N. 70 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 giugno 2006
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 giugno 2006 (della Regione Piemonte) Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione a conclusione di non corretta dinamica procedimentale, in relazione all'acquisizione e alla valutazione del parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni - Denunciata violazione del procedimento di formazione delle norme e delle specifiche prescrizioni della legge di delega - Denunciata violazione del principio di leale collaborazione in relazione all'affidamento riposto nell'iter di concertazione inizialmente stabilito con il Ministro dell'ambiente - Richiesta di dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero atto per vizi procedimentali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. - Costituzione, artt. 5, terzo periodo, e 76. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata incidenza su settori di competenza legislativa concorrente (governo del territorio, tutela della salute, protezione civile, energia) e di competenza legislativa residuale (agricoltura, settori produttivi, servizi pubblici locali, lavori pubblici, ecc.) - Denunciata esorbitanza dello Stato dai limiti ad esso imposti, pretermissione del contributo delle Regioni, violazione del principio di leale collaborazione - Richiesta di dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero atto. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. - Costituzione, art. 117. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata introduzione di importanti innovazioni e regolamentazioni ex novo, in contrasto con l'oggetto della delega prescrivente coordinamento normativo e razionalizzazione delle discipline esistenti - Denunciato vizio di eccesso di delega, violazione dell'assetto istituzionale delle competenze statali, regionali e locali anche espressamente confermato dalla legge di delega, contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, omessa e non corretta applicazione dei principi di sussidiarieta', di differenziazione e di adeguatezza, carente o non esatta applicazione della normativa comunitaria e delle convenzioni internazionali in materia di tutela ambientale - Richiesta di dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero atto. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. - Costituzione, artt. 3, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC) - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata incidenza su settori di competenza legislativa concorrente e residuale senza previsione di integrazione delle diverse procedure e autorizzazioni - Lamentata violazione dell'assetto di competenze previgente, in contrasto anche con i principi e criteri direttivi della legge di delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte II (artt. da 4 a 52). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) - Prevista applicazione ai progetti preliminari e non anche ai progetti definitivi che contengano modifiche rilevanti, nonche' mancata integrazione in unica sede decisionale con altri procedimenti autorizzativi le cui decisioni vengono prese con riferimento al progetto definitivo - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato contrasto con le direttive 85/337/CEE e 97/11/CEE - Lamentata carente o non esatta applicazione della normativa comunitaria - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 5, comma 1, lett. e). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Istruttoria per le valutazioni VAS, VIA, IPPC riguardanti opere ed interventi di rilievo nazionale - Commissione tecnico consultiva nazionale - Integrazione per ogni sottocommissione con un «esperto» designato dalla Regione interessata - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentate inadeguatezza e limitatezza della partecipazione regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 6, comma 6. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione ambientale strategica (VAS) - Giudizio di compatibilita' ambientale ed approvazione del piano o programma proposto - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata preponderanza nel processo decisionale del ruolo dello Stato - Lamentato contrasto con la direttiva 2001/42/CE - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 12. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione ambientale strategica (VAS) - Giudizio di compatibilita' ambientale ed approvazione del piano o programma proposto - Termini per l'emissione del giudizio, intervento in via sostitutiva del Consiglio dei ministri, presunzione di giudizio negativo per inutile decorso del termine, estensione della disciplina ai piani e programmi sottoposti a VAS di competenza regionale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata preponderanza nel processo decisionale del ruolo dello Stato - Lamentato contrasto con la direttiva 2001/42/CE - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 12, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione ambientale strategica (VAS) - Piani e programmi sottoposti a VAS in sede regionale o provinciale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata compressione dello spazio normativo delle Regioni nella definizione di procedure di loro competenza - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 21 e 22, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione di impatto ambientale (VIA) - Categorie progettuali sottoposte a VIA - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato incompleto o inesatto recepimento delle categorie indicate dalla direttiva comunitaria 85/337 come modificata dalla direttiva 97/11 - Lamentata lesione delle prerogative regionali in materia di attuazione diretta delle norme comunitarie - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 23, in relazione all'allegato III. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, commi primo e quinto, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione di impatto ambientale (VIA) - Competenza del Ministro dell'ambiente per i progetti di opere ed interventi genericamente individuati come «sottoposti ad autorizzazione statale» - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato ampliamento dell'ambito di competenza statale e alterazione dell'assetto di competenze amministrative gia' esistente, nonche' contrasto con i criteri direttivi della legge delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 25, comma 1, lett. a). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Progetti sottoposti a VIA in sede regionale o provinciale - Possibilita' di variazione delle «soglie», sulla cui base e' costruito il sistema delle categorie sottoposte a VIA, nel solo incremento del venti per cento - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata limitazione, innovativa rispetto alla previgente disciplina, del margine di adattamento alle realta' locali rimesso alla normativa regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 42, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Procedure di VIA in sede regionale o provinciale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata imposizione alle Regioni di disciplina di analitico dettaglio per i progetti di loro competenza, in assenza di esigenze di uniformita' o standard di tutela - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 43. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Valutazione di impatto ambientale (VIA) - Emanazione delle norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilita' per ciascuna categoria di opere - Attribuzione ad organi ministeriali - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata omessa partecipazione delle Regioni e degli enti locali, quantomeno con il parere della Conferenza Stato-Regioni - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 51, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Difesa del suolo - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione di disciplina di completa revisione con norme puntuali e di dettaglio, escludenti ogni intervento legislativo regionale, in ambito rientrante nella materia «governo del territorio» con intersezioni con altre materie di competenza regionale - Lamentato sconvolgimento dell'assetto delle competenze esistenti, con accentramento in capo allo Stato - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, articoli da 53 a 72. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Difesa del suolo - Ripartizione dell'intero territorio nazionale in otto «distretti idrografici» con contestuale immediata soppressione dei bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata eliminazione di una partizione rispettosa dell'autonomia regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 64. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Difesa del suolo - Autorita' di bacino distrettuale - Organi e relativa composizione - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata preponderante presenza dell'apparato governativo con compressione del ruolo e del peso delle Regioni - Lamentata soppressione del precedente assetto istituzionale ritenuto piu' idoneo a bilanciare gli interessi unitari e locali - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 63. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Difesa del suolo - Istituzione dei distretti idrografici e delle relative autorita' di bacino distrettuale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata totale assenza di un regime transitorio, con irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico e all'ordinamento giuridico della Repubblica - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali - Richiesta di sospensiva. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 63, 64 e 175, comma 1, lett. l). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Difesa del suolo - Strumenti di pianificazione - Piani di bacino distrettuale, piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e misure di prevenzione per le aree a rischio - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata illogicita' dell'articolazione del sistema e incoerenza rispetto agli obiettivi della direttiva 2000/60/CE, radicale innovazione del sistema in contrasto con i principi e criteri della legge delega e con compressione delle prerogative istituzionali regionali - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 65, 66, 67 e 68. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione di disciplina di completa revisione con norme puntuali e di dettaglio, escludenti ogni intervento legislativo regionale, in ambito rientrante nella materia «governo del territorio» con intersezioni con altre materie di competenza regionale e segnatamente con la materia «tutela della salute» - Lamentato sconvolgimento dell'assetto delle competenze esistenti, con accentramento in capo allo Stato - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, articoli da 73 a 140. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Aree sensibili - Attribuzioni ministeriali da esercitarsi sentita la Conferenza Stato-Regioni - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata omessa previsione di una intesa - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 91, commi 2 e 6. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Procedimenti attinenti alla gestione del demanio idrico - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione di disposizioni di minuto dettaglio in ambiti gia' rientranti nelle competenze trasferite dal d.lgs. 112/1998, con incidenza sulle norme regionali - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 96. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Autorizzazione dello scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unita' geologiche profonde - Attribuzione alla competenza ministeriale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata sottrazione alla competenza regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 104, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Disciplina regionale delle acque meteoriche di dilavamento e di restituzione delle acque - Necessita' di preventivo parere del Ministero dell'ambiente - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata lesione della potesta' normativa regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 113, comma 1, e 114, comma 2. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Sottoposizione del piano di tutela e del programma di misure integrativo all'approvazione rispettivamente del Ministro dell'ambiente e dell'Autorita' di bacino - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata subordinazione delle potesta' regionali di pianificazione e programmazione al controllo di organi statali, in contrasto con l'assetto costituzionale e con il quadro complessivo delle rispettive attribuzioni amministrative - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 116. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela delle acque dall'inquinamento - Disciplina dei piani di gestione e di tutela delle acque - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata contraddittorieta', sostanziale inottemperanza alla direttiva 2000/60/CE, ingiustificata innovazione del quadro normativo ed amministrativo vigente, anche in violazione dei principi della legge di delega, lesione delle prerogative costituzionalmente garantite delle Regioni, grave nocumento all'interesse pubblico anche per l'assenza di idonea norma transitoria - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali - Richiesta di sospensiva. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 117, commi 1 e 2, 121 e 175, comma 1, lett. bb), in quanto comporta l'abrogazione dell'art. 44 del d.lgs. 152/1999. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione delle risorse idriche - Istituzione dell'autorita' d'ambito territoriale ottimale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata innovazione estranea alle indicazioni della legge delega, contrasto con il complessivo quadro istituzionale e l'assetto organizzativo delle funzioni gia' stabilito, limitazione delle potesta' regionali di organizzazione delle funzioni amministrative nel territorio e nella organizzazione dei servizi pubblici locali, assenza di idonea norma transitoria - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali - Richiesta di sospensiva. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 148, comma 5. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione delle risorse idriche - Servizio idrico integrato - Modalita' della scelta da parte dell'autorita' d'ambito della forma di gestione e delle procedure di affidamento del servizio - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata attrazione nell'ambito di attivita' amministrativa ministeriale di tutta la disciplina, con consolidamento di precedenti atti ministeriali, invasione delle competenze regionali con l'adozione di normativa di dettaglio - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 150 e 170, comma 3, lett. i). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Intero complesso normativo in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata abrogazione di tutto l'apparato normativo previgente con sovvertimento del sistema delle competenze e della pianificazione - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte III (articoli da 53 a 176). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Formazione di accordi di programma con soggetti economici o associazioni di categoria per la definizione di metodi di recupero derogatori della disciplina generale e per le attivita' sottoponibili alle procedure semplificate - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata innovazione rispetto al quadro legislativo vigente ed ultroneita' rispetto ai principi e criteri della legge di delega, lesione della funzione amministrativa regionale, disparita' di trattamento in danno di talune categorie sociali, travisamento della normativa comunitaria - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 181, commi 7 e 11, e 214, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Nozioni di rifiuto, sottoprodotto, materia prima secondaria per attivita' siderurgiche e metallurgiche - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato restringimento del campo di applicazione della disciplina interna e comunitaria con deregolamentazione mascherata, contrasto con le direttive comunitarie, contrasto con i principi della legge di delega, incertezza di disciplina con danno degli interessi pubblici e privati - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 183, 194 e 212. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Terre e rocce da scavo - Esclusione dal regime giuridico dei rifiuti - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato contrasto con le direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE, protrazione del contenzioso comunitario gia' avviato sulla previgente normativa, nocumento all'attivita' amministrativa regionale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 186. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Competenze statali, regionali, comunali - Ricorso della Regione Piemonte Lamentato accentramento a livello ministeriale delle attivita' pianificatorie non sorretto dalla legge di delega e non giustificato da esigenze di trattamento unitario degli interessi coinvolti, previsione del parere della Conferenza Stato-Regioni anziche' dell'intesa, lesione delle prerogative regionali nelle materie «governo del territorio», «tutela della salute» «servizi pubblici locali», «organizzazione», adozione di disciplina di dettaglio - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 195, 196, 197, 198, 199 e 200. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Servizio di gestione integrata dei rifiuti - Piani regionali - Potere sostitutivo in capo al Ministro dell'ambiente - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato contrasto con le previsioni costituzionali in tema di poteri sostitutivi, mancanza di coinvolgimento delle Regioni - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 199, comma 9. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e utilizzazione delle gestioni esistenti - Disciplina dell'affidamento del servizio - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione di norme estremamente dettagliate ed autoapplicative con compressione dell'autonomia regionale e degli enti locali nelle materie «servizi pubblici locali» e «organizzazione» - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 201, 202, 203 e 204. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Definizione di raccolta differenziata e misure per incrementarla - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata introduzione di criteri in contrasto con gli obiettivi di tutela ambientale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 205 in relazione all'art. 183, comma 1, lett. f). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Gestione dei rifiuti - Tariffa - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata introduzione di rilevanti elementi innovativi circa i presupposti per l'applicazione, in contrasto con i principi e criteri direttivi contenuti nella delega, nonche' violazione del principio comunitario del «chi inquina paga» per la connotazione impropriamente tributaria attribuita alla tariffa - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Definizione della «messa in sicurezza operativa» - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata innovazione dell'impianto giuridico gia' costituito senza supporto nelle previsioni della legge di delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 240. