N. 221 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 2006
Ordinanza emessa il 24 gennaio 2006 dal G.U.P. del Tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di Del Fa' di Franco Processo penale - Patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti - Condizioni per l'ammissione - Esclusione dal beneficio per l'indagato, l'imputato o il condannato per reati di evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Violazione del principio di ragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto a indagati o imputati di altri reati - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio di presunzione di non colpevolezza. - D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 91. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.29 del 19-7-2006 )
IL TRIBUNALE Vista la eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 91 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui esclude l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per l'indagato, l'imputato o il condannato di reati commessi in violazione delle norme per la repressione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto in relazione agli artt. 3 e 24 Costituzione, proposta nuovamente dal difensore di Del Fa' Franco, imputato del reato di cui all'art. 8 d.lgs. n. 74/2000 per aver emesso fatture relative ad operazioni inesistenti, al fine di consentire a terzi evasione fiscale; sentito il p.m. O s s e r v a Poiche' la stessa questione gia' sollevata in questo processo e' stata dichiarata inammissibile con l'ordinanza della Corte costituzionale n. 251 del 2005 in quanto non era stata precisata la sussistenza dei presupposti reddituali previsti per la concessione del beneficio e, quindi, per insufficienza della motivazione (pag. 5) questo giudice si e' posto innanzitutto il problema se l'eccezione di legittimita' costituzionale potesse essere nuovamente dedotta. Infatti, in considerazione del principio del ne bis in idem una questione riproposta negli stessi termini risulta inammissibile allorche' essa sia stata in precedenza dichiarata infondata nell'ambito dello stesso processo (v. gia' l'ordinanza n. 140 del 28 giugno 1973, depositata in data 16 luglio 1973; giurisprudenza costante: v., ad esempio, ordine n. 197, 23/ 29 giugno 1983 e piu' recentemente sent. n. 12, 28 gennaio/5 febbraio 1998). Peraltro, la stessa Corte ha chiarito che non puo' essere riproposta la medesima questione allorche' vi sia gia' stata una pronunzia con contenuto decisorio che sia, quindi, assistita dall'efficacia prevista dall'ultimo comma dell'art. 137 della Costituzione (v. ordinanza n. 536, 10/12 maggio 1998). Nel caso di specie, invece, come si e' detto, la questione e' stata in precedenza dichiarata inammissibile per motivi praticamente procedurali e non certo per una decisione di merito. Cio' posto, sussistono allo stato i presupposti reddituali per l'ammissione del Del Fa' al patrocinio a spese dello Stato in quanto l'imputato ha presentato, insieme con l'istanza, una dichiarazione di aver percepito nell'anno decorso redditi per un importo inferiore a quello massimo stabilito dalla legge, tenuto conto anche di quanto percepito dalla moglie convivente. Al riguardo, e' stata anche prodotta la dichiarazione a sua volta della moglie circa i redditi da lei percepiti. E' noto che nel caso di istanza di ammissione al gratuito patrocinio, la autocertificazione (e le indicazioni allegate) ha valenza probatoria ed il giudice non puo' entrare nel merito della stessa per valutarne la attendibilita', dovendosi limitare alla verifica dell'ammontare dei redditi esposti (v., Cass., sez. III, sent. 2815, 15 luglio/11 ottobre 1997, imp. Artico P., in CED RV. 209385; sez. IV, sent. 3167, 14 ottobre/4 novembre 1999, imp. Cafarchio, in CED RV. 214882; sez. I, sent. 17227, 27 febbraio/28 aprile 2001, imp. lacovone, in CED RV. 218744; sez. I, sent. 29006, 3 giugno/8 luglio 2003, imp. Musaro', in CED RV. 225051). Per inciso, la dichiarazione - inserita nell'istanza - e' stata autenticata dal difensore ma in ogni caso, e' stata anche prodotta fotocopia del documento di identita' sia del Del Fa' che della moglie come prescritto dall'art. 38 del d.P.R. n. 445 del 2000 per cui non vi possono essere rilievi circa la loro legittimita'. L'imputato, inoltre, non ha ancora presentato per il decorso anno la dichiarazione dei redditi. Come gia' osservato in precedenza, la questione ha decisiva rilevanza in questo processo dal momento che riguarda il fondamentale diritto di difesa dell'imputato. E tale diritto di difesa e' assolutamente tutelato dall'art. 24 Costituzione non solo dal punto di vista procedurale ma anche sotto l'aspetto economico. La Corte costituzionale aveva fatto presente: «Il carattere primario dei valori inerenti al diritto di azione in giudizio ed al diritto di difesa garantiti dal primo e dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione, trascende l'ambito strettamente individuale della tutela di diritti ed interessi legittimi dei singoli e rende piena ragione del fatto che nel terzo comma dello stesso articolo, l'assicurazione, con appositi istituti, dei mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, e' collegata allo stato di "non abbienza" del soggetto senza alcuna ulteriore qualificazione» (sentenza. n. 144, 17/30 marzo 1992). E' chiaramente stabilita la prescrizione della tutela difensiva ed in particolare la tutela per il non abbiente per cui le norme non possono creare una situazione di disparita' a danno del cittadino indigente nei confronti del cittadino abbiente. La garanzia costituzionale non puo' soffrire soluzione di continuita', perche' la mancata assicurazione per i non abbienti dei «mezzi» per accedere ad una specifica tutela e' gia' essa stessa diniego della tutela con sostanziale vulnerazione anche del primo comma dell'art. 24 (cosi' Corte costituzionale., sent. n. 194, 15/28 aprile 1992). Comunque, dalla