N. 85 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 luglio 2006

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 6 luglio 2006 (della Regione Veneto)

Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni -
  Enumerazione  dettagliata  di  materie,  ascritte  alla  competenza
  esclusiva dello Stato, nelle quali le Regioni non possono prevedere
  una disciplina diversa da quella del codice - Ricorso della Regione
  Veneto - Lamentata esorbitanza dalla legge di delega che consentiva
  la  sola  attuazione  delle  direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, con
  intervento  dello  Stato  di  carattere esclusivamente suppletivo e
  cedevole  -  Denunciata  violazione  della  potesta'  regionale  di
  immediata attuazione delle direttive comunitarie, eccesso di delega
  -  Lamentata  situazione  di  incertezza  normativa  con rischio di
  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento giuridico, all'interesse
  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini  -  Richiesta di sospensione
  dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3.
- Costituzione, artt. 76 e 117, quinto comma.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi e forniture - Limiti alla potesta' normativa delle Regioni,
  con  specificazione nel dettaglio delle materie di competenza dello
  Stato  e  delle  Regioni - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata
  emanazione  del  decreto  legislativo a conclusione di non corretta
  dinamica  procedimentale,  in  relazione  all'acquisizione  e  alla
  valutazione  del  parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni -
  Denunciata  violazione  dei  vincoli procedimentali stabiliti dalla
  legge  delega  -  Lamentata  situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, commi 2 e 3.
- Costituzione, art. 76.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e forniture - Individuazione delle materie «programmazione
  dei  lavori pubblici», «organizzazione amministrativa» e «compiti e
  requisiti  del responsabile del procedimento» fra quelle rientranti
  nella  competenza  concorrente  -  Ricorso  della  Regione Veneto -
  Lamentata  erroneita'  della  qualificazione,  con  interferenza in
  ambiti  di  competenza residuale delle Regioni - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 2.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e forniture - Approvazione dei progetti definitivi ai fini
  urbanistici  ed  espropriativi  da  parte  del consiglio comunale -
  Attribuzione  di valore di variante urbanistica a tutti gli effetti
  -  Ricorso  della  Regione Veneto - Lamentata inderogabilita' della
  regola, esclusione del controllo della Regione - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 98, comma 2.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Obbligo di un responsabile del procedimento
  unico   per   le   fasi   della   progettazione,  dell'affidamento,
  dell'esecuzione   -   Ricorso  della  Regione  Veneto  -  Lamentata
  interferenza  in ambiti di competenza residuale delle Regioni o, in
  subordine, estremo dettaglio della norma - Denunciata lesione della
  potesta'  legislativa  della  Regione  -  Lamentata  situazione  di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 10, comma 1.
- Costituzione, art. 117, comma terzo.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni -
  Individuazione di materie, ascritte alla competenza esclusiva dello
  Stato,  nelle quali le Regioni non possono prevedere una disciplina
  diversa  da  quella  del  codice  -  Ricorso della Regione Veneto -
  Lamentata inclusione di «subappalto», «attivita' di progettazione e
  piani  di sicurezza», «stipulazione e esecuzione dei contratti, ivi
  compresi   direzione   dell'esecuzione,   direzione   dei   lavori,
  contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione
  e  contabilita'  amministrative» e parzialmente «contratti relativi
  alla tutela dei beni culturali» - Denunciata lesione della potesta'
  legislativa  della  Regione  -  Lamentata  situazione di incertezza
  normativa  con  rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento
  giuridico,  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini -
  Richiesta   di   sospensione   dell'esecuzione  delle  disposizioni
  impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni -
  Individuazione di materie, ascritte alla competenza esclusiva dello
  Stato,  in  relazione  alle quali le Regioni «non possono prevedere
  una  disciplina  diversa  da  quella del presente codice», anziche'
  «non  possono  prevedere una disciplina contrastante con i principi
  desumibili  dal  presente  codice,  in  relazione alla tutela della
  concorrenza»  -  Ricorso  della  Regione Veneto - Lamentato estremo
  dettaglio  della  disciplina,  in  considerazione  che  i contratti
  relativi  ai  lavori  pubblici,  ai  servizi  e  alle  forniture di
  «interesse  regionale»  sono  di  competenza  regionale,  e  che la
  materia  esclusiva  statale  «tutela  della  concorrenza»  non puo'
  espropriare  del tutto le competenze regionali - Denunciata lesione
  della  potesta'  legislativa della Regione, lesione del criterio di
  proporzionalita'   e   adeguatezza,  irragionevolezza  -  Lamentata
  situazione  di  incertezza  normativa  con  rischio di irreparabile
  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico, all'interesse pubblico, ai
  diritti  dei  cittadini  - Richiesta di sospensione dell'esecuzione
  delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3.
- Costituzione,  artt. 76  e  117,  commi  secondo,  terzo,  quarto e
  quinto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Procedure per l'affidamento di incarichi di
  progettazione  di  importo  inferiore  alla  soglia  comunitaria  -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  - Questione sollevata in subordine
  alle  questioni  relative  all'art. 4,  comma 3 - Lamentato estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile  2006,  n. 163, art. 91, commi 1 e 2, e Parte II,
  titolo I e titolo II.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi   e   forniture   -   Verifica  della  progettazione  prima
  dell'inizio  dei  lavori,  nonche'  affidamento  della attivita' di
  direzione  dei  lavori a «soggetti scelti con le procedure previste
  dal   presente   codice   per   l'affidamento  degli  incarichi  di
  progettazione» - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata
  in   subordine   alle  questioni  relative  all'art. 4,  comma 3  -
  Lamentato   estremo   dettaglio  ed  eccessiva  analiticita'  della
  disciplina,   compressione   dell'autonomia   normativa  regionale,
  previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine -
  Denunciata   lesione  della  potesta'  legislativa  della  Regione,
  lesione  del  principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 112, comma 5, lett. b), e 130,
  comma 2, lett. c).
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Indicazione  tassativa ed esclusiva delle
  tipologie di contratti mediante i quali possono essere realizzati i
  lavori   pubblici  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -  Questione
  sollevata  in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3
  -  Lamentato  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita' della
  disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale laddove
  non  consente  di legiferare in modo difforme, previsione di misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 53, comma 1.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Disciplina  su  pubblicita' e termini, in
  quanto  applicabili  agli  appalti di importo inferiore alla soglia
  comunitaria - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in
  subordine  alle  questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato
  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita'  della  disciplina,
  compressione  dell'autonomia  normativa  regionale,  previsione  di
  misure  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata
  lesione  della  potesta'  legislativa  della  Regione,  lesione del
  principio  di  ragionevolezza  - Lamentata situazione di incertezza
  normativa  con  rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento
  giuridico,  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini -
  Richiesta   di   sospensione   dell'esecuzione  delle  disposizioni
  impugnate.
- D.lgs.  12 aprile  2006, n. 163, artt. 70, 71, 72, 122, commi 1, 2,
  3, 4, 5 e 6, 252, comma 3, e 253, commi 10 e 11.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e forniture - Disciplina delle acquisizioni in economia di
  beni,  servizi  e lavori - Ricorso della Regione Veneto - Questione
  sollevata  in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3
  -  Lamentato  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita' della
  disciplina,   compressione   dell'autonomia   normativa  regionale,
  previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine -
  Denunciata   lesione  della  potesta'  legislativa  della  Regione,
  lesione  del  principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 125, commi 5, 6, 7, 8 e 14.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Criteri di aggiudicazione - Ricorso della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alle questioni
  relative  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed
  eccessiva     analiticita'     della    disciplina,    compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile  2006, n. 163, artt. 11, comma 4, 81, 82, 83, 84,
  85, 86, 87 e 88.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Possibilita'  di  limitare  il numero dei
  candidati   idonei   da  invitare  nelle  procedure  ristrette  con
  riferimento  ai soli «lavori di importo pari o superiore a quaranta
  milioni  di  euro»  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  - Questione
  sollevata  in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3
  -  Lamentato  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita' della
  disciplina,  compressione  dell'autonomia  normativa  regionale  in
  relazione   ad  un'autonoma  disciplina  dell'istituto  della  c.d.
  forcella   anche   con   riferimento  ai  contratti  sotto  soglia,
  previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine -
  Denunciata   lesione  della  potesta'  legislativa  della  Regione,
  lesione  del  principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile 2006, n. 163, artt. 55, comma 6, e 62, commi 1, 2
  e 4.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Procedura ristretta semplificata, in quanto
  applicabile  agli  appalti  di  lavori sotto soglia - Ricorso della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alle questioni
  relative  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed
  eccessiva     analiticita'     della    disciplina,    compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 123 e 257, comma 3.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  - Procedura negoziata, in quanto applicabile
  agli  appalti di lavori sotto soglia - Ricorso della Regione Veneto
  -   Questione   sollevata  in  subordine  alle  questioni  relative
  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed eccessiva
  analiticita'    della   disciplina,   compressione   dell'autonomia
  normativa   regionale,   previsione  di  misure  sproporzionate  ed
  eccessive  rispetto  al  fine  -  Denunciata lesione della potesta'
  legislativa  della Regione, lesione del principio di ragionevolezza
  -  Lamentata  situazione  di  incertezza  normativa  con rischio di
  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento giuridico, all'interesse
  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini  -  Richiesta di sospensione
  dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile  2006,  n. 163,  artt. 54,  comma 4,  56, 57, 62,
  commi 1, 2, 4 e 7, e 122, comma 7.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Regolamentazione della fase di raccolta e
  selezione  delle  proposte con riferimento all'istituto del project
  financing  -  Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in
  subordine  alle  questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato
  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita'  della  disciplina,
  compressione  dell'autonomia  normativa  regionale,  previsione  di
  misure  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata
  lesione  della  potesta'  legislativa  della  Regione,  lesione del
  principio  di  ragionevolezza  - Lamentata situazione di incertezza
  normativa  con  rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento
  giuridico,  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini -
  Richiesta   di   sospensione   dell'esecuzione  delle  disposizioni
  impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 153.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Disciplina dei livelli di progettazione -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  - Questione sollevata in subordine
  alle  questioni  relative  all'art. 4,  comma 3 - Lamentato estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 93.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e forniture - Disciplina delle forme di garanzia - Ricorso
  della  Regione  Veneto  -  Questione  sollevata  in  subordine alle
  questioni   relative   all'art. 4,   comma 3 -   Lamentato  estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 75, 113 e 252, comma 6.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Disciplina del subappalto - Ricorso della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alle questioni
  relative  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed
  eccessiva     analiticita'     della    disciplina,    compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 118, comma 2.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture - Disciplina dei piani di sicurezza - Ricorso
  della  Regione  Veneto  -  Questione  sollevata  in  subordine alle
  questioni   relative   all'art. 4,   comma 3  -  Lamentato  estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 131.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e forniture - Disciplina delle varianti in corso d'opera -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  - Questione sollevata in subordine
  alle  questioni  relative  all'art. 4,  comma 3 - Lamentato estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 132.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  - Disciplina del collaudo, con previsione di
  ulteriore  specificazione  ad  opera di regolamento - Ricorso della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alle questioni
  relative  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed
  eccessiva     analiticita'     della    disciplina,    compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 120, comma 2, e 141.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  - Disciplina dell'Autorita' per la vigilanza
  sui   contratti   pubblici   di  lavori,  servizi  e  forniture,  e
  dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
  e forniture - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in
  subordine  alle  questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato
  estremo  dettaglio  ed  eccessiva  analiticita'  della  disciplina,
  compressione  dell'autonomia  normativa  regionale  con preclusione
  alle  Regioni  di  legiferare  definendo  procedure  piu'  snelle e
  compatibili  con  l'organizzazione  propria delle sezioni regionali
  dell'Osservatorio  dei  contratti  pubblici,  previsione  di misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile  2006,  n. 163,  artt. 6, comma 9, lett. a), e 7,
  comma 8.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Contratti  relativi  ai  beni culturali -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  - Questione sollevata in subordine
  alle  questioni  relative  all'art. 4,  comma 3 - Lamentato estremo
  dettaglio  ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 197, 204 e 205.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Disciplina  del  contenzioso  -  Istituto
  dell'accordo  bonario  -  Aspetti  organizzativi  -  Ricorso  della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alle questioni
  relative  all'art. 4,  comma 3  -  Lamentato  estremo  dettaglio ed
  eccessiva     analiticita'     della    disciplina,    compressione
  dell'autonomia    normativa   regionale,   previsione   di   misure
  sproporzionate  ed  eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione
  della  potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di
  ragionevolezza  -  Lamentata situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 240, commi 9 e 10.
- Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Previsione di regolamento governativo che
  detti   la   disciplina   esecutiva   e   attuativa  del  codice  -
  Applicabilita'  nei  confronti  delle  Regioni  «limitatamente agli
  aspetti   di   cui  all'art. 4,  comma 3»,  ascritti  alla  materia
  «trasversale»  della  «tutela  della  concorrenza»  - Ricorso della
  Regione  Veneto - Denunciata violazione dei principi costituzionali
  in  tema  di  potesta' regolamentare, e in subordine violazione del
  principio  di leale collaborazione per mancata previsione di previa
  intesa   con  la  Conferenza  Stato-Regioni  per  gli  aspetti  che
  interferiscono  con  le  competenze  regionali in materia di lavori
  pubblici, organizzazione amministrativa e funzioni amministrative -
  Lamentata   situazione  di  incertezza  normativa  con  rischio  di
  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento giuridico, all'interesse
  pubblico,  ai  diritti  dei  cittadini  -  Richiesta di sospensione
  dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 1.
- Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 118.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Previsione di regolamento governativo che
  detti   la   disciplina   esecutiva   e   attuativa  del  codice  -
  Applicabilita'  nei  confronti  delle  Regioni  «limitatamente agli
  aspetti  di  cui all'art. 4, comma 3», con riferimento ai contratti
  di  interesse  regionale di «rilevanza comunitaria» - Ricorso della
  Regione  Veneto  -  Questione sollevata in subordine alla questione
  precedente  sulla medesima disposizione - Denunciata violazione dei
  principi  costituzionali  in  tema di partecipazione delle Regioni,
  nelle  materie  di  loro competenza, alla formazione, attuazione ed
  esecuzione  degli  accordi  internazionali e degli atti dell'Unione
  europea,  escludenti  l'adozione  di  norme  regolamentari  statali
  vincolanti, in subordine mancata previsione di previa intesa con la
  Conferenza Stato-Regioni, nonche' mancanza di specifico principio o
  criterio  direttivo  della  legge  delega - Lamentata situazione di
  incertezza   normativa  con  rischio  di  irreparabile  pregiudizio
  all'ordinamento  giuridico,  all'interesse pubblico, ai diritti dei
  cittadini   -   Richiesta   di  sospensione  dell'esecuzione  delle
  disposizioni impugnate.
- D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 1.
- Costituzione, artt. 76 e 117, comma quinto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  -  Regolamento  governativo  di esecuzione e
  attuazione   del   codice   -   Individuazione  delle  disposizioni
  rientranti  in ambiti di legislazione statale esclusiva applicabili
  anche alle Regioni, demandata allo stesso regolamento anziche' alla
  legge o atto equiparato - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata
  lesione   del   principio   di  legalita'  che  regola  i  rapporti
  Stato-Regioni  -  Lamentata  situazione di incertezza normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 2.
- Costituzione, artt. 76 e 117, commi terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi e forniture - Possibilita' per tutte le stazioni appaltanti
  di  adottare propri capitolati, oppure di far proprio il capitolato
  generale adottato dal ministro delle infrastrutture - Ricorso della
  Regione   Veneto  -  Lamentata  esclusione  che  la  Regione  possa
  prevedere la approvazione di un capitolato generale per le stazioni
  che  appaltino  lavori  pubblici «di interesse regionale» oppure la
  adozione  da  parte  di  tutte  le  stazioni  appaltanti  di schemi
  uniformi   di   capitolati  speciali  -  Denunciata  lesione  della
  competenza  legislativa regionale sui lavori pubblici "di interesse
  regionale"  e  sulla  organizzazione  propria  e degli enti da essa
  dipendenti  -  Lamentata  situazione  di  incertezza  normativa con
  rischio  di  irreparabile  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico,
  all'interesse  pubblico,  ai  diritti  dei cittadini - Richiesta di
  sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate.
- D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, commi 7 e 9.
- Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto.
Appalti  pubblici  - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi  e  forniture  - Lavori pubblici «di interesse regionale» e
  lavori  in  economia  - Fase transitoria fino all'entrata in vigore
  del  regolamento  governativo  di  esecuzione e attuazione - Rinvio
  alla  disciplina  regolamentare  statale  -  Ricorso  della Regione
  Veneto  - Denunciata lesione delle competenze regionali - Lamentata
  situazione  di  incertezza  normativa  con  rischio di irreparabile
  pregiudizio  all'ordinamento  giuridico, all'interesse pubblico, ai
  diritti  dei  cittadini  - Richiesta di sospensione dell'esecuzione
  delle disposizioni impugnate.
- D.lgs.  12 aprile 2006, n. 163, art. 253, commi 3, primo periodo, e
  22, lett. a).
- Costituzione,  artt. 117,  commi secondo, terzo, quarto e quinto, e
  118.
(GU n.37 del 13-9-2006 )
    Rirocorso  ex  art.  127  Cost.,  con istanza di sospensiva della
Regione  Veneto, in persona del presidente della giunta regionale pro
tempore, autorizzato con deliberazioni della giunta regionale n. 1885
del  13  giugno  2006  e  n. 2065 del 27 giugno 2006, rappresentata e
difesa,  giusto  mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof.
Vittorio  Domenichelli  del  Foro  di  Padova, dall'avv. Romano Morra
dell'Avvocatura  regionale, e dall'avv. Luigi Manzi del Foro di Roma,
con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi,
via Confalonieri n. 5;
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  degli artt. 4, commi 2, 3; 5,
commi  1, 2, 7, 9; 10, comma 1; 91, commi 1, 2 (e disposizioni di cui
alla  Parte  II, Titolo I e Titolo II, cui ivi si rinvia); 112, comma
5,  lettera  b);  130, comma 2, lettera c); 98, comma 2; 53, comma 1;
122, commi da 1 a 6; 70; 71; 72; 125, commi 5, 6, 7, 8, 14; 11, comma
4; 81; 82; 83; 84; 85; 86; 87; 88; 55, comma 6; 62, commi 1, 2, 4, 7;
123;  54, comma 4; 56; 57; 122, comma 7; 153; 93; 75; 113; 118, comma
2;  131;  132; 141; 120, comma 2; 6, comma 9, lettera a); 7, comma 8;
240,  commi  9, 10; 197; 204; 205; 252, commi 3, 6; 253, commi 3, 10,
11,  22, lettera a); 257, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163,
pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 100  del  2  maggio  2006,
supplemento  ordinario  n. 107,  per  violazione degli artt. 76, 117,
commi 2, 3, 4, 5, 6, 118 Cost., e dei principi di ragionevolezza e di
leale collaborazione.

                              F a t t o

    Nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 100 del 2 maggio 2006, supplemento
ordinario  n. 107,  e'  stato  pubblicato  il  d.lgs. 12 aprile 2006,
n. 163  (recante  Codice  dei  contratti  pubblici relativi a lavori,
servizi  e  forniture  in  attuazione  delle  direttive  2004/17/CE e
2004/18/CE),  in  dichiarata  attuazione  della  delega  conferita al
Governo  con  gli  artt. 1,  2 e 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62
(legge comunitaria per il 2004).
    La  delega riguardava - agli artt. 1, 2 e 25 - l'attuazione delle
direttive  comunitarie 2004/17 e 2004/18, entrambe del 31 marzo 2004,
recanti  rispettivamente  il coordinamento delle procedure di appalto
degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono
servizi  di  trasporto  e  servizi  postali  e il coordinamento delle
procedure   di  aggiudicazione  degli  appalti  pubblici  di  lavori,
forniture  e  di  servizi:  direttive,  quindi, aventi ad oggetto non
tutti   i   «contratti   pubblici»,  ma  solo  quelli  di  «rilevanza
comunitaria», nei settori indicati.
    La  medesima  legge  n. 62  del  2005  conferiva  al  Governo una
ulteriore  e distinta delega, avente ad oggetto la adozione di «testi
unici   delle   disposizioni  dettate  in  attuazione  delle  deleghe
conferite  per  il  recepimento  di direttive comunitarie, al fine di
coordinare  le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse
materie,  apportando  le sole modificazioni necessarie a garantire la
semplificazione  e  la coerenza logica, sistematica e lessicale della
normativa» (art. 5, comma 1).
    Il  decreto  legislativo approvato dal Governo regola in generale
tutti i contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture, siano «di
rilevanza comunitaria», siano essi «sotto soglia».
    La  regione  ricorrente  ritiene  che le disposizioni del decreto
legislativo  n. 163  del  2006 indicate in epigrafe ledano le proprie
competenze per i profili e per i motivi di seguito indicati.

                            D i r i t t o

    1.  -  Giova  premettere  che  il  settore dei contratti pubblici
relativi   a  lavori,  servizi  e  forniture  rientra  (anche)  nelle
competenze  della  regione,  ai sensi degli artt. 117, commi 3 e 4, e
118, commi 1 e 2 Cost.
    Se  e' vero che la sola circostanza che un determinato oggetto di
disciplina  normativa  non sia immediatamente riferibile ad una delle
materie  elencate  nei  commi  2  e  3  dell'art. 117  Cost.,  non e'
sufficiente  per  ricomprenderlo in toto nell'ambito della competenza
residuale  delle regioni (Corte cost., sent. n. 370 del 2003), e' pur
vero  che  i «lavori pubblici» rappresentano «ambiti di legislazione»
che  non integrano una vera e propria materia, ma vanno qualificati a
seconda  dell'oggetto  al  quale  afferiscono; pertanto, essi possono
essere  ascritti  di  volta in volta a potesta' legislative esclusive
dello  Stato  (ad  es.  le opere richieste da esigenze di difesa o di
sicurezza),  ovvero  a potesta' legislative concorrenti (cosi' ancora
la  sent.  303  del  2003; si pensi ai porti e aeroporti civili, alle
grandi  reti  di  trasporto,  alle  opere  destinate alla produzione,
trasporto  e  distribuzione nazionale di energia, o quelle volte alla
tutela  della  salute),  ovvero,  ancora  alla  potesta'  legislativa
residuale,  come  nel  caso  di  lavori concernenti infrastrutture di
interesse  esclusivamente  regionale  o  locale. Da questo riparto di
competenze  deriva  la imprescindibile e fondamentale distinzione tra
«lavori  pubblici  di  interesse  nazionale»  e  «lavori  pubblici di
interesse regionale».
    La  medesima  distinzione e' da fare per i contratti che hanno ad
oggetto   servizi   o   forniture:  si  tratta  invero  di  contratti
strumentali  alla  esecuzione  e  alla  gestione di lavori e di opere
pubbliche,  oppure  di  contratti  indispensabili al funzionamento di
enti   ed  apparati.  Pure  qui,  quindi,  accanto  a  contratti  che
interessano esclusivamente lo Stato, vi sono contratti che la regione
puo'  disciplinare nell'ambito della potesta' concorrente o di quella
residuale   (e   in   quest'ultimo  settore  -  come  «organizzazione
amministrativa»  -  ricadono  senz'altro  i  contratti  per servizi e
forniture  posti  in essere dalla regione per le esigenze del proprio
apparato).
    Nell'ambito  delle attribuzioni regionali ricadono pure contratti
pubblici  conclusi  da  altri  enti terrioriali, nei limiti in cui la
regione  puo'  determinarne le funzioni, in applicazione dei principi
di  cui  all'art. 118,  commi  1 e 2, Cost.: da cio' deriva che anche
queste  disposizioni  costituzionali  concorrono  a  definire i campi
materiali incisi dalle discipline sui contratti.
