N. 70 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 giugno 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 15 giugno 2006 (della Regione Piemonte)

Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata adozione a
  conclusione  di  non corretta dinamica procedimentale, in relazione
  all'acquisizione  e  alla  valutazione  del parere della Conferenza
  Unificata Stato-Regioni - Denunciata violazione del procedimento di
  formazione  delle norme e delle specifiche prescrizioni della legge
  di   delega   -   Denunciata  violazione  del  principio  di  leale
  collaborazione  in  relazione  all'affidamento riposto nell'iter di
  concertazione  inizialmente stabilito con il Ministro dell'ambiente
  -  Richiesta  di  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
  dell'intero atto per vizi procedimentali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
- Costituzione, artt. 5, terzo periodo, e 76.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata incidenza
  su  settori  di  competenza  legislativa  concorrente  (governo del
  territorio,  tutela  della salute, protezione civile, energia) e di
  competenza  legislativa residuale (agricoltura, settori produttivi,
  servizi  pubblici  locali,  lavori  pubblici,  ecc.)  -  Denunciata
  esorbitanza  dello Stato dai limiti ad esso imposti, pretermissione
  del  contributo  delle  Regioni,  violazione del principio di leale
  collaborazione  -  Richiesta  di  dichiarazione  di  illegittimita'
  costituzionale dell'intero atto.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
- Costituzione, art. 117.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -   Ricorso   della   Regione   Piemonte  -  Lamentata
  introduzione  di importanti innovazioni e regolamentazioni ex novo,
  in  contrasto con l'oggetto della delega prescrivente coordinamento
  normativo   e   razionalizzazione   delle  discipline  esistenti  -
  Denunciato  vizio  di  eccesso  di  delega, violazione dell'assetto
  istituzionale  delle  competenze  statali, regionali e locali anche
  espressamente  confermato  dalla  legge  di delega, contrasto con i
  principi   di   ragionevolezza  e  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione, omessa e non corretta applicazione dei principi di
  sussidiarieta', di differenziazione e di adeguatezza, carente o non
  esatta applicazione della normativa comunitaria e delle convenzioni
  internazionali  in  materia  di  tutela  ambientale  - Richiesta di
  dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'intero atto.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
- Costituzione, artt. 3, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Procedure  per  la valutazione ambientale strategica
  (VAS),  per  la  valutazione  di  impatto  ambientale  (VIA)  e per
  l'autorizzazione   ambientale  integrata  (IPPC)  -  Ricorso  della
  Regione  Piemonte  -  Lamentata  incidenza su settori di competenza
  legislativa   concorrente   e   residuale   senza   previsione   di
  integrazione  delle  diverse procedure e autorizzazioni - Lamentata
  violazione  dell'assetto  di  competenze  previgente,  in contrasto
  anche  con  i  principi e criteri direttivi della legge di delega -
  Denunciata   violazione   dei  principi  di  leale  collaborazione,
  ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon
  andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto della violazione di
  principi   e   norme  del  diritto  comunitario  e  di  convenzioni
  internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte II (artt. da 4 a 52).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale - Procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) -
  Prevista  applicazione  ai  progetti  preliminari  e  non  anche ai
  progetti  definitivi  che  contengano  modifiche rilevanti, nonche'
  mancata   integrazione   in   unica   sede  decisionale  con  altri
  procedimenti  autorizzativi  le  cui  decisioni  vengono  prese con
  riferimento al progetto definitivo - Ricorso della Regione Piemonte
  -  Lamentato  contrasto  con  le direttive 85/337/CEE e 97/11/CEE -
  Lamentata   carente  o  non  esatta  applicazione  della  normativa
  comunitaria   -   Denunciata   violazione  dei  principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 5, comma 1, lett. e).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -  Istruttoria  per  le  valutazioni  VAS,  VIA,  IPPC
  riguardanti  opere ed interventi di rilievo nazionale - Commissione
  tecnico    consultiva    nazionale    -   Integrazione   per   ogni
  sottocommissione   con   un   «esperto»   designato  dalla  Regione
  interessata   -   Ricorso   della   Regione  Piemonte  -  Lamentate
  inadeguatezza   e  limitatezza  della  partecipazione  regionale  -
  Denunciata   violazione   dei  principi  di  leale  collaborazione,
  ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon
  andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto della violazione di
  principi   e   norme  del  diritto  comunitario  e  di  convenzioni
  internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 6, comma 6.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Valutazione ambientale strategica (VAS) - Giudizio di
  compatibilita'  ambientale  ed  approvazione  del piano o programma
  proposto - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata preponderanza
  nel   processo  decisionale  del  ruolo  dello  Stato  -  Lamentato
  contrasto  con  la direttiva 2001/42/CE - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 12.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Valutazione ambientale strategica (VAS) - Giudizio di
  compatibilita'  ambientale  ed  approvazione  del piano o programma
  proposto  - Termini per l'emissione del giudizio, intervento in via
  sostitutiva  del  Consiglio  dei  ministri, presunzione di giudizio
  negativo   per   inutile  decorso  del  termine,  estensione  della
  disciplina  ai  piani  e  programmi  sottoposti a VAS di competenza
  regionale   -   Ricorso   della   Regione   Piemonte   -  Lamentata
  preponderanza  nel  processo  decisionale  del  ruolo dello Stato -
  Lamentato  contrasto  con  la  direttiva  2001/42/CE  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 12, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Valutazione  ambientale  strategica  (VAS) - Piani e
  programmi  sottoposti  a  VAS  in  sede  regionale  o provinciale -
  Ricorso  della  Regione  Piemonte  -  Lamentata  compressione dello
  spazio  normativo  delle  Regioni nella definizione di procedure di
  loro  competenza  -  Denunciata  violazione  dei  principi di leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 21 e 22, commi 1 e 2.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Valutazione  di impatto ambientale (VIA) - Categorie
  progettuali  sottoposte  a  VIA  - Ricorso della Regione Piemonte -
  Lamentato   incompleto   o  inesatto  recepimento  delle  categorie
  indicate  dalla  direttiva comunitaria 85/337 come modificata dalla
  direttiva  97/11 - Lamentata lesione delle prerogative regionali in
  materia  di attuazione diretta delle norme comunitarie - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs.  3 aprile  2006,  n. 152, art. 23, in relazione all'allegato
  III.
- Costituzione,  artt. 3,  5, 76, 97, 114, 117, commi primo e quinto,
  118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Valutazione di impatto ambientale (VIA) - Competenza
  del  Ministro  dell'ambiente  per i progetti di opere ed interventi
  genericamente   individuati   come  «sottoposti  ad  autorizzazione
  statale»  -  Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato ampliamento
  dell'ambito  di  competenza  statale  e alterazione dell'assetto di
  competenze  amministrative  gia' esistente, nonche' contrasto con i
  criteri  direttivi  della  legge delega - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 25, comma 1, lett. a).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Progetti  sottoposti  a  VIA  in  sede  regionale  o
  provinciale  - Possibilita' di variazione delle «soglie», sulla cui
  base  e' costruito il sistema delle categorie sottoposte a VIA, nel
  solo  incremento  del  venti  per  cento  -  Ricorso  della Regione
  Piemonte   -   Lamentata   limitazione,  innovativa  rispetto  alla
  previgente  disciplina,  del  margine  di  adattamento alle realta'
  locali rimesso alla normativa regionale - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 42, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Procedure  di  VIA in sede regionale o provinciale -
  Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata imposizione alle Regioni
  di  disciplina  di  analitico  dettaglio  per  i  progetti  di loro
  competenza,  in  assenza  di  esigenze di uniformita' o standard di
  tutela    -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 43.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Valutazione di impatto ambientale (VIA) - Emanazione
  delle  norme  tecniche  per  la  redazione  degli  studi di impatto
  ambientale  e  la  formulazione  dei  giudizi di compatibilita' per
  ciascuna categoria di opere - Attribuzione ad organi ministeriali -
  Ricorso  della  Regione  Piemonte - Lamentata omessa partecipazione
  delle  Regioni  e degli enti locali, quantomeno con il parere della
  Conferenza  Stato-Regioni  -  Denunciata violazione dei principi di
  leale       collaborazione,       ragionevolezza,      adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 51, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Difesa  del suolo - Ricorso della Regione Piemonte -
  Lamentata  adozione  di  disciplina di completa revisione con norme
  puntuali  e  di  dettaglio,  escludenti ogni intervento legislativo
  regionale,   in   ambito  rientrante  nella  materia  «governo  del
  territorio»  con  intersezioni  con  altre  materie  di  competenza
  regionale  - Lamentato sconvolgimento dell'assetto delle competenze
  esistenti,  con  accentramento  in  capo allo  Stato  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, articoli da 53 a 72.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale - Difesa del suolo - Ripartizione dell'intero territorio
  nazionale in otto «distretti idrografici» con contestuale immediata
  soppressione  dei  bacini  di  rilievo  nazionale, interregionale e
  regionale - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata eliminazione
  di  una partizione rispettosa dell'autonomia regionale - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 64.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Difesa del suolo - Autorita' di bacino distrettuale -
  Organi  e  relativa composizione - Ricorso della Regione Piemonte -
  Lamentata  preponderante  presenza  dell'apparato  governativo  con
  compressione  del  ruolo  e  del  peso  delle  Regioni  - Lamentata
  soppressione  del  precedente  assetto  istituzionale ritenuto piu'
  idoneo  a  bilanciare  gli  interessi unitari e locali - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 63.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -   Difesa  del  suolo  -  Istituzione  dei  distretti
  idrografici  e  delle  relative  autorita' di bacino distrettuale -
  Ricorso  della  Regione  Piemonte  - Lamentata totale assenza di un
  regime  transitorio,  con  irreparabile  pregiudizio  all'interesse
  pubblico  e all'ordinamento giuridico della Repubblica - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto  comunitario e di convenzioni internazionali - Richiesta di
  sospensiva.
- D.lgs.   3 aprile  2006,  n. 152,  artt. 63,  64  e  175,  comma 1,
  lett. l).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale - Difesa del suolo - Strumenti di pianificazione - Piani
  di  bacino  distrettuale,  piani stralcio per la tutela dal rischio
  idrogeologico  e  misure  di  prevenzione  per  le aree a rischio -
  Ricorso    della   Regione   Piemonte   -   Lamentata   illogicita'
  dell'articolazione del sistema e incoerenza rispetto agli obiettivi
  della  direttiva  2000/60/CE,  radicale  innovazione del sistema in
  contrasto  con  i  principi  e  criteri  della  legge  delega e con
  compressione delle prerogative istituzionali regionali - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 65, 66, 67 e 68.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela delle acque dall'inquinamento - Ricorso della
  Regione  Piemonte  -  Lamentata  adozione di disciplina di completa
  revisione  con  norme  puntuali  e  di  dettaglio,  escludenti ogni
  intervento   legislativo  regionale,  in  ambito  rientrante  nella
  materia «governo del territorio» con intersezioni con altre materie
  di competenza regionale e segnatamente con la materia «tutela della
  salute»  -  Lamentato  sconvolgimento dell'assetto delle competenze
  esistenti,  con  accentramento  in  capo allo  Stato  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, articoli da 73 a 140.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Tutela delle acque dall'inquinamento - Aree sensibili
  -  Attribuzioni  ministeriali  da esercitarsi sentita la Conferenza
  Stato-Regioni  -  Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata omessa
  previsione  di  una  intesa - Denunciata violazione dei principi di
  leale       collaborazione,       ragionevolezza,      adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 91, commi 2 e 6.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  delle acque dall'inquinamento - Procedimenti
  attinenti  alla gestione del demanio idrico - Ricorso della Regione
  Piemonte  -  Lamentata adozione di disposizioni di minuto dettaglio
  in  ambiti  gia'  rientranti nelle competenze trasferite dal d.lgs.
  112/1998,   con   incidenza  sulle  norme  regionali  -  Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 96.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Tutela delle acque dall'inquinamento - Autorizzazione
  dello  scarico  di  acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi
  nelle  unita'  geologiche  profonde  - Attribuzione alla competenza
  ministeriale   -   Ricorso   della  Regione  Piemonte  -  Lamentata
  sottrazione  alla  competenza regionale - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 104, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  delle  acque  dall'inquinamento - Disciplina
  regionale  delle  acque meteoriche di dilavamento e di restituzione
  delle  acque  -  Necessita'  di  preventivo  parere  del  Ministero
  dell'ambiente  - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentata lesione
  della  potesta'  normativa  regionale  -  Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 113, comma 1, e 114, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Tutela delle acque dall'inquinamento - Sottoposizione
  del   piano  di  tutela  e  del  programma  di  misure  integrativo
  all'approvazione   rispettivamente  del  Ministro  dell'ambiente  e
  dell'Autorita'  di  bacino  -  Ricorso  della  Regione  Piemonte  -
  Lamentata subordinazione delle potesta' regionali di pianificazione
  e  programmazione  al controllo di organi statali, in contrasto con
  l'assetto   costituzionale   e  con  il  quadro  complessivo  delle
  rispettive  attribuzioni amministrative - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 116.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Tutela delle acque dall'inquinamento - Disciplina dei
  piani  di  gestione e di tutela delle acque - Ricorso della Regione
  Piemonte - Lamentata contraddittorieta', sostanziale inottemperanza
  alla  direttiva  2000/60/CE,  ingiustificata innovazione del quadro
  normativo  ed  amministrativo  vigente,  anche  in  violazione  dei
  principi   della   legge   di  delega,  lesione  delle  prerogative
  costituzionalmente   garantite   delle   Regioni,  grave  nocumento
  all'interesse   pubblico   anche  per  l'assenza  di  idonea  norma
  transitoria   -   Denunciata   violazione  dei  principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali - Richiesta di sospensiva.
- D.lgs.  3 aprile  2006,  n. 152, artt. 117, commi 1 e 2, 121 e 175,
  comma 1,  lett.  bb), in quanto comporta l'abrogazione dell'art. 44
  del d.lgs. 152/1999.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -   Gestione   delle  risorse  idriche  -  Istituzione
  dell'autorita'  d'ambito  territoriale  ottimale  -  Ricorso  della
  Regione  Piemonte - Lamentata innovazione estranea alle indicazioni
  della   legge   delega,   contrasto   con   il  complessivo  quadro
  istituzionale   e   l'assetto  organizzativo  delle  funzioni  gia'
  stabilito,  limitazione  delle potesta' regionali di organizzazione
  delle funzioni amministrative nel territorio e nella organizzazione
  dei  servizi pubblici locali, assenza di idonea norma transitoria -
  Denunciata   violazione   dei  principi  di  leale  collaborazione,
  ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon
  andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto della violazione di
  principi   e   norme  del  diritto  comunitario  e  di  convenzioni
  internazionali - Richiesta di sospensiva.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 148, comma 5.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Gestione  delle  risorse  idriche  - Servizio idrico
  integrato - Modalita' della scelta da parte dell'autorita' d'ambito
  della  forma  di  gestione  e  delle  procedure  di affidamento del
  servizio  -  Ricorso  della Regione Piemonte - Lamentata attrazione
  nell'ambito  di  attivita'  amministrativa ministeriale di tutta la
  disciplina,  con  consolidamento  di  precedenti atti ministeriali,
  invasione delle competenze regionali con l'adozione di normativa di
  dettaglio   -   Denunciata   violazione   dei   principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 150 e 170, comma 3, lett. i).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Intero  complesso normativo in materia di difesa del
  suolo   e  lotta  alla  desertificazione,  di  tutela  delle  acque
  dall'inquinamento  e  di  gestione  delle risorse idriche - Ricorso
  della  Regione Piemonte - Lamentata abrogazione di tutto l'apparato
  normativo previgente con sovvertimento del sistema delle competenze
  e  della  pianificazione  -  Denunciata  violazione dei principi di
  leale       collaborazione,       ragionevolezza,      adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte III (articoli da 53 a 176).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Gestione  dei  rifiuti  -  Formazione  di accordi di
  programma con soggetti economici o associazioni di categoria per la
  definizione  di  metodi  di  recupero  derogatori  della disciplina
  generale   e   per   le   attivita'  sottoponibili  alle  procedure
  semplificate   -   Ricorso   della  Regione  Piemonte  -  Lamentata
  innovazione  rispetto  al quadro legislativo vigente ed ultroneita'
  rispetto ai principi e criteri della legge di delega, lesione della
  funzione  amministrativa  regionale,  disparita'  di trattamento in
  danno  di  talune  categorie  sociali, travisamento della normativa
  comunitaria   -   Denunciata   violazione  dei  principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs.  3 aprile  2006,  n. 152,  artt. 181,  commi 7  e 11, e 214,
  comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -   Gestione   dei   rifiuti  -  Nozioni  di  rifiuto,
  sottoprodotto,  materia prima secondaria per attivita' siderurgiche
  e  metallurgiche  -  Ricorso  della  Regione  Piemonte  - Lamentato
  restringimento del campo di applicazione della disciplina interna e
  comunitaria  con  deregolamentazione  mascherata,  contrasto con le
  direttive  comunitarie,  contrasto  con  i  principi della legge di
  delega, incertezza di disciplina con danno degli interessi pubblici
  e   privati   -   Denunciata   violazione  dei  principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 183, 194 e 212.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Gestione  dei  rifiuti  -  Terre  e rocce da scavo -
  Esclusione dal regime giuridico dei rifiuti - Ricorso della Regione
  Piemonte  -  Lamentato  contrasto  con  le  direttive  75/442/CEE e
  91/156/CEE,  protrazione  del  contenzioso comunitario gia' avviato
  sulla  previgente normativa, nocumento all'attivita' amministrativa
  regionale   -   Denunciata   violazione   dei   principi  di  leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 186.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Gestione dei rifiuti - Competenze statali, regionali,
  comunali - Ricorso della Regione Piemonte Lamentato accentramento a
  livello  ministeriale  delle  attivita' pianificatorie non sorretto
  dalla legge di delega e non giustificato da esigenze di trattamento
  unitario  degli  interessi  coinvolti,  previsione del parere della
  Conferenza   Stato-Regioni   anziche'  dell'intesa,  lesione  delle
  prerogative  regionali  nelle  materie  «governo  del  territorio»,
  «tutela  della salute» «servizi pubblici locali», «organizzazione»,
  adozione  di  disciplina  di  dettaglio - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 195, 196, 197, 198, 199 e 200.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Gestione dei rifiuti - Servizio di gestione integrata
  dei  rifiuti  -  Piani  regionali  -  Potere sostitutivo in capo al
  Ministro dell'ambiente - Ricorso della Regione Piemonte - Lamentato
  contrasto  con  le  previsioni  costituzionali  in  tema  di poteri
  sostitutivi,  mancanza di coinvolgimento delle Regioni - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 199, comma 9.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Gestione dei rifiuti - Servizio di gestione integrata
  dei  rifiuti  urbani  e  utilizzazione  delle  gestioni esistenti -
  Disciplina  dell'affidamento  del  servizio - Ricorso della Regione
  Piemonte  - Lamentata adozione di norme estremamente dettagliate ed
  autoapplicative  con  compressione dell'autonomia regionale e degli
  enti   locali   nelle   materie   «servizi   pubblici   locali»   e
  «organizzazione»  -  Denunciata  violazione  dei  principi di leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 201, 202, 203 e 204.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Gestione  dei  rifiuti  -  Definizione  di  raccolta
  differenziata  e  misure  per incrementarla - Ricorso della Regione
  Piemonte  -  Lamentata introduzione di criteri in contrasto con gli
  obiettivi di tutela ambientale - Denunciata violazione dei principi
  di     leale     collaborazione,    ragionevolezza,    adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs.  3 aprile  2006, n. 152, art. 205 in relazione all'art. 183,
  comma 1, lett. f).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale - Gestione dei rifiuti - Tariffa - Ricorso della Regione
  Piemonte  - Lamentata introduzione di rilevanti elementi innovativi
  circa i presupposti per l'applicazione, in contrasto con i principi
  e  criteri direttivi contenuti nella delega, nonche' violazione del
  principio  comunitario  del  «chi inquina paga» per la connotazione
  impropriamente  tributaria  attribuita  alla  tariffa  - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -  Interventi  di  bonifica  dei  siti  contaminati  -
  Definizione  della  «messa  in sicurezza operativa» - Ricorso della
  Regione  Piemonte  -  Lamentata innovazione dell'impianto giuridico
  gia'  costituito  senza  supporto  nelle  previsioni della legge di
  delega    -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 240.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale   -  Interventi  di  bonifica  dei  siti  contaminati  -
  Procedure  operative  e  amministrative  -  Ricorso  della  Regione
  Piemonte  -  Lamentata  innovazione  dell'impianto  giuridico  gia'
  costituito  senza  supporto nelle previsioni della legge di delega,
  ripercussioni  negative  sulla attivita' amministrativa, ostacolo a
  un  intervento  dell'autorita'  pubblica  tempestivo  e  specifico,
  incongruenze  in  relazione alle disposizioni degli artt. 244 e 245
  ed  a  quelle della parte VI riguardanti le azioni di prevenzione e
  di  riparazione  del  danno  ambientale - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 242.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Accordi
  di   programma   -  Ricorso  della  Regione  Piemonte  -  Lamentata
  obbligatorieta'  -  Denunciata  violazione  dei  principi  di leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 246.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  - Interventi di bonifica dei siti contaminati - Siti di
  interesse   nazionale  -  Eliminazione  dell'intesa  della  Regione
  territorialmente   competente   in   ordine   alla  definizione  ed
  approvazione  del  progetto  di  intervento - Ricorso della Regione
  Piemonte  -  Lamentata  mancanza  di  giustificazione, incongruenza
  rispetto   alla   norma  che  attribuisce  il  finanziamento  degli
  interventi  alle  Regioni  -  Denunciata violazione dei principi di
  leale       collaborazione,       ragionevolezza,      adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 252.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Intero  complesso  normativo  in  materia  di tutela
  dell'aria  e riduzione delle emissioni in atmosfera - Ricorso della
  Regione  Piemonte  - Lamentata mancata realizzazione dell'obiettivo
  previsto dalla delega di «revisione» della disciplina esistente nel
  rispetto  della  direttiva  2001/81/CE  (direttiva NEC), inadeguata
  considerazione  della  relazione tra tutela ambientale e disciplina
  in  materia  di  energia  e  di  impianti  energetici di competenza
  concorrente,   generale   compressione   e   pretermissione   delle
  competenze  regionali  pianificatorie e programmatorie - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte V (articoli da 267 a 298).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  dell'aria  e  riduzione  delle  emissioni in
  atmosfera - Adozione di misure a favore della produzione di energia
  elettrica  tramite  fonti  rinnovabili  e dello sviluppo della base
  produttiva  di tecnologie pulite - Ricorso della Regione Piemonte -
  Lamentato   omesso   coinvolgimento   esplicito   della  competenza
  regionale  esistente  in  materia,  nonche'  specifica modalita' di
  utilizzo  dei  «certificati  verdi»  non contemplata dalla legge di
  delega    -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 267, comma 4, punti a) e c).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  dell'aria  e  riduzione  delle  emissioni in
  atmosfera  -  Autorizzazione  alle  emissioni  - Introduzione di un
  periodo  di  validita'  con fissazione dello stesso nella misura di
  quindici   anni  -  Ricorso  della  Regione  Piemonte  -  Lamentata
  eccessivita'  in relazione al processo di rinnovamento tecnologico,
  con  danno  per la tutela dell'ambiente - Denunciata violazione dei
  principi  di  leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 269, comma 7.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  dell'aria  e  riduzione  delle  emissioni in
  atmosfera  -  Valori  limite  di emissione e prescrizioni - Ricorso
  della  Regione  Piemonte - Lamentata fissazione, in base a criterio
  centralistico,  di  valori  meno  rispondenti  all'obiettivo  della
  tutela  ambientale  rispetto  a quelli gia' esistenti nelle diverse
  Regioni   -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 271 in relazione agli Allegati.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  dell'aria  e  riduzione  delle  emissioni in
  atmosfera  -  Possibilita'  di fissare valori limite di emissione e
  prescrizioni  piu'  severi con il vincolo della valutazione e della
  previa intesa con i Ministri dell'ambiente e della salute - Ricorso
  della  Regione  Piemonte  -  Lamentata compressione del ruolo delle
  Regioni   -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 281, comma 10.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  dell'aria  e  riduzione  delle  emissioni in
  atmosfera - Regolamentazione degli impianti termici - Ricorso della
  Regione  Piemonte  -  Ritenuta  incidenza  della  disciplina  nella
  materia   dell'«energia»  di  competenza  concorrente  e  lamentata
  adozione   di   disciplina  di  dettaglio,  mancato  raggiungimento
  dell'obiettivo   di   razionalizzazione   fissato  nella  delega  -
  Denunciata   violazione   dei  principi  di  leale  collaborazione,
  ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon
  andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto della violazione di
  principi   e   norme  del  diritto  comunitario  e  di  convenzioni
  internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 284, 285, 286 e 287.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Intero  complesso  normativo  in  materia  di tutela
  risarcitoria  contro  i  danni all'ambiente - Ricorso della Regione
  Piemonte  -  Lamentata  adozione  di  disciplina  innovativa  nella
  individuazione  del danno ambientale e nelle misure e procedure per
  la   prevenzione  o  riparazione  dello  stesso  e  per  le  azioni
  risarcitorie  a carico dei responsabili, lamentato accentramento di
  tutte  le  attivita' decisionali in capo al Ministro dell'ambiente,
  in  contrasto  con  i limiti e i criteri posti dalla legge delega -
  Denunciata   violazione   dei  principi  di  leale  collaborazione,
  ragionevolezza, adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon
  andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto della violazione di
  principi   e   norme  del  diritto  comunitario  e  di  convenzioni
  internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, Parte sesta (articoli da 299 a 318).
