N. 81 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 27 giugno 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 27 giugno 2006 (della Regione Toscana)

Paesaggio  (tutela del) - Codice dei beni culturali e del paesaggio -
  Novella  dei  commi 1  e  3  dell'art. 142  del  d.lgs.  42/2004  -
  Individuazione  ex lege, con vigenza illimitata, delle categorie di
  beni da tutelare con vincolo paesaggistico nonche' preclusione alle
  Regioni  di  individuare con il piano paesaggistico i corsi d'acqua
  irrilevanti  dal  punto  di  vista  del  paesaggio  - Ricorso della
  Regione  Toscana  - Lamentata eliminazione del potere delle Regioni
  di  riconsiderare  attraverso  il  piano  paesaggistico  i  beni da
  tutelare,   con  specifico  riferimento  al  proprio  territorio  -
  Denunciata   lesione   delle  prerogative  gia'  riconosciute  alle
  Regioni,  con  vanificazione  dell'attivita'  gia' posta in essere,
  nelle   materie   attinenti   al  governo  del  territorio  e  alla
  valorizzazione  dei  beni  culturali  ed ambientali, violazione del
  principio   di   leale   collaborazione,   eccesso  di  delega  per
  introduzione non consentita di rilevanti innovazioni.
- D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, art. 12.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Paesaggio  (tutela del) - Codice dei beni culturali e del paesaggio -
  Novella  del  comma 4 dell'art. 143 e dei commi 3 e 8 dell'art. 146
  del  d.lgs.  42/2004  -  Piano  paesaggistico - Procedimento per il
  rilascio   dell'autorizzazione   paesaggistica   -   Parere   della
  Soprintendenza - Prevista obbligatorieta' ed efficacia vincolante -
  Ricorso  della  Regione  Toscana  - Lamentata ingerenza dello Stato
  nelle   funzioni   amministrative   in  materia  di  autorizzazioni
  paesaggistiche   affidate   dallo  stesso  Codice  alle  Regioni  -
  Denunciata  lesione delle competenze regionali in ambito di governo
  del  territorio,  valorizzazione  dei  beni  ambientali  e potesta'
  autorizzatoria     regionale,    accentramento    della    funzione
  amministrativa  con  violazione  del  principio  di sussidiarieta',
  mancanza   di  coinvolgimento  delle  Regioni  con  violazione  del
  principio   di   leale   collaborazione,   eccesso  di  delega  per
  introduzione non consentita di rilevanti innovazioni.
- D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, artt. 13 e 16.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Paesaggio  (tutela del) - Codice dei beni culturali e del paesaggio -
  Novella del comma 3 dell'art. 146 del d.lgs. 42/2004 - Procedimento
  per  il  rilascio dell'autorizzazione paesaggistica - Previsione di
  delega  da  parte  delle  Regioni  delle  funzioni  in  materia  di
  autorizzazione  paesaggistica alle Province e/o a forme associative
  sovracomunali   -   Ricorso   della  Regione  Toscana  -  Lamentata
  individuazione  ex  lege  dei  possibili destinatari della delega -
  Denunciata lesione dell'autonomia delle Regioni nell'organizzazione
  delle funzioni autorizzatorie ad esse affidate dallo stesso Codice,
  violazione   dei   principi   di   sussidiarieta'  ed  adeguatezza,
  violazione  del  principio  di  equi-ordinazione degli enti locali,
  eccesso  di  delega  per  introduzione  non consentita di rilevanti
  innovazioni.
- D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, art. 16.
- Costituzione, artt. 76, 114, 117 e 118.
Paesaggio  (tutela del) - Codice dei beni culturali e del paesaggio -
  Novella  dell'art. 157,  con  inserimento  al  comma 1  della lett.
  f-bis),  del  d.lgs. 42/2004 - Ripristino dei vincoli paesaggistici
  imposti  in  via  transitoria con i decreti ministeriali emanati in
  attuazione  della  l.  431/1985  -  Ricorso della Regione Toscana -
  Lamentato  contrasto  con  i  piani  paesaggistici gia' predisposti
  dalla  Regione  -  Denunciata ingerenza nelle funzioni regionali in
  materia  di  governo  del  territorio  e di valorizzazione dei beni
  ambientali  e  culturali,  mancata  concertazione  con  le Regioni,
  violazione del principio di leale collaborazione, eccesso di delega
  per introduzione non consentita di rilevanti innovazioni.
- D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, art. 25.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Paesaggio  (tutela del) - Codice dei beni culturali e del paesaggio -
  Novella  del  comma 3  dell'art. 159 del d.lgs. 42/2004 - Potere di
  annullamento   dell'autorizzazione  paesaggistica  da  parte  della
  Soprintendenza  anche  per motivi di merito - Ricorso della Regione
  Toscana  -  Lamentato  accentramento  delle  funzioni in materia di
  autorizzazione   paesaggistica  in  capo allo  Stato  -  Denunciata
  lesione   delle  funzioni  regionali  in  materia  di  governo  del
  territorio  e  di  valorizzazione  dei beni ambientali e culturali,
  mancata  concertazione  con le Regioni, violazione del principio di
  leale  collaborazione,  eccesso  di  delega  per  introduzione  non
  consentita di rilevanti innovazioni.
