N. 85 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 luglio 2006
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 luglio 2006 (della Regione Veneto) Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni - Enumerazione dettagliata di materie, ascritte alla competenza esclusiva dello Stato, nelle quali le Regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del codice - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata esorbitanza dalla legge di delega che consentiva la sola attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, con intervento dello Stato di carattere esclusivamente suppletivo e cedevole - Denunciata violazione della potesta' regionale di immediata attuazione delle direttive comunitarie, eccesso di delega - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. - Costituzione, artt. 76 e 117, quinto comma. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Limiti alla potesta' normativa delle Regioni, con specificazione nel dettaglio delle materie di competenza dello Stato e delle Regioni - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata emanazione del decreto legislativo a conclusione di non corretta dinamica procedimentale, in relazione all'acquisizione e alla valutazione del parere della Conferenza Unificata Stato-Regioni - Denunciata violazione dei vincoli procedimentali stabiliti dalla legge delega - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, commi 2 e 3. - Costituzione, art. 76. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Individuazione delle materie «programmazione dei lavori pubblici», «organizzazione amministrativa» e «compiti e requisiti del responsabile del procedimento» fra quelle rientranti nella competenza concorrente - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata erroneita' della qualificazione, con interferenza in ambiti di competenza residuale delle Regioni - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 2. - Costituzione, art. 117, comma terzo. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Approvazione dei progetti definitivi ai fini urbanistici ed espropriativi da parte del consiglio comunale - Attribuzione di valore di variante urbanistica a tutti gli effetti - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata inderogabilita' della regola, esclusione del controllo della Regione - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 98, comma 2. - Costituzione, art. 117, comma terzo. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Obbligo di un responsabile del procedimento unico per le fasi della progettazione, dell'affidamento, dell'esecuzione - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata interferenza in ambiti di competenza residuale delle Regioni o, in subordine, estremo dettaglio della norma - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 10, comma 1. - Costituzione, art. 117, comma terzo. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni - Individuazione di materie, ascritte alla competenza esclusiva dello Stato, nelle quali le Regioni non possono prevedere una disciplina diversa da quella del codice - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata inclusione di «subappalto», «attivita' di progettazione e piani di sicurezza», «stipulazione e esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative» e parzialmente «contratti relativi alla tutela dei beni culturali» - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Competenze legislative di Stato e Regioni - Individuazione di materie, ascritte alla competenza esclusiva dello Stato, in relazione alle quali le Regioni «non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice», anziche' «non possono prevedere una disciplina contrastante con i principi desumibili dal presente codice, in relazione alla tutela della concorrenza» - Ricorso della Regione Veneto - Lamentato estremo dettaglio della disciplina, in considerazione che i contratti relativi ai lavori pubblici, ai servizi e alle forniture di «interesse regionale» sono di competenza regionale, e che la materia esclusiva statale «tutela della concorrenza» non puo' espropriare del tutto le competenze regionali - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del criterio di proporzionalita' e adeguatezza, irragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 4, comma 3. - Costituzione, artt. 76 e 117, commi secondo, terzo, quarto e quinto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Procedure per l'affidamento di incarichi di progettazione di importo inferiore alla soglia comunitaria - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 91, commi 1 e 2, e Parte II, titolo I e titolo II. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Verifica della progettazione prima dell'inizio dei lavori, nonche' affidamento della attivita' di direzione dei lavori a «soggetti scelti con le procedure previste dal presente codice per l'affidamento degli incarichi di progettazione» - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 112, comma 5, lett. b), e 130, comma 2, lett. c). - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Indicazione tassativa ed esclusiva delle tipologie di contratti mediante i quali possono essere realizzati i lavori pubblici - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale laddove non consente di legiferare in modo difforme, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 53, comma 1. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina su pubblicita' e termini, in quanto applicabili agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 70, 71, 72, 122, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 252, comma 3, e 253, commi 10 e 11. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina delle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 125, commi 5, 6, 7, 8 e 14. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Criteri di aggiudicazione - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 11, comma 4, 81, 82, 83, 84, 85, 86, 87 e 88. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Possibilita' di limitare il numero dei candidati idonei da invitare nelle procedure ristrette con riferimento ai soli «lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro» - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale in relazione ad un'autonoma disciplina dell'istituto della c.d. forcella anche con riferimento ai contratti sotto soglia, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 55, comma 6, e 62, commi 1, 2 e 4. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Procedura ristretta semplificata, in quanto applicabile agli appalti di lavori sotto soglia - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 123 e 257, comma 3. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Procedura negoziata, in quanto applicabile agli appalti di lavori sotto soglia - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 54, comma 4, 56, 57, 62, commi 1, 2, 4 e 7, e 122, comma 7. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Regolamentazione della fase di raccolta e selezione delle proposte con riferimento all'istituto del project financing - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 153. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina dei livelli di progettazione - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 93. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina delle forme di garanzia - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 75, 113 e 252, comma 6. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina del subappalto - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 118, comma 2. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina dei piani di sicurezza - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 131. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina delle varianti in corso d'opera - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 132. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina del collaudo, con previsione di ulteriore specificazione ad opera di regolamento - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 120, comma 2, e 141. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina dell'Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, e dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale con preclusione alle Regioni di legiferare definendo procedure piu' snelle e compatibili con l'organizzazione propria delle sezioni regionali dell'Osservatorio dei contratti pubblici, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 6, comma 9, lett. a), e 7, comma 8. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Contratti relativi ai beni culturali - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, artt. 197, 204 e 205. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Disciplina del contenzioso - Istituto dell'accordo bonario - Aspetti organizzativi - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alle questioni relative all'art. 4, comma 3 - Lamentato estremo dettaglio ed eccessiva analiticita' della disciplina, compressione dell'autonomia normativa regionale, previsione di misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine - Denunciata lesione della potesta' legislativa della Regione, lesione del principio di ragionevolezza - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 240, commi 9 e 10. - Costituzione, art. 117, commi secondo, terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Previsione di regolamento governativo che detti la disciplina esecutiva e attuativa del codice - Applicabilita' nei confronti delle Regioni «limitatamente agli aspetti di cui all'art. 4, comma 3», ascritti alla materia «trasversale» della «tutela della concorrenza» - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata violazione dei principi costituzionali in tema di potesta' regolamentare, e in subordine violazione del principio di leale collaborazione per mancata previsione di previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni per gli aspetti che interferiscono con le competenze regionali in materia di lavori pubblici, organizzazione amministrativa e funzioni amministrative - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 1. - Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 118. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Previsione di regolamento governativo che detti la disciplina esecutiva e attuativa del codice - Applicabilita' nei confronti delle Regioni «limitatamente agli aspetti di cui all'art. 4, comma 3», con riferimento ai contratti di interesse regionale di «rilevanza comunitaria» - Ricorso della Regione Veneto - Questione sollevata in subordine alla questione precedente sulla medesima disposizione - Denunciata violazione dei principi costituzionali in tema di partecipazione delle Regioni, nelle materie di loro competenza, alla formazione, attuazione ed esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, escludenti l'adozione di norme regolamentari statali vincolanti, in subordine mancata previsione di previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, nonche' mancanza di specifico principio o criterio direttivo della legge delega - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 1. - Costituzione, artt. 76 e 117, comma quinto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Regolamento governativo di esecuzione e attuazione del codice - Individuazione delle disposizioni rientranti in ambiti di legislazione statale esclusiva applicabili anche alle Regioni, demandata allo stesso regolamento anziche' alla legge o atto equiparato - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata lesione del principio di legalita' che regola i rapporti Stato-Regioni - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, comma 2. - Costituzione, artt. 76 e 117, commi terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Possibilita' per tutte le stazioni appaltanti di adottare propri capitolati, oppure di far proprio il capitolato generale adottato dal ministro delle infrastrutture - Ricorso della Regione Veneto - Lamentata esclusione che la Regione possa prevedere la approvazione di un capitolato generale per le stazioni che appaltino lavori pubblici «di interesse regionale» oppure la adozione da parte di tutte le stazioni appaltanti di schemi uniformi di capitolati speciali - Denunciata lesione della competenza legislativa regionale sui lavori pubblici "di interesse regionale" e sulla organizzazione propria e degli enti da essa dipendenti - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 5, commi 7 e 9. - Costituzione, art. 117, commi terzo e quarto. Appalti pubblici - Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture - Lavori pubblici «di interesse regionale» e lavori in economia - Fase transitoria fino all'entrata in vigore del regolamento governativo di esecuzione e attuazione - Rinvio alla disciplina regolamentare statale - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata lesione delle competenze regionali - Lamentata situazione di incertezza normativa con rischio di irreparabile pregiudizio all'ordinamento giuridico, all'interesse pubblico, ai diritti dei cittadini - Richiesta di sospensione dell'esecuzione delle disposizioni impugnate. - D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 253, commi 3, primo periodo, e 22, lett. a). - Costituzione, artt. 117, commi secondo, terzo, quarto e quinto, e 118.(GU n.37 del 13-9-2006 )
Rirocorso ex art. 127 Cost., con istanza di sospensiva della Regione Veneto, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, autorizzato con deliberazioni della giunta regionale n. 1885 del 13 giugno 2006 e n. 2065 del 27 giugno 2006, rappresentata e difesa, giusto mandato a margine del presente atto, dall'avv. prof. Vittorio Domenichelli del Foro di Padova, dall'avv. Romano Morra dell'Avvocatura regionale, e dall'avv. Luigi Manzi del Foro di Roma, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell'avv. Luigi Manzi, via Confalonieri n. 5; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di incostituzionalita' degli artt. 4, commi 2, 3; 5, commi 1, 2, 7, 9; 10, comma 1; 91, commi 1, 2 (e disposizioni di cui alla Parte II, Titolo I e Titolo II, cui ivi si rinvia); 112, comma 5, lettera b); 130, comma 2, lettera c); 98, comma 2; 53, comma 1; 122, commi da 1 a 6; 70; 71; 72; 125, commi 5, 6, 7, 8, 14; 11, comma 4; 81; 82; 83; 84; 85; 86; 87; 88; 55, comma 6; 62, commi 1, 2, 4, 7; 123; 54, comma 4; 56; 57; 122, comma 7; 153; 93; 75; 113; 118, comma 2; 131; 132; 141; 120, comma 2; 6, comma 9, lettera a); 7, comma 8; 240, commi 9, 10; 197; 204; 205; 252, commi 3, 6; 253, commi 3, 10, 11, 22, lettera a); 257, comma 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 2 maggio 2006, supplemento ordinario n. 107, per violazione degli artt. 76, 117, commi 2, 3, 4, 5, 6, 118 Cost., e dei principi di ragionevolezza e di leale collaborazione. F a t t o Nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 2 maggio 2006, supplemento ordinario n. 107, e' stato pubblicato il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (recante Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), in dichiarata attuazione della delega conferita al Governo con gli artt. 1, 2 e 25 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria per il 2004). La delega riguardava - agli artt. 1, 2 e 25 - l'attuazione delle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18, entrambe del 31 marzo 2004, recanti rispettivamente il coordinamento delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali e il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e di servizi: direttive, quindi, aventi ad oggetto non tutti i «contratti pubblici», ma solo quelli di «rilevanza comunitaria», nei settori indicati. La medesima legge n. 62 del 2005 conferiva al Governo una ulteriore e distinta delega, avente ad oggetto la adozione di «testi unici delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite per il recepimento di direttive comunitarie, al fine di coordinare le medesime con le norme legislative vigenti nelle stesse materie, apportando le sole modificazioni necessarie a garantire la semplificazione e la coerenza logica, sistematica e lessicale della normativa» (art. 5, comma 1). Il decreto legislativo approvato dal Governo regola in generale tutti i contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture, siano «di rilevanza comunitaria», siano essi «sotto soglia». La regione ricorrente ritiene che le disposizioni del decreto legislativo n. 163 del 2006 indicate in epigrafe ledano le proprie competenze per i profili e per i motivi di seguito indicati. D i r i t t o 1. - Giova premettere che il settore dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture rientra (anche) nelle competenze della regione, ai sensi degli artt. 117, commi 3 e 4, e 118, commi 1 e 2 Cost. Se e' vero che la sola circostanza che un determinato oggetto di disciplina normativa non sia immediatamente riferibile ad una delle materie elencate nei commi 2 e 3 dell'art. 117 Cost., non e' sufficiente per ricomprenderlo in toto nell'ambito della competenza residuale delle regioni (Corte cost., sent. n. 370 del 2003), e' pur vero che i «lavori pubblici» rappresentano «ambiti di legislazione» che non integrano una vera e propria materia, ma vanno qualificati a seconda dell'oggetto al quale afferiscono; pertanto, essi possono essere ascritti di volta in volta a potesta' legislative esclusive dello Stato (ad es. le opere richieste da esigenze di difesa o di sicurezza), ovvero a potesta' legislative concorrenti (cosi' ancora la sent. 303 del 2003; si pensi ai porti e aeroporti civili, alle grandi reti di trasporto, alle opere destinate alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, o quelle volte alla tutela della salute), ovvero, ancora alla potesta' legislativa residuale, come nel caso di lavori concernenti infrastrutture di interesse esclusivamente regionale o locale. Da questo riparto di competenze deriva la imprescindibile e fondamentale distinzione tra «lavori pubblici di interesse nazionale» e «lavori pubblici di interesse regionale». La medesima distinzione e' da fare per i contratti che hanno ad oggetto servizi o forniture: si tratta invero di contratti strumentali alla esecuzione e alla gestione di lavori e di opere pubbliche, oppure di contratti indispensabili al funzionamento di enti ed apparati. Pure qui, quindi, accanto a contratti che interessano esclusivamente lo Stato, vi sono contratti che la regione puo' disciplinare nell'ambito della potesta' concorrente o di quella residuale (e in quest'ultimo settore - come «organizzazione amministrativa» - ricadono senz'altro i contratti per servizi e forniture posti in essere dalla regione per le esigenze del proprio apparato). Nell'ambito delle attribuzioni regionali ricadono pure contratti pubblici conclusi da altri enti terrioriali, nei limiti in cui la regione puo' determinarne le funzioni, in applicazione dei principi di cui all'art. 118, commi 1 e 2, Cost.: da cio' deriva che anche queste disposizioni costituzionali concorrono a definire i campi materiali incisi dalle discipline sui contratti. La riconduzione degli oggetti regolati dal decreto legislativo n. 163 del 2006 ai lavori pubblici regionali, alla organizzazione regionale, alle competenze spettanti alla regione ex art. 118, commi 2 e 3, non esclude evidentemente che lo Stato abbia titolo per determinare aspetti della disciplina, che condizionano ed interferiscono con le normative della regione; ma dovra' trattarsi di interventi puntualmente circoscritti entro i limiti costituzionali: cio' che non e' avvenuto per le disposizioni qui impugnate. 