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  risarcitoria  contro  i danni all'ambiente -
  Attivita'  di  prevenzione  e  riparazione  del  danno  ambientale,
  provvedimenti   e   procedure   per   l'attuazione   di  interventi
  ripristinatori  o  per  il  risarcimento  per equivalente, anche in
  relazione  all'esercizio  di  corrispondenti  azioni  giudiziarie -
  Ricorso   della   Regione  Piemonte  -  Lamentata  introduzione  di
  disciplina   innovativa,   di  minuto  dettaglio,  riduttiva  degli
  strumenti, modi e tempi dell'azione di pubblica tutela - Denunciata
  violazione  dei  principi  di leale collaborazione, ragionevolezza,
  adeguatezza, differenziazione, sussidiarieta', buon andamento della
  P.A. anche sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
  diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 308, 313, 314 e 315.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  risarcitoria  contro  i danni all'ambiente -
  Competenze  e  obblighi  degli  operatori  interessati  in  caso di
  pericoli,  minaccia  imminente che richieda misure di prevenzione e
  messa  in  sicurezza  e  interventi  per il ripristino ambientale -
  Ricorso  della  Regione Piemonte - Lamentato accentramento di tutta
  l'attivita'  di  intervento amministrativo e di azione risarcitoria
  in capo allo Stato con attribuzione alle Regioni e agli enti locali
  di un ruolo di mero snodo burocratico, con parificazione a soggetti
  privati   -   Denunciata   violazione   dei   principi   di   leale
  collaborazione,   ragionevolezza,   adeguatezza,  differenziazione,
  sussidiarieta',  buon  andamento  della  P.A. anche sotto l'aspetto
  della  violazione  di principi e norme del diritto comunitario e di
  convenzioni internazionali.
- D.lgs.  3 aprile  2006,  n. 152,  artt. 301, comma 3, 304, comma 2,
  305, comma 1, 309 e 310.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tutela  risarcitoria  contro  i danni all'ambiente -
  Attivita'  amministrativa  nell'ambito di precauzione, prevenzione,
  ripristino  nonche'  azioni  risarcitorie  con  ordinanza od in via
  giudiziaria   -   Ricorso   della   Regione  Piemonte  -  Lamentato
  accentramento   in   capo al   Ministro,   senza  alcuna  forma  di
  partecipazione  delle amministrazioni territorialmente interessate,
  in  contrasto  con la previgente disciplina - Denunciata violazione
  dei  principi di leale collaborazione, ragionevolezza, adeguatezza,
  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della P.A. anche
  sotto  l'aspetto  della  violazione di principi e norme del diritto
  comunitario e di convenzioni internazionali.
- D.lgs.  3 aprile  2006, n. 152, artt. 301, 304, 305, 306, 308, 311,
  312, 313, 314 e 315.
- Costituzione, artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118, 119 e 120.
(GU n.29 del 19-7-2006 )
    Ricorso  per  la  Regione  Piemonte in persona del presidente pro
tempore  prof.  Mercedes  Bresso,  in  forza  di autorizzazione della
giunta  regionale  dd.gr.  n. 27-2689 del 24 aprile 2006 e n. 35-3061
del  5  giugno  2006,  con la rappresentanza e difesa dell'avv. Anita
Ciavarra  e  dell'avv.  Gabriele  Pafundi e con elezione di domicilio
presso  quest'ultimo  in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, per procura
speciale a margine del presente atto.

    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale  del  decreto
legislativo  3  aprile  2006 n. 152 «Norme in materia ambientale» nel
suo  complesso  e  con  riguardo  alle  sue  norme parte seconda, con
specifico  rilievo  degli artt. 5, 6, 12, 21, 22, 23 ed Allegato III,
25, 42, 43, 51; parte terza con specifico rilievo degli artt. 57, 63,
64,  65,  66, 67, 68, 91, 96, 104, 113, 114, 116, 117, 121, 141, 148,
150,  170,  174,  175,  176; parte quarta con specifico rilievo degli
artt. 181, 183, 186, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, da 201 a 204,
205,  212,  214,  216,  238,  240,  242,  246,  252;  parte quinta ed
Allegati,  con specifico rilievo degli artt. 267, 269, 281, 283, 284,
287;  parte  sesta, con specifico rilievo degli artt. 301, 304, 305 e
da  308 a 315 per violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118,
119,  120  della  Costituzione, dei principi di leale collaborazione,
ragionevolezza,  adeguatezza,  differenziazione, sussidiarieta', buon
andamento  della  Pubblica  Amministrazione e con riguardo anche alla
violazione   di  principi  e  norme  del  diritto  comunitario  e  di
convenzioni  internazionali,  sotto  i profili di seguito specificati
nei motivi di diritto.
                   P r e m e s s o  i n  f a t t o
    Nel  supplemento  ordinario  n. 96 alla Gazzetta Ufficiale, serie
generale  n. 88  del  14  aprile  2006 e' stato pubblicato il decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152, «Norme in materia ambientale».
    In  seguito  alla  legge  di  delega 15 dicembre 2004, n. 308, il
Governo  ha  emanato il detto unico decreto legislativo, suddiviso in
sei parti relative ai settori indicati nella legge di delega, art. 1,
comma   1,   ad   eccezione   della  gestione  delle  aree  protette,
conservazione  ed  utilizzo.  sostenibile  degli  esemplari di specie
protette   di   flora  e  fauna,  e  cosi'  riguardanti:  Parte  I  -
Disposizioni   comuni;  Parte  II  -  Procedure  per  la  valutazione
ambientale strategica (VAS), per la valutazione di impatto ambientale
(VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC); Parte III -
Norme  in  materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione,
di  tutela  delle acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse
idriche;  Parte  IV  -  Norme in materia di gestione dei rifiuti e di
bonifica  dei  siti  inquinati;  Parte V - Norme in materia di tutela
dell'aria  e  di  riduzione  delle emissioni in atmosfera; Parte VI -
Norme  in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente,
per totali 318 articoli di legge, oltre a cinque ponderosi allegati.
    Di  detto  decreto legislativo n. 152/2006, nel suo complesso per
le  modalita'  della  sua  emanazione e per la sua impostazione nella
disciplina  dei  diversi settori nonche' con riferimento a specifiche
norme   come  indicate  in  epigrafe,  la  Regione  Piemonte  ravvisa
illegittimita'  costituzionale  e lesivita' delle proprie prerogative
istituzionali e sfera di competenza per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o


                                  I

    Violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117,118, 119, 120 della
Costituzione.   Violazione  dei  principi  di  leale  collaborazione,
ragionevolezza,  adeguatezza,  differenziazione, sussidiarieta', buon
andamento  della  P.A.  anche  sotto  l'aspetto  della  violazione di
principi   e   norme   del   diritto  comunitario  e  di  convenzioni
internazionali - Aspetti generali.
    1) La legge di delega 15 dicembre 2004, n. 308, all'art. 1, comma
4,  stabiliva  che i decreti legislativi dovessero essere adottati su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di
concerto con il Ministro per le politiche comunitarie e con gli altri
Ministri interessati, sentito il parere della Conferenza unificata di
cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
    Nelle premesse del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 viene
riportato «(...) Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei
ministri  adottata  nella riunione del 18 novembre 2005; Acquisito il
parere  della  Conferenza  unificata  di  cui  all'art. 8 del decreto
legislativo   28   agosto  1997  n. 281;  Acquisiti  i  pareti  delle
competenti  commissioni  della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica;  Vista  la  preliminare  deliberazione  del Consiglio dei
ministri  adottata  nella  riunione  del 19 gennaio 2006; Acquisiti i
parere  delle  competenti commissioni della Camera dei deputati e del
Senato  della  Repubblica;  Viste  le deliberazioni del Consiglio dei
ministri,  adottate  nelle  riunioni  del  10 febbraio e del 29 marzo
2006, emana (...)».
    Invero,  il Governo, dopo l'adozione assunta il 18 novembre 2005,
presentava  lo  schema  del decreto delegato corredato degli allegati
tecnici  per  l'espressione  del  parere  della  Conferenza unificata
solamente il 7 dicembre 2005, cosicche' nella seduta della Conferenza
unificata,  convocata  gia'  il  15 dicembre  successivo, le regioni,
aderendo  le autonomie locali, chiedevano il rinvio dell'esame per un
tempo  sufficientemente  congruo  a  consentire  effettiva disamina e
ponderazione del vasto corpus normativo presentato.
    Il  Governo  procedeva invece all'adozione del 19 gennaio 2006 ed
all'ulteriore  iter  parlamentare  senza  piu'  sottoporre il decreto
all'esame della Conferenza unificata.
    La  Conferenza  dei  Presidenti delle regioni e province autonome
approvava  il  26  gennaio  2006 un ordine del giorno corredato da un
documento  tecnico che evidenziava gravi rilievi di negativo giudizio
per il metodo e per il merito.
    Come  espresso  nel  detto  documento del 26 gennaio 2006 (che la
Regione  Piemonte condivide e che si deposita, facendosi ad esso piu'
volte  riferimento  nel  presente  ricorso)  «il metodo istituzionale
seguito  dal  Governo  nell'elaborazione  e  approvazione del decreto
legislativo ha completamente disatteso l'accordo firmato il 4 ottobre
2001  fra il Ministro Matteoli, le regioni, l'A.N.C.I. e l'U.P.I. nel
quale   le  parti  avevano  concordato  di  "operare  pariteticamente
nell'elaborazione  legislativa  ai  fini  di conseguire gli obiettivi
condivisi e garantire una interlocuzione sistematica con le regioni e
gli  enti  locali  nella fase preliminare ed in quelle successive sui
singoli  temi del-l'elaborazione dei decreti legislativi previsti dal
disegno di legge delega".
    L'approvazione  del decreto si e' configurata nei fatti come atto
unilaterale  del  Governo  che,  violando  il  principio  della leale
collaborazione,  ha  privato le Regioni di un tavolo di confronto con
l'Esecutivo  statale,  impedendo  alle  stesse  e  al  sistema  delle
autonomie locali lo svolgimento di un lavoro collegiale e complessivo
di analisi e proposta».
    Venivano  altresi' esposti nel merito numerosissimi, seri e gravi
rilievi,   esprimendosi  nel  complesso  una  valutazione  fortemente
critica,  considerando  che  il  decreto  «mina  le fondamenta su cui
poggia  l'attuale  impianto  normativo,  senza  peraltro  fornire gli
elementi  per l'organizzazione di un diverso sistema, coerente con il
quadro costituzionale e aderente ai principi comunitari in materia di
tutela ambientale.
    L'obiettivo  generale  e  l'azione  concreta e l'esperienza delle
Regioni  e  degli  enti  locali  in  questi anni sono stati quelli di
ricondurre le questioni della tutela dell'ambiente, sia negli aspetti
della tutela dagli inquinamenti, sia negli aspetti della tutela delle
risorse  naturali  e  di  preservazione degli equilibri ecologici, al
criterio di prevenzione ed a quello di sostenibilita' dello sviluppo,
in  stretta connessione con le politiche settoriali e col governo del
territorio.
    Solo  una  acquisizione  nelle politiche settoriali e nel governo
del   territorio   delle  problematiche  di  tutela  ambientale  puo'
garantire  infatti  il  successo e la compatibilita' economica di una
politica ambientale (...).
    Il   decreto   e'   caratterizzato   da   una  spiccata  tendenza
neocentralista,   che   comprime   le  competenze  delle  istituzioni
regionali   e   locali   per   assegnare   soprattutto  al  Ministero
dell'ambiente   e   della  tutela  del  territorio  un  ruolo,  anche
minutamente  gestionale, antitetico al principio di sussidiarieta' ed
adeguatezza (...).
    Mentre  un  corretto approccio metodologico avrebbe richiesto, da
un  lato, la costruzione in questa materia soprattutto di un "diritto
di  principi", poiche' solo questi ultimi sono in grado di guidare in
modo  trasversale  e  coordinato  i  vari  settori  delle  discipline
coinvolte,  e  dall'altro il necessario coinvolgimento sin dalla fase
di  elaborazione  della  normativa di tutti i livelli territoriali di
governo  secondo  il  principio  di  corresponsabilita'  e  di  leale
collaborazione».
    Pertanto  l'affermata  acquisizione  del  parere della Conferenza
unificata  di  cui  all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997
n. 281,  come  ricordato  nelle premesse del decreto legislativo, non
corrisponde  alla  realta'  dei  fatti  ed  alla  sostanza  di quanto
operato.
    La  Conferenza  unificata  non  e'  stata  posta in condizioni di
esprimere  effettivamente  il  proprio  parere  ed  il  Consiglio dei
ministri ha deliberato senza di esso il 19 gennaio 2006.
    Le  richieste  espresse  da regioni ed autonomie locali non hanno
avuto  seguito.  L'ordine del giorno tuttavia approvato il successivo
26  gennaio  con  il  documento sopraindicato non ha ricevuto neppure
esso  alcuna  considerazione  nel successivo iter a cui il Governo ha
proceduto fino alla definitiva emanazione del decreto legislativo.
    Quanto  sopra costituisce puntuale violazione del procedimento di
formazione  delle  norme  considerate e delle specifiche prescrizioni
della  legge  di  delega,  integrandosi violazione dell'art. 5, terzo
periodo  e  76  della  Costituzione,  nonche'  del principio di leale
collaborazione  con  riguardo alle modalita' concrete con le quali si
e'  svolto  il  procedimento ed in relazione altresi' all'affidamento
riposto  dalle Regioni ed autonomie locali nell'iter di concertazione
inizialmente stabilito con il Ministro dell'ambiente.
    2)  Quanto  sopra  considerato  non ha peraltro rilievo meramente
formale e di rispetto, ancorche' essenziale, di regole procedurali.
    Il   decreto   legislativo   152/2006  intitolato  alla  «materia
ambientale»  reca un complesso normativo, come in premessa ricordato,
assai  vasto  ed  incidente  su  settori che attengono anche, a volte
identificandosi   e   sempre   intrecciandosi,   a   materie  la  cui
regolamentazione  e'  ascritta  alla competenza concorrente di cui al
terzo comma dell'art. 117 Cost. (governo del territorio, tutela della
salute,  protezione  civile,  energia)  ed  all'ambito  di competenza
rimesso   alla   legislazione   regionale  di  cui  al  quarto  comma
dell'art. 117   Cost.   (agricoltura,   settori  produttivi,  servizi
pubblici locali, lavori pubblici ecc.).
    Come  piu' volte enunciato da codesta ecc.ma Corte, e' esclusa la
stessa configurabilita' di una materia riconducibile in senso tecnico
in   via   esclusiva   alla  «tutela  dell'ambiente»,  qualificandosi
l'ambiente  come  «valore» costituzionalmente protetto, che in quanto
tale  delinea una sorta di materia «trasversale» in ordine alla quale
si  manifestano  competenze diverse che ben possono essere regionali,
spettando  allo  Stato  il  compito  di  fissare «standard» di tutela
uniformi  sull'intero  territorio  nazionale  e potendo d'altro canto
porre  in  essere  le regioni interventi legislativi nelle materie di
propria  competenza  che attuino anche finalita' di tutela ambientale
(fra le altre sent. 259/2004; 307/2003).
    Si  vedra'  in  seguito  come  il  decreto  legislativo  152/2006
esorbiti per piu' aspetti dalla corretta individuazione di «standard»
di  tutela  ambientale  per  disporre in modo pervasivo ed imperativo
anche  in ambiti di competenza regionale, ma si vuole qui evidenziare
che  proprio  nella  «materia ambientale» a cui il decreto si dirige,
con  complessa  regolamentazione  involgente  vasti  e  diversificati
settori,  la  compresenza  e  l'intreccio  di  competenze  statali  e
regionali  richiede  necessariamente  un modus operandi improntato al
canone della leale collaborazione.
    «La  Corte  ha  costantemente affermato che il principio di leale
collaborazione  deve  presiedere  a tutti i rapporti che intercorrono
fra  Stato  e  Regioni  (...).  Una  delle  sedi piu' qualificate per
l'elaborazione  di  regole  destinate ad integrare il parametro della
leale  collaborazione  e'  attualmente  il  sistema  della Conferenza
Stato-Regioni  ed  Autonomie  locali.  Al  suo interno si sviluppa il
confronto tra i due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica, in
esito  al  quale  si  individuano  soluzioni  concordate di questioni
controverse» (sent. 31/2006).
    La   pretermissione  del  contributo  delle  regioni  e  province
autonome  nonche' delle autonomie locali tutte all'elaborazione delle
norme  del  decreto  legislativo  152/2006  ha sostanziale rilievo ad
inficiarne   la   validita'  nel  suo  complesso,  al  di  la'  della
specificazione,  pur  presente,  delle  questioni  attinenti  a norme
determinate.
    L'assenza  di  adeguato  confronto delle disposizioni emanande, e
ancor  prima  di  adeguata  valutazione  delle  differenti situazioni
esistenti  e  delle  possibili diversificate soluzioni adottabili, si
riverbera   infatti   su   tutta   l'impostazione   della  disciplina
considerata,   indipendentemente   dalla   valutazione  a  posteriori
dell'una o dell'altra norma nell'eventuale sua singola accettabilita'
o meno.
    3)   Ulteriore   violazione   della   legge  di  delega  concerne
l'estensione e la profondita' delle innovazioni apportate dal decreto
delegato  alla  regolamentazione  finora  vigente dei diversi settori
contemplati.
    L'art. 1,  comma  1  della  legge 308/2004 delegava il Governo ad
emanare «uno o piu' decreti legislativi di riordino, coordinamento ed
integrazione  delle  disposizioni legislative (nei seguenti settori e
materie), anche mediante la redazione di testi unici (...)».
    E'  piu'  che  evidente  che l'oggetto della delega riguardava il
coordinamento  normativo  nei  vari  ambiti  in quanto interessati da
diverse  leggi succedutesi nel tempo o contenenti discipline parziali
bisognevoli  di  raccordo e di eventuali integrazioni occorrenti alla
loro coerenza ed organicita', mentre non consentiva l'introduzione di
nuovi   principi,   nuove   istituzioni,   nuove   funzioni  o  nuovi
procedimenti.
    Anche i criteri direttivi indicati al comma 8 evidenziano tutt'al
piu' un ambito di razionalizzazione delle discipline esistenti, anche
in  relazione  alla  necessita'  di piena e coerente attuazione delle
direttive comunitarie ivi evidenziata, non gia' l'emanazione di nuova
disciplina   dei   settori  considerati,  il  che  avrebbe  richiesto
l'individuazione  degli specifici contenuti essenziali da parte della
legge  di  delega,  e  non la mera indicazione di finalita' e criteri
direttivi  per  un  semplice  riordino  e  coordinamento  come invece
stabilito dalla legge 308/2004.
