  l'Istituto  Kennedy ha infine contestato le sopra
citate  circolari MIUR n. 86 del 18 novembre 2005 e USRL n. 12695 del
21 novembre  2005  nella  parte  in  cui intendono applicare all'anno
scolastico  2005/2006 il d.lgs. n. 226 del 17 ottobre 2005 in tema di
esami di Stato e di trasferimento di candidati esterni esclusivamente
presso istituzioni scolastiche statali.
    4.  -  Con  sentenza  a  parte,  decisa  in  Camera  di consiglio
contestualmente  alla  presente  ordinanza,  questo  tribunale  si e'
pronunciando  sul  complesso  contenzioso  introdotto  con  ricorso e
motivi aggiunti citati, in parte dichiarando improcedibile il ricorso
introduttivo;  in  parte  sullo stesso sospendendo ogni pronuncia; in
parte respingendo i motivi aggiunti.
    Con riferimento, peraltro, all'impugnativa delle circolari e note
ministeriali  n. 86  del  18 novembre 2005 e n. 12695 del 21 novembre
2005,  limitatamente  alla  parte di esse in cui recepiscono l'ultimo
periodo  del  comma 5 dell'art. 14 del d.lgs. 17 ottobre 2005, n. 226
(possibilita'   di  costituzione  di  commissioni  apposite  di  soli
candidati  esterni  esclusivamente  presso  gli istituti statali), il
tribunale,  nella  sentenza predetta, non ha assunto alcuna decisione
nel  merito,  ritenendo  infatti  che con separata ordinanza e previa
sospensione,  in  parte  qua,  del  giudizio  in  corso, debba essere
sollevata,   dal   tribunale   stesso,   questione   di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 14, comma 5, del citato d.lgs. n. 226/2005,
nella  parte  in cui, sostituendo il terzo periodo dell'art. 4, comma
4,  della  legge n. 425 del 10 dicembre 1997, l'art. 14, comma 5, del
d.lgs.  n. 226/2005  dispone  che  per  l'eventuale configurazione di
commissioni  di  esami di Stato formate di soli candidati privatisti,
tali  commissioni  «possono  essere  costituite  soltanto  presso gli
istituti statali».
    5.  - Premesso quanto sopra, e passando dunque alla questione che
si  deve  trattare,  il Collegio prospetta come segue i termini della
questione stessa.
    Parte ricorrente censura l'erroneita' dei provvedimenti impugnati
nel  ritenere  di  poter  dare attuazione, gia' con l'anno scolastico
2005-2006,  al  decreto  legislativo  n. 226/2005  sulla  riforma del
secondo  ciclo  del  sistema educativo di istruzione e di formazione,
che  dovra'  invece  interessare  gli  anni scolastici successivi dal
2007-2008  in  poi;  con la conseguenza che le novita' introdotte dal
testo  normativo, ivi comprese quelle riguardanti la disciplina degli
esami di Stato, non potrebbero che riguardare il futuro.
    Opinare  diversamente  significherebbe,  a  parere  dell'Istituto
ricorrente,  conferire  alle  disposizioni  del  decreto  legislativo
un'illegittima  portata  retroattiva con ricadute pregiudizievoli sia
per  le scelte degli studenti, gia' operate sin dal 1° settembre, sia
per  le  scuole  paritarie  che hanno dovuto pianificare per tempo la
relativa programmazione aziendale.
    Ove   peraltro  dovesse  ritenersi  che  le  circolari  impugnate
correttamente  diano  immediata  operativita' all'art. 14 del decreto
legislativo  n. 226/2005,  imponendo limiti del 50% alla possibilita'
di  accoglimento  di candidati esterni e con previsione di divieto di
costituire  commissioni  per gli esterni eccedentari presso le scuole
paritarie,  la  norma  legislativa  delegata,  assume  il  ricorrente
stesso,  sarebbe  suscettiva  di censura sul piano della legittimita'
costituzionale  per  contrasto con gli artt. 30, 31, 33, 41, 76 e 118
della Costituzione.