2. - Illegittimita' dell'art. 4, comma 3, per violazione dell'art. 76 Cost., in relazione agli artt. 1, comma 6, e 5, comma 5, della legge n. 62 del 2005, e per violazione dell'art. 117, comma 5, Cost. Con riferimento ai contratti «di rilevanza comunitaria», il Governo era stato delegato solamente a emanare «le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A) e B): allegati nei quali figurano le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (art. 1, comma 1). In ordine ai rapporti con l'ordinamento comunitario, l'art. 117, comma 5, Cost., stabilisce che le regioni, in tutte le materie di loro competenza, provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La riserva di legge e' stata assolta mediante la legge n. 11/2005, la quale ribadisce che le regioni «possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie», in tutte le materie di loro competenza (art. 16, comma 1, primo periodo); nell'ottica della sola «attuazione» delle direttive (prescindendo cioe' dall'esercizio di altri titoli di competenza statale, che all'evidenza continuano a sussistere), la legge 11 prevede poi unicamente un intervento dello Stato con funzione di «sostituzione preventiva» delle regioni inadempienti, intervento con carattere esclusivamente suppletivo e cedevole (v. artt. 11, comma 8 e 16, comma 3). Ebbene, con riferimento alle citate direttive, e in considerazione delle competenze materiali regionali, la legge di delega consentiva al Governo solo la attuazione di esse, nei sensi e nei limiti della legge n. 11 del 2005: come risulta senza ombra di dubbio dal principio direttivo dell'art. 1, comma 6, della legge n. 62. Il decreto legislativo n. 163, in effetti, contiene la disposizione in se' generalissima dell'art. 4, comma 4, a norma del quale le disposizioni del codice si applicano, nelle materie di competenza normativa regionale, concorrente o esclusiva, alle regioni «nelle quali non sia ancora in vigore la normativa di attuazione e perdono comunque efficacia dalla entrata in vigore della normativa adottata da ciascuna regione»; sennonche' questa norma, di sicura garanzia per le regioni, e' insanabilmente contraddetta dal precedente comma 3 dello stesso art. 4, che vincola le regioni al rispetto incondizionato di una serie di norme, fatte rientrare in oggetti di legislazione statale esclusiva. Quest'ultima disposizione appare quindi in violazione dell'art. 117, comma 5, Cost., come attuato dalla legge n. 11/2005, e dell'art. 76 Cost., in relazione all'art. 1, comma 6, della legge delega, in quanto, con riferimento ai contratti «di rilevanza comunitaria», il Governo non si e' limitato a prevedere norme statali con esclusivo carattere suppletivo e cedevole. Analoga violazione dell'art. 76 Cost. si ha anche in relazione alla disciplina dei contratti di interesse regionale «sotto soglia», in quanto il vincolo a dettare solo norme suppletive e cedevoli, pur non derivando dall'art. 117, comma 5, Cost., si imponeva al Governo per effetto dell'art. 5, comma 5, della medesima legge di delega: anche nel compito di adozione dei testi unici inglobanti le norme di attuazione comunitaria e le norme meramente «interne» sulle stesse materie, il Governo era testualmente ed espressamente tenuto alla adozione di sole norme suppletive e cedevoli, per quanto potessero interferire con le competenze regionali. 3. - Illegittimita' dell'art. 4, commi 2, 3, per violazione dell'art. 76 Cost., in relazione all'art. 25, comma 2, della legge n. 62 del 2005. I commi 2 e 3 dell'art. 4 del «Codice dei contratti pubblici» sono costituzionalmente illegittimi, sotto il profilo dell'«eccesso di delega», per vizio del procedimento formativo. Al riguardo, va ricordato che il secondo comma dell'art. 25 della legge di delega prescriveva espressamente che il decreto legislativo fosse emanato «sentito il parere della Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Orbene, lo schema di decreto legislativo recante il codice dei contratti pubblici, deliberato dal Governo il 13 gennaio 2006, e' stato effettivamente assoggettato al previo parere della Conferenza unificata Stato-regioni-citta', la quale, tuttavia, si e' pronunciata (con il parere 9 febbraio 2006) su un testo che, per cio' che attiene alle disposizioni qui specificamente impugnate, era completamente differente rispetto a quello poi adottato in via definitiva dal Consiglio dei ministri con deliberazione 23 marzo 2006, successivamente emanato dal Presidente della Repubblica ed infine pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al fine di rendersi agevolmente conto di cio', va invero ricordato che l'impugnato art. 4 del d.lgs. n. 163/2006 (disciplinante le competenze legislative di Stato e regioni), nel testo contenuto nello «schema di decreto» sottoposto al parere della Conferenza unificata, si riduceva ad una scarna disposizione letteralmente formulata nei termini che seguono: 1. - Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano esercitano la potesta' normativa nelle materie di propria competenza nel rispetto delle disposizioni dettate dal presente codice relativamente alle materie oggetto di competenza esclusiva dello Stato e in conformita' ai principi ricavabili dal presente codice relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente. 2. - Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nel rispetto dell'art. 117, secondo comma, lettera e), non possono prevedere una disciplina della qualificazione e selezione dei concorrenti, nonche' di svolgimento delle procedure di gara, diversa da quella prevista nel presente codice». Come si vede, dunque, l'articolo in questione, nella sua versione originaria sottoposta alla Conferenza unificata, si limitava a richiamare genericamente i limiti costituzionali della potesta' legislativa regionale, ed individuava poi due soli specifici ambiti di disciplina (qualificazione e selezione dei concorrenti; svolgimento delle procedure di gara) riconducibili alla competenza eslcusiva statale in materia di «tutela della concorrenza». Dopo l'acquisizione del parere della Conferenza unificata, tuttavia, il Governo ha completamente riscritto l'articolo in esame, e cio' ha fatto in senso fortemente limitativo della competenza normativa regionale, nonostante il parere reso dalla Conferenza fosse, come noto, gia' fortemente negativo. Piu' precisamente, il nuovo testo dell'art. 4 (poi adottato in via definitiva dal Governo) non si limita piu' a richiamare le regole generali attinenti all'esercizio della potesta' legislativa regionale, ma pretende ora di specificare nel dettaglio le «sub-materie» di rispettiva competenza dello Stato e delle regioni, identificando al secondo comma ben cinque ambiti di disciplina asseritamente riconducibili alla competenza concorrente (mentre il testo originario della norma nulla stabiliva sul punto), ed elencando al terzo comma addirittura diciassette «oggetti» (rispetto ai soli due contenuti nel testo originario) pretesamente riservati alla competenza statale esclusiva, in ordine ai quali e' del tutto esclusa una disciplina regionale difforme. In virtu' di tali radicali e rilevantissime modifiche, l'art. 4 del «Codice» e' stato dunque sostanzialmente innovato rispetto alla sua versione originaria, deliberata dal Governo (come detto) il 13 gennaio 2006 e quindi sottoposta alla Conferenza unificata il successivo 9 febbraio. Da quanto detto consegue pertanto che il nuovo schema di decreto legislativo rielaborato dal Governo avrebbe dovuto essere nuovamente sottoposto al prescritto parere della Conferenza unificata prima di essere definitivamente adottato dal Consiglio dei ministri (e quindi emanato dal Presidente della Repubblica). E cio' tanto piu' ove si consideri che le modifiche sostanziali apportate dal Governo al testo normativo erano venute pesantemente ad incidere - come detto - proprio sull'ampiezza della competenza normativa riconosciuta alle regioni, e dunque su un aspetto centrale e qualificante dell'intera disciplina. L'adempimento procedimentale specificamente imposto dalla legge di delega e' stato tuttavia illegittimamente pretermesso, in quanto il Consiglio dei ministri ha adottato in via definitiva il nuovo testo del decreto legislativo (con la citata deliberazione 23 marzo 2006) senza previamente acquisire (come era invece doveroso) un nuovo parere della Conferenza unificata. Il «limite» stabilito dalla legge di delega e' stato dunque solo apparentemente rispettato, ma in realta' sostanzialmente violato dal Governo, il quale ha sottoposto alla Conferenza unificata (per il parere di competenza) un testo radicalmente diverso (quantomeno per cio' che riguarda le disposizioni qui impugnate) rispetto a quello poi adottato dallo stesso Esecutivo e quindi emanato dal Presidente della Repubblica. In ragione di cio', l'art. 4, commi 2 e 3, d.lgs. n. 163/2006 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo sotto il profilo della violazione dei c.d. «limiti ulteriori» della delega, non essendo stato rispettato, nel caso di specie, il «vincolo procedimentale» previsto dall'art. 25, comma 2, della legge di delega n. 62/2005. 