    Il  decreto delegato ha invece introdotto una serie di importanti
innovazioni  in  piu'  settori sia regolandoli totalmente ex novo sia
modificando  significativamente  parti di disciplina con mutamento di
impostazione  o  di  contenuti, concretizzando esorbitanza dai limiti
della legge di delega che rileva in ordine alle competenze regionali,
che   vengono  sotto  piu'  aspetti  significativamente  compresse  o
pretermesse,  come in prosieguo si specifichera' in relazione ai vari
settori disciplinati.
    4) Ancora l'art. 1, comma 8 della legge n. 308/2004 enuncia quale
principio  generale della delega che i decreti legislativi si pongano
«nel    rispetto   (...)   delle   competenze   per   materia   delle
amministrazioni  statali  nonche'  delle attribuzioni delle regioni e
degli  enti  locali,  come  definite  ai  sensi  dell'art. 117  della
Costituzione,  della  legge  15  marzo  1997,  n. 59  e  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (...)».
    Anche  da  tale  disposizione  si  evince  l'ambito  limitato  al
coordinamento  normativo  assegnato ai decreti delegati, che dovevano
quindi   porsi  nel  mantenimento  dell'assetto  normativo  dei  vari
settori,  gia'  tracciato  sia  dalle norme nazionali sia dalle norme
regionali gia' poste nelle varie materie in attuazione di esse, e del
quadro  di  competenze  scaturito  dal «decreto Bassanini», anche con
riferimento  ai  conferimenti  di  funzioni  attuati  nei riguardi di
comuni,  province  e  comunita'  montane ed all'assetto organizzativo
anche  di  forme  di  cooperazione  ed associazione degli enti locali
prefigurato dalla legislazione regionale negli ambiti di competenza.
    Il   decreto   legislativo   152/2006   procede   invece  ad  una
rivisitazione  e  ad  un  rifacimento  ex  novo  di interi settori di
attivita',  senza apprezzabile razionale giustificazione in ordine al
perseguimento  di esigenze unitarie, come dopo si vedra', e superando
senza  tenere  conto,  neppure sotto l'aspetto minimale di una idonea
disciplina  transitoria,  tutta  la legislazione regionale vigente in
materia,  particolarmente  intesa  al  coordinamento  ed integrazione
delle   diverse  competenze  settoriali,  che  viene  indistintamente
tradotta  insieme  alla  organizzazione  di funzioni gia' attuata nel
territorio regionale.
    Cosi'  nella  Regione Piemonte con la legge regionale 14 dicembre
1998,  n. 4, «Disposizioni concernenti la compatibilita' ambientale e
le   procedure  di  valutazione»,  rivolta  all'integrazione  fra  le
valutazioni  ed  i procedimenti di valutazione ambientale e quelli di
altre  materie,  urbanistica, commercio, industria ecc.; con la legge
regionale   24 ottobre  2002,  n. 24,  «Norme  per  la  gestione  dei
rifiuti»,  con  la  organizzazione  delle  attivita' programmatorie e
gestionali   delle  province  e  dei  comuni  attraverso  loro  forme
associative,  l'individuazione  degli obbiettivi della programmazione
regionale  e  provinciale  e  dei tempi e modi di perseguimento ecc.,
attraverso  il  piano  regionale  dei  rifiuti  approvato  con d.g.r.
30 luglio  1997  ed  aggiornato  con d.g.r. del 3 novembre 2003 e del
5 luglio  2004  ed  i  programmi  provinciali di gestione dei rifiuti
parimenti  approvati;  con  la  legge regionale 7 aprile 2000, n. 42,
«Bonifica  e  ripristino  dei  siti inquinati. Approvazione del piano
regionale  di  bonifica  delle aree inquinate», che organizza e guida
l'attivita' affidata ai comuni e raccordata a livello regionale ed il
quadro  dei finanziamenti e degli adempimenti di recupero degli oneri
a  carico dei soggetti responsabili, con interventi tutti in corso di
attuazione;   con   la   legge   regionale   7 aprile   2000,  n. 43,
«Disposizioni  per la tutela dell'ambiente in materia di inquinamento
atmosferico e prima attuazione del piano regionale per il risanamento
e   la   tutela  della  qualita'  dell'aria»,  parimenti  rivolta  al
coordinamento  dei  vari  aspetti  attinenti  a differenti settori di
attivita'    incidenti    sull'inquinamento   atmosferico   ed   alla
impostazione  e  corretta  attuazione  degli  interventi di tutela da
parte   degli   enti   locali   a   cui  sono  affidate  le  funzioni
amministrative in materia; la legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13,
di  attuazione  della  legge  «Galli» di riforma della gestione delle
acque,   con  la  creazione  degli  ambiti  territoriali  ottimali  e
l'organizzazione   della   gestione   unitaria  del  servizio  idrico
d'ambito;  con  la  predisposizione  del  piano di tutela delle acque
quale piano stralcio per il territorio piemontese del piano di bacino
del fiume Po, esaminato favorevolmente dall'autorita' di bacino ed in
corso  di  approvazione definitiva; con l'attuazione delle previsioni
di  integrazione e coordinamento dei contenuti della difesa del suolo
nel  piano  territoriale  regionale  e  negli  strumenti  urbanistici
comunali  (l.r.  n. 56/1977  e  successive  modifiche  e integrazioni
artt. 5-12) e con le intese in via di sottoscrizione, gia' oggetto di
accordi  preliminari del marzo 2006, con l'autorita' di bacino del Po
per  l'attuazione  concordata  dei  piani territoriali provinciali di
coordinamento  quale  strumento  avente  valenza  di  attuazione e di
integrazione della pianificazione della difesa del suolo.
    Tutto   quanto   sopra,   attinente  alle  realta'  normative  ed
amministrative  esistenti nella regione e coerente con gli obbiettivi
di   tutela   ambientale   e   che   avrebbe  potuto  trovare  idonea
considerazione  attraverso  una corretta elaborazione, come prevista,
con  l'apporto  regionale  e  delle autonomie locali, e' stato invece
pretermesso  dal  decreto  delegato,  con  violazione  della legge di
delega,   dell'assetto   istituzionale   delle   competenze  statali,
regionali  e  locali  anche  espressamente  confermato dalla legge di
delega,  realizzando contrasto anche con i principi di ragionevolezza
e buon andamento della pubblica amministrazione, per l'ingiustificato
rivolgimento  apportato  ad  organi, funzioni e procedure attualmente
vigenti ed efficacemente operative in ambito regionale.
    5)  Il  decreto  legislativo 152/2006 nelle rilevanti innovazioni
come   s'e'   detto  introdotte  alla  disciplina  dei  vari  settori
contemplati  e' connotato da spiccato centralismo e dalla separazione
delle  attivita'  e  competenze  indirizzate  alla tutela ambientale,
anche  nella  creazione  di  nuovi  organi  e nella allocazione delle
funzioni,  dalle  competenze  rivolte  alla  cura  di tutti gli altri
interessi  pubblici  che  con la tutela ambientale interagiscono e si
intersecano,  appartenenti  alla  competenza legislativa regionale ed
all'attivita'  amministrativa delle regioni e delle autonomie locali.
Il  principio di sussidiarieta', espressamente richiamato anche dalla
legge  di  delega  al  comma  8, prima parte, non ha trovato corretta
applicazione.
    L'attrazione   in   sede   ministeriale   compiuta   dal  decreto
legislativo  per  molte  importanti e svariate funzioni, sia di nuova
previsione  sia  gia'  esercitate  in  sede  comunale,  provinciale e
regionale,   non   e'  oggettivamente  giustificata  da  esigenze  di
considerazione   unitaria   a   livello   nazionale  degli  interessi
coinvolti.
    Il principio dell'unitarieta' fonda la competenza statale laddove
siano  ravvisabili esigenze di uniformita' ed omogeneita' strategica,
con  la  definizione di standard di tutela ambientale ed espletamento
di  attivita' di rilievo nazionale, pur sempre con il contemperamento
delle   procedure   di  leale  collaborazione  e  di  intesa  per  la
codeterminazione   dei   contenuti  interessanti  anche  l'ambito  di
competenza  regionale,  mentre  i  principi  di differenziazione e di
adeguatezza   richiedono   la  rimessione  all'attivita'  legislativa
regionale  ed all'azione amministrativa dei livelli di governo locale
dell'adattamento   delle   misure   di  tutela  ai  diversi  contesti
territoriali.
    Anche  sotto questo aspetto la corretta applicazione dei principi
della   legge   di   delega,   laddove  indica  espressamente  a  «la
riaffermazione  del  ruolo delle regioni ai sensi dell'art. 117 della
Costituzione   nell'attuazione   dei  principi  e  criteri  direttivi
ispirati  anche alla interconnessione delle normative di settore ...»
(comma   8,   lett.   m),  di  «rimuovere  i  problemi  di  carattere
organizzativo,   procedurale   e   finanziario   che   ostacolino  il
conseguimento  della piena operativita' degli organi amministrativi e
tecnici  preposti  alla  tutela  ed  al  risanamento  del suolo e del
sottosuolo,  superando  la  sovrapposizione  tra  i  diversi piani di
rilievo  ambientale  e  coordinandoli  con  i  piani urbanistici», di
«valorizzare  il  ruolo  e  le  competenze  svolti  dagli organismi a
composizione  mista  statale e regionale» (comma 9, lett. c), avrebbe
dovuto  condurre a differente impostazione della disciplina posta dal
decreto  legislativo,  attraverso  la considerazione del principio di
corresponsabilita'  e  di  leale collaborazione che deve improntare i
rapporti  fra  le  diverse  istituzioni, per garantire l'effettivita'
della  tutela  mediante  un  approccio  alle politiche ambientali che
coinvolgendo   tutti   gli   enti   esponenziali  delle  peculiarita'
territoriali  possa  tener  conto  della complessita' del tema (sent.
50/2005; 219/2005).
    6)  Ulteriore violazione della legge di delega si evidenzia anche
con  riguardo  alla carente o non esatta applicazione della normativa
comunitaria   di   tutela  ambientale,  con  riguardo  alle  espresse
indicazioni  poste  dai  criteri  direttivi di dare «piena e coerente
attuazione  delle direttive comunitarie, al fine di garantire elevati
livelli  di  tutela  dell'ambiente e di contribuire in tale modo alla
competitivita'  dei  sistemi  territoriali  e delle imprese, evitando
fenomeni  di  distorsione  della concorrenza» e di fare «affermazione
dei principi comunitari di prevenzione, di precauzione, di correzione
e riduzione degli inquinamenti e dei danni ambientali e del principio
"chi inquina paga"» (comma 9, lett. e), f).
    Invero, come in prosieguo si specifichera' per i diversi settori,
il  decreto  legislativo  non  rispecchia  per diversi punti la piena
attuazione  della normativa comunitaria, con violazione dell'art. 117
primo  comma della Costituzione che si riverbera sulle funzioni delle
regioni  tenute anch'esse direttamente all'attuazione della normativa
comunitaria  ex  art. 117  quinto  comma  Cost.  e  responsabili, per
costanti  pronunce  degli  organi comunitari, nella propria attivita'
amministrativa,   e   lo  stesso  dicasi  per  le  autonomie  locali,
dell'esatta applicazione di essa.

                                 II

    Sulla  parte  seconda  del d.lgs. n. 152/2006, recante «Procedure
per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione di
impatto  ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata
(IPPC)».
    Violazione  degli  artt. 3,  5,  76,  97, 114, 117, 118, 119, 120
della  Costituzione. Violazione dei principi di leale collaborazione,
ragionevolezza,  adeguatezza,  differenziazione, sussidiarieta', buon
andamento  della  p.a.  anche  sotto  l'aspetto  della  violazione di
principi   e   norme   del   diritto  comunitario  e  di  convenzioni
internazionali.
    La  disciplina  riguardante  la valutazione ambientale strategica
(VAS)   cosi'   come  quella  riguardante  la  valutazione  d'impatto
ambientale (VIA) ha la propria ratio nella considerazione complessiva
di  opere  ed  interventi  comportanti  rilevanti  effetti di impatto
ambientale nel loro inserimento nel contesto territoriale, nella loro
giustificazione rispetto ad esigenze infrastrutturali, produttive, di
sviluppo  economico  ecc.,  nella  ricerca di modalita' attuative che
contemperino le diverse esigenze compresenti.
    E'  evidente  l'interrelazione  esistente  fra  la materia tutela
dell'ambiente e le altre materie governo del territorio, tutela della
salute,  energia,  settori  produttivi  ecc.  che  si  ascrivono alla
competenza  concorrente o residuale regionale, la cui discipline e le
cui  decisioni  amministrative si intrecciano ed interferiscono nella
configurazione  della  disciplina  e  delle  procedure di valutazione
ambientale strategica e di valutazione di impatto ambientale.
    L'integrazione  delle  procedure  e  delle diverse autorizzazioni
costituiva  specifico  criterio  della legge di delega, cosi' come il
corretto   pieno  recepimento  della  normativa  comunitaria  che  ha
disciplinato gli istituti considerati.
    Le   norme   del   decreto   delegato  disattendono  le  esigenze
sopraconsiderate  e  comportano  altresi'  modifiche  dell'assetto di
competenze previgente, il cui rispetto costituiva anch'esso principio
e  criterio  direttivo  della  legge  di  delega, ponendo in crisi la
disciplina  di  attuazione  gia'  elaborata a livello regionale (l.r.
Piemonte  n. 40/1998)  rivolta  propriamente  all'integrazione fra le
valutazioni  prettamente  di  tutela  ambientale  e gli altri aspetti
pianificatori,   programmatori  ed  autorizzativi  rilevanti  per  la
realizzazione   degli   interventi,   peraltro  senza  che  risultino
obbiettivamente   sussistenti  esigenze  unitarie  che  giustifichino
l'attrazione di determinate attivita' nella competenza statale.
    In particolare si evidenziano:
        Art.  5,  comma  1,  laddove  dispone  alla  lett.  e) che la
procedura di VIA si applichi ai progetti preliminari senza prevedere,
in  contrasto  con  le  direttive  85/337/CEE  e 97/11/CEE, che siano
sottoposti  a  VIA  i  progetti  definitivi  che contengano modifiche
rilevanti  e  senza  considerare  l'integrazione  in  un'  unica sede
decisionale  con  altri  procedimenti  autorizzativi le cui decisioni
vengono prese con riferimento al progetto definitivo;
        Art.   6,   comma  6,  laddove  prevede  che  la  commissione
tecnico-consultiva   nazionale,  a  cui  e'  affidato  il  compimento
dell'istruttoria  per le valutazioni VAS, VIA, IPPC riguardanti opere
ed   interventi   di   rilievo  nazionale,  sia  integrata  per  ogni
sottocommissione da «un esperto» designato dalla regione direttamente
interessata  dalla  realizzazione  dell'opera.  Il  ruolo  limitato e
secondario  assegnato  alla  partecipazione regionale non corrisponde
alle  esigenze  di  attuazione  del principio di leale collaborazione
mediante  effettiva  condivisione  delle  decisioni su interventi che
hanno  rilievo determinante sull'ambito territoriale regionale (sent.
303/2003);
        Art.  12.  Come rilevato nel documento della Conferenza delle
regioni,  la  direttiva 2001/42/CE prevede una forte integrazione fra
tematiche   ed   autorita'   dei   settori  interessati,  poiche'  la
valutazione  strategica  ambientale  non  e'  un  mero  provvedimento
autorizzativo,  ma deve porre in essere un processo decisionale della
pubblica  amministrazione  che  confronta le scelte da assumere in un
determinato  contesto  ambientale,  territoriale  e  socio-economico.
Invece  l'iter  definito  dal  decreto  legislativo prevede che venga
emesso  un  giudizio  di  compatibilita'  ambientale su un piano o un
programma,  a cui il piano o programma deve necessanamente adeguarsi,
da  un soggetto diverso, che non ha obbligo di confrontare la propria
valutazione  con  il  soggetto proponente, di modo che la valutazione
ambientale  e  la  pianificazione o programmazione non si intersecano
realmente,  ma  rimangono  come fasi consequenziali e sostanzialmente
separate.
    Al comma 2 la fissazione di termini per l'emissione del giudizio,
l'intervento  in  via  sostitutiva  del  Consiglio  dei ministri e la
previsione  in caso di inutile decorso che si intenda emesso giudizio
negativo  sulla  compatibilita'  ambientale  del piano o programma di
competenza statale e che la stessa previsione valga anche per i piani
e   programmi   sottoposti   a   VAS  di  competenza  regionale  fino
all'emanazione  di apposite norme regionali, evidenzia l'impostazione
meccanica   della  procedura,  che  ne  riduce  l'effettiva  funzione
delineata dalla normativa comunitaria.
      Si  evidenzia  anche il quasi inesistente spazio riservato alla
normativa regionale anche rispetto alle procedure di competenza della
regione,  che  rimangono  in  pratica  totalmente definite secondo le
disposizioni  del  decreto  legislativo  in forza del richiamo di cui
agli artt. 21 e 22, commi 1 e 2;
        Art.  23.  In  relazione  all'allegato  III,  in  quanto  non
contiene   il   completo   ed   esatto  recepimento  delle  categorie
progettuali  sottoposte  a  valutazione  di  impatto ambientale della
direttiva  comunitaria  85/337 come modificata dalla direttiva 97/11.
Le  categorie  omesse  o  diversamente  definite  sono  indicate  nel
documento  della  Conferenza  delle  regioni pagg. 13-14 e nel quadro
sinottico (che si deposita).
    Come  si  e'  gia'  rilevato  al  primo  motivo,  la  mancata  od
incompleta  attuazione  delle  norme  comunitarie  in  cui incorre il
decreto   legislativo   si   ripercuote   sull'ambito  di  competenza
regionale,  essendo  le  regioni  tenute  per l'espressa formulazione
dell'art. 117,  commi  1 e 5 Cost. all'attuazione diretta delle norme
comunitarie;
        Art.  25.  Laddove  al  comma  1,  lett.  a)  attribuisce  la
competenza  a  compiere  la  valutazione  di  impatto  ambientale  al
Ministro   dell'ambiente  per  i  progetti  di  opere  ed  interventi
genericamente   individuati   come   «sottoposti   ad  autorizzazione
statale»,  il  che  puo'  ampliare  il  campo applicativo ad opere di
rilievo  regionale  o  locale  per  cui  intervenga  anche un qualche
provvedimento  autorizzativo  statale,  e  per i progetti di opere ed
interventi  aventi  impatto  ambientale  interregionale,  per i quali
puo',  come gia' avviene, attuarsi invece valutazione d'intesa fra le
regioni interessate (vedasi l.r. n. 40/1998, art. 16).
    Dette  disposizioni  ampliano l'ambito di competenza ministeriale
senza   giustificato   motivo,  in  contrasto  con  il  principio  di
sussidiarieta'  ed in contrasto con le stesse indicazioni dei criteri
direttivi  della  legge  di delega, alterando l'assetto di competenze
amministrative gia' esistente in materia;
        L'art. 42,  comma  2 stabilisce la possibilita' di variazione
delle  «soglie»,  sulla  cui  base  e'  costruito  il  sistema  delle
categorie sottoposte alla valutazione di impatto ambientale, nel solo
incremento  del  venti  per  cento. Si deve tener conto che l'atto di
indirizzo  e coordinamento d.P.R. 12 aprile 1996, sulla cui base sono
state  emanate  le norme regionali in materia, demandava alle regioni
di  fissare  le  soglie  con  possibilita'  sia  di incremento sia di
decremento  e  nella  misura massima del trenta per cento, in ragione
della    disomogeneita'    del    territorio   che   presenta   forti
differenziazioni e peculiarita' ambientali nelle diverse regioni.
    L'innovazione  compiuta  dal  decreto  legislativo  con  la norma
suddetta, in relazione anche alla previsione di cui all'art. 5, comma
1,   lett.  g) che  attiene  alla  definizione  degli  interventi  di
modifica,  comporta  il  rivolgimento  di  quanto  gia' efficacemente
attuato   nell'ambito   regionale,   senza  che  appaia  apprezzabile
obbiettivo  fondamento  della  limitazione  apportata  al  margine di
adattamento alle realta' locali rimesso alla normativa regionale;
        L'art. 43,  analogamente  a  quanto  osservato per l'art. 22,
vincola a tutte le numerose disposizioni anche di analitico dettaglio
ivi  richiamate  la disciplina da parte delle regioni delle procedure
di  valutazione  ambientale  per i progetti di loro competenza, senza
che  siano  ravvisabili  in  tutte  le  dette disposizioni imposte in
blocco esigenze di uniformita' o standard di tutela.
    Parimenti  si evidenzia la mancata considerazione del ruolo delle
regioni e delle autonomie locali nella materia, e dell'apporto che da
esse  proviene  per  il perseguimento di effettiva tutela ambientale,
nelle disposizioni di cui all'art. 51, comma 3, che affida unicamente
agli  organi  ministeriali  l'emanazione  delle norme tecniche per la
redazione  degli  studi  di  impatto ambientale e la formulazione dei
giudizi  di  compatibilita'  per  ciascuna  categoria di opere, senza
prevedere  alcuna partecipazione delle regioni ed enti locali, quanto
meno con il parere della conferenza Stato-Regioni.

                                 III

    Sulla Parte III del d.lgs. n. 152/2006. Violazione degli artt. 3,
5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei
principi   di   leale  collaborazione,  ragionevolezza.  adeguatezza,
differenziazione,  sussidiarieta',  buon  andamento  della p.a. anche
sotto  l'aspetto  della  violazione  di  principi e norme del diritto
comunitario e di convenzioni internazionali.
    La  Parte III del decreto legislativo concerne i tre ambiti della
difesa  del  suolo,  della  tutela delle acque e della gestione delle
risorse idriche, disciplinati dalle norme distinte in tre Sezioni che
verranno di seguito separatamente esaminate.
    A)  La  sezione  I  attiene  alla  difesa  del  suolo, ambito che
pacificamente   rientra   nella  materia  «governo  del  territorio»,
ascritta  alla  competenza  concorrente  di cui all'art. 117, comma 3
della Costituzione.
    La  questione  dell'attinenza  della  regolamentazione  emanata a
materia  di  legislazione  concorrente  ed  in  ogni  caso a «materia
ambientale»  intrecciantesi  ed  intersecantesi  ad  altre materie di
competenza   regionale   e'  drasticamente  risolta  dal  legislatore
delegato  con la norma dell'art. 176, comma 1, ove si enuncia che «le
disposizioni  di  cui  alla  parte  terza  del  presente  decreto che
concernono materie di legislazione concorrente costituiscono principi
fondamentali ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione».
