N. 245 ORDINANZA 21 - 22 giugno 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Ambiente  (tutela  dell')  -  Ricorso  della  Regione  Emilia-Romagna
  avverso alcune disposizioni di un provvedimento legislativo recante
  «Norme  in  materia  ambientale»  -  Istanza  di sospensione in via
  cautelare    dell'esecuzione   delle   disposizioni   impugnate   -
  Prospettazione  in maniera assertiva della sussistenza dei relativi
  presupposti   -   Omissione   di  argomenti  in  grado  di  indurre
  all'adozione del provvedimento sospensivo - Non luogo a provvedere.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 63, 64, 101, comma 7, 154, 155,
  181,  commi  da  7  ad  11, 183, comma 1, 186, 189, comma 3, e 214,
  commi 3 e 5.
- Costituzione,  artt. 11, 76, 117, 118, 119; legge 15 dicembre 2004,
  n. 308, art. 1, commi 8 e 9; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112; legge 11
  marzo  1953,  n. 87, art. 35, come modificato dall'art. 9, comma 4,
  della legge 5 giugno 2003, n. 131.
(GU n.26 del 28-6-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 63, 64, 101,
comma 7,  154,  155,  181,  commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186, 189,
comma 3,  e  214, commi 3 e 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152  (Norme  in  materia  ambientale),  promosso con ricorso della
Regione  Emilia-Romagna,  notificato il 24 aprile 2006, depositato in
cancelleria  il  27 aprile  2006,  ed  iscritto al n. 56 del registro
ricorsi 2006;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri, nonche' l'atto di intervento dell'Associazione Italiana per
il World Wide Fund for Nature Onlus (WWF);
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 21 giugno 2006 il giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
    Uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Franco Mastragostino per
la Regione Emilia-Romagna;
    Ritenuto   che,   con   ricorso  notificato  il  24 aprile  2006,
depositato  il  successivo  27  aprile,  la Regione Emilia-Romagna ha
sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 63,
64, 101, comma 7, 154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183, comma 1, 186,
189,  comma 3,  214,  commi 3  e  5, del decreto legislativo 3 aprile
2006,  n. 152  (Norme  in  materia  ambientale),  in riferimento agli
articoli 11,   76,   117,   118   Cost.,  ed  ai  principi  di  leale
collaborazione e di ragionevolezza, nonche' ai principi ed alle norme
del diritto comunitario;
        che,  secondo  la ricorrente, le norme impugnate violerebbero
l'art. 76 della Costituzione ed il principio di leale collaborazione,
in  quanto  le  modalita' di acquisizione del parere della Conferenza
Unificata hanno sostanzialmente impedito che detto parere fosse reso;
        che,  inoltre,  gli artt. 63 e 64 del d.lgs. n. 152 del 2006,
nelle  parti  in cui, rispettivamente, stabiliscono che «le autorita'
di bacino previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse
a  far data dal 30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate
dalle  Autorita'  di  bacino distrettuale di cui alla parte terza del
presente  decreto» ed accorpano i precedenti bacini in otto distretti
idrografici,  si porrebbero in contrasto con gli artt. 76, 117, comma
terzo,  e  118  della  Costituzione,  in quanto ineriscono anche alla
materia  «governo del territorio» e, in violazione dei principi e dei
criteri  direttivi  stabiliti  dalla  legge-delega  15 dicembre 2004,
n. 308  (Delega  al  Governo  per  il  riordino,  il  coordinamento e
l'integrazione  della  legislazione in materia ambientale e misure di
diretta applicazione), recano vulnus alle competenze regionali;
        che,  in  particolare: l'unificazione di piu' bacini realizza
un  accentramento  carente  di  giustificazione,  in  violazione  del
riparto  di competenza fissato dall'art. 117 Cost. e del principio di
sussidiarieta';   la   configurazione   dei   distretti   quali  enti
sovraregionali  altera  la  configurazione  delle Autorita' di bacino
fissata  dalla  legge  18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto
organizzativo  e  funzionale  della  difesa  del  suolo);  il  potere
normativo  attribuito  dall'art. 63,  commi 2  e 3, al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  configura  un  potere regolamentare che, se
fosse giustificato dal principio di sussidiarieta', dovrebbe comunque
essere  esercitato  d'intesa  con  la  Conferenza  Stato-Regioni;  la
soppressione  delle Autorita' di bacino a far data dal 30 aprile 2006