    6.  -  Viene  anche  dedotto  un  profilo  di censura attinente a
violazione di norme comunitarie che l'art. 14 suddetto porterebbe con
se'  nella  sua  portata  discriminatoria tra scuola statale e scuola
privata   (paritaria).   Ribadendo   il   contenuto   della  suddetta
disposizione  legislativa  la  circolare  ministeriale  n. 86  del 18
novembre 2005, impartita dalla Direzione generale per gli ordinamenti
scolastici,  nella  parte  intitolata «Limiti di accoglibilita' delle
domande  da  parte  delle scuole», cosi' in effetti recita e dispone:
«L'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, ripreso con
il medesimo contenuto dall'art. 9, comma 3, del d.P.R 23 luglio 1998,
n. 323, e' stato novellato, con integrazioni, dall'articolo 14, comma
1   del,   decreto  legislativo  17 ottobre  2005,  n. 226  il  quale
stabilisce  che  "i  candidati  esterni sono ripartiti tra le diverse
Commissioni  degli  istituti  statali  e  paritari  e  il loro numero
massimo   non  puo'  superare  il  50%  dei  candidati  interni".  La
formulazione  di tale ultima previsione normativa non e' suscettibile
di  interpretazioni  diverse  da quella letterale e, pertanto, non si
presta  ad  alcun  tipo  di  deroga.  Pertanto,  ove  le  istanze dei
candidati  esterni  pervenute  ad  ogni  singola  scuola,  statale  o
paritaria,   dovessero   eccedere   il  prescritto  limite  del  50%,
l'istituto  interessato,  immediatamente dopo la scadenza del termine
per  la  loro presentazione, dovra' trasmettere le istanze eccedenti,
individuate secondo l'osservanza di uno stretto ordine cronologico di
presentazione,   al   Direttore   generale   dell'Ufficio  scolastico
regionale  competente  per  territorio. Cio' al fine di consentire al
medesimo   l'assegnazione  degli  interessati  ad  altre  istituzioni
scolastiche  per  una  tempestiva  prefigurazione  del numero e della
dislocazione  delle Commissioni e, nel contempo, fornire ai candidati
esterni  certezza  sulla  sede  nella  quale  dovranno  sostenere gli
esami».
    7.  - La medesima circolare n. 86/2005, nella parte relativa alla
«Costituzione delle Commissioni di esame», richiama poi «l'attenzione
sulla  circostanza  che per l'eventuale configurazione di Commissioni
formate  da  soli  candidati  privatisti  dovra' trovare applicazione
l'art.  14, comma 5, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226,
con  la  conseguenza  che  tali commissioni debbono essere costituite
esclusivamente presso istituzioni scolastiche statali».
    I  contenuti  della  circolare  n. 86, nei termini ora riportati,
sono  stati  integralmente reiterati dalla successiva circolare prot.
n. 12695 del 21 novembre 2005 emanata dall'USRL.
    8.  -  Quanto,  dunque  all'esame  dell'impugnativa de qua (nella
parte,  che in questa sede residua, riferentesi alla disposizione che
prevede   la   costituzione   di   commissione   per   soli   esterni
esclusivamente  «presso  istituzione  scolastiche  statali» si rileva
quanto segue.
    9.  - I profili di censura che prospettano violazione del diritto
comunitario non sono suscettibili di favorevole apprezzamento.
    Occorre   procedere   dal  dato  che  la  norma  dell'ordinamento
nazionale  oggetto di contestazione e' volta a disciplinare un ambito
piuttosto  contenuto  delle  modalita'  di  svolgimento dell'esame di
Stato,  individuando  le  commissioni  esaminatrici di soli candidati
privatisti in quelle funzionanti presso le scuole statali e non anche
presso le scuole paritarie.
    Orbene,  ancorche'  l'ambito  operativo  prefigurato  dalla norma
(peraltro  in via eventuale, considerato che esso viene in rilievo al
superamento della soglia percentuale in essa stabilita) non sia privo
di  rilevanza  sul  piano  della  sua  conformita' ad alcuni principi
costituzionali (di cui si dira' oltre), non sembra predicabile che la
disciplina  introdotta dalla norma sia di ampiezza distorsiva tale da
confliggere  con  gli  artt. 136  e  149 del Trattato della Comunita'
europea in tema di promozione dei diritti sociali fondamentali (nella
specie:  l'istruzione);  ne'  sembra  che alla norma possa ascriversi
un'intenzione  controriformista,  rispetto  alla legge n. 62 del 2000
sulla parita' scolastica, favorendo un «ritorno all'indietro».
    Sotto altro verso non e' predicabile, nei modi sopra prospettati,
la portata lesiva della norma con riguardo al diritto di stabilimento
ex  art. 41  del Trattato, perche' avrebbe dovuto non solo asserirsi,
ma compiutamente dimostrarsi, che la regolamentazione giuridica dello
Stato  membro  del  soggetto  intenzionato  a  impiantare  in  Italia
un'impresa scolastica, non soffra della limitazione imposta dalla qui
contestata norma dell'ordinamento nazionale.
    10.   -   Quanto  all'argomento  secondo  cui  tutto  il  decreto
legislativo  n. 226  del 2005 prevede le varie fasi della riforma nei
tempi  futuri  prevedendo  quindi anche le novita' che ne deriveranno
con  riferimento  agli  esami di maturita', con la conseguenza quindi
che  solo  in  futuro  si  potrebbe  prospettare  il trasferimento di
candidati esterni delle scuole paritarie a quelle statali, la censura
va disattesa.
    La  legge  28 marzo  2003,  n. 53  (c.d.  «riforma  Moratti»)  ha
delegato   il   Governo   all'emanazione   degli  occorrenti  decreti
legislativi  «per la definizione delle norme generali sull'istruzione
e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
formazione professionale».