      Enunciazione  superficiale  e  non  corretta,  sia  per  la sua
genericita',  riferita  indistintamente  a  tutta la disciplina della
parte  terza  e sintomatica della volonta' di superare le esigenze di
confronto  con gli altri enti territoriali, sia perche' in realta' le
norme  emanate  contengono completa revisione e disciplina puntuale e
di dettaglio, escludendo ogni ambito legislativo regionale.
    E'   appena   il   caso   di  rammentare  che  gli  strumenti  di
pianificazione  di  bacino  e di difesa del suolo attengono, in primo
luogo, all'assetto del territorio nonche' alla tutela della salute ed
alla   protezione   civile   attraverso   la  tutela  della  pubblica
incolumita',  avendo  riguardo  ai profili dell'assetto idrogeologico
mediante  la  definizione  di  standard  compatibili  di  rischio, il
perseguimento  di  adeguati livelli di sicurezza, la realizzazione di
interventi  strutturali  di mitigazione del rischio e/o la previsione
di  vincoli  e limiti all'edificabilita' in presenza di situazioni di
rischio  non  mitigabili  e  si  configurano  quindi  quali strumenti
condizionanti   tutte   le   altre   attivita'  di  pianificazione  e
programmazione  settoriale,  con  interferenza  su  molteplici ambiti
normativi,  pianificatori  e  programmatori  di competenza regionale.
Tutto   cio'  appare  ignorato  dalla  disciplina  posta  dal  d.lgs.
152/2006.
    Il  decreto  abroga  le  norme  vigenti  in materia di difesa del
suolo,  ma non riordina la materia in maniera organica ne' coordina i
diversi  livelli  di pianificazione e nel contempo introduce radicali
innovazioni    sia    sull'istituzione    di    nuovi   organi,   sia
sull'allocazione  delle competenze sia sui procedimenti di formazione
ed approvazione di piani e programmi di intervento.
    Ne   risultano:  la  riforma  delle  Autorita'  di  bacino  e  la
cancellazione  del  «bacino idrografico», quale unita' di riferimento
per   l'esercizio   delle  funzioni  di  difesa  del  suolo,  con  la
contestuale    creazione    del   «distretto   idrografico»,   inteso
prevalentemente quale unita' burocratico-amministrativa di emanazione
statale; lo sconvolgimento dell'assetto delle competenze dello Stato,
delle  regioni  e  degli  enti  locali,  con  un  accentramento delle
competenze  in  capo  allo  Stato ed a organi centralizzati in aperto
contrasto   con   i  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione,
adeguatezza  e  leale collaborazione; la definizione di un sistema di
strumenti   di   pianificazione   e   conseguente  programmazione  di
interventi  i cui contenuti, articolazione, procedure di informazione
al  pubblico  e  partecipazione  degli interessati e di approvazione,
oltre   ad   aspetti   di   oscurita'   e  carenza  delle  previsioni
procedimentali,  presentano  contraddittorieta'  e  contrasto  con le
competenze  spettanti  alle  regioni  ed agli altri enti territoriali
nella    pianificazione   territoriale   ed   urbanistica   e   nelle
pianificazioni di settore.
    In particolare:
        Art. 64. Inaspettatamente e senza alcuna concertazione con le
regioni  vengono  individuati  otto «distretti idrografici», di vasta
ampiezza  e  tutti  di  rango  nazionale,  con  contestuale immediata
soppressione  dei  bacini  di  rilievo  nazionale,  interregionale  e
regionale.
     Viene cosi' eliminata una ripartizione del territorio funzionale
alla  difesa  del suolo che si fondava su una anticipata applicazione
del  principio  di  sussidiarieta',  al  fine  di  assicurare il piu'
appropriato  livello  di  governo in rapporto all'ambito territoriale
preso  a  riferimento e di garantire da un lato autonomia decisionale
alle  regioni  e  dall'altro la concertazione con lo Stato e le altre
regioni, ove necessario per l'ampiezza del bacino;
        Art.  63.  Agli  otto  distretti idrografici vengono preposte
altrettante  Autorita'  di  bacino distrettuale, a composizione mista
statale-regionale,  ma caratterizzate da una nuova configurazione dei
relativi    organi   che   determina   una   preponderante   presenza
dell'apparato  governativo, comprimendosi radicalmente il ruolo ed il
peso delle Amministrazioni regionali.
    Nella  Conferenza  istituzionale  permanente,  principale  organo
delle nuove Autorita' di bacino deputato a definire le linee portanti
del   sistema   di  difesa  del  suolo,  i  membri  o  rappresentanti
dell'Esecutivo  statale  salgono  infatti da quattro a sette nelle ex
Autorita'  di  bacino  di  rilievo nazionale e compaiono per la prima
volta  in quelle che andranno a sostituirsi alle Autorita' di rilievo
interregionale e regionale.
    Gia'  il solo inserimento dei Ministri delle attivita' produttive
e  per  la  funzione pubblica, non trovando giustificazione alcuna in
rapporto  agli interessi unitari sottostanti le competenze statali da
esercitarsi  in  sede  di  bacino,  rende  la disposizione viziata da
irragionevolezza   e  travolge  un  assetto  istituzionale  idoneo  a
bilanciare  in  concreto  gli  interessi  unitari  dello  Stato e gli
interessi delle collettivita' locali convergenti nella pianificazione
di bacino.
    Si  dispone  altresi'  che  la  Conferenza deliberi a maggioranza
laddove  la  legge  n. 83/1989  non  disponeva  alcunche'  in merito,
lasciando  agli organi delle Autorita' di bacino la scelta dei propri
quorum deliberativi.
    Inoltre  ai  sensi dell'art. 57, comma 1, lett. a), n. 2, tutti i
piani  di  bacino  sono  approvati  dal  Presidente del Consiglio dei
ministri   con   la   mera   audizione,   «sentita»   la   Conferenza
Stato-Regioni.
    In altri termini le regioni vengono esautorate di ogni potere pur
essendone  state  finora  contitolari  con  il  Governo centrale, con
riferimento  alle  autorita'  di  bacino nazionali, e titolari in via
esclusiva,  con riferimento alle autorita' di bacino interregionali e
regionali.
    Particolare  gravita'  evidenzia poi la disposizione del 3° comma
dell'art. 63.
    In  totale  carenza  di  un  regime  transitorio  che  delinei il
delicatissimo  passaggio  da  un sistema istituzionale ormai radicato
nel  territorio  e ricco di esperienza decisionale ed operativa ad un
nuovo   assetto   dalle   ampie  incognite,  si  dispone  infatti  la
soppressione delle autorita' di bacino previste dalla legge 18 maggio
1989,  n. 183  a  far  data  dal  30  aprile 2006 e quindi dal giorno
successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo.
    Nel contempo il trasferimento di funzioni alle nuove Autorita' di
bacino distrettuale, la regolamentazione del periodo transitorio e la
definizione  dei  criteri  e  delle modalita' per l'attribuzione o il
trasferimento   del   personale   e   delle  risorse  patrimoniali  e
finanziarie sono demandati ad un decreto del Presidente del Consiglio
dei  ministri  su  proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del  territorio  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle
finanze  e  con  il  Ministro  per  la  funzione pubblica, sentita la
Conferenza  permanente Stato-Regioni, da emanarsi entro trenta giorni
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  Parte Terza del decreto,
termine peraltro puramente ordinatorio.
    E'  di  tutta  evidenza come un simile impianto normativo risulti
anche sotto questo profilo temporale assolutamente irragionevole. Dal
29  aprile  2006 le Autorita' di bacino di cui alla legge n. 183/1989
(nel  contempo abrogata) sono soppresse e le funzioni ad esse proprie
sono  abbandonate  a tempo indeterminato, atteso che l'emanazione del
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, che dovrebbe
rendere   operanti   le  Autorita'  di  bacino  distrettuale  risulta
totalmente incerta nel suo avveramento.
    Si profila obbiettivamente irreparabile pregiudizio all'interesse
pubblico  e  all'ordinamento  giuridico  della  Repubblica, posto che
l'entrata  in vigore al 30 aprile 2006 delle norme suddette determina
la  paralisi  del sistema istituzionale di pianificazione di bacino e
comporta  l'interruzione  di  tutti  i  procedimenti  e  di  tutte le
attivita'   in  corso,  dall'approvazione  di  fondamentali  atti  di
pianificazione da tempo attesi (valga per tutti ad esempio la mancata
approvazione  -  nel caso dell'Autorita' di bacino del Fiume Po - del
Piano   stralcio   per   l'eutrofizzazione),  alla  programmazione  e
realizzazione delle opere e degli interventi a tutela della sicurezza
ed  incolumita'  pubblica  dei  cittadini,  all'emanazione dei pareri
dalle piccole alle grandi derivazioni di acqua pubblica.
    A  cascata  ne  risultano  inibite  le  corrispondenti  attivita'
normative  e  pianificatorie  della  regione,  che trovano negli atti
delle  Autorita' di bacino il parametro di riferimento all'esplicarsi
della  loro  autonomia nel governo del proprio territorio, cosi' come
le  azioni  regionali  attuative  degli interventi programmati per la
difesa del suolo, la difesa dalle acque e la prevenzione del dissesto
idrogeologico.
    Analoga ricaduta si verifica in ordine alle attivita' procedurali
dell'intero  sistema delle Autonomie locali cui la legge regionale ha
affidato   rilevanti  competenze  di  gestione  del  territorio,  con
detrimento  anche  dei  diritti  sia  dei  cittadini  che  aspirano a
diventare  utenti  della  risorsa  in  base  ai  principi  del giusto
procedimento  sia di quelli che vedono lese le proprie aspettative di
sicurezza.
    Per tali ragioni si ritiene sussistano i presupposti per disporre
la   sospensiva  quanto  meno  degli  articoli  63  e  64  del  d.lgs
n. 152/2006  nonche' dell'articolo 175, comma 1, lettera l) in quanto
comporta  l'abrogazione  degli  articoli  da  12  a  16  della  legge
n. 183/1989, per il che si fa istanza;
        Artt.  65, 66, 67, 68. Il decreto individua diversi strumenti
di  pianificazione,  con  evidenti difetti di coerenza ed unitarieta'
sistematica,  risultando  detti  piani  diversificati  per contenuti,
modalita'  di  elaborazione,  adozione  e  approvazione, rilevanza ed
effetti,  senza apprezzabile fondamento della distinzione e senza che
ne siano definiti i reciproci rapporti.
    Sono previsti il piano di bacino distrettuale (art. 65), il piano
per  la  tutela dal rischio idrogeologico quale stralcio del piano di
bacino  (art. 67,  comma 1) oltre al piano di gestione quale stralcio
del  piano  di  bacino distrettuale ed al piano di tutela delle acque
(di cui agli artt. 117 e 121 su cui si tornera' in seguito).
    Ad essi si aggiungono i piani straordinari diretti a rimuovere le
situazioni  a  piu'  elevato  rischio idrogeologico di cui al comma 2
dell'art. 67   e  i  programmi  di  interventi  urgenti,  di  cui  al
successivo  comma  3  del medesimo art. 67, che rappresentano la mera
riproposizione  di  normative  emanate a seguito di eventi calamitosi
(eventi  alluvionali  di  Sarno  e di Soverato), invero oggi superate
essendo stati nel frattempo adottati e approvati i piani stralcio per
l'assetto   idrogeologico   (PAI)  praticamente  in  tutti  i  bacini
nazionali, interregionali e regionali.
    L'illogicita' manifesta dell'articolazione di questo sistema (che
«sistema» peraltro non e), configura anche una violazione delle norme
comunitarie,  dal  momento  che  l'incoerenza  che  ne  deriva radica
l'impossibilita'   di   perseguire   gli  obiettivi  della  direttiva
2000/60/CE   di   cui   il  decreto  intende  costituire  recepimento
(art. 170,  comma 4, lett. r) e che invece prevede quale strumento di
pianificazione  unitaria,  il  «piano  di  gestione»  che puo' essere
articolato  per  piani  piu'  dettagliati o tematici, analogamente al
rapporto  finora esistente tra il piano di bacino ed i relativi piani
stralcio gia' attuati dalla legge n. 183/1989.
    Da  quanto  sopra  considerato,  si  evidenzia anche la specifica
violazione  dell'art. 76  della  Costituzione  per  la violazione dei
principi  e  criteri  della legge di delega, come gia' osservato al I
motivo   di   ricorso.   Infatti,   la   previsione   del  «riordino,
coordinamento  e  integrazione  delle  disposizioni  legislative ...,
anche mediante la redazione di testi unici» (di cui all'art. 1, comma
1,  legge  n. 308/2004),  attiene ad un coordinamento delle diverse e
successive norme nei vari settori dettate dalla legislazione vigente,
senza che possa in alcun modo ravvisarsi autorizzazione a compiere la
radicale innovazione posta in essere con la istituzione dei distretti
e  delle  nuove  autorita'  di  bacino  distrettuale,  nonche' con il
rifacimento  dell'impianto  della  pianificazione  della  difesa  del
suolo.
    Altrettanto  dicasi  per  il criterio di cui all'art. 1, comma 8,
legge  n. 408/2004,  «il  rispetto  ...  delle competenze per materia
delle  amministrazioni  statali,  nonche'  delle  attribuzioni  delle
regioni  e  degli  enti  locali, come definite ai sensi dell'art. 117
della  Costituzione,  della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto
legislativo  31  marzo  1998,  n. 112»,  che  imponeva al legislatore
delegato  di  non  modificare il quadro delle attribuzioni regionali,
che invece risulta gravemente compromesso delle scelte compiute dalle
disposizioni in esame.
    Si  aggiunge  anche  tra  i  principi  e  criteri  direttivi piu'
specifici  della  legge di delega di cui al comma 9 l'indicazione di:
«c)  rimuovere  i  problemi di carattere organizzativo, procedurale e
finanziario  che ostacolino il conseguimento della piena operativita'
degli  organi  amministrativi  e  tecnici  preposti  alla tutela e al
risanamento  del suolo e del sottosuolo, superando la sovrapposizione
tra  i diversi piani settoriali di rilievo ambientale e coordinandoli
con  i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le competenze svolti
dagli   organismi   a   composizione   mista   statale  e  regionale;
semplificare   il  procedimento  di  adozione  e  approvazione  degli
strumenti  di  pianificazione con la garanzia della partecipazione di
tutti  i  soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di
conclusione  dell'iter  procedimentale» criteri anch'essi palesemente
violati dalla regolamentazione posta in essere dal decreto in esame.
    Tali  rilievi attengono tutti alla compressione delle prerogative
istituzionali  regionali  ed  in  generale  del ruolo delle autonomie
territoriali   nell'ambito   considerato   della  difesa  del  suolo,
stravolgendo    l'ordinamento    della    legge-quadro   n. 183/1989,
concretizzatosi  con  complesso processo nella realta' amministrativa
statale,  regionale e locale che viene sostituito, senza apprezzabile
miglioramento istituzionale, con un sistema centralistico di gestione
delle  politiche  di tutela idrogeologica del territorio, esautorando
le  regioni e determinando grave incertezza nella fase transitoria di
indeterminata durata.
    B)  Sulla  sezione II della Parte III riguardante la tutela delle
acque.
    Le  norme  della  sezione  II  attengono  alla tutela delle acque
dell'inquinamento anche sotto l'aspetto degli strumenti pianificatori
e gestionali.
    E'  appena il caso di rammentare la ramificata interrelazione con
gli  ambiti del governo del territorio e di gestione dei vari settori
di  attivita'  antropiche  di  competenza  concorrente o rimessa alle
regioni e parimenti della tutela della salute.
    Anche   per   tali   norme  si  riscontrano  rispetto  al  quadro
legislativo gia' operante significative innovazioni, non giustificate
da  esigenze  di  coordinamento  ed  anzi apportatrici di elementi di
contraddizione  ed  incoerenza  ed  improntate ad un accentramento di
compiti,   anche  di  limitata  gestione,  nella  sede  ministeriale,
determinandosi compressione del ruolo delle regioni e delle autonomie
locali.
    Si considerano in particolare:
        Art.   91,  commi  2  e  6,  ove  vengono  individuate  nuove
competenze  ministeriali,  per  il  cui esercizio viene genericamente
sentita   la   Conferenza   Stato-Regioni,   laddove   sarebbe  stato
appropriato    il    conseguimento   di   intesa   con   le   regioni
territorialmente interessate;
        Art.   96.  Con  disposizioni  di  minuto  dettaglio  vengono
regolamentati procedimenti attinenti alla gestione del demanio idrico
che  rientrano  nelle competenze trasferite dal d.lgs. n. 112/1998 in
coerenza con il dettato dell'art. 118 della Costituzione; in tal modo
vengono    altresi'    inficiate   senza   giustificato   motivo   le
regolamentazioni  gia' assunte in sede regionale, come nel caso della
Regione  Piemonte  con  il  regolamento  10/2003  che  ha adeguato le
procedure  del  T.U.  1775/1933  ai  principi  della  semplificazione
amministrativa e del coordinamento delle attivita' di prelievo idrico
con le pianificazioni di tutela ambientale.
    Sono   inoltre   attratte  nella  competenza  ministeriale  senza
giustificato  motivo  funzioni  di rilievo locale, quali l'intervento
per  l'espressione di parere sulle piccole derivazioni d'acqua con la
nomina di un commissario ad acta da parte del Ministro dell'ambiente;
        Art.  104,  laddove  al  comma  3  prevede senza giustificato
motivo   l'attribuzione   alla   competenza   ministeriale,  anziche'
regionale  come  attualmente,  dell'autorizzazione  dello  scarico di
acque   risultanti   dall'estrazione   di  idrocarburi  nelle  unita'
geologiche profonde;
        Art. 113, comma 1 ed art. 114, comma 2, in quanto la potesta'
normativa  regionale  sulla  disciplina  delle  acque  meteoriche  di
dilavamento  e  sulla  disciplina  di  restituzione delle acque viene
inopinatamente subordinata e condizionata ad attivita' amministrativa
ministeriale «previo parere del Ministero dell'ambiente»;
        Art.  116,  laddove sottopone all'approvazione dell'autorita'
di  bacino  il programma di misure integrativo del piano di tutela di
cui all'art. 121 ed art. 121, comma 2, laddove prevede che le regioni
trasmettano  il  piano  di  tutela  al Ministro dell'ambiente «per le
verifiche  di  competenza»,  norme  che  evidenziano  una  logica  di
subordinazione   delle   potesta'   regionali   di  pianificazione  e
programmazione,  che  vengono  sottoposte  alla  supervisione  ed  in
definitiva  al controllo di organismi ed organi statali, in contrasto
con  l'assetto  costituzionale  e  con  il  quadro  complessivo delle
rispettive   attribuzioni   amministrative   scaturite   dal   d.lgs.
n. 112/1998;
        Art.   117  ed  art. 121  sotto  altro  profilo.  Particolare
considerazione  va  posta  alla  disciplina  ora prevista per i piani
digestione e di tutela delle acque (titolo IV).
    Si  e'  gia'  prima  osservato  al  precedente  punto  A  che  il
dichiarato  recepimento  nell'ordinamento  italiano  della  direttiva
2000/60/CE  onde improntarne gli istituti di pianificazione dei piani
di  bacino  e  dei  piani  di  tutela  delle acque presenta non poche
contraddizioni   ed  incertezze  e  disarticola,  senza  apprezzabile
evidenza di motivazioni e di utili risultati il quadro normativo gia'
vigente  posto  dalla  legge  n. 183/1989  e  dal decreto legislativo
n. 152/1999,  interrompendo  il complesso processo attuativo posto in
essere, vincendo non poche difficolta', in ambito regionale.
    Va  peraltro  rammentato  che  il d.lgs n. 152 del 1999 era stato
emanato   allorche'   era  gia'  nota  la  proposta  della  direttiva
2000/60/CE,   in  relazione  alla  quale  in  effetti  si  poneva  la
previsione  del  Piano di tutela delle acque quale stralcio del Piano
di bacino, con inserimento dell'attivita' pianificatoria regionale di
tutela  delle acque nel complesso meccanismo della legge n. 183/1989,
che  fondava  sull'individuazione  del bacino idrografico come unita'
ecosistemica  di riferimento per una efficace attivita' di governo di
difesa del suolo e tutela delle acque.
    Secondo detto sistema, come finora vigente, nei bacini di rilievo
nazionale  l'operato  dell'Autorita' di bacino si distingue da quello
delle  Regioni  per  il  livello su cui incide: per l'unitarieta' del
bacino  idrografico,  su  macro-scala  vengono  fissati  priorita'  e
obiettivi  comuni  a  tutte  le  Regioni  afferenti al bacino stesso,
mentre  in  ambito  regionale,  nel  rispetto  delle  peculiarita'  e
specificita'  locali,  sono determinati e attuati gli interventi e le
azioni preordinate al raggiungimento dei fini prefissati.
    Va riaffermato che il livello regionale e' il livello appropriato
per la risoluzione dei problemi legati alle risorse idriche, elementi
contemporaneamente  fluenti  e  localizzati sul territorio, in quanto
dispone   di   una   ampiezza  territoriale  idonea  a  coordinare  e
armonizzare i molteplici interessi, spesso antagonisti, insediati sul
territorio  che  i  corpi  idrici  attraversano,  ed in quanto l'ente
regionale,   titolare   del  potere  normativo  della  pianificazione
dell'assetto   del   territorio  nel  suo  complesso,  dispone  degli
strumenti  necessari  per governare le interrelazioni degli interessi
compresenti.
    Attraverso  l'approvazione  dei singoli piani regionali di tutela
previsti  dall'art. 44  del  d.lgs.  n. 152/1999, tra loro accomunati
dalla  fissazione  di  obiettivi  di  bacino  volta  a  garantire  la
considerazione   ecosistemica   del  territorio  di  cui  alla  legge
n. 183/1989,  si  perveniva conseguentemente alla realizzazione della
complessiva   pianificazione  di  bacino  nel  settore  della  tutela
qualitativa  e  quantitativa  delle  risorse  idriche postulata dalla
stessa legge sulla difesa del suolo.