    La  riconduzione  degli  oggetti regolati dal decreto legislativo
n. 163  del  2006  ai  lavori pubblici regionali, alla organizzazione
regionale,  alle competenze spettanti alla regione ex art. 118, commi
2  e  3,  non  esclude  evidentemente  che  lo Stato abbia titolo per
determinare   aspetti   della   disciplina,   che   condizionano   ed
interferiscono con le normative della regione; ma dovra' trattarsi di
interventi  puntualmente  circoscritti entro i limiti costituzionali:
cio' che non e' avvenuto per le disposizioni qui impugnate.
    2.   -   Illegittimita'  dell'art. 4,  comma  3,  per  violazione
dell'art. 76 Cost., in relazione agli artt. 1, comma 6, e 5, comma 5,
della  legge n. 62 del 2005, e per violazione dell'art. 117, comma 5,
Cost.
    Con  riferimento  ai  contratti  «di  rilevanza  comunitaria», il
Governo  era  stato delegato solamente a emanare «le norme occorrenti
per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli
allegati A) e B): allegati nei quali figurano le direttive 2004/17/CE
e 2004/18/CE (art. 1, comma 1).
    In  ordine ai rapporti con l'ordinamento comunitario, l'art. 117,
comma  5,  Cost.,  stabilisce  che le regioni, in tutte le materie di
loro  competenza,  provvedono  all'attuazione  e all'esecuzione degli
atti  dell'Unione  europea,  nel  rispetto  delle  norme di procedura
stabilite  da  legge  dello  Stato,  che  disciplina  le modalita' di
esercizio  del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La riserva
di  legge  e'  stata  assolta  mediante la legge n. 11/2005, la quale
ribadisce  che  le  regioni  «possono  dare immediata attuazione alle
direttive  comunitarie»,  in  tutte  le  materie  di  loro competenza
(art. 16,   comma   1,   primo   periodo);   nell'ottica  della  sola
«attuazione»  delle  direttive  (prescindendo cioe' dall'esercizio di
altri  titoli  di  competenza  statale, che all'evidenza continuano a
sussistere),  la  legge 11 prevede poi unicamente un intervento dello
Stato   con  funzione  di  «sostituzione  preventiva»  delle  regioni
inadempienti,  intervento  con  carattere esclusivamente suppletivo e
cedevole (v. artt. 11, comma 8 e 16, comma 3).
    Ebbene,   con   riferimento   alle   citate   direttive,   e   in
considerazione  delle  competenze  materiali  regionali,  la legge di
delega  consentiva al Governo solo la attuazione di esse, nei sensi e
nei  limiti  della  legge n. 11 del 2005: come risulta senza ombra di
dubbio  dal  principio  direttivo  dell'art. 1,  comma 6, della legge
n. 62.
    Il   decreto   legislativo   n. 163,   in  effetti,  contiene  la
disposizione  in  se' generalissima dell'art. 4, comma 4, a norma del
quale  le  disposizioni  del  codice  si  applicano, nelle materie di
competenza normativa regionale, concorrente o esclusiva, alle regioni
«nelle  quali  non  sia ancora in vigore la normativa di attuazione e
perdono  comunque  efficacia  dalla entrata in vigore della normativa
adottata  da  ciascuna  regione»;  sennonche' questa norma, di sicura
garanzia   per   le   regioni,  e'  insanabilmente  contraddetta  dal
precedente  comma  3  dello  stesso art. 4, che vincola le regioni al
rispetto  incondizionato  di  una  serie di norme, fatte rientrare in
oggetti di legislazione statale esclusiva.
    Quest'ultima    disposizione    appare   quindi   in   violazione
dell'art. 117, comma 5, Cost., come attuato dalla legge n. 11/2005, e
dell'art. 76  Cost.,  in  relazione  all'art. 1, comma 6, della legge
delega,  in  quanto,  con  riferimento  ai  contratti  «di  rilevanza
comunitaria», il Governo non si e' limitato a prevedere norme statali
con esclusivo carattere suppletivo e cedevole.
    Analoga  violazione  dell'art. 76  Cost. si ha anche in relazione
alla  disciplina dei contratti di interesse regionale «sotto soglia»,
in  quanto il vincolo a dettare solo norme suppletive e cedevoli, pur
non  derivando  dall'art. 117, comma 5, Cost., si imponeva al Governo
per  effetto  dell'art. 5,  comma  5, della medesima legge di delega:
anche  nel compito di adozione dei testi unici inglobanti le norme di
attuazione  comunitaria  e  le norme meramente «interne» sulle stesse
materie,  il  Governo  era  testualmente ed espressamente tenuto alla
adozione  di  sole  norme suppletive e cedevoli, per quanto potessero
interferire con le competenze regionali.
    3.  -  Illegittimita'  dell'art. 4,  commi  2,  3, per violazione
dell'art. 76  Cost.,  in  relazione all'art. 25, comma 2, della legge
n. 62 del 2005.
    I  commi  2  e  3 dell'art. 4 del «Codice dei contratti pubblici»
sono  costituzionalmente  illegittimi, sotto il profilo dell'«eccesso
di delega», per vizio del procedimento formativo.
    Al riguardo, va ricordato che il secondo comma dell'art. 25 della
legge  di delega prescriveva espressamente che il decreto legislativo
fosse  emanato  «sentito  il parere della Conferenza unificata di cui
all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281».
    Orbene,  lo  schema  di decreto legislativo recante il codice dei
contratti  pubblici,  deliberato  dal  Governo il 13 gennaio 2006, e'
stato  effettivamente  assoggettato al previo parere della Conferenza
unificata Stato-regioni-citta', la quale, tuttavia, si e' pronunciata
(con il parere 9 febbraio 2006) su un testo che, per cio' che attiene
alle  disposizioni  qui  specificamente  impugnate, era completamente
differente  rispetto  a  quello  poi  adottato  in via definitiva dal
Consiglio   dei   ministri   con   deliberazione   23   marzo   2006,
successivamente  emanato  dal  Presidente  della Repubblica ed infine
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.
    Al  fine  di  rendersi  agevolmente  conto  di  cio',  va  invero
ricordato    che    l'impugnato   art. 4   del   d.lgs.   n. 163/2006
(disciplinante  le  competenze  legislative  di Stato e regioni), nel
testo  contenuto nello «schema di decreto» sottoposto al parere della
Conferenza   unificata,   si  riduceva  ad  una  scarna  disposizione
letteralmente formulata nei termini che seguono:
        1.  -  Le  Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano
esercitano  la potesta' normativa nelle materie di propria competenza
nel   rispetto   delle   disposizioni  dettate  dal  presente  codice
relativamente  alle  materie  oggetto  di  competenza esclusiva dello
Stato  e  in  conformita'  ai principi ricavabili dal presente codice
relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente.
        2.  -  Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano,
nel  rispetto  dell'art.  117, secondo comma, lettera e), non possono
prevedere   una  disciplina  della  qualificazione  e  selezione  dei
concorrenti,  nonche' di svolgimento delle procedure di gara, diversa
da quella prevista nel presente codice».
    Come si vede, dunque, l'articolo in questione, nella sua versione
originaria  sottoposta  alla  Conferenza  unificata,  si  limitava  a
richiamare  genericamente  i  limiti  costituzionali  della  potesta'
legislativa  regionale,  ed individuava poi due soli specifici ambiti
di   disciplina   (qualificazione   e   selezione   dei  concorrenti;
svolgimento  delle  procedure  di gara) riconducibili alla competenza
eslcusiva statale in materia di «tutela della concorrenza».
    Dopo   l'acquisizione  del  parere  della  Conferenza  unificata,
tuttavia,  il Governo ha completamente riscritto l'articolo in esame,
e  cio'  ha  fatto  in  senso  fortemente limitativo della competenza
normativa  regionale,  nonostante  il  parere  reso  dalla Conferenza
fosse, come noto, gia' fortemente negativo.
    Piu'  precisamente,  il  nuovo testo dell'art. 4 (poi adottato in
via definitiva dal Governo) non si limita piu' a richiamare le regole
generali   attinenti   all'esercizio   della   potesta'   legislativa
regionale,   ma   pretende   ora  di  specificare  nel  dettaglio  le
«sub-materie»  di  rispettiva competenza dello Stato e delle regioni,
identificando  al  secondo  comma  ben  cinque  ambiti  di disciplina
asseritamente  riconducibili  alla  competenza concorrente (mentre il
testo originario della norma nulla stabiliva sul punto), ed elencando
al  terzo  comma  addirittura diciassette «oggetti» (rispetto ai soli
due  contenuti  nel  testo  originario)  pretesamente  riservati alla
competenza statale esclusiva, in ordine ai quali e' del tutto esclusa
una disciplina regionale difforme.
    In  virtu'  di tali radicali e rilevantissime modifiche, l'art. 4
del  «Codice»  e' stato dunque sostanzialmente innovato rispetto alla
sua  versione  originaria,  deliberata  dal  Governo  (come detto) il
13 gennaio  2006  e  quindi  sottoposta  alla Conferenza unificata il
successivo 9 febbraio.
    Da  quanto detto consegue pertanto che il nuovo schema di decreto
legislativo  rielaborato dal Governo avrebbe dovuto essere nuovamente
sottoposto  al  prescritto parere della Conferenza unificata prima di
essere  definitivamente adottato dal Consiglio dei ministri (e quindi
emanato  dal  Presidente  della Repubblica). E cio' tanto piu' ove si
consideri che le modifiche sostanziali apportate dal Governo al testo
normativo  erano  venute  pesantemente  ad  incidere  -  come detto -
proprio  sull'ampiezza  della  competenza normativa riconosciuta alle
regioni,  e  dunque su un aspetto centrale e qualificante dell'intera
disciplina.
    L'adempimento  procedimentale  specificamente imposto dalla legge
di  delega  e' stato tuttavia illegittimamente pretermesso, in quanto
il  Consiglio  dei  ministri  ha  adottato in via definitiva il nuovo
testo  del  decreto legislativo (con la citata deliberazione 23 marzo
2006) senza previamente acquisire (come era invece doveroso) un nuovo
parere della Conferenza unificata.
    Il  «limite» stabilito dalla legge di delega e' stato dunque solo
apparentemente  rispettato, ma in realta' sostanzialmente violato dal
Governo,  il  quale  ha  sottoposto alla Conferenza unificata (per il
parere  di  competenza) un testo radicalmente diverso (quantomeno per
cio'  che  riguarda  le disposizioni qui impugnate) rispetto a quello
poi  adottato  dallo stesso Esecutivo e quindi emanato dal Presidente
della Repubblica.
    In  ragione  di  cio',  l'art. 4, commi 2 e 3, d.lgs. n. 163/2006
deve  ritenersi costituzionalmente illegittimo sotto il profilo della
violazione  dei  c.d.  «limiti  ulteriori»  della delega, non essendo
stato  rispettato,  nel  caso  di specie, il «vincolo procedimentale»
previsto dall'art. 25, comma 2, della legge di delega n. 62/2005.
    4.  -  Illegittimita'  dell'art. 4,  comma 2,  limitatamente alle
parole   «programmazione   di   lavori   pubblici»,   «organizzazione
amministrativa»,   «compiti   e   requisiti   del   responsabile  del
procedimento», per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
    L'art. 4,   comma   2,  relativamente  alle  materie  oggetto  di
competenza   concorrente,   stabilisce   anzitutto   che  le  regioni
«esercitano   la   potesta'   normativa  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali  contenuti  nelle norme del [...] codice»; e, per questa
parte,  il  legislatore  statale  si  limita ad individuare l'obbligo
(ovvio)  del  rispetto  dei principi fondamentali della materia, come
previsto  dall'art. 117,  terzo  comma,  Cost.;  nella seconda parte,
invece,  del  comma  2,  il  legislatore  delegato  si  preoccupa  di
individuare,  «in particolare», una serie di materie (o sub-materie),
che qualifica come oggetto di competenza concorrente.
    Con  il  presente  motivo  si  contesta  la riconducibilita' alla
potesta' legislativa ripartita Stato-regioni di alcune delle elencate
materie,  e  precisamente della «programmazione dei lavori pubblici»,
della  «organizzazione  amministrativa», dei «compiti e requisiti del
responsabile    del    procedimento»:   settori   che   non   possono
legittimamente  rientrare  tra gli oggetti di competenza concorrente,
«interferenti»  con  le competenze regionali sui lavori pubblici, sui
servizi e sulle forniture «di interesse regionale».