- D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 157, art. 26.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
(GU n.35 del 30-8-2006 )
    Ricorso  per  la  Regione  Toscana  in persona del presidente pro
tempore,  autorizzato  con delibera della giunta regionale n. 451 del
19 giugno  2006,  rappresentata e difesa, come da mandato in calce al
presente  atto,  dall'avv.  Lucia  Bora  dell'Avvocatura  regionale e
dall'avv. Fabio Lorenzoni del Foro di Roma, elettivamente domiciliato
presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via del Viminale n. 43;

    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la   dichiarazione   di  illegittimita'  costituzionale  del  decreto
legislativo  24  marzo 2006, n. 157, recante «Disposizioni correttive
ed  integrative  al  decreto  legislativo  22 gennaio 2004, n. 42, in
relazione al paesaggio» (attuativo dell'art. 10, comma 4, della legge
delega  6  luglio 2002, n. 137), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale,
Serie  generale,  n. 97  del  27  aprile  2006, S.O. n. 102/2006, con
particolare riferimento agli articoli:
        art. 12,  che  sostituisce l'art. 142, d.lgs. n. 42/2004, con
particolare riferimento ai commi 1 e 3 del novellato art. 142;
        art. 13,  che  sostituisce l'art. 143, d.lgs. n. 42/2004, con
particolare riferimento al comma 4 del novellato art. 143;
        art. 16,  che  sostituisce l'art. 146, d.lgs. n. 42/2004, con
particolare  riferimento  ai  commi  3  e  8  del novellato art. 146;
art. 25,  che  modifica l'art. 157, d.lgs. n. 42/2004, nella parte in
cui inserisce al comma 1 del suddetto art. 157 la lettera f-bis);
        art. 26,  che  sostituisce l'art. 159, d.lgs. n. 42/2004, con
particolare  riferimento  al  comma  3  del  novellato  art. 159; per
contrasto  con  gli  articoli 76, 114, 117 e 118 della Costituzione e
del  principio  di  leale  collaborazione,  per  i profili di seguito
indicati.
    Con  il  decreto  legislativo  n. 157/2006, sono state modificate
alcune  norme del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al
d.lgs.  n. 42/2004,  relative alla tutela dei beni paesaggistici. Con
dette  modifiche,  si  realizza  un  sistema  teso  a  rafforzare  la
partecipazione    dello    Stato    nell'esercizio   delle   funzioni
amministrative  gia'  attribuite  alle regioni in materia di tutela e
valorizzazione del paesaggio.
    Il  decreto  in  parola  ha  ricevuto il parere negativo da parte
della  Conferenza  unificata, seduta del 26 gennaio 2006 (doc. 1), la
quale ha in particolare modo evidenziato, da una parte, la violazione
del  principio  di  leale  collaborazione nella fase di redazione del
decreto   legislativo   in   esame   e,  dall'altra,  l'inammissibile
accentramento della gestione delle funzioni amministrative in materia
di  tutela  paesaggistica  operato dal decreto in parola, il quale ha
avuto  l'effetto di «espropriare» - di fatto - le regioni (e gli enti
locali, da queste delegati) di potesta' riconosciute alle stesse gia'
a  partire  dal 1977, e cio' in contrasto con la valorizzazione delle
autonomie  che  si  e'  realizzata negli ultimi anni, anche a livello
costituzionale.
    Va  preliminarmente osservato che la materia in oggetto coinvolge
profili  aventi  un'incidenza  su  una  pluralita'  di interessi e di
oggetti,  che  non ricadono solo nell'esclusiva competenza statale in
materia  di  tutela  dell'ambiente e dei beni culturali, ma attengono
anche  a  molteplici  ambiti  di competenza concorrente delle regioni
(cioe',  il  governo  del  territorio  e  la  valorizzazione dei beni
culturali ed ambientali).
    Come  piu'  volte  messo  in evidenza dalla Corte costituzionale,
infatti,  «La  tutela  dei  beni culturali, inclusa nel secondo comma
dell'art.  117  Cost.  sotto  la  lettera s) tra quelle di competenze
legislativa esclusiva dello Stato, e' materia che condivide con altre
alcune  peculiarita'.  Essa  ha  un  proprio ambito materiale, ma nel
contempo  contiene  l'indicazione  di  una finalita' da perseguire in
ogni  campo  in  cui  possano  venire  in rilevo beni culturali. Essa
costituisce  anche una materia-attivita', come questa Corte l'ha gia'
definita   (v.   sentenza   n. 26   del  2004),  condividendo  alcune
caratteristiche  con  la  tutela dell'ambiente, non a caso ricompresa
sotto  la  stessa  lettera  s)  del secondo comma dell'art. 117 della
Costituzione. In entrambe assume rilievo il profilo teleologico della
disciplina.
    In  tale  ordine di idee questa Corte ha affermato che «la tutela
dell'ambiente»,  piu' che una «materia» in senso stretto, rappresenta
un  compito  nell'esercizio  del quale lo Stato conserva il potere di
dettare standard di protezione uniformi, validi in tutte le regioni e
non  derogabili  da  queste;  e  che  cio'  non  esclude  affatto  la
possibilita'   che  leggi  regionali,  emanate  nell'esercizio  della
potesta'   concorrente  di  cui  all'art.  117,  terzo  comma,  della
Costituzione  o  di  quella  «residuale», di cui all'art. 117, quarto
comma,  possano assumere tra i propri scopi anche finalita' di tutela
ambientale  (v. sentenza n. 307 del 2003, paragrafo 5 del Considerato
in diritto, nonche' sentenze n. 407 del 2002, n. 222 del 2003 e n. 62
del  2005).  D'altra  parte,  mentre  non  e'  discutibile che i beni
immobili  di valore culturale caratterizzano e qualificano l'ambiente
-  specie dei centri storici cui la norma impugnata si riferisce - ha
rilievo  l'attribuzione  della valorizzazione dei beni culturali alla
competenza concorrente di Stato e regioni.