comporta  la  sostanziale  impossibilita'  di stabilire la disciplina
transitoria,   rendendo   incerta   l'individuazione   degli   organi
competenti  ad  emanare  gli  atti  e  ad  esercitare  le funzioni di
gestione,  vigilanza  e  controllo,  soprattutto nel territorio della
ricorrente;   le   norme   censurate   hanno  carattere  marcatamente
innovativo, in contrasto con i principi e criteri direttivi stabiliti
nella legge-delega n. 308 del 2004;
        che  gli artt. 181, commi 7-11, 183, comma 1, lettere g), h),
m),   n),   q)   ed   u),  del  d.lgs.  n. 152  del  2006,  i  quali,
rispettivamente, riguardano la previsione di accordi di programma per
la   definizione   dei  metodi  di  recupero  dei  rifiuti  destinati
all'ottenimento  di  materie  prime  secondarie, di combustibili o di
prodotti  e la fissazione delle nozioni di «smaltimento», «recupero»,
«deposito  temporaneo»,  «sottoprodotto», «materia prima secondaria»,
«materia    prima    secondaria    per   attivita'   siderurgiche   e
metallurgiche»,  violerebbero  gli  artt. 11,  76,  117  e  118 della
Costituzione,   operando   una   deregolamentazione   del  settore  e
riducendo,  mediante l'introduzione di definizioni di sottoprodotto e
materia  prima secondaria contrastanti con la disciplina comunitaria,
l'area di applicazione del regime dei rifiuti;
        che, per «per le stesse ragioni», i commi 3 e 5 dell'art. 214
del   d.lgs.   n. 152   del  2006,  «nella  parte  in  cui  ammettono
rispettivamente   lo   strumento   dell'accordo   per   le  procedure
semplificate  di  smaltimento  di  rifiuti»  e  richiamano il decreto
ministeriale  5 febbraio  1988  per la fase transitoria, violerebbero
gli artt. 11, 76, 117 e 118 della Costituzione;
        che,   inoltre,   l'art. 186  del  d.lgs.  n. 152  del  2006,
disponendo  che  le  terre  e  rocce  da  scavo  ed  i  residui della
lavorazione   della   pietra  destinate  all'effettivo  utilizzo  per
reinterri,   riempimenti,  rilevati  e  macinati  «non  costituiscono
rifiuti»  e,  a  determinate condizioni, non rientrano nell'ambito di
applicazione  della parte quarta del decreto delegato, stabilisce, ad
avviso  della  Regione, in linea generale, una deroga al di fuori del
quadro  normativo  europeo,  mentre l'art. 189, comma 3, dello stesso
decreto  delegato,  concernente  l'obbligo  di comunicare annualmente
alle  Camere  di  commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura
territorialmente   competenti   le  quantita'  e  le  caratteristiche
qualitative  dei rifiuti oggetto di determinate attivita', prevede un
esonero  in  favore  degli  imprenditori  e  degli enti che producono
rifiuti non pericolosi, il quale comporta una perdita di informazioni
in ordine a molteplici categorie di rifiuti;
        che,  complessivamente,  dette  norme violano i principi ed i
criteri  direttivi  fissati  dall'art. 1,  comma 8, lettere e) ed f),
della   legge   n. 308   del  2004,  con  conseguente  lesione  delle
attribuzioni delle regioni in materia di tutela dell'ambiente, tutela
della salute e governo del territorio;
        che,  ad  avviso  della  ricorrente, l'art. 101, comma 7, del
d.lgs.  n. 152 del 2006, assimilando alle acque reflue domestiche gli
scarichi  derivanti dalle imprese agricole, in queste comprese quelle
che   svolgono  attivita'  di  trasformazione  o  valorizzazione  dei
prodotti agricoli, purche' detta attivita', inserita con carattere di
normalita'   e  complementarieta'  funzionale  nel  ciclo  produttivo
aziendale,  riguardi  materia  prima  lavorata  proveniente in misura
prevalente dall'attivita' di coltivazione dei terreni di cui si abbia
a  qualunque titolo la disponibilita', violerebbe gli artt. 76 e 117,
terzo  comma,  della  Costituzione,  dal momento che ha sostituito al
puntuale  criterio  fissato  dal  d.lgs.  11 maggio  1999, n. 152, un
concetto  elastico di «materia prevalente», che definisce un criterio
meno rigoroso, lesivo del livello di tutela delle acque, in contrasto
con  i  principi  ed i criteri direttivi recati dall'art. 1, comma 8,
lettera a),  e  comma 9,  lettera b),  della  legge  n. 308 del 2004,
recando  vulnus  alle attribuzioni regionali stabilite dalle norme di
settore e dal d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112;
        che,  infine, gli artt. 154 e 155 del d.lgs. n. 152 del 2006,
i  quali  istituiscono  la  tariffa  per  il  servizio  idrico  quale
corrispettivo del servizio idrico integrato, stabilendo: le modalita'