    Quanto    alla   «programmazione   dei   lavori   pubblici»,   la
«programmazione» non e' una «materia» in senso proprio, ma un «metodo
di  intervento»,  metodo  secondo  il  quale,  in  base  alle risorse
disponibili,  si  indicano  i  criteri,  i  tempi, i mezzi finanziari
necessari  all'efficace svolgimento di una certa attivita' proiettata
nel  futuro, in vista del perseguimento di determinati obiettivi, con
previsione della valutazione dei risultati conseguiti. Puo' ritenersi
un «modo di esercizio delle competenze», da disciplinarsi di volta in
volta   con  fonti  statali  o  regionali  a  seconda  dell'attinenza
dell'attivita'  di programmazione ad ambiti di competenza dello Stato
o delle regioni.
    E' dunque da ritenere che, con riferimento ai lavori pubblici «di
interesse   regionale»,   la   programmazione  ricada  in  ambito  di
competenza residuale delle regioni.
    Quanto  alla  materia  «organizzazione amministrativa», nel nuovo
assetto di competenze costituzionali, e con riferimento agli enti non
statali,   e'   diventata,  per  stesso  riconoscimento  della  Corte
costituzionale, oggetto di «potesta' legislativa regionale esclusiva»
(sent.  n. 17/2004); incomprensibilmente, dunque, il Governo delegato
la  ha  ricondotta  nell'ambito  della  competenza  concorrente,  tra
l'altro  disattendendo  le  considerazioni  che anche il Consiglio di
Stato  aveva  svolto  nel parere n. 355/2006, sullo schema di decreto
legislativo.
    Quanto   ai   «compiti   e   requisiti   del   responsabile   del
procedimento»,  si  puo'  anche  in  questo caso rilevare come non si
tratti  di  un  oggetto  di  potesta'  concorrente previsto nel testo
costituzionale.   Tale   ambito  attiene  in  particolare  a  profili
organizzativi  che,  come  sopra  chiarito, sono lasciati alla libera
regolazione del legislatore regionale.
    5.  -  Illegittimita' degli artt. 10, comma 1, 98, comma 2, nella
parte  in  cui  pongono  «princpi  fondamentali  della  materia», per
violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.
    Per  le  materie  oggetto di legislazione concorrente, il comma 2
dell'art. 4 prevede, come si e' detto, che le regioni siano vincolate
non  a  tutte  le  disposizioni  del codice (destinato a regolare nel
dettaglio  anche  i  contratti  delle amministrazioni statali), ma ai
principi  ricavabili da quelle disposizioni: sotto questo profilo, la
prospettiva  del  decreto  legislativo  non  viene  contestata  dalla
regione.
    Cio',  tuttavia, non rende immune da vizi l'art. 98, comma 2, del
codice,   il   quale  stabilisce  che  «l'approvazione  dei  progetti
definitivi  da  parte  del  consiglio  comunale  costituisce variante
urbanistica  a  tutti  gli  effetti».  Non si revoca in dubbio che la
norma  ricada  nel  settore  della «approvazione dei progetti ai fini
urbanistici  ed  espropriativi»,  che  l'art. 4,  comma  2, riconduce
correttamente  all'art. 117,  comma  3 («governo del territorio»); si
contesta  invece  che la disposizione esprima una regola inderogabile
assai pervasiva, che sottrae al controllo della regione competente la
verifica  della  variante  urbanistica, con conseguente lesione delle
competenze  costituzionalmente  ad essa spettanti (cfr., su questione
sostanzialmente  analoga,  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
pronunciata  con  la sent. n. 206/2001, lettera a) del dispositivo, e
la relativa motivazione al n. 30 della parte in diritto).
    Una  censura  dello  stesso  tipo  di  quella appena svolta viene
estesa anche all'art. 10, comma 1, d.lgs. n. 163, secondo il quale vi
deve  essere  «un  responsabile  del  procedimento, unico per le fasi
della  progettazione,  dell'affidamento, dell'esecuzione». Secondo la
regione  ricorrente, la disposizione rientra nella propria competenza
residuale;  tuttavia,  per  il  caso in cui la Corte non riconosca il
vizio  denunciato al n. 4, si lamenta che la norma abbia un carattere
cosi' dettagliato da non lasciare alcuna possibilita' di adattamento.
Non  si  vede  per  quale  motivo  fasi  che,  seppur collegate, sono
strutturalmente,  funzionalmente  ed economicamente autonome, debbano
di  necessita'  avere  un  unico  responsabile  dei procedimenti; tra
l'altro, si tratta di procedimenti che possono intervenire a notevole
distanza  di  tempo  (si pensi alla gara per la progettazione, e alla
fase di esecuzione).
    6. - Illegittimita' parziale dell'art. 4, comma 3, per violazione
dell'art. 117, commi 2, 3, 4, Cost.
    All'art. 4,  comma  3, del decreto n. 163 il Governo richiama una
serie  nutrita  di  disposizioni  del  codice,  raggruppandole  sotto
determinate  «etichette»,  al  fine  -  espressamente  indicato  - di
imporne  la  inderogabilita'  assoluta  da  parte  delle  regioni. Il
presupposto  del  limite cosi' stabilito - implicito ma evidente - e'
che  le  disposizioni  elitticamente richiamate ricadano in ambiti di
competenza esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost.:
e  piu'  di  preciso,  negli ambiti di competenza della «tutela della
concorrenza»     (oramai    classica    competenza    «trasversale»),
dell'«ordinamento civile» e della «giurisdizione».
    La   regione   contesta   decisamente,   anzitutto,  l'inclusione
nell'elenco  di  alcuni  oggetti,  che  sono  invece  ragionevolmente
riconducibili   a   materie   di  propria  competenza  concorrente  o
residuale.  Cio'  vale  per  le  norme relative al «subappalto», alle
«attivita'   di   progettazione   e  ai  piani  di  sicurezza»,  alla
«stipulazione  e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione
dell'esecuzione,  direzione  dei  lavori, contabilita' e collaudo, ad
eccezione    dei    profili    di   organizzazione   e   contabilita'
amministrative»;  e  vale,  per  taluni  profili,  per  i  «contratti
relativi  alla  tutela  dei  beni  culturali».  Si tratta di materie,
tutte, non qualificabili (o non completamente qualificabili), come di
competenza esclusiva statale.
    Quanto  al  «subappalto»,  il  collegamento  con  la tutela della
concorrenza e' cosi' labile che - se fosse sufficiente ad attrarne la
disciplina  alla  competenza  statale - determinerebbe una espansione
abnorme   della   stessa   «tutela»,   in   quanto   nelle  relazioni
economico-contrattuali  non  vi e' elemento che non possa in astratto
essere  riguardato  sotto  il  profilo  concorrenziale. Il subappalto
appartiene   piuttosto  alle  modalita'  attraverso  le  quali  viene
raggiunto  il  risultato  «economico»  al  quale  e'  preordinato  il
contratto.
    La  «attivita'  di progettazione» di opere ed impianti - per come
e'  intesa  nel  codice  -  non  puo'  che ritenersi ricompresa nella
funzione  legislativa  concorrente, in quanto attiene al «governo del
territorio»,  materia  in  cui ricade «tutto cio' che attiene all'uso
del  territorio e alla localizzazione di impianti ed attivita» (sent.
n. 307/2003,)  comprensiva,  quindi, delle materie dell'urbanistica e
dell'edilizia  (sent.  n. 362/2003  e  n. 196/2004)  e  dunque  delle
attivita'   di   progettazione   che   ad   esse  sono  evidentemente
strumentali.   Anche   il  Consiglio  di  Stato,  nel  citato  parere
n. 335/2006,   proponendo   la   riformulazione   dei  commi  2  e  3
dell'art. 4,  aveva ricondotto la progettazione dei lavori, forniture
e servizi nell'ambito delle competenze di tipo concorrente.
    Con riferimento ai «piani di sicurezza», va innanzitutto rilevata
l'inspiegabile  distinzione operata dalla norma tra la «sicurezza del
lavoro»,   ricondotta  correttamente  dal  comma  2  alla  competenza
concorrente, e i «piani di sicurezza», che vengono, invece, ascritti,
dal  comma  ora impugnato, alla competenza di tipo esclusivo statale.
Ma  anche  i  «piani  di sicurezza» sono riconducibili al terzo comma
dell'art. 117  Cost.:  alla  «sicurezza  del  lavoro»,  per  cio' che
concerne   la  riduzione  al  minimo  dei  rischi  di  infortuni  dei
lavoratori  impiegati  nell'appalto; al «governo del territorio», per
la  loro  funzione  di  concorrere alla progettazione esecutiva; alla
«istruzione  professionale».  Ed e' ancora una volta da ricordare che
il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 355/2006, nel riformulare
l'art. 4  del decreto legislativo non ha enucleato una materia «piani
della  sicurezza»  come  di  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ma
ricondotto  le disposizioni relative nell'ambito della «sicurezza sul
lavoro».
    Circa  la  assenta  esclusiva  competenza  statale in ordine alla
«stipulazione  e  l'esecuzione  dei contratti, ivi compresi direzione
dell'esecuzione,  direzione  dei  lavori, contabilita' e collaudo, ad
eccezione    dei    profili    di   organizzazione   e   contabilita'
amministrative»,  e'  chiaro  che  si  tratta  di  settori  attinenti
piuttosto   ad   aspetti   organizativi   e  procedurali  dell'azione
amministrativa, e che essi vanno inclusi, a seconda dell'oggetto, tra
le    materie   di   competenza   concorrente   o   residuale.   Piu'
specificamente,  non  vengono  qui  in  rilevo  la  stipulazione e la
esecuzione  come  regolate  dal codice civile, cosi' che possa essere
invocata   l'inerenza   di   tali   aspetti   alla   materia-funzione
«ordinamento   civile»;   per  quanto  riguarda  poi  l'istituto  del
«collaudo»,   non   sussiste   alcun   titolo   che   giustifichi  il
condizionamento statale su una disciplina regionale che, regolando la
materia,   preveda  l'adozione  di  atti  finalizzati  ad  assicurare
comportamenti  uniformi delle stazioni appaltanti nella realizzazione
dei lavori pubblici di interesse regionale.
    Infine, l'ultima parte del comma 3 dell'art. 4 del codice esclude
del  tutto  la  competenza  regionale per ogni aspetto concernente la
disciplina dei «contratti relativi alla tutela dei beni culturali».
    Certamente  la  «tutela»  dei  beni culturali (art. 117, comma 2,
lett.  s),  Cost.) e' «materia» distinta dalla «valorizzazione» degli
stessi;  tuttavia,  anche  nella  materia  della  tutela  dei beni e'
possibile  individuare  aspetti  della disciplina che non assolvono a
una   funzione   di   salvaguardia,  come  e',  ad  esempio,  per  la
determinazione  della  cauzione,  per l'organizzazione amministrativa
degli  interventi,  per  il  responsabile  dei procedimenti, o per la
stessa  approvazione  dei  progetti.  Ne' e' possibile operare qui un
frettoloso   giudizio   di   prevalenza   della  materia  statale  su
concomitanti  aspetti  di competenza regionale: lo vieta il principio
espresso  dall'art. 118,  comma  3, Cost., che positivamente da' voce
all'interesse  regionale proprio per quanto attiene alla «tutela» dei
beni  culturali,  imponendo alla legge statale di disciplinare «forme
di  intesa  e  coordinamento»;  per  quanta discrezionalita' si possa
riconoscere   in  proposito  al  legislatore  nazionale,  contraddice
frontalmente con la norma costituzionale la riserva operata sul punto
dal comma 3 dell'art. 4.
    7.  -  Incostituzionalita'  parziale  dell'art. 4, comma 3, nella
parte  in  cui  prevede  che  le  regioni  «non possono prevedere una
disciplina  diversa  da  quella  del  presente codice», anziche' «non
possono   prevedere   una  disciplina  contrastante  con  i  principi
desumibili  dal  presente  codice,  in  relazione  alla  tutela della
concorrenza»,  per  violazione degli artt. 76, 117, commi 2, 3, 4, 5,
Cost., e del principio di ragionevolezza.
