N. 224 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 dicembre 2005

Ordinanza emessa il 16 dicembre 2005 dal tribunale di sorveglianza di
Bari sul reclamo proposto da Salerno Biagio

Ordinamento  penitenziario - Sospensione condizionata dell'esecuzione
  della   parte   finale   della   pena   detentiva   -   Preclusione
  dell'ammissione  al  beneficio  per la persona condannata che abbia
  subito la revoca, per condotta colpevole, di una misura alternativa
  alla   detenzione  -  Mancata  previsione  -  Contraddittorieta'  -
  Irragionevolezza  -  Lesione del principio di finalita' rieducativa
  della pena.
- Legge 1° agosto 2003, n. 207, art. 1, comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 27, comma terzo.
(GU n.29 del 19-7-2006 )
                    IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Nel  procedimento relativo a Salerno Biagio (nato ad Andria il 12
dicembre 1957, detenuto nella Casa Circondariale di Foggia) avente ad
oggetto  reclamo  del 10 novembre 2005 avverso il provvedimento del 2
novembre  2005,  con  cui  il Magistrato di sorveglianza di Foggia ha
dichiarato  inammissibile l'istanza di applicazione della sospensione
condizionata  ex  lege n. 207/2003 in relazione alla pena residua, di
cui  alla sentenza emessa dalla Corte d'appello di Bologna in data 22
ottobre  2002  (anni  1  mesi  4  di  reclusione)  per  il  reato  di
ricettazione (fine pena: 18 luglio 2006).
    Si  solleva  ex  officio questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 1,  comma  3, legge 1° agosto 2003, n. 207 - in riferimento
agli  artt. 3  e  27,  terzo comma della Carta Costituzionale - nella
parte   in   cui   non   prevede   che  la  sospensione  condizionata
dell'esecuzione  della pena detentiva non debba essere concessa a chi
ha  gia'  beneficiato  di  una  misura  alternativa  alla  detenzione
revocatagli  -  per  condotta  colpevole - ai sensi dell'art. 51-ter,
legge n. 354/1975.
    1) Non manifesta infondatezza della questione.
    L'individuazione  della  natura  giuridica  del  nuovo istituto -
denominato  «Indultino»  -  costituisce la premessa necessaria su cui
articolare i profili di non manifesta infondatezza della questione di
legittimita' costituzionale; in tale opera ermeneutica rilevano sia i
presupposti richiesti ex ante per la concessione del beneficio che le
prescrizioni applicabili ex post nella fase esecutiva della misura di
nuovo conio.
    L'art. 1 della legge n. 207/2003 elenca una serie di condizioni e
requisiti  per  l'accesso  alla sospensione condizionata da parte del
condannato  che  ne  avanzi  pedissequa  istanza;  la sussistenza dei
medesimi,  accertata  in  sede  giurisdizionale, impone al giudice di
applicare  al  condanna - tout court ed in via automatica - beneficio
richiesto  senza  poter  compiere  alcuna  preventiva  valutazione di
meritevolezza  e  di  idoneita' dell'istante in rapporto al peculiare
programma    trattamentale    extramurario   da   osservare   durante
l'esecuzione  della  misura  richiesta.  Tuttavia, gli articoli 2 e 4
della  legge  n. 207/2003  delineano  una  disciplina  secondo cui il
condannato,  dopo  essere stato ammesso al beneficio, deve dimostrare
di  saper  e voler osservare le prescrizioni e gli obblighi contenuti
nel  programma  trattamentale  ritagliato  per  lui  in esternato. In
particolare si evidenzia che il condannato:
        a)    all'atto   della   concessione   del   beneficio   deve
sottoscrivere  un  apposito  verbale,  in cui sono riportate tutte le
prescrizioni  da  osservare  in  ordine  ai  rapporti con il servizio
sociale,  al  lavoro,  alla  dimora, alla liberta' di locomozione, al
divieto  di  frequentare determinati locali e di svolgere attivita' o
di  avere  rapporti  personali che possano indurlo a commettere altri
reati (art. 47, commi quinto e sesto, legge n. 354/1975, art. 282-bis
c.p.p.,  art. 283  c.p.p., richiamati dall'art. 4 comma 1, lettera b)
comma 2 della legge n. 207/2003);
        b)  deve  adoperarsi  per  quanto  possibile  in favore della
vittima  del  reato  e  deve  adempiere  agli  obblighi di assistenza
familiare  (art. 47,  settimo  comma,  legge  n. 354/1975, richiamato
dall'art. 4, comma 2 della legge n. 207/2003);
    c) deve avere costanti rapporti con il servizio sociale, il quale
ne  controlla  la  condotta  e  stabilisce  interventi di ausilio per
superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, interagendo
con  la sua famiglia e con gli ambienti di vita frequentati (art. 47,
nono comma, legge n. 3 54/1975 richiamato dall'art. 4, comma 2, legge
n. 207/2003);
        d)   ha   la   possibilita'   di  proseguire  -  qualora  sia
tossico/alcoldipendente   -   il   programma  terapeutico  in  corso,
sottostando  agli appositi controlli stabiliti dal giudice (art. 283,
quinto  comma c.p.p., richiamato dall'art. 4, comma 1 lettera b)della
legge n. 207/2003).