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Procedure operative e amministrative - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata innovazione dell'impianto giuridico gia' costituito senza supporto nelle previsioni della legge di delega, ripercussioni negative sulla attivita' amministrativa, ostacolo a un intervento dell'autorita' pubblica tempestivo e specifico, incongruenze in relazione alle disposizioni degli artt. 244 e 245 ed a quelle della parte VI riguardanti le azioni di prevenzione e di riparazione del danno ambientale - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 242. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Accordi di programma - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata obbligatorieta' - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 246. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Siti di interesse nazionale - Eliminazione dell'intesa della Regione territorialmente competente in ordine alla definizione ed approvazione del progetto di intervento - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata mancanza di giustificazione, incongruenza rispetto alla norma che attribuisce il finanziamento degli interventi alle Regioni - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 252. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Intero complesso normativo in materia di tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata mancata realizzazione dell'obiettivo previsto dalla delega di «revisione» della disciplina esistente nel rispetto della direttiva 2001/81/CE (direttiva NEC), inadeguata considerazione della relazione tra tutela ambientale e disciplina in materia di energia e di impianti energetici di competenza concorrente, generale compressione e pretermissione delle competenze regionali pianificatorie e programmatorie - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte V (articoli da 267 a 298). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Adozione di misure a favore della produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili e dello sviluppo della base produttiva di tecnologie pulite - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato omesso coinvolgimento esplicito della competenza regionale esistente in materia, nonche' specifica modalita' di utilizzo dei «certificati verdi» non contemplata dalla legge di delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 267, comma 4, punti a) e c). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Autorizzazione alle emissioni - Introduzione di un periodo di validita' con fissazione dello stesso nella misura di quindici anni - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata eccessivita' in relazione al processo di rinnovamento tecnologico, con danno per la tutela dell'ambiente - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 269, comma 7. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Valori limite di emissione e prescrizioni - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata fissazione, in base a criterio centralistico, di valori meno rispondenti all'obiettivo della tutela ambientale rispetto a quelli gia' esistenti nelle diverse Regioni - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 271 in relazione agli Allegati. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Possibilita' di fissare valori limite di emissione e prescrizioni piu' severi con il vincolo della valutazione e della previa intesa con i Ministri dell'ambiente e della salute - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata compressione del ruolo delle Regioni - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 281, comma 10. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela dell'aria e riduzione delle emissioni in atmosfera - Regolamentazione degli impianti termici - Ricorso della Regione Piemonte - Ritenuta incidenza della disciplina nella materia dell'«energia» di competenza concorrente e lamentata adozione di disciplina di dettaglio, mancato raggiungimento dell'obiettivo di razionalizzazione fissato nella delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 284, 285, 286 e 287. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Intero complesso normativo in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione di disciplina innovativa nella individuazione del danno ambientale e nelle misure e procedure per la prevenzione o riparazione dello stesso e per le azioni risarcitorie a carico dei responsabili, lamentato accentramento di tutte le attivita' decisionali in capo al Ministro dell'ambiente, in contrasto con i limiti e i criteri posti dalla legge delega - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte sesta (articoli da 299 a 318). - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente - Attivita' di prevenzione e riparazione del danno ambientale, provvedimenti e procedure per l'attuazione di interventi ripristinatori o per il risarcimento per equivalente, anche in relazione all'esercizio di corrispondenti azioni giudiziarie - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata introduzione di disciplina innovativa, di minuto dettaglio, riduttiva degli strumenti, modi e tempi dell'azione di pubblica tutela - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 308, 313, 314 e 315. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente - Competenze e obblighi degli operatori interessati in caso di pericoli, minaccia imminente che richieda misure di prevenzione e messa in sicurezza e interventi per il ripristino ambientale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato accentramento di tutta l'attivita' di intervento amministrativo e di azione risarcitoria in capo allo Stato con attribuzione alle Regioni e agli enti locali di un ruolo di mero snodo burocratico, con parificazione a soggetti privati - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 301, comma 3, 304, comma 2, 305, comma 1, 309 e 310. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120. Ambiente - Decreto legislativo delegato per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale - Tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente - Attivita' amministrativa nell'ambito di precauzione, prevenzione, ripristino nonche' azioni risarcitorie con ordinanza od in via giudiziaria - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato accentramento in capo al Ministro, senza alcuna forma di partecipazione delle amministrazioni territorialmente interessate, in contrasto con la previgente disciplina - Denunciata violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. - D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 301, 304, 305, 306, 308, 311, 312, 313, 314 e 315. - Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.(GU n.29 del 19-7-2006 )
Ricorso per la Regione Piemonte in persona del presidente pro tempore prof. Mercedes Bresso, in forza di autorizzazione della giunta regionale dd.gr. n. 27-2689 del 24 aprile 2006 e n. 35-3061 del 5 giugno 2006, con la rappresentanza e difesa dell'avv. Anita Ciavarra e dell'avv. Gabriele Pafundi e con elezione di domicilio presso quest'ultimo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, per procura speciale a margine del presente atto. Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 «Norme in materia ambientale» nel suo complesso e con riguardo alle sue norme parte seconda, con specifico rilievo degli artt. 5, 6, 12, 21, 22, 23 ed Allegato III, 25, 42, 43, 51; parte terza con specifico rilievo degli artt. 57, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 91, 96, 104, 113, 114, 116, 117, 121, 141, 148, 150, 170, 174, 175, 176; parte quarta con specifico rilievo degli artt. 181, 183, 186, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, da 201 a 204, 205, 212, 214, 216, 238, 240, 242, 246, 252; parte quinta ed Allegati, con specifico rilievo degli artt. 267, 269, 281, 283, 284, 287; parte sesta, con specifico rilievo degli artt. 301, 304, 305 e da 308 a 315 per violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione, dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della Pubblica Amministrazione e con riguardo anche alla violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali, sotto i profili di seguito specificati nei motivi di diritto. P r e m e s s o i n f a t t o Nel supplemento ordinario n. 96 alla Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 88 del 14 aprile 2006 e' stato pubblicato il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale». In seguito alla legge di delega 15 dicembre 2004, n. 308, il Governo ha emanato il detto unico decreto legislativo, suddiviso in sei parti relative ai settori indicati nella legge di delega, art. 1, comma 1, ad eccezione della gestione delle aree protette, conservazione ed utilizzo. sostenibile degli esemplari di specie protette di flora e fauna, e cosi' riguardanti: Parte I - Disposizioni comuni; Parte II - Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC); Parte III - Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche; Parte IV - Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati; Parte V - Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera; Parte VI - Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, per totali 318 articoli di legge, oltre a cinque ponderosi allegati. Di detto decreto legislativo n. 152/2006, nel suo complesso per le modalita' della sua emanazione e per la sua impostazione nella disciplina dei diversi settori nonche' con riferimento a specifiche norme come indicate in epigrafe, la Regione Piemonte ravvisa illegittimita' costituzionale e lesivita' delle proprie prerogative istituzionali e sfera di competenza per i seguenti motivi di D i r i t t o I Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117,118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali - Aspetti generali. 1) La legge di delega 15 dicembre 2004, n. 308, all'art. 1, comma 4, stabiliva che i decreti legislativi dovessero essere adottati su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle premesse del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 viene riportato «(...) Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 18 novembre 2005; Acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281; Acquisiti i pareti delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 19 gennaio 2006; Acquisiti i parere delle competenti commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Viste le deliberazioni del Consiglio dei ministri, adottate nelle riunioni del 10 febbraio e del 29 marzo 2006, emana (...)». Invero, il Governo, dopo l'adozione assunta il 18 novembre 2005, presentava lo schema del decreto delegato corredato degli allegati tecnici per l'espressione del parere della Conferenza unificata solamente il 7 dicembre 2005, cosicche' nella seduta della Conferenza unificata, convocata gia' il 15 dicembre successivo, le regioni, aderendo le autonomie locali, chiedevano il rinvio dell'esame per un tempo sufficientemente congruo a consentire effettiva disamina e ponderazione del vasto corpus normativo presentato. Il Governo procedeva invece all'adozione del 19 gennaio 2006 ed all'ulteriore iter parlamentare senza piu' sottoporre il decreto all'esame della Conferenza unificata. La Conferenza dei Presidenti delle regioni e province autonome approvava il 26 gennaio 2006 un ordine del giorno corredato da un documento tecnico che evidenziava gravi rilievi di negativo giudizio per il metodo e per il merito. Come espresso nel detto documento del 26 gennaio 2006 (che la Regione Piemonte condivide e che si deposita, facendosi ad esso piu' volte riferimento nel presente ricorso) «il metodo istituzionale seguito dal Governo nell'elaborazione e approvazione del decreto legislativo ha completamente disatteso l'accordo firmato il 4 ottobre 2001 fra il Ministro Matteoli, le regioni, l'A.N.C.I. e l'U.P.I. nel quale le parti avevano concordato di "operare pariteticamente nell'elaborazione legislativa ai fini di conseguire gli obiettivi condivisi e garantire una interlocuzione sistematica con le regioni e gli enti locali nella fase preliminare ed in quelle successive sui singoli temi del-l'elaborazione dei decreti legislativi previsti dal disegno di legge delega". L'approvazione del decreto si e' configurata nei fatti come atto unilaterale del Governo che, violando il principio della leale collaborazione, ha privato le Regioni di un tavolo di confronto con l'Esecutivo statale, impedendo alle stesse e al sistema delle autonomie locali lo svolgimento di un lavoro collegiale e complessivo di analisi e proposta». Venivano altresi' esposti nel merito numerosissimi, seri e gravi rilievi, esprimendosi nel complesso una valutazione fortemente critica, considerando che il decreto «mina le fondamenta su cui poggia l'attuale impianto normativo, senza peraltro fornire gli elementi per l'organizzazione di un diverso sistema, coerente con il quadro costituzionale e aderente ai principi comunitari in materia di tutela ambientale. L'obiettivo generale e l'azione concreta e l'esperienza delle Regioni e degli enti locali in questi anni sono stati quelli di ricondurre le questioni della tutela dell'ambiente, sia negli aspetti della tutela dagli inquinamenti, sia negli aspetti della tutela delle risorse naturali e di preservazione degli equilibri ecologici, al criterio di prevenzione ed a quello di sostenibilita' dello sviluppo, in stretta connessione con le politiche settoriali e col governo del territorio. Solo una acquisizione nelle politiche settoriali e nel governo del territorio delle problematiche di tutela ambientale puo' garantire infatti il successo e la compatibilita' economica di una politica ambientale (...). Il decreto e' caratterizzato da una spiccata tendenza neocentralista, che comprime le competenze delle istituzioni regionali e locali per assegnare soprattutto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio un ruolo, anche minutamente gestionale, antitetico al principio di sussidiarieta' ed adeguatezza (...). Mentre un corretto approccio metodologico avrebbe richiesto, da un lato, la costruzione in questa materia soprattutto di un "diritto di principi", poiche' solo questi ultimi sono in grado di guidare in modo trasversale e coordinato i vari settori delle discipline coinvolte, e dall'altro il necessario coinvolgimento sin dalla fase di elaborazione della normativa di tutti i livelli territoriali di governo secondo il principio di corresponsabilita' e di leale collaborazione». Pertanto l'affermata acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997 n. 281, come ricordato nelle premesse del decreto legislativo, non corrisponde alla realta' dei fatti ed alla sostanza di quanto operato. La Conferenza unificata non e' stata posta in condizioni di esprimere effettivamente il proprio parere ed il Consiglio dei ministri ha deliberato senza di esso il 19 gennaio 2006. Le richieste espresse da regioni ed autonomie locali non hanno avuto seguito. L'ordine del giorno tuttavia approvato il successivo 26 gennaio con il documento sopraindicato non ha ricevuto neppure esso alcuna considerazione nel successivo iter a cui il Governo ha proceduto fino alla definitiva emanazione del decreto legislativo. Quanto sopra costituisce puntuale violazione del procedimento di formazione delle norme considerate e delle specifiche prescrizioni della legge di delega, integrandosi violazione dell'art. 5, terzo periodo e 76 della Costituzione, nonche' del principio di leale collaborazione con riguardo alle modalita' concrete con le quali si e' svolto il procedimento ed in relazione altresi' all'affidamento riposto dalle Regioni ed autonomie locali nell'iter di concertazione inizialmente stabilito con il Ministro dell'ambiente. 2) Quanto sopra considerato non ha peraltro rilievo meramente formale e di rispetto, ancorche' essenziale, di regole procedurali. Il decreto legislativo 152/2006 intitolato alla «materia ambientale» reca un complesso normativo, come in premessa ricordato, assai vasto ed incidente su settori che attengono anche, a volte identificandosi e sempre intrecciandosi, a materie la cui regolamentazione e' ascritta alla competenza concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. (governo del territorio, tutela della salute, protezione civile, energia) ed all'ambito di competenza rimesso alla legislazione regionale di cui al quarto comma dell'art. 117 Cost. (agricoltura, settori produttivi, servizi pubblici locali, lavori pubblici ecc.). Come piu' volte enunciato da codesta ecc.ma Corte, e' esclusa la stessa configurabilita' di una materia riconducibile in senso tecnico in via esclusiva alla «tutela dell'ambiente», qualificandosi l'ambiente come «valore» costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di materia «trasversale» in ordine alla quale si manifestano competenze diverse che ben possono essere regionali, spettando allo Stato il compito di fissare «standard» di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale e potendo d'altro canto porre in essere le regioni interventi legislativi nelle materie di propria competenza che attuino anche finalita' di tutela ambientale (fra le altre sent. 259/2004; 307/2003). Si vedra' in seguito come il decreto legislativo 152/2006 esorbiti per piu' aspetti dalla corretta individuazione di «standard» di tutela ambientale per disporre in modo pervasivo ed imperativo anche in ambiti di competenza regionale, ma si vuole qui evidenziare che proprio nella «materia ambientale» a cui il decreto si dirige, con complessa regolamentazione involgente vasti e diversificati settori, la compresenza e l'intreccio di competenze statali e regionali richiede necessariamente un modus operandi improntato al canone della leale collaborazione. «La Corte ha costantemente affermato che il principio di leale collaborazione deve presiedere a tutti i rapporti che intercorrono fra Stato e Regioni (...). Una delle sedi piu' qualificate per l'elaborazione di regole destinate ad integrare il parametro della leale collaborazione e' attualmente il sistema della Conferenza Stato-Regioni ed Autonomie locali. Al suo interno si sviluppa il confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in esito al quale si individuano soluzioni concordate di questioni controverse» (sent. 31/2006). La pretermissione del contributo delle regioni e province autonome nonche' delle autonomie locali tutte all'elaborazione delle norme del decreto legislativo 152/2006 ha sostanziale rilievo ad inficiarne la validita' nel suo complesso, al di la' della specificazione, pur presente, delle questioni attinenti a norme determinate. L'assenza di adeguato confronto delle disposizioni emanande, e ancor prima di adeguata valutazione delle differenti situazioni esistenti e delle possibili diversificate soluzioni adottabili, si riverbera infatti su tutta l'impostazione della disciplina considerata, indipendentemente dalla valutazione a posteriori dell'una o dell'altra norma nell'eventuale sua singola accettabilita' o meno. 3) Ulteriore violazione della legge di delega concerne l'estensione e la profondita' delle innovazioni apportate dal decreto delegato alla regolamentazione finora vigente dei diversi settori contemplati. L'art. 1, comma 1 della legge 308/2004 delegava il Governo ad emanare «uno o piu' decreti legislativi di riordino, coordinamento ed integrazione delle disposizioni legislative (nei seguenti settori e materie), anche mediante la redazione di testi unici (...)». E' piu' che evidente che l'oggetto della delega riguardava il coordinamento normativo nei vari ambiti in quanto interessati da diverse leggi succedutesi nel tempo o contenenti discipline parziali bisognevoli di raccordo e di eventuali integrazioni occorrenti alla loro coerenza ed organicita', mentre non consentiva l'introduzione di nuovi principi, nuove istituzioni, nuove funzioni o nuovi procedimenti. Anche i criteri direttivi indicati al comma 8 evidenziano tutt'al piu' un ambito di razionalizzazione delle discipline esistenti, anche in relazione alla necessita' di piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie ivi evidenziata, non gia' l'emanazione di nuova disciplina dei settori considerati, il che avrebbe richiesto l'individuazione degli specifici contenuti essenziali da parte della legge di delega, e non la mera indicazione di finalita' e criteri direttivi per un semplice riordino e coordinamento come invece stabilito dalla legge 308/2004. Il decreto delegato ha invece introdotto una serie di importanti innovazioni in piu' settori sia regolandoli totalmente ex novo sia modificando significativamente parti di disciplina con mutamento di impostazione o di contenuti, concretizzando esorbitanza dai limiti della legge di delega che rileva in ordine alle competenze regionali, che vengono sotto piu' aspetti significativamente compresse o pretermesse, come in prosieguo si specifichera' in relazione ai vari settori disciplinati. 