    Il  comma 3 dell'art. 4 contiene una disposizione sostanzialmente
di  «autoqualificazione»: le norme del codice in essa richiamate sono
tutte  ascritte  alla  competenza  esclusiva  dello Stato, e ne viene
imposto il rispetto alle regioni.
    Nel  precedente  motivo del ricorso si e' contestato che tutte le
norme siano effettivamente coperte dalla riserva dell'art. 117, comma
2,  Cost.; ora invece si contesta che, comunque (anche nell'esercizio
di   una   materia,   come  la  tutela  della  concorrenza,  ad  esso
indiscutibilmente  spettante) lo Stato possa vincolare le regioni con
un    insieme    di   norme,   dettagliate   ed   eterogenee,   tutte
indiscriminatamente accomunate dal vincolo della inderogabilita'.
    Due sono i principi costituzionali da tenere in considerazione.
    Il  primo:  i contratti relativi ai lavori pubblici, ai servizi e
alle   forniture   «di   interesse  regionale»,  sono  di  competenza
regionale.
    Il   secondo:   la   materia   esclusiva  statale  «tutela  della
concorrenza»,  la  disciplina della quale puo' interferire con quella
dei   «contratti   regionali»,   presenta  caratteri  peculiari,  ben
delineati  dalla  giurisprudenza  della  Corte,  e riassumibili nella
massima per cui lo Stato non puo' espropriare del tutto le competenze
regionali con norme estremamente dettagliate ed autoapplicative.
    La   tutela   della   concorrenza,  invero,  secondo  la  nozione
ricostruita  dal Giudice delle leggi, costituisce si' «una delle leve
della  politica  economica  statale e pertanto non puo' essere intesa
soltanto  in senso statico, ... ma anche in quell'accezione dinamica,
ben  nota  al  diritto  comunitario,  che giustifica misure pubbliche
volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente
sviluppo  del  mercato  o  ad  instaurare assetti concorrenziali». Ma
proprio per cio' «una dilatazione massima di tale competenza, che non
presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di
una  funzione  esercitabile sui piu' diversi oggetti, rischierebbe di
vanificare  lo  schema  di  riparto  dell'art. 117  Cost.,  che  vede
attribuite  alla  potesta'  legislativa residuale e concorrente delle
regioni   materie  la  cui  disciplina  incide  innegabilmente  sullo
sviluppo economico».
    Si  tratta  allora  di  definire  l'ambito  di operativita' della
competenza   legislativa   statale   attinente   alla  «tutela  della
concorrenza»   e   conseguentemente   la  legittimita'  dei  relativi
interventi  statali, in sintonia con l'ampliamento delle attribuzioni
regionali disposto dalla revisione del Titolo V (sent. n. 14/2004).
    Soccorre   a   tal   fine   l'applicazione   del  criterio  della
«proporzionalita-adeguatezza»,  di cui la Corte ha fatto applicazione
in  tema  di  affidamento  dei  servizi  pubblici  locali,  ritenendo
censurabili  disposizioni  statali  tanto  dettagliate  da  risultare
ingiustificate  e  non  proporzionate  rispetto  all'obiettivo  della
tutela  della  concorrenza,  con conseguente illegittima compressione
dell'autonomia regionale (sent. n. 272/2004).
    Assai  illuminante per il motivo del ricorso qui esposto e' anche
la  sentenza  n. 482 del 1995, resa nel giudizio che aveva ad oggetto
la  c.d. legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109 - Legge quadro
in  materia  di  lavori  pubblici),  in  parte  trasfusa  nel decreto
legislativo  n. 163.  Anche  la  legge  n. 109 conteneva una norma di
«autoqualificazione», per la quale le disposizioni della legge stessa
dovevano     considerarsi     «norme    fondamentali    di    riforma
economico-sociale  e principi della legislazione dello Stato». Con la
sentenza n. 482, pur affermando che la complessiva e profonda riforma
introdotta  dalla  legge sui lavori pubblici riguardava un settore di
importanza nazionale che richiedeva l'attuazione di principi uniformi
su tutto il territorio del Paese, la Corte precisava tuttavia che non
era   possibile   attribuire  a  tutte  le  disposizioni  e  ad  ogni
prescrizione normativa il valore di principio o di norma fondamentale
del  settore,  ma  solo ai «nuclei essenziali del contenuto normativo
che quelle disposizioni esprimono, per i principi enunciati o da esse
desumibili»;  conseguentemente,  essa  riconduceva  a legittimita' la
norma  di  autoqualificazione,  limitando il vincolo ai soli principi
desumibili  dalla  legge  Merloni,  anziche'  a tutte le disposizioni
della legge medesima.
    La    «autoqualificazione»    generale   e   generica   contenuta
nell'art. 4, comma 3, presenta ulteriori profili di irragionevolezza,
considerando separatamente le discipline relative ai contratti «sopra
soglia» e a quelli «sotto soglia» comunitaria.
    Per  quanto  riguarda i contratti «sopra soglia», le finalita' di
tutela   della   concorrenza   sono   gia'  assolte  dalla  normativa
comunitaria, rispetto alle quali lo stesso legislatore nazionale, per
i   contratti   di   «propria»  competenza,  ha  ridotti  margini  di
intervento:  per  i  contratti  di  interesse  regionale, quindi, una
disciplina  nazionale  che  si  interponga  tra  quella comunitaria e
quella  regionale  appare  di regola sproporzionata rispetto al fine,
salvi  casi  eccezionalissimi,  che  il  legislatore statale dovrebbe
avere  l'onere di prospettare e di dimostrare. Nello stesso ordine di
idee  si  e' mosso il Consiglio di Stato, con particolare riferimento
alle  «procedure  di  gara»,  pur  fatte rientrare nella tutela della
concorrenza (par. n. 3 del parere cit.).
    Per  i  contratti  «sotto  soglia»,  nonostante  una  tendenziale
uniformazione  alla disciplina delle direttive, le esigenze di tutela
della  concorrenza  appaiono  attenuate,  dovendo  tutt'al  piu',  in
circostanze particolari, come ad es. l'affidamento di una concessione
comportante   un   valore  economico  molto  limitato,  rispondere  a
«condizioni  di  trasparenza che, senza necessariamente comportare un
obbligo  di  fare ricorso ad una gara, siano, in particolare, tali da
consentire  a  un'impresa  avente  sede  nel  territorio di uno Stato
membro  diverso  da  quello della Repubblica italiana di aver accesso
alle  informazioni adeguate relative alla detta concessione prima che
essa  sia  attribuita,  di  modo  che  tale  impresa,  se  lo  avesse
desiderato,   sarebbe  stata  in  grado  di  manifestare  il  proprio
interesse  ad  ottenere  la  detta  concessione» (Corte di giustizia,
sent. 21 luglio 2005, causa C231/2003).
    Se   si   tengono   contemporaneamente  presenti  le  competenze,
regionali e i (limitati, nel senso precisato) poteri statali a tutela
della concorrenza, l'unico modo per ricondurre a costituzionalita' la
previsione  generale  dell'art. 4,  comma  3, e' quello di ridurre la
portata  del  vincolo che esso impone alle regioni: costringendole al
rispetto  non  di  tutte le numerosissime disposizioni sinteticamente
richiamate, ma solo dei principi da esse ricavabili.
    8.   -   Incostituzionalita'   degli  artt. 91,  commi  1,  2  (e
disposizioni  di  cui alla Parte II, Titolo I e Titolo II, cui ivi si
rinvia);  112,  comma  5,  lettera  b); 130, comma 2, lettera c); 53,
comma  1; 122, commi da 1 a 6; 70; 71; 72; 125, commi 5, 6, 7, 8, 14;
11,  comma  4; 81: 82: 83; 84; 85; 86; 87; 88; 55, comma 6; 62, commi
1, 2, 4, 7; 123; 54, comma 4; 56; 57; 122, comma 7; 153; 93; 75; 113;
118, comma 2; 131; 132; 141; 120, comma 2; 6, comma 9, lettera a); 7,
comma 8; 240, commi 9, 10; 197; 204; 205; 252, commi 3, 6; 253, commi
10, 11; 257, comma 3; del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
per  violazione  dell'art. 117, commi 2, 3 e 4, Cost. e del principio
di ragionevolezza.
    Per  l'eventualita'  di  mancato  accoglimento  dei motivi svolti
supra  sub  6 e 7, si contestano le seguenti disposizioni del «Codice
dei  contratti  pubblici»  perche',  pur  se  riferibili alla materia
«tutela  della  concorrenza»  (di  competenza esclusiva dello Stato),
presentano   un   carattere  di  estremo  dettaglio  e  di  eccessiva
analiticita',   e   comprimono  dunque  illegittimamente  l'autonomia
normativa  regionale,  prevedendo  misure sproporzionate ed eccessive
rispetto al fine:
        in  materia  di  affidamento di incarichi di progettazione di
importo  inferiore  alla  soglia  comunitaria, presentano il suddetto
carattere    di    eccessiva   analiticita',   e   vengono   pertanto
specificamente  impugnate  per  contrasto  con il ricordato canone di
ragionevolezza   e   proporzionalita',   le   disposizioni   di   cui
all'art. 91,  commi  1 e 2, nonche' le disposizioni di cui alla parte
II,  titolo  I  e  titolo  II,  cui  viene  ivi  fatto rinvio. A tale
riguardo,  va  ricordato che, per cio' che attiene in via generale ai
contratti   di   importo   inferiore   alla  soglia  comunitaria,  il
legislatore  statale  dovrebbe  limitarsi alla fissazione di principi
fondamentali, volti ad assicurare trasparenza, parita' di trattamento
e  non  discriminazione,  ovvero  a regolare il mercato ed a favorire
rapporti  concorrenziali  nell'ambito  dello  stesso,  senza tuttavia
spingersi  -  come e' stato invece fatto nel caso di specie - a porre
anche  una pervasiva disciplina di dettaglio [si veda sul punto Corte
cost., n. 345/2004, ove si e' ritenuto che l'estensione agli acquisti
sotto   soglia  di  beni  e  servizi  della  normativa  nazionale  di
recepimento  della  disciplina  comunitaria non implichi per gli enti
autonomi  l'applicazione  di puntuali modalita', ma solo l'osservanza
dei  principi  desumibili  dalla  normativa  medesima, in particolare
laddove  le  disposizioni statali impongono la gara, fissano l'ambito
soggettivo  ed  oggettivo  di  tale obbligo, limitano il ricorso alla
trattativa  privata e collegano alla violazione dell'obbligo sanzioni
civili (nullita' dei contratti) e forme di responsabilita];
        per  le  medesime considerazioni svolte al punto che precede,
ovvero  per  il carattere di eccessivo dettaglio che lede l'autonomia
normativa regionale, vanno censurati l'art. 112, comma 5, lettera b),
in  tema  di  verifica  dei  progetti,  nonche'  l'art. 130, comma 2,
lettera   c),   laddove  prevede  l'affidamento  della  attivita'  di
direzione dei lavori a «soggetti scelti con le procedure previste dal
presente codice per l'affidamento degli incarichi di progettazione»;
        norma  sproporzionata  ed eccessiva rispetto al fine, laddove
sembra non consentire alle regioni di legiferare in modo difforme, e'
anche  l'art. 53,  comma  1,  nella  parte  in  cui individua in modo
tassativo  ed  esclusivo  le  tipologie di contratti mediante i quali
possono  essere  realizzati  i  lavori pubblici, tra l'altro in senso
restrittivo   rispetto  alle  modalita'  consentite  dall'ordinamento
comunitario.  Anche  con riferimento a tale disposizione, la rilevata
incostituzionalita' appare particolarmente evidente in relazione alla
categoria  dei  contratti  pubblici  di importo inferiore alla soglia
comunitaria;
        in   tema   di  «pubblicita»  e  «termini»,  vanno  censurati
l'art. 122,  commi  da  1  a  6,  e  gli  artt. 70, 71, 72, in quanto
applicabili agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria
in  forza  di  specifici  richiami  ovvero della clausola generale di