    Ai  fini  del  discrimine  delle  competenze,  ma  anche del loro
intreccio   nella   disciplina   dei   beni  culturali,  elementi  di
valutazione  si  traggono  dalle  norme  del  decreto  legislativo 22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e paesaggistici). Tale
testo  legislativo ribadisce l'esigenza dell'esercizio unitario delle
funzioni  di  tutela  dei  beni  culturali  (art.  4, comma 1) e, nel
contempo,  stabilisce,  pero',  che  siano  non soltanto lo Stato, ma
anche  le regioni, le citta' metropolitane, le province e i comuni ad
assicurare  e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a
favorirne  la  pubblica  fruizione e la valorizzazione (art. 1, comma
3).  Inoltre,  a  rendere  evidente  la  connessione  della  tutela e
valorizzazione  dei  beni culturali con la tutela dell'ambiente, sono
le lettere f) e g) del comma 4 dell'art. 10 del suindicato codice, le
quali elencano, tra i beni culturali, le ville, i parchi, i giardini,
le  vie,  le  piazze e in genere gli spazi aperti urbani di interesse
artistico o storico.
    Con  riguardo  a  tale  ultimo rilievo e' anche sotto altro, piu'
specifico, aspetto che viene in evidenza la competenza regionale.
    La    materia    del    governo   del   territorio,   comprensiva
dell'urbanistica  e  dell'edilizia  (v.  sentenze  n. 362  del 2003 e
n. 196  del  2004),  rientra  tra  quelle  di  competenza legislativa
concorrente.  Spetta  percio'  alle regioni, nell'ambito dei principi
fondamentali  determinati  dallo Stato, stabilire la disciplina degli
strumenti  urbanistici. Ora, non v'e' dubbio che tra i valori che gli
strumenti   urbanistici   devono   tutelare   abbiano  rilevanza  non
secondaria   quelli   artistici,   storici,  documentari  e  comunque
attinenti  alla cultura nella polivalenza di sensi del termine» (cfr.
Corte cost., sent. n. 232/2005).
    Di  recente,  la  Corte costituzionale nella sentenza n. 182/2006
(avente  ad  oggetto la l.r. della Toscana n. 1/2005, in relazione al
d.lgs.   n. 42/2004,  nella  versione  antecedente  la  riforma),  ha
chiarito che «La tutela tanto dell'ambiente quanto dei beni culturali
e' riservata allo Stato (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.),
mentre  la  valorizzazione  dei  secondi e' di competenza legislativa
concorrente  (art.  117, terzo comma, Cost.): da un lato, spetta allo
Stato  il  potere  di fissare principi di tutela uniformi sull'intero
territorio  nazionale,  e,  dall'altro,  le  leggi regionali, emanate
nell'esercizio di potesta' concorrenti, possono assumere tra i propri
scopi  anche finalita' di tutela ambientale, purche' siano rispettate
le regole uniformi fissate dallo Stato.
    Appare,  in  sostanza, legittimo, di volta in volta, l'intervento
normativo  (statale o regionale) di maggior protezione dell'interesse
ambientale (sentenze n. 62, n. 232 e n. 336 del 2005)».
    Alla  luce  delle  considerazioni  sopra  svolte, e' evidente che
l'intervento  del  legislatore  statale  in materia di paesaggio deve
svolgersi    nel    rispetto    delle   prerogative   delle   regioni
costituzionalmente   garantite,  assicurando  alle  stesse  un  ruolo
primario  anche  in considerazione del delicato intreccio tra diverse
materie, di competenza statale e regionale.
    Il  decreto in esame non sembra, invece, raccordarsi con il nuovo
quadro costituzionale e, sotto molti aspetti, le competenze regionali
risultano   compresse   (anche   rispetto   al  quadro  normativo  di
riferimento  antecedente  la  riforma  del  Titolo  V); tutto cio' in
violazione degli articoli 76, 114, 117 e 118 Cost. ed in generale dei
principi  costituzionali  di  sussidiarieta',  adeguatezza e di leale
collaborazione.
      Le  norme  impugnate  del  decreto legislativo n. 157/2006 sono
pertanto incostituzionali per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1)  Illegittimita'  costituziona1e  dell'art. 12  che sostituisce
l'art. 142, d.lgs. n. 42/2004, con particolare riferimento al comma 1
del  novellato  art. 142  in  esame,  nella  parte in cui reintroduce
l'illimitata  vigenza  del  vincolo paesaggistico per le categorie di
beni   tutelati   ai  sensi  della  legge  n. 431/1985,  nonche'  con
particolare riferimento al comma 3 dello stesso art. 142, nella parte
in   cui   preclude   alle   regioni  di  individuare  con  il  piano
paesaggistico  i  corsi  d'acqua  irrilevanti  dal punto di vista del
paesaggio,  per  violazione  degli  artt. 76,  117  e 118 Cost. e per
violazione del principio di leale collaborazione.