Corte costituzionale era gia' stato affermato in passato, sia pure a proposito di altra questione, che nella disposizione di cui all'art. 24, primo comma, l'uso del termine «tutti» ha chiaramente lo scopo di ribadire la uguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto concerne la tutela giurisdizionale, e, conseguentemente, il diritto di difesa previsto dai commi successivi (Corte costituzionale, sent. n. 21, 3-31 marzo 1961). La norma costituzionale prescrive soltanto la tutela difensiva dei non abbienti senza alcuna limitazione per cui non e' consentito al legislatore escludere coloro che si trovano nelle relative condizioni economiche sol perche' e' stato loro ascritto un particolare tipo di reato. Tanto crea semplicemente una presunzione assoluta per cui chi e' indagato ovvero imputato di un reato finanziario non puo' essere in condizioni economiche disagiate o, comunque, non e' meritevole della tutela a spese dello Stato. Cio' non solo e' in contrasto con altra disposizione costituzionale per cui la persona non puo' essere considerata colpevole fino alla condanna definitiva (art. 27, secondo comma) ma anche con un semplice criterio di ragionevolezza giacche' e' evidente che taluno possa essere incriminato erroneamente e venire poi completamente assolto. La limitazione introdotta dal legislatore crea un'ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti degli indagati o imputati di altre violazioni penali in violazione del principio di cui all'art. 3 Costituzione. Ne' possono essere richiamate, a tale proposito, le decisioni della Corte di Cassazione che hanno affermato che il beneficio e' stato, non irragionevolmente, escluso per l'impossibilita' di verifica delle condizioni economiche dell'autore. Nella motivazione della sentenza n. 31177 del 2004, che si richiama ad una precedente decisione della S.C. sent. 17/3/2000, n. 2023, imp. Sinisi) nell'affermare il principio si legge testualmente: «Restano d'altra parte validi anche alla stregua del nuovo testo della norma in cui tutt'ora figura, tra coloro che non possono essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, pure chi non e stato condannato, ma e' solo indagato o imputato, per i suddetti reati - i dubbi di costituzionalita' manifestati con la citata pronuncia». Infatti, nella sentenza n. 2023 del 2000 i giudici della Corte di Cassazione hanno avanzato «seri dubbi di costituzionalita', tenuto conto da un lato che l'art. 24 della Costituzione assicura ai non abbienti mezzi "per agire e difendersi" in giudizio senza alcuna limitazione e dall'altro che non sarebbe ragionevole escludere dal beneficio un soggetto imputato di altro grave reato per il solo fatto che lo stesso e' chiamato a rispondere nello stesso procedimento di un reato di evasione fiscale, la cui responsabilita'., peraltro, non e' stata ancora accertata con sentenza di condanna definitiva». E si badi bene che in entrambi i casi la Corte regolatrice era chiamata solo ad esaminare la questione dell'ammissibilita' del patrocinio a spese dello Stato non gia' eccezioni di illegittimita' costituzionale per cui spontaneamente sono stati avanzati rilievi sulla costituzionalita' della disposizione. Senza considerare che il riferimento alla «impossibilita' di accertamento» costituirebbe una mera petizione di principio giacche' in genere si potrebbe sostenere una tale circostanza per qualunque imputato di qualunque reato. Inoltre, gli accertamenti richiesti dal giudice ai sensi dell'art. 96, commi secondo e terzo, d.P.R. 30 maggio 2001, n. 215, non debbono essere diretti ad accertare in astratto se, per la natura dei reati contestati, l'interessato sia stato o meno in grado di accumulare la ricchezza, ma debbono essere volti a verificare in concreto se, in base ai parametri indicati dalla legge e, in particolare, al tenore di vita dell'interessato, alle sue condizioni personali e familiari, alle attivita' economiche svolte, possa o meno ritenersi sussistente una situazione patrimoniale diversa da quella rappresentata all'atto della presentazione della richiesta e tale da superare la misura di reddito indicata dalla legge per l'ammissione al patrocinio (Cass., sez. I, sent. 8778, 11/26 febbraio 2004, imp. D'Ostuni, in CED RV. 228004). Tanto piu' nel caso di specie in cui sono trascorsi vari anni dall'eventuale reato l'Agenzia delle entrate ha ampia possibilita' di accertare se, in considerazione anche di quanto avvenuto in tutti questi anni, i redditi di cui all'ultimo anno (v. art. 76, primo comma, d.P.R. 115/2002) non consentano la concessione del beneficio. Adesso, poi, con la modifica apportata dalla legge n. 155/2005 all'art. 122 del citato decreto e' possibile anche la revoca d'ufficio dell'ammissione. Pertanto, la dedotta questione di legittimita' non appare manifestamente infondata e richiede una pronuncia da parte del giudice delle leggi. Non e' piu' possibile, come richiesto a suo tempo dal difensore del coimputato, la trattazione unitaria delle due posizioni processuali in quanto la disposizione del secondo comma dell'art. 161 c.p., che prevedeva la sospensione della prescrizione anche per il coimputato, e' venuta meno a seguito della modifica di cui all'art. 6, comma 5, legge 5 dicembre 2005, n. 251. Nei confronti del Casella, quindi, prosegue l'udienza preliminare.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 91 d,.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per contrasto con gli artt. 3 e 24 Costituzione come indicato in motivazione e dispone l'immediata trasmissione di copia degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il giudizio in corso nei confronti di Del Fa' Franco mentre, previa separazione, l'udienza preliminare prosegue nei confronti del Casella. Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e di comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Venezia, addi' 24 gennaio 2006 Il Presidente: Gallo 06C0591