4. - Illegittimita' dell'art. 4, comma 2, limitatamente alle parole «programmazione di lavori pubblici», «organizzazione amministrativa», «compiti e requisiti del responsabile del procedimento», per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. L'art. 4, comma 2, relativamente alle materie oggetto di competenza concorrente, stabilisce anzitutto che le regioni «esercitano la potesta' normativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nelle norme del [...] codice»; e, per questa parte, il legislatore statale si limita ad individuare l'obbligo (ovvio) del rispetto dei principi fondamentali della materia, come previsto dall'art. 117, terzo comma, Cost.; nella seconda parte, invece, del comma 2, il legislatore delegato si preoccupa di individuare, «in particolare», una serie di materie (o sub-materie), che qualifica come oggetto di competenza concorrente. Con il presente motivo si contesta la riconducibilita' alla potesta' legislativa ripartita Stato-regioni di alcune delle elencate materie, e precisamente della «programmazione dei lavori pubblici», della «organizzazione amministrativa», dei «compiti e requisiti del responsabile del procedimento»: settori che non possono legittimamente rientrare tra gli oggetti di competenza concorrente, «interferenti» con le competenze regionali sui lavori pubblici, sui servizi e sulle forniture «di interesse regionale». Quanto alla «programmazione dei lavori pubblici», la «programmazione» non e' una «materia» in senso proprio, ma un «metodo di intervento», metodo secondo il quale, in base alle risorse disponibili, si indicano i criteri, i tempi, i mezzi finanziari necessari all'efficace svolgimento di una certa attivita' proiettata nel futuro, in vista del perseguimento di determinati obiettivi, con previsione della valutazione dei risultati conseguiti. Puo' ritenersi un «modo di esercizio delle competenze», da disciplinarsi di volta in volta con fonti statali o regionali a seconda dell'attinenza dell'attivita' di programmazione ad ambiti di competenza dello Stato o delle regioni. E' dunque da ritenere che, con riferimento ai lavori pubblici «di interesse regionale», la programmazione ricada in ambito di competenza residuale delle regioni. Quanto alla materia «organizzazione amministrativa», nel nuovo assetto di competenze costituzionali, e con riferimento agli enti non statali, e' diventata, per stesso riconoscimento della Corte costituzionale, oggetto di «potesta' legislativa regionale esclusiva» (sent. n. 17/2004); incomprensibilmente, dunque, il Governo delegato la ha ricondotta nell'ambito della competenza concorrente, tra l'altro disattendendo le considerazioni che anche il Consiglio di Stato aveva svolto nel parere n. 355/2006, sullo schema di decreto legislativo. Quanto ai «compiti e requisiti del responsabile del procedimento», si puo' anche in questo caso rilevare come non si tratti di un oggetto di potesta' concorrente previsto nel testo costituzionale. Tale ambito attiene in particolare a profili organizzativi che, come sopra chiarito, sono lasciati alla libera regolazione del legislatore regionale. 5. - Illegittimita' degli artt. 10, comma 1, 98, comma 2, nella parte in cui pongono «princpi fondamentali della materia», per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. Per le materie oggetto di legislazione concorrente, il comma 2 dell'art. 4 prevede, come si e' detto, che le regioni siano vincolate non a tutte le disposizioni del codice (destinato a regolare nel dettaglio anche i contratti delle amministrazioni statali), ma ai principi ricavabili da quelle disposizioni: sotto questo profilo, la prospettiva del decreto legislativo non viene contestata dalla regione. Cio', tuttavia, non rende immune da vizi l'art. 98, comma 2, del codice, il quale stabilisce che «l'approvazione dei progetti definitivi da parte del consiglio comunale costituisce variante urbanistica a tutti gli effetti». Non si revoca in dubbio che la norma ricada nel settore della «approvazione dei progetti ai fini urbanistici ed espropriativi», che l'art. 4, comma 2, riconduce correttamente all'art. 117, comma 3 («governo del territorio»); si contesta invece che la disposizione esprima una regola inderogabile assai pervasiva, che sottrae al controllo della regione competente la verifica della variante urbanistica, con conseguente lesione delle competenze costituzionalmente ad essa spettanti (cfr., su questione sostanzialmente analoga, la dichiarazione di incostituzionalita' pronunciata con la sent. n. 206/2001, lettera a) del dispositivo, e la relativa motivazione al n. 30 della parte in diritto). Una censura dello stesso tipo di quella appena svolta viene estesa anche all'art. 10, comma 1, d.lgs. n. 163, secondo il quale vi deve essere «un responsabile del procedimento, unico per le fasi della progettazione, dell'affidamento, dell'esecuzione». Secondo la regione ricorrente, la disposizione rientra nella propria competenza residuale; tuttavia, per il caso in cui la Corte non riconosca il vizio denunciato al n. 4, si lamenta che la norma abbia un carattere cosi' dettagliato da non lasciare alcuna possibilita' di adattamento. Non si vede per quale motivo fasi che, seppur collegate, sono strutturalmente, funzionalmente ed economicamente autonome, debbano di necessita' avere un unico responsabile dei procedimenti; tra l'altro, si tratta di procedimenti che possono intervenire a notevole distanza di tempo (si pensi alla gara per la progettazione, e alla fase di esecuzione). 6. - Illegittimita' parziale dell'art. 4, comma 3, per violazione dell'art. 117, commi 2, 3, 4, Cost. All'art. 4, comma 3, del decreto n. 163 il Governo richiama una serie nutrita di disposizioni del codice, raggruppandole sotto determinate «etichette», al fine - espressamente indicato - di imporne la inderogabilita' assoluta da parte delle regioni. Il presupposto del limite cosi' stabilito - implicito ma evidente - e' che le disposizioni elitticamente richiamate ricadano in ambiti di competenza esclusiva statale, ai sensi dell'art. 117, comma 2, Cost.: e piu' di preciso, negli ambiti di competenza della «tutela della concorrenza» (oramai classica competenza «trasversale»), dell'«ordinamento civile» e della «giurisdizione». La regione contesta decisamente, anzitutto, l'inclusione nell'elenco di alcuni oggetti, che sono invece ragionevolmente riconducibili a materie di propria competenza concorrente o residuale. Cio' vale per le norme relative al «subappalto», alle «attivita' di progettazione e ai piani di sicurezza», alla «stipulazione e all'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative»; e vale, per taluni profili, per i «contratti relativi alla tutela dei beni culturali». Si tratta di materie, tutte, non qualificabili (o non completamente qualificabili), come di competenza esclusiva statale. Quanto al «subappalto», il collegamento con la tutela della concorrenza e' cosi' labile che - se fosse sufficiente ad attrarne la disciplina alla competenza statale - determinerebbe una espansione abnorme della stessa «tutela», in quanto nelle relazioni economico-contrattuali non vi e' elemento che non possa in astratto essere riguardato sotto il profilo concorrenziale. Il subappalto appartiene piuttosto alle modalita' attraverso le quali viene raggiunto il risultato «economico» al quale e' preordinato il contratto. La «attivita' di progettazione» di opere ed impianti - per come e' intesa nel codice - non puo' che ritenersi ricompresa nella funzione legislativa concorrente, in quanto attiene al «governo del territorio», materia in cui ricade «tutto cio' che attiene all'uso del territorio e alla localizzazione di impianti ed attivita» (sent. n. 307/2003,) comprensiva, quindi, delle materie dell'urbanistica e dell'edilizia (sent. n. 362/2003 e n. 196/2004) e dunque delle attivita' di progettazione che ad esse sono evidentemente strumentali. Anche il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 335/2006, proponendo la