       Contrariamente  a  quanto  previsto  nell'originaria  versione
dell'art.  142, d.lgs. n. 42/2004, il novellato comma 1 dell'art. 142
in  esame  stabilisce  ex  lege  la  vigenza  illimitata  del vincolo
paaggistico  con riferimento alle categorie di beni individuate dalla
legge  n. 431/1985  (c.d. legge Galasso): e' stata pertanto eliminata
la possibilita' per le regioni, attraverso il piano paesaggistico, di
specificare  e  disciplinare tali beni sulla base di analisi puntuali
dei  contesti  regionali  e dei relativi elementi caratterizzanti. Ai
sensi  del  successivo  comma  3, e' inoltre precluso alle regioni la
facolta'  di  individuare,  d'ora  in  avanti,  nell'ambito del piano
paesaggistico  i  corsi  d'acqua  irrilevanti  dal punto di vista del
paesaggio, sulla base di una verifica dei casi concreti.
    In  tal modo, le regioni vengono, di fatto, private del potere di
accertare  l'adeguatezza della tutela paesaggistica in relazione alle
aree  presenti  sul  proprio  territorio,  e  quindi di verificare la
perdurante effettivita' del vincolo paesaggistico.
    Cio'  rappresenta  un  inammissibile passo indietro rispetto alle
prerogative   riconosciute   alle   regioni   dal  previgente  d.lgs.
n. 42/2004,  il quale prescriveva ex lege la tutela paesaggistica dei
beni   in   parola,   solo   in   via   transitoria,   e  cioe'  fino
all'approvazione  e/o  adeguamento  del  piano  paesaggistico, con il
quale  le  regioni  dettano la disciplina d'uso e di tutela dei beni,
sulla base delle specifiche esigenze di salvaguardia, attualizzando i
vincoli   posti  in  modo  astratto  ed  a  prescindere  dalla  reale
consistenza dei beni.
    Non   solo,   la  nuova  previsione  normativa  ha  l'effetto  di
vanificare tutta l'attivita' nel frattempo gia' posta in essere dalle
regioni - proprio in attuazione del previgente d.lgs. n. n. 42/2004 -
in  vista della riconsiderazione delle categorie dei beni tutelati ex
lege e della loro individuazione sul proprio territorio.
      Pertanto le disposizioni in esame incidono in maniera rilevante
sullo   svolgimento   delle   funzioni,   attinenti  al  governo  del
territorio,  alla  valorizzazione  dei  beni culturali ed ambientali,
riservate   alla   potesta'   concorrente  delle  regioni,  ai  sensi
dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    Inoltre  le  norme  in  questione sono incostituzionali anche per
violazione   dell'art. 118   Cost.   e   del  principio  della  leale
collaborazione.
    Essendo   infatti  indubbio  che  l'individuazione  dei  beni  da
tutelare  ed il regime di tutela incidono sulle competenze regionali,
i medesimi dovrebbero essere statuiti d'intesa con le regioni (in tal
senso,  Corte  cost.,  sentenze  n. 303  del  2003; n. 6/2004, n. 62,
n. 242, n. 285 e n. 383 del 2005).
    Tanto  e'  vero  che il previgente d.lgs. n. 42/2004 rimetteva al
piano paesaggistico - elaborato dalle regioni d'intesa con lo Stato -
la concreta individuazione delle aree da tutelare.
    Ora,  invece,  il  legislatore statale ha previsto direttamente i
beni da sottoporre a tutela e cio' in modo unilaterale: di qui i vizi
eccepiti.
    Si  eccepisce,  inoltre,  l'eccesso di delega, in quanto la legge
delega  cui il Governo, con il decreto n. 157 in parola, intende dare
attuazione,   prevede   esclusivamente   l'introduzione  di  limitate
disposizioni  correttive  e/o integrative rispetto al testo normativo
previgente,   che   risultino   necessarie  alla  luce  di  un  primo
monitoraggio  della  sua  applicazione  (cfr. art. 10, comma 4, legge
n. 137/2002):  la modifica sopra evidenziata, invece, introduce - per
i  profili  in  esame  -  rilevanti  innovazioni  rispetto al sistema
delineato   con   l'approvazione   del  d.lgs.  n. 42/2004,  cio'  in
violazione  dell'art. 76  Cost.  e,  come  gia'  visto, la violazione
eccepita  incide  conseguentemente  sulle  prerogative  regionali  in
materia   di   governo  del  territorio  e  valorizzazione  dei  beni
ambientali,  ex  artt. 117,  terzo  comma  e  art. 118 Cost. le quali
risultano  senz'altro  compromesse  dalla  mancata  previsione  della
possibilita'  per  le  regioni  di riconsiderare le categorie di beni
tutelate ex lege, con specifico riferimento al proprio territorio.