    L'art. 4  legge  n. 207/2003  prevede  altresi'  che  l'ordinanza
concessiva  della  misura  contenga  anche  particolari  obblighi  di
presentazione   alla   Polizia   giudiziaria   in   orari   e  giorni
prestabiliti, nonche' il divieto di allontanarsi dal comune di dimora
abituale e quello di espatriare.
    L'attenta  verifica  dell'andamento  del programma trattamentale,
recepito  nell'apposito  verbale  sottoscritto per accettazione anche
dal  condannato, demandata al magistrato di sorveglianza, il quale la
effettua  in  modo  penetrante  avvalendosi  dell'apposto dei servizi
sociali  e  degli  uffici di Polizia territorialmente competenti e il
tribunale  di  sorveglianza,  qualora  accerti  che il condannato non
abbia  ottemperato  -  senza  giustificato motivo - alle prescrizioni
applicate  e/o abbia commesso (nei 5 anni successivi all'applicazione
della  sospensione)  un  reato  non  colposo  per  il quale sia stata
inflitta una pena detentiva non inferiore a 6 mesi, dispone la revoca
della  sospensione  condizionata  e  nel  contempo  determina la pena
detentiva residua da espiare, tenendo massimamente conto della durata
delle  limitazioni  patite  da condannato e della condotta serbata da
costui durante il periodo trascorso in «indultino».
    Dal  quadro  normativo  teste' tratteggiato emerge in modo palese
che  mentre  la  concessione  della  misura  costituisce  un atto cd.
«dovuto»  -  per  il  magistrato  di  sorveglianza  - in presenza dei
presupposti  tassativamente  previsti  dalla  legge,  invece  la fase
esecutiva e' peculiarmente strutturata come mezzo di recupero sociale
del  condannato nel senso che la legge prevede un autentico programma
trattamentale e demanda al tribunale ed al magistrato di sorveglianza
di  seguirne lo sviluppo e di verificarne l'osservanza da parte della
persona  beneficiata,  monitorandone  in particolare la condotta e la
conformita' della stessa alle prescrizioni ed ai divieti stabiliti.
    Si   tratta,   in  buona  sostanza,  di  una  particolare  misura
trattamentale  volta a creare - per il condannato - un percorso serio
ed  occasioni reali nella direzione del recupero, dell'allontanamento
da   mentalita'   criminose   e   da   circuiti  delinquenziali,  del
reinserimento   e  dell'integrazione  sociale;  tale  percorso  viene
costantemente  verificato  dai  servizi  sociali,  dall'Autorita'  di
Polizia  e  dalla magistratura di sorveglianza e viene interrotto nel
caso  in  cui  si  accerti  che  il  condannato abbia posto in essere
condotte   inidonee   o   colpevoli   e,   cioe',  abbia  serbato  un
comportamento   sintomatico   dell'impraticabilita'  del  trattamento
extramurario peculiarmente intrinseco al cd. «indultino».
    Orbene,  alla  luce  di  tali rilievi si dubita che la disciplina
normativa,  di  cui  all'art. 1, comma 3 della legge n. 207/2003, sia
conforme ai parametri contenuti negli artt. 3 e 27, terzo comma della
Costituzione per tre ordini di ragioni.
    In  primo  luogo si evidenzia la palese contraddittorieta' tra la
disposizione  dell'art. 1  relativa  ai  requisiti per l'accesso alla
misura   e   la  disciplina  positiva  degli  artt. 2  e  4  relativa
all'esecuzione  della  stessa. Infatti, si e' gia' evidenziato che la
prima  norma  elenca una serie di condizioni, in presenza delle quali
il   magistrato   di   sorveglianza  deve  concedere  la  sospensione
condizionata, la quale percio' costituisce un «atto dovuto» sganciato
da  ogni  preventiva valutazione di meritevolezza e di idoneita'; per
converso,  le  altre  due  norme  in  parola  impongono di verificare
discrezionalmente   se   il  trattamento  extramurario  -  consacrato
nell'apposito  verbale  contenente le prescrizioni e sottoscritto dal
condannato  - venga o no rispettato da costui e possa o no proseguire
nel  caso  in  cui  il  beneficiato  abbia  colpevolmente assunto una
condotta  difforme,  contrastante  o inidonea rispetto alle finalita'
trattamentali della misura concessa.