    I  Piani  di  tutela gia' individuati dal legislatore del 1999 si
identificano a pieno titolo con i Piani di gestione ed i Programmi di
misure  della  direttiva comunitaria e, sempre secondo le indicazione
della  stessa  direttiva,  rispondono all'enunciato del suo Preambolo
secondo  cui «Le decisioni dovrebbero essere adottate al livello piu'
vicino  possibile  ai luoghi di utilizzo effettivo o di degrado delle
acque.  Si  dovrebbero  privilegiare  le  azioni che rientrino fra le
competenze   degli  Stati  membri,  attraverso  programmi  di  misure
adeguati alle condizioni regionali e locali».
    Cosicche' il modello procedimentale del coordinamento tra livello
di  bacino  e  livello regionale, prescelto dal legislatore del 1999,
risultava  quindi  pienamente  rispondente allo spirito della ridetta
direttiva  e,  seppur  suscettibile  di  affinamenti, poteva e doveva
essere  mantenuto nel suo essenziale impianto nel decreto legislativo
ora emanato.
    Il   d.lgs.   n. 152/2006   invece   ha   creato,  attraverso  un
irragionevole   affastellamento  di  norme,  il  blocco  del  sistema
pianificatorio della tutela delle acque.
    Il  modello  procedurale  ora introdotto e' scandito dai seguenti
passaggi:
        1) Piano di gestione (art. 117), che costituisce stralcio del
Piano  di  bacino 1  distrettuale  sul  piano funzionale (sola tutela
delle  acque)  e  territoriale (a scala di distretto idrografico), il
quale   viene  adottato  dalla  Conferenza  istituzionale  permanente
dell'Autorita' di bacino di distretto ed approvato dal Presidente del
Consiglio dei ministri senza la fissazione di alcun termine;
        2)   Definizione   degli   obiettivi  a  scala  di  distretto
(art. 121,   comma 2),  con  adozione  dell'Autorita'  di  bacino  di
distretto  entro  il 31 dicembre 2006 nel contesto delle attivita' di
pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento,
sentite le Province e le Autorita' d'ambito;
        3)  Piano  regionale di tutela delle acque (art. 121), che e'
specifico  piano di settore attuativo a livello di bacino idrografico
delle previsioni del Piano di gestione, il quale viene adottato dalla
Regione  sulla  base degli obiettivi fissati dall'Autorita' di bacino
di  distretto entro il 31 dicembre 2007, sottoposto alla verifica del
Ministero  dell'ambiente e della tutela del territorio, sottoposto al
parere    vincolante   dell'Autorita'   di   bacino,   ed   approvato
definitivamente dalla Regione entro il 31 dicembre 2008;
        4)  Programma  di  misure  (art.  116),  per  vero non meglio
specificata  «integrazione»  del  Piano  di tutela delle acque con le
misure  di  base e supplementari previste dalla direttiva 2000/60/CE,
approvato dalle Autorita' di bacino.
    Pero',   nonostante   la  scansione  dei  tempi  di  adozione  ed
approvazione   dei  Piani  regionali  di  tutela  delle  acque  sopra
indicata,   l'art. 122  del  d.lgs.  n. 152/2006  stabilisce  che  le
regioni,  al  fine di promuovere la partecipazione attiva di tutte le
parti  interessate  all'elaborazione  dei Piani di tutela, provvedano
affinche'   siano   pubblicati   e  resi  disponibili  per  eventuali
osservazioni  da  parte del pubblico: a) il calendario e il programma
di  lavoro  per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione
delle misure consultive che devono essere prese almeno tre anni prima
dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce; b) una valutazione
globale  provvisoria  dei  problemi  prioritari per la gestione delle
acque  nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza, almeno due
anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce; c)copia
del  progetto  del  Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio
del  periodo  cui  il  piano  si  riferisce.  Senza  contare  che  il
recepimento della direttiva 2000/60/CE implica profonde modificazioni
ai  sistemi  di  monitoraggio  finalizzati  alla  conoscenza  e  alla
verifica   dello   stato   qualitativo  e  quantitativo  delle  acque
superficiali e sotterranee, su cui devono basarsi le previsioni degli
strumenti di pianificazione innanzi illustrati.
    Tutto  cio'  evidenzia intrinseca contraddittorieta', sostanziale
inottemperanza  alla direttiva 2000/60/CE, ingiustificata innovazione
del  quadro  normativo ed amministrativo vigente, anche in violazione
dei principi della legge di delega rammentati al I motivo ed altresi'
dello  specifico  criterio  di  «adozione di misure che assicurino la
tempestivita'  e  l'efficacia  dei  piani  e  dei programmi di tutela
ambientale»,  poiche'  non  basta  certo  porre dei termini avulsi da
concreti contenuti per adempiere a cio'.
    Quanto   all'efficacia   va  inoltre  evidenziato  che  il  d.lgs
n. 152/2006,  riducendo  il  Piano  di  tutela  a  piano  di  settore
attuativo  del  Piano  di  gestione adottato dall'Autorita' di bacino
distrettuale,  priva  il  medesimo  di  quella  forza  propria  degli
strumenti   di  tutela  che  gli  derivava  direttamente  dall'essere
stralcio   del   Piano   di   bacino   e  quindi  sovraordinato  alle
pianificazioni di settore.
    Il  «declassamento»  della  pianificazione  regionale a favore di
quella  di bacino, oltre a violare il principio di sussidiarieta', si
palesa    irragionevole    sia    in    considerazione   dell'inutile
sovrapposizione  che  crea tra strumenti di pianificazione che hanno,
tra   l'altro,   tempi   di   approvazione   tra  loro  assolutamente
incongruenti,   sia  con  riferimento  al  fatto  che  il  necessario
approccio  unitario  e  sistemico  e'  gia' piu' che sufficientemente
garantito  dalla  fissazione da parte delle Autorita' di bacino degli
obiettivi  su  scala di distretto e delle priorita' degli interventi,
nonche'  dal  parere vincolante che le stesse debbono esprimere sulla
conformita'  dei  piani  di  tutela regionali ai predetti obiettivi e
priorita'.
    Quanto  sopra  considerato, comportante lesione delle prerogative
costituzionalmente  garantite  della  regione, si appalesa foriero di
grave nocumento all'interesse pubblico nella realta' piemontese.
    Infatti  la  Regione  Piemonte ha posto in essere, dopo complesso
processo di elaborazione e consultazione, il Piano di tutela adottato
nel settembre  2004  e  sottoposto,  con  esito favorevole, al parere
dell'Autorita'  di  bacino del Fiume Po il 5 aprile 2006, ed in corso
di  esame  per  la  definitiva  approvazione  da  parte del Consiglio
regionale.  Detta  approvazione non potrebbe piu' intervenire, con la
conseguente  vanificazione  degli  sforzi  compiuti con profusione di
ingenti  risorse  finanziarie, strumentali e umane e l'impossibilita'
di  dare  avvio  alle  misure  individuate da un atto improvvisamente
divenuto  non piu' conforme alla legge, non fosse altro perche' privo
a  monte  del  Piano  di  gestione  del distretto idrografico, di cui
dovrebbe  essere  strumento  di  attuazione,  che invece e' di la' da
venire.
    L'assenza   di  quanto  meno  idonea  norma  transitoria  atta  a
consentire  il  completamento  dell'iter  del  piano  di  tutela gia'
adottato  e  positivamente  esaminato  dall'autorita' di bacino - non
apparendo  tale  l'ambigua  formulazione  dell'art. 170,  comma  11 -
aggrava  la ingiusta situazione di difficolta' per l'ente regionale e
di  scadimento della tutela ambientale e specificamente delle risorse
idriche da assicurare nel territorio regionale.
    Per  tali ragioni e' avanzata altresi' la richiesta di sospensiva
di  detti  articoli 117,  commi 1  e 2 (e 121 del d.lgs. n. 152/2006,
nonche'  dell'art. 175,  comma  1,  lettera  bb)  in  quanto comporta
l'abrogazione dell'art. 44 del d.lgs. n. 152/1999.
    C) Sulla  sezione  III  della  Parte  III riguardante la gestione
delle risorse idriche.
    Le  norme  del  decreto legislativo n. 152/2006 che dispongono in
materia  di  gestione  di risorse idriche incrociano l'ambito proprio
dell'organizzazione  dei  servizi  pubblici  locali,  che  e' materia
regionale,  e  l'allocazione delle funzioni amministrative attuate in
ambito  regionale in relazione al d.lgs n. 112/1998 ed agli specifici
aspetti della legge 5 gennaio 1994, n. 36 «legge Galli».
    La  presente  impugnazione  si  concentra sull'art. 148, comma 5,
norma apparentemente minore, quasi marginale e che invece, totalmente
nuova  ed  estranea  a  qualunque  indicazione della legge di delega,
interviene  a porre in crisi ed a creare nuove, inopinate difficolta'
a  tutto  il  sistema  regionale  piemontese  di organizzazione delle
Autorita' d'ambito ottimale.
    E' necessario premettere un inquadramento normativo.
    Com'e' noto, la legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante disposizioni
in  materia di risorse idriche, ha costituito il quadro dell'adeguato
assetto  delle  esigenze  di  tutela  del  territorio  e di razionale
sfruttamento   delle   risorse  naturali,  con  la  percezione  della
vulnerabilita'  e  dell'esauribilita'  della  risorsa  «acqua»  e  la
necessita'  di  perseguire standard europei in materia di qualita' ed
economicita' dei servizi a quella risorsa connessi.
    La riorganizzazione dei servizi pubblici di captazione, adduzione
e  distribuzione  di  acqua ad usi civili, di fognatura e depurazione
delle  acque  reflue  in  un  unico sistema idrico integrato prevista
dalla   legge   Galli  si  fonda  su  alcuni  principi  fondamentali:
l'efficacia,  l'efficienza  e  l'economicita' dei servizi idrici, che
richiede il superamento della frammentazione delle gestioni per mezzo
della definizione di ambiti territoriali ottimali ampi, entro i quali
poter applicare un nuovo regime tariffario, determinato tenendo conto
della  qualita'  della  risorsa  idrica e del servizio forniti, delle
opere  e  degli  adeguamenti  necessari,  dell'entita'  dei  costi di
gestione   delle  opere,  dell'adeguatezza  della  remunerazione  del
capitale   investito   e   dei   costi  di  gestione  delle  aree  di
salvaguardia,  in  modo che sia assicurata la copertura integrale dei
costi  di  investimento  e di esercizio, l'attuazione di una corretta
politica  idrica,  che  necessita  di una chiara individuazione delle
differenti competenze, dei soggetti ad esse preposti e delle relative
responsabilita',  con  netta distinzione tra le funzioni di governo e
quelle  di  erogazione del servizio, che si rapportano tra loro sulla
base    di    specifica    convenzione   e   relativo   disciplinare;
l'organizzazione  delle funzioni di governo necessariamente pubbliche
e  che devono essere esercitate in modo associato da tutti i comuni e
le  province appartenenti all'ambito territoriale ottimale, mentre le
funzioni  di  erogazione possono essere affidate a soggetti pubblici,
privati o misti.
    La  Regione  Piemonte  ha  dato  attuazione  ai  principi  e alle
disposizioni  della  legge Galli con legge regionale 20 gennaio 1997,
n. 13,  attuata  con  un  complesso  processo  di  concertazione.  La
delimitazione  degli  ambiti territoriali ottimali, presupposto della
riorganizzazione  dei  servizi  idrici,  e'  stata  operata, infatti,
secondo  considerazioni  e valutazioni che trovano il loro fondamento
nelle  indicazioni  generali della legge n. 36/1994 ed in particolare
nei   criteri   espressi   all'art. 8   della  medesima  di  rispetto
dell'unita'   di  bacino  nei  limiti  rappresentati  dall'idrografia
regionale,   di  superamento  della  frammentazione  delle  gestioni,
nonche' di conseguimento di adeguate dimensioni gestionali.
    L'applicazione  dei  suddetti  criteri  alla realta' piemontese -
oggetto  di confronto e concertazione con le altre regioni in sede di
Autorita'  di  bacino del fiume Po - ha portato all'individuazione di
sei  ambiti  che  rispondono  alle seguenti caratteristiche: rispetto
sostanziale   delle   infrastrutture   e  degli  impianti  esistenti,
indipendentemente   dalle   singole  realta'  gestionali;  dimensione
sufficientemente  ampia  per  l'applicazione di una tariffa di ambito
idonea a compensare tutti i costi di gestione e di investimento senza
essere eccessivamente onerosa; presenza all'interno di ogni ambito di
situazioni  differenziate,  quali  piccoli centri abitati e citta' di
notevoli  dimensioni,  zone  di  montagna,  collinari  e  di pianura,
porzioni  di  territorio  altamente  dotate di infrastrutture ed aree
poco attrezzate.
    Per   quanto   concerne  invece  la  funzione  di  produzione  ed
erogazione   del   servizio,  l'art. 7  della  l.r.  n. 13/1997,  pur
demandando  la  scelta  delle  forme  di  gestione  all'insindacabile
giudizio   delle  Autorita'  d'ambito,  esclude  la  possibilita'  di
ricorrere  alle  gestioni in economia, incompatibili con i criteri di
efficienza,  efficacia  ed  economicita' posti dalla legge n. 36/1994
con   specifico   riferimento  ai  servizi  idrici  e  con  le  norme
dell'art. 113  del  d.lgs. n. 267/2000 in materia di servizi pubblici
locali.
    La  norma  consente  inoltre  che  le  Autorita' d'ambito possano
affidare  la  gestione  del  servizio  idrico  integrato  anche ad un
pluralita'  di  soggetti,  anziche' ad un unico gestore, purche' cio'
risponda   all'interesse  generale  dell'intero  ambito  territoriale
ottimale  ed  a  condizione  che  ciascuno  dei  soggetti individuati
provveda,   nella  porzione  di  territorio  servito,  alla  gestione
unitaria  del c.d. ciclo completo dell'acqua (captazione, adduzione e
distribuzione, fognatura e depurazione).
    Per  quanto  concerne  la  funzione di determinazione dei livelli
tariffari,  altro  cardine  della riforma dei servizi idrici affidato
alle Autorita' d'ambito, all'art. 8 della l.r. n. 13/1997 e' disposta
l'applicazione  graduale  della  c.d.  tariffa d'ambito, intesa quale
corrispettivo   del  servizio  idrico  integrato  pagato  dall'utenza
nell'intero  ambito  territoriale  ottimale. Scopo della norma e' far
si'  che  entro  dieci  anni  dall'entrata in vigore della legge ogni
cittadino  residente  nell'ambito  territoriale corrisponda un eguale
importo  di  tariffa,  seppure  determinato  secondo  il  metodo,  le
articolazioni  e  le  modulazioni  di cui agli articoli 13 e 14 della
legge n. 36/1994.
    Il   quadro   normativo  sopra  illustrato  si  completa  con  la
disposizione  di  cui  all'art.  35,  comma 6 della legge 28 dicembre
2001,  n. 448,  a  mente  della  quale,  al  fine di salvaguardare le
aspettative  delle  piccole  realta'  locali,  in  caso  di  gestione
associata   del   servizio  per  ambiti  territoriali  di  dimensione
sovracomunale,  il soggetto che gestisce il servizio stipula appositi
contratti   di  servizio  con  i  comuni  di  dimensione  demografica
inferiore  a  5.000  abitanti,  al  fine di assicurare il rispetto di
adeguati  ed  omogenei standard qualitativi di servizio, definiti dai
contratti stessi.
    Il ruolo regionale di regolamentazione, indirizzo e coordinamento
unitamente  alla  costituzione  ed all'ormai piena operativita' delle
Autorita'  d'ambito  hanno  condotto il Piemonte ad una avanzata fase
del  processo  di riforma, che al momento attuale si sta concentrando
proprio   sulla  scelta  delle  forme  di  gestione  e  sui  relativi
affidamenti  secondo  i  parametri  della  legislazione  nazionale  e
regionale,  con  cio' approssimandosi al definitivo superamento della
frammentazione delle gestioni.
    La  previsione  dell'art.  148,  comma  5 del d.lgs. n. 152/2006,
nell'introdurre   l'adesione  facoltativa  alla  gestione  unica  del
servizio  idrico  integrato  per  comuni con popolazione fino a 1.000
abitanti  inclusi  nel  territorio  delle comunita' montane mina alle
basi il complesso processo di riforma del settore.
    Atteso  l'elevatissimo  numero  di  comuni  di  queste dimensioni
presente nella regione (in alcuni ambiti territoriali pari a oltre il
40%)  vengono vanificati completamente gli enormi sforzi compiuti per
garantire la realizzazione dei principi cardine della legge n. 36 del
1994 e nello specifico quelli di efficacia, efficienza e economicita'
dei  servizi idrici che - come gia' detto - possono essere realizzati
solo con il superamento della frammentazione delle gestioni per mezzo
della definizione di ambiti territoriali ottimali ampi, entro i quali
poter  applicare  un  nuovo regime tariffario determinato in modo che
sia  assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di
esercizio.
    La  previsione  generalizzata  di sottrazione dei comuni indicati
dall'art. 148,  comma 5  alla partecipazione agli ambiti territoriali
ottimali,  a  meno  che  essi  non  vi  prestino volontaria (e quindi
eventuale  e  sempre revocabile) adesione, e' totalmente avulsa dalla
considerazione    della    forte   differenziazione   delle   realta'
territoriali  ed  amministrative nelle regioni italiane ed in patente
contraddizione con lo stesso principio di organizzazione del servizio
idrico in base all'individuazione di ambiti territoriali ottimali.
    I  caratteri peculiari del territorio non possono essere in alcun
modo  trascurati  nell'organizzazione  ed  erogazione  di un servizio
pubblico essenziale per la vita delle comunita' locali.
    I  territori  montani piemontesi sono caratterizzati da superfici
vaste  su  cui  insistono  piccoli  centri  abitati, solitamente poco
attrezzati sotto il profilo infrastrutturale (soprattutto depurativo)
a  fronte  di  una  presenza  di  risorsa  idrica  qualitativamente e
quantitativamente rilevante. Le zone di pianura invece sono territori
ad  alta  densita'  abitativa, dotati di infrastrutture idriche ma in
condizioni  quali-quantitative  precarie.  Il  Piemonte  presenta poi
vaste  zone  collinari,  a  loro volta caratterizzate da peculiarita'
geomorfologiche  e  di antropizzazione rilevanti sotto il profilo dei
servizi idrici.
    Le specificita' territoriali ed amministrative piemontesi (con la
grande  citta'  metropolitana,  un limitato numero di comuni di medie
dimensioni   e   un  elevatissimo  numero  di  comuni  di  piccole  e
piccolissime  dimensioni per il totale di 1209) avevano trovato nella
legge  regionale  n. 13/1997,  con l'istituzione degli ambiti e delle
autorita'  d'ambito  comprendenti  tutti  i comuni interessati in una
unitaria   organizzazione  del  servizio,  un  ragionato  assetto  di
funzioni  aderente  alle  realta' locali, concretizzando un complesso
processo  di  aggregazione,  con  opera  di  sensibilizzazione  e  di
superamento  anche  di  intuibili resistenze, basando sull'obbiettivo
della  necessita'  dell'associazione  dei  comuni  e  non  della mera
facoltativita' di essa.
    L'introdotta  deroga  al  principio  di  unicita'  della gestione
d'ambito  esula dai principi dettati dalla legge di delega, contrasta
con   il   mantenimento   del   complessivo  quadro  istituzionale  e
dell'assetto  organizzativo delle funzioni gia' stabilito, condiziona
e  limita  le  potesta'  regionali  di  organizzazione delle funzioni
amministrative  nel territorio e negli ambiti di competenza regionale
quali quello della regolazione dei servizi pubblici locali, senza che
sia  ravvisabile  alcuna  razionale  superiore  diversa  esigenza  di
carattere  unitario  ed  anzi  in  evidente  contrasto con gli stessi
principi della disciplina del settore.
    Inoltre  l'immediata operativita' della disposizione considerata,
senza previsione neppure di regime transitorio o clausola di salvezza
dell'attuale  operativita' degli ambiti territoriali ottimali e delle
gestioni  gia'  esistenti, spezza improvvisamente un sistema che alla
data  di  entrata  in  vigore  del d.lgs. n. 152/2006 e' strutturato,
dimensionato  e finanziariamente esposto per rispondere alle esigenze
di  gestione  e infrastrutturazione unitaria dell'ambito territoriale
ottimale,  senza che a cio' possano in alcun modo ovviare le funzioni
di  regolazione  generale  e  di  controllo  attribuite all'Autorita'
d'ambito dall'articolo impugnato.
    Per  queste  ragioni  e'  ravvisabile l'occorrenza di sospensione
dell'entrata in vigore dell'art. 148, comma 5 considerato, per il che
si fa istanza.
        Art.  150.  La  norma  disciplina specificamente le modalita'
della scelta da parte dell'autorita' d'ambito della forma di gestione
e  delle  procedure di affidamento del servizio idrico integrato, ove
si  prevedono una ipotesi principale mediante affidamento a terzi con
gara  (comma  2)  e  due ipotesi subordinate (comma 3) corrispondenti
rispettivamente  alle lettere b) e c) dell'art. 113, comma 5 del T.U.
267/2000,  e  si  ha riferimento a decreto del Ministro dell'ambiente
che  disciplina  modalita'  e  termini delle gare «nel rispetto delle
competenze regionali in materia».
    Nel  contempo  l'art.  170, comma 3, lettera i) dispone che, fino
all'emanazione   del   decreto   di   cui   all'art.   150,  comma 2,
all'affidamento  della  concessione  di  gestione del servizio idrico
integrato e all'affidamento a societa' miste continuano ad applicarsi
il  decreto  ministeriale  22 novembre 2001, nonche' le circolari del
Ministro  dell'ambiente  e della tutela del territorio del 6 dicembre
2004.
    Al  di  la'  del nominalistico indicato rispetto delle competenze
regionali  in  materia,  si  assiste  quindi  all'attrazione completa
nell'ambito  di  attivita'  amministrativa  ministeriale  di tutta la
disciplina   relativa   alla   gestione   del  servizio  considerato,
consolidando   nelle  norme  del  decreto  delegato  precedenti  atti
ministeriali.
    La  dichiarazione  fatta dall'art. 141, comma 1, secondo la quale
oggetto delle disposizioni della sezione terza e' la disciplina delle
risorse  idriche  e  del  servizio idrico integrato per i profili che
concernono  la  tutela  dell'ambiente, della concorrenza, dei livelli
essenziali delle prestazioni e delle funzioni fondamentali di comuni,
province  e  citta'  metropolitane,  si  appalesa  allora  frutto  di
evidente  forzatura,  rivolta  a  porre  sotto l'ambito di competenza
esclusiva statale un blocco di disposizioni che oggettivamente non vi
ricadono.
