N. 80 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 giugno 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria  il  23 giugno  2006  (del  presidente della giunta della
Regione Basilicata)

Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale - Ricorso della Regione Basilicata - Denunciata adozione
  attraverso un procedimento gravemente lesivo del principio di leale
  collaborazione,  in  relazione  all'acquisizione e alla valutazione
  del  parere  della Conferenza Unificata Stato-Regioni, in contrasto
  con  le  prescrizioni  della  legge di delega e con diretta lesione
  delle  competenze  e  prerogative  costituzionali  delle  Regioni -
  Richiesta   di   dichiarazione   di  illegittimita'  costituzionale
  dell'intero atto per vizi procedimentali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152.
- Costituzione, art. 76.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Soppressione delle Autorita' di bacino e istituzione
  di nuove Autorita' di bacino distrettuale in corrispondenza di otto
  distretti   idrografici   -  Ricorso  della  Regione  Basilicata  -
  Lamentato   stravolgimento   non  consentito  delle  funzioni  gia'
  individuate  e assegnate alle Regioni, accentramento delle funzioni
  amministrative  -  Denunciata  violazione  della  legge  di delega,
  lesione  delle attribuzioni regionali nella materia concorrente del
  «governo    del    territorio»,   violazione   del   principio   di
  sussidiarieta' e del principio di leale collaborazione.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 63 e 64.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Disciplina degli scarichi - Assimilazione alle acque
  reflue  domestiche  degli scarichi derivanti dalle imprese agricole
  con   materia  prima  lavorata  proveniente  in  misura  prevalente
  dall'attivita'  di  coltivazione  dei  terreni  di  cui  si abbia a
  qualunque   titolo   la  disponibilita'  -  Ricorso  della  Regione
  Basilicata   -   Lamentata   discrezionalita'   del   criterio  con
  inevitabilita'  del  danno  ambientale  - Denunciata violazione dei
  principi e criteri della legge di delega.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 101, comma 7.
- Costituzione, art. 76.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Tariffa  del servizio idrico integrato e tariffa del
  servizio  di  fognatura  e  depurazione  -  Definizione  attraverso
  decreti   ministeriali   delle   componenti   di   costo   per   la
  determinazione  della  tariffa  nonche'  dei criteri cui le Regioni
  devono attenersi nella determinazione dei canoni di concessione per
  l'utenza  pubblica  - Ricorso della Regione Basilicata - Denunciata
  violazione  della competenza legislativa residuale delle Regioni in
  materia  di  servizi  pubblici  locali,  violazione  della legge di
  delega   e   particolarmente   del   criterio  del  rispetto  delle
  attribuzioni delle Regioni e degli enti locali.
- D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, artt. 154 e 155.
- Costituzione, artt. 76 e 117, quarto comma.
Ambiente   -   Decreto  legislativo  delegato  per  il  riordino,  il
  coordinamento   e  l'integrazione  della  legislazione  in  materia
  ambientale  -  Recupero  dei  rifiuti  -  Accordi  di  programma da
  stipularsi  dal  Ministro  dell'ambiente  con  soggetti economici o
  associazioni  di categoria per la definizione di metodi di recupero
  dei  rifiuti destinati all'ottenimento di materie prime secondarie,
  di  combustibili o di prodotti - Ricorso della Regione Basilicata -
  Lamentata  alterazione  delle fonti con sostituzione non consentita
  di  una  fonte contrattata ad una disciplina normativa - Denunciato
  vizio  di  eccesso  di  delega  per  inosservanza  del  vincolo del
  rispetto  dell'assetto  amministrativo  e del riparto di competenze
  vigente,   lesione   delle  prerogative  regionali  in  materia  di
  ambiente,   tutela   del   territorio,  tutela  igienico-sanitaria,
  sicurezza della popolazione.
- D.lgs.  3 aprile 2006, n. 152, artt. 181, commi 7, 8, 9, 10 e 11, e
  183, comma 1.
- Costituzione, artt. 76 e 117.
(GU n.34 del 23-8-2006 )
    Ricorso  del  Presidente  della  giunta della Regione Basilicata,
dott.  Vito  De  Filippo,  rappresentato  e  difeso, giusta procura a
margine  del  presente  atto, dagli avv.ti Fernanda Cariati e Mirella
Viggiani,  domiciliato  in  Roma  presso  l'Ufficio di rappresentanza
della  Regione  Basilicata  alla  via  Nizza,  56  nei  confronti del
sig. Presidente  del  Consiglio  dei ministri per la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 127 Costituzione del
decreto  legislativo  3 aprile 2006, n. 152 recante «Norme in materia
ambientale»,  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  -  n. 88 del 14
aprile  2006,  SO.  -  o  nella  sua  interezza  e con riferimento ai
seguenti articoli:
        63 e 64, concernenti le nuove Autorita' di bacino; 101, comma
7,  concernente  gli  scarichi derivanti dalle imprese agricole; 154,
concernente   la   tariffa   del   servizio  idrico  integrato;  155,
concernente  la  tariffa  del  servizio fognatura e depurazione; 181,
concernente  il  c.d. recupero dei rifiuti; 183, comma 1, concernente
la  definizione  dei  rifiuti,  in quanto emanati in violazione degli
artt. 76,  117,  118  della  Costituzione  e  del  principio di leale
collaborazione per le motivazioni di seguito individuate.