riformulazione dei commi 2 e 3 dell'art. 4, aveva ricondotto la progettazione dei lavori, forniture e servizi nell'ambito delle competenze di tipo concorrente. Con riferimento ai «piani di sicurezza», va innanzitutto rilevata l'inspiegabile distinzione operata dalla norma tra la «sicurezza del lavoro», ricondotta correttamente dal comma 2 alla competenza concorrente, e i «piani di sicurezza», che vengono, invece, ascritti, dal comma ora impugnato, alla competenza di tipo esclusivo statale. Ma anche i «piani di sicurezza» sono riconducibili al terzo comma dell'art. 117 Cost.: alla «sicurezza del lavoro», per cio' che concerne la riduzione al minimo dei rischi di infortuni dei lavoratori impiegati nell'appalto; al «governo del territorio», per la loro funzione di concorrere alla progettazione esecutiva; alla «istruzione professionale». Ed e' ancora una volta da ricordare che il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 355/2006, nel riformulare l'art. 4 del decreto legislativo non ha enucleato una materia «piani della sicurezza» come di competenza esclusiva dello Stato, ma ricondotto le disposizioni relative nell'ambito della «sicurezza sul lavoro». Circa la assenta esclusiva competenza statale in ordine alla «stipulazione e l'esecuzione dei contratti, ivi compresi direzione dell'esecuzione, direzione dei lavori, contabilita' e collaudo, ad eccezione dei profili di organizzazione e contabilita' amministrative», e' chiaro che si tratta di settori attinenti piuttosto ad aspetti organizativi e procedurali dell'azione amministrativa, e che essi vanno inclusi, a seconda dell'oggetto, tra le materie di competenza concorrente o residuale. Piu' specificamente, non vengono qui in rilevo la stipulazione e la esecuzione come regolate dal codice civile, cosi' che possa essere invocata l'inerenza di tali aspetti alla materia-funzione «ordinamento civile»; per quanto riguarda poi l'istituto del «collaudo», non sussiste alcun titolo che giustifichi il condizionamento statale su una disciplina regionale che, regolando la materia, preveda l'adozione di atti finalizzati ad assicurare comportamenti uniformi delle stazioni appaltanti nella realizzazione dei lavori pubblici di interesse regionale. Infine, l'ultima parte del comma 3 dell'art. 4 del codice esclude del tutto la competenza regionale per ogni aspetto concernente la disciplina dei «contratti relativi alla tutela dei beni culturali». Certamente la «tutela» dei beni culturali (art. 117, comma 2, lett. s), Cost.) e' «materia» distinta dalla «valorizzazione» degli stessi; tuttavia, anche nella materia della tutela dei beni e' possibile individuare aspetti della disciplina che non assolvono a una funzione di salvaguardia, come e', ad esempio, per la determinazione della cauzione, per l'organizzazione amministrativa degli interventi, per il responsabile dei procedimenti, o per la stessa approvazione dei progetti. Ne' e' possibile operare qui un frettoloso giudizio di prevalenza della materia statale su concomitanti aspetti di competenza regionale: lo vieta il principio espresso dall'art. 118, comma 3, Cost., che positivamente da' voce all'interesse regionale proprio per quanto attiene alla «tutela» dei beni culturali, imponendo alla legge statale di disciplinare «forme di intesa e coordinamento»; per quanta discrezionalita' si possa riconoscere in proposito al legislatore nazionale, contraddice frontalmente con la norma costituzionale la riserva operata sul punto dal comma 3 dell'art. 4. 7. - Incostituzionalita' parziale dell'art. 4, comma 3, nella parte in cui prevede che le regioni «non possono prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice», anziche' «non possono prevedere una disciplina contrastante con i principi desumibili dal presente codice, in relazione alla tutela della concorrenza», per violazione degli artt. 76, 117, commi 2, 3, 4, 5, Cost., e del principio di ragionevolezza. Il comma 3 dell'art. 4 contiene una disposizione sostanzialmente di «autoqualificazione»: le norme del codice in essa richiamate sono tutte ascritte alla competenza esclusiva dello Stato, e ne viene imposto il rispetto alle regioni. Nel precedente motivo del ricorso si e' contestato che tutte le norme siano effettivamente coperte dalla riserva dell'art. 117, comma 2, Cost.; ora invece si contesta che, comunque (anche nell'esercizio di una materia, come la tutela della concorrenza, ad esso indiscutibilmente spettante) lo Stato possa vincolare le regioni con un insieme di norme, dettagliate ed eterogenee, tutte indiscriminatamente accomunate dal vincolo della inderogabilita'. Due sono i principi costituzionali da tenere in considerazione. Il primo: i contratti relativi ai lavori pubblici, ai servizi e alle forniture «di interesse regionale», sono di competenza regionale. Il secondo: la materia esclusiva statale «tutela della concorrenza», la disciplina della quale puo' interferire con quella dei «contratti regionali», presenta caratteri peculiari, ben delineati dalla giurisprudenza della Corte, e riassumibili nella massima per cui lo Stato non puo' espropriare del tutto le competenze regionali con norme estremamente dettagliate ed autoapplicative. La tutela della concorrenza, invero, secondo la nozione ricostruita dal Giudice delle leggi, costituisce si' «una delle leve della politica economica statale e pertanto non puo' essere intesa soltanto in senso statico, ... ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali». Ma proprio per cio' «una dilatazione massima di tale competenza, che non presenta i caratteri di una materia di estensione certa, ma quelli di una funzione esercitabile sui piu' diversi oggetti, rischierebbe di vanificare lo schema di riparto dell'art. 117 Cost., che vede attribuite alla potesta' legislativa residuale e concorrente delle regioni materie la cui disciplina incide innegabilmente sullo sviluppo economico». Si tratta allora di definire l'ambito di operativita' della competenza legislativa statale attinente alla «tutela della concorrenza» e conseguentemente la legittimita' dei relativi interventi statali, in sintonia con l'ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla revisione del Titolo V (sent. n. 14/2004). Soccorre a tal fine l'applicazione del criterio della «proporzionalita-adeguatezza», di cui la Corte ha fatto applicazione in tema di affidamento dei servizi pubblici locali, ritenendo censurabili disposizioni statali tanto dettagliate da risultare ingiustificate e non proporzionate rispetto all'obiettivo della tutela della concorrenza, con conseguente illegittima compressione dell'autonomia regionale (sent. n. 272/2004). Assai illuminante per il motivo del ricorso qui esposto e' anche la sentenza n. 482 del 1995, resa nel giudizio che aveva ad oggetto la c.d. legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109 - Legge quadro in materia di lavori pubblici), in parte trasfusa nel decreto legislativo n. 163. Anche la legge n. 109 conteneva una norma di «autoqualificazione», per la quale le disposizioni della legge stessa dovevano considerarsi «norme fondamentali di riforma economico-sociale e principi della legislazione dello Stato». Con la sentenza n. 482, pur affermando che la complessiva e profonda riforma introdotta dalla legge sui lavori pubblici riguardava un settore di importanza nazionale che richiedeva l'attuazione di principi uniformi su tutto il territorio del Paese, la Corte precisava tuttavia che non era possibile attribuire a tutte le disposizioni e ad ogni prescrizione normativa il valore di principio o di norma fondamentale del settore, ma solo ai «nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono, per i principi enunciati o da esse desumibili»; conseguentemente, essa riconduceva a legittimita' la norma di autoqualificazione, limitando il vincolo ai soli principi desumibili dalla legge Merloni, anziche' a tutte le disposizioni della legge medesima. La «autoqualificazione» generale e generica contenuta nell'art. 4, comma 3, presenta ulteriori profili di irragionevolezza, considerando separatamente le discipline relative ai contratti «sopra soglia» e a quelli «sotto soglia» comunitaria. Per quanto riguarda i contratti «sopra soglia», le finalita' di tutela della concorrenza sono gia' assolte dalla normativa comunitaria, rispetto alle quali lo stesso legislatore nazionale, per i contratti di «propria» competenza, ha ridotti margini di intervento: per i contratti di interesse regionale, quindi, una disciplina nazionale che si interponga tra quella comunitaria e quella regionale appare di regola sproporzionata rispetto al fine, salvi casi eccezionalissimi, che il legislatore statale dovrebbe avere l'onere di prospettare e di dimostrare. Nello stesso ordine di idee si e' mosso il Consiglio di Stato, con particolare riferimento alle «procedure di gara», pur fatte rientrare nella tutela della concorrenza (par. n. 3 del parere cit.). Per i contratti «sotto soglia», nonostante una tendenziale uniformazione alla disciplina delle direttive, le esigenze di tutela della concorrenza appaiono attenuate, dovendo tutt'al piu', in circostanze particolari, come ad es. l'affidamento di una concessione comportante un valore economico molto limitato, rispondere a «condizioni di trasparenza che, senza necessariamente comportare un obbligo di fare ricorso ad una gara, siano, in particolare, tali da consentire a un'impresa avente sede nel territorio di uno Stato membro diverso da quello della Repubblica italiana di aver accesso alle informazioni adeguate relative alla detta concessione prima che essa sia attribuita, di modo che tale impresa, se lo avesse desiderato, sarebbe stata in grado di manifestare il proprio interesse ad ottenere la detta concessione» (Corte di giustizia, sent. 21 luglio 2005, causa C231/2003). Se si tengono contemporaneamente presenti le competenze, regionali e i (limitati, nel senso precisato) poteri statali a tutela della concorrenza, l'unico modo per ricondurre a costituzionalita' la previsione generale dell'art. 4, comma 3, e' quello di ridurre la portata del vincolo che esso impone alle regioni: costringendole al rispetto non di tutte le numerosissime disposizioni sinteticamente richiamate, ma solo dei principi da esse ricavabili. 