    La  mancata  effettiva  considerazione  ed  il  superamento della
correlazione  tra  l'ambito  della  competenza statale attinente alla
tutela della concorrenza con la pluralita' degli interessi rientranti
nella  sfera  delle  attribuzioni  regionali  connesse  allo sviluppo
economico-produttivo  del  Paese  conducono  pertanto  a ravvisare le
suddette  previsioni  del  d.lgs. n. 152/2006 lesive della competenza
regionale in materia, senza che a fronte di cio' si possano rinvenire
peculiarita'  del  servizio  idrico  integrato  che  giustifichino un
simile  intervento  legislativo  statale  in  deroga  alla disciplina
generale dei servizi pubblici locali.
    E'  dunque  piu'  che  lecito  il  sospetto che la pluralita' dei
richiami alle materie di competenza esclusiva dello Stato operata dal
d.lgs.  n. 152/2006  sia  preordinata  ad  estendere le funzioni ed i
compiti  spettanti  allo Stato anche alle normative di dettaglio, con
conseguente  invasione  delle  competenze  regionali  in  materia  di
regolazione del servizio idrico integrato.
    Significativo  in  proposito,  oltre ai gia' citati articoli 170,
comma 3, lettera i) e 150 comma 2, l'art. 174, comma 1, per il quale,
fino  all'adozione  da  parte  del  Ministro  dell'ambiente  di nuove
disposizioni, costituisce norma attuativa il d.P.C.m 4 marzo 1996.
    Il  legislatore  statale  dunque  pur  richiamando  piu' volte le
competenze  delle  regioni,  non  si  e'  limitato a dettare principi
fondamentali,  ma ha demandato alla propria normativa anche le misure
di dettaglio.
    Si   aggiunga   anche   in   questo  caso  che  la  norma  finale
dell'art. 176  attribuisce  vigore  di principi fondamentali ai sensi
dell'art. 117, comma 3 della Costituzione, a tutte le disposizioni di
cui  alla  Parte  III  del presente decreto che concernono materie di
legislazione concorrente.
    Secondo  l'impostazione  data dal decreto legislativo n. 152/2006
tutta  la  materia  della  gestione  del  servizio  idrico  integrato
verrebbe   riportata  dalle  regioni  allo  Stato,  che  ne  effettua
l'integrale regolazione.
    Come  si  e'  prima  rammentato  benche'  il  decreto  manchi  di
effettiva  trattazione  organica  dei  tre profili di materia (difesa
suolo, tutela delle acque e gestione delle risorse idriche), la Parte
III   e'   costituita   da  tre  sezioni  fra  loro  interconnesse  e
consequenziali.  Nel  contempo  il d.lgs n. 152/2006, atteggiandosi a
testo unico o codice della materia, abroga tutto l'apparato normativo
previgente.
    Per  quanto  sopra esposto le evidenziate violazioni dei precetti
costituzionali  ineriscono  al  sistema  delle competenze ed a quello
della  pianificazione  di  settore,  veri  e  propri cardini di tutto
l'impianto normativo considerato.
    Ne  consegue  che  anche  disposizioni  in  se'  e  per  se'  non
censurabili non possono risultare sottratte alle questioni sollevate,
cosicche'  per  tale  ragione,  oltre  al  rilievo inerente al metodo
procedurale  adottato,  che  riflette  su  tutte  le  disposizioni la
violazione del principio di leale collaborazione, come evidenziato al
I  motivo,  l'illegittimita'  costituzionale  si  estende  all'intero
complesso normativo di cui alla Parte III del d.lgs. n. 152/1999.

                                 IV

    Sulla  Parte  quarta  del  d.lgs.  n. 152/2006.  Violazione degli
artt. 3,  5,  76,  97,  114,  117,  118, 119, 120 della Costituzione.
Violazione  dei  principi  di  leale  collaborazione, ragionevolezza,
adeguatezza  differenziazione,  sussidiarieta',  buon andamento della
p.a.  anche  sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
    La  parte quarta del decreto legislativo n. 52/2006 reca le norme
in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati.
    Come e' stato rilevato dalla Conferenza delle regioni, il decreto
delegato  in  questa parte interviene drasticamente su alcuni aspetti
della normativa vigente, modifica l'organizzazione delle competenze e
dell'intero  sistema  di  gestione  proprio degli istituti che finora
sono  stati applicati con buoni risultati, senza fornire gli elementi
per  una  diversa  organizzazione del sistema, coerente con il quadro
costituzionale e aderente ai principi comunitari.
    In   un   quadro  involutivo  rispetto  all'attuale  si  spostano
competenze  dalla  periferia  al centro, si sovrappongono e duplicano
funzioni  e  atti  di  programmazione,  si  separano  settori  che al
contrario  necessitano  di  integrazione,  si moltiplicano i processi
decisionali  e  di  controllo aumentando l'incertezza degli operatori
pubblici  e privati, annullando processi regionali e locali di grande
valore  e  di  riconosciuta  efficacia, nonche' programmi e traguardi
raggiunti,   allontanando   l'allineamento   del  nostro  Paese  alla
disciplina europea.
    In particolare si evidenziano i seguenti aspetti:
    A)  Art.  181  commi  7  e  11  ed  art. 214,  comma  3. Le norme
concernono  la  formazione  di  accordi  di  programma  con  soggetti
economici o associazioni di categoria per la definizione di metodi di
recupero  derogatori  della  disciplina  generale  e per le attivita'
sottoponibili alle procedure semplificate.
    Si tratta di accordi di programma fra soggetti pubblici e privati
sostitutivi  dell'attivita'  di normazione secondaria, previsione del
tutto  innovativa  rispetto al quadro legislativo vigente ed esulante
totalmente dai principi e criteri della legge di delega.
    Vi  e'  l'introduzione  di un sistema di contrattualizzazione che
esorbita   dai  limiti  propri  dell'istituto  dell'accordo,  essendo
previsto  che attraverso gli accordi si detti la disciplina attuativa
del  decreto  sostituendosi  all'attivita'  normativa  secondaria, in
contrasto  con  i  principi  regolanti l'attivita' amministrativa che
escludono  le  possibilita'  di  accordi  con  i  privati nell'ambito
dell'attivita'   diretta   alla   emanazione   di   atti   normativi,
amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i
quali   restano  ferme  le  particolari  norme  che  ne  regolano  la
formazione (artt. 11, 13, legge n. 241/1990).
    Vi  e'  altresi'  la  legittimazione  solo  di  alcune  categorie
sociali,  a  discapito  di  altre,  a concorrere all'elaborazione dei
contenuti   di   rilevanti  discipline,  potenzialmente  destinate  a
assumere  caratteri di generalita' ed astrattezza e a divenire quindi
applicabili   alla   universalita'   degli   operatori   dei  settori
interessati,  il  che  si  traduce  in una violazione dei principi di
uguaglianza e di certezza del diritto.
    L'evenienza  di  incorrere  in  parzialita' a cui conducono dette
disposizioni  si  aggrava  per  il  fatto  che  non ha trovato alcuna
considerazione  il  potenziale contributo delle associazioni operanti
nel settore della tutela ambientale ne' di altri enti esponenziali di
interessi generali.
    Dette   previsioni   non   trovano   sostegno   nella   normativa
comunitaria.  Il  riferimento  fatto dall'art. 181 alla Comunicazione
della  Commissione  al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato
delle regioni, Com (2002) 412 del 17 luglio 2002 e' infatti improprio
in  quanto  travisa  il  significato  dell'istituto delineato in sede
comunitaria  e  volto  ad  individuare obiettivi di miglioramento, su
base volontaria, e non gia' a deregolamentazione.
    Sul  punto  la  Commissione  europea,  con  la  comunicazione  al
Parlamento  europeo,  al Consiglio, al Comitato economico e sociale e
al   Comitato   delle  regioni  relativa  agli  «Accordi  ambientali»
stabilisce   che   «gli  accordi  in  materia  ambientale  sul  piano
comunitario  sono accordi in cui le parti interessate si impegnano ad
ottenere  una  riduzione dei livelli di inquinamento come sancito dal
diritto  ambientale,  o  obiettivi  di  carattere  ambientale, di cui
all'art. 174  del  Trattato...  un  accordo  ambientale  deve fornire
valore   aggiunto   in   termini   di   elevato   livello  di  tutela
dell'ambiente.  La  politica  comune per l'ambiente deve mirare ad un
livello  di  protezione  elevato.  Prima  di  riconoscere  un accordo
ambientale, la Commissione deve assicurarsi che questa condizione sia
soddisfatta».  Presupposto  giuridico  per  il  ricorso  agli accordi
ambientali  e'  la  conformita'  «alle  disposizioni  del trattato CE
relativamente al mercato interno e alle regole sulla concorrenza, ivi
compresi  gli  orientamenti  riguardanti  gli aiuti di Stato a favore
dell'ambiente».
    Gli  accordi di programma previsti dal d.lgs. n. 152/2006 invece,
consentendo   di  fissare  modalita'  di  trattamento  e  adempimenti
amministrativi  alternativi  a  quelli  previsti  per  tutte le altre
tipologie  di  rifiuto,  permetterebbero  la  sottrazione di notevoli
quantita'  di  rifiuti  dalla  disciplina  e dal regime dei controlli
ordinari,   con   evidenti  rischi  per  la  tutela  della  salute  e
dell'ambiente. L'accordo di programma, cosi' come formulato, consente
a  coloro che aderiscono di sottrarsi ad ogni regolamentazione, oltre
a  causare una evidente difformita' di applicazione delle norme da un
settore  produttivo  ad  un  altro,  impedendo controlli uniformi del
ciclo di gestione dei rifiuti sul territorio nazionale.
    Inoltre,  viene stabilito che la struttura delegata alla raccolta
delle informazioni e' l'Albo nazionale gestori ambientali, attraverso
la  costituzione  di  un'apposita  sezione, senza pero' chiarire come
avvenga  il  coordinamento  con  le province, fino ad ora deputate ad
effettuare  i  controlli  in  merito  al  recupero  dei  rifiuti  con
procedura semplificata.
    Artt.  183,  194  ed  art. 212  per  la parte relativa ai rottami
ferrosi in quanto connessa con le definizioni dell'art. 183.
    Vengono  introdotte le nozioni di rifiuto, sottoprodotto, materia
prima  secondaria  per  attivita'  siderurgiche  e metallurgiche, che
restringono  il  campo  di applicazione della disciplina sui rifiuti,
percorrendo  una  sorta di deregolamentazione mascherata, che e' gia'
in  passato  incorsa  nei  negativi  pronunciamenti  della  Corte  di
Giustizia.   Vedasi  in  ipotesi  del  tutto  analoghe  la  pronuncia
«Niselli» C. 457/02 dell'11 novembre 2004.
    Con   l'introdotta  nozione  di  sottoprodotto  e  materia  prima
secondaria  si  sottraggono  al  regime dei rifiuti, ed alle relative
autorizzazioni,  adempimenti e controlli, sostanze e materiali che le
direttive  comunitarie  riconducono alla nozione generale di rifiuto,
da  interpretarsi,  conformemente alla giurisprudenza comunitaria, in
senso  estensivo  (vedasi  la pronuncia «Palin Granit Oy» 9/00 del 18
aprile 2002; ma anche Cass. pen. ordinanza 1414/06).
    Il  campo  di  applicazione si ricostruisce con difficolta' nella
lettura   di   una   serie  di  disposizioni,  in  particolare  delle
definizioni  e della disciplina su: sottoprodotti (art. 183, comma 1,
lett. n); materie prime secondarie (art. 183, comma 1, lett. q) e 181
comma 12); materie prime secondarie fin dall'origine (art. 181, comma
13);   materie   prime   secondarie   per  attivita'  siderurgiche  e
metallurgiche  (art. 183, comma 1, lett. n) CDR-Q ovvero combustibile
da  rifiuto di qualita' elevata (183, comma 1, lett. s) e 229), oltre
alle terre e rocce da scavo (art. 186) di cui si dira' a parte.
    Confrontando  i  contenuti  delle esclusioni contenute nel d.lgs.
n. 152/2006  con  gli  orientamenti  consolidati della giurisprudenza
comunitaria   in  merito  emerge  l'indebita  sottrazione  di  alcune
tipologie  di  rifiuti  dall'ambito  di  applicazione della normativa
comunitaria.
    Con  riferimento alla nozione di sottoprodotto, l'art. 183, comma
1,   lett. n)  ritaglia  una  zona  franca  a  determinati  materiali
scaturiti  da  processi  industriali  che si spinge oltre le linee di
confine tracciate in sede comunitaria.
    La  Corte  di  Giustizia  ha  affermato  in proposito che «tenuto
conto... dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione
di rifiuto, per limitare gli inconvenienti o i danni dovuti alla loro
natura,   occorre  circoscrivere  tale  argomentazione,  relativa  ai
sottoprodotti, alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un
materiale  o  di  una materia prima non sia solo eventuale, ma certo,
senza   trasformazione  preliminare  e  nel  corso  del  processo  di
produzione» (sentenza 11 settembre 2003, causa c-114/01 Avestapolarit
Chrome; sentenza 11 novembre 2004, causa c-457/02).
    Il  contrasto della nozione di sottoprodotto di cui all'art. 183,
comma 1,  lett. n)  riguarda in primo luogo e con evidenza la mancata
previsione  della  necessaria riutilizzazione del materiale nel corso
del  processo  di  produzione.  La  norma  dispone  espressamente  la
possibilita'  di  riutilizzo dei sottoprodotti non solo «direttamente
dall'impresa   che  li  produce»  ma  contempla  la  possibilita'  di
escludere  dalla  applicazione  delle  disposizioni  della parte IV i
sottoprodotti  che  «sono  destinati  ad  un  ulteriore  impiego o al
consumo»  compresi  quelli  «commercializzati...  direttamente per il
consumo   o   per  l'impiego»  con  evidente  incompatibilita'  della
definizione con l'orientamento comunitario.
    Per  quanto  concerne  le  disposizioni  relative a materie prime
secondarie  per  attivita'  siderurgiche  e  metallurgiche (art. 183,
comma  1, lett. u) e CDR-Q ovvero combustibile da rifiuto di qualita'
elevata  (183,  comma  1,  lett. s) e 229) esse comportano esclusione
dall'ambito   di   applicazione   della   direttiva  75/442/CEE  come
interpretata  dalla  Corte di Giustizia, nel primo caso in quanto non
specifica   che  un  rottame  ferroso  o  non  ferroso  derivante  da
operazioni  di  recupero puo' effettivamente assumere la qualifica di
prodotto  solamente  qualora  si  tratti  di  operazioni  di recupero
complete  e,  nel  secondo  caso,  perche'  non si tiene conto che il
combustibile  derivato  da  rifiuti e' a tutti gli effetti un rifiuto
fino  a  quando lo stesso non viene combusto per produrre energia (ed
anche  successivamente,  limitatamente ai residui delle operazioni di
combustione)  e  non  puo'  essere  definito  come  il  risultato  di
un'operazione  di  recupero  completa in quanto e' il risultato di un
processo  di  selezione e miscelazione di rifiuti che mantengono tale
caratteristica anche dopo il trattamento.
    Si  evidenzia  dunque  contrasto  con  le direttive comunitarie e
riproposizione  di  soluzioni interpretative gia' oggetto di condanna
da  parte  degli  organi  comunitari,  che  si riflette negativamente
sull'attivita'  delle  amministrazioni regionali e locali poste nelle
condizioni  di operare o in violazione delle norme introdotte, ma nel
rispetto  di  quelle  comunitarie,  ovvero,  osservandole,  di essere
esposte  a  pronunciamenti  negativi  in sede comunitaria. Tutto cio'
anche in contrasto con i principi della legge di delega.
    Dunque  il  vizio  di origine del d.lgs. n. 152/2006, predisposto
con  metodi che hanno determinato la totale emarginazione del sistema
delle  regioni  e delle autonomie locali dall'elaborazione del testo,
non  puo'  non  ripercuotersi  in  sede  di attuazione producendo una
scontata  difficolta'  per  gli  enti  che  non  hanno  in alcun modo
condiviso  il  testo  normativo  a  dare  concreta  applicazione alla
novella disciplina.
    Questo  scollamento  tra  potere  centrale  e autonomie locali si
traduce  in  un  blocco del sistema e in una incertezza di disciplina
che  va  a  detrimento  degli  interessi  pubblici  tanto dei singoli
cittadini quanto degli operatori economici dei settori interessati.
    In  una  situazione  di contrasto e di scarsa chiarezza normativa
possono  avvantaggiarsi  esclusivamente  i  soggetti  che operano nel
campo  ambientale  in modo illegale, con potenziale rafforzamento dei
traffici e delle gestioni illecite.
        Art.  186.  La  situazione  di  contrasto  con  la  normativa
comunitaria  e'  qui  particolarmente evidente. Viene riproposta, con
alcune  marginali modifiche, l'esclusione dalla normativa dei rifiuti
delle  terre  e  rocce  da  scavo, gia' contenuta in precedenti leggi
oggetto  di  due  procedure  di  infrazione  comunitaria  avviate nei
confronti  dell'Italia  per  contrasto  con le direttive 75/442/CEE e
91/156/CEE.
    Infatti  il  d.lgs.  22/1997,  all'art. 8, prevedeva inizialmente
l'esclusione dei materiali non pericolosi derivanti dall'attivita' di
scavo.   La   Commissione  europea  con  lettera  di  messa  in  mora
23 settembre  1997  (procedura  95-2184)  censuro'  tale esclusione e
l'Italia  con d.lgs. 8 novembre 1997, n. 389, abrogo' la disposizione
che permetteva l'esclusione dei materiali non pericolosi che derivano
da attivita' di scavo.
    Ma  successivamente  l'art. 10  della legge n. 93/2001 nuovamente
inseri'  tra  le  esclusioni  della  normativa  sui rifiuti lo stesso
materiale  con  la  dizione  «terre  e  le  rocce  da scavo destinate
all'effettivo   utilizzo   per  reinterri,  riempimenti,  rilevati  e
macinati con esclusione dei materiali provenienti da siti inquinati e
da  bonifiche con concentrazione di inquinanti superiori ai limiti di
accettabilita'  stabiliti  dalle  norme vigenti» ed inoltre l'art. 1,
comma  17  della  legge  n. 443/2001  (legge  Lunardi)  ne introdusse
un'interpretazione autentica nel senso che le terre e rocce da scavo,
anche di gallerie, non costituiscono rifiuti e sono, percio', escluse
dall'ambito  di  applicazione  della  relativa normativa anche quando
contaminate  durante  il  ciclo  produttivo  da  sostanze  inquinanti
derivanti  dalle attivita' di escavazione, perforazione, costruzione,
sempre  che  la composizione media dell'intera massa non presenti una
concentrazione  di  inquinanti  superiore  ai limiti massimi previsti
dalle  norme vigenti. Inoltre il comma 19 della stessa legge stabili'
che  per  i  materiali  di  cui  al comma 17 si intende per effettivo
utilizzo  per  reinterri,  riempimenti,  rilevati e macinati anche la
destinazione  a  differenti  cicli  di  produzione  industriale,  ivi
incluso   il   riempimento   delle   cave   coltivate,   nonche'   la
ricollocazione in altro sito a qualsiasi titolo autorizzato.
    In  relazione  a  dette  norme  la Commissione europea avvio' una
nuova  procedura  di  infrazione  2002/2077 c (1002) 2201 contestando
alla  Repubblica  italiana  la  violazione della direttiva 74/442/CEE
come modificata dalla direttiva 91/156/CEE per l'esclusione operata a
favore di tali materiali dalla disciplina sui rifiuti. La Commissione
rilevava   che   «questa  esclusione,  che  ha  per  effetto  la  non
applicabilita'  delle  disposizioni sulla gestione dei rifiuti di cui
alla  direttiva,  e'  contraria  alla  direttiva stessa, che non puo'
essere  derogata  da  una  norma di diritto interno e che non prevede
alcuna  esclusione  dal  suo ambito di applicazione per tali rifiuti»
poiche' «le terre e rocce da scavo sono materiali di cui il detentore
vuole  disfarsi  e  sono  inoltre  elencati  nel catalogo europeo dei
rifiuti...   Pertanto  le  terre  e  rocce  da  scavo  devono  essere
considerate  coperte  dalla definizione di rifiuto e, di conseguenza,
incluse  nell'ambito di applicazione della disciplina comunitaria sui
rifiuti».
    Al  fine  di risolvere le questioni della procedura di infrazione
della  Commissione  europea,  si intervenne con l'art. 23 della legge
n. 306/2003  (legge  comunitaria  2003),  modificando le disposizioni
dell'art. 1  della  legge  n. 443/2001  (legge  Lunardi) e prevedendo
l'esclusione  delle  terre  e rocce provenienti da attivita' di scavo
dalla  disciplina  dei  rifiuti  solo  nel  caso  in  cui, oltre alle
condizioni  gia'  previste,  siano  utilizzate  senza  trasformazioni
preliminari, secondo le modalita' stabilite nel progetto sottoposto a
VIA  ovvero,  qualora  non  sottoposte  a  VIA  secondo  le modalita'
previste   nel   progetto   approvato  dall'autorita'  amministrativa
competente previo parere dell'ARPA.
    Tuttavia  tale  intervento normativo non e' stato sufficiente per
ritenere  adeguata  le  normativa interna alla direttiva comunitaria,
tanto  che  la  Commissione europea non ha archiviato la procedura di
infrazione  avviata  con  riferimento  alla  legge n. 93/2001 e legge
n. 443/2001,  chiedendo  con  ricorso alla Corte di Giustizia in data
2 maggio  2005  Causa C-194/05, la condanna della Repubblica italiana
per   la   esclusione   delle   terre  e  rocce  da  scavo  destinate
all'effettivo  riutilizzo  per  reinterri,  riempimenti,  rilevati  e
macinati, dalla disciplina nazionale sui rifiuti.
    L'art. 186  in  esame  riprende  e  amplia  quanto previsto dalle
surricordate  leggi  n. 93/2001 e 443/2001, con la conseguenza che le
questioni  di contrasto con la normativa comunitaria, gia' contestate
dalla  Commissione  europea,  restano  immutate  e  se  possibile  si
radicalizzano. In particolare, l'art. 186 al comma 1 stabilisce quali
sono  le condizioni alle quali le terre e rocce da scavo ed i residui
di  lavorazione  della  pietra  possono  essere  escluse  dal  regime
giuridico dei rifiuti.