    2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 13, che sostituisce
l'art. 143, d.lgs. n. 42/2004, con particolare riferimento al comma 4
del  novellato  art. 143  in esame, nella parte in cui prevede che il
parere della Soprintendenza nel procedimento autorizzatorio sia oltre
che  obbligatorio  anche  vincolante, fino all'approvazione del piano
paesaggistico    elaborato    di   intesa;   nonche'   illegittimita'
costituzionale   dell'art. 16   che  sostituisce  l'art. 146,  d.lgs.
n. 42/2004,  con particolare riferimento ai commi 3 e 8 del novellato
art. 146  in  esame:  il  comma  3, nella parte in cui prevede che il
parere   della  Soprintendenza,  ai  fini  autorizzatori,  e'  sempre
vincolante,   allorche'   la   regione  abbia  delegato  le  funzioni
amministrative  ai  comuni;  il  comma  8,  laddove prevede che, fino
all'approvazione  del  piano  paesaggistico  elaborato  di intesa, il
parere   della   Soprintendenza,   ai  fini  dell'autorizzazione,  e'
vincolante;  per  violazione  degli  artt. 76,  117 e 118 Cost. e per
violazione del principio di leale collaborazione.
      Gli  articoli  citati  in  epigrafe  stabiliscono che il parere
espresso  dalla  Soprintendenza,  in  sede  di  procedimento  per  il
rilascio   dell'autorizzazione   paesaggistica,   non  e'  piu'  solo
obbligatorio,   ma   diventa  anche  vincolante.  In  particolare  e'
vincolante il parere, nelle ipotesi in cui:
        a)   il   piano   paesaggistico   non   sia  stato  elaborato
congiuntamente  tra  Stato  e  regione (art. 143, comma 4 e art. 146,
comma  8,  cosi'  come  sostituiti,  rispettivamente,  dall'art. 13 e
dall'art. 16  del  d.lgs.  n. 157/2006),  e cioe' secondo le forme di
co-decisone  previste dal novellato art. 143, comma 3 (ossia: stipula
dell'intesa  Stato-regione  per  l'elaborazione  congiunta  del Piano
paesaggistico;   accordo   preliminare   sul   contenuto  del  Piano;
approvazione  del  Piano  elaborato  congiuntamente  da  parte  della
regione;  eventuale  esercizio  del potere sostitutivo da parte dello
Stato in caso di inerzia della regione);
        b)  la  regione  decida  -  in  deroga a quanto stabilito dal
Codice  dei  beni  culturali e paesaggistici attualmente vigente - di
affidare  le  funzioni  in materia di autorizzazione paesaggistica ai
comuni  e  non  alle  province  e/o  comunque  ad  enti aventi ambito
sovracomunale  (art. 146, comma 3, cosi' come sostituito dall'art. 16
del d.lgs. n. 157/2006).
    Le previsioni in esame determinano un'illegittima ingerenza dello
Stato  nelle  funzioni  amministrative  in  materia di autorizzazioni
paesaggistiche  affidate,  per  espressa  disposizione  dello  stesso
Codice,  alle  regioni:  ed  infatti  l'art. 146, comma 2, cosi' come
sostituto   dall'art. 16   del  d.lgs.  n. 157/2006  afferma  che  «I
proprietari,  possessori  o  detentori  a  qualsiasi  titolo dei beni
indicati  al  comma  1,  hanno l'obbligo di sottoporre alla regione o
all'ente  locale  al  quale  la  regione  ha  delegato  le funzioni i
progetti   delle   opere  che  intendano  eseguire,  corredati  della
documentazione prevista, affinche' ne sia accertata la compatibilita'
paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli».
    Per    contro,   vincolare   la   decisione   sull'autorizzazione
paesaggistica  alle  determinazioni  della  Soprintendenza  significa
privare  la regione, e/o l'ente da questa individuato, dell'effettivo
esercizio  della  funzione autorizzatoria in parola. L'espressione di
un  parere  vincolante  da  parte  della  Soprintendenza - di fatto -
determina   l'esclusiva   competenza   dello  Stato  in  ordine  alla
valutazione  di  merito sulle autorizzazioni ambientali, relegando le
regioni,  e/o  gli  enti  locali  da  queste individuati, ad un ruolo
meramente esecutivo di determinazioni assunte dall'organo statale.
    A  questo  proposito,  la  Corte  costituzionale,  con la recente
sentenza  n. 183/2006,  ha  ritenuto  costituzionalmente legittimo il
parere   vincolante   della   Soprintendenza   nei   procedimenti  di
accertamento  di  conformita' paesaggistica degli abusi, solo perche'
limitato  ai  profili  penali; infatti nella sentenza e' chiarito che
«gli  effetti dell'accertamento di conformita' appaiono limitati alla
punibilita'  degli abusi, che non investe le sanzioni amministrative,
ne'  quelle  edilizie,  ma neppure quelle paesaggistiche. Ai fini del
riparto   delle   competenze,   dunque,  la  potesta'  autorizzatoria
regionale non appare scalfita».
    Contrariamente     all'orientamento    espresso    dalla    Corte
costituzionale  nella  su  richiamata  sentenza,  le  disposizioni in
esame, definiscono, in concreto, il potere decisionale in ordine alle
autorizzazioni  paesaggistiche  in  capo  all'organo  statale, non si
verte  quindi  nell'ambito  di rilevanza penale delle fattispecie, ed
hanno  pertanto  peculiari  ricadute  anche in ambiti attribuiti alla
competenza concorrente delle regioni, quali il governo del territorio
(in  particolare  sotto  i  profili  urbanistico  ed  edilizio)  e la
valorizzazione  dei  beni  ambientali, oltre ad incidere pesantemente
sulla  potesta' autorizzatoria regionale, cosi' come confermata anche
dal  novellato  Codice  dei beni culturali e paesaggistici: e' quindi
evidente il mancato rispetto da parte della disciplina in esame degli
artt. 117 e 118 Cost.