8. - Incostituzionalita' degli artt. 91, commi 1, 2 (e disposizioni di cui alla Parte II, Titolo I e Titolo II, cui ivi si rinvia); 112, comma 5, lettera b); 130, comma 2, lettera c); 53, comma 1; 122, commi da 1 a 6; 70; 71; 72; 125, commi 5, 6, 7, 8, 14; 11, comma 4; 81: 82: 83; 84; 85; 86; 87; 88; 55, comma 6; 62, commi 1, 2, 4, 7; 123; 54, comma 4; 56; 57; 122, comma 7; 153; 93; 75; 113; 118, comma 2; 131; 132; 141; 120, comma 2; 6, comma 9, lettera a); 7, comma 8; 240, commi 9, 10; 197; 204; 205; 252, commi 3, 6; 253, commi 10, 11; 257, comma 3; del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per violazione dell'art. 117, commi 2, 3 e 4, Cost. e del principio di ragionevolezza. Per l'eventualita' di mancato accoglimento dei motivi svolti supra sub 6 e 7, si contestano le seguenti disposizioni del «Codice dei contratti pubblici» perche', pur se riferibili alla materia «tutela della concorrenza» (di competenza esclusiva dello Stato), presentano un carattere di estremo dettaglio e di eccessiva analiticita', e comprimono dunque illegittimamente l'autonomia normativa regionale, prevedendo misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine: in materia di affidamento di incarichi di progettazione di importo inferiore alla soglia comunitaria, presentano il suddetto carattere di eccessiva analiticita', e vengono pertanto specificamente impugnate per contrasto con il ricordato canone di ragionevolezza e proporzionalita', le disposizioni di cui all'art. 91, commi 1 e 2, nonche' le disposizioni di cui alla parte II, titolo I e titolo II, cui viene ivi fatto rinvio. A tale riguardo, va ricordato che, per cio' che attiene in via generale ai contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria, il legislatore statale dovrebbe limitarsi alla fissazione di principi fondamentali, volti ad assicurare trasparenza, parita' di trattamento e non discriminazione, ovvero a regolare il mercato ed a favorire rapporti concorrenziali nell'ambito dello stesso, senza tuttavia spingersi - come e' stato invece fatto nel caso di specie - a porre anche una pervasiva disciplina di dettaglio [si veda sul punto Corte cost., n. 345/2004, ove si e' ritenuto che l'estensione agli acquisti sotto soglia di beni e servizi della normativa nazionale di recepimento della disciplina comunitaria non implichi per gli enti autonomi l'applicazione di puntuali modalita', ma solo l'osservanza dei principi desumibili dalla normativa medesima, in particolare laddove le disposizioni statali impongono la gara, fissano l'ambito soggettivo ed oggettivo di tale obbligo, limitano il ricorso alla trattativa privata e collegano alla violazione dell'obbligo sanzioni civili (nullita' dei contratti) e forme di responsabilita]; per le medesime considerazioni svolte al punto che precede, ovvero per il carattere di eccessivo dettaglio che lede l'autonomia normativa regionale, vanno censurati l'art. 112, comma 5, lettera b), in tema di verifica dei progetti, nonche' l'art. 130, comma 2, lettera c), laddove prevede l'affidamento della attivita' di direzione dei lavori a «soggetti scelti con le procedure previste dal presente codice per l'affidamento degli incarichi di progettazione»; norma sproporzionata ed eccessiva rispetto al fine, laddove sembra non consentire alle regioni di legiferare in modo difforme, e' anche l'art. 53, comma 1, nella parte in cui individua in modo tassativo ed esclusivo le tipologie di contratti mediante i quali possono essere realizzati i lavori pubblici, tra l'altro in senso restrittivo rispetto alle modalita' consentite dall'ordinamento comunitario. Anche con riferimento a tale disposizione, la rilevata incostituzionalita' appare particolarmente evidente in relazione alla categoria dei contratti pubblici di importo inferiore alla soglia comunitaria; in tema di «pubblicita» e «termini», vanno censurati l'art. 122, commi da 1 a 6, e gli artt. 70, 71, 72, in quanto applicabili agli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria in forza di specifici richiami ovvero della clausola generale di rinvio di cui all'art. 121, comma 1. Analoga censura va svolta, per le medesime ragioni, in relazione all'art. 252, comma 3, nonche' all'art. 253, commi 10, 11; presenta un carattere di eccessivo dettaglio anche la disciplina delle acquisizioni in economia di beni, servizi e lavori: per cui vanno contestate, sotto tale profilo, le disposizioni dell'art. 125, commi da 5 a 8 e 14; anche con riferimento ai criteri di aggiudicazione va lamentato il carattere di eccessivo dettaglio della disciplina introdotta dal «Codice»: il che impone dunque di impugnare specificamente l'art. 11, comma 4, e gli artt. da 81 a 88, che per la loro estrema analiticita' non lasciano alcun effettivo spazio ad una autonoma disciplina di dettaglio di fonte regionale; per analoghe ragioni, vanno impugnati l'art. 55, comma 6, e l'art. 62, commi 1, 2 e 4, nella parte in cui, prevedendo la possibilita' di limitare il numero di candidati idonei da invitare nelle procedure ristrette con riferimento ai soli «lavori di importo pari o superiore a quaranta milioni di euro», sembrano precludere irragionevolmente alle regioni la possibilita' di dettare una propria autonoma disciplina dell'istituto della c.d. «forcella» anche con riferimento ai contratti sotto soglia; sempre per il carattere di eccessivo dettaglio, va impugnato anche l'art. 123, soprattutto in considerazione del fatto che la «procedura ristretta semplificata» (ivi disciplinata) e' istituto che trova applicazione agli appalti di lavori sotto soglia. In stretta correlazione, e per il medesimo motivo, e' lesiva la norma transitoria dell'art. 257, comma 3, che per il corrente anno 2006 cristallizza gli elenchi previsti dall'art. 23 della legge n. 109/1994; per le medesime ragioni di cui sopra, vanno impugnati gli artt. 54, comma 4, 56, 57, 62, commi 1, 2, 4 e 7, e 122, comma 7, in quanto per la loro eccessiva analiticita' precludono alle regioni la possibilita' di dettare una propria autonoma disciplina relativamente alla procedura negoziata, soprattutto con riferimento (anche in questo caso) al settore degli appalti sotto soglia; sempre per il carattere di eccessiva analiticita' che non lascia alcun effettivo spazio ad una autonoma disciplina regionale di dettaglio, vanno specificamente impugnati l'art. 153, che regolamenta la fase di raccolta e selezione delle proposte con riferimento all'istituto del project financing; l'art. 93 laddove pone una dettagliata e rigida disciplina dei livelli di progettazione; gli artt. 75 e 113, che dettano una pervasiva ed analitica disciplina delle forme di garanzia, nonche', in correlazione, l'art. 252, comma 6; l'art. 118, comma 2, che norma in modo estremamente analitico il subappalto; l'art. 131, che regolamenta in termini dettagliatissimi i piani di sicurezza; l'art. 132, nella misura in cui la analitica disciplina delle varianti in corso d'opera, ivi contenuta, non lascia alcun autonomo spazio di intervento al legislatore regionale; nonche' gli artt. 120, comma 2, e 141 in materia di collaudo, sempre per la estrema analiticita' della disciplina ivi contenuta, di cui e' addirittura prevista l'ulteriore specificazione ad opera del regolamento; da ultimo, sempre con riferimento agli ambiti di disciplina ascrivibili alla «tutela della concorrenza», vanno censurati gli artt. 6, comma 9, lettera a), e 7, comma 8, nella misura in cui, per la loro eccessiva analiticita', precludono alle regioni la possibilita' di legiferare definendo procedure piu' snelle e compatibili con l'organizzazione propria delle sezioni regionali dell'Osservatorio dei contratti pubblici. Sempre per l'eventualita' di mancato accoglimento dei motivi svolti supra sub 6 e 7, vanno specificamente impugnati gli articoli 197, 204 e 205 del decreto legislativo n. 163/2006, i quali, pur se ipoteticamente riferibili alla materia «tutela dei beni culturali» (di competenza esclusiva dello Stato), presentano comunque un carattere di estremo dettaglio e di eccessiva analiticita', e comprimono dunque illegittimamente l'autonomia normativa regionale, prevedendo - anche in questo caso - misure sproporzionate ed eccessive rispetto al fine. Analogo discorso va fatto anche con riferimento alla disciplina del «contenzioso» (di cui agli artt. 239 e ss.), la quale, pur essendo certamente riconducibile ad una materia di esclusiva competenza statale che consente l'introduzione di limiti piu' penetranti rispetto a quelli ammessi relativamente alla tutela della concorrenza e dei beni culturali, risulta cionondimeno illegittima nella misura in cui sia articolata in termini cosi' dettagliati ed analitici da non lasciare alcuno spazio di intervento al legislatore regionale. In un tale ottica, vanno specificamente censurati i commi 9 e 10 dell'art. 240, i quali disciplinano in modo eccessivamente analitico aspetti prettamente organizzativi dell'istituto dell'accordo bonario, precludendo alle regioni qualsiasi possibilita' di dettare sul punto una propria autonoma disciplina. 