    La  norma  introduce  anche  novita'  rilevanti  che  tendono  ad
escludere  dalla  disciplina dei rifiuti ulteriori materiali quali «i
residui  di  lavorazione della pietra» in precedenza non contemplati,
restringendo  ulteriormente  il campo di applicazione della normativa
sui rifiuti.
    Tale  previsione  contrasta  con  la  necessita'  posta a livello
comunitario  di  interpretare  estensivamente la nozione di rifiuto a
prescindere  dal  fatto che i materiali da scavo non comportino reali
pericoli  per la sanita' pubblica o l'ambiente (Sentenza C-9/00 Palin
Granit  Oy). La Corte di Giustizia, nella sentenza citata, interpreta
la  nozione  di  rifiuto  escludendone solo le sostanze e i materiali
sottoposti  ad  un  riutilizzo  non  solo  eventuale  ma certo, senza
trasformazione  preliminare  e  nel  corso  del  medesimo processo di
produzione.  Inoltre  in merito all'utilizzo del materiale l'art. 186
introduce  significative  modifiche.  Un  aspetto innovativo riguarda
l'inciso  «...  ove  cio' sia espressamente previsto» con riferimento
alle  autorizzazioni  all'utilizzo delle terre e rocce da scavo. Tale
precisazione  incide  sulla  rilevante  questione,  gia'  sorta nella
vigenza  delle  preesistenti  norme,  di  quando occorra sottoporre a
specifica  e  preventiva approvazione e conseguente caratterizzazione
dei  materiali  risultanti  una  operazione  di riutilizzo di terre e
rocce  da  scavo.  Mentre  in precedenza per l'utilizzo dei materiali
doveva  ritenersi  sempre necessaria la preventiva approvazione di un
progetto,   attualmente  si  puo'  concludere  che  puo'  non  essere
obbligatoria  la presentazione di un progetto per l'utilizzo di terre
e  rocce  da  scavo  e conseguentemente non necessaria l'approvazione
dell'autorita'  amministrativa, l'emanazione di un parere dell'ARPA e
una  specifica valutazione circa la composizione media della massa da
avviare all'utilizzo.
    Il  comma  5  dell'art. 186  fornisce una precisazione su cosa si
intenda   per   «effettivo   utilizzo»  individuato  come  condizione
necessaria  affinche'  le  terre  e  rocce da scavo siano escluse dal
regime  dei  rifiuti,  e  prevede  che  possa  consistere  anche  nel
destinare  i  materiali  scavati  a  differenti  cicli  di produzione
industriale  o  al  riempimento  delle  cave o alla ricollocazione in
altro sito.
    Il  comma  7  prevede  una dichiarazione sostitutiva da parte del
soggetto  che  esegue i lavori in ordine al «riutilizzo» alla assenza
di   «trasformazioni  preliminari»  alla  mancato  uso  di  «sostanze
inquinanti».  Al  comma  8  si  prevede  l'ipotesi  di  utilizzo  non
immediato  del  materiale  scavato introducendo la possibilita' di un
deposito semestrale.
    Dette    nuove    disposizioni    contrastano   palesemente   con
l'orientamento  della giurisprudenza comunitaria secondo il quale «le
uniche  modalita'  prevedibili  di riutilizzo dei detriti necessitano
nella  maggior  parte  di  casi di operazioni di deposito che possono
avere  una  certa durata», in tal caso «il riutilizzo non e' sicuro e
prevedibile  a piu' o meno lungo termine, cosicche' i detriti possano
essere  considerati  solo  residui provenienti dall'estrazione di cui
l'imprenditore  ha  deciso  o ha l'obbligo di disfarsi ai sensi della
direttiva  91/156/CEE»  e  come  tali  ricadenti nella disciplina sui
rifiuti  (Sentenza  C-9/00  Palin  Granit  Oy; C-114/01 Avestapolarit
Chrome Oy).
    Inoltre,  con  la  previsione di una dichiarazione sostitutiva in
ordine all'utilizzo dei materiali viene meno la certezza del medesimo
utilizzo  del  materiale  da  scavo  che  rappresenta  una condizione
necessaria,  come rilevato dalla Corte di Giustizia, per l'esclusione
dalla disciplina dei rifiuti.
    L'uso   del  termine  «riutilizzo»  comma  7  dell'art. 186  deve
considerarsi  riferito  a  un  reimpiego  ovvero  ad  un nuovo uso di
materiali  gia'  utilizzati;  cio' appare fortemente in contrasto con
l'orientamento  della  giurisprudenza  comunitaria  che considera che
tale  operazione  non  giustifichi  l'esclusione  dei materiali dalla
disciplina  dei rifiuti ma realizzi attivita' di recupero di rifiuti.
In tal senso la Commissione europea nella procedura di infrazione nei
confronti  dell'Italia ha affermato «che la definizione di rifiuto di
cui  alla  direttiva comprende infatti anche i materiali destinati ad
operazioni  di  riutilizzo  o  recupero  dato che il termine disfarsi
include  nel  contempo lo smaltimento e il recupero di una sostanza o
di un oggetto».
    In  sostanza  le  disposizioni  dell'art. 186  in quanto appaiono
sottrarsi  all'applicazione  della  direttiva comunitaria sui rifiuti
determinano  il protrarsi del contenzioso comunitario sul punto, gia'
avviato nei confronti della previgente normativa.
    Ne      conseguono      effetti      negativi      sull'attivita'
dell'amministrazione  regionale,  tenuta  ai  sensi  dell'art. 117, 1
comma  e  5 comma della Costituzione a dare attuazione alla normativa
comunitaria e posta di fronte a normativa interna contrastante con le
fonti  comunitarie  direttamente  applicabili e con le sentenza della
Corte di Giustizia rese ai sensi dell'art. 234 del Trattato Ce. Anche
nelle  ipotesi  di  conflitto  tra  normativa  interna  e  disciplina
comunitaria  non  «self-executing»  la situazione di grave incertezza
nonnativa  conduce  ad  una  situazione  di  stallo,  aggravata dalla
pendenza di un contenzioso comunitario che si protrae ormai da alcuni
anni.
    Tutto  cio'  conduce  in  definitiva all'abbassamento del livello
della  tutela  ambientale, considerando il particolare rilievo, anche
in   termini   quantitativi,  dell'esclusione  di  tutti  i  prodotti
dell'attivita'  di  escavazione  dalla  normativa sui rifiuti e della
sostanziale deregolamentazione della materia.
        Art.  195.  Le disposizioni concernono le competenze statali.
Viene  in particolare considerazione il comma 1, lett. f), laddove si
realizza  l'accentramento  a  livello  ministeriale  delle  attivita'
pianificatorie  nell'individuazione  degli  impianti  di  recupero  e
smaltimento  di  preminente  interesse nazionale da realizzare per la
modernizzazione  e  lo  sviluppo del Paese, che avviene semplicemente
«sentita  la  Conferenza Stato-regioni» e senza intesa della stessa e
delle  singole regioni specificamente interessate dagli interventi in
programma.
    Ne  deriva una sostanziale esclusione delle regioni all'esercizio
dell'attivita' pianificatoria sul territorio di propria competenza in
merito   agli  impianti  di  recupero  e  smaltimento  di  preminente
interesse nazionale, per la cui localizzazione non e' prevista alcuna
forma  di  partecipazione  alla decisione statale. Tale previsione si
pone  in  contrasto con le competenze regionali in materia di governo
del territorio e, indirettamente, di tutela della salute.
    Come   gia'   ravvisato  da  cidesta  ecc.ma  Corte  «quando  gli
interventi  dello  Stato,  in  vista  di  interessi unitari di tutela
ambientale,  concernono  l'uso  del  territorio  e  in particolare la
realizzazione  di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo
rilevante  lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intreccio, da un
lato,  con  la competenza regionale concorrente in materia di governo
del  territorio, oltre che con altre competenze regionali, dall'altro
con   gli   interessi  delle  popolazioni  insediate  nei  rispettivi
territori, impone che siano adottate le modalita' di attuazione degli
interventi medesimi che coinvolgano le regioni sul cui territorio gli
interventi sono destinati a realizzarsi».
    In  particolare  per  l'individuazione  dei  siti  e'  necessaria
l'acquisizione  dell'intesa da parte della regione sul cui territorio
l'opera  e'  destinata  ad  essere  ubicata, essendo insufficiente «a
questo livello il semplice coinvolgimento della Conferenza unificata,
il  cui  intervento  non  puo'  sostituire quello, costituzionalmente
necessario della singola regione interessata» (sent. 62/2005).
    Ancora   al   comma   1,   lett.   l),   n),  q)  che  riguardano
rispettivamente  l'individuazione  degli  obiettivi  di  qualita' dei
servizi, le linee guida per la definizione delle gare d'appalto e dei
capitolati,   i   criteri   per   l'organizzazione   della   raccolta
differenziata,  si e' in presenza di disposizioni riferite al sistema
di  gestione  dei  servizi relativi ai rifiuti che sono riconducibili
alla  competenza  legislativa  regionale  in tema di servizi pubblici
locali, nonche' alla potesta' organizzativa degli enti gestori.
    Sotto  il  primo  aspetto  degli obbiettivi di qualita' non vi e'
neppure  alcuna  previsione  della  partecipazione  delle  regioni ed
autonomie locali.
    Per  gli  altri aspetti non potrebbe essere invocato il titolo di
legittimazione  della  competenza statale attinente alla tutela della
concorrenza,  che  e'  riferibile  solo  a  disposizioni di carattere
generale  che disciplinano l'affidamento dei servizi nei limiti degli
strumenti  di  intervento  disposti  «in  una relazione ragionevole e
proporzionata rispetto agli obiettivi attesi», tenendosi conto che la
materia della tutela della concorrenza (materia-funzione che presenta
estensione  trasversale)  si  intreccia  con  una pluralita' di altri
interessi,  come, nel caso in esame, la connessione con la disciplina
concreta di un servizio pubblico locale quale la gestione dei rifiuti
urbani (sent. 272/2004).
    Parimenti  non  vi  e'  evidenza  nelle  disposizioni suddette di
esigenze  particolari  connesse  a  standards  di  tutela ambientale,
cosicche'  l'intervento  statale  realizza  illegittima  compressione
dell'autonomia   regionale   poiche'  risulta  ingiustificato  e  non
proporzionato rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza e
della  tutela  ambientale  ed  effettua  disciplina  di dettaglio nel
merito  delle  forme,  modi  ed  obiettivi  di  gestione  dei servizi
pubblici  locali,  che  deve  essere  correttamente  ricondotta  alla
competenza regionale, ai sensi dell'art. 117, comma 4.
    Sempre  al  comma 1, alle lett. m) ed o) e' prevista l'emanazione
da  parte  del  Ministero  dell'ambiente  dei  criteri  generali  per
elaborazione dei piani regionali e degli ambiti territoriali ottimali
ed  altresi' delle linee guida per la cooperazione fra enti locali ed
alla lett. p) dei criteri per le aree non idonee.
    Vi   e'  accentuazione  ed  accentramento  di  poteri  a  livello
ministeriale non sorretto dalla legge di delega e non giustificato da
esigenze  di  trattamento  unitario  degli  interessi  coinvolti,  in
contrasto  con i principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione
con  la  partecipazione  delle  comunita'  locali  nel  governo della
materia.
    In  ambito  programmatorio  vengono  poste  in  secondo  piano le
potesta'  regionali  in  ordine  alla  definizione  degli indirizzi e
all'organizzazione del sistema di governo delle attivita' di gestione
dei  rifiuti  e  sostanzialmente  divengono inconsistenti le funzioni
provinciali  di  programmazione  e  di  coordinamento delle politiche
gestionali  nel proprio ambito territoriale, come gia' previste dalla
disciplina finora vigente.
    Cio'  contrasta con il principio di sussidiarieta', impedendo che
gli  interventi  siano  rapportati alla dimensione territoriale degli
interessi  e  all'individuazione  del livello ottimale di allocazione
delle  diverse  funzioni,  mentre  il  principio dell'unitarieta' non
giustifica   l'intervento   pervasivo  sugli  aspetti  pianificatori,
laddove  il  principio di differenziazione imporrebbe di adattare gli
interventi   di  tutela  e  di  organizzazione  ai  diversi  contesti
territoriali.
    Parimenti  per  analoghe  considerazioni  appare ingiustificato e
irragionevole  l'intervento  statale  diretto  a definire linee guida
specifiche  inerenti  «le  forme  e i modi della cooperazione fra gli
enti  locali»,  non apparendo sussistere alcuna speciale esigenza che
non possa essere soddisfatta con l'applicazione degli istituti propri
dell'organizzazione  delle autonomie locali secondo le modalita' piu'
idonee dalle stesse prescelte.
    I  suddetti  rilievi  attengono  conseguentemente  alla speculare
dettagliata disciplina posta agli articoli da 196 a 200.
        All'art. 199,  comma  9  vi  e'  inoltre  la previsione di un
potere sostitutivo in capo al Ministro dell'ambiente per le omissioni
rispetto  ai  contenuti del piano regionale, che si pone in contrasto
con   l'art. 120   Cost.   e   con   i   principi  costituzionali  di
sussidiarieta'  e  leale  collaborazione  nonche'  di  omogeneita'  e
unicita'   di   cui   alla  legge  n. 59/1997.  Essa  appare  inoltre
contrastante  con il principio di ragionevolezza, in quanto affida ad
un soggetto diverso dall'ente regionale titolare della programmazione
il  potere  di intervenire per garantire l'adempimento degli obblighi
previsti dagli atti di programmazione regionale.
    L'intervento    statale    in    sostituzione   delle   autorita'
inadempienti, avviene oltretutto senza prevedere alcun coinvolgimento
della  regione,  unico ente competente a garantire l'effettivita' dei
propri atti di programmazione.
    Non    sono    inimaginabili    presupposti   che   giustifichino
l'attribuzione di tali funzioni a livello centrale, anziche' a quello
regionale   al  quale  logicamente  appartengono  ed  e'  patente  la
violazione  del  principio  di  leale  collaborazione, non essendo in
alcun   modo  previsti  strumenti  idonei  a  garantire  quanto  meno
l'adeguato coinvolgimento delle regioni nell'adozione dell'intervento
sostitutivo   e  nelle  decisioni  assunte  in  via  sostitutiva  dal
Ministero.
        Artt.  201-204. Viene disciplinato l'affidamento del servizio
di  gestione  integrata  dei  rifiuti  urbani e l'utilizzazione delle
gestioni esistenti. In dette disposizioni, richiamandosi quanto prima
osservato  in ordine all'art. 195, il legislatore delegato pone norme
estremamente   dettagliate  ed  autoapplicative  che  comportano  una
illegittima   compressione  dell'autonomia  regionale  e  degli  enti
locali.
    La  selezione  di specifica modalita' di affidamento del servizio
di  gestione  dei rifiuti nonche' l'estremo dettaglio nell'indicare i
criteri   di   aggiudicazione  risultano  invasivi  della  competenza
legislativa  regionale  in materia di servizi pubblici locali nonche'
dell'autonomia organizzativa degli enti a cui compete la gestione del
servizio.
    Si  ribadisce la violazione dei principi di proporzionalita' e di
adeguatezza rispetto agli obiettivi attesi.
    Si  veda anche in particolare la previsione in ordine alla durata
della  gestione  da  parte  dei soggetti affidatari, «non inferiore a
quindici anni», contenuta nel comma 6 dell'art. 201. La fissazione di
una    durata   minima   dell'affidamento,   che,   appare   comunque
eccessivamente  dilatata  e, come tale, in contrasto con l'annunciato
intento  di  introduzione  di  elementi  di  concorrenzialita'  e  di
apertura  del  mercato  dei servizi pubblici di gestione dei rifiuti,
ostacola  un adeguamento della disciplina delle gestioni alle diverse
realta'  territoriali  e imprenditoriali regionali, comprime la sfera
di  autonomia decisionale delle medesime regioni e degli enti locali,
con  riferimento  ad  un aspetto esclusivamente gestionale che non ha
ragione di essere vincolato a livello nazionale.
        Art.  205  in  relazione all'art. 183, comma 1, lett. f), che
concerne  la  definizione  di  raccolta differenziata e le misure per
incrementare la raccolta differenziata.
    La  nuova  definizione  data  all'art. 183,  comma  1,  lett.  f)
identifica   nella   raccolta   differenziata   anche  operazioni  di
separazione  che  avvengono  durante  la  lavorazione  del rifiuto e,
quindi, successivamente alla raccolta.
    Con  tale  metodo,  nelle  condizioni  attuali  di  raccolta,  le
percentuali  di  raccolta differenziata risulterebbero fittizianiente
incrementate  senza  un  sostanziale miglioramento, ponendo quindi in
crisi  gli  obbiettivi  di  raggiungimento di percentuali di raccolta
differenziata stabiliti in base a d.lgs. 22/1997 nella programmazione
regionale  e  nei  piani  gestionali del servizio. Inoltre il decreto
delegato non distingue il recupero dei materiali di qualita' e quindi
non  incentiva  il  conferimento  separato  dei  rifiuti per frazioni
omogenee  ed altresi' posticipa al 31 dicembre 2006 il raggiungimento
degli  obiettivi  di  raccolta  differenziata  che,  ai  sensi  della
normativa previgente, dovevano essere raggiunti da piu' di tre anni.
    Tutto  cio'  concretizza  irragionevolezza  e  contrasto  con gli
obbiettivi  di  tutela  ambientale,  risultando  svilite  le  realta'
territoriali  e  programmatorie  gia' impostate a criteri di maggiore
efficienza,  con detrimento delle attivita' amministrative locali nel
loro buon andamento.
        Art.  238.  Viene disciplinata la tariffa per la gestione dei
rifiuti  urbani, per la quale la legge delega individuava all'art. 1,
comma  9,  lett.  a) il criterio di «assicurare una maggiore certezza
della riscossione della tariffa sui rifiuti urbani anche mediante una
piu' razionale definizione dell'istituto».
    Il  d.lgs. n. 152/2006 non si limita a modificare le preesistente
disciplina  della tariffa, contenuta nell'art. 49, d.lgs. n. 22/1997,
intervenendo  sulle  modalita'  di  riscossione  ma  abroga  l'intero
disposto  dell'art. 49  introducendo  rilevanti  elementi  innovativi
circa  i  presupposti  per  l'applicazione, concretizzando violazione
dell'art. 76  per  eccesso  di  delega rispetto ai principi e criteri
direttivi contenuti nella legge n. 308/2004.
    Inoltre  la  natura  della nuova tariffa, contenuta nell'art. 238
d.lgs. n. 152, appare quantomai controversa.
    L'attribuzione  alla  giurisdizione del giudice tributario (legge
n. 248/2005,  art. 3-bis)  cosi' come l'inserimento di un richiamo ad
indici  reddituali,  previsto  dall'art. 238  per  la  commisurazione
dell'ammontare    della   tariffa   costituiscono   indici   per   la
qualificazione  della  medesima  nello schema tributario, comportando
una  sensibile  divaricazione  tra  il  quantum  pagato e il grado di
fruizione  del  servizio  pubblico  e  allontanandolo dal modello del
corrispettivo contrattuale. In tal modo e' ravvisabile violazione del
principio  comunitario  del «chi inquina paga» contenuto nel Trattato
istitutivo  CE e nella direttiva 75/442/Cee, stante l'introduzione di
indicatori sganciati dalla mera produzione dei rifiuti e si determina
altresi'  in  definitiva la difficolta' degli enti regionali e locali
nella   programmazione   e  gestione  dei  servizi  in  relazione  al
finanziamento degli stessi a cui far fronte con risorse differenti da
quelle derivanti dalla prestazione dei servizi stessi.
    B)  Le  norme  della parte quarta riguardanti la disciplina degli
interventi  di  bonifica  dei  siti  contaminati  presentano svariate
innovazioni,   sia   nelle  disposizioni  di  definizioni  sia  nella
regolamentazione di procedure, che modificano notevolmente l'impianto
giuridico  gia' costituito dal d.lgs. 22/1997, art. 17 senza supporto
nelle previsioni della legge di delega.
    In  particolare,  all'art. 240  viene  adottata definizione della
«messa  in  sicurezza  operativa» che anziche' consentire appropriata
organizzazione  che  contemperi  l'attuazione degli interventi con la
prosecuzione  dell'attivita'  produttiva,  secondo un piano operativo
eventualmente   concordato,   finisce   per   procastinare   a  tempo
indeterminato   gli  interventi  fino  a  quando  l'attivita'  verra'
dismessa.
        All'art.  242,  tutto  il  precedente  impianto di competenze
viene  rivoluzionato  eliminando l'incardinamento degli interventi in
primo  luogo  nei comuni territorialmente interessati, con violazione
del principio di sussidiarieta'.
      I  mutamenti  organizzativi  che  si renderebbero necessari per
operare  secondo  il  sistema  prefigurato  determinano una immediata
situazione  di paralisi amministrativa, con il blocco delle attivita'
in   corso   e   la   difficolta'  di  concretizzare  con  occorrente
tempestivita'  una  nuova  organizzazione, peraltro piu' complessa, e
quindi  piu'  lenta,  e  meno  efficace,  per l'impossibilita' di una
verifica immediata sugli eventi di contaminazione, attuabile invece a
livello comunale.
    La  definizione  delle  procedure si presenta di minuto dettaglio
non  scevro  da  difetti di coordinamento e comporta una complessita'
procedimentale   che   aggrava,   senza  trovare  giustificazione  in
essenziali esigenze, il procedimento da seguirsi, lascia ampi margini
di   incertezza  sui  ruoli  dei  soggetti  coinvolti  e  finisce  in
definitiva  per  ostacolare  un  intervento  dell'autorita'  pubblica
tempestivo e specifico.
    Vi  sono  altresi'  non  poche  incongruenze  in  relazione  alle
disposizioni  degli  artt. 244  e  245  ed  a  quelle  della parte VI
riguardanti  le  azioni  di  prevenzione  e  di riparazione del danno
ambientale.
        L'art. 246  prevede incongruamente il ricorso obbligatorio ad
accordi di programma che i soggetti tenuti ad eseguire gli interventi
di  bonifica  hanno  «diritto  di  stipulare»  con  l'amministrazione
competente.