    In   particolare,   l'intervento   statale   non  puo'  ritenersi
giustificato  ai  sensi dell'art. 117, comma 2, lett. s), in quanto -
come  gia'  rilevato  -  la  Corte costituzionale ha avuto piu' volte
occasione   di  affermare,  sia  nell'ambito  del  previgente  quadro
costituzionale di riferimento, sia alla luce della riforma del Titolo
V  della  Costituzione  operata  con  legge  cost.  n. 3/2001, che il
paesaggio,  cosi'  come  l'ambiente,  va configurato come un «valore»
costituzionalmente  protetto,  ossia  come  ambito  materiale  la cui
tutela  e'  idonea  a  investire  trasversalmente  una  pluralita' di
materie,   al   cui   perseguimento   sono  chiamati  a  contribuire,
nell'ambito  delle  rispettive competenze, tutti livelli territoriali
di  governo  (cfr.  Corte cost. n. 407/2002; n. 96/2003; n. 259/2004;
con riferimento alla giurisprudenza antecedente la riforma del Titolo
V  si  vedano, tra le altre, sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382
del  1999, n. 273 del 1998) e, quindi, la competenza statale relativa
alla  tutela  ambientale  e  paesaggistica  non  puo'  intervenire in
maniera  cosi'  incisiva  -  come  e'  nel  caso  di  specie  - nelle
attribuzioni proprie delle regioni.
    Inoltre,  subordinare  il  rilascio dell'autorizzazione al parere
vincolante  della  Soprintendenza  significa che l'autorita' preposta
alla  gestione  del  vincolo  (regione  o  enti locali cui le regioni
abbiano  trasferito  la  funzione)  non  potra'  discostarsi  da quel
parere:  com'e'  noto,  infatti, e' affermato che i pareri vincolanti
sono costitutivi del contenuto del provvedimento.
    Ne  deriva  che, nelle indicate fattispecie, chi decide in merito
alla  autorizzazione  paesaggistica e' la Soprintendenza e che non vi
e'  possibilita'  per  la regione - ovvero per gli enti locali cui le
regioni  abbiano trasferito le funzioni - di far valere eventualmente
diverse   valutazioni   in   ordine  alla  compatibilita'  dell'opera
proposta.
    Attraverso  la  previsione  del  parere vincolante, in realta' la
funzione di valutare detta compatibilita' viene allocata in capo allo
Stato.
    Cio' contrasta, pero', con l'art. 118 della Costituzione, perche'
tale allocazione non e' sorretta da esigenze di carattere unitario.
    In denegata ipotesi la norma resterebbe comunque incostituzionale
per  violazione  dell'art. 118  della  Costituzione  perche' non sono
previste   adeguate   procedure   d'intesa  con  le  regioni,  invece
imprescindibili,  in  caso  di  allocazione  in  capo  allo  Stato di
funzioni  che interferiscono con materie di competenza regionale. Non
vi e' dubbio che nel caso in esame sussista detta interferenza, posto
che   la   valutazione  in  ordine  al  rilascio  dell'autorizzazione
paesaggistica  incide  anche,  e  in  modo  consistente, sull'assetto
urbanistico  ed  edilizio  e  sulla  pianificazione  territoriale, di
competenza regionale.
    In   altri   termini,   un   siffatto   accentramento   non  puo'
giustificarsi   con   il   principio   di  sussidiarieta'  (in  senso
ascendente),  in  quanto  - come insegnato dalla Corte costituzionale
nella  nota  sentenza  n. 303/2003 - avrebbero dovuto essere comunque
previste  adeguate  forme  di  concertazione,  al fine di tutelare le
istanze  regionali  costituzionalmente  garantite,  in  un ambito che
involge  molteplici  profili di competenza concorrente delle regioni.
Al  contrario,  alla  luce  delle  recenti  modifiche  al  Codice, la
mancanza  di  intesa  tra  Stato e regione nella redazione del piano,
costituisce proprio uno dei presupposti per la allocazione del potere
di  autorizzazione  in  capo  allo  Stato, senza alcun coinvolgimento
delle regioni.
    Per  tutto quanto fin qui detto, si eccepisce la violazione degli
artt. 117 e 118 Cost. e del principio di leale collaborazione.
    Infine  anche con riferimento alle norme in esame si eccepisce il
vizio   dell'eccesso   di   delega,  in  quanto  dette  disposizioni,
apportando  rilevanti  innovazioni  al  previgente d.lgs. n. 42/2004,
contrastano con i principi ed i criteri direttivi di cui all'art. 10,
comma  4,  legge  n. 137/2002  (che  - come gia' visto al punto 1 del
presente  ricorso - ammette solo interventi correttivi ed integrativi
del d.lgs. n. 42/2004), in violazione dell'art. 76 Cost.
    3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 16  che sostituisce
l'art. 146, d.lgs. n. 42/2004, con particolare riferimento al comma 3
del  novellato  art. 146  in  esame, in quanto prevede che la regione
deleghi  le  funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica alle
province e/o a forme associative sovracomunali, per contrasto con gli
artt. 76, 114, 117 e 118 Cost.
    La  norma  in  esame  vincola  le  regioni,  che  decidano di non
esercitare  direttamente  la funzione autorizzatoria, individuando ex
lege  i  possibili  destinatari di tali competenze nelle province e/o
nelle  forme  associative  e  di  cooperazioni  degli  enti locali di
livello sovracomunale.