4) Ancora l'art. 1, comma 8 della legge n. 308/2004 enuncia quale principio generale della delega che i decreti legislativi si pongano «nel rispetto (...) delle competenze per materia delle amministrazioni statali nonche' delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (...)». Anche da tale disposizione si evince l'ambito limitato al coordinamento normativo assegnato ai decreti delegati, che dovevano quindi porsi nel mantenimento dell'assetto normativo dei vari settori, gia' tracciato sia dalle norme nazionali sia dalle norme regionali gia' poste nelle varie materie in attuazione di esse, e del quadro di competenze scaturito dal «decreto Bassanini», anche con riferimento ai conferimenti di funzioni attuati nei riguardi di comuni, province e comunita' montane ed all'assetto organizzativo anche di forme di cooperazione ed associazione degli enti locali prefigurato dalla legislazione regionale negli ambiti di competenza. Il decreto legislativo 152/2006 procede invece ad una rivisitazione e ad un rifacimento ex novo di interi settori di attivita', senza apprezzabile razionale giustificazione in ordine al perseguimento di esigenze unitarie, come dopo si vedra', e superando senza tenere conto, neppure sotto l'aspetto minimale di una idonea disciplina transitoria, tutta la legislazione regionale vigente in materia, particolarmente intesa al coordinamento ed integrazione delle diverse competenze settoriali, che viene indistintamente tradotta insieme alla organizzazione di funzioni gia' attuata nel territorio regionale. Cosi' nella Regione Piemonte con la legge regionale 14 dicembre 1998, n. 4, «Disposizioni concernenti la compatibilita' ambientale e le procedure di valutazione», rivolta all'integrazione fra le valutazioni ed i procedimenti di valutazione ambientale e quelli di altre materie, urbanistica, commercio, industria ecc.; con la legge regionale 24 ottobre 2002, n. 24, «Norme per la gestione dei rifiuti», con la organizzazione delle attivita' programmatorie e gestionali delle province e dei comuni attraverso loro forme associative, l'individuazione degli obbiettivi della programmazione regionale e provinciale e dei tempi e modi di perseguimento ecc., attraverso il piano regionale dei rifiuti approvato con d.g.r. 30 luglio 1997 ed aggiornato con d.g.r. del 3 novembre 2003 e del 5 luglio 2004 ed i programmi provinciali di gestione dei rifiuti parimenti approvati; con la legge regionale 7 aprile 2000, n. 42, «Bonifica e ripristino dei siti inquinati. Approvazione del piano regionale di bonifica delle aree inquinate», che organizza e guida l'attivita' affidata ai comuni e raccordata a livello regionale ed il quadro dei finanziamenti e degli adempimenti di recupero degli oneri a carico dei soggetti responsabili, con interventi tutti in corso di attuazione; con la legge regionale 7 aprile 2000, n. 43, «Disposizioni per la tutela dell'ambiente in materia di inquinamento atmosferico e prima attuazione del piano regionale per il risanamento e la tutela della qualita' dell'aria», parimenti rivolta al coordinamento dei vari aspetti attinenti a differenti settori di attivita' incidenti sull'inquinamento atmosferico ed alla impostazione e corretta attuazione degli interventi di tutela da parte degli enti locali a cui sono affidate le funzioni amministrative in materia; la legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13, di attuazione della legge «Galli» di riforma della gestione delle acque, con la creazione degli ambiti territoriali ottimali e l'organizzazione della gestione unitaria del servizio idrico d'ambito; con la predisposizione del piano di tutela delle acque quale piano stralcio per il territorio piemontese del piano di bacino del fiume Po, esaminato favorevolmente dall'autorita' di bacino ed in corso di approvazione definitiva; con l'attuazione delle previsioni di integrazione e coordinamento dei contenuti della difesa del suolo nel piano territoriale regionale e negli strumenti urbanistici comunali (l.r. n. 56/1977 e successive modifiche e integrazioni artt. 5-12) e con le intese in via di sottoscrizione, gia' oggetto di accordi preliminari del marzo 2006, con l'autorita' di bacino del Po per l'attuazione concordata dei piani territoriali provinciali di coordinamento quale strumento avente valenza di attuazione e di integrazione della pianificazione della difesa del suolo. Tutto quanto sopra, attinente alle realta' normative ed amministrative esistenti nella regione e coerente con gli obbiettivi di tutela ambientale e che avrebbe potuto trovare idonea considerazione attraverso una corretta elaborazione, come prevista, con l'apporto regionale e delle autonomie locali, e' stato invece pretermesso dal decreto delegato, con violazione della legge di delega, dell'assetto istituzionale delle competenze statali, regionali e locali anche espressamente confermato dalla legge di delega, realizzando contrasto anche con i principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, per l'ingiustificato rivolgimento apportato ad organi, funzioni e procedure attualmente vigenti ed efficacemente operative in ambito regionale. 5) Il decreto legislativo 152/2006 nelle rilevanti innovazioni come s'e' detto introdotte alla disciplina dei vari settori contemplati e' connotato da spiccato centralismo e dalla separazione delle attivita' e competenze indirizzate alla tutela ambientale, anche nella creazione di nuovi organi e nella allocazione delle funzioni, dalle competenze rivolte alla cura di tutti gli altri interessi pubblici che con la tutela ambientale interagiscono e si intersecano, appartenenti alla competenza legislativa regionale ed all'attivita' amministrativa delle regioni e delle autonomie locali. Il principio di sussidiarieta', espressamente richiamato anche dalla legge di delega al comma 8, prima parte, non ha trovato corretta applicazione. L'attrazione in sede ministeriale compiuta dal decreto legislativo per molte importanti e svariate funzioni, sia di nuova previsione sia gia' esercitate in sede comunale, provinciale e regionale, non e' oggettivamente giustificata da esigenze di considerazione unitaria a livello nazionale degli interessi coinvolti. Il principio dell'unitarieta' fonda la competenza statale laddove siano ravvisabili esigenze di uniformita' ed omogeneita' strategica, con la definizione di standard di tutela ambientale ed espletamento di attivita' di rilievo nazionale, pur sempre con il contemperamento delle procedure di leale collaborazione e di intesa per la codeterminazione dei contenuti interessanti anche l'ambito di competenza regionale, mentre i principi di differenziazione e di adeguatezza richiedono la rimessione all'attivita' legislativa regionale ed all'azione amministrativa dei livelli di governo locale dell'adattamento delle misure di tutela ai diversi contesti territoriali. Anche sotto questo aspetto la corretta applicazione dei principi della legge di delega, laddove indica espressamente a «la riaffermazione del ruolo delle regioni ai sensi dell'art. 117 della Costituzione nell'attuazione dei principi e criteri direttivi ispirati anche alla interconnessione delle normative di settore ...» (comma 8, lett. m), di «rimuovere i problemi di carattere organizzativo, procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena operativita' degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela ed al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi piani di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici», di «valorizzare il ruolo e le competenze svolti dagli organismi a composizione mista statale e regionale» (comma 9, lett. c), avrebbe dovuto condurre a differente impostazione della disciplina posta dal decreto legislativo, attraverso la considerazione del principio di corresponsabilita' e di leale collaborazione che deve improntare i rapporti fra le diverse istituzioni, per garantire l'effettivita' della tutela mediante un approccio alle politiche ambientali che coinvolgendo tutti gli enti esponenziali delle peculiarita' territoriali possa tener conto della complessita' del tema (sent. 50/2005; 219/2005). 6) Ulteriore violazione della legge di delega si evidenzia anche con riguardo alla carente o non esatta applicazione della normativa comunitaria di tutela ambientale, con riguardo alle espresse indicazioni poste dai criteri direttivi di dare «piena e coerente attuazione delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati livelli di tutela dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla competitivita' dei sistemi territoriali e delle imprese, evitando fenomeni di distorsione della concorrenza» e di fare «affermazione dei principi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio "chi inquina paga"» (comma 9, lett. e), f). Invero, come in prosieguo si specifichera' per i diversi settori, il decreto legislativo non rispecchia per diversi punti la piena attuazione della normativa comunitaria, con violazione dell'art. 117 primo comma della Costituzione che si riverbera sulle funzioni delle regioni tenute anch'esse direttamente all'attuazione della normativa comunitaria ex art. 117 quinto comma Cost. e responsabili, per costanti pronunce degli organi comunitari, nella propria attivita' amministrativa, e lo stesso dicasi per le autonomie locali, dell'esatta applicazione di essa. II Sulla parte seconda del d.lgs. n. 152/2006, recante «Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC)». Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della p.a. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. La disciplina riguardante la valutazione ambientale strategica (VAS) cosi' come quella riguardante la valutazione d'impatto ambientale (VIA) ha la propria ratio nella considerazione complessiva di opere ed interventi comportanti rilevanti effetti di impatto ambientale nel loro inserimento nel contesto territoriale, nella loro giustificazione rispetto ad esigenze infrastrutturali, produttive, di sviluppo economico ecc., nella ricerca di modalita' attuative che contemperino le diverse esigenze compresenti. E' evidente l'interrelazione esistente fra la materia tutela dell'ambiente e le altre materie governo del territorio, tutela della salute, energia, settori produttivi ecc. che si ascrivono alla competenza concorrente o residuale regionale, la cui discipline e le cui decisioni amministrative si intrecciano ed interferiscono nella configurazione della disciplina e delle procedure di valutazione ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale. L'integrazione delle procedure e delle diverse autorizzazioni costituiva specifico criterio della legge di delega, cosi' come il corretto pieno recepimento della normativa comunitaria che ha disciplinato gli istituti considerati. Le norme del decreto delegato disattendono le esigenze sopraconsiderate e comportano altresi' modifiche dell'assetto di competenze previgente, il cui rispetto costituiva anch'esso principio e criterio direttivo della legge di delega, ponendo in crisi la disciplina di attuazione gia' elaborata a livello regionale (l.r. Piemonte n. 40/1998) rivolta propriamente all'integrazione fra le valutazioni prettamente di tutela ambientale e gli altri aspetti pianificatori, programmatori ed autorizzativi rilevanti per la realizzazione degli interventi, peraltro senza che risultino obbiettivamente sussistenti esigenze unitarie che giustifichino l'attrazione di determinate attivita' nella competenza statale. In particolare si evidenziano: Art. 5, comma 1, laddove dispone alla lett. e) che la procedura di VIA si applichi ai progetti preliminari senza prevedere, in contrasto con le direttive 85/337/CEE e 97/11/CEE, che siano sottoposti a VIA i progetti definitivi che contengano modifiche rilevanti e senza considerare l'integrazione in un' unica sede decisionale con altri procedimenti autorizzativi le cui decisioni vengono prese con riferimento al progetto definitivo; Art. 6, comma 6, laddove prevede che la commissione tecnico-consultiva nazionale, a cui e' affidato il compimento dell'istruttoria per le valutazioni VAS, VIA, IPPC riguardanti opere ed interventi di rilievo nazionale, sia integrata per ogni sottocommissione da «un esperto» designato dalla regione direttamente interessata dalla realizzazione dell'opera. Il ruolo limitato e secondario assegnato alla partecipazione regionale non corrisponde alle esigenze di attuazione del principio di leale collaborazione mediante effettiva condivisione delle decisioni su interventi che hanno rilievo determinante sull'ambito territoriale regionale (sent. 303/2003); Art. 12. Come rilevato nel documento della Conferenza delle regioni, la direttiva 2001/42/CE prevede una forte integrazione fra tematiche ed autorita' dei settori interessati, poiche' la valutazione strategica ambientale non e' un mero provvedimento autorizzativo, ma deve porre in essere un processo decisionale della pubblica amministrazione che confronta le scelte da assumere in un determinato contesto ambientale, territoriale e socio-economico. Invece l'iter definito dal decreto legislativo prevede che venga emesso un giudizio di compatibilita' ambientale su un piano o un programma, a cui il piano o programma deve necessanamente adeguarsi, da un soggetto diverso, che non ha obbligo di confrontare la propria valutazione con il soggetto proponente, di modo che la valutazione ambientale e la pianificazione o programmazione non si intersecano realmente, ma rimangono come fasi consequenziali e sostanzialmente separate. Al comma 2 la fissazione di termini per l'emissione del giudizio, l'intervento in via sostitutiva del Consiglio dei ministri e la previsione in caso di inutile decorso che si intenda emesso giudizio negativo sulla compatibilita' ambientale del piano o programma di competenza statale e che la stessa previsione valga anche per i piani e programmi sottoposti a VAS di competenza regionale fino all'emanazione di apposite norme regionali, evidenzia l'impostazione meccanica della procedura, che ne riduce l'effettiva funzione delineata dalla normativa comunitaria. Si evidenzia anche il quasi inesistente spazio riservato alla normativa regionale anche rispetto alle procedure di competenza della regione, che rimangono in pratica totalmente definite secondo le disposizioni del decreto legislativo in forza del richiamo di cui agli artt. 21 e 22, commi 1 e 2; Art. 23. In relazione all'allegato III, in quanto non contiene il completo ed esatto recepimento delle categorie progettuali sottoposte a valutazione di impatto ambientale della direttiva comunitaria 85/337 come modificata dalla direttiva 97/11. Le categorie omesse o diversamente definite sono indicate nel documento della Conferenza delle regioni pagg. 13-14 e nel quadro sinottico (che si deposita). Come si e' gia' rilevato al primo motivo, la mancata od incompleta attuazione delle norme comunitarie in cui incorre il decreto legislativo si ripercuote sull'ambito di competenza regionale, essendo le regioni tenute per l'espressa formulazione dell'art. 117, commi 1 e 5 Cost. all'attuazione diretta delle norme comunitarie; Art. 25. Laddove al comma 1, lett. a) attribuisce la competenza a compiere la valutazione di impatto ambientale al Ministro dell'ambiente per i progetti di opere ed interventi genericamente individuati come «sottoposti ad autorizzazione statale», il che puo' ampliare il campo applicativo ad opere di rilievo regionale o locale per cui intervenga anche un qualche provvedimento autorizzativo statale, e per i progetti di opere ed interventi aventi impatto ambientale interregionale, per i quali puo', come gia' avviene, attuarsi invece valutazione d'intesa fra le regioni interessate (vedasi l.r. n. 40/1998, art. 16). Dette disposizioni ampliano l'ambito di competenza ministeriale senza giustificato motivo, in contrasto con il principio di sussidiarieta' ed in contrasto con le stesse indicazioni dei criteri direttivi della legge di delega, alterando l'assetto di competenze amministrative gia' esistente in materia; L'art. 42, comma 2 stabilisce la possibilita' di variazione delle «soglie», sulla cui base e' costruito il sistema delle categorie sottoposte alla valutazione di impatto ambientale, nel solo incremento del venti per cento. Si deve tener conto che l'atto di indirizzo e coordinamento d.P.R. 12 aprile 1996, sulla cui base sono state emanate le norme regionali in materia, demandava alle regioni di fissare le soglie con possibilita' sia di incremento sia di decremento e nella misura massima del trenta per cento, in ragione della disomogeneita' del territorio che presenta forti differenziazioni e peculiarita' ambientali nelle diverse regioni. L'innovazione compiuta dal decreto legislativo con la norma suddetta, in relazione anche alla previsione di cui all'art. 5, comma 1, lett. g) che attiene alla definizione degli interventi di modifica, comporta il rivolgimento di quanto gia' efficacemente attuato nell'ambito regionale, senza che appaia apprezzabile obbiettivo fondamento della limitazione apportata al margine di adattamento alle realta' locali rimesso alla normativa regionale; L'art. 43, analogamente a quanto osservato per l'art. 22, vincola a tutte le numerose disposizioni anche di analitico dettaglio ivi richiamate la disciplina da parte delle regioni delle procedure di valutazione ambientale per i progetti di loro competenza, senza che siano ravvisabili in tutte le dette disposizioni imposte in blocco esigenze di uniformita' o standard di tutela. Parimenti si evidenzia la mancata considerazione del ruolo delle regioni e delle autonomie locali nella materia, e dell'apporto che da esse proviene per il perseguimento di effettiva tutela ambientale, nelle disposizioni di cui all'art. 51, comma 3, che affida unicamente agli organi ministeriali l'emanazione delle norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilita' per ciascuna categoria di opere, senza prevedere alcuna partecipazione delle regioni ed enti locali, quanto meno con il parere della conferenza Stato-Regioni. III Sulla Parte III del d.lgs. n. 152/2006. Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza. adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della p.a. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. La Parte III del decreto legislativo concerne i tre ambiti della difesa del suolo, della tutela delle acque e della gestione delle risorse idriche, disciplinati dalle norme distinte in tre Sezioni che verranno di seguito separatamente esaminate. A) La sezione I attiene alla difesa del suolo, ambito che pacificamente rientra nella materia «governo del territorio», ascritta alla competenza concorrente di cui all'art. 117, comma 3 della Costituzione. La questione dell'attinenza della regolamentazione emanata a materia di legislazione concorrente ed in ogni caso a «materia ambientale» intrecciantesi ed intersecantesi ad altre materie di competenza regionale e' drasticamente risolta dal legislatore delegato con la norma dell'art. 176, comma 1, ove si enuncia che «le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione». Enunciazione superficiale e non corretta, sia per la sua genericita', riferita indistintamente a tutta la disciplina della parte terza e sintomatica della volonta' di superare le esigenze di confronto con gli altri enti territoriali, sia perche' in realta' le norme emanate contengono completa revisione e disciplina puntuale e di dettaglio, escludendo ogni ambito legislativo regionale. E' appena il caso di rammentare che gli strumenti di pianificazione di bacino e di difesa del suolo attengono, in primo luogo, all'assetto del territorio nonche' alla tutela della salute ed alla protezione civile attraverso la tutela della pubblica incolumita', avendo riguardo ai profili dell'assetto idrogeologico mediante la definizione di standard compatibili di rischio, il perseguimento di adeguati livelli di sicurezza, la realizzazione di interventi strutturali di mitigazione del rischio e/o la previsione di vincoli e limiti all'edificabilita' in presenza di situazioni di rischio non mitigabili e si configurano quindi quali strumenti condizionanti tutte le altre attivita' di pianificazione e programmazione settoriale, con interferenza su molteplici ambiti normativi, pianificatori e programmatori di competenza regionale. Tutto cio' appare ignorato dalla disciplina posta dal d.lgs. 152/2006. Il decreto abroga le norme vigenti in materia di difesa del suolo, ma non riordina la materia in maniera organica ne' coordina i diversi livelli di pianificazione e nel contempo introduce radicali innovazioni sia sull'istituzione di nuovi organi, sia sull'allocazione delle competenze sia sui procedimenti di formazione ed approvazione di piani e programmi di intervento. Ne risultano: la riforma delle Autorita' di bacino e la cancellazione del «bacino idrografico», quale unita' di riferimento per l'esercizio delle funzioni di difesa del suolo, con la contestuale creazione del «distretto idrografico», inteso prevalentemente quale unita' burocratico-amministrativa di emanazione statale; lo sconvolgimento dell'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali, con un accentramento delle competenze in capo allo Stato ed a organi centralizzati in aperto contrasto con i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione; la definizione di un sistema di strumenti di pianificazione e conseguente programmazione di interventi i cui contenuti, articolazione, procedure di informazione al pubblico e partecipazione degli interessati e di approvazione, oltre ad aspetti di oscurita' e carenza delle previsioni procedimentali, presentano contraddittorieta' e contrasto con le competenze spettanti alle regioni ed agli altri enti territoriali nella pianificazione territoriale ed urbanistica e nelle pianificazioni di settore. In particolare: Art. 64. Inaspettatamente e senza alcuna concertazione con le regioni vengono individuati otto «distretti idrografici», di vasta ampiezza e tutti di rango nazionale, con contestuale immediata soppressione dei bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale. Viene cosi' eliminata una ripartizione del territorio funzionale alla difesa del suolo che si fondava su una anticipata applicazione del principio di sussidiarieta', al fine di assicurare il piu' appropriato livello di governo in rapporto all'ambito territoriale preso a riferimento e di garantire da un lato autonomia decisionale alle regioni e dall'altro la concertazione con lo Stato e le altre regioni, ove necessario per l'ampiezza del bacino; Art. 63. Agli otto distretti idrografici vengono preposte altrettante Autorita' di bacino distrettuale, a composizione mista statale-regionale, ma caratterizzate da una nuova configurazione dei relativi organi che determina una preponderante presenza dell'apparato governativo, comprimendosi radicalmente il ruolo ed il peso delle Amministrazioni regionali. Nella Conferenza istituzionale permanente, principale organo delle nuove Autorita' di bacino deputato a definire le linee portanti del sistema di difesa del suolo, i membri o rappresentanti dell'Esecutivo statale salgono infatti da quattro a sette nelle ex Autorita' di bacino di rilievo nazionale e compaiono per la prima volta in quelle che andranno a sostituirsi alle Autorita' di rilievo interregionale e regionale. Gia' il solo inserimento dei Ministri delle attivita' produttive e per la funzione pubblica, non trovando giustificazione alcuna in rapporto agli interessi unitari sottostanti le competenze statali da esercitarsi in sede di bacino, rende la disposizione viziata da irragionevolezza e travolge un assetto istituzionale idoneo a bilanciare in concreto gli interessi unitari dello Stato e gli interessi delle collettivita' locali convergenti nella pianificazione di bacino. Si dispone altresi' che la Conferenza deliberi a maggioranza laddove la legge n. 83/1989 non disponeva alcunche' in merito, lasciando agli organi delle Autorita' di bacino la scelta dei propri quorum deliberativi. Inoltre ai sensi dell'art. 57, comma 1, lett. a), n. 2, tutti i piani di bacino sono approvati dal Presidente del Consiglio dei ministri con la mera audizione, «sentita» la Conferenza Stato-Regioni. In altri termini le regioni vengono esautorate di ogni potere pur essendone state finora contitolari con il Governo centrale, con riferimento alle autorita' di bacino nazionali, e titolari in via esclusiva, con riferimento alle autorita' di bacino interregionali e regionali. Particolare gravita' evidenzia poi la disposizione del 3° comma dell'art. 63. In totale carenza di un regime transitorio che delinei il delicatissimo passaggio da un sistema istituzionale ormai radicato nel territorio e ricco di esperienza decisionale ed operativa ad un nuovo assetto dalle ampie incognite, si dispone infatti la soppressione delle autorita' di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183 a far data dal 30 aprile 2006 e quindi dal giorno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo. Nel contempo il trasferimento di funzioni alle nuove Autorita' di bacino distrettuale, la regolamentazione del periodo transitorio e la definizione dei criteri e delle modalita' per l'attribuzione o il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie sono demandati ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, sentita la Conferenza permanente Stato-Regioni, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della Parte Terza del decreto, termine peraltro puramente ordinatorio. E' di tutta evidenza come un simile impianto normativo risulti anche sotto questo profilo temporale assolutamente irragionevole. Dal 29 aprile 2006 le Autorita' di bacino di cui alla legge n. 183/1989 (nel contempo abrogata) sono soppresse e le funzioni ad esse proprie sono abbandonate a tempo indeterminato, atteso che l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che dovrebbe rendere operanti le Autorita' di bacino distrettuale risulta totalmente incerta nel suo avveramento. Si profila obbiettivamente irreparabile pregiudizio all'interesse pubblico e all'ordinamento giuridico della Repubblica, posto che l'entrata in vigore al 30 aprile 2006 delle norme suddette determina la paralisi del sistema istituzionale di pianificazione di bacino e comporta l'interruzione di tutti i procedimenti e di tutte le attivita' in corso, dall'approvazione di fondamentali atti di pianificazione da tempo attesi (valga per tutti ad esempio la mancata approvazione - nel caso dell'Autorita' di bacino del Fiume Po - del Piano stralcio per l'eutrofizzazione), alla programmazione e realizzazione delle opere e degli interventi a tutela della sicurezza ed incolumita' pubblica dei cittadini, all'emanazione dei pareri dalle piccole alle grandi derivazioni di acqua pubblica. A cascata ne risultano inibite le corrispondenti attivita' normative e pianificatorie della regione, che trovano negli atti delle Autorita' di bacino il parametro di riferimento all'esplicarsi della loro autonomia nel governo del proprio territorio, cosi' come le azioni regionali attuative degli interventi programmati per la difesa del suolo, la difesa dalle acque e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Analoga ricaduta si verifica in ordine alle attivita' procedurali dell'intero sistema delle Autonomie locali cui la legge regionale ha affidato rilevanti competenze di gestione del territorio, con detrimento anche dei diritti sia dei cittadini che aspirano a diventare utenti della risorsa in base ai principi del giusto procedimento sia di quelli che vedono lese le proprie aspettative di sicurezza. Per tali ragioni si ritiene sussistano i presupposti per disporre la sospensiva quanto meno degli articoli 63 e 64 del d.lgs n. 152/2006 nonche' dell'articolo 175, comma 1, lettera l) in quanto comporta l'abrogazione degli articoli da 12 a 16 della legge n. 183/1989, per il che si fa istanza; Artt. 65, 66, 67, 68. Il decreto individua diversi strumenti di pianificazione, con evidenti difetti di coerenza ed unitarieta' sistematica, risultando detti piani diversificati per contenuti, modalita' di elaborazione, adozione e approvazione, rilevanza ed effetti, senza apprezzabile fondamento della distinzione e senza che ne siano definiti i reciproci rapporti. Sono previsti il piano di bacino distrettuale (art. 65), il piano per la tutela dal rischio idrogeologico quale stralcio del piano di bacino (art. 67, comma 1) oltre al piano di gestione quale stralcio del piano di bacino distrettuale ed al piano di tutela delle acque (di cui agli artt. 117 e 121 su cui si tornera' in seguito). Ad essi si aggiungono i piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a piu' elevato rischio idrogeologico di cui al comma 2 dell'art. 67 e i programmi di interventi urgenti, di cui al successivo comma 3 del medesimo art. 67, che rappresentano la mera riproposizione di normative emanate a seguito di eventi calamitosi (eventi alluvionali di Sarno e di Soverato), invero oggi superate essendo stati nel frattempo adottati e approvati i piani stralcio per l'assetto idrogeologico (PAI) praticamente in tutti i bacini nazionali, interregionali e regionali. L'illogicita' manifesta dell'articolazione di questo sistema (che «sistema» peraltro non e), configura anche una violazione delle norme comunitarie, dal momento che l'incoerenza che ne deriva radica l'impossibilita' di perseguire gli obiettivi della direttiva 2000/60/CE di cui il decreto intende costituire recepimento (art. 170, comma 4, lett. r) e che invece prevede quale strumento di pianificazione unitaria, il «piano di gestione» che puo' essere articolato per piani piu' dettagliati o tematici, analogamente al rapporto finora esistente tra il piano di bacino ed i relativi piani stralcio gia' attuati dalla legge n. 183/1989. Da quanto sopra considerato, si evidenzia anche la specifica violazione dell'art. 76 della Costituzione per la violazione dei principi e criteri della legge di delega, come gia' osservato al I motivo di ricorso. Infatti, la previsione del «riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative ..., anche mediante la redazione di testi unici» (di cui all'art. 1, comma 1, legge n. 308/2004), attiene ad un coordinamento delle diverse e successive norme nei vari settori dettate dalla legislazione vigente, senza che possa in alcun modo ravvisarsi autorizzazione a compiere la radicale innovazione posta in essere con la istituzione dei distretti e delle nuove autorita' di bacino distrettuale, nonche' con il rifacimento dell'impianto della pianificazione della difesa del suolo. Altrettanto dicasi per il criterio di cui all'art. 1, comma 8, legge n. 408/2004, «il rispetto ... delle competenze per materia delle amministrazioni statali, nonche' delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, come definite ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112», che imponeva al legislatore delegato di non modificare il quadro delle attribuzioni regionali, che invece risulta gravemente compromesso delle scelte compiute dalle disposizioni in esame. Si aggiunge anche tra i principi e criteri direttivi piu' specifici della legge di delega di cui al comma 9 l'indicazione di: «c) rimuovere i problemi di carattere organizzativo, procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena operativita' degli organi amministrativi e tecnici preposti alla tutela e al risanamento del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli con i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le competenze svolti dagli organismi a composizione mista statale e regionale; semplificare il procedimento di adozione e approvazione degli strumenti di pianificazione con la garanzia della partecipazione di tutti i soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di conclusione dell'iter procedimentale» criteri anch'essi palesemente violati dalla regolamentazione posta in essere dal decreto in esame. Tali rilievi attengono tutti alla compressione delle prerogative istituzionali regionali ed in generale del ruolo delle autonomie territoriali nell'ambito considerato della difesa del suolo, stravolgendo l'ordinamento della legge-quadro n. 183/1989, concretizzatosi con complesso processo nella realta' amministrativa statale, regionale e locale che viene sostituito, senza apprezzabile miglioramento istituzionale, con un sistema centralistico di gestione delle politiche di tutela idrogeologica del territorio, esautorando le regioni e determinando grave incertezza nella fase transitoria di indeterminata durata. B) Sulla sezione II della Parte III riguardante la tutela delle acque. Le norme della sezione II attengono alla tutela delle acque dell'inquinamento anche sotto l'aspetto degli strumenti pianificatori e gestionali. E' appena il caso di rammentare la ramificata interrelazione con gli ambiti del governo del territorio e di gestione dei vari settori di attivita' antropiche di competenza concorrente o rimessa alle regioni e parimenti della tutela della salute. Anche per tali norme si riscontrano rispetto al quadro legislativo gia' operante significative innovazioni, non giustificate da esigenze di coordinamento ed anzi apportatrici di elementi di contraddizione ed incoerenza ed improntate ad un accentramento di compiti, anche di limitata gestione, nella sede ministeriale, determinandosi compressione del ruolo delle regioni e delle autonomie locali. Si considerano in particolare: Art. 91, commi 2 e 6, ove vengono individuate nuove competenze ministeriali, per il cui esercizio viene genericamente sentita la Conferenza Stato-Regioni, laddove sarebbe stato appropriato il conseguimento di intesa con le regioni territorialmente interessate; Art. 96. Con disposizioni di minuto dettaglio vengono regolamentati procedimenti attinenti alla gestione del demanio idrico che rientrano nelle competenze trasferite dal d.lgs. n. 112/1998 in coerenza con il dettato dell'art. 118 della Costituzione; in tal modo vengono altresi' inficiate senza giustificato motivo le regolamentazioni gia' assunte in sede regionale, come nel caso della Regione Piemonte con il regolamento 10/2003 che ha adeguato le procedure del T.U. 1775/1933 ai principi della semplificazione amministrativa e del coordinamento delle attivita' di prelievo idrico con le pianificazioni di tutela ambientale. Sono inoltre attratte nella competenza ministeriale senza giustificato motivo funzioni di rilievo locale, quali l'intervento per l'espressione di parere sulle piccole derivazioni d'acqua con la nomina di un commissario ad acta da parte del Ministro dell'ambiente; Art. 104, laddove al comma 3 prevede senza giustificato motivo l'attribuzione alla competenza ministeriale, anziche' regionale come attualmente, dell'autorizzazione dello scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unita' geologiche profonde; Art. 113, comma 1 ed art. 114, comma 2, in quanto la potesta' normativa regionale sulla disciplina delle acque meteoriche di dilavamento e sulla disciplina di restituzione delle acque viene inopinatamente subordinata e condizionata ad attivita' amministrativa ministeriale «previo parere del Ministero dell'ambiente»; Art. 116, laddove sottopone all'approvazione dell'autorita' di bacino il programma di misure integrativo del piano di tutela di cui all'art. 121 ed art. 121, comma 2, laddove prevede che le regioni trasmettano il piano di tutela al Ministro dell'ambiente «per le verifiche di competenza», norme che evidenziano una logica di subordinazione delle potesta' regionali di pianificazione e programmazione, che vengono sottoposte alla supervisione ed in definitiva al controllo di organismi ed organi statali, in contrasto con l'assetto costituzionale e con il quadro complessivo delle rispettive attribuzioni amministrative scaturite dal d.lgs. n. 112/1998; Art. 117 ed art. 121 sotto altro profilo. Particolare considerazione va posta alla disciplina ora prevista per i piani digestione e di tutela delle acque (titolo IV). Si e' gia' prima osservato al precedente punto A che il dichiarato recepimento nell'ordinamento italiano della direttiva 2000/60/CE onde improntarne gli istituti di pianificazione dei piani di bacino e dei piani di tutela delle acque presenta non poche contraddizioni ed incertezze e disarticola, senza apprezzabile evidenza di motivazioni e di utili risultati il quadro normativo gia' vigente posto dalla legge n. 183/1989 e dal decreto legislativo n. 152/1999, interrompendo il complesso processo attuativo posto in essere, vincendo non poche difficolta', in ambito regionale. Va peraltro rammentato che il d.lgs n. 152 del 1999 era stato emanato allorche' era gia' nota la proposta della direttiva 2000/60/CE, in relazione alla quale in effetti si poneva la previsione del Piano di tutela delle acque quale stralcio del Piano di bacino, con inserimento dell'attivita' pianificatoria regionale di tutela delle acque nel complesso meccanismo della legge n. 183/1989, che fondava sull'individuazione del bacino idrografico come unita' ecosistemica di riferimento per una efficace attivita' di governo di difesa del suolo e tutela delle acque. Secondo detto sistema, come finora vigente, nei bacini di rilievo nazionale l'operato dell'Autorita' di bacino si distingue da quello delle Regioni per il livello su cui incide: per l'unitarieta' del bacino idrografico, su macro-scala vengono fissati priorita' e obiettivi comuni a tutte le Regioni afferenti al bacino stesso, mentre in ambito regionale, nel rispetto delle peculiarita' e specificita' locali, sono determinati e attuati gli interventi e le azioni preordinate al raggiungimento dei fini prefissati. Va riaffermato che il livello regionale e' il livello appropriato per la risoluzione dei problemi legati alle risorse idriche, elementi contemporaneamente fluenti e localizzati sul territorio, in quanto dispone di una ampiezza territoriale idonea a coordinare e armonizzare i molteplici interessi, spesso antagonisti, insediati sul territorio che i corpi idrici attraversano, ed in quanto l'ente regionale, titolare del potere normativo della pianificazione