    Nell'attribuire  alla  decretazione  delegata  la definizione del
nuovo  sistema  educativo,  di  istruzione  e di formazione, la legge
delega,  in  sede di delineazione dei «principi e criteri direttivi»,
ha  prefissato  l'articolazione  di detto nuovo sistema «nella scuola
dell'infanzia,  in  un primo ciclo che comprende la scuola primaria e
la  scuola  secondaria  di  primo  grado,  e  in un secondo ciclo che
comprende  il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della
formazione professionale» (art. 2, lett. d), cit. legge n. 53).
    In  attuazione della delega, e' stato quindi emanato il d.lgs. 17
ottobre 2005, n. 226, con il quale sono state poste le norme generali
e  i  livelli  essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo
del  sistema  educativo  di  istruzione e di formazione. Tale secondo
ciclo   «e'   costituito   dal   sistema  dei  licei  e  dal  sistema
dell'istruzione  e  formazione professionale» e individua «il secondo
grado  in  cui  si  realizza  in  modo  unitario,  il  diritto-dovere
all'istruzione  e  alla  formazione  di  cui al decreto legislativo 5
aprile 2005, n. 76».
    I  Capi II e III del decreto legislativo n. 226/2005 disciplinano
«I  percorsi  liceali»  e  «I  percorsi  di  istruzione  e formazione
professionale», delineandone rispettivamente le tipologie e i livelli
essenziali  delle  prestazioni,  mentre  il  successivo  Capo  V, che
contiene le «Norme transitorie e finali», fissa le sequenze temporali
per  il  passaggio graduale dall'attuale al nuovo ordinamento e fissa
l'avvio di quest'ultimo «a decorrere dall'anno scolastico e formativo
2007- 2008» (art. 27, comma 4).
    Nel  precitato  Capo  II, l'art. 14 si occupa dell'esame di Stato
conclusivo  dei  percorsi  liceali,  cosi'  disponendo  al suo quinto
comma: «All'art. 4, comma 4, della legge 10 dicembre 1997, n. 425, il
terzo  periodo  e' sostituito dal seguente: "I candidati esterni sono
ripartiti  tra  le  diverse  commissioni  degli  istituti  statali  e
paritari ed il loro numero massimo non puo' superare il cinquanta per
cento  dei  candidati interni; nel caso non vi sia la possibilita' di
assegnare  i  candidati  esterni  alle  predette  commissioni possono
essere  costituite, soltanto presso gli istituti statali, commissioni
apposite"».
    Tanto  premesso,  e alla luce di una piana interpretazione, anche
in  via  sistematica, di tale norma delegata, non puo' trovare spazio
l'argomento  difensivo  secondo  cui  quest'ultima,  innestandosi con
carattere di necessita' sulla riforma del secondo ciclo di istruzione
prefigurata   dal  decreto  legislativo  n. 226,  differisca  la  sua
operativita'  al  momento  di  messa  a  regime del nuovo sistema dei
licei.
    Per  vero,  nessun  elemento  logico e/o testuale consente di far
ritenere  che  la  norma de qua, per profili peculiarmente innovativi
organicamente  connessi alla riforma del predetto ciclo d'istruzione,
non  possa  entrare  in  vigore  se non contestualmente alla concreta
attuazione del nuovo ordinamento.
    In  realta', e diversamente da quanto asserito, non appare dubbio
che il legislatore delegato abbia ritenuto di dovere con immediatezza
intervenire  in  una  delicata  materia  -  quella  della disciplina,
limitatamente   ai   candidati   esterni,   della   formazione  delle
commissioni   d'esame  di  Stato  e  dell'individuazione  della  sede
dell'esame, che alla stregua della regolamentazione previgente, anche
di  dettaglio, ha dato luogo ad interpretazioni contrastanti ed anche
ad  un  nutrito contenzioso, come testimoniato dalle stesse citazioni
contenute nel ricorso principale.
    In  particolare,  dunque,  la  norma in questione, sostituendo la
pregressa  disciplina  dettata  con  l'art. 4,  comma 4,  della legge
n. 425/1997,  ha  ribadito,  quanto  all'assegnazione  dei  candidati
esterni  alle  commissioni  d'esame  di  Stato funzionanti presso gli
Istituti  statali e quelli paritari, che il numero di detti candidati
non  puo'  superare  il  cinquanta  per  cento dei candidati interni,
statuendo   pero'   che  il  superamento  dell'anzidetta  percentuale
consente  di  procedere  ad apposite commissioni di candidati esterni
solo  preso  gli Istituti statali. In relazione a tale ultimo profilo
normativo, nel quale si condensa il novum della disciplina introdotta
in   subjecta   materia,  occorre  opportunamente  ricordare  che  la
pregressa  regolamentazione  (dettata  dal precitato art. 4, comma 4,
della  legge  n. 425/1997) era nel senso di prevedere, al superamento
della   summenzionata   percentuale   numerica,  la  costituzione  di
«commissioni   apposite»  tout  court  di  candidati  esterni,  cosi'
prefigurando  la  possibilita' di insediare tali commissioni non solo
presso  gli istituti statali, ma anche (dopo l'emanazione della legge
10 marzo  2000,  n. 62  sulla parita' scolastica) presso gli istituti
paritari.