      Si  osserva  che  le  funzioni  amministrative  concernenti  la
gestione del vincolo paesaggistico e, quindi, la competenza in ordine
al  rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, sono state attribuite
alle   regioni   gia'  dall'art. 82  del  d.P.R.  n. 616/1977;  detta
competenza   e'   stata  poi  confermata  dall'art. 146  del  decreto
legislativo  22  gennaio 2004, n. 42, anche nella versione modificata
dal  d.lgs.  n. 157/2006 in esame (cfr. art. 146, comma 2, cosi' come
sostituito dall'art. 16, d.lgs. n. 157/2006).
    La  Regione  Toscana,  per parte sua, ha dapprima sub-delegato ai
comuni  le  funzioni autorizzatorie in parola con l.r. n. 52/1979, ed
ha  quindi  confermato  la  competenza  dei  comuni al rilascio delle
autorizzazioni con la recente l.r. 1/2005 (artt. 87 e ss.).
    La norma lede l'autonomia delle regioni nell'organizzazione delle
funzioni autorizzatorie, loro attribuite dallo stesso Codice dei beni
culturali ed ambientali.
    Secondo  l'insegnamento  della  Corte  costituzionale  nella gia'
richiamata   sentenza   n. 303/2003,   l'allocazione  della  funzione
amministrativa  «non  puo'  restare  senza conseguenze sull'esercizio
della funzione legislativa, giacche' il principio di legalita' impone
che  anche le funzioni assunte per sussidiarieta' siano organizzate e
regolate dalla legge».
    Dunque  la  Corte costituzionale ha posto il principio per cui la
titolarita'  della  funzione  amministrativa  abilita  lo  Stato o la
regione,  titolari  della  funzione  stessa,  anche ad organizzarla e
regolarla,  e  cio'  in  ossequio  ai  canoni fondanti dello Stato di
diritto.  Nello stesso senso la Corte costituzionale ha affermato che
«le  funzioni  amministrative,  inizialmente  conferite alle regioni,
possano  essere  attribuite  agll  enti  locali»  (Corte  cost. sent.
182/2006);   inoltre   «poiche'   la   competenza   a  rilasciare  le
autorizzazioni  per  lo  svolgimento  delle  attivita' previste dalla
legge  impugnata  spetta alla regione, la delega da quest'ultima alle
province  del  relativo  potere  autorizzatorio non e' illegittima in
quanto non risulta lesiva di alcun principio costituzionale ed, anzi,
e'  coerente  con  il principio di sussidiarieta» (sent. n. 259/2004;
nello stesso senso anche sent. 214/2005).
    Per  contro,  la  norma  censurata,  limitando  la facolta' delle
regioni  -  cui  sono  attribuite  le competenze autorizzatorie e, in
generale,  la gestione dei vincoli paesaggistici - di individuare gli
enti cui conferire le funzioni in parola, interviene illegittimamente
nell'ambito   di  autonomia  proprio  delle  regioni  stesse  per  la
disciplina  e l'organizzazione di dette funzioni e cio' in violazione
degli  artt. 117  e  118  Cost., ed in particolare, in violazione dei
principi di sussidiarieta' ed adeguatezza.
    Va  inoltre  sottolineato come l'art. 16, d.lgs. n. 157/2006, nel
modificare  il d.lgs. n. 42/2006, reintroduca il concetto di «delega»
delle funzioni amministrative non piu' ammessa dall'art. 118 Cost. il
quale  prevede  il pieno conferimento delle funzioni agli enti locali
nel  rispetto  dell'art. 114  Cost.  che sancisce la equi-ordinazione
degli enti medesimi.
    Infine,   anche  con  riferimento  all'articolo  in  parola,  che
introduce  senz'altro  una  norma innovativa al d.lgs. n. 42/2004, si
eccepisce  l'eccesso  di delega e, quindi, la violazione dell'art. 76
Cost., per le considerazioni gia' esposte ai punti 1 e 2 del presente
ricorso, cui si rinvia.
    4)   Illegittimita'   costituzionale  dell'art. 25  che  modifica
l'art. 157,  d.lgs. n. 42/2004, nella parte in cui inserisce al comma
1  del  suddetto art. 157 la letter s), nella parte in cui stabilisce
che  conservano  efficacia  a  tutti  gli  effetti i provvedimenti di
imposizione  dei  vincoli  paesaggistici, emanati in attuazione della
legge  n. 431/1985,  per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. e
per violazione del principio di leale collaborazione.
    La  disposizione  in  esame  reintroduce la validita' dei vincoli
paesaggistici  imposti in via transitoria, con i decreti ministeriali
emanati ai sensi della legge Galasso.
    La norma in esame prevede infatti che «Fatta salva l'applicazione
dell'articolo   143,   comma   6,   dell'articolo   144,  comma  2  e
dell'articolo 156, comma 4, conservano efficacia a tutti gli effetti:
(...) f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 1-ter del
decreto-legge  27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni,
dalla legge 8 agosto 1985, n. 431»
    Tuttavia  detti  vincoli  risultano,  quanto meno con riferimento
alla   Regione   Toscana,   superati  e/o  ridefiniti  attraverso  la
pianificazione paesaggistica.