della   determinazione   della   tariffa;   il  potere  del  Ministro
dell'ambiente  e della tutela del territorio di definire con decreto,
su  proposta  dell'Autorita' di vigilanza sulle risorse idriche e sui
rifiuti,  le  componenti di costo per la determinazione della tariffa
relativa  ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua;
il  potere  del Ministro dell'economia e delle finanze di fissare con
decreto, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio,  i criteri generali per la determinazione, da parte delle
regioni,  dei  canoni  di concessione per l'utenza di acqua pubblica,
tenendo  conto  dei  costi  ambientali  e  dei  costi  della risorsa,
prevedendo riduzioni del canone nell'ipotesi in cui il concessionario
attui  un  riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle
del  processo  produttivo  o  di  una  parte  dello stesso o, ancora,
restituisca  le  acque  di  scarico  con  le medesime caratteristiche
qualitative  di  quelle  prelevate,  violerebbero  gli artt. 76, 117,
comma quarto, e 119, della Costituzione;
        che,   infatti,   dette  norme:  prevedono  poteri  normativi
ministeriali  sovraordinati  a  quelli  delle  Regioni, in violazione
della  competenza  legislativa  regionale nella materia; incidono sul
metodo  di  tariffazione  istituito nella Regione Emilia-Romagna, che
aveva  ovviato  agli  inconvenienti  che caratterizzano il tariffario
nazionale;   riguardano  la  materia  dei  servizi  pubblici  locali,
spettante   alla  competenza  legislativa  residuale  delle  regioni;
incidono su di un'entrata che deve essere disciplinata dalla Regione,
ponendosi   in   contrasto   con  il  principio  direttivo  contenuto
nell'art. 1, comma 8, della legge n. 308 del 2004;
        che   la  ricorrente,  la  quale  ha  depositato  memoria  in
prossimita'  della camera di consiglio, ha sollecitato la sospensione
dell'esecuzione  delle  norme  impugnate, ai sensi dell'art. 35 della
legge  11 marzo  1953,  n. 87,  come modificato dall'art. 9, comma 4,
della  legge  5  giugno 2003,  n. 131, prospettando la ricorrenza del
rischio  di  un  irreparabile  pregiudizio  all'interesse  pubblico o
all'ordinamento  giuridico  della Repubblica, ovvero il rischio di un
pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini;
        che nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  eccependo  l'inammissibilita' e l'infondatezza delle censure,
contestando altresi' i presupposti della chiesta sospensione;
        che,   tuttavia,  successivamente,  e'  stata  depositata  la
delibera  del  Consiglio  dei  ministri in data 9 giugno 2006, con la
quale il Governo ha deliberato di «rinunciare all'intervento»;
        che  nel  giudizio e' intervenuta l'Associazione Italiana per
il  World  Wide Fund for Nature Onlus (WWF), chiedendo l'accoglimento
delle questioni sollevate dalla ricorrente.
    Considerato che la Corte viene richiesta in questa fase, ai sensi
dell'art. 35  della  legge  11 marzo  1953,  n. 87,  come  modificato
dall'art. 9,  comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, di valutare
esclusivamente  la  possibilita' di disporre d'ufficio la sospensione
dell'esecuzione delle norme impugnate;
        che  la ricorrente, nel sollecitare l'esercizio del potere di
sospensione delle norme impugnate, ha tuttavia prospettato in maniera
sostanzialmente  assertiva  la  sussistenza dei relativi presupposti,
omettendo  di  svolgere argomenti in grado di indurre questa Corte ad
eventualmente  adottare,  d'ufficio,  i  provvedimenti  di  cui  agli
artt. 35 e 40 della legge n. 87 del 1953;
    Visto l'art. 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, come modificato
dall'art. 9, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Impregiudicata  ogni decisione anche in ordine all'ammissibilita'
dell'intervento dell'Associazione Italiana per il World Wide Fund for
Nature Onlus (WWF);
    Dichiara non luogo a provvedere sull'istanza di sospensione degli
artt. 63,  64,  101,  comma 7,  154, 155, 181, commi da 7 ad 11, 183,
comma 1, 186, 189, comma 3, 214, commi 3 e 5, del decreto legislativo
3 aprile  2006,  n. 152  (Norme in materia ambientale) proposta dalla
Regione  Emilia-Romagna  nel  giudizio  promosso  con  il  ricorso in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2006.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Tesauro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 giugno 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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