                                Fatto

    Con  il decreto legislativo n. 156/2006 recante «Norme in materia
ambientale»  il  Governo  ha attuato la delega legislativa di cui era
conferitario giusta legge n. 308 del 15 dicembre 2004.
    Tale  potere  legislativo  poteva  essere attuato dal legislatore
delegato con l'emanazione di uno o piu' decreti tendenti al riordino,
coordinamento  ed  integrazione  delle  disposizioni  legislative nei
settori  e  materie  indicati,  anche  mediante la redazione di testi
unici.
    Il  provvedimento  legislativo  contenente la delega consta di un
solo  articolo, composto da 54 commi, divisi in due parti: i commi da
1  a  19  che  esplicitano  i  principi cui deve ispirarsi il Governo
nell'esercizio  del potere delegato, ed i successivi commi da 20 a 54
che contengono una serie di misure specifiche di diretta applicazione
che   riguardano   i   vari   settori  di  competenza  del  Ministero
dell'ambiente.
    Proceduralmente  la  legge  di  delega aveva previsto all'art. 1,
comma  4  che  i  decreti  legislativi  venissero adottati sentito il
parere dell Conferenza unificata ex art. 8, d.lgs. n. 81/1997, mentre
il  successivo comma 8 richiedeva che i decreti legislativi venissero
emanati  nel «rispetto dei principi e delle norme comunitarie e delle
competenze  per  materie delle amministrazioni statali, nonche' delle
attribuzioni  delle  regioni  e  degli  enti locali, come definite ai
sensi  dell'art. 117  della  Costituzione, della legge 15 marzo 1997,
n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, fatte salve le
norme  statutarie  e  le relative norme di attuazione delle regioni a
statuto  speciale  e  delle  province  di  Trento  e  Bolzano,  e del
principio di sussidarieta'.».
    La  previsione  del  comma 4 dell'art. 1 della legge di delega il
quale  prevedeva  l'emanazione  dei  decreti legislativi da parte del
Governo  previo espressione del parere della Conferenza unificata non
e'  stato  osservato,  in  quanto  quest'ultima non e' stata posta in
condizioni  di  potersi  esprimere  compiutamente  sui  documenti  di
contenuto  normativo  e  tecnici che costituivano il testo approntato
dal  Governo  quale schema di decreto legislativo di attuazione della
delega ex legge 308/2004.
    Un primo schema del decreto veniva approvato a seguito dei pareri
resi  dalle  Commissioni  parlamentari nella seduta del Consiglio dei
ministri del 18 novembre 2005.
    Nel  corso  della  seduta  del  successivo 24 novembre 2005 della
Conferenza  unificata  i  rappresentanti  delle  regioni e degli enti
locali,  lamentando  di non avere alcuna conoscenza dello schema loro
sottoposto  chiedevano  di essere informati sullo stato di attuazione
della  delega  legislativa.  A  tale  richiesta il Ministro La Loggia
evidenziava  che  la  corposita' della relazione suggeriva di evitare
un'illustrazione  orale  e  che  il  deposito  della  stessa  avrebbe
consentito  di  visionarla in modo da garantire la predisposizione in
tempo utile delle eventuali osservazioni.
    Successivamente  in  data  29  novembre  2005  solo  il testo del
decreto legislativo veniva trasmesso alle regioni mentre gli allegati
tecnici,   a   causa  della  loro  voluminosita',  venivano  posti  a
disposizione il 7 dicembre con pubblicazione telematica.
    L'esame  del  decreto  legislativo  ai fini della resa del parere
veniva  inserito nell'ordine del giorno della seduta della Conferenza
unificata del 15 dicembre 2005.
    Occorre  evidenziare  che inutilmente il giorno 12 dicembre 2005,
in  sede  di  riunione  tecnica, era stata avanzata una richiesta dal
presidente  della Conferenza delle regioni di sospensione del termine
per  la resa del parere, giustificata dalla mole della documentazione
e  dalla  complessita'  della materia in ragione dell'esiguo lasso di
tempo disponibile.
    Il  Governo  con  riscontro  del  successivo  13 dicembre, per il
tramite  del  Ministro  dell'ambiente,  aveva  dichiarato  di  essere
irremovibile  nel  non  concedere  proroghe  al termine fissato dalla
legge  per  l'esame  delle  commissioni competenti, considerati sia i
termini  previsti  dalla  legge di delega sia il periodo di tempo che
residuava utilmente per l'attivita' che poteva essere svolta.
    Nella  prevista seduta della Conferenza unificata del 15 dicembre
veniva  nuovamente  avanzata  la  richiesta  del  rinvio  dell'esame;
tuttavia  la  stessa veniva respinta con fermezza, con motivazioni in
parte  infondate,  come  il  ricorso  all'asserzione  che  la materia
ambientale   era   di   competenza   esclusiva  dello  Stato,  oppure
sull'asserita maturazione del termine entro cui esercitare delega, ed
altre  pretestuose  ed inconferenti, quali l'avvicinarsi della tenuta
delle successive elezioni politiche.