    In  altre  parole,  si  rinviene  una  incoerenza  logica  ed una
contraddittorieta' intrinseca nel tessuto della legge n. 207/2003 tra
la  parte  positiva (art. 1) relativa ai requisiti per la concessione
automatica  della  misura  e  quella (artt. 2 e 4) concernente la sua
esecuzione,  perche' non si riscontra alcuna coerenza razionale tra i
presupposti  tassativamente  previsti  per  l'accesso ed i successivi
sviluppi  della  misura;  cio'  e'  espressione  sintomatica  del cd.
eccesso di potere legislativo.
    Tale   incoerenza  emerge  incontrovertibilmente  a  tutto  tondo
soprattutto  nell'ipotesi  in  cui il condannato, gia' ammesso ad una
delle misure alternative alla detenzione revocata ex art. 51-ter o.p.
per  condotta  colpevole,  chieda  di  li a poco l'applicazione della
sospensione  condizionata  in parola; in tale evenienza sarebbe stato
coerente   sui   piano  logico  e  razionale  prevedere  nella  legge
n. 207/2003  il  divieto per il condannato, che abbia gia' dato prova
negativa   dell'impraticabilita'  dei  trattamento  extramurario,  di
accedere al cd. «indultino».
    In  secondo  luogo  si  osserva  che la norma censurata appare in
contrasto con l'art. 3 della Carta fondamentale.
    Invero,  si  da'  atto  che la disposizione dell'art. 1, comma 3,
lett.  d), legge n. 207/2003, secondo cui ai beneficio in oggetto non
poteva  accedere  la  persona  condannata ammessa ad una delle misure
alternative  alla  detenzione, e' stata dichiarata costituzionalmente
illegittima  dalla  Corte con sentenza 15 luglio 2005 n. 278, sicche'
ora  e' possibile concedere il cd. «indultino» anche a chi usufruisca
di misura alternativa alla detenzione in corso.
    Tuttavia,  si  rileva che il condannato - in caso di revoca della
misura  alternativa  per  condotta colpevole ai sensi dell'art. 5-ter
o.p.  -  deve espiare in regime detentivo la pena residua relativa al
titolo  in  esecuzione e non puo' accedere nuovamente ad altra misura
alternativa  nei  successivi  3  anni  in  virtu' del chiaro disposto
ostativo  dell'art. 58-quater o.p.; per converso, si evidenzia che il
medesimo  condannato,  benche'  sia stato attinto da provvedimento di
revoca  di misura alternativa alla detenzione per condotta colpevole,
potrebbe inopinatamente accedere al piu' ampio e favorevole beneficio
trattamentale   extramurario  introdotto  dalla  legge  e.  207/2003,
perche'  questa non prevede alcun divieto di concedere la sospensione
condizionata nell'ipotesi teste' indicata.
    In  altri termini, nel corpus della legge n. 207/2003 si rinviene
un  palese  profilo  di  stringente irragionevolezza, laddove non sia
previsto  il  divieto  per  il  condannato, che ha gia' dato prova di
impraticabilita'  del trattamento extramurario in virtu' della revoca
ex  art. 511-ter o.p. per condotta colpevole della misura alternativa
applicatagli e che - per effetto - non puo' accedere per i successivi
3   anni   alle   misure   alternative   alla   detenzione  ai  sensi
dell'art. 58-quater di conseguire la sospensione condizionata ex lege
n. 207/2003  che  e' certamente una misura trattamentale extramuraria
meno severa e gravosa, nonche' ben piu' ampia, blanda e favorevole di
ogni altra misura alternativa alla detenzione.
    In  terzo  luogo  si ritiene che l'art. 1 della legge n. 207/2003
non  sia  conforme  al  parametro stabilito dell'art. 27, terzo comma
della Costituzione.
    Invero,  giova  evidenziare  che  ogni  tipologia (intramuraria o
extramuraria)  di  esecuzione  della  pena - in ossequio al principio
sancito  dalla  norma  costituzionale  in rilievo - deve tendere alla
rieducazione  del  condannato  nel  senso  che  deve  prevedere reali
occasioni,  concrete opportunita' e seri percorsi che possano indurre
il  reo  a  rivedere  criticamente,  consapevolmente e liberamente le
condotte  illecite poste in essere ed a prendere le dovute distanze -
anche  sul  piano psicologico - da quella mentalita' criminosa e/o da
quei  circuiti  ambientali  di  riferimento, in cui eventualmente sia
rimasto invischiato e sia maturata la volonta' di delinquere.