    Orbene,  sospendendo  per il momento ogni giudizio sulla intentio
legis  della  norma  e  sulla  coerenza di quest'ultima con il quadro
costituzionale,  non  puo'  qui che ribadirsi quanto anticipato dalla
Sezione con la propria ordinanza n. 6879 del 24 novembre 2005, emessa
nella  sede  cautelare, e cioe' che all'art. 14, comma 4, del decreto
legislativo    n. 226/2005,    «in    ragione   della   sua   portata
organizzatoria»,  e' immediatamente operativo, con la conseguente sua
applicabilita'  agli  esami  di  Stato  del  corrente anno scolastico
2005-2006.
    Alla   luce   di   tali   considerazioni   non  hanno  pregio  le
argomentazioni  che,  censurando  le  circolari impugnate, fanno leva
sull'impossibilita'  «di  attuare  nel  giro  di  un  mese una intera
riforma».
    Infatti,  per  le  considerazioni sopra esposte, l'art. 14 non si
presta  ad  essere  letto  in  necessaria correlazione con la riforma
attuata  dal  decreto  legislativo  n. 226;  certamente ne prescinde,
essendo   chiaramente  mirato  a  introdurre  da  subito  una  misura
organizzatoria  in  tema  di  partecipazione  dei  candidati  esterni
all'esame di Stato.
    Non conferenti sono poi le perplessita' sollevate con riferimento
«all'abrogazione  di tutte le norme relative agli esami integrativi e
di idoneita' disposta dal decreto 226 all'art. 31».
    A  prescindere  infatti dalla circostanza che qui e' in questione
l'organizzazione  dell'esame  di  Stato  e  non quella degli esami di
idoneita'  e  integrativi, deve comunque osservarsi che il menzionato
art. 31,  comma  2,  detta  una disciplina transitoria per tali esami
stabilendo  che  la  regolamentazione per essi prevista dall'art. 193
del  Testo unico sull'istruzione approvato con d.lgs. 16 aprile 1994,
n. 297) continua «ad applicarsi limitatamente alle classi di istituti
e  scuole  di  istruzione  secondaria  superiore  ancora  funzionanti
secondo  il  precedente  ordinamento»  ed  e'  abrogata  «a decorrere
dall'anno   scolastico   successivo  al  completo  esaurimento  delle
predette classi».
    Per  le  considerazioni  svolte  risulta quindi accelerato che le
circolari   impugnate   correttamente  danno  immediata  operativita'
all'art. 14, comma 5, del decreto legislativo n. 226/2005 nella parte
in  cui  introduce  il  divieto  di costituire commissioni d'esame di
Stato per i candidati esterni eccedentari presso le scuole paritarie.
    11.  -  Nella ricorrenza di tale premessa, deve quindi esaminarsi
la  proposta  questione  di  legittimita'  costituzionale della norma
legislativa  in questione (nella parte, ripetesi, in cui riserva agli
istituti statali le commissioni d'esame per soli «esterni», sulla cui
base sono state emanate le circolari impugnate.
    Premette  al  riguardo  la  parte  ricorrente  che  il divieto di
costituire   commissioni  di  soli  candidati  esterni  nelle  scuole
paritarie,  ove  sia  superata  la soglia dei cinquanta per cento dei
candidati   interni,  porterebbe  famiglie  e  studenti  a  preferire
inevitabilmente  la  piu' rassicurante e completa offerta di servizio
scolastico  degli istituti statali. Inoltre, per le scuole paritarie,
«la  programmazione delle spese da affrontare in termini di contratti
di  lavoro  da  stipulare  e di strutture da mantenere sarebbe appesa
all'incognita  delle  iscrizioni  degli  studenti  sempre piu' dubbia
davanti a una disciplina legislativa cosi' sfavorevole ed iniqua».
    L'incostituzionalita'  della  norma  in  questione  consisterebbe
nell'aver  ecceduto  la  delega  di  cui alla legge n. 53/2003, nella
violazione   del  principio  dell'equipollenza  delle  scuole,  della
liberta'  di  scelta  delle famiglie e degli studenti, della liberta'
dell'iniziativa economica, del principio di sussidiarieta'.
    Si  sottolinea,  in  particolare, che la disciplina della parita'
delle  scuole  non  statali,  proclamato dall'art. 33, comma 4, della
Costituzione,   impone   l'obbligo   di   assicurare  un  trattamento
scolastico equipollente rispetto alle istituzioni statali, che non si
esaurisce  nella  possibilita'  per le scuole paritarie di rilasciare
titoli  di studio aventi valore legale, ma include tutta una serie di
profili  tra  i  quali  la  piena condizione di competitivita' con le
scuole statali.