        Art.  252.  Si  evidenzia  la  modifica  delle  competenze in
materia  di  interventi  di  interesse  nazionale,  secondo cui viene
eliminata  l'intesa  della  regione  territorialmente  competente  in
ordine alla definizione ed approvazione del progetto dell'intervento.
    Considerando  la  natura degli interventi di interesse nazionale,
che riguardano vaste porzioni territoriali ed hanno rilevante impatto
socio-economico,  l'esclusione  della codeterminazione con la regione
e' priva di giustificazione ed in contrasto con il principio di leale
collaborazione.
    Oltretutto le norme della legge n. 426/1998 di perdurante vigenza
stabiliscono  che per detti interventi siano le regioni ad attribuire
il  finanziamento,  che  incongruamente  esse  dovrebbero disporre su
progetti che non hanno esaminato ed approvato.

                                  V

    Sulla  parte  V del d.lgs. n. 152/2006. Violazione deali artt. 3,
5, 76, 97, 114, 117, 118, 119, 120 della Costituzione. Violazione dei
principi   di   leale  collaborazione,  ragionevolezza,  adeguatezza,
differenziazione,  sussidiarieta',  buon  andamento  della p.a. anche
sotto  l'aspetto  della  violazione  di  principi e norme del diritto
comunitario e di convenzioni internazionali.
    La parte quinta del d.lgs. n. 152/2006 comprende norme in materia
di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera.
    L'impostazione  del  decreto  delegato  incorre in tre principali
rilievi:
        a)  prevedendosi  dalla  legge  delega  la  «revisione» della
disciplina  per  le  emissioni  dei  gas  inquinanti in atmosfera nel
rispetto  delle  norme  comunitarie ed in particolare della direttiva
2001/81/CE,  cosiddetta  direttiva  NEC,  in  questo  caso il decreto
rimane  invece  ben al di qua del compito, limitandosi solo ad alcuni
aspetti  della  complessa  normativa comunitaria di tutela ed inoltre
non   procedendo  affatto  al  necessario  aggiornamento  per  quanto
riguarda le prescrizioni ed i valori limite, che rimangono ancorati a
quelli ormai risalenti nel tempo e bisognevoli di revisione anche con
riferimento al progresso tecnologico impiantistico;
        b)  non  riceve  considerazione  adeguata la relazione tra la
tutela ambientale e la disciplina in materia di energia e di impianti
energetici, che e' di competenza concorrente;
        c)  il  ruolo  delle  competenze  regionali  pianificatorie e
programmatorie   in  materia  subisce  una  generale  compressione  e
pretermissione.
    In particolare:
        Art.  267,  comma  4.  Le  attivita'  rivolte all'adozione di
misure  (punto  a)  a  favore  della  produzione di energia elettrica
tramite  fonti  rinnovabili e dello sviluppo della base produttiva di
tecnologie  pulite  non  contemplano alcun coinvolgimento esplicito e
dichiarato  dalla  norma  della  competenza  regionale  esistente  in
materia.
    Al  punto  c)  viene  inoltre prevista una specifica modalita' di
utilizzo  dei  «certificati  verdi»  non  contemplata  dalla legge di
delega (che si limitava all'indicazione del prolungamento del periodo
di  loro  validita'  -  art. 1, comma 9, lett. g) n. 2) e che blocca,
senza apprezzabile fondamento di esigenze unitarie, eventuali diverse
impostazioni di politiche incentivanti regionali.
        Art.  269,  comma 7. Viene introdotto il periodo di validita'
dell'autorizzazione  alle  emissioni  in atmosfera. L'innovazione (il
d.P.R.  n. 203/1988  non  prevedeva  scadenza)  sarebbe  di  per  se'
interessante  e  tuttavia  viene  stabilito  un  periodo di validita'
addirittura   di   quindici   anni.   Tale  durata  e'  assolutamente
sproporzionata,   dal   momento   che  il  processo  di  rinnovamento
tecnologico  degli impianti e' certamente piu' accelerato e quindi ne
risulta  ingiustificatamente  bloccata  la possibilita' concretamente
praticabile   dell'adeguamento   degli   impianti  a  nuove  esigenze
ambientali dettate dalle politiche di sostenibilita'.
    Nel  contempo  non  e'  piu'  presente la potesta' dell'autorita'
competente  di  modificare  le  prescrizioni  dell'autorizzazione  in
seguito   all'evoluzione   delle   migliori  tecnologie  disponibili.
determinandosi  cosi'  complessivamente  una  limitazione  e  non  un
accrescimento  dei  poteri  pubblici  di controllo e degli obbiettivi
generali   di   miglioramento  della  qualita'  dell'aria  attraverso
l'adozione delle migliori tecnologie disponibili invece fissati dalla
legge di delega (art. 1, comma 8, lett. d) e h), legge n. 308/2004).
    L'attivita'  amministrativa  delle  regioni per le autorizzazioni
dalle  stesse  rilasciate  e  per  la  programmazione  e  l'indirizzo
dell'attivita'  autorizzativa rimessa agli enti locali viene a subire
negative  conseguenze,  in  quanto attraverso politiche adeguate alle
differenti   realta'   territoriali   e   condizioni  degli  impianti
produttivi  si  erano  gia'  attuate  situazioni piu' favorevoli alla
riduzione delle emissioni inquinanti. Altrettanto si avrebbe comunque
avuto  possibilita'  di  attuare  mediante la previsione di modalita'
autorizzative  piu'  appropriate  o  comunque  di loro modulazione in
rapporto  a  piani  e  programmi  locali  di  tutela  della  qualita'
dell'aria.
    Tutto  cio' invece non ha ricevuto considerazione alcuna da parte
del   legislatore   delegato,   con   violazione   dei   principi  di
sussidiarieta',  leale collaborazione e buon andamento della pubblica
amministrazione.
        Art.   271   in   relazione  agli  Allegati.  Riprendendo  le
considerazioni sopra svolte, va altresi' osservato che negli allegati
alla parte quinta, oltre all'elaborazione di una complicata casistica
di  impianti  esistenti  a  date  diverse - di cui francamente non si
percepisce l'obbiettivo fondamento, mentre appare concreto il rischio
che  si possa determinare in tal modo l'innalzamento dei limiti delle
emissioni   rispetto   a   quanto   poteva  esser  stato  fissato  da
preesistenti singole autorizzazioni - si dispone sulla fissazione dei
valori  limite  e  delle  prescrizioni  in modo del tutto carente per
quanto  attiene  al rilascio delle autorizzazioni per nuovo impianto,
rinviandosi    la    definizione    a   provvedimenti   da   emanarsi
successivamente all'entrata in vigore del decreto entro un anno.
      I  valori  limite  e  le  prescrizioni  invece  riportati negli
allegati ripropongono quelli del 1988, in allora giustificati laddove
si  poneva  per  la  prima volta una disciplina valevole per tutto il
territorio nazionale, ma di cui si prevedeva il totale raggiungimento
gia' nel 1997.
    La   loro   odierna   riproposizione   tal   quali   comporta  la
vanificazione  delle  attivita'  che le regioni hanno posto in essere
per  il maggior contenimento delle emissioni in atmosfera. La mancata
menzione della possibilita' delle regioni di quanto meno mantenere le
proprie   discipline  specifiche  gia'  in  essere  piu'  restrittive
rispetto   a   quanto   disposto   dal  decreto  delegato  determina,
particolarmente   per   le   regioni   ad  alta  industrializzazione,
detrimento  non  solo  istituzionale, ma di obbiettivo arretramento e
peggioramento   delle   condizioni   ambientali   (e  peraltro  anche
detrimento ai processi, economicamente significativi, di rinnovamento
tecnologico e produttivo indirettamente incentivati anche da esigenze
di adeguamento a valori di tutela ambientale).
    In  sostanza  anche  nell'ambito della tutela dell'aria la logica
centralistica,   piuttosto  che  unitaria,  che  permea  il  decreto,
trascurante   il   senso   dei   principi   di   differenziazione   e
sussidiarieta'  nella  loro  potenzialita'  evolutiva  e  volutamente
dimentica   del   principio  di  leale  collaborazione,  ha  prodotto
risultati  oggettivamente  contrastanti  con  la  stessa finalita' di
tutela del valore «ambientale».
        Art.  281,  comma  10. Nella stessa «logica centralistica» di
cui  prima  detto si pone anche la previsione dell'art. 281, comma 10
laddove  subordina  l'individuazione da parte delle regioni di valori
limite di emissione e di prescrizioni, anche inerenti alle condizioni
di  costruzione  o di esercizio degli impianti, piu' severi di quelli
fissati dagli allegati del decreto alla previa intesa con il Ministro
dell'ambiente  e con il Ministro della salute e sotto valutazione che
cio'  risulti  necessario  al  conseguimento  dei valori limite e dei
valori bersaglio di qualita' dell'aria.
    In  tal  modo  si comprime ingiustificatamente la possibilita' di
interventi regionali di carattere migliorativo e diretti a soddisfare
contestualmente   nell'ambito   delle   proprie  competenze  esigenze
ulteriori  rispetto  a  quelle fissate nello standard posto a livello
statale (sent. 407/2002).
        Art.  284-287.  La regolamentazione degli impianti termici e'
oggetto  di  molteplici normative tra loro non coerenti, per le quali
vi  e'  necessita'  di razionalizzare le disposizioni in un ottica di
semplificazione  e  certezza  normativa.  Tale  esigenza,  posta  nei
criteri  direttivi  della  legge-delega  (comma  9,  lett.  g) non e'
soddisfatta dalle disposizioni del decreto delegato.
      La  disciplina  degli  impianti  termici e' ricompresa altresi'
nella  materia  dell'energia,  che  ricade nella competenza regionale
concorrente, mentre le norme considerate pongono in essere disciplina
di  dettaglio,  senza  peraltro  pervenire  ad  aggiornata ed univoca
regolamentazione del settore.
    Viene prevista la trasmissione di apposita denuncia all'autorita'
competente  in  caso  di  installazione  o di modifica di un impianto
termico  civile nominale superiore al valore di soglia, limitandosi a
perpetuare  le  disposizioni della legge n. 615/1966 senza prevederne
l'integrazione  con  quelle derivanti la normativa energetica, d.P.R.
n. 412/1993  come  modificato dal d.P.R. n. 551/1999, che all'art. 11
stabilisce  oltre  al  libretto  di  centrale o di impianto la scheda
identificativa  dell'impianto,  che  per  quelli nuovi o sottoposti a
ristrutturazione  deve  essere  compilata  dall'installatore, e senza
coordinamento  ed integrazione con il d.lg. n. l92/2005 che recepisce
la   direttiva   2002/91/CE   in  materia  di  rendimento  energetico
nell'edilizia,  in  base al quale le regioni legiferano in materia di
certificazione  energetica  e  di  ispezioni  tese  a  verificare gli
adempimenti  relativi  agli  obblighi  di esercizio e di manutenzione
degii impianti termici da parte dei soggetti responsabili.

                                 VI

    Sulla  parte VI del d.lgs. n. 152/2006, recante «Norme in materia
di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente». Violazione degli
artt. 3,  5,  76,  97,114,  117,  118,  119,  120 della Costituzione.
Violazione  dei  principi  di  leale  collaborazione, ragionevolezza,
adeguatezza,  differenziazione,  sussidiarieta', buon andamento della
p.a.  anche  sotto l'aspetto della violazione di principi e norme del
diritto comunitario e di convenzioni internazionali.
    La  parte  sesta  del  decreto  legislativo  e'  improntata  1) a
notevoli  innovazioni  nella  individuazione  del  danno ambientale e
nelle  misure  e  procedure  per  la  prevenzione o riparazione dello
stesso  e  per  le azioni risarcitorie a carico dei responsabili e 2)
all'accentramento  di  tutte  le  attivita'  decisionali  in  capo al
Ministro dell'ambiente.
    Tutta  questa  innovativa impostazione non e' corrispondente alle
indicazioni  della  legge di delega per quanto gia' piu' volte notato
ai  motivi  precedenti  e  pure  per  il  criterio direttivo posto in
materia  (comma  9,  lett. e)  limitato a coordinamento normativo per
«conseguire  l'effettivita'  delle  sanzioni amministrative per danno
ambientale  mediante  l'adeguamento  delle  procedure  di irrogazione
delle  medesime,  rivedere  le  procedure  relative  agli obblighi di
ripristino  al fine di garantire l'efficacia delle prescrizioni delle
autorita'  competenti  e  il  risarcimento  del  danno,  definire  le
modalita' di quantificazione del danno».
    Quanto  al  primo aspetto, viene posta una nuova disciplina nella
definizione  del  danno  ambientale, dei soggetti responsabili, delle
diverse  responsabilita'  degli  autori  del danno, dei differenziati
obblighi  di  attivazione per il compimento di misure di prevenzione,
riduzione   e   ripristino,  degli  interventi  pubblici  diretti  al
controllo delle attivita' poste in essere dai soggetti responsabili o
comunque  tenuti  alla  prevenzione e riparazione del danno e diretti
all'imposizione    dell'effettuazione   di   occorrenti   misure   ed
interventi,  della  definizione di azioni rivolte al risarcimento del
danno  e  dei  modi  e termini del loro esercizio. Tale disciplina e'
caratterizzata  da uno sforzo di specificazione e di minuto dettaglio
anche  operativo,  peraltro con non sempre sufficiente coordinamento,
che   verosimilmente   potra'   produrre   piuttosto   limitazione  e
difficolta'   nell'espletamento   dell'attivita'   di  prevenzione  e
riparazione  del danno ambientale anziche' rafforzamento della stessa
e  che  introduce nuovi provvedimenti e procedure per l'attuazione di
interventi  ripristinatori  o  per  il  risarcimento per equivalente,
anche   in   relazione   all'esercizio   di   corrispondenti   azioni
giudiziarie,  che appaiono piuttosto dirette a circoscrivere anziche'
ad ampliare e rafforzare strumenti, modi e tempi dell'azione pubblica
di  tutela (come per quest'ultimo aspetto risulta in particolare agli
artt. 308, 313, 314, 315).
    Quanto   al  secondo  aspetto,  si  evidenzia  l'abrogazione  del
fondamentale  art. 18  della  legge  8  luglio  1986,  n. 349, con la
specifica  previsione  del  suo comma 3 «L'azione di risarcimento del
danno  ambientale,  anche  se  esercitata in sede penale, e' promossa
dallo Stato nonche' dagli enti territoriali sui quali incidano i beni
oggetto  del  fatto  lesivo»,  sulla  quale  si  e' basata negli anni
passati l'azione concorrente delle amministrazioni regionali e locali
che   ha   dato  frutti  di  concreto  tempestivo  perseguimento  del
risarcimento del danno ambientale.
    Mentre  si  da' luogo ad una nuova disciplina che concentra tutta
l'attivita' di intervento amministrativo e correlativamente di azione
risarcitoria   in   capo   allo   Stato,  nei  suoi  organi  Ministro
dell'ambiente  o  per  sua delega prefetto competente per territorio,
relegando il ruolo delle regioni e degli enti locali territorialmente
interessati   a   mero   snodo  burocratico  per  il  ricevimento  di
comunicazioni  da  parte dei soggetti che si apprestano ad effettuare
necessari interventi di prevenzione o ripristino, (art. 301, comma 3,
304   comma  2,  305,  comma  1)  ovvero  riconoscendo  loro  l'unico
formidabile potere di presentare al Ministro, attraverso il prefetto,
«denunce   ed  osservazioni»,  purche'  «corredate  da  documenti  ed
informazioni»,  alla  pari,  fortunatamente,  di  qualunque  soggetto
privato  in  qualche  modo  interessato  dalla  situazione di danno o
minaccia di danno ambientale (art. 309).
    Le  stesse  regioni  ed  enti  locali sono peraltro espressamente
munite dall'art. 310 della legittimazione ad intraprendere ricorsi al
giudice  amministrativo contro i provvedimenti ministeriali contro il
silenzio  od il ritardo ministeriale nel provvedere, previsione tanto
pleonastica   quanto   sconcertante  se  riguardata  sotto  l'aspetto
istituzionale  e  dei  rapporti  fra le autorita' pubbliche che tutte
dovrebbero concorrere alla tutela ambientale, previsione accompagnata
e  «rafforzata»  dalla  facolta' di proporre anche una opposizione in
sede amministrativa.
    Ogni   potere   di  intervento  amministrativo  e'  rigorosamente
riservato  al  Ministro  (art. 301,  304,  305 306, 308) senza alcuna
forma   di   partecipazione  delle  amministrazioni  territorialmente
interessate,  salvo  l'essere  informate dei provvedimenti assunti in
caso di loro segnalazione (art. 309, comma 3). Come pure e' riservata
al  Ministro, con l'eventuale ausilio dell'apparato statale, l'azione
risarcitoria   con   ordinanza   od   in   via   giudiziaria,   posta
l'alternativita' fra le stesse, (artt. 311, 312, 313, 314, 315) e - a
quanto si puo' comprendere - con esclusione di qualsiasi azione anche
per  la  tutela  di  interessi  concorrenti da parte degli altri enti
pubblici (art. 313, comma 7 «Nel caso di intervenuto risarcimento del
danno "in base all'ordinanza ministeriale", sono esclusi a seguito di
azione  concorrente  da  parte  di  autorita'  diversa  dal  Ministro
dell'ambiente  nuovi  interventi  comportanti  aggravio  di costi per
l'operatore interessato»).
    Ne  deriva  un  quadro  di  mortificazione  se  non  di oggettiva
esclusione dell'apporto delle regioni ed amministrazioni locali nella
tutela  ambientale  attraverso gli interventi e le azioni riguardanti
prevenzione  e riparazione del danno ambientale, apporto che gia' era
contemplato  dall'ordinamento  e  che  viene  ora  conculcato  se non
eliminato,  con  evidente  contrasto con le previsioni della legge di
delega,   con  il  ruolo  istituzionale  degli  enti  territoriali  e
l'assetto  delle  loro  competenze, a norma degli artt. 114, 117, 118
Cost.,  con i principi costituzionali di sussidiarieta', adeguatezza,
leale  collaborazione, ragionevolezza e buon andamento della pubblica
amministrazione,   essendo   altresi'   piu'   che  evidente  che  la
concentrazione   in   sede   ministeriale   di  qualsiasi  attivita',
prescindendo  da ogni criterio di rilevanza e dimensione territoriale
del problema da affrontare e degli interventi da porre in essere, non
puo' che determinare difficolta' e rallentamento nell'azione pubblica
di   tutela  dell'ambiente  sotto  il  profilo  della  prevenzione  e
riparazione del danno ambientale.
                       Istanza di sospensione
    Nei  suesposti  motivi  si  sono evidenziati i plurimi profili di
illegittimita'  costituzionale  ravvisati  dalla Regione Piemonte nel
decreto  legislativo  n. 152/2006,  secondo  considerazioni  in larga
parte  condivise  nella  posizioni  espresse  dalla  Conferenza delle
regioni e province autonome a cui piu' volte si e' fatto riferimento.
    Si  sono evidenziate altresi' le ragioni per le quali determinate
norme   -   artt. 63-64,   riguardanti  l'istituzione  dei  distretti
idrografici  e dell'autorita' di bacino distrettuale, artt. 117 e 121
riguardanti  il  piano  di  gestione  di bacino ed il piano di tutela
delle acque, correlativamente l'art. 175, comma 1, lett. l) in quanto
comporta   l'abrogazione   degli   artt. da   12  a  16  della  legge
n. l83/1989,  comma  1,  lett.  bb)  in quanto comporta l'abrogazione
dell'art. 44,  d.lgs.  n. l52/1999, ed infine l'art. 148, comma 5 che
prevede   la   partecipazione   facoltativa   all'Autorita'  d'ambito
territoriale  ottimale  dei  comuni  con meno di 1.000 abitanti delle
comunita'  montane  -  per  il  loro contenuto e per la previsione di
immediata  entrata in vigore con l'emanazione del decreto legislativo
comportano  un  grave  ed  irreparabile  pregiudizio  degli interessi
pubblici  da  tutelarsi,  mentre la permanenza dell'assetto di organi
istituzionali  e funzioni finora efficacemente attuato prolungherebbe
la  propria  operativita'  per  effetto della sospensione delle nuove
norme   del   decreto   legislativo  considerate,  senza  determinare
soluzioni di continuita' o vuoti normativi ed amministrativi fmo alla
sentenza.
    Essendo  peraltro  in  corso  con  il  nuovo Governo recentemente
insediatosi   valutazioni   piu'   ampie   sul   decreto  legislativo
n. 152/2006  e  sulla  sua  concreta attuazione, si riserva ulteriore
trattazione in merito.
                              P. Q. M.
    Chiede   piaccia   all'ecc.ma   Corte  previa  sospensione  degli
artt. 63, 64, 117, 121, 148, comma 5, 175, comma 1, lett. bb) e l);
    Dichiarare    l'illegittimita'    costituzionale    del   decreto
legislativo  3  aprile 2006, n. 152 «Norme in materia ambientale» nel
suo  complesso  e  con  riguardo  alle  sue  norme parte seconda, con
specifico  rilievo  degli artt. 5, 6, 12, 21, 22, 23 ed Allegato III,
25, 42, 43, 51; parte terza con specifico rilievo degli artt. 57, 63,
64,  65,  66, 67, 68, 91, 96, 104, 113, 114, 116, 117, 121, 141, 148,
150,  170,  174,  175,  176; parte quarta con specifico rilievo degli
artt. 181, 183, 186, 194, 195, 196, 197, 198, 199, 200, da 201 a 204,
205,  212,  214,  216,  238,  240,  242,  246,  252;  parte quinta ed
Allegati,  con specifico rilievo degli artt. 267, 269, 281, 283, 284,
287;  parte  sesta, con specifico rilievo degli artt. 301, 304, 305 e
da 308 a 315; per violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 114, 117, 118,
119,  120  della  Costituzione, dei principi di leale collaborazione,
ragionevolezza,  adeguatezza,  differenziazione, sussidiarieta', buon
andamento  della  pubblica  amministrazione e con riguardo anche alla
violazione   di  principi  e  norme  del  diritto  comunitario  e  di
convenzioni  internazionali,  sotto  i profili specificati nei motivi
sovraesposti.
        Torino-Roma, addi' 8 giugno 2006
             Avv. Anita Ciavarra - Avv. Gabriele Pafundi
06C0519