9. - Incostituzionalita' dell'art. 5, comma 1, del decreto n. 163, per violazione degli artt. 117, comma 6, 118 Cost., e del principio di leale collaborazione. 9.1. - L'art. 5 del decreto prevede che il Governo detti «con regolamento la disciplina esecutiva e attuativa» del codice, seguendo un procedimento al quale partecipano il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Consiglio di Stato (mentre non si impone la necessita' del coinvolgimento delle regioni). Gli aggettivi «esecutivo» ed «attuativo» usati per definire la capacita' innovativa del regolamento non devono trarre in inganno. Il compito affidato al Governo non e' affatto limitato alla semplice posizione di norme di dettaglio e di specificazione di scelte gia' operate dal codice, ma si estende in molti punti alla fissazione della disciplina sostanziale: come dimostrano (oltre al lungo elenco delle «materie» elencate al comma 5) le numerose disposizioni che al regolamento fanno espresso rinvio (cfr. ad es. gli artt. 40, 94, 124 comma 7, ...), e come e' sottolineato dalla circostanza che, tra le condizioni per il parere favorevole sullo schema del decreto, la VIII Commissione permanente della Camera aveva posto l'inserimento del parere parlamentare nel procedimento di adozione del regolamento (intervento parlamentare ritenuto necessario, evidentemente, in ragione della alta politicita' del compito normativo auto-affidatosi dal Governo; cfr. doc. 1° marzo 2006, lettera g). Il regolamento e' destinato a valere nella sua integralita' solo per «amministrazioni ed enti statali», mentre per la generalita' delle amministrazioni (e quindi anche per le regioni e per i contratti «di interesse regionale» conclusi da altri soggetti) la applicabilita' della fonte subordinata e' limitata alle disposizioni che concernono «gli aspetti di cui all'articolo 4, comma 3»: vale a dire, tutti quegli aspetti che - secondo il legislatore delegato - rientrano nella competenza esclusiva dello Stato, ai sensi del secondo comma dell'art. 117 Cost. Il testo definitivamente approvato supera cosi' i dubbi che potevano sorgere dallo schema preliminare deliberato dal Governo il 13 gennaio 2006: come rilevato nel parere della Conferenza unificata del 9 febbraio, l'originario art. 5 pareva vincolare ogni e qualsiasi amministrazione a tutte le norme regolamentari ricadenti nelle materie o nei settori o sugli oggetti indicati in termini amplissimi nello stesso art. 5 (in particolare all'allora comma 4, ora 5), tutti considerati ex lege come rientranti nella «competenza legislativa statale esclusiva». Nonostante la pur significativa modifica apportata, l'art. 5 continua a ledere le competenze costituzionalmente attribuite alla regione; e non si tratta soltanto della incostituzionalita' che deriva dall'avere l'art. 4, comma 3, del decreto ricompreso tra le materie statali esclusive settori ed oggetti che tali non sono affatto (v. supra n. 6). Ad ogni buon conto, la regione chiede la dichiarazione di illegittimita' delle norme che piu' direttamente rinviano al regolamento governativo la disciplina di quegli oggetti: si tratta degli artt. 120, comma 2, e 141, in materia di collaudo (per i motivi sopra illustrati al n. 8). In termini piu' generali, la disposizione dell'art. 5 e' illegittima per gli ulteriori profili e motivi che seguono. 9.2. - Il comma 6 dell'art. 117 Cost. limita il potere regolamentare dello Stato alle sole materie nelle quali esso ha «legislazione esclusiva». Per ritenere che l'art. 5, d.lgs. n. 163 non contrasti con tale norma, non basta pero' la semplice considerazione che il vincolo al regolamento e' ora limitato agli aspetti indicati dal precedente art. 4, comma 3 (eventualmente ridotti per effetto della dichiarazione di incostituzionalita' richiesta con il presente ricorso). Letteratura e giurisprudenza costituzionale hanno definitivamente messo in rilievo che non tutte le materie indicate all'art. 117, comma 2, Cost. sono nettamente distinguibili e separabili dalle materie di competenza regionale; al contrario, molte «materie» dello Stato (le materie «trasversali», le «non-materie», le «materie-valori» ...) sono in grado di condizionare le competenze regionali, senza tuttavia - di regola - esaurirle o assorbirle integralmente. Tra queste rientra senz'altro la «tutela della concorrenza», come hanno ampiamente mostrato decisioni della Corte (v. sent. n. 272/2004, e le argomentazioni sopra esposte). La distinzione non puo' non riflettersi sull'interpretazione del comma 6 dell'art. 117. Se la disciplina di una materia statale trasversale porta a (configurare legittimamente una specifica funzione statale, intestata ad organi dello Stato, puo' forse concedersi che quella stessa funzione sia regolabile dallo Stato tanto in via legislativa quanto in via regolamentare (si pensi ai compiti di approvazione di certi piani o elenchi, oppure alla disciplina di strutture dell'apparato centrale che siano destinate ad operare in settori regionali, e cosi' via). Ma se la materia trasversale dell'art. 117 Cost. consente allo Stato solo di indirizzare e di vincolare, in modo piu' o meno penetrante, la funzione normativa della regione, per quale motivo i vincoli non dovrebbero assumere la esclusiva forma della legge o dell'atto avente forza di legge? Per quale motivo si dovrebbe differenziare - sotto questo aspetto - tra i vincoli espressi dai principi fondamentali (non apponibili con regolamento: cfr. sentt. nn. 303/2003; 364/2003) e i vincoli espressi dalla disciplina delle materie trasversali, se la struttura e il modo di operare dei vincoli sono - come sono - i medesimi? Il sesto comma dell'art. 117 Cost. - che ben puo' dirsi precipitato e svolgimento della giurisprudenza formatasi sul vecchio Titolo V - svolge una funzione essenziale di garanzia delle regioni: esso vuole che l'autonomia politica di questi enti territoriali sia limitata solo da atti riconducibili direttamente o in via mediata al Parlamento, luogo della rappresentanza nazionale, nel quale le decisioni politiche sono assunte con procedure formalizzate e pubbliche, con il concorso, ovviamente in grado diverso, di maggioranza e di opposizioni; esso impedisce che il solo Governo, con la maggioranza che lo sostiene, possa orientare l'azione delle politicamente variegate autonomie regionali. Una diversa lettura della disposizione costituzionale che qui si assume violata finisce con il privarla di significato normativo. A tale esito invero si giunge, quando si sostiene che il sesto comma dell'art. 117 consente allo Stato di vincolare le,egioni in via regolamentare in tutti i casi in cui le puo' vincolare in via legislativa: a seguire la tesi, e per dare significato al disposto costituzionale, si dovrebbe dire che - in mancanza di esso - lo Stato potrebbe intervenire con regolamento anche la' dove non puo' condizionare le regioni mediante la legge. Ma se la conseguenza e' cosi' aberrante, la tesi non puo' essere accettabile. La incostituzionalita' di regolamenti statali in materie «trasversali», dalla cui disciplina possono derivare vincoli per le regioni, non e' smentita dalla giurisprudenza che ammette la costituzionalita', nelle stesse materie, di particolari atti amministrativi attraverso i quali lo Stato fissa agli enti autonomi standard, indirizzi e obiettivi: il riferimento e' naturalmente alla giurisprudenza sulle disposizioni che regolano la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia sanitaria (v. la sent. n. 88/2003). Questi atti amministrativi sono infatti chiamati a sviluppare e a ulteriormente determinare finalita' e obiettivi specifici, gia' puntualmente determinati dalla legge; inoltre, nel procedimento della loro formazione entra (e deve necessariamente entrare) l'apporto decisorio delle regioni. Altro e' invece il caso della comune potesta' regolamentare, non legata alla legge dal medesimo tipo di rapporto (e fino a quando non lo sia: che', se lo fosse, il «regolamento» sarebbe soggetto allo stesso regime degli atti amministrativi di indirizzo: v. la sent. n. 134/2006). Traendo le conclusioni sul punto, l'art. 5, comma 1, e' illegittimo, per violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., nella parte in cui prevede la applicabilita' alle regioni, e ai contratti di «interesse regionale», delle disposizioni regolamentari riferite ai settori che l'art. 4, comma 3, ascrive alla «tutela della concorrenza». 