    Inutilmente  il  Ministro  La Loggia, che presiedeva la riunione,
tentava  di  proporre  di  procrastinare  la  resa  del  parere  alla
successiva  riunione della Conferenza fissata per il 20 gennaio 2006,
perche'  gli  si opponeva il diniego irremovibile del Viceministro il
che lo costringeva a una presa d'atto del mancato parere; tuttavia il
Ministro  La  Loggia osservava che il Viceministro avrebbe continuato
ad  eseguire  le  opportune  valutazioni ed anche il confronto con le
regioni  e  le  autonome  locali;  infine,  si riservava comunque, di
riscrivere  tale  argomento  all'o.d.g.  della  Conferenza successiva
laddove    fosse    stata    verificata   l'indispensabilita'   della
manifestazione del parere.
    Pur  in  assenza  di  tale  parere  il  Consiglio dei ministri il
19 gennaio  2006  approvava  definitivamente  il  testo  del  decreto
legislativo.
    Nella  seduta  della  Conferenza unificata del 26 gennaio 2006 le
regioni  si  esprimevano  negativamente  sul testo del decreto con un
parere  che  evidenziava  i  profili di manifesta incostituzionalita'
dello  schema  di  decreto rimasto inalterato nella sostanza rispetto
alla  versione approvata con tempestivita' dal Consiglio dei ministri
il 19 gennaio 2006.
    Successivamente  il  10  febbraio il Consiglio dei ministri, dopo
aver preso atto del parere negativo della Conferenza «riapprovava» in
via  definitiva  lo  schema,  senza apportare alcuna modificazione al
testo  rappresentando  che  l'esistenza di tempi ristretti costituiva
una circostanza impeditiva ad un eventuale emendamento del testo.
    In  data  15 marzo 2006 il Presidente della Repubblica sospendeva
l'emanazione  del  decreto e chiedeva al Governo alcuni lumi inerenti
sia il merito del provvedimento sia il procedimento seguito.
    In  data  29  marzo  2006  il  Governo,  a  seguito  dei riferiti
chiarimenti  provenienti dal Presidente della Repubblica, riapprovava
per  l'ennesima  volta  lo  schema  di  decreto a cui aveva apportato
alcune modifiche.
    Orbene  tale  ultimo  «definitivo»  testo di decreto era con ogni
evidenza diverso da quello oggetto di esame da parte della Conferenza
unificata,   cosicche'   questa  ultima,  come  pure  le  Commissioni
parlamentari,  si  erano  espresse  su  un  testo  che non era quello
approvato  il  3  aprile in via definitiva dal legislatore delegato e
pubblicato il 14 aprile 2006.
    La  Regione  Basilicata  con  il  presente  ricorso  contesta  la
legittimita'  costituzionale  dell'intero decreto legislativo e delle
disposizioni individuate nell' epigrafe per le seguenti motivazioni.

                               Diritto

    Illegittimita' costituzionale dell'intero decreto legislativo per
violazione  della  legge di delega, dell'art. 76 della Costituzione e
del principio di leale collaborazione.
    Il  decreto  nel  suo  complesso  si pone in contrasto con quanto
previsto  dalla  legge  di delega e quindi in violazione dell'art. 76
Cost. e del principio di leale collaborazione.
    Il  Governo, da quanto esposto nella cronologia dei fatti, non ha
consentito  alla  Conferenza unificata di partecipare al procedimento
di  formazione  del  decreto  legislativo,  violando  in  tal modo il
contenuto dell'art. 1, comma 4 della legge di delega n. 308/2004.
    Il  procedimento  seguito dal legislatore delegato nell'approvare
ed  emanare  il  decreto  e'  stato posto in essere in violazione del
principio  di  leale  collaborazione  in  quanto  il  Governo  non ha
consentito  alla Conferenza unificata di rendere il parere prescritto
dal legislatore conferente.
    Non  e'  inutile  evidenziare  che  il Governo nell'esercizio del
potere  legislativo  di cui risultava conferitario non ha individuato
le   condizioni  temporali  minime  per  consentire  alla  Conferenza
unificata  di  esprimersi  compiutamente  sullo schema di decreto che
riteneva  di  adottare,  motivando  pretestuosamente  il diniego alla
richiesta  di  proroga  del  termine  di  esame della documentazione,
espressa  in  sede  di  Conferenza unificata, con la rappresentazione
della  scadenza  del  termine  per  l'esercizio  della delega, la cui
maturazione,  invece,  sarebbe  avvenuta  oltre  sei mesi piu' tardi.
D'altronde  lo  stesso  Governo  definitivamente  adottava un decreto
legislativo  dopo  averlo  ulteriormente  modificato su richiesta del
Capo   dello   Stato,   senza   rinnovare,   anche   in  questo  caso
ingiustificamente,  l'invio  del testo alla Conferenza uniificata per
consentire  a  quest'ultima  l'espressione  del  parere richiesto dal
legislatore delegante.