    Ora,  appare  chiaro  che  l'art. 1  della legge n. 207/2003, non
prevedendo alcun divieto di accesso alla sospensione condizionata per
chi  sia  stato  ammesso  ad  una  misura alternativa alla detenzione
revocata  per  condotta  colpevole,  legittima  la  concessione di un
beneficio trattamentale extramurario (il cd. «indultino») a chi abbia
gia'  dato ampia dimostrazione di non voler intraprendere e portare a
termine  un  programma  in  esternato  finalizzato  al recupero ed al
reinserimento  sociale,  nonche' alla rivisitazione critica in ordine
ai  reati  commessi;  in tale evenienza il condannato ha gia posto in
essere   una   condotta  chiaramente  ed  oggettivamente  sintomatica
dell'impraticabilita'  di  ogni trattamento extramurario, sicche' gli
dovrebbe  essere  precluso  per legge di accedere nuovamente a misure
trattamentali   in   esternato  fra  le  quali  puo'  tranquillamente
annoverarsi la sospensione condizionata dell'esecuzione della pena ai
sensi della legge n. 207/2003.
    2)  Rilevanza  della questione nella fattispecie concreta per cui
e' procedura.
    Il condannato con ordinanza, emessa in data 30 settembre 2004 dal
Tribunale  di  Sorveglianza  di Bologna, e' stato ammesso alla misura
alternativa  dell'affidamento in prova al servizio sociale ex art. 47
o.p.  in  relazione alla pena, di cui alla sentenza pronunciata dalla
Corte  d'appello di Bologna in data 22 ottobre 2002 (anni 1 mesi 4 di
reclusione);  tale  misura alternativa e' stata revocata per condotta
colpevole  ai  sensi dell'art. 5-ter dal tribunale di sorveglianza di
Bari con ordinanza del 14 aprile 2005.
    Ora,  il  medesimo  condannato con istanza del 31 ottobre 2005 ha
chiesto  la concessione della sospensione condizionata ai sensi della
legge  n. 207/2003  in  relazione  alla  pena  residua,  di  cui alla
sentenza emessa dalla Corte d'appello di Bari in data 22 ottobre 2002
(anni  1  mesi  4  di  reclusione - fine pena: 18 luglio 2006) per il
reato di ricettazione, che non e' ostativo ai sensi dell'art. 1 legge
n. 207/2003; si fa presente altresi' che il condannato e' in possesso
di  tutti  i requisiti previsti dalla normativa vigente per l'accesso
alla sospensione condizionata ai sensi della legge n. 207/2003.
    Tuttavia,   il   magistrato   di   sorveglianza   di  Foggia  con
provvedimento   del  2  novembre  2005  ha  dichiarato  inammissibile
l'istanza,  ritenendo  che la suddetta revoca ex art. 51-ter o.p. per
condotta colpevole della misura alternativa dell'affidamento in prova
a  servizio  sociale  ex  art. 47 o.p. - pronunciata dal tribunale di
sorveglianza   di  Bari  -  fosse  ostativa  alla  concessione  della
sospensione condizionata ex lege n. 207/2003.
    Avverso  tale  rigetto  il  condannato  ha  proposto  reclamo  al
collegio.
    Sulla  base  di queste emergenze procedurali appare chiaro che la
questione  di legittimita' costituzionale sopra indicata rileva nella
presente procedura di sorveglianza.
    Infatti,  se  la  questione  venga ritenuta fondata e percio' sia
dichiarata  l'illegittimita' costituzionale della norma censurata, il
condannato   in   parola  non  puo'  conseguire  il  beneficio  della
sospensione  condizionata  ex  lege  n. 207/2003; per converso, se la
questione  sia  ritenuta  inammissibile o rigettata, al condannato in
parola   va   riconosciuto   il   diritto  di  accedere  alla  misura
trattamentale in esternato introdotta dalla legge n. 207/2003.
                              P. Q. M.
    1) Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 3 legge 1°agosto
2003,  n. 207  -  in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma della
Carta  costituzionale  -  nella  parte  in  cui  non  prevede  che la
sospensione  condizionata dell'esecuzione della pena non debba essere
concessa  a  chi  ha  gia' beneficiato di una misura alternativa alla
detenzione  revocata - per condotta colpevole del medesimo - ai sensi
dell'art. 51-ter, legge n. 354/1975;
    2)  Sospende  il  procedimento di sorveglianza in corso ed ordina
trasmettersi  - a cura della cancelleria - i relativi atti alla Corte
costituzionale;
    3)  Dispone  che  copia  della  presente ordinanza - a cura della
cancelleria  -  sia  notificata  alle  parti  del  procedimento ed al
Presidente  del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti
della Camera e del Senato.
    Manda  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti  di rito e per la
trasmissione   del   presente   provvedimento  all'Ufficio  matricola
dell'Istituto  penitenziario  in  cui  l'istante sia detenuto, per la
pedissequa annotazione nella posizione giuridica.
    Cosi'  deciso in Bari, nella Camera di consiglio del tribunale di
sorveglianza, addi' 1° dicembre 2005.
                      Il Presidente: d'Addetta
L'estensore: Mastropasqua
06C0594