rinvio  di  cui all'art. 121, comma 1. Analoga censura va svolta, per
le  medesime  ragioni,  in  relazione  all'art. 252, comma 3, nonche'
all'art. 253, commi 10, 11;
        presenta   un  carattere  di  eccessivo  dettaglio  anche  la
disciplina  delle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori:
per  cui  vanno  contestate,  sotto  tale  profilo,  le  disposizioni
dell'art. 125, commi da 5 a 8 e 14;
        anche   con  riferimento  ai  criteri  di  aggiudicazione  va
lamentato  il  carattere  di  eccessivo  dettaglio  della  disciplina
introdotta   dal   «Codice»:   il  che  impone  dunque  di  impugnare
specificamente l'art. 11, comma 4, e gli artt. da 81 a 88, che per la
loro  estrema analiticita' non lasciano alcun effettivo spazio ad una
autonoma disciplina di dettaglio di fonte regionale;
        per  analoghe  ragioni, vanno impugnati l'art. 55, comma 6, e
l'art. 62,  commi  1,  2  e  4,  nella  parte  in  cui, prevedendo la
possibilita'  di  limitare  il numero di candidati idonei da invitare
nelle  procedure ristrette con riferimento ai soli «lavori di importo
pari  o  superiore  a  quaranta milioni di euro», sembrano precludere
irragionevolmente alle regioni la possibilita' di dettare una propria
autonoma  disciplina  dell'istituto  della  c.d. «forcella» anche con
riferimento ai contratti sotto soglia;
        sempre  per il carattere di eccessivo dettaglio, va impugnato
anche  l'art. 123,  soprattutto  in  considerazione  del fatto che la
«procedura ristretta semplificata» (ivi disciplinata) e' istituto che
trova  applicazione  agli  appalti di lavori sotto soglia. In stretta
correlazione,   e   per  il  medesimo  motivo,  e'  lesiva  la  norma
transitoria  dell'art. 257,  comma  3,  che per il corrente anno 2006
cristallizza   gli   elenchi   previsti   dall'art. 23   della  legge
n. 109/1994;
        per  le  medesime  ragioni  di cui sopra, vanno impugnati gli
artt. 54,  comma 4, 56, 57, 62, commi 1, 2, 4 e 7, e 122, comma 7, in
quanto  per la loro eccessiva analiticita' precludono alle regioni la
possibilita' di dettare una propria autonoma disciplina relativamente
alla  procedura  negoziata,  soprattutto  con  riferimento  (anche in
questo caso) al settore degli appalti sotto soglia;
        sempre  per  il  carattere  di eccessiva analiticita' che non
lascia alcun effettivo spazio ad una autonoma disciplina regionale di
dettaglio, vanno specificamente impugnati l'art. 153, che regolamenta
la  fase  di  raccolta  e  selezione  delle  proposte con riferimento
all'istituto  del  project  financing;  l'art. 93  laddove  pone  una
dettagliata  e  rigida  disciplina  dei livelli di progettazione; gli
artt. 75  e  113,  che  dettano una pervasiva ed analitica disciplina
delle  forme di garanzia, nonche', in correlazione, l'art. 252, comma
6;  l'art. 118,  comma 2, che norma in modo estremamente analitico il
subappalto; l'art. 131, che regolamenta in termini dettagliatissimi i
piani  di  sicurezza;  l'art. 132,  nella  misura in cui la analitica
disciplina delle varianti in corso d'opera, ivi contenuta, non lascia
alcun autonomo spazio di intervento al legislatore regionale; nonche'
gli  artt. 120,  comma 2, e 141 in materia di collaudo, sempre per la
estrema  analiticita'  della  disciplina  ivi  contenuta,  di  cui e'
addirittura   prevista   l'ulteriore   specificazione  ad  opera  del
regolamento;
        da  ultimo,  sempre con riferimento agli ambiti di disciplina
ascrivibili  alla  «tutela  della  concorrenza»,  vanno censurati gli
artt. 6,  comma 9, lettera a), e 7, comma 8, nella misura in cui, per
la   loro   eccessiva   analiticita',   precludono  alle  regioni  la
possibilita'   di   legiferare  definendo  procedure  piu'  snelle  e
compatibili  con  l'organizzazione  propria  delle  sezioni regionali
dell'Osservatorio dei contratti pubblici.
    Sempre  per  l'eventualita'  di  mancato  accoglimento dei motivi
svolti  supra  sub 6 e 7, vanno specificamente impugnati gli articoli
197,  204  e 205 del decreto legislativo n. 163/2006, i quali, pur se
ipoteticamente  riferibili  alla  materia «tutela dei beni culturali»
(di   competenza  esclusiva  dello  Stato),  presentano  comunque  un
carattere  di  estremo  dettaglio  e  di  eccessiva  analiticita',  e
comprimono  dunque  illegittimamente l'autonomia normativa regionale,
prevedendo  -  anche  in  questo  caso  -  misure  sproporzionate  ed
eccessive rispetto al fine.
    Analogo  discorso  va fatto anche con riferimento alla disciplina
del  «contenzioso»  (di  cui  agli  artt. 239  e  ss.), la quale, pur
essendo   certamente   riconducibile  ad  una  materia  di  esclusiva
competenza   statale  che  consente  l'introduzione  di  limiti  piu'
penetranti  rispetto a quelli ammessi relativamente alla tutela della
concorrenza  e  dei  beni culturali, risulta cionondimeno illegittima
nella  misura  in  cui sia articolata in termini cosi' dettagliati ed
analitici  da non lasciare alcuno spazio di intervento al legislatore
regionale.  In un tale ottica, vanno specificamente censurati i commi
9  e  10  dell'art. 240,  i quali disciplinano in modo eccessivamente
analitico    aspetti    prettamente    organizzativi    dell'istituto
dell'accordo bonario, precludendo alle regioni qualsiasi possibilita'
di dettare sul punto una propria autonoma disciplina.
    9.  -  Incostituzionalita'  dell'art. 5,  comma  1,  del  decreto
n. 163,  per  violazione  degli  artt. 117, comma 6, 118 Cost., e del
principio di leale collaborazione.
      9.1.  -  L'art. 5 del decreto prevede che il Governo detti «con
regolamento la disciplina esecutiva e attuativa» del codice, seguendo
un  procedimento  al  quale  partecipano  il  Consiglio superiore dei
lavori  pubblici  e  il  Consiglio  di Stato (mentre non si impone la
necessita' del coinvolgimento delle regioni).
    Gli  aggettivi  «esecutivo»  ed «attuativo» usati per definire la
capacita' innovativa del regolamento non devono trarre in inganno. Il
compito  affidato  al  Governo  non e' affatto limitato alla semplice
posizione  di  norme  di dettaglio e di specificazione di scelte gia'
operate  dal  codice,  ma  si  estende in molti punti alla fissazione
della  disciplina sostanziale: come dimostrano (oltre al lungo elenco
delle  «materie» elencate al comma 5) le numerose disposizioni che al
regolamento  fanno espresso rinvio (cfr. ad es. gli artt. 40, 94, 124
comma  7,  ...), e come e' sottolineato dalla circostanza che, tra le
condizioni per il parere favorevole sullo schema del decreto, la VIII
Commissione  permanente  della  Camera  aveva posto l'inserimento del
parere  parlamentare  nel  procedimento  di  adozione del regolamento
(intervento   parlamentare  ritenuto  necessario,  evidentemente,  in
ragione  della alta politicita' del compito normativo auto-affidatosi
dal Governo; cfr. doc. 1° marzo 2006, lettera g).
    Il  regolamento e' destinato a valere nella sua integralita' solo
per  «amministrazioni  ed  enti  statali»,  mentre per la generalita'
delle  amministrazioni  (e  quindi  anche  per  le  regioni  e  per i
contratti  «di  interesse  regionale»  conclusi da altri soggetti) la
applicabilita'  della fonte subordinata e' limitata alle disposizioni
che  concernono  «gli aspetti di cui all'articolo 4, comma 3»: vale a
dire,  tutti  quegli  aspetti che - secondo il legislatore delegato -
rientrano  nella  competenza  esclusiva  dello  Stato,  ai  sensi del
secondo comma dell'art. 117 Cost.
    Il  testo  definitivamente  approvato  supera  cosi'  i dubbi che
potevano  sorgere  dallo schema preliminare deliberato dal Governo il
13  gennaio 2006: come rilevato nel parere della Conferenza unificata
del 9 febbraio, l'originario art. 5 pareva vincolare ogni e qualsiasi
amministrazione  a  tutte  le  norme  regolamentari  ricadenti  nelle
materie  o nei settori o sugli oggetti indicati in termini amplissimi
nello stesso art. 5 (in particolare all'allora comma 4, ora 5), tutti
considerati  ex  lege  come  rientranti nella «competenza legislativa
statale esclusiva».
    Nonostante  la  pur  significativa  modifica  apportata, l'art. 5
continua  a  ledere  le competenze costituzionalmente attribuite alla
regione;  e  non  si  tratta  soltanto  della incostituzionalita' che
deriva  dall'avere  l'art. 4,  comma 3, del decreto ricompreso tra le
materie  statali  esclusive  settori  ed  oggetti  che  tali non sono
affatto  (v. supra  n. 6).  Ad  ogni buon conto, la regione chiede la
dichiarazione  di  illegittimita'  delle  norme che piu' direttamente
rinviano  al regolamento governativo la disciplina di quegli oggetti:
si  tratta  degli  artt. 120,  comma 2, e 141, in materia di collaudo
(per i motivi sopra illustrati al n. 8).
    In   termini   piu'  generali,  la  disposizione  dell'art. 5  e'
illegittima per gli ulteriori profili e motivi che seguono.
    9.2.   -   Il  comma  6  dell'art. 117  Cost.  limita  il  potere
regolamentare  dello  Stato  alle  sole  materie  nelle quali esso ha
«legislazione  esclusiva».  Per  ritenere che l'art. 5, d.lgs. n. 163
non   contrasti   con   tale  norma,  non  basta  pero'  la  semplice
considerazione  che  il  vincolo  al regolamento e' ora limitato agli
aspetti  indicati  dal  precedente  art. 4,  comma  3  (eventualmente
ridotti   per  effetto  della  dichiarazione  di  incostituzionalita'
richiesta con il presente ricorso).
    Letteratura e giurisprudenza costituzionale hanno definitivamente
messo  in  rilievo  che  non  tutte le materie indicate all'art. 117,
comma  2,  Cost.  sono  nettamente  distinguibili  e separabili dalle
materie  di competenza regionale; al contrario, molte «materie» dello
Stato    (le    materie    «trasversali»,    le   «non-materie»,   le
«materie-valori»  ...)  sono  in  grado di condizionare le competenze
regionali,  senza  tuttavia  -  di  regola  -  esaurirle o assorbirle
integralmente.   Tra  queste  rientra  senz'altro  la  «tutela  della
concorrenza»,  come  hanno  ampiamente mostrato decisioni della Corte
(v. sent. n. 272/2004, e le argomentazioni sopra esposte).
    La  distinzione non puo' non riflettersi sull'interpretazione del
comma 6 dell'art. 117.
    Se  la  disciplina  di  una  materia  statale trasversale porta a
(configurare legittimamente una specifica funzione statale, intestata
ad  organi  dello  Stato,  puo'  forse  concedersi  che quella stessa
funzione  sia  regolabile dallo Stato tanto in via legislativa quanto
in  via  regolamentare  (si pensi ai compiti di approvazione di certi
piani  o  elenchi,  oppure alla disciplina di strutture dell'apparato
centrale che siano destinate ad operare in settori regionali, e cosi'
via).  Ma se la materia trasversale dell'art. 117 Cost. consente allo
Stato  solo  di  indirizzare  e  di  vincolare,  in  modo piu' o meno
penetrante,  la  funzione normativa della regione, per quale motivo i
vincoli  non  dovrebbero  assumere  la  esclusiva forma della legge o
dell'atto  avente  forza  di  legge?  Per  quale  motivo  si dovrebbe
differenziare  -  sotto  questo  aspetto - tra i vincoli espressi dai
principi  fondamentali  (non  apponibili con regolamento: cfr. sentt.
nn. 303/2003;  364/2003)  e i vincoli espressi dalla disciplina delle
materie trasversali, se la struttura e il modo di operare dei vincoli
sono - come sono - i medesimi?