    In  sostanza il testo defmitivo cosi' come deliberato dal Governo
e'   stato   emanato   nell'esercizio  dell'esercizio  di  un  potere
decisionale autonomo di cui il Governo era privo.
    Il  procedimento  nel  quale  si  e' articolato l'esercizio della
funzione  legislativa  si  e' svolto senza consentire alla Conferenza
unificata  di  partecipare  e la stessa ha avuto modo di esprimere il
proprio  parere,  e  nessun  confronto e' stato nstaurato dal Governo
sulle posizioni espresse dalla medesima.
    In difetto di una norma ad hoc, similarmente a quanto previsto ex
art. 2, comma 3, d.lgs. n. 281/1997 il quale prevede in termine entro
in  cui  la Conferenza Stato-Regioni viene sentita in ordine a schemi
di  d.d.l.  e  di decreto legislativo o di regolamento del Governo in
materie  di  competenza  delle  Regioni  o delle Province autonome di
Trento  e  Bolzano, alla Conferenza unificata doveva essere assegnato
congruamente  un  termine  per  l'esame  dello  schema di decreto non
inferiore  a  quello  previsto per la Conferenza Stato-Regioni, ed in
ogni  caso  le  osservazioni  formulate  dalla  Conferenza  unificata
dovevano  essere  oggetto di un confronto con l'esecutivo, in modo da
dare esecuzione compiutamente ad una procedura partecipata del potere
delegato.
    Quanto  teste' denunciato e' avvenuto in violazione del principio
di  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  per cui la mancata
acquisizione  delle  determinazioni della Conferenza unificata di cui
all'art. 8,  d.lgs. n. 281/1997 costituisce un vizio del procedimento
che  in  casi  analoghi  e' stato sanzionato dalla Corte adita con la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  delle norme emanate a seguito
del procedimento stesso.
    E'  utile  rilevare che tale circostanza, che ha una possibilita'
concreta  di  verificarsi,  attesi  i precedenti della giurisprudenza
costituzionale,  ha  indotto l'avvocato dello Stato Franco Lettera ad
evidenziare  in  data 15 maggio 2006 in una comunicazione apparsa sul
sito   www.org.183/89  l'opportunita'  di  sospendere  con  efficacia
immediata  il  decreto  legislativo  in  parola,  se  non addirittura
procedere alla sua abrogazione.
    In  merito  alla violazione del principio di leale collaborazione
la Corte costituzionale ha osservato che «quando si ha a che fare con
competenze necessariamente ed inestricabilmente connesse il principio
di  leale  collaborazione  - che proprio in materia di protezione dei
beni  ambientali  e  di  assetto  del  territorio  trova il suo campo
privilegiato  di  applicazione  -  richiede  la  messa  in  opera  di
procedimenti  nei quali tutte le istanze costituzionalmente rilevanti
possano trovare rappresentazione» (sent. n. 422/2002).
    Occorre  rilevare  che sulle modalita' di esercizio del principio
di  leale collaborazione le indicazioni della Corte costituzionale si
sono   fatte   sempre   piu'   articolate,  in  modo  da  individuare
concretamente i requisiti minimi che ne garantiscono l'adempimento.
    Cosicche'  se e' pur vero che l'osservanza del principio di leale
collaborazione   puo'  essere  organizzato  in  modi  diversi  (sent.
308/2003),  la  liberta'  di  organizzarne forme e modalita' non deve
tradursi   in  una  mera  ritualita'.  Il  sistema  delle  Conferenze
Stato-regioni  ed  autonomie  locali  e' stato individuato quale sede
qualificata  per  l'elaborazione  di regole destinate ad integrare il
parametro  della  leale collaborazione dove «si sviluppa il confronto
tra  i  due grandi sistemi ordinamentali della Repubblica in esito al
quale  si  individuano soluzioni concordate di questioni controverse»
(sent. 31/2006).
    Occorre anche rilevare che sebbene inizialmente la previsione del
parere  da  parte  della Conferenza unificata sullo schema di decreto
era  stato  ritenuto una sufficiente garanzia procedimentale, atta ad
ostacolare l'eventuale assunzione, da parte del decreto, di contenuti
lesivi  della  autonomia  garantita  agli  enti  territoriali  (sent.
376/2003),  quella  posizione e' stata oggetto di revisione tanto che
«la  previsione  del  mero parere da parte della Conferenza unificata
non  costituisce piu' una misura adeguata a garantire il rispetto del
principio   di   collaborazione»   (sent   31/2005),   e  che  invece
l'adempimento  di  quest'ultimo  richiede una misura piu' concreta di
confronto   rappresentata  dalla  previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata (sent. 31/2005).
    Allora,  il non aver consentito da parte del legislatore delegato
alla Conferenza unificata di esprimersi compiutamente sullo schema di
decreto,  non concedendo termini congrui per l'esame di quest'ultimo,
rappresenta   una   manifesta   violazione  del  principio  di  leale
collaborazione  anche  nella forma minima partecipativa della resa di
parere.