    Ed  invero,  si prospetta tra l'altro che con la legge n. 62/2000
sulla parita' scolastica:
        e'   stato   istituito  un  sistema  nazionale  integrato  di
istruzione  che  colloca, accanto alle scuole statali, quelle private
paritarie  con  una  sostanziale identita' di funzione e di ruolo nel
perseguimento di fondamentali obiettivi di rilevanza costituzionale;
        e'  stato  disegnato  un  sistema  di prestazione dei servizi
articolato,  pluralistico  e concorrenziale, individuando le famiglie
come soggetti operativi nella scelta;
        e' stata apprestata una varieta' di strutture scolastiche che
consentono,  in  armonia  con  i  principi  del  pluralismo  e  della
sussidiarieta'  (art. 118,  u.c.,  Cost.), diversi modi per godere un
diritto sociale quale quello all'istruzione;
        in  adeguamento dei principi di libera concorrenza, di libero
mercato  e  di  mobilita' nelle prestazioni dei servizi stabiliti nei
Trattati dell'Unione europea, e' stata assicurata l'istituzione di un
sistema   nazionale   di   istruzione   che   permetta   l'espansione
dell'offerta  formativa,  aprendosi  alla  partecipazione  di tutti i
soggetti  operativi  qualificati  che, non solo italiani, ma anche di
provenienza  europea,  intendano  concorrere alla realizzazione delle
finalita' che la legge stabilisce.
    12.  -  La  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14
comma  5  del  d.lgs.  n. 226/2205,  nella  parte  in  cui prevede la
possibilita' di costituire commissioni apposite per candidati esterni
solo  presso gli istituti statali e non anche presso quelli paritari,
appare  rilevante  e non manifestamente infondata, alla stregua delle
seguenti considerazioni.
      13.  -  In  punto  di  rilevanza  e'  agevole osservare come le
circolari   impugnate   con   i   motivi  aggiunti  di  cui  trattasi
costituiscano   applicazione  della  norma  del  decreto  legislativo
sospettata di incostituzionalita'. Di conseguenza, la declaratoria di
non conformita' della norma ai parametri costituzionali priverebbe di
fondamento  legale  dette  circolari,  determinandone in parte qua la
caducazione.
    14. - Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, che
giustifica  il  vaglio  di costituzionalita' della norma legislativa,
valgano le seguenti considerazioni.
    l5.  -  Come si e' premesso, in attuazione della delega conferita
con  la  legge  28  marzo  2003, n. 53, e' stato emanato il d.lgs. 17
ottobre 2005, n. 226, con il quale sono state poste le norme generali
e  i  livelli  essenziali delle prestazioni relativi al secondo ciclo
del sistema educativo di istruzione e di formazione.
    L'art.  14  di  detto  decreto  legislativo, intitolato «Esame di
Stato»,  dispone  al  suo  quinto  comma: «All'art. 4, comma 4, della
legge  10  dicembre  1997, n. 425, il terzo periodo e' sostituito dal
seguente:   "I  candidati  esterni  sono  ripartiti  tra  le  diverse
commissioni  degli  istituti  statali  e  paritari  ed il loro numero
massimo  non  puo'  superare  il  cinquanta  per  cento dei candidati
interni; nel caso non vi sia la possibilita' di assegnare i candidati
esterni alle predette commissioni possono essere costituite, soltanto
presso gli istituti statali, commissioni apposite"».
    La  norma  in  questione  ha,  in  parte,  ribadito  la pregressa
disciplina  dettata  con  l'art. 4,  comma 4, della legge n. 425/1997
(contenente  la  riforma  dell'esame  di  Stato dei corsi di studi di
istruzione secondaria superiore), e cioe' che il numero dei candidati
esterni   (c.d.   privatisti)   alle  commissioni  d'esame  di  Stato
funzionanti  presso  gli Istituti statali e quelli paritari, non puo'
superare  il  cinquanta  per  cento  dei  candidati interni; ha anche
disposto  che  il  superamento dell'anzidetta percentuale consente la
costituzione  di apposite commissioni di candidati esterni, ma - e in
cio' si concreta il profilo innovativo della norma - «so1tanto presso
gli istituti statali».
    Sembra   al   Collegio   che  quest'ultima  parte  dell'anzidetta
disposizione  (riguardante  la  costituzione  di commissioni per soli
candidati  esterni  presso  gli  istituti  statali),  possa  porsi in
contrasto  con  la  direttrice  fondamentale  dell'art. 1 della legge
delega   n. 53/2003,   che  individua  l'obiettivo  della  formazione
delegata in quello di «favorire la crescita e la valorizzazione della
persona  umana,  nel  rispetto  dei limiti dell'eta' evolutiva, delle
differenze  e  dell'identita'  di  ciascuno  e delle scelte educative
della  famiglia, nel quadro della cooperazione tra scuola e genitori,
in   coerenza   con  il  principio  di  autonomia  delle  istituzioni
scolastiche e secondo i principi sanciti dalla Costituzione».