9.3. - In via subordinata, la regione ricorrente propone questione di costituzionalita' dell'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 163, nella parte in cui non prevede che le disposizioni regolamentari in materia di «tutela della concorrenza» siano adottate previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, ai fini della loro applicabilita' alle regioni e ai contratti «di interesse regionale». Il regolamento - nelle parti in cui regola i contratti pubblici per profili diversi dall'«ordinamento civile», dalla «giurisdizione» e dalla «giustizia amministrativa» - e' destinato ad interferire con le competenze costituzionalmente spettanti alla regione sui lavori pubblici (come riconosciuto dalla Corte con la fondamentale sent. n. 303/2003; supra, n. 1), sulla organizzazione amministrativa propria e degli enti da essa dipendenti, sulla disciplina delle funzioni amministrative. Di qui la necessita' che la competenza statale sulla «tutela della concorrenza» sia coordinata con le competenze regionali attraverso il modulo collaborativo dell'intesa: la presenza nella legislazione ordinaria di formule collaborative e' gia' stata valorizzata dalla Corte per escludere la incostituzionalita' della disciplina impugnata (v. sent. n. 303/2003; sent. n. 431/2005, in materia di «difesa», altra materia esclusiva statale), mentre in altre occasioni la intesa con la conferenza Stato-regioni e' stata introdotta con sentenza additiva, per ricondurre a costituzionalita' la legge statale impugnata (ad es. con la sent. n. 134/2006). Del resto, e' significativo che lo stesso decreto legislativo per taluni aspetti della disciplina preveda la adozione di norme regolamentari previa «intesa in sede di Conferenza unificata» (art. 201, comma 3; art. 204, comma 3, art. 252 comma 3), o «sentita la Conferenza unificata» (art. 204, comma 4), oppure «sentita la Conferenza Stato-regioni» (art. 253, comma 10) (ne' ovviamente rileva, a questi effetti, che alcune di queste disposizioni siano state impugnate, in quanto istituiscono potesta' regolamentari o in quanto consentono norme eccessivamente dettagliate). 10. - Incostituzionalita' parziale dell'art. 5, comma 1, per violazione degli artt. 76, 117, comma 5, Cost. Specifici vizi di costituzionalita' concernono l'art. 5, d.lgs. n. 163, nella parte in cui prevede l'applicabilita' alle regioni del regolamento governativo, nelle materie dell'art. 4, comma 3, con riferimento ai contratti «di rilevanza comunitaria». La censura e' svolta per il caso di mancato accoglimento del motivo, piu' generale ed assorbente, illustrato al precedente n. 9. Si e' sottineato sopra il rilievo che, ai fini della valutazione di costituzionalita' del decreto legislativo n. 163, deve essere assegnato all'art. 117, comma 5, Cost., e alla conseguente legge n. 11 del 2005. La legge n. 11 (norme di procedura a parte, qui non rilevanti) prevede alcune «interferenze» statali nel compito regionale di attuazione. E nessuna di esse consente la adozione di norme regolamentari vincolanti. Il primo tipo di intervento statale - con funzione di «sostituzione preventiva» delle regioni inadempienti - e' gia' stato richiamato. Per quanto ora interessa, e' da evidenziare che esso si traduce in «disposizioni legislative» niente affatto inderogabili, ma suppletive e cedevoli (art. 16, comma 3). Ed anche ad ammettere che la «sostituzione preventiva» possa avvenire in via regolamentare, i conseguenti regolamenti dovranno avere pur essi il medesimo carattere suppletivo e cedevole: cio' che non e' affatto riconosciuto dalla disposizione impugnata. Un secondo tipo di intervento statale e' ipotizzato dalla legge n. 11/2005 per il caso in cui la disciplina comunitaria da attuare tocchi sia materie regionali, sia materie elencate all'art. 117, comma 2, Cost. (Non interessa considerare qui un terzo tipo di intervento nazionale, considerato dalla legge n. 11 - art. 16, comma 1, secondo periodo - per il caso in cui le direttive tocchino materie di legislazione concorrente; in tale ipotesi la inammissibilita' dei regolamenti deriva dalla natura stessa della competenza concorrente, come in sostanza ammette lo stesso art. 5, d.lgs. n. 163). Nel caso dunque in cui entrino in gioco competenze ex art. 117, comma 2, Cost., lo Stato «indica i criteri e formula le direttive ai quali si devono attenere le regioni e le province autonome ai fini del soddisfacimento di esigenze di carattere unitario, del perseguimento degli obiettivi della programmazione economica e del rispetto degli impegni derivanti dagli obblighi internazionali»: la legge di attuazione dell'art. 117, comma 5, Cost., non prevede dunque alcun esproprio di competenze regionali, ma solo la prefissione di obiettivi rientranti nell'ambito di specifiche finalita'; ed aggiunge poi la regola che i criteri e le direttive sono dettati a) con legge o con atto avente forza di legge, oppure, b) con i regolamenti previsti dall'art. 11, sulla base della legge comunitaria», oppure, c) «mediante deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie, d'intesa con i Ministri competenti secondo le modalita' di cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59». A prescindere dalle considerazioni generali svolte al precedente n. 2, la legge n. 11/2005 - nelle materie del secondo comma dell'art. 117 Cost., che interferiscono con materie regionali (come e' per la materia che ci occupa) - non consente comunque la adozione delle consuete norme regolamentari. Da un lato, infatti, «i regolamenti previsti dall'art. 11» della legge n. 11/2005 sono quelli specificamente autorizzati dalla legge comunitaria a dare attuazione alle direttive, con puntuale prefissione legislativa di «principi e criteri direttivi», «qualora le direttive consentano scelte in ordine alle modalita' della loro attuazione»: ma nessuna autorizzazione del genere e' contenuta nella legge delega n. 62 del 2005, che anzi, quando non vi da' direttamente attuazione, sempre ragiona di attuazione delle direttive mediante decreti legislativi. D'altro lato, la deliberazione del Consiglio dei ministri - che volesse rivolgere alle regioni criteri e direttive ai fini di tutela degli interessi statali nelle materie trasversali - per essere valida dovrebbe essere adottata «secondo le modalita' di cui all'art. 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59»: e quindi, come dispone il richiamato art. 8, «previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome». Le considerazioni svolte portano a ritenere illegittima - per violazione dell'art. 117, comma 5, come attuato dalla legge n. 11/2005 - la previsione del potere regolamentare dell'art. 5, d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui si riferisce ai contratti di interesse regionale «di rilevanza comunitaria»; in subordine, nella parte in cui non prevede che il regolamento sia adottato di intesa con la Conferenza Stato-regioni, come previsto dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997. La censura ora argomentata non perde il proprio fondamento con il rilevo che la legge n. 11 del 2005 e' fonte di livello primario, e che fonte di livello primario e' pure il decreto legislativo impugnato. In primo luogo, la legge n. 11 e' diretta attuazione dell'art. 117 Cost., tale da implicare sia che le sue disposizioni «possono essere modificate, derogate, sospese o abrogate da successive leggi solo attraverso l'esplicita indicazione delle disposizioni da modificare, derogare, sospendere o abrogare» (cosi' l'art. 21), sia che essa puo' essere «ad un tempo il parametro di valutazione della legittimita' costituzionale degli atti legislativi dello Stato e delle regioni in materia ed il criterio interpretativo degli stessi», come incisivamente si esprime la sent. n. 12/2006, a proposito degli artt. 5 e 6, legge n. 131/2003, di attuazione dell'art. 117, quinto e nono comma Cost. In secondo luogo, e conseguentemente, una deroga cosi' rilevante e significativa al sistema delineato dalla legge n. 11/2005 - come quella introdotta sul punto dal decreto legislativo n. 163 - avrebbe dovuto costituire oggetto di uno specifico principio o criterio direttivo della legge di delega, principio o criterio di cui non vi e' traccia nella legge n. 62 del 2005. Tale ultima considerazione induce a censurare l'art. 5, comma 1, d.lgs. n. 163, anche per violazione dell'art. 76 Cost., avendo il Governo ecceduto dalla delega conferitagli, e potendo la regione dolersi della violazione, in quanto si tratta del mancato rispetto di previsioni dirette a conformare la propria autonomia nella attuazione delle direttive comunitarie. 11. - Illegittimita' dell'art. 5, comma 2, per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, e dell'art. 76 Cost. Il comma 2 dell'art. 5 rimette al regolamento di determinare le disposizioni di esso che - in quanto «esecutive o attuative di disposizioni rientranti ai sensi dell'art. 4, comma 3, in ambiti di legislazione statale esclusiva» - sono applicabili anche alle regioni. Una autoqualificazione statale delle norme applicabili alle Regioni, pur potendosene apprezzare la ratio, non