    Non  e' inutile rilevare che il Governo nell'esercizio del potere
legislativo avrebbe dovuto conseguire la previa intesa con Conferenza
unificata,   atteso   che   la  stessa  e'  stata  individuata  dalla
giurisprudenza costituzionale quale modalita' minima di realizzazione
del  principio  della  leale  collaborazione  tra  Stato  e regioni e
autonomie locali.
    Tale  violazione  della  legge  di  delega  e quindi dell'art. 76
Cost.,  e  del  principio  di  leale collaborazione costituiscono una
lesione   evidente   e   diretta   delle   competenze  e  prerogative
costituzionalmente   attribuite   alle   regioni   che  concretamente
definiscono   una   ipotesa   di  illegittimita'  costituzionale  che
legittima la regione nella proposizione del ricorso.
    Illegittimita'  costituzionale  degli  artt. 63 e 64 - Violazione
della  legge  di  delega  - Violazione delle attribuzioni regionali -
Violazione della legge di delega).
    L'art. 63,  comma  3,  prevede:  «Le autorita' di bacino previste
dalla  legge  18 maggio 1989, n. 183 sono soppresse a far data dal 30
aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorita' di
bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto».
    Con  tale  norma il legislatore delegato opera uno stravolgimento
non consentito delle funzioni originariamente individuate dalla legge
n. 83/1989 ed assegnate alle regioni.
    Il  territorio  nazionale  sotto l'aspetto dei bacini idrografici
viene nuovamente definito con una suddivisione in otto distretti, con
una  ulteriore  ripartizione  in  bacini  nazionali, interregionali e
regionali.
    Gli  organi  dei  nuovi  distretti  sono  individuati  al comma 2
dell'art. 63   nella   Conferenza   istituzionale   permanente,   nel
Segretario  generale,  nella  Segreteria  tecnico-operativa  e  nella
Conferenza operativa di servizi.
    Ad  un  decreto  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri, da
emanarsi  entro  trenta  giorni  dall'entrata  in vigore del medesimo
d.lgs.  n. 152/2006,  su proposta del Ministro dell'ambiente e tutela
del  territorio  di  concerto  con  il Ministro dell'economia e delle
finanze  e  con  il  Ministro  della  funzione  pubblica,  sentita la
Conferenza  permanente  Stato-regioni,  viene rinviata la definizione
dei  criteri  e  modalita'  per l'attribuzione o il trasferimento del
personale  e  delle  risorse  patrimoniali  e finanziarie, nonche' la
disciplina del trasferimento delle funzioni e la regolamentazione del
periodo transitorio.
    E'  utile evidenziare che il legislatore delegato ex art. 1 comma
1,  legge  di delega n. 308/2004 aveva conferito al Governo il potere
di   legiferare   solo   con   «il   riordino,   il  coordinamento  e
l'integrazione  delle  disposizioni legislative ... anche mediante la
redazione  di  testi  unici»,  attribuendo in tal modo l'esercizio di
funzioni  di  coordinamento  normativo,  preordinate  solo  alla mera
razionalizzazione della normativa vigente.
    L'eventuale conferimento di una funzione legislativa di revisione
con  effetto  innovativo  della  disciplina  vigente  avrebbe  dovuto
comportare  la  necessita'  per il legislatore conferente di indicare
previamente  i  principi e criteri direttivi cui l'attivita' delegata
dell'esecutivo  doveva  ispirarsi  in  modo  che  fosse  circoscritto
compiutamente  ex  ante  l'esercizio  del potere da parte del Governo
(sent. n. 66/2005).
    Nel caso di specie, invece, all'esecutivo e' stato conferito solo
un  potere  di riordino della normativa vigente, il cui esercizio non
puo'  legittimamente  comportare  uno stravolgimento delle previsioni
normative sulle quali si interviene.
    D'altronde,  il  legislatore delegato era tenuto a non modificare
il  sistema  delle  attribuzioni  regionali, atteso che il Parlamento
chiaramente  all'art. 1,  comma 8 legge n. 308/2004 aveva indicato al
Governo,  come  criterio  da  seguire  prioritariamente, «il rispetto
..... delle competenze materia delle amministrazioni statali, nonche'
delle  attribuzioni  delle regioni e degli enti locali, come definite
ai  sensi  dell'  art. 117  della  Costituzione, della legge 15 marzo
1997, n. 59 e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112».
    Anzi,  e'  da  rilevare  che  nell'art. 9,  lett.  c) della legge
n. 308/2004 vi e' un'elencazione specifica dei casi in cui il Governo
doveva  riferirsi  nell'esercizio  del  potere  legislativo delegato.