    Ed  invero,  se  tra  i  valori-obiettivo  prefissati dalla legge
delega  viene  indicata  la  liberta' di scelta dello studente, quale
espressione  qualificante  della  liberta'  di autodeterminazione del
giovane  cittadino,  (identita'  di ciascuno), nonche' la liberta' di
scelta  delle  famiglie (scelte educative della famiglia), implicante
la  valutazione  della  sede (Istituto) piu' idonea per frequentare i
corsi  scolastici  e sostenere gli esami, deve ritenersi che la norma
risulti dissonante rispetto a tali principi ispiratori.
    In  tale  situazione,  infatti,  il vincolo posto dalla norma, al
verificarsi  del superamento nella commissione d'esame di Stato della
prevista percentuale numerica calcolata sui candidati interni, di far
svolgere  al  candidato  esterno  l'esame presso un istituto statale,
comprime   la   liberta'   di   scelta   dello   studente,  negandone
quell'autonomia decisionale che pure, in special modo nell'eta' della
formazione  della  personalita', assurge a condizione imprescindibile
per  la  realizzazione  del  valore  del pieno sviluppo della persona
umana sancito nell'art. 3, cpv., Cost.
    16.   -  Oltre  che  per  eccesso  di  delega,  nel  profilo  ora
prospettato  (con possibile contrasto quindi con l'art. 76 Cost.), la
norma  censurata  non appare aderente al sistema costituzionale sotto
piu' versi.
    17.  -  Essa  sembra  anzitutto  confliggere  con l'art. 41 della
Costituzione   che  afferma  e  tutela  la  liberta'  dell'iniziativa
economica privata.
    Occorre   procedere  dal  dato  che  le  scuole  paritarie  hanno
un'indubbia    connotazione    imprenditoriale.   Per   effetto   del
riconoscimento   della   parita',   queste  scuole  sono  legittimate
all'erogazione  del  servizio pubblico di istruzione. Cio' non toglie
che,  a  differenze  delle scuole statali, che sono enti pubblici non
economici,  le  scuole  paritarie  sono gestite da soggetti e da enti
privati  che  svolgono  un'attivita' tipicamente d'impresa, come tale
volta a ricavare vantaggi, economici o di altro tipo.
    Orbene,    una   norma,   quale   quella   oggetto   del   vaglio
costituzionale,  che  discrimina  le  scuole  paritarie,  sia pure al
superamento  delle soglie numeriche fissate per la composizione della
commissione  dell'esame  di Stato, escludendole dalla possibilita' di
costituire  commissioni  di  soli  candidati  esterni,  e' certamente
idonea  ad  offuscarne la considerazione presso la pubblica opinione,
in  termini  di  efficienza  e  di  qualita'  del  servizio  pubblico
erogabile   da   queste  istituzioni  scolastiche,  con  possibili  e
significative ricadute sul piano della loro sfera imprenditoriale.
    Questo  non tanto per la perdita di introiti, dato che non e' qui
in questione la perdita di profitti direttamente legata al divieto di
costituire   le   commissioni   de   quibus,   essendo  noto  che  la
partecipazione   agli   esami   di  Stato,  da  parte  dei  candidati
privatisti,  implica  il  solo  pagamento  di  un  tassa governativa,
peraltro di modesta entita', che affluisce nelle casse dell'erario.
    E' invece in questione, in cio' con piu' decisiva incidenza sulla
qualita'  imprenditoriale  delle  scuole  paritarie,  il fatto che le
iscrizioni  degli  studenti alle scuole paritarie o statali, sia pure
nel  limitato ambito della partecipazione all'esame di Stato da parte
di  candidati esterni, non dipenda da variabili tipicamente correlate
al  «servizio  istruzione»  (piano  dell'offerta formativa, programmi
scolastici  seguiti, modalita' esplicative dell'autonomia scolastica,
ect.),  ma  sia  esclusivamente correlato a un mero dato numerico (il
superamento  della  soglia  percentuale ipotizzata dalla norma) senza
peraltro  alcuna  considerazione  della  ricettivita' delle strutture
scolastiche.
    18.  -  La norma non sembra poi rispettosa dell'art. 33, comma 4,
della   Costituzione  che  ha  introdotto  l'istituto  della  parita'
scolastica,  imponendo  al  legislatore,  nel fissare i diritti e gli
obblighi  delle  scuole  non  statali  che  chiedono  la  parita', di
assicurare  ad  esse  piena  liberta' e ai loro alunni un trattamento
scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
    Come  e'  noto,  il  sistema scolastico nazionale e' storicamente
transitato da un originario regime di separazione tra scuola pubblica
e privata (rinvenibile fino ai primi due decenni del secolo scorso) a
un regime di integrazione tra i due tipi di scuola (che ha riguardato
specificamente la scuola privata paritaria), in linea peraltro con il
disegno  costituzionale  prefigurato  dall'art. 33,  comma  4,  della
Costituzione.