    Ripristinare  detti  vincoli,  anche  in  contrasto  con  i piani
paesaggistici  gia'  predisposti  dalle regioni, a prescindere da una
concreta  valutazione  dell'effettiva  esigenza di tutela dei beni in
questione,  determina  evidentemente un'inammissibile ingerenza nelle
funzioni  regionali  in  materia  di  governo  del  territorio  e  di
valorizzazione dei beni ambientali e culturali.
    Anche  sotto  tale  profilo,  inoltre,  si  evidenzia  la mancata
previsione   di   forme  di  concertazione  idonee  con  le  regioni,
nonostante  che  con la disposizione in esame si creino forti vincoli
al  potere  delle  regioni  di pianificare e/o programmare il proprio
territorio,  sia  da un punto di vista urbanistico che edilizio (cfr.
in tal senso Corte cost., sentenze n. 303 del 2003; n. 6/2004, n. 62,
n. 242, n. 285 e n. 383 del 2005, gia' citate).
    Cio' in violazione degli artt. 117 e 118 Cost. e del principio di
leale collaborazione.
    Infine,   anche  con  riferimento  all'articolo  in  parola,  che
introduce  senz'altro  una  norma innovativa al d.lgs. n. 42/2004, si
eccepisce  l'eccesso  di delega e, quindi, la violazione dell'art. 76
Cost., per le considerazioni gia' esposte ai punti 1 e 2 del presente
ricorso, cui si rinvia.
    5)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 26  che sostituisce
l'art. 159, d.lgs. n. 42/2004, con particolare riferimento al comma 3
del  novellato  art. 159  in  esame,  in  quanto estende il potere di
annullamento   dell'autorizzazione   paesaggistica   da  parte  della
Soprintendenza,  anche  per  motivi  di  merito, per violazione degli
artt. 76,  117  e  118  Cost. e per violazione del principio di leale
collaborazione.
     La disposizione in esame rafforza il potere della Soprintendenza
nel    rilascio    delle    autorizzazioni    paesaggistiche,    sino
all'adeguamento  del  piano  paesaggistico  elaborato  d'intesa dalla
regione  con  lo  Stato, in quanto introduce - diversamente da quanto
previsto  dall'originario  d.lgs.  n. 42/2004 - la possibilita' della
Soprintendenza di intervenire per l'annullamento delle autorizzazioni
rilasciate  dall'ente  competente,  alla luce di valutazioni non piu'
solo  attinenti  alla  legittimita'  dell'autorizzazione  ma anche al
merito  del  provvedimento  autorizzatorio. Infatti la norma in esame
dispone  che  «La  soprintendenza,  se  ritiene  l'autorizzazione non
conforme  alle prescrizioni di tutela del paesaggio, dettate ai sensi
del  presente  Titolo»  puo'  annullarla, con provvedimento motivato,
entro  i  sessanta  giorni  successivi alla ricezione della relativa,
completa   documentazione.   Si  applicano  le  disposizioni  di  cui
all'articolo  6,  comma  6-bis,  del  decreto del Ministro per i beni
culturali e ambientali 13 giugno 1994, n. 495».
    Detta   previsione,  cosi'  come  le  norme  che  introducono  la
vincolativita'  del  parere  della  Soprintendenza  (cfr. punto 2 del
presente  ricorso),  determinano un inammissibile accentramento delle
funzioni in materia di autorizzazione paesaggistica, la cui effettiva
gestione  e'  in  definitiva  individuata  in capo allo Stato (per il
tramite delle Soprintendenze).
    E'  infatti  evidente  che  la  previsione di un cosi' penetrante
potere  di «vigilanza» statale, si risolve nell'esercizio unilaterale
da  parte  dello  Stato  della  funzione  autorizzatoria,  attraverso
determinazioni   aventi   quindi   rilevanti   ricadute  sull'assetto
urbanistico  ed  edilizia del territorio, di competenza regionale, ma
senza  la  garanzia  di  adeguati  modelli  concertativi  aderenti al
principio  di  leale collaborazione piu' volte richiamato dalla Corte
costituzionale   (cfr.   Corte   cost.,  sentenze  n. 303  del  2003;
n. 6/2004, n. 62, n. 242, n. 285 e n. 383 del 2005, gia' citate).
    Cio'  in  contrasto  con  gli  artt. 117  e  118  Cost.  e con il
principio di leale collaborazione.
    Infine,   anche  con  riferimento  all'articolo  in  parola,  che
introduce,  senz'altro  una norma innovativa al d.lgs. n. 42/2004, si
eccepisce  l'eccesso  di delega e, quindi, la violazione dell'art. 76
Cost., per le considerazioni gia' esposte ai punti 1 e 2 del presente
ricorso, cui si rinvia.
                              P. Q. M.
    Si   conclude  affinche'  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia
dichiarare   costituzionalmente   illegittime   le  disposizioni  qui
impugnate  del  decreto  legislativo  24  marzo 2006, n. 157, recante
«Disposizioni  correttive  ed  integrative  al decreto legislativo 22
gennaio  2004,  n. 42,  in  relazione al paesaggio», per le ragioni e
sotto i profili illustrati nel presente ricorso.
    Si depositano:
        1) il verbale della Conferenza unificata del 26 gennaio 2006;
        2)  la  delibera  della giunta regionale n. 451 del 19 giugno
2006.
    Firenze-Roma, addi' 25 giugno 2006
               Avv. Lucia Bora - Avv. Fabio Lorenzoni
06C0613