    Il   sesto  comma  dell'art. 117  Cost.  -  che  ben  puo'  dirsi
precipitato  e svolgimento della giurisprudenza formatasi sul vecchio
Titolo  V - svolge una funzione essenziale di garanzia delle regioni:
esso  vuole  che l'autonomia politica di questi enti territoriali sia
limitata  solo da atti riconducibili direttamente o in via mediata al
Parlamento,  luogo  della  rappresentanza  nazionale,  nel  quale  le
decisioni   politiche  sono  assunte  con  procedure  formalizzate  e
pubbliche,   con   il  concorso,  ovviamente  in  grado  diverso,  di
maggioranza e di opposizioni; esso impedisce che il solo Governo, con
la  maggioranza  che  lo  sostiene,  possa  orientare  l'azione delle
politicamente variegate autonomie regionali.
    Una  diversa lettura della disposizione costituzionale che qui si
assume  violata  finisce  con il privarla di significato normativo. A
tale  esito  invero  si giunge, quando si sostiene che il sesto comma
dell'art. 117  consente  allo  Stato  di  vincolare  le,egioni in via
regolamentare  in  tutti  i  casi  in  cui  le  puo' vincolare in via
legislativa:  a  seguire  la tesi, e per dare significato al disposto
costituzionale, si dovrebbe dire che - in mancanza di esso - lo Stato
potrebbe   intervenire  con  regolamento  anche  la'  dove  non  puo'
condizionare  le  regioni  mediante la legge. Ma se la conseguenza e'
cosi' aberrante, la tesi non puo' essere accettabile.
    La   incostituzionalita'   di   regolamenti  statali  in  materie
«trasversali»,  dalla  cui disciplina possono derivare vincoli per le
regioni,   non  e'  smentita  dalla  giurisprudenza  che  ammette  la
costituzionalita',   nelle   stesse   materie,  di  particolari  atti
amministrativi  attraverso  i quali lo Stato fissa agli enti autonomi
standard,  indirizzi e obiettivi: il riferimento e' naturalmente alla
giurisprudenza  sulle disposizioni che regolano la determinazione dei
livelli  essenziali  delle  prestazioni  in  materia sanitaria (v. la
sent. n. 88/2003). Questi atti amministrativi sono infatti chiamati a
sviluppare  e  a  ulteriormente  determinare  finalita'  e  obiettivi
specifici,  gia'  puntualmente  determinati dalla legge; inoltre, nel
procedimento  della  loro  formazione  entra  (e deve necessariamente
entrare) l'apporto decisorio delle regioni.
    Altro  e' invece il caso della comune potesta' regolamentare, non
legata  alla legge dal medesimo tipo di rapporto (e fino a quando non
lo  sia:  che',  se  lo fosse, il «regolamento» sarebbe soggetto allo
stesso  regime  degli  atti  amministrativi di indirizzo: v. la sent.
n. 134/2006).
    Traendo   le   conclusioni  sul  punto,  l'art. 5,  comma  1,  e'
illegittimo,  per violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., nella
parte  in  cui prevede la applicabilita' alle regioni, e ai contratti
di  «interesse  regionale», delle disposizioni regolamentari riferite
ai  settori  che  l'art. 4,  comma  3,  ascrive  alla  «tutela  della
concorrenza».
    9.3.   -  In  via  subordinata,  la  regione  ricorrente  propone
questione  di  costituzionalita' dell'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 163,
nella  parte  in cui non prevede che le disposizioni regolamentari in
materia  di  «tutela  della concorrenza» siano adottate previa intesa
con  la  Conferenza  Stato-regioni, ai fini della loro applicabilita'
alle regioni e ai contratti «di interesse regionale».
    Il  regolamento  - nelle parti in cui regola i contratti pubblici
per  profili diversi dall'«ordinamento civile», dalla «giurisdizione»
e  dalla «giustizia amministrativa» - e' destinato ad interferire con
le  competenze  costituzionalmente  spettanti alla regione sui lavori
pubblici  (come  riconosciuto  dalla  Corte con la fondamentale sent.
n. 303/2003;   supra,   n. 1),  sulla  organizzazione  amministrativa
propria  e  degli  enti  da  essa  dipendenti, sulla disciplina delle
funzioni amministrative.
    Di  qui  la  necessita'  che  la competenza statale sulla «tutela
della   concorrenza»  sia  coordinata  con  le  competenze  regionali
attraverso  il  modulo  collaborativo  dell'intesa: la presenza nella
legislazione   ordinaria  di  formule  collaborative  e'  gia'  stata
valorizzata  dalla  Corte  per escludere la incostituzionalita' della
disciplina  impugnata  (v.  sent.  n. 303/2003; sent. n. 431/2005, in
materia  di  «difesa»,  altra  materia  esclusiva statale), mentre in
altre  occasioni  la  intesa con la conferenza Stato-regioni e' stata
introdotta  con sentenza additiva, per ricondurre a costituzionalita'
la legge statale impugnata (ad es. con la sent. n. 134/2006).
    Del resto, e' significativo che lo stesso decreto legislativo per
taluni   aspetti  della  disciplina  preveda  la  adozione  di  norme
regolamentari  previa  «intesa in sede di Conferenza unificata» (art.
201,  comma  3;  art. 204,  comma 3, art. 252 comma 3), o «sentita la
Conferenza  unificata»  (art.  204,  comma  4),  oppure  «sentita  la
Conferenza  Stato-regioni»  (art.  253,  comma  10)  (ne'  ovviamente
rileva,  a  questi  effetti,  che alcune di queste disposizioni siano
state  impugnate,  in quanto istituiscono potesta' regolamentari o in
quanto consentono norme eccessivamente dettagliate).
    10.  -  Incostituzionalita'  parziale  dell'art. 5,  comma 1, per
violazione degli artt. 76, 117, comma 5, Cost.
    Specifici  vizi  di costituzionalita' concernono l'art. 5, d.lgs.
n. 163,  nella parte in cui prevede l'applicabilita' alle regioni del
regolamento  governativo,  nelle  materie  dell'art.  4, comma 3, con
riferimento  ai  contratti  «di rilevanza comunitaria». La censura e'
svolta  per il caso di mancato accoglimento del motivo, piu' generale
ed assorbente, illustrato al precedente n. 9.
    Si  e' sottineato sopra il rilievo che, ai fini della valutazione
di  costituzionalita'  del  decreto  legislativo  n. 163, deve essere
assegnato  all'art.  117,  comma  5,  Cost., e alla conseguente legge
n. 11  del  2005. La legge n. 11 (norme di procedura a parte, qui non
rilevanti)   prevede   alcune   «interferenze»  statali  nel  compito
regionale  di  attuazione.  E nessuna di esse consente la adozione di
norme regolamentari vincolanti.
    Il   primo   tipo   di  intervento  statale  -  con  funzione  di
«sostituzione  preventiva» delle regioni inadempienti - e' gia' stato
richiamato.  Per  quanto ora interessa, e' da evidenziare che esso si
traduce in «disposizioni legislative» niente affatto inderogabili, ma
suppletive  e  cedevoli (art. 16, comma 3). Ed anche ad ammettere che
la  «sostituzione  preventiva» possa avvenire in via regolamentare, i
conseguenti regolamenti dovranno avere pur essi il medesimo carattere
suppletivo  e  cedevole:  cio'  che non e' affatto riconosciuto dalla
disposizione impugnata.
    Un  secondo  tipo di intervento statale e' ipotizzato dalla legge
n. 11/2005  per  il  caso in cui la disciplina comunitaria da attuare
tocchi  sia  materie  regionali,  sia  materie elencate all'art. 117,
comma 2, Cost.
    (Non  interessa  considerare  qui  un  terzo  tipo  di intervento
nazionale,  considerato dalla legge n. 11 - art. 16, comma 1, secondo
periodo  -  per  il  caso  in  cui  le  direttive tocchino materie di
legislazione  concorrente;  in  tale  ipotesi la inammissibilita' dei
regolamenti  deriva dalla natura stessa della competenza concorrente,
come in sostanza ammette lo stesso art. 5, d.lgs. n. 163).
    Nel  caso  dunque in cui entrino in gioco competenze ex art. 117,
comma  2, Cost., lo Stato «indica i criteri e formula le direttive ai
quali  si  devono  attenere le regioni e le province autonome ai fini
del   soddisfacimento   di   esigenze   di  carattere  unitario,  del
perseguimento  degli  obiettivi  della programmazione economica e del
rispetto  degli  impegni derivanti dagli obblighi internazionali»: la
legge di attuazione dell'art. 117, comma 5, Cost., non prevede dunque
alcun  esproprio  di  competenze regionali, ma solo la prefissione di
obiettivi rientranti nell'ambito di specifiche finalita'; ed aggiunge
poi  la regola che i criteri e le direttive sono dettati a) con legge
o  con  atto  avente  forza  di  legge,  oppure, b) con i regolamenti
previsti  dall'art. 11,  sulla base della legge comunitaria», oppure,
c) «mediante  deliberazione  del  Consiglio dei ministri, su proposta
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  o del Ministro per le
politiche  comunitarie, d'intesa con i Ministri competenti secondo le
modalita' di cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59».
    A  prescindere dalle considerazioni generali svolte al precedente
n. 2,   la  legge  n. 11/2005  -  nelle  materie  del  secondo  comma
dell'art. 117  Cost.,  che interferiscono con materie regionali (come
e'  per la materia che ci occupa) - non consente comunque la adozione
delle consuete norme regolamentari.
    Da  un lato, infatti, «i regolamenti previsti dall'art. 11» della
legge  n. 11/2005  sono quelli specificamente autorizzati dalla legge
comunitaria   a   dare   attuazione   alle  direttive,  con  puntuale
prefissione  legislativa  di «principi e criteri direttivi», «qualora
le  direttive  consentano  scelte in ordine alle modalita' della loro
attuazione»:  ma nessuna autorizzazione del genere e' contenuta nella
legge delega n. 62 del 2005, che anzi, quando non vi da' direttamente
attuazione,  sempre  ragiona  di  attuazione delle direttive mediante
decreti legislativi.
    D'altro  lato,  la deliberazione del Consiglio dei ministri - che
volesse  rivolgere alle regioni criteri e direttive ai fini di tutela
degli interessi statali nelle materie trasversali - per essere valida
dovrebbe  essere  adottata  «secondo  le  modalita' di cui all'art. 8
della  legge  15  marzo  1997,  n. 59»:  e  quindi,  come  dispone il
richiamato  art. 8, «previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome».
    Le  considerazioni  svolte  portano  a ritenere illegittima - per
violazione   dell'art.   117,  comma  5,  come  attuato  dalla  legge
n. 11/2005  -  la  previsione  del  potere regolamentare dell'art. 5,
d.lgs.  n. 163/2006,  nella parte in cui si riferisce ai contratti di
interesse  regionale  «di rilevanza comunitaria»; in subordine, nella
parte  in  cui  non prevede che il regolamento sia adottato di intesa
con  la  Conferenza  Stato-regioni,  come  previsto dall'art. 8 della
legge n. 59 del 1997.
    La censura ora argomentata non perde il proprio fondamento con il
rilevo  che  la  legge n. 11 del 2005 e' fonte di livello primario, e
che  fonte  di  livello  primario  e'  pure  il  decreto  legislativo
impugnato.  In  primo  luogo,  la  legge  n. 11 e' diretta attuazione
dell'art.  117  Cost.,  tale da implicare sia che le sue disposizioni
«possono   essere   modificate,   derogate,  sospese  o  abrogate  da
successive   leggi  solo  attraverso  l'esplicita  indicazione  delle
disposizioni  da  modificare, derogare, sospendere o abrogare» (cosi'
l'art.  21),  sia  che  essa puo' essere «ad un tempo il parametro di
valutazione  della legittimita' costituzionale degli atti legislativi
dello  Stato e delle regioni in materia ed il criterio interpretativo
degli  stessi»,  come incisivamente si esprime la sent. n. 12/2006, a
proposito  degli  artt.  5  e  6,  legge  n. 131/2003,  di attuazione
dell'art.  117,  quinto  e  nono  comma  Cost.  In  secondo  luogo, e
conseguentemente,  una  deroga  cosi'  rilevante  e  significativa al
sistema delineato dalla legge n. 11/2005 - come quella introdotta sul
punto  dal  decreto  legislativo  n. 163  - avrebbe dovuto costituire
oggetto  di  uno specifico principio o criterio direttivo della legge
di  delega, principio o criterio di cui non vi e' traccia nella legge
n. 62 del 2005.