    E'  peraltro  noto  che  solo  con  la legge 10 marzo 2000, n. 62
(legge  di  assoluto rilievo storico, che ha introdotte le «Norme per
la parita' scolastica» sono state concretamente attuate le condizioni
per  il  superamento  del  c.d.  «regime  di giustapposizione» (cosi'
definito  dalla  dottrina)  tra  l'istruzione  fornita  dalle  scuole
pubbliche  e quella fornita dalla scuole private, e per il definitivo
approdo  all'integrazione  tra  scuola  pubblica e paritaria privata,
come prefigurato dalla norma costituzionale.
    La  creazione  di  un  sistema  nazionale integrato di istruzione
comporta,  come ben evidenziato dal ricorrente, che le scuole private
paritarie   si   pongono   accanto  alle  scuole  pubbliche  con  una
sostanziale  identita'  di  funzione e di ruolo nel perseguimento del
fondamentale obiettivo dell'istruzione, obiettivo che e' anche valore
di assoluta rilevanza costituzionale.
    Un  sistema  scolastico  fondato  sulla necessaria compresenza di
scuola  pubblica  e  privata,  anzi,  come  si  e'  detto, sulla loro
integrazione, e' un sistema coerente a un modello pluralistico che e'
autenticamente tale ove possa predicarsi una posizione di sostanziale
parita'  (nel  precitato  significato  di  parita'  di  identita'  di
funzione e di ruolo) tra le distinte istituzioni scolastiche deputate
all'erogazione dei servizio pubblico dell'istruzione.
    In  tale  quadro  si  iscrive  e acquista significato il precetto
costituzionale   dell'art. 33   Cost.  che,  ponendo  al  legislatore
ordinario il vincolo di assicurare agli alunni delle scuole paritarie
«un  trattamento  scolastico equipollente a quello degli alunni delle
scuole  statali»,  sancisce  una funzionale equivalenza tra le scuole
statali   e  quelle  paritarie.  Sicche'  e'  affatto  pertinente  la
considerazione   difensiva   che,  per  vincolo  costituzionale,  «la
disciplina  statale  non  puo'  collocarsi  al di sotto di un livello
minimo  di  garanzia dell'equipollenza tra le scuole statali e quelle
non statali».
    Va    poi   significativamente   soggiunto,   quanto   all'ambito
concettuale  della  riferita  locuzione  costituzionale  «trattamento
scolastico   equipollente»,   che   di   essa   non   va  patrocinata
un'interpretazione    riduttivamente    letterale   nel   senso   che
l'equipollenza  consista  nella  sola legittimazione delle scuole non
statali a rilasciare titoli di studio aventi valore legale.
    Come  condivisibilmente si sottolinea da parte del ricorrente, il
livello di rilevanza delle scuole paritarie attiene a tutta una serie
di  profili, tra i quali la condizione di piena competitivita' con le
scuole non statali.
    Il trattamento scolastico equipollente non si arresta pertanto al
mero  riconoscimento  del  titolo  di  studio,  ma  implica  anche un
riconoscimento  della  qualita'  del  servizio  di istruzione erogato
dall'istituzione scolastica paritaria da considerarsi alla stregua, e
quindi ne' inferiore, a quello proveniente dalla scuola statale.
    A   conferma   dell'assunto  che  precede,  e'  significativa  la
circostanza  che,  nel  contesto  dell'art. 1,  comma  4, della legge
n. 62/2000,  la  parita'  scolastica  viene  in rilievo, al di la' di
situazione  di  status  che  abilita  al rilascio di titoli di studio
aventi  valori  legali, per i contenuti dell'attivita' prestata e per
la   soggezione   della   scuola   non   statale  che  ne  chiede  il
riconoscimento ai requisiti di qualita' e di efficacia previsti dalla
legge medesima.
    Nella delineata situazione, dalla quale e' possibile desumere che
l'inserimento delle scuole paritarie private nel sistema nazionale di
istruzione  determina  l'equivalenza  di  trattamento nel servizio di
istruzione degli studenti tra le scuole private e quelle statali, una
norma legislativa, quale quella all'esame, che impone, al verificarsi
della  condizione  in  essa prevista, la costituzione di «commissioni
apposite» per i candidati esterni all'esame di Stato «soltanto presso
gli istituti statali» (con esclusione quindi degli istituti paritari)
e'  idonea  a  infrangere  la  disciplina  costituzionale  posta  dal
precitato  quarto comma dell'art. 33 della Costituzione ed a stridere
con  la  legge  n. 62  del  2000  che  ha dato attuazione al precetto
costituzionale sulla parita' scolastica; e' altresi' idonea a violare
il principio di uguaglianza posto dall'art. 3 della Costituzione, non
ravvisandosi  profili  di  razionalita'  atti  a  giustificare, nella
sussistenza  del  sistema  di  integrazione  tra  scuola  pubblica  e
paritaria  privata,  la  limitazione  del  servizio di istruzione nei
riguardi  di  quest'ultima; e' altresi' idonea, infine, a determinare
un vulnus anche all'art. 118 della Costituzione, in cui si afferma il
principio  della  sussidiarieta',  del  quale  la  norma in questione
comporta  un aspetto di inattuazione, in considerazione del fatto che
la  configurazione  della scuola paritaria, quale istituzione privata
volta  a  soddisfare  interessi  considerati  di carattere generale e
pubblico  dallo  stesso  legislatore,  si inserisce armonicamente nel
recente   assetto  di  competenze  in  cui  e'  prevista  appunto  la
valorizzazione del principio di sussidiarieta'.