dell'assetto del territorio nel suo complesso, dispone degli strumenti necessari per governare le interrelazioni degli interessi compresenti. Attraverso l'approvazione dei singoli piani regionali di tutela previsti dall'art. 44 del d.lgs. n. 152/1999, tra loro accomunati dalla fissazione di obiettivi di bacino volta a garantire la considerazione ecosistemica del territorio di cui alla legge n. 183/1989, si perveniva conseguentemente alla realizzazione della complessiva pianificazione di bacino nel settore della tutela qualitativa e quantitativa delle risorse idriche postulata dalla stessa legge sulla difesa del suolo. I Piani di tutela gia' individuati dal legislatore del 1999 si identificano a pieno titolo con i Piani di gestione ed i Programmi di misure della direttiva comunitaria e, sempre secondo le indicazione della stessa direttiva, rispondono all'enunciato del suo Preambolo secondo cui «Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello piu' vicino possibile ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle acque. Si dovrebbero privilegiare le azioni che rientrino fra le competenze degli Stati membri, attraverso programmi di misure adeguati alle condizioni regionali e locali». Cosicche' il modello procedimentale del coordinamento tra livello di bacino e livello regionale, prescelto dal legislatore del 1999, risultava quindi pienamente rispondente allo spirito della ridetta direttiva e, seppur suscettibile di affinamenti, poteva e doveva essere mantenuto nel suo essenziale impianto nel decreto legislativo ora emanato. Il d.lgs. n. 152/2006 invece ha creato, attraverso un irragionevole affastellamento di norme, il blocco del sistema pianificatorio della tutela delle acque. Il modello procedurale ora introdotto e' scandito dai seguenti passaggi: 1) Piano di gestione (art. 117), che costituisce stralcio del Piano di bacino 1 distrettuale sul piano funzionale (sola tutela delle acque) e territoriale (a scala di distretto idrografico), il quale viene adottato dalla Conferenza istituzionale permanente dell'Autorita' di bacino di distretto ed approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri senza la fissazione di alcun termine; 2) Definizione degli obiettivi a scala di distretto (art. 121, comma 2), con adozione dell'Autorita' di bacino di distretto entro il 31 dicembre 2006 nel contesto delle attivita' di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le Province e le Autorita' d'ambito; 3) Piano regionale di tutela delle acque (art. 121), che e' specifico piano di settore attuativo a livello di bacino idrografico delle previsioni del Piano di gestione, il quale viene adottato dalla Regione sulla base degli obiettivi fissati dall'Autorita' di bacino di distretto entro il 31 dicembre 2007, sottoposto alla verifica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sottoposto al parere vincolante dell'Autorita' di bacino, ed approvato definitivamente dalla Regione entro il 31 dicembre 2008; 4) Programma di misure (art. 116), per vero non meglio specificata «integrazione» del Piano di tutela delle acque con le misure di base e supplementari previste dalla direttiva 2000/60/CE, approvato dalle Autorita' di bacino. Pero', nonostante la scansione dei tempi di adozione ed approvazione dei Piani regionali di tutela delle acque sopra indicata, l'art. 122 del d.lgs. n. 152/2006 stabilisce che le regioni, al fine di promuovere la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione dei Piani di tutela, provvedano affinche' siano pubblicati e resi disponibili per eventuali osservazioni da parte del pubblico: a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce; b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce; c)copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce. Senza contare che il recepimento della direttiva 2000/60/CE implica profonde modificazioni ai sistemi di monitoraggio finalizzati alla conoscenza e alla verifica dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee, su cui devono basarsi le previsioni degli strumenti di pianificazione innanzi illustrati. Tutto cio' evidenzia intrinseca contraddittorieta', sostanziale inottemperanza alla direttiva 2000/60/CE, ingiustificata innovazione del quadro normativo ed amministrativo vigente, anche in violazione dei principi della legge di delega rammentati al I motivo ed altresi' dello specifico criterio di «adozione di misure che assicurino la tempestivita' e l'efficacia dei piani e dei programmi di tutela ambientale», poiche' non basta certo porre dei termini avulsi da concreti contenuti per adempiere a cio'. Quanto all'efficacia va inoltre evidenziato che il d.lgs n. 152/2006, riducendo il Piano di tutela a piano di settore attuativo del Piano di gestione adottato dall'Autorita' di bacino distrettuale, priva il medesimo di quella forza propria degli strumenti di tutela che gli derivava direttamente dall'essere stralcio del Piano di bacino e quindi sovraordinato alle pianificazioni di settore. Il «declassamento» della pianificazione regionale a favore di quella di bacino, oltre a violare il principio di sussidiarieta', si palesa irragionevole sia in considerazione dell'inutile sovrapposizione che crea tra strumenti di pianificazione che hanno, tra l'altro, tempi di approvazione tra loro assolutamente incongruenti, sia con riferimento al fatto che il necessario approccio unitario e sistemico e' gia' piu' che sufficientemente garantito dalla fissazione da parte delle Autorita' di bacino degli obiettivi su scala di distretto e delle priorita' degli interventi, nonche' dal parere vincolante che le stesse debbono esprimere sulla conformita' dei piani di tutela regionali ai predetti obiettivi e priorita'. Quanto sopra considerato, comportante lesione delle prerogative costituzionalmente garantite della regione, si appalesa foriero di grave nocumento all'interesse pubblico nella realta' piemontese. Infatti la Regione Piemonte ha posto in essere, dopo complesso processo di elaborazione e consultazione, il Piano di tutela adottato nel settembre 2004 e sottoposto, con esito favorevole, al parere dell'Autorita' di bacino del Fiume Po il 5 aprile 2006, ed in corso di esame per la definitiva approvazione da parte del Consiglio regionale. Detta approvazione non potrebbe piu' intervenire, con la conseguente vanificazione degli sforzi compiuti con profusione di ingenti risorse finanziarie, strumentali e umane e l'impossibilita' di dare avvio alle misure individuate da un atto improvvisamente divenuto non piu' conforme alla legge, non fosse altro perche' privo a monte del Piano di gestione del distretto idrografico, di cui dovrebbe essere strumento di attuazione, che invece e' di la' da venire. L'assenza di quanto meno idonea norma transitoria atta a consentire il completamento dell'iter del piano di tutela gia' adottato e positivamente esaminato dall'autorita' di bacino - non apparendo tale l'ambigua formulazione dell'art. 170, comma 11 - aggrava la ingiusta situazione di difficolta' per l'ente regionale e di scadimento della tutela ambientale e specificamente delle risorse idriche da assicurare nel territorio regionale. Per tali ragioni e' avanzata altresi' la richiesta di sospensiva di detti articoli 117, commi 1 e 2 (e 121 del d.lgs. n. 152/2006, nonche' dell'art. 175, comma 1, lettera bb) in quanto comporta l'abrogazione dell'art. 44 del d.lgs. n. 152/1999. C) Sulla sezione III della Parte III riguardante la gestione delle risorse idriche. Le norme del decreto legislativo n. 152/2006 che dispongono in materia di gestione di risorse idriche incrociano l'ambito proprio dell'organizzazione dei servizi pubblici locali, che e' materia regionale, e l'allocazione delle funzioni amministrative attuate in ambito regionale in relazione al d.lgs n. 112/1998 ed agli specifici aspetti della legge 5 gennaio 1994, n. 36 «legge Galli». La presente impugnazione si concentra sull'art. 148, comma 5, norma apparentemente minore, quasi marginale e che invece, totalmente nuova ed estranea a qualunque indicazione della legge di delega, interviene a porre in crisi ed a creare nuove, inopinate difficolta' a tutto il sistema regionale piemontese di organizzazione delle Autorita' d'ambito ottimale. E' necessario premettere un inquadramento normativo. Com'e' noto, la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante disposizioni in materia di risorse idriche, ha costituito il quadro dell'adeguato assetto delle esigenze di tutela del territorio e di razionale sfruttamento delle risorse naturali, con la percezione della vulnerabilita' e dell'esauribilita' della risorsa «acqua» e la necessita' di perseguire standard europei in materia di qualita' ed economicita' dei servizi a quella risorsa connessi. La riorganizzazione dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue in un unico sistema idrico integrato prevista dalla legge Galli si fonda su alcuni principi fondamentali: l'efficacia, l'efficienza e l'economicita' dei servizi idrici, che richiede il superamento della frammentazione delle gestioni per mezzo della definizione di ambiti territoriali ottimali ampi, entro i quali poter applicare un nuovo regime tariffario, determinato tenendo conto della qualita' della risorsa idrica e del servizio forniti, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, l'attuazione di una corretta politica idrica, che necessita di una chiara individuazione delle differenti competenze, dei soggetti ad esse preposti e delle relative responsabilita', con netta distinzione tra le funzioni di governo e quelle di erogazione del servizio, che si rapportano tra loro sulla base di specifica convenzione e relativo disciplinare; l'organizzazione delle funzioni di governo necessariamente pubbliche e che devono essere esercitate in modo associato da tutti i comuni e le province appartenenti all'ambito territoriale ottimale, mentre le funzioni di erogazione possono essere affidate a soggetti pubblici, privati o misti. La Regione Piemonte ha dato attuazione ai principi e alle disposizioni della legge Galli con legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13, attuata con un complesso processo di concertazione. La delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, presupposto della riorganizzazione dei servizi idrici, e' stata operata, infatti, secondo considerazioni e valutazioni che trovano il loro fondamento nelle indicazioni generali della legge n. 36/1994 ed in particolare nei criteri espressi all'art. 8 della medesima di rispetto dell'unita' di bacino nei limiti rappresentati dall'idrografia regionale, di superamento della frammentazione delle gestioni, nonche' di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali. L'applicazione dei suddetti criteri alla realta' piemontese - oggetto di confronto e concertazione con le altre regioni in sede di Autorita' di bacino del fiume Po - ha portato all'individuazione di sei ambiti che rispondono alle seguenti caratteristiche: rispetto sostanziale delle infrastrutture e degli impianti esistenti, indipendentemente dalle singole realta' gestionali; dimensione sufficientemente ampia per l'applicazione di una tariffa di ambito idonea a compensare tutti i costi di gestione e di investimento senza essere eccessivamente onerosa; presenza all'interno di ogni ambito di situazioni differenziate, quali piccoli centri abitati e citta' di notevoli dimensioni, zone di montagna, collinari e di pianura, porzioni di territorio altamente dotate di infrastrutture ed aree poco attrezzate. Per quanto concerne invece la funzione di produzione ed erogazione del servizio, l'art. 7 della l.r. n. 13/1997, pur demandando la scelta delle forme di gestione all'insindacabile giudizio delle Autorita' d'ambito, esclude la possibilita' di ricorrere alle gestioni in economia, incompatibili con i criteri di efficienza, efficacia ed economicita' posti dalla legge n. 36/1994 con specifico riferimento ai servizi idrici e con le norme dell'art. 113 del d.lgs. n. 267/2000 in materia di servizi pubblici locali. La norma consente inoltre che le Autorita' d'ambito possano affidare la gestione del servizio idrico integrato anche ad un pluralita' di soggetti, anziche' ad un unico gestore, purche' cio' risponda all'interesse generale dell'intero ambito territoriale ottimale ed a condizione che ciascuno dei soggetti individuati provveda, nella porzione di territorio servito, alla gestione unitaria del c.d. ciclo completo dell'acqua (captazione, adduzione e distribuzione, fognatura e depurazione). Per quanto concerne la funzione di determinazione dei livelli tariffari, altro cardine della riforma dei servizi idrici affidato alle Autorita' d'ambito, all'art. 8 della l.r. n. 13/1997 e' disposta l'applicazione graduale della c.d. tariffa d'ambito, intesa quale corrispettivo del servizio idrico integrato pagato dall'utenza nell'intero ambito territoriale ottimale. Scopo della norma e' far si' che entro dieci anni dall'entrata in vigore della legge ogni cittadino residente nell'ambito territoriale corrisponda un eguale importo di tariffa, seppure determinato secondo il metodo, le articolazioni e le modulazioni di cui agli articoli 13 e 14 della legge n. 36/1994. Il quadro normativo sopra illustrato si completa con la disposizione di cui all'art. 35, comma 6 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, a mente della quale, al fine di salvaguardare le aspettative delle piccole realta' locali, in caso di gestione associata del servizio per ambiti territoriali di dimensione sovracomunale, il soggetto che gestisce il servizio stipula appositi contratti di servizio con i comuni di dimensione demografica inferiore a 5.000 abitanti, al fine di assicurare il rispetto di adeguati ed omogenei standard qualitativi di servizio, definiti dai contratti stessi. Il ruolo regionale di regolamentazione, indirizzo e coordinamento unitamente alla costituzione ed all'ormai piena operativita' delle Autorita' d'ambito hanno condotto il Piemonte ad una avanzata fase del processo di riforma, che al momento attuale si sta concentrando proprio sulla scelta delle forme di gestione e sui relativi affidamenti secondo i parametri della legislazione nazionale e regionale, con cio' approssimandosi al definitivo superamento della frammentazione delle gestioni. La previsione dell'art. 148, comma 5 del d.lgs. n. 152/2006, nell'introdurre l'adesione facoltativa alla gestione unica del servizio idrico integrato per comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunita' montane mina alle basi il complesso processo di riforma del settore. Atteso l'elevatissimo numero di comuni di queste dimensioni presente nella regione (in alcuni ambiti territoriali pari a oltre il 40%) vengono vanificati completamente gli enormi sforzi compiuti per garantire la realizzazione dei principi cardine della legge n. 36 del 1994 e nello specifico quelli di efficacia, efficienza e economicita' dei servizi idrici che - come gia' detto - possono essere realizzati solo con il superamento della frammentazione delle gestioni per mezzo della definizione di ambiti territoriali ottimali ampi, entro i quali poter applicare un nuovo regime tariffario determinato in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio. La previsione generalizzata di sottrazione dei comuni indicati dall'art. 148, comma 5 alla partecipazione agli ambiti territoriali ottimali, a meno che essi non vi prestino volontaria (e quindi eventuale e sempre revocabile) adesione, e' totalmente avulsa dalla considerazione della forte differenziazione delle realta' territoriali ed amministrative nelle regioni italiane ed in patente contraddizione con lo stesso principio di organizzazione del servizio idrico in base all'individuazione di ambiti territoriali ottimali. I caratteri peculiari del territorio non possono essere in alcun modo trascurati nell'organizzazione ed erogazione di un servizio pubblico essenziale per la vita delle comunita' locali. I territori montani piemontesi sono caratterizzati da superfici vaste su cui insistono piccoli centri abitati, solitamente poco attrezzati sotto il profilo infrastrutturale (soprattutto depurativo) a fronte di una presenza di risorsa idrica qualitativamente e quantitativamente rilevante. Le zone di pianura invece sono territori ad alta densita' abitativa, dotati di infrastrutture idriche ma in condizioni quali-quantitative precarie. Il Piemonte presenta poi vaste zone collinari, a loro volta caratterizzate da peculiarita' geomorfologiche e di antropizzazione rilevanti sotto il profilo dei servizi idrici. Le specificita' territoriali ed amministrative piemontesi (con la grande citta' metropolitana, un limitato numero di comuni di medie dimensioni e un elevatissimo numero di comuni di piccole e piccolissime dimensioni per il totale di 1209) avevano trovato nella legge regionale n. 13/1997, con l'istituzione degli ambiti e delle autorita' d'ambito comprendenti tutti i comuni interessati in una unitaria organizzazione del servizio, un ragionato assetto di funzioni aderente alle realta' locali, concretizzando un complesso processo di aggregazione, con opera di sensibilizzazione e di superamento anche di intuibili resistenze, basando sull'obbiettivo della necessita' dell'associazione dei comuni e non della mera facoltativita' di essa. L'introdotta deroga al principio di unicita' della gestione d'ambito esula dai principi dettati dalla legge di delega, contrasta con il mantenimento del complessivo quadro istituzionale e dell'assetto organizzativo delle funzioni gia' stabilito, condiziona e limita le potesta' regionali di organizzazione delle funzioni amministrative nel territorio e negli ambiti di competenza regionale quali quello della regolazione dei servizi pubblici locali, senza che sia ravvisabile alcuna razionale superiore diversa esigenza di carattere unitario ed anzi in evidente contrasto con gli stessi principi della disciplina del settore. Inoltre l'immediata operativita' della disposizione considerata, senza previsione neppure di regime transitorio o clausola di salvezza dell'attuale operativita' degli ambiti territoriali ottimali e delle gestioni gia' esistenti, spezza improvvisamente un sistema che alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 152/2006 e' strutturato, dimensionato e finanziariamente esposto per rispondere alle esigenze di gestione e infrastrutturazione unitaria dell'ambito territoriale ottimale, senza che a cio' possano in alcun modo ovviare le funzioni di regolazione generale e di controllo attribuite all'Autorita' d'ambito dall'articolo impugnato. Per queste ragioni e' ravvisabile l'occorrenza di sospensione dell'entrata in vigore dell'art. 148, comma 5 considerato, per il che si fa istanza. Art. 150. La norma disciplina specificamente le modalita' della scelta da parte dell'autorita' d'ambito della forma di gestione e delle procedure di affidamento del servizio idrico integrato, ove si prevedono una ipotesi principale mediante affidamento a terzi con gara (comma 2) e due ipotesi subordinate (comma 3) corrispondenti rispettivamente alle lettere b) e c) dell'art. 113, comma 5 del T.U. 267/2000, e si ha riferimento a decreto del Ministro dell'ambiente che disciplina modalita' e termini delle gare «nel rispetto delle competenze regionali in materia». Nel contempo l'art. 170, comma 3, lettera i) dispone che, fino all'emanazione del decreto di cui all'art. 150, comma 2, all'affidamento della concessione di gestione del servizio idrico integrato e all'affidamento a societa' miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22 novembre 2001, nonche' le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio del 6 dicembre 2004. Al di la' del