    Tale  ultima considerazione induce a censurare l'art. 5, comma 1,
d.lgs.  n. 163,  anche  per  violazione dell'art. 76 Cost., avendo il
Governo  ecceduto  dalla  delega  conferitagli,  e potendo la regione
dolersi della violazione, in quanto si tratta del mancato rispetto di
previsioni dirette a conformare la propria autonomia nella attuazione
delle direttive comunitarie.
    11.  -  Illegittimita'  dell'art.  5,  comma  2,  per  violazione
dell'art. 117, commi 3 e 4, e dell'art. 76 Cost.
    Il  comma  2 dell'art. 5 rimette al regolamento di determinare le
disposizioni  di  esso  che  -  in  quanto  «esecutive o attuative di
disposizioni  rientranti  ai sensi dell'art. 4, comma 3, in ambiti di
legislazione   statale  esclusiva»  -  sono  applicabili  anche  alle
regioni.
    Una  autoqualificazione  statale  delle  norme  applicabili  alle
Regioni, pur potendosene apprezzare la ratio, non puo' essere operata
con un regolamento governativo, soprattutto quando, come nel caso, al
regolamento e' lasciato un margine di discrezionalita' assai ampio.
    In effetti, la disposizione impugnata finisce con il rimettere al
regolamento  sia  i limiti orizzontali della competenza della regione
(attraverso   la   definizione  «in  negativo»  dei  suoi  ambiti  di
competenza),  sia  i  limiti  verticali  (attraverso  la posizione di
vincoli  piu'  o  meno  penetranti,  destinati ad operare all'interno
delle  materie  regionali interferenti con quelle statali). Ma questo
compito  deve  essere  assolto  direttamente dalla legge o da un atto
equiparato: lo impongono in primo luogo l'art. 117, commi 2-4, Cost.,
e il principio di legalita' che regola i rapporti Stato-regioni.
    12.  -  Illegittimita'  dell'art.  5, commi 7 e 9, per violazione
dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost.
    Le   disposizioni   impugnate  consentono  a  tutte  le  stazioni
appaltanti  di  adottare  propri capitolati, oppure di far proprio il
capitolato   generale  adottato  dal  Ministro  delle  infrastrutture
(questo per gli appalti di lavori).
    Secondo  il  parere  reso dal Consiglio di Stato sullo schema del
decreto,  «non vi e' alcuna limitazione dei poteri regionali», stante
la  facoltativita'  della previsione (cosi' con specifico riferimento
all'ultimo  comma  dell'art.  5). Cio' e' vero per quanto riguarda la
regione  come  stazione appaltante, mentre non e' affatto vero per le
altre  stazioni,  le  quali  appaltino  lavori pubblici «di interesse
regionale».
    Le  disposizioni impugnate escludono che la legge regionale possa
prevedere  la approvazione di un apposito capitolato generale, oppure
la  adozione  da  parte  di  tutte  le  stazioni appaltanti di schemi
uniformi  di  capitolati speciali; in tal modo, pero', esse ledono la
competenza legislativa spettante alla regione sui lavori pubblici «di
interesse  regionale»,  oltre  che la competenza sulla organizzazione
propria e degli enti da essa dipendenti.
    13.  -  Incostituzionalita'  dell'art.  253, comma 3, e comma 22,
lettera  a),  per violazione degli artt. 117, secondo, terzo, quarto,
quinto comma, e 118 Cost.
    L'art.  253,  comma  3,  primo periodo, dispone che «per i lavori
pubblici,  fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art.
5,   continuano   ad  applicarsi  il  decreto  del  Presidente  della
Repubblica  21 dicembre 1999, n. 554, il decreto del Presidente della
Repubblica   25   gennaio   2000,  n. 34,  e  le  altre  disposizioni
regolamentari  vigenti  che,  in  base  al  presente codice, dovranno
essere  contenute  nel  regolamento  di cui all'art. 5, nei limiti di
compatibilita'  con il presente codice». Il comma 22, lettera a), del
medesimo  art. 253 stabilisce poi che, fino all'entrata in vigore del
regolamento,  i  lavori  in  economia  (di  cui  all'art.  125)  sono
disciplinati dal d.P.R. n. 554/1999 «nei limiti di compatibilita' con
le disposizioni del presente codice».
    Le norme rinviano alla disciplina regolamentare statale per tutti
i  lavori  pubblici «di interesse regionale». Esse sono quindi lesive
delle  competenze regionali per i motivi esposti ai precedenti nn. 4,
6, 8 e 9, qui integralmente richiamati, nella parte in cui richiamano
le  norme  regolamentari  «di  attuazione»  della disciplina primaria
corrispondentemente denunciata in quei motivi di ricorso.
    14. - Istanza di sospensione.
    Le  ampie  argomentazioni  svolte  ai  punti  che precedono hanno
evidenziato    l'illegittimita'    costituzionale   delle   impugnate
disposizioni del «Codice dei contratti pubblici».
    L'imminente  entrata  in  vigore  del  Codice, prevista per il 1°
luglio   2006,   giustifica   anche   la   richiesta  di  sospensione
dell'esecuzione  delle  medesime  disposizioni  impugnate, che qui si
formula  ai  sensi  del  combinato disposto degli artt. 35 e 40 della
legge n. 87/1953.
    Al  riguardo,  va  ricordato che la Regione Veneto, nel legittimo
esercizio  della  potesta' legislativa alla stessa costituzionalmente
attribuita,  si  e'  dotata di una specifica disciplina in materia di
«lavori  pubblici  di  interesse  regionale»,  contenuta  nella legge
regionale 7 novembre 2003, n. 27.
    L'applicazione  dell'impugnato  «Codice  dei  contratti pubblici»
nell'ambito  dell'ordinamento  giuridico  particolare  della  Regione
Veneto,   pertanto,   determinerebbe  una  situazione  di  pressoche'
assoluta  incertezza  normativa giacche' comporterebbe la sostanziale
impossibilita'  di individuare con ragionevole certezza la disciplina
legislativa  applicabile, nel Veneto, ai lavori pubblici di interesse
regionale.
    In  proposito, non vale a scongiurare tale paventato, gravissimo,
pregiudizio il richiamo all'art. 4, comma 4, del codice, ai sensi del
quale «nelle materie di competenza normativa regionale, concorrente o
esclusiva,  le  disposizioni  del  presente  codice si applicano alle
regioni  nelle  quali  non  sia  ancora  in  vigore  la  normativa di
attuazione»:  giacche'  tale  previsione  normativa, che sembrerebbe,
prima   facie   salvaguardare   la   citata  legge  regionale  veneta
n. 27/2003,  e'  in realta' contraddetta e vanificata dal disposto di
cui al precedente comma 3 del medesimo art. 4, il quale vieta in modo
assoluto  alle regioni di «prevedere una disciplina diversa da quella
del  presente  codice»  in  relazione  ad un'ampia gamma di «oggetti»
riconducibili alla complessiva disciplina dei «contratti pubblici».
    Risulta  pertanto  del  tutto  evidente  che  l'applicazione  del
decreto  legislativo  n. 163/2006  renderebbe in concreto impossibile
individuare  e scindere, nell'ambito del corpus normativo della legge
regionale   veneta   n. 27/2003,   le  disposizioni  da  considerarsi
implicitamente abrogate, in quanto disciplinanti in modo difforme dal
codice  gli  «oggetti»  elencati dal citato comma 3 dell'art. 4, e le
disposizioni  che  potrebbero  invece  rimanere  in  vigore in quanto
conformi alla sopravvenuta fonte statale, o comunque riconducibili ad
ambiti di competenza normativa regionale concorrente o esclusiva.
    L'esecuzione    delle    impugnate    disposizioni   del   codice
comporterebbe pertanto il «rischio» di un «irreparabile pregiudizio»,
innanzitutto,  «all'ordinamento giuridico», in quanto determinerebbe,
come  detto,  una situazione di totale incertezza normativa in merito
alla  individuazione della disciplina applicabile ai «lavori pubblici
di  interesse  regionale»,  con  conseguente gravissimo vulnus per il
fondamentale principio della «certezza del diritto».
    In  secondo  luogo,  vi  sarebbe  il  rischio  di un irreparabile
pregiudizio  anche per l'«interesse pubblico» sotteso alla disciplina
degli  affidamenti  pubblici,  in  quanto la situazione di incertezza
normativa  conseguente all'applicazione del codice si ripercuoterebbe
inevitabilmente  sull'affidamento  e  sull'esecuzione  dei  contratti
pubblici,   pregiudicando   di   conseguenza,   piu'   in   generale,
l'efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione.
    Da  ultimo,  i ricordati effetti sulla «certezza del diritto» che
deriverebbero  dall'esecuzione delle impugnate disposizioni normative
potrebbero  comportare  un grave pregiudizio agli stessi «diritti dei
cittadini»,  ovvero,  piu'  precisamente,  dei soggetti che intendano
partecipare  ad  una procedura di affidamento di un appalto pubblico,
ovvero  abbiano  in  essere un rapporto contrattuale con una pubblica
amministrazione.
    In  definitiva,  dunque,  sembrano ricorrere, nel caso di specie,
tutti i presupposti ai quali il citato art. 35 della legge n. 87/1953
subordina  l'adozione,  da  parte di codesta Corte, dell'ordinanza di
sospensione  dell'esecuzione  degli atti impugnati di cui all'art. 40
della medesima legge n. 87.
    Ad  ulteriore  riprova  di  cio', consideri infine la Corte che i
ricordati  pregiudizievoli  effetti  conseguenti all'applicazione del
Codice   interverrebbero  in  un  settore  fondamentale  e  trainante
dell'economia  veneta  ovvero quello dei lavori pubblici: settore che
coivolge, ad un tempo, i rilevantissimi interessi pubblici riconnessi
alla  realizzazione  delle  opere e delle infrastrutture pubbliche, e
gli  altrettanto rilevanti interessi privati facenti capo ai soggetti
esecutori  delle  opere  medesime  (ed  in ultima analisi alla stessa
collettivita',  che di tali opere fruisce). La situazione di assoluta
e grave incertezza normativa che conseguirebbe all'applicazione delle
impugnate  disposizioni  rischierebbe  pertanto di paralizzare questo
vitale  settore  dell'economia,  pregiudicando  la  programmazione  e
l'esecuzione  dei  lavori  pubblici in una regione che, forse piu' di
ogni  altra  in  questo momento, vede dipendere il mantenimento della
sua  economia  e  le  sue  condizioni di vita, anche sotto il profilo
ambientale, proprio dalla realizzazione di un'adeguata e moderna rete
di opere infrastrutturali.
                              P. Q. M.
    Chiede  che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale,  previa sospensione
dell'esecuzione,  dichiari  la  illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni indicate in epigrafe.
    Si depositano i seguenti documenti:
        1) deliberazione della giunta regionale n. 1885 del 13 giugno
2006 di autorizzazione al ricorso;
        2)  deliberazione  integrativa della giunta regionale n. 2065
del 27 giugno 2006 di autorizzazione al ricorso;
        3)  artt. 4 e 5 dello schema di decreto legislativo approvati
dal  Consiglio  dei  ministri  il 13 gennaio 2006 (atto n. 606 Senato
della Repubblica);
        4)  parere  9  febbraio  2006 della Conferenza unificata reso
sullo  schema  di  decreto  legislativo  approvato  dal Consiglio dei
miniastri il 13 gennaio 2006.
        Padova-Venezia-Roma, addi' 30 giugno 2006
Avv.  Prof. Vittorio  Domenichelli  -  Avv. Romano Morra - Avv. Luigi
                                Manzi
06C0659