    In effetti, la perentoria statuizione della norma - che prescinde
da  ogni considerazione circa le capacita' ricettive dell'istituzione
paritaria  e  affida  comunque,  nel  caso  di  candidati  privatisti
eccedentari  la  soglia  percentuale  indicata dalla norma stessa, lo
svolgimento  dell'esame  di Stato alle commissioni funzionanti presso
le  scuole statali - e' espressiva di un atteggiamento di sfiducia, o
quanto  meno  di  perplessita',  da parte del legislatore statale nei
riguardi  delle  istituzioni paritarie private, nel senso di reputare
che  solo  presso  le  scuole  statali  l'esame di Stato, da parte di
commissioni  che abbiano a occuparsi di soli candidati esterni, possa
svolgersi in rispondenza a canoni di efficienza e di qualita'.
    Una  siffatta  intentio  legis sembra svelare pero' un eccesso di
potere  del  legislatore atteso che questi ometterebbe di considerare
che   il   riconoscimento   della  parita'  scolastica  implica,  per
necessita'   giuridica   riveniente  dal  quadro  costituzionale  che
ipotizza  un  sistema  nazionale  integrato  di  istruzione,  che  il
servizio  pubblico  reso dalle scuole paritarie sia, sotto il profilo
qualitativo,  comparabilmente adeguato a quello prestato dalle scuole
pubbliche.
    Del resto, anche alla stregua di precedente pronuncia della Corte
costituzionale  (cfr. ordinanza n. 423 del 18 ottobre 2002), la legge
n. 62/2000,  costituendo  attuazione  dell'art. 33,  comma  4,  della
Costituzione,  determina  piena  parita'  tra istituzioni scolastiche
statali   e   private,   nell'ambito  di  un  servizio  nazionale  di
istruzione,  ed e' tale quindi da non consentire diversificazioni tra
le  attivita'  scolastiche  consentite alle une e alle altre, a danno
delle  scuole  private e con pregiudizio delle possibilita' di scelta
degli utenti.
    Su  tali  premesse,  insomma,  non ha fondamento logico prima che
giuridico  inclinare  a  posizioni  di  valutazione pregiudiziale sul
servizio  ascrivibile  alle  scuole  paritarie,  sia pure nel ridotto
ambito operativo qui esaminato.
    La  sezione  ritiene  di  dovere  in  proposito  evidenziare  - a
ulteriore  conferma  del dubbio di costituzionalita' sopra esposto in
ordine  allo  specifico  intervento  del  legislatore nazionale - che
l'anzidetta  valutazione  vada adeguatamente operata ex ante, e cioe'
in  sede  di  riconoscimento della parita' scolastica, accertando, in
capo  alle istituzioni private richiedenti, il possesso dei requisiti
appositamente prescritti dall'art. 1, comma 2, della legge n. 62/2000
(tra  i quali, in particolare, i requisiti di «qualita' ed efficacia»
del servizio erogabile) e, all'esito dell'intervenuto riconoscimento,
sottoponendo  a  verifica la permanenza di detti requisiti a mezzo di
una  costante  e  capillare attivita' di vigilanza, pure prevista dal
comma sesto del medesimo art. 1.
    19. - Alla stregua delle considerazioni che precedono, si solleva
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5, del
d.lgs.  17  ottobre  2005,  n. 225 nella parte in cui, sostituendo il
terzo  periodo  dell'art. 4,  comma  4, della legge 10 dicembre 1997,
n. 425,  dispone che per l'eventuale configurazione di commissioni di
esame di Stato formate di soli candidati privatisti, tali commissioni
«possono essere costituite soltanto presso gli istituti statali», per
contrasto  con  i  principi costituzionali desumibili dagli artt. 76,
41, 3 e 33, comma 4, e 118 della Costituzione.
    Si  dispone,  pertanto,  la  trasmissione  degli  atti alla Corte
costituzionale, con conseguente sospensione in parte qua del presente
giudizio, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per
la pronuncia sulla legittimita' costituzionale della predetta norma.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14,  comma  5,  del d.lgs. 17
ottobre  2005,  n. 226,  nella  parte  enunciata  in motivazione, per
contrasto  con  i  principi costituzionali desumibili dagli artt. 76,
41, 3 e 33, comma 4, della Costituzione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione in parte qua del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  Camera  di consiglio del 16 e 19
gennaio 2006.
                      Il Presidente: Corasaniti
Il consigliere estensore: Lundini  06C0502