nominalistico indicato rispetto delle competenze regionali in materia, si assiste quindi all'attrazione completa nell'ambito di attivita' amministrativa ministeriale di tutta la disciplina relativa alla gestione del servizio considerato, consolidando nelle norme del decreto delegato precedenti atti ministeriali. La dichiarazione fatta dall'art. 141, comma 1, secondo la quale oggetto delle disposizioni della sezione terza e' la disciplina delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i profili che concernono la tutela dell'ambiente, della concorrenza, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane, si appalesa allora frutto di evidente forzatura, rivolta a porre sotto l'ambito di competenza esclusiva statale un blocco di disposizioni che oggettivamente non vi ricadono. La mancata effettiva considerazione ed il superamento della correlazione tra l'ambito della competenza statale attinente alla tutela della concorrenza con la pluralita' degli interessi rientranti nella sfera delle attribuzioni regionali connesse allo sviluppo economico-produttivo del Paese conducono pertanto a ravvisare le suddette previsioni del d.lgs. n. 152/2006 lesive della competenza regionale in materia, senza che a fronte di cio' si possano rinvenire peculiarita' del servizio idrico integrato che giustifichino un simile intervento legislativo statale in deroga alla disciplina generale dei servizi pubblici locali. E' dunque piu' che lecito il sospetto che la pluralita' dei richiami alle materie di competenza esclusiva dello Stato operata dal d.lgs. n. 152/2006 sia preordinata ad estendere le funzioni ed i compiti spettanti allo Stato anche alle normative di dettaglio, con conseguente invasione delle competenze regionali in materia di regolazione del servizio idrico integrato. Significativo in proposito, oltre ai gia' citati articoli 170, comma 3, lettera i) e 150 comma 2, l'art. 174, comma 1, per il quale, fino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente di nuove disposizioni, costituisce norma attuativa il d.P.C.m 4 marzo 1996. Il legislatore statale dunque pur richiamando piu' volte le competenze delle regioni, non si e' limitato a dettare principi fondamentali, ma ha demandato alla propria normativa anche le misure di dettaglio. Si aggiunga anche in questo caso che la norma finale dell'art. 176 attribuisce vigore di principi fondamentali ai sensi dell'art. 117, comma 3 della Costituzione, a tutte le disposizioni di cui alla Parte III del presente decreto che concernono materie di legislazione concorrente. Secondo l'impostazione data dal decreto legislativo n. 152/2006 tutta la materia della gestione del servizio idrico integrato verrebbe riportata dalle regioni allo Stato, che ne effettua l'integrale regolazione. Come si e' prima rammentato benche' il decreto manchi di effettiva trattazione organica dei tre profili di materia (difesa suolo, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche), la Parte III e' costituita da tre sezioni fra loro interconnesse e consequenziali. Nel contempo il d.lgs n. 152/2006, atteggiandosi a testo unico o codice della materia, abroga tutto l'apparato normativo previgente. Per quanto sopra esposto le evidenziate violazioni dei precetti costituzionali ineriscono al sistema delle competenze ed a quello della pianificazione di settore, veri e propri cardini di tutto l'impianto normativo considerato. Ne consegue che anche disposizioni in se' e per se' non censurabili non possono risultare sottratte alle questioni sollevate, cosicche' per tale ragione, oltre al rilievo inerente al metodo procedurale adottato, che riflette su tutte le disposizioni la violazione del principio di leale collaborazione, come evidenziato al I motivo, l'illegittimita' costituzionale si estende all'intero complesso normativo di cui alla Parte III del d.lgs. n. 152/1999. IV Sulla Parte quarta del d.lgs. n. 152/2006. Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della p.a. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. La parte quarta del decreto legislativo n. 52/2006 reca le norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. Come e' stato rilevato dalla Conferenza delle regioni, il decreto delegato in questa parte interviene drasticamente su alcuni aspetti della normativa vigente, modifica l'organizzazione delle competenze e dell'intero sistema di gestione proprio degli istituti che finora sono stati applicati con buoni risultati, senza fornire gli elementi per una diversa organizzazione del sistema, coerente con il quadro costituzionale e aderente ai principi comunitari. In un quadro involutivo rispetto all'attuale si spostano competenze dalla periferia al centro, si sovrappongono e duplicano funzioni e atti di programmazione, si separano settori che al contrario necessitano di integrazione, si moltiplicano i processi decisionali e di controllo aumentando l'incertezza degli operatori pubblici e privati, annullando processi regionali e locali di grande valore e di riconosciuta efficacia, nonche' programmi e traguardi raggiunti, allontanando l'allineamento del nostro Paese alla disciplina europea. In particolare si evidenziano i seguenti aspetti: A) Art. 181 commi 7 e 11 ed art. 214, comma 3. Le norme concernono la formazione di accordi di programma con soggetti economici o associazioni di categoria per la definizione di metodi di recupero derogatori della disciplina generale e per le attivita' sottoponibili alle procedure semplificate. Si tratta di accordi di programma fra soggetti pubblici e privati sostitutivi dell'attivita' di normazione secondaria, previsione del tutto innovativa rispetto al quadro legislativo vigente ed esulante totalmente dai principi e criteri della legge di delega. Vi e' l'introduzione di un sistema di contrattualizzazione che esorbita dai limiti propri dell'istituto dell'accordo, essendo previsto che attraverso gli accordi si detti la disciplina attuativa del decreto sostituendosi all'attivita' normativa secondaria, in contrasto con i principi regolanti l'attivita' amministrativa che escludono le possibilita' di accordi con i privati nell'ambito dell'attivita' diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione (artt. 11, 13, legge n. 241/1990). Vi e' altresi' la legittimazione solo di alcune categorie sociali, a discapito di altre, a concorrere all'elaborazione dei contenuti di rilevanti discipline, potenzialmente destinate a assumere caratteri di generalita' ed astrattezza e a divenire quindi applicabili alla universalita' degli operatori dei settori interessati, il che si traduce in una violazione dei principi di uguaglianza e di certezza del diritto. L'evenienza di incorrere in parzialita' a cui conducono dette disposizioni si aggrava per il fatto che non ha trovato alcuna considerazione il potenziale contributo delle associazioni operanti nel settore della tutela ambientale ne' di altri enti esponenziali di interessi generali. Dette previsioni non trovano sostegno nella normativa comunitaria. Il riferimento fatto dall'art. 181 alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato delle regioni, Com (2002) 412 del 17 luglio 2002 e' infatti improprio in quanto travisa il significato dell'istituto delineato in sede comunitaria e volto ad individuare obiettivi di miglioramento, su base volontaria, e non gia' a deregolamentazione. Sul punto la Commissione europea, con la comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle regioni relativa agli «Accordi ambientali» stabilisce che «gli accordi in materia ambientale sul piano comunitario sono accordi in cui le parti interessate si impegnano ad ottenere una riduzione dei livelli di inquinamento come sancito dal diritto ambientale, o obiettivi di carattere ambientale, di cui all'art. 174 del Trattato... un accordo ambientale deve fornire valore aggiunto in termini di elevato livello di tutela dell'ambiente. La politica comune per l'ambiente deve mirare ad un livello di protezione elevato. Prima di riconoscere un accordo ambientale, la Commissione deve assicurarsi che questa condizione sia soddisfatta». Presupposto giuridico per il ricorso agli accordi ambientali e' la conformita' «alle disposizioni del trattato CE relativamente al mercato interno e alle regole sulla concorrenza, ivi compresi gli orientamenti riguardanti gli aiuti di Stato a favore dell'ambiente». Gli accordi di programma previsti dal d.lgs. n. 152/2006 invece, consentendo di fissare modalita' di trattamento e adempimenti amministrativi alternativi a quelli previsti per tutte le altre tipologie di rifiuto, permetterebbero la sottrazione di notevoli quantita' di rifiuti dalla disciplina e dal regime dei controlli ordinari, con evidenti rischi per la tutela della salute e dell'ambiente. L'accordo di programma, cosi' come formulato, consente a coloro che aderiscono di sottrarsi ad ogni regolamentazione, oltre a causare una evidente difformita' di applicazione delle norme da un settore produttivo ad un altro, impedendo controlli uniformi del ciclo di gestione dei rifiuti sul territorio nazionale. Inoltre, viene stabilito che la struttura delegata alla raccolta delle informazioni e' l'Albo nazionale gestori ambientali, attraverso la costituzione di un'apposita sezione, senza pero' chiarire come avvenga il coordinamento con le province, fino ad ora deputate ad effettuare i controlli in merito al recupero dei rifiuti con procedura semplificata. Artt. 183, 194 ed art. 212 per la parte relativa ai rottami ferrosi in quanto connessa con le definizioni dell'art. 183. Vengono introdotte le nozioni di rifiuto, sottoprodotto, materia prima secondaria per attivita' siderurgiche e metallurgiche, che restringono il campo di applicazione della disciplina sui rifiuti, percorrendo una sorta di deregolamentazione mascherata, che e' gia' in passato incorsa nei negativi pronunciamenti della Corte di Giustizia. Vedasi in ipotesi del tutto analoghe la pronuncia «Niselli» C. 457/02 dell'11 novembre 2004. Con l'introdotta nozione di sottoprodotto e materia prima secondaria si sottraggono al regime dei rifiuti, ed alle relative autorizzazioni, adempimenti e controlli, sostanze e materiali che le direttive comunitarie riconducono alla nozione generale di rifiuto, da interpretarsi, conformemente alla giurisprudenza comunitaria, in senso estensivo (vedasi la pronuncia «Palin Granit Oy» 9/00 del 18 aprile 2002; ma anche Cass. pen. ordinanza 1414/06). Il campo di applicazione si ricostruisce con difficolta' nella lettura di una serie di disposizioni, in particolare delle definizioni e della disciplina su: sottoprodotti (art. 183, comma 1, lett. n); materie prime secondarie (art. 183, comma 1, lett. q) e 181 comma 12); materie prime secondarie fin dall'origine (art. 181, comma 13); materie prime secondarie per attivita' siderurgiche e metallurgiche (art. 183, comma 1, lett. n) CDR-Q ovvero combustibile da rifiuto di qualita' elevata (183, comma 1, lett. s) e 229), oltre alle terre e rocce da scavo (art. 186) di cui si dira' a parte. Confrontando i contenuti delle esclusioni contenute nel d.lgs. n. 152/2006 con gli orientamenti consolidati della giurisprudenza comunitaria in merito emerge l'indebita sottrazione di alcune tipologie di rifiuti dall'ambito di applicazione della normativa comunitaria. Con riferimento alla nozione di sottoprodotto, l'art. 183, comma 1, lett. n) ritaglia una zona franca a determinati materiali scaturiti da processi industriali che si spinge oltre le linee di confine tracciate in sede comunitaria. La Corte di Giustizia ha affermato in proposito che «tenuto conto... dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuto, per limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro natura, occorre circoscrivere tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del processo di produzione» (sentenza 11 settembre 2003, causa c-114/01 Avestapolarit Chrome; sentenza 11 novembre 2004, causa c-457/02). Il contrasto della nozione di sottoprodotto di cui all'art. 183, comma 1, lett. n) riguarda in primo luogo e con evidenza la mancata previsione della necessaria riutilizzazione del materiale nel corso del processo di produzione. La norma dispone espressamente la possibilita' di riutilizzo dei sottoprodotti non solo «direttamente dall'impresa che li produce» ma contempla la possibilita' di escludere dalla applicazione delle disposizioni della parte IV i sottoprodotti che «sono destinati ad un ulteriore impiego o al consumo» compresi quelli «commercializzati... direttamente per il consumo o per l'impiego» con evidente incompatibilita' della definizione con l'orientamento comunitario. Per quanto concerne le disposizioni relative a materie prime secondarie per attivita' siderurgiche e metallurgiche (art. 183, comma 1, lett. u) e CDR-Q ovvero combustibile da rifiuto di qualita' elevata (183, comma 1, lett. s) e 229) esse comportano esclusione dall'ambito di applicazione della direttiva 75/442/CEE come interpretata dalla Corte di Giustizia, nel primo caso in quanto non specifica che un rottame ferroso o non ferroso derivante da operazioni di recupero puo' effettivamente assumere la qualifica di prodotto solamente qualora si tratti di operazioni di recupero complete e, nel secondo caso, perche' non si tiene conto che il combustibile derivato da rifiuti e' a tutti gli effetti un rifiuto fino a quando lo stesso non viene combusto per produrre energia (ed anche successivamente, limitatamente ai residui delle operazioni di combustione) e non puo' essere definito come il risultato di un'operazione di recupero completa in quanto e' il risultato di un processo di selezione e miscelazione di rifiuti che mantengono tale caratteristica anche dopo il trattamento. Si evidenzia dunque contrasto con le direttive comunitarie e riproposizione di soluzioni interpretative gia' oggetto di condanna da parte degli organi comunitari, che si riflette negativamente sull'attivita' delle amministrazioni regionali e locali poste nelle condizioni di operare o in violazione delle norme introdotte, ma nel rispetto di quelle comunitarie, ovvero, osservandole, di essere esposte a pronunciamenti negativi in sede comunitaria. Tutto cio' anche in contrasto con i principi della legge di delega. Dunque il vizio di origine del d.lgs. n. 152/2006, predisposto con metodi che hanno determinato la totale emarginazione del sistema delle regioni e delle autonomie locali dall'elaborazione del testo, non puo' non ripercuotersi in sede di attuazione producendo una scontata difficolta' per gli enti che non hanno in alcun modo condiviso il testo normativo a dare concreta applicazione alla novella disciplina. Questo scollamento tra potere centrale e autonomie locali si traduce in un blocco del sistema e in una incertezza di disciplina che va a detrimento degli interessi pubblici tanto dei singoli cittadini quanto degli operatori economici dei settori interessati. In una situazione di contrasto e di scarsa chiarezza normativa possono avvantaggiarsi esclusivamente i soggetti che operano nel campo ambientale in modo illegale, con potenziale rafforzamento dei traffici e delle gestioni illecite. Art. 186. La situazione di contrasto con la normativa comunitaria e' qui particolarmente evidente. Viene riproposta, con alcune marginali modifiche, l'esclusione dalla normativa dei rifiuti delle terre e rocce da scavo, gia' contenuta in precedenti leggi oggetto di due procedure di infrazione comunitaria avviate nei confronti dell'Italia per contrasto con le direttive 75/442/CEE e 91/156/CEE. Infatti il d.lgs. 22/1997, all'art. 8, prevedeva inizialmente l'esclusione dei materiali non pericolosi derivanti dall'attivita' di scavo. La Commissione europea con lettera di messa in mora 23 settembre 1997 (procedura 95-2184) censuro' tale esclusione e l'Italia con d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389, abrogo' la disposizione che permetteva l'esclusione dei materiali non pericolosi che derivano da attivita' di scavo. Ma successivamente l'art. 10 della legge n. 93/2001 nuovamente inseri' tra le esclusioni della normativa sui rifiuti lo stesso materiale con la dizione «terre e le rocce da scavo destinate all'effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati con esclusione dei materiali provenienti da siti inquinati e da bonifiche con concentrazione di inquinanti superiori ai limiti di accettabilita' stabiliti dalle norme vigenti» ed inoltre l'art. 1, comma 17 della legge n. 443/2001 (legge Lunardi) ne introdusse un'interpretazione autentica nel senso che le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, percio', escluse dall'ambito di applicazione della relativa normativa anche quando contaminate durante il ciclo produttivo da sostanze inquinanti derivanti dalle attivita' di escavazione, perforazione, costruzione, sempre che la composizione media dell'intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti. Inoltre il comma 19 della stessa legge stabili' che per i materiali di cui al comma 17 si intende per effettivo utilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati anche la destinazione a differenti cicli di produzione industriale, ivi incluso il riempimento delle cave coltivate, nonche' la ricollocazione in altro sito a qualsiasi titolo autorizzato. In relazione a dette norme la Commissione europea avvio' una nuova procedura di infrazione 2002/2077 c (1002) 2201 contestando alla Repubblica italiana la violazione della direttiva 74/442/CEE come modificata dalla direttiva 91/156/CEE per l'esclusione operata a favore di tali materiali dalla disciplina sui rifiuti. La Commissione rilevava che «questa esclusione, che ha per effetto la non applicabilita' delle disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui alla direttiva, e' contraria alla direttiva stessa, che non puo' essere derogata da una norma di diritto interno e che non prevede alcuna esclusione dal suo ambito di applicazione per tali rifiuti» poiche' «le terre e rocce da scavo sono materiali di cui il detentore vuole disfarsi e sono inoltre elencati nel catalogo europeo dei rifiuti... Pertanto le terre e rocce da scavo devono essere considerate coperte dalla definizione di rifiuto e, di conseguenza, incluse nell'ambito di applicazione della disciplina comunitaria sui rifiuti». Al fine di risolvere le questioni della procedura di infrazione della Commissione europea, si intervenne con l'art. 23 della legge n. 306/2003 (legge comunitaria 2003), modificando le disposizioni dell'art. 1 della legge n. 443/2001 (legge Lunardi) e prevedendo l'esclusione delle terre e rocce provenienti da attivita' di scavo dalla disciplina dei rifiuti solo nel caso in cui, oltre alle condizioni gia' previste, siano utilizzate senza trasformazioni preliminari, secondo le modalita' stabilite nel progetto sottoposto a VIA ovvero, qualora non sottoposte a VIA secondo le modalita' previste nel progetto approvato dall'autorita' amministrativa competente previo parere dell'ARPA. Tuttavia tale intervento normativo non e' stato sufficiente per ritenere adeguata le normativa interna alla direttiva comunitaria, tanto che la Commissione europea non ha archiviato la procedura di infrazione avviata con riferimento alla legge n. 93/2001 e legge n. 443/2001, chiedendo con ricorso alla Corte di Giustizia in data 2 maggio 2005 Causa C-194/05, la condanna della Repubblica italiana per la esclusione delle terre e rocce da scavo destinate all'effettivo riutilizzo per reinterri, riempimenti, rilevati e macinati, dalla disciplina nazionale sui rifiuti. L'art. 186 in esame riprende e amplia quanto previsto dalle surricordate leggi n. 93/2001 e 443/2001, con la conseguenza che le questioni di contrasto con la normativa