Vengono  individuate  in  modo  analitico  le  ipotesi nelle quali il
legislatore  delegato legittimamente aveva il potere di intervenire e
cioe':  art. 9  «c)  rimuovere i problemi di carattere organizzativo,
procedurale e finanziario che ostacolino il conseguimento della piena
operativita'  degli  organi  amministrativi  e  tecnici preposti alla
tutela  e  al  risanamento  del  suolo e del sottosuolo, superando la
sovrapposizione  tra i diversi piani settoriali di rilievo ambientale
e  coordinandoli  con  i piani urbanistici; valorizzare il ruolo e le
competenze  svolti  dagli  organismi  a  composizione mista statale e
regionale;   adeguare   la   disciplina   sostanziale  e  procedurale
dell'attivita'  di  pianificazione,  programmazione  e  attuazione di
interventi  di risanamento idrogeologico del territorio e della messa
in   sicurezza  delle  situazioni  a  rischio;  prevedere  meccanismi
premiali  a  favore  dei proprietari delle zone agricole e dei boschi
che  investono  per prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, nel
rispetto  delle  linee  direttrici  del  piano di bacino; adeguare la
disciplina   sostanziale   e  procedurale  della  normativa  e  delle
iniziative   finalizzate  a  combattere  la  desertificazione,  anche
mediante  l'individuazione  di  programmi  utili a garantire maggiore
disponibilita'   della  risorsa  idrica  e  il  riuso  della  stessa;
semplificare   il  procedimento  di  adozione  e  approvazione  degli
strumenti  di  pianificazione con la garanzia della partecipazione di
tutti  i  soggetti istituzionali coinvolti e la certezza dei tempi di
conclusione dell'itere procedimentale».
    Come  e'  di  tutta  evidenza la legge di delega non prevedeva la
soppressione  e  la  sostituzione  del sistema esistente con un altro
radicalmente  diverso,  perche'  in tal caso avrebbe dovuto dettare i
criteri   di  riferimento,  invece  al  contrario  la  delega  veniva
conferita   per   consentire   il  mantenimento  e  il  miglioramento
dell'espletamento  delle  funzioni  da  parte  degli  organismi  gia'
esistenti.
    Il  legislatore  delegato, quindi non aveva il potere di abrogare
le  norme  ed  il  sistema  delineato  dalla  legge  n. 183/1999 e di
sostituirlo   con  un  sistema  diverso,  ingiustificamente  di  tipo
centralistico.
    Le disposizioni impugnate anche per altro verso sono suscettibili
di  essere  censurate  in  termini  di  incostituzionalita' in quanto
lesive delle attribuzioni regionali.
    Con  le  norme  censurate  si  e'  operato un accentramento delle
funzioni   che   ha  espropriato  le  Regioni  delle  competenze  che
naturaliter,  giusta  il nuovo riparto costituzionale, competono loro
nelle   materie   delegate,   in  tal  modo  violando  la  competenza
legislativa   ex   art. 117   Cost.   ed   anche   il   principio  di
sussidiarieta'.
    L'accentramento   delle   funzioni  amministrative  e'  privo  di
giustificazione.
    Trattandosi  di  difesa  del  suolo  che  afferisce  alla materia
concorrente  al  governo  del  territorio,  lo  Stato  avrebbe potuto
dettare  solo  norme  di  principio, senza possibilita' di riservarsi
funzioni  amministrative,  se  non  ricorrendo  la  c.d.  chiamata in
sussidiarieta'.
    In  ogni  caso  l'avocazione a se' di quelle funzioni non sarebbe
potuta   avvenire   se  non  nel  rispetto  del  principio  di  leale
collaborazione,  e  quindi attraverso la consumazione di procedure di
codecisione  tra  Stato  e  regione  e  con  il ricorso ad una previa
intesa.
    Orbene,   poiche'   non   si   rinvengono  motivazioni  di  sorta
relativamente  alla sussistenza della chiamata in sussidiarieta', ne'
un'esigenza  unitaria di esercizio delle funzioni amministrative, ne'
l'avvenuta   partecipazione   delle   regioni  al  relativo  processo
decisionale   di   una   differente   distribuzione   delle  funzioni
amministrative,  e'  di  tutta  evidenza  che  le norme che prevedono
l'istituzione  delle Autorita' distrettuali in luogo delle precedenti
Autorita' di bacino sono affette da illegittimita' costituzionale.
    Peraltro,  le Autorita' di bacino regionale erano state istituite
con legge regionale, per la Basilicata con legge regionale n. 2/2001,
in  applicazione  dei  principi  di  grande forma economico e sociale
introdotti dalle leggi n. 183/1989 e n. 36/1994.
    Illegittimita'   costituzionale   dell'art. 101,   comma  7,  per
violazione dei principi e criteri della legge di delega.
    «Salvo  quanto  previsto  dall'art. 112, ai fini della disciplina
degli  scarichi  e  delle  autorizzazioni, sono assimilate alle acque
reflue domestiche le acque reflue ....
        c)  provenienti  da imprese dedite alle attivita' di cui alle
lettere a) e b) che esercitano anche attivita' di trasformazione o di
valorizzazione  della  produzione agricola, inserita con carattere di
normalita'   e  complementarieta'  funzionale  nel  ciclo  produttivo
aziendale   e  con  materia  prima  lavorata  proveniente  in  misura
prevalente  dall'  attivita'  di  coltivazione  dei terreni di cui si
abbia a qualunque titolo la disponibilita' ......».