comunitaria, gia' contestate dalla Commissione europea, restano immutate e se possibile si radicalizzano. In particolare, l'art. 186 al comma 1 stabilisce quali sono le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo ed i residui di lavorazione della pietra possono essere escluse dal regime giuridico dei rifiuti. La norma introduce anche novita' rilevanti che tendono ad escludere dalla disciplina dei rifiuti ulteriori materiali quali «i residui di lavorazione della pietra» in precedenza non contemplati, restringendo ulteriormente il campo di applicazione della normativa sui rifiuti. Tale previsione contrasta con la necessita' posta a livello comunitario di interpretare estensivamente la nozione di rifiuto a prescindere dal fatto che i materiali da scavo non comportino reali pericoli per la sanita' pubblica o l'ambiente (Sentenza C-9/00 Palin Granit Oy). La Corte di Giustizia, nella sentenza citata, interpreta la nozione di rifiuto escludendone solo le sostanze e i materiali sottoposti ad un riutilizzo non solo eventuale ma certo, senza trasformazione preliminare e nel corso del medesimo processo di produzione. Inoltre in merito all'utilizzo del materiale l'art. 186 introduce significative modifiche. Un aspetto innovativo riguarda l'inciso «... ove cio' sia espressamente previsto» con riferimento alle autorizzazioni all'utilizzo delle terre e rocce da scavo. Tale precisazione incide sulla rilevante questione, gia' sorta nella vigenza delle preesistenti norme, di quando occorra sottoporre a specifica e preventiva approvazione e conseguente caratterizzazione dei materiali risultanti una operazione di riutilizzo di terre e rocce da scavo. Mentre in precedenza per l'utilizzo dei materiali doveva ritenersi sempre necessaria la preventiva approvazione di un progetto, attualmente si puo' concludere che puo' non essere obbligatoria la presentazione di un progetto per l'utilizzo di terre e rocce da scavo e conseguentemente non necessaria l'approvazione dell'autorita' amministrativa, l'emanazione di un parere dell'ARPA e una specifica valutazione circa la composizione media della massa da avviare all'utilizzo. Il comma 5 dell'art. 186 fornisce una precisazione su cosa si intenda per «effettivo utilizzo» individuato come condizione necessaria affinche' le terre e rocce da scavo siano escluse dal regime dei rifiuti, e prevede che possa consistere anche nel destinare i materiali scavati a differenti cicli di produzione industriale o al riempimento delle cave o alla ricollocazione in altro sito. Il comma 7 prevede una dichiarazione sostitutiva da parte del soggetto che esegue i lavori in ordine al «riutilizzo» alla assenza di «trasformazioni preliminari» alla mancato uso di «sostanze inquinanti». Al comma 8 si prevede l'ipotesi di utilizzo non immediato del materiale scavato introducendo la possibilita' di un deposito semestrale. Dette nuove disposizioni contrastano palesemente con l'orientamento della giurisprudenza comunitaria secondo il quale «le uniche modalita' prevedibili di riutilizzo dei detriti necessitano nella maggior parte di casi di operazioni di deposito che possono avere una certa durata», in tal caso «il riutilizzo non e' sicuro e prevedibile a piu' o meno lungo termine, cosicche' i detriti possano essere considerati solo residui provenienti dall'estrazione di cui l'imprenditore ha deciso o ha l'obbligo di disfarsi ai sensi della direttiva 91/156/CEE» e come tali ricadenti nella disciplina sui rifiuti (Sentenza C-9/00 Palin Granit Oy; C-114/01 Avestapolarit Chrome Oy). Inoltre, con la previsione di una dichiarazione sostitutiva in ordine all'utilizzo dei materiali viene meno la certezza del medesimo utilizzo del materiale da scavo che rappresenta una condizione necessaria, come rilevato dalla Corte di Giustizia, per l'esclusione dalla disciplina dei rifiuti. L'uso del termine «riutilizzo» comma 7 dell'art. 186 deve considerarsi riferito a un reimpiego ovvero ad un nuovo uso di materiali gia' utilizzati; cio' appare fortemente in contrasto con l'orientamento della giurisprudenza comunitaria che considera che tale operazione non giustifichi l'esclusione dei materiali dalla disciplina dei rifiuti ma realizzi attivita' di recupero di rifiuti. In tal senso la Commissione europea nella procedura di infrazione nei confronti dell'Italia ha affermato «che la definizione di rifiuto di cui alla direttiva comprende infatti anche i materiali destinati ad operazioni di riutilizzo o recupero dato che il termine disfarsi include nel contempo lo smaltimento e il recupero di una sostanza o di un oggetto». In sostanza le disposizioni dell'art. 186 in quanto appaiono sottrarsi all'applicazione della direttiva comunitaria sui rifiuti determinano il protrarsi del contenzioso comunitario sul punto, gia' avviato nei confronti della previgente normativa. Ne conseguono effetti negativi sull'attivita' dell'amministrazione regionale, tenuta ai sensi dell'art. 117, 1 comma e 5 comma della Costituzione a dare attuazione alla normativa comunitaria e posta di fronte a normativa interna contrastante con le fonti comunitarie direttamente applicabili e con le sentenza della Corte di Giustizia rese ai sensi dell'art. 234 del Trattato Ce. Anche nelle ipotesi di conflitto tra normativa interna e disciplina comunitaria non «self-executing» la situazione di grave incertezza nonnativa conduce ad una situazione di stallo, aggravata dalla pendenza di un contenzioso comunitario che si protrae ormai da alcuni anni. Tutto cio' conduce in definitiva all'abbassamento del livello della tutela ambientale, considerando il particolare rilievo, anche in termini quantitativi, dell'esclusione di tutti i prodotti dell'attivita' di escavazione dalla normativa sui rifiuti e della sostanziale deregolamentazione della materia. Art. 195. Le disposizioni concernono le competenze statali. Viene in particolare considerazione il comma 1, lett. f), laddove si realizza l'accentramento a livello ministeriale delle attivita' pianificatorie nell'individuazione degli impianti di recupero e smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, che avviene semplicemente «sentita la Conferenza Stato-regioni» e senza intesa della stessa e delle singole regioni specificamente interessate dagli interventi in programma. Ne deriva una sostanziale esclusione delle regioni all'esercizio dell'attivita' pianificatoria sul territorio di propria competenza in merito agli impianti di recupero e smaltimento di preminente interesse nazionale, per la cui localizzazione non e' prevista alcuna forma di partecipazione alla decisione statale. Tale previsione si pone in contrasto con le competenze regionali in materia di governo del territorio e, indirettamente, di tutela della salute. Come gia' ravvisato da cidesta ecc.ma Corte «quando gli interventi dello Stato, in vista di interessi unitari di tutela ambientale, concernono l'uso del territorio e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un lato, con la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate le modalita' di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano le regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi». In particolare per l'individuazione dei siti e' necessaria l'acquisizione dell'intesa da parte della regione sul cui territorio l'opera e' destinata ad essere ubicata, essendo insufficiente «a questo livello il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata, il cui intervento non puo' sostituire quello, costituzionalmente necessario della singola regione interessata» (sent. 62/2005). Ancora al comma 1, lett. l), n), q) che riguardano rispettivamente l'individuazione degli obiettivi di qualita' dei servizi, le linee guida per la definizione delle gare d'appalto e dei capitolati, i criteri per l'organizzazione della raccolta differenziata, si e' in presenza di disposizioni riferite al sistema di gestione dei servizi relativi ai rifiuti che sono riconducibili alla competenza legislativa regionale in tema di servizi pubblici locali, nonche' alla potesta' organizzativa degli enti gestori. Sotto il primo aspetto degli obbiettivi di qualita' non vi e' neppure alcuna previsione della partecipazione delle regioni ed autonomie locali. Per gli altri aspetti non potrebbe essere invocato il titolo di legittimazione della competenza statale attinente alla tutela della concorrenza, che e' riferibile solo a disposizioni di carattere generale che disciplinano l'affidamento dei servizi nei limiti degli strumenti di intervento disposti «in una relazione ragionevole e proporzionata rispetto agli obiettivi attesi», tenendosi conto che la materia della tutela della concorrenza (materia-funzione che presenta estensione trasversale) si intreccia con una pluralita' di altri interessi, come, nel caso in esame, la connessione con la disciplina concreta di un servizio pubblico locale quale la gestione dei rifiuti urbani (sent. 272/2004). Parimenti non vi e' evidenza nelle disposizioni suddette di esigenze particolari connesse a standards di tutela ambientale, cosicche' l'intervento statale realizza illegittima compressione dell'autonomia regionale poiche' risulta ingiustificato e non proporzionato rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza e della tutela ambientale ed effettua disciplina di dettaglio nel merito delle forme, modi ed obiettivi di gestione dei servizi pubblici locali, che deve essere correttamente ricondotta alla competenza regionale, ai sensi dell'art. 117, comma 4. Sempre al comma 1, alle lett. m) ed o) e' prevista l'emanazione da parte del Ministero dell'ambiente dei criteri generali per elaborazione dei piani regionali e degli ambiti territoriali ottimali ed altresi' delle linee guida per la cooperazione fra enti locali ed alla lett. p) dei criteri per le aree non idonee. Vi e' accentuazione ed accentramento di poteri a livello ministeriale non sorretto dalla legge di delega e non giustificato da esigenze di trattamento unitario degli interessi coinvolti, in contrasto con i principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione con la partecipazione delle comunita' locali nel governo della materia. In ambito programmatorio vengono poste in secondo piano le potesta' regionali in ordine alla definizione degli indirizzi e all'organizzazione del sistema di governo delle attivita' di gestione dei rifiuti e sostanzialmente divengono inconsistenti le funzioni provinciali di programmazione e di coordinamento delle politiche gestionali nel proprio ambito territoriale, come gia' previste dalla disciplina finora vigente. Cio' contrasta con il principio di sussidiarieta', impedendo che gli interventi siano rapportati alla dimensione territoriale degli interessi e all'individuazione del livello ottimale di allocazione delle diverse funzioni, mentre il principio dell'unitarieta' non giustifica l'intervento pervasivo sugli aspetti pianificatori, laddove il principio di differenziazione imporrebbe di adattare gli interventi di tutela e di organizzazione ai diversi contesti territoriali. Parimenti per analoghe considerazioni appare ingiustificato e irragionevole l'intervento statale diretto a definire linee guida specifiche inerenti «le forme e i modi della cooperazione fra gli enti locali», non apparendo sussistere alcuna speciale esigenza che non possa essere soddisfatta con l'applicazione degli istituti propri dell'organizzazione delle autonomie locali secondo le modalita' piu' idonee dalle stesse prescelte. I suddetti rilievi attengono conseguentemente alla speculare dettagliata disciplina posta agli articoli da 196 a 200. All'art. 199, comma 9 vi e' inoltre la previsione di un potere sostitutivo in capo al Ministro dell'ambiente per le omissioni rispetto ai contenuti del piano regionale, che si pone in contrasto con l'art. 120 Cost. e con i principi costituzionali di sussidiarieta' e leale collaborazione nonche' di omogeneita' e unicita' di cui alla legge n. 59/1997. Essa appare inoltre contrastante con il principio di ragionevolezza, in quanto affida ad un soggetto diverso dall'ente regionale titolare della programmazione il potere di intervenire per garantire l'adempimento degli obblighi previsti dagli atti di programmazione regionale. L'intervento statale in sostituzione delle autorita' inadempienti, avviene oltretutto senza prevedere alcun coinvolgimento della regione, unico ente competente a garantire l'effettivita' dei propri atti di programmazione. Non sono inimaginabili presupposti che giustifichino l'attribuzione di tali funzioni a livello centrale, anziche' a quello regionale al quale logicamente appartengono ed e' patente la violazione del principio di leale collaborazione, non essendo in alcun modo previsti strumenti idonei a garantire quanto meno l'adeguato coinvolgimento delle regioni nell'adozione dell'intervento sostitutivo e nelle decisioni assunte in via sostitutiva dal Ministero. Artt. 201-204. Viene disciplinato l'affidamento del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e l'utilizzazione delle gestioni esistenti. In dette disposizioni, richiamandosi quanto prima osservato in ordine all'art. 195, il legislatore delegato pone norme estremamente dettagliate ed autoapplicative che comportano una illegittima compressione dell'autonomia regionale e degli enti locali. La selezione di specifica modalita' di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti nonche' l'estremo dettaglio nell'indicare i criteri di aggiudicazione risultano invasivi della competenza legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali nonche' dell'autonomia organizzativa degli enti a cui compete la gestione del servizio. Si ribadisce la violazione dei principi di proporzionalita' e di adeguatezza rispetto agli obiettivi attesi. Si veda anche in particolare la previsione in ordine alla durata della gestione da parte dei soggetti affidatari, «non inferiore a quindici anni», contenuta nel comma 6 dell'art. 201. La fissazione di una durata minima dell'affidamento, che, appare comunque eccessivamente dilatata e, come tale, in contrasto con l'annunciato intento di introduzione di elementi di concorrenzialita' e di apertura del mercato dei servizi pubblici di gestione dei rifiuti, ostacola un adeguamento della disciplina delle gestioni alle diverse realta' territoriali e imprenditoriali regionali, comprime la sfera di autonomia decisionale delle medesime regioni e degli enti locali, con riferimento ad un aspetto esclusivamente gestionale che non ha ragione di essere vincolato a livello nazionale. Art. 205 in relazione all'art. 183, comma 1, lett. f), che concerne la definizione di raccolta differenziata e le misure per incrementare la raccolta differenziata. La nuova definizione data all'art. 183, comma 1, lett. f) identifica nella raccolta differenziata anche operazioni di separazione che avvengono durante la lavorazione del rifiuto e, quindi, successivamente alla raccolta. Con tale metodo, nelle condizioni attuali di raccolta, le percentuali di raccolta differenziata risulterebbero fittizianiente incrementate senza un sostanziale miglioramento, ponendo quindi in crisi gli obbiettivi di raggiungimento di percentuali di raccolta differenziata stabiliti in base a d.lgs. 22/1997 nella programmazione regionale e nei piani gestionali del servizio. Inoltre il decreto delegato non distingue il recupero dei materiali di qualita' e quindi non incentiva il conferimento separato dei rifiuti per frazioni omogenee ed altresi' posticipa al 31 dicembre 2006 il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata che, ai sensi della normativa previgente, dovevano essere raggiunti da piu' di tre anni. Tutto cio' concretizza irragionevolezza e contrasto con gli obbiettivi di tutela ambientale, risultando svilite le realta' territoriali e programmatorie gia' impostate a criteri di maggiore efficienza, con detrimento delle attivita' amministrative locali nel loro buon andamento. Art. 238. Viene disciplinata la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, per la quale la legge delega individuava all'art. 1, comma 9, lett. a) il criterio di «assicurare una maggiore certezza della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani anche mediante una piu' razionale definizione dell'istituto». Il d.lgs. n. 152/2006 non si limita a modificare le preesistente disciplina della tariffa, contenuta nell'art. 49, d.lgs. n. 22/1997, intervenendo sulle modalita' di riscossione ma abroga l'intero disposto dell'art. 49 introducendo rilevanti elementi innovativi circa i presupposti per l'applicazione, concretizzando violazione dell'art. 76 per eccesso di delega rispetto ai principi e criteri direttivi contenuti nella legge n. 308/2004. Inoltre la natura della nuova tariffa, contenuta nell'art. 238 d.lgs. n. 152, appare quantomai controversa. L'attribuzione alla giurisdizione del giudice tributario (legge n. 248/2005, art. 3-bis) cosi' come l'inserimento di un richiamo ad indici reddituali, previsto dall'art. 238 per la commisurazione dell'ammontare della tariffa costituiscono indici per la qualificazione della medesima nello schema tributario, comportando una sensibile divaricazione tra il quantum pagato e il grado di fruizione del servizio pubblico e allontanandolo dal modello del corrispettivo contrattuale. In tal modo e' ravvisabile violazione del principio comunitario del «chi inquina paga» contenuto nel Trattato istitutivo CE e nella direttiva 75/442/Cee, stante l'introduzione di indicatori sganciati dalla mera produzione dei rifiuti e si determina altresi' in definitiva la difficolta' degli enti regionali e locali nella programmazione e gestione dei servizi in relazione al finanziamento degli stessi a cui far fronte con risorse differenti da quelle derivanti dalla prestazione dei servizi stessi. B) Le norme della parte quarta riguardanti la disciplina degli interventi di bonifica dei siti contaminati presentano svariate innovazioni, sia nelle disposizioni di definizioni sia nella regolamentazione di procedure, che modificano notevolmente l'impianto giuridico gia' costituito dal d.lgs. 22/1997, art. 17 senza supporto nelle previsioni della legge di delega. In particolare, all'art. 240 viene adottata definizione della «messa in sicurezza operativa» che anziche' consentire appropriata organizzazione che contemperi l'attuazione degli interventi con la prosecuzione dell'attivita' produttiva, secondo un piano operativo eventualmente concordato, finisce per procastinare a tempo indeterminato gli interventi fino a quando l'attivita' verra' dismessa. All'art. 242, tutto il precedente impianto di competenze viene rivoluzionato eliminando l'incardinamento degli interventi in primo luogo nei comuni territorialmente interessati, con violazione del principio di sussidiarieta'. I mutamenti organizzativi che si renderebbero necessari per operare secondo il sistema prefigurato determinano una immediata situazione di paralisi amministrativa, con il blocco delle attivita' in corso e la difficolta' di concretizzare con occorrente tempestivita' una nuova organizzazione, peraltro piu' complessa, e quindi piu' lenta, e meno efficace, per l'impossibilita' di una verifica immediata sugli eventi di contaminazione, attuabile invece a livello comunale. La definizione delle procedure si presenta di minuto dettaglio non scevro da difetti di coordinamento e comporta una complessita' procedimentale che aggrava, senza trovare giustificazione in essenziali esigenze, il procedimento da seguirsi, lascia ampi margini di incertezza sui ruoli dei soggetti coinvolti e finisce in definitiva per ostacolare un intervento dell'autorita' pubblica tempestivo e specifico. Vi sono altresi' non poche incongruenze in relazione alle disposizioni degli artt. 244 e 245 ed a quelle della parte VI riguardanti le azioni di prevenzione e di riparazione del danno ambientale. L'art. 246 prevede incongruamente il ricorso obbligatorio ad accordi di programma che i soggetti tenuti ad eseguire gli interventi di bonifica hanno «diritto di stipulare» con l'amministrazione competente. Art. 252. Si evidenzia la modifica delle competenze in materia di interventi di interesse nazionale, secondo cui viene eliminata l'intesa della regione territorialmente competente in ordine alla definizione ed approvazione del progetto dell'intervento. Considerando la natura degli interventi di interesse nazionale, che riguardano vaste porzioni territoriali ed hanno rilevante impatto socio-economico, l'esclusione della codeterminazione con la regione e' priva di giustificazione ed in contrasto con il principio di leale collaborazione. Oltretutto le norme della legge n. 426/1998 di perdurante vigenza stabiliscono che per detti interventi siano le regioni ad attribuire il finanziamento, che incongruamente esse dovrebbero disporre su progetti che non hanno esaminato ed approvato. V Sulla parte V del d.lgs. n. 152/2006. Violazione deali artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della p.a. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. La parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 comprende norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera. L'impostazione del decreto delegato incorre in tre principali rilievi: a) prevedendosi dalla legge delega la «revisione» della disciplina per le emissioni dei gas inquinanti in atmosfera nel rispetto delle norme comunitarie ed in particolare della direttiva 2001/81/CE, cosiddetta direttiva NEC, in questo caso il decreto rimane invece ben al di qua del compito, limitandosi solo ad alcuni aspetti della complessa normativa comunitaria di tutela ed inoltre non procedendo affatto al necessario aggiornamento per quanto riguarda le prescrizioni ed i valori limite, che rimangono ancorati a quelli ormai risalenti nel tempo e bisognevoli di revisione anche con riferimento al progresso tecnologico impiantistico; b) non riceve considerazione adeguata la relazione tra la tutela ambientale e la disciplina in materia di energia e di impianti energetici, che e' di competenza concorrente; c) il ruolo delle competenze regionali pianificatorie e programmatorie in materia subisce una generale compressione e pretermissione. In particolare: Art. 267, comma 4. Le attivita' rivolte all'adozione di misure (punto a) a favore della produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili e dello sviluppo della base produttiva di tecnologie pulite non contemplano alcun coinvolgimento esplicito e dichiarato dalla norma della competenza regionale esistente in materia. Al punto c) viene inoltre prevista una specifica modalita' di utilizzo dei «certificati verdi» non contemplata dalla legge di delega (che si limitava all'indicazione del prolungamento del periodo di loro validita' - art. 1, comma 9, lett. g) n. 2) e che blocca, senza apprezzabile fondamento di esigenze unitarie, eventuali diverse impostazioni di politiche incentivanti regionali. Art. 269, comma 7. Viene introdotto il periodo di validita' dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera. L'innovazione (il d.P.R. n. 203/1988 non prevedeva scadenza) sarebbe di per se' interessante e tuttavia viene stabilito un periodo di validita' addirittura di quindici anni. Tale durata e' assolutamente sproporzionata, dal momento che il processo di rinnovamento tecnologico degli impianti e' certamente piu' accelerato e quindi ne risulta ingiustificatamente bloccata la possibilita' concretamente praticabile dell'adeguamento degli impianti a nuove esigenze ambientali dettate dalle politiche di sostenibilita'. Nel contempo non e' piu' presente la potesta' dell'autorita' competente di modificare le prescrizioni dell'autorizzazione in seguito all'evoluzione delle migliori tecnologie disponibili. determinandosi cosi' complessivamente una limitazione e non un accrescimento dei poteri pubblici di controllo e degli obbiettivi generali di miglioramento della qualita' dell'aria attraverso l'adozione delle migliori tecnologie disponibili invece fissati dalla legge di delega (art. 1, comma 8, lett. d) e h), legge n. 308/2004). L'attivita' amministrativa delle regioni per le autorizzazioni dalle stesse rilasciate e per la programmazione e l'indirizzo dell'attivita' autorizzativa rimessa agli enti locali viene a subire negative conseguenze, in quanto attraverso politiche adeguate alle differenti realta' territoriali e condizioni degli impianti produttivi si erano gia' attuate situazioni piu' favorevoli alla riduzione delle emissioni inquinanti. Altrettanto si avrebbe comunque avuto possibilita' di attuare mediante la previsione di modalita' autorizzative piu' appropriate o comunque di loro modulazione in rapporto a piani e programmi locali di tutela della qualita' dell'aria. Tutto cio' invece non ha ricevuto considerazione alcuna da parte del legislatore delegato, con violazione dei principi di sussidiarieta', leale collaborazione e buon andamento della pubblica amministrazione. Art. 271 in relazione agli Allegati. Riprendendo le considerazioni sopra svolte, va altresi' osservato che negli allegati alla parte quinta, oltre all'elaborazione di una complicata casistica di impianti esistenti a date diverse - di cui francamente non si percepisce l'obbiettivo fondamento, mentre appare concreto il rischio che si possa determinare in tal modo l'innalzamento dei limiti delle emissioni rispetto a quanto poteva esser stato fissato da preesistenti singole autorizzazioni - si dispone sulla fissazione dei valori limite e delle prescrizioni in modo del tutto carente per quanto attiene al rilascio delle autorizzazioni per nuovo impianto, rinviandosi la definizione a provvedimenti da emanarsi successivamente all'entrata in vigore del decreto entro un anno. I valori limite e le prescrizioni invece riportati negli allegati ripropongono quelli del 1988, in allora giustificati laddove si poneva per la prima volta una disciplina valevole per tutto il territorio nazionale, ma di cui si prevedeva il totale raggiungimento gia' nel 1997. La loro odierna riproposizione tal quali comporta la vanificazione delle attivita' che le regioni hanno posto in essere per il maggior contenimento delle emissioni in atmosfera. La mancata menzione della possibilita' delle regioni di quanto meno mantenere le proprie discipline specifiche gia' in essere piu' restrittive rispetto a quanto disposto dal decreto delegato determina, particolarmente per le regioni ad alta industrializzazione, detrimento non solo istituzionale, ma di obbiettivo arretramento e peggioramento delle condizioni ambientali (e peraltro anche detrimento ai processi, economicamente significativi, di rinnovamento tecnologico e produttivo indirettamente incentivati anche da esigenze di adeguamento a valori di tutela ambientale). In sostanza anche nell'ambito della tutela dell'aria la logica centralistica, piuttosto che unitaria, che permea il decreto, trascurante il senso dei principi di differenziazione e sussidiarieta' nella loro potenzialita' evolutiva e volutamente dimentica del principio di leale collaborazione, ha prodotto risultati oggettivamente contrastanti con la stessa finalita' di tutela del valore «ambientale». Art. 281, comma 10. Nella stessa «logica centralistica» di cui prima detto si pone anche la previsione dell'art. 281, comma 10 laddove subordina l'individuazione da parte delle regioni di valori limite di emissione e di prescrizioni, anche inerenti alle condizioni di costruzione o di esercizio degli impianti, piu' severi di quelli fissati dagli allegati del decreto alla previa intesa con il Ministro dell'ambiente e con il Ministro della salute e sotto valutazione che cio' risulti necessario al conseguimento dei valori limite e dei valori bersaglio di qualita' dell'aria. In tal modo si comprime ingiustificatamente la possibilita' di interventi regionali di carattere migliorativo e diretti a soddisfare contestualmente nell'ambito delle proprie competenze esigenze ulteriori rispetto a quelle fissate nello standard posto a livello statale (sent. 407/2002). Art. 284-287. La regolamentazione degli impianti termici e' oggetto di molteplici normative tra loro non coerenti, per le quali vi e' necessita' di razionalizzare le disposizioni in un ottica di semplificazione e certezza normativa. Tale esigenza, posta nei criteri direttivi della legge-delega (comma 9, lett. g) non e' soddisfatta dalle disposizioni del decreto delegato. La disciplina degli impianti termici e' ricompresa altresi' nella materia dell'energia, che ricade nella competenza regionale concorrente, mentre le norme considerate pongono in essere disciplina di dettaglio, senza peraltro pervenire ad aggiornata ed univoca regolamentazione del settore. Viene prevista la trasmissione di apposita denuncia all'autorita' competente in caso di installazione o di modifica di un impianto termico civile nominale superiore al valore di soglia, limitandosi a perpetuare le disposizioni della legge n. 615/1966 senza prevederne l'integrazione con quelle derivanti la normativa energetica, d.P.R. n. 412/1993 come modificato dal d.P.R. n. 551/1999, che all'art. 11 stabilisce oltre al libretto di centrale o di impianto la scheda identificativa dell'impianto, che per quelli nuovi o sottoposti a ristrutturazione deve essere compilata dall'installatore, e senza coordinamento ed integrazione con il d.lg. n. l92/2005 che recepisce la direttiva 2002/91/CE in materia di rendimento energetico nell'edilizia, in base al quale le regioni legiferano in materia di certificazione energetica e di ispezioni tese a verificare gli adempimenti relativi agli obblighi di esercizio e di manutenzione degii impianti termici da parte dei soggetti responsabili. VI Sulla parte VI del d.lgs. n. 152/2006, recante «Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente». Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97,114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della p.a. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali. La parte sesta del decreto legislativo e' improntata 1) a notevoli innovazioni nella individuazione del danno ambientale e nelle misure e procedure per la prevenzione o riparazione dello stesso e per le azioni risarcitorie a carico dei responsabili e 2) all'accentramento di tutte le attivita' decisionali in capo al Ministro dell'ambiente. Tutta questa innovativa impostazione non e' corrispondente alle indicazioni della legge di delega per quanto gia' piu' volte notato ai motivi precedenti e pure per il criterio direttivo posto in materia (comma 9, lett. e) limitato a coordinamento normativo per «conseguire l'effettivita' delle sanzioni amministrative per danno ambientale mediante l'adeguamento delle procedure di irrogazione delle medesime, rivedere le procedure relative agli obblighi di ripristino al fine di garantire l'efficacia delle prescrizioni delle autorita' competenti e il risarcimento del danno, definire le modalita' di quantificazione del danno». Quanto al primo aspetto, viene posta una nuova disciplina nella definizione del danno ambientale, dei soggetti responsabili, delle diverse responsabilita' degli autori del danno, dei differenziati obblighi di attivazione per il compimento di misure di prevenzione, riduzione e ripristino, degli interventi pubblici diretti al controllo delle attivita' poste in essere dai soggetti responsabili o comunque tenuti alla prevenzione e riparazione del danno e diretti all'imposizione dell'effettuazione di occorrenti misure ed interventi, della definizione di azioni rivolte al risarcimento del danno e dei modi e termini del loro esercizio. Tale disciplina e' caratterizzata da uno sforzo di specificazione e di minuto dettaglio anche operativo, peraltro con non sempre sufficiente coordinamento, che verosimilmente potra' produrre piuttosto limitazione e difficolta' nell'espletamento dell'attivita' di prevenzione e riparazione del danno ambientale anziche' rafforzamento della stessa e che introduce nuovi provvedimenti e procedure per l'attuazione di interventi ripristinatori o per il risarcimento per equivalente, anche in relazione all'esercizio di corrispondenti azioni giudiziarie, che appaiono piuttosto dirette a circoscrivere anziche' ad ampliare e rafforzare strumenti, modi e tempi dell'azione pubblica di tutela (come per quest'ultimo aspetto risulta in particolare agli artt. 308, 313, 314, 315). Quanto al secondo aspetto, si evidenzia l'abrogazione del fondamentale art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, con la specifica previsione del suo comma 3 «L'azione di risarcimento del danno ambientale, anche se esercitata in sede penale, e' promossa dallo Stato nonche' dagli enti territoriali sui quali incidano i beni oggetto del fatto lesivo», sulla quale si e' basata negli anni passati l'azione concorrente delle amministrazioni regionali e locali che ha dato frutti di concreto tempestivo perseguimento del risarcimento del danno ambientale. Mentre si da' luogo ad una nuova disciplina che concentra tutta l'attivita' di intervento amministrativo e correlativamente di azione risarcitoria in capo allo Stato, nei suoi organi Ministro dell'ambiente o per sua delega prefetto competente per territorio, relegando il ruolo delle regioni e degli enti locali territorialmente interessati a mero snodo burocratico per il ricevimento di comunicazioni da parte dei soggetti che si apprestano ad effettuare necessari interventi di prevenzione o ripristino, (art. 301, comma 3, 304 comma 2, 305, comma 1) ovvero riconoscendo loro l'unico formidabile potere di presentare al Ministro, attraverso il prefetto, «denunce ed osservazioni», purche' «corredate da documenti ed informazioni», alla pari, fortunatamente, di qualunque soggetto privato in qualche modo interessato dalla situazione di danno o minaccia di danno ambientale (art. 309). Le stesse regioni ed enti locali sono peraltro espressamente munite dall'art. 310 della legittimazione ad intraprendere ricorsi al giudice amministrativo contro i provvedimenti ministeriali contro il silenzio od il ritardo ministeriale nel provvedere, previsione tanto pleonastica quanto sconcertante se riguardata sotto l'aspetto istituzionale e dei rapporti fra le autorita' pubbliche che tutte dovrebbero concorrere alla tutela ambientale, previsione accompagnata e «rafforzata» dalla facolta' di proporre anche una opposizione in sede amministrativa. Ogni potere di intervento amministrativo e' rigorosamente riservato al Ministro (art. 301, 304, 305 306, 308) senza alcuna forma di partecipazione delle amministrazioni territorialmente interessate, salvo l'essere informate dei provvedimenti assunti in caso di loro segnalazione (art. 309, comma 3). Come pure e' riservata al Ministro, con l'eventuale ausilio dell'apparato statale, l'azione risarcitoria con ordinanza od in via giudiziaria, posta l'alternativita' fra le stesse, (artt. 311, 312, 313, 314, 315) e - a quanto si puo' comprendere - con esclusione di qualsiasi azione anche per la tutela di interessi concorrenti da parte degli altri enti pubblici (art. 313, comma 7 «Nel caso di intervenuto risarcimento del danno "in base all'ordinanza ministeriale", sono esclusi a seguito di azione concorrente da parte di autorita' diversa dal Ministro dell'ambiente nuovi interventi comportanti aggravio di costi per l'operatore interessato»). Ne deriva un quadro di mortificazione se non di oggettiva esclusione dell'apporto delle regioni ed amministrazioni locali nella tutela ambientale attraverso gli interventi e le azioni riguardanti prevenzione e riparazione del danno ambientale, apporto che gia' era contemplato dall'ordinamento e che viene ora conculcato se non eliminato, con evidente contrasto con le previsioni della legge di delega, con il ruolo istituzionale degli enti territoriali e l'assetto delle loro competenze, a norma degli artt. 114, 117, 118 Cost., con i principi costituzionali di sussidiarieta', adeguatezza, leale collaborazione, ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, essendo altresi' piu' che evidente che la concentrazione in sede ministeriale di qualsiasi attivita', prescindendo da ogni criterio di rilevanza e dimensione territoriale del problema da affrontare e degli interventi da porre in essere, non puo' che determinare difficolta' e rallentamento nell'azione pubblica di tutela dell'ambiente sotto il profilo della prevenzione e riparazione del danno ambientale. Istanza di sospensione Nei suesposti motivi si sono evidenziati i plurimi profili di illegittimita' costituzionale ravvisati dalla Regione Piemonte nel decreto legislativo n. 152/2006, secondo considerazioni in larga parte condivise nella posizioni espresse dalla Conferenza delle regioni e province autonome a cui piu' volte si e' fatto riferimento. Si sono evidenziate altresi' le ragioni per le quali determinate norme - artt. 63-64, riguardanti l'istituzione dei distretti idrografici e dell'autorita' di bacino distrettuale, artt. 117 e 121 riguardanti il piano di gestione di bacino ed il piano di tutela delle acque, correlativamente l'art. 175, comma 1, lett. l) in quanto comporta l'abrogazione degli artt. da 12 a 16 della legge n. l83/1989, comma 1, lett. bb) in quanto comporta l'abrogazione dell'art. 44, d.lgs. n. l52/1999, ed infine l'art. 148, comma 5 che prevede la partecipazione facoltativa all'Autorita' d'ambito territoriale ottimale dei comuni con meno di 1.000 abitanti delle comunita' montane - per il loro contenuto e per la previsione di immediata entrata in vigore con l'emanazione del decreto legislativo comportano un grave ed irreparabile pregiudizio degli interessi pubblici da tutelarsi, mentre la permanenza dell'assetto di organi istituzionali e funzioni finora efficacemente attuato prolungherebbe la propria operativita' per effetto della sospensione delle nuove norme del decreto legislativo considerate, senza determinare soluzioni di continuita' o vuoti normativi ed amministrativi fmo alla sentenza. Essendo peraltro in corso con il nuovo Governo recentemente insediatosi valutazioni piu' ampie sul decreto legislativo n. 152/2006 e sulla sua concreta attuazione, si riserva ulteriore trattazione in merito.
P. Q. M. Chiede piaccia all'ecc.ma Corte previa sospensione degli artt. 63, 64, 117, 121, 148, comma 5, 175, comma 1, lett. bb) e l); Dichiarare l'illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale» nel suo complesso e con riguardo alle sue norme parte seconda, con specifico rilievo degli artt. 5, 6, 12, 21, 22, 23 ed Allegato III, 25, 42, 43, 51; parte terza con specifico rilievo degli artt. 57, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 91, 96, 104, 113, 114, 116, 117, 121, 141, 148, 150, 170, 174, 175, 176; parte quarta con specifico rilievo degli artt. 181, 183, 186, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, da 201 a 204, 205, 212, 214, 216, 238, 240, 242, 246, 252; parte quinta ed Allegati, con specifico rilievo degli artt. 267, 269, 281, 283, 284, 287; parte sesta, con specifico rilievo degli artt. 301, 304, 305 e da 308 a 315; per violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione, dei principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della pubblica amministrazione e con riguardo anche alla violazione di principi e norme del diritto comunitario e di convenzioni internazionali, sotto i profili specificati nei motivi sovraesposti. Torino-Roma, addi' 8 giugno 2006 Avv. Anita Ciavarra - Avv. Gabriele Pafundi 06C0519