    Con  tale  previsione  si  equiparano  ai fini della disciplina e
delle  autorizzazioni  degli  scarichi  «reflui  domestici  e  quelle
rinvenienti  dalle  imprese  agricole» che in termini di inquinamento
producono un impatto ambientale diverso.
    La  norma  in  oggetto e' indeterminata, allorquando, prevede che
rientrino  nella  propria  disciplina  gli  scarichi  rinvenienti  da
materia  prima  lavorata prodotta in misura prevalente dall'attivita'
di   coltivazione  dei  terreni,  rimettendo  con  l'indicazione  del
criterio  della  misura  prevalente  ad un ingiustificato criterio di
discrezionalita'   della  P.A.,  la  inclusione  o  meno  di  singole
fattispecie nel campo applicativo della norma.
    L'avere   equiparato,   con   il   ricorso  ad  un  criterio  non
oggettivamente    predeterminato,   scarichi   domestici   e   quelli
rinvenienti   da  particolari  attivita'  di  imprese  agricole,  non
previamente  individuate,  con criterio diverso da quanto disposto in
precedenza  con  l'art. 28,  comma  7,  lett. c), d.lgs. n. 152/1999,
autorizza  in  definitiva  immotivamente  i  produttori  ad osservare
livelli   di   trattamento   meno   rigorosi   rispetto  al  passato,
consentendo,  che  gli  stessi  tengano  legittimamente comportamenti
produttivi di danno all'ambiente.
    Tale  previsione  normativa  si  pone  in  contrasto  con  quanto
stabilito  nella  legge  di delega, in particolare con l'obiettivo di
garantire  «il  miglioramento  della  qualita'  dell'ambiente,  della
protezione  della  salute umana all'utilizzazione accorta e razionale
delle  risorse  naturali»  art. 1,  comma  8,  lett.  a)  con  quanto
contenuto  al  successivo comma 9, lett. b), legge n. 308/2004, cioe'
«di   pianificare,   programmare  ed  attuare  interventi  diretti  a
garantire la tutela ed il risanamento dei corpi idrici e superficiali
e sottoerranei, previa ricognizione degli stessi».
    Illegittimita'  costituzionale  degli  articoli  154  e  155  per
violazione degli artt. 117 e 76 Cost. - Violazione legge di delega.
    Gli  articoli  154  e  155  del  d.lgs.  n. 152/2006 disciplinano
rispettivamente la tariffa del servizio idrico integrato e la tariffa
del servizio di fognatura e depurazione.
    L'art. 154  istituisce la tariffa del servizio idrico integrato e
ne  individua  la  natura  quale  corrispettivo  del  servizio idrico
integrato, stabilendo i criteri per la sua determinazione.
    La  disposizione  in  commento affida al Ministro dell'ambiente e
della  tutela del territorio, su proposta dell'Autorita' di vigilanza
alle  risorse  idriche e rifiuti, il potere di emanare un decreto per
individuare  le  componenti  di costo utili alla determinazione della
tariffa  relativa  ai servizi idrici relativamente ai vari settori di
impiego;  al  Ministro  dell'economia  e  finanze  di concerto con il
Ministro  dell'ambiente  e  tutela  del  territorio e' stato, invece,
attribuito  il  compito  di stabilire i criteri cui le regioni devono
attenersi nella determinazione dei canoni di concessione per l'utenza
pubblica,  considerando  i  costi ambientali e i costi della risorse,
prevedendo  le  riduzioni  del  canone ricorrendo l'ipotesi in cui il
concessionario  attui  un  riuso  delle  acque con il riempiego delle
acque risultanti a valle del processo produttivo o di una parte dello
stesso  o,  qualora,  restituisca le acque di scarico con le medesime
caratteristiche di quelle oggetto di prelevamento.
    In  evidente  violazione  della competenza legislativa attribuita
alle  regioni ex art. 117, comma 4, vengono conferiti dal legislatore
delegato   i   poteri   normativi   ai   Ministri,  con  rapporto  di
sovraordinazione rispetto agli enti regionali.
    Il  legislatore  delegato  volutamente  in  subiecta  materia  ha
ignorato   il  dictum  della  Corte  costituzionale  contenuto  nella
sentenza     n. 335/2005    relativamente    alla    istituzione    e
regolamentazione  della tariffa del servizio idrico integrato e della
gestione   dei   rifiuti,  ha  dichiarato  inammissibile  il  ricorso
governativo  avverso  la  norma  della  legge n. 7/2004 della Regione
Emilia-Romagna  non  avendo  il  ricorrente dimostrato la sussistenza
della propria competenza legislativa.
    Quindi il legislatore delegato non poteva emanare le disposizioni
di  cui  agli artt. 154 e 155, d.lgs. n. 152/2006 non avendo lo Stato
la  competenza  a  provvedere; d'altronde i potere di istituire nuove
imposte non si rinviene proprio nella legge 3 agosto 2004.
    Le  norme  in  esame  intervengono in materia di servizi pubblici
locali  che  rientra  nella potesta' legislativa residuale, e percio'
esclusiva,  delle  regioni  e  quindi  si pongono in contrasto con il
vigente   sistema   costituzionale   di   riparto   delle  competenze
legislative delineato dall'art. 117 Cost.
    Le  norme, altresi', anche per altro verso sono incostituzionali,
in  quanto  si  pongono  in contrasto con i criteri individuati nella
legge   di  delega  allorquando  il  legislatore  conferente  vincola
l'esecutivo al rispetto delle attribuzioni delle regioni e degli enti
locali,  come  definite  ai  sensi dell' art. 117 della Costituzione,
della  legge  15 marzo 1997 n. 59, e del decreto legislativo 31 marzo
1998, n. 112.
    Illegittimita' incostituzionale degli artt. 181, commi 7-11, 183,
comma 1. Per violazione della legge di delega.
    L'art. 181  al comma 7 prevede che soggetti economici interessati
o  le associazioni di categoria rappresentativa dei settori economici
interessati  possono «stipulare con il Ministro dell'ambiente e della
tutela  del  territorio ..... appositi accordi di programma ..... per
definire  i  metodi di recupero dei rifiuti destinati all'ottenimento
di  materie  prime  secondarie,  di combustibili o di prodotti». Tali
accordi «fissano le modalita' e gli adempimenti amministrativi per la
raccolta,  la  messa in riserva, per il trasporto dei rifiuti, per la
loro  commercializzazione,  anche  tramite il mercato telematico, con
particolare riferimento a quello del recupero realizzato dalle Camere
di  commercio,  e  per i controlli delle caratteristiche e i relativi
metodi  di  prova.  Tali accordi, inoltre, fissano le caratteristiche
delle  materie  prime  secondarie,  dei  combustibili  o dei prodotti
ottenuti,  nonche'  le  modalita' per assicurare in ogni caso la loro
tracciabilita' fino all'ingresso nell'impianto di effettivo impiego».
    Le  modalita'  cui  si  perviene  alla definizione degli accordi,
nonche' la loro approvazione e pubblicazione vengono disciplinati dai
successivi commi ricompresi dal numero 8 all'11.
    Il  significato  dei  termini  presenti  in  tale disposizione si
rinviene nelle definizioni dettate dall'art. 183, comma 1.
    E' necessario rilevare che l'esposto ricorso allo strumento della
stipulazione  di accordi e contratti di programma esorbita, con tutta
evidenza,  dai limiti dell'istituto, in quanto opera una sostituzione
non  consentita di una fonte contrattata ad una disciplina normativa,
con   l'effetto,   anche   questo  non  consentito  di  produrre  una
alterazione delle fonti che possono regolare la materia.
    Inoltre,  il  rappresentato modulo procedimentale sostituisce una
disciplina  generale  ad  una  di derivazione volontaristica efficace
solo nei confronti dei partecipanti o aderenti.
    Orbene,  tali  norme  costituiscono  una diretta violazione delle
competenze regionali.
    La disciplina dei rifiuti ha dei riflessi normativi sulla materia
dell'ambiente,  della  tutela  del  territorio,  igienico-sanitaria e
sicurezza della popolazione, per cui nei fatti gli accordi in oggetto
vanno  a  sostituirsi  in  via  di  principio all'attivita' normativa
secondaria,   inoltre   il   Ministro   per  l'ambiente  finisce  per
sostituirsi  alle  regioni, in quanto la norma prevede che i soggetti
interessati   possano  stipulare  accordi  specifici  con  lo  stesso
Ministero  per  il recupero dei rifiuti, per l'ottenimento di materie
prime  secondarie,  di  combustibili  e  prodotti,  senza specificare
l'efficacia ultra vires di tali accordi, in particolare nei confronti
degli enti regionali.
    E'  utile  evidenziare  che tali attivita' di recupero dovrebbero
svolgersi  sui  territori delle regioni, senza che sia stata prevista
da  parte  del  legislatore  delegato  una forma di partecipazione di
queste  ultime  ai  processi decisionali di definizione del contenuto
degli  accordi  di  programma,  ne'  alla  corretta  esecuzione degli
stessi.
    Anche  in questo caso, quindi, il legislatore delegato ha violato
la  legge di delega non osservando quanto stabilito all'art. 1, comma
8  e  cioe'  «il  rispetto  .....  delle competenze per materia delle
amministrazioni  statali,  nonche' delle attribuzioni delle regioni e
degli  enti  locali,  come  definite  ai  sensi  dell'art. 117  della
Costituzione,  della  legge  15  marzo  1997,  n. 59  e  del  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112».
                              P. Q. M.
    Conclude  chiedendo  che  la  Corte  in accoglimento del presente
ricorso  dichiari  la  illegittimita'  costituzionale della normativa
contenuta  nel  decreto  legislativo  n. 152/2006  e  degli  articoli
indicati in epigrafe.
    Documenti come da indice.
        Potenza-Roma, addi' 10 giugno 2006
            Avv. Fernanda Cariati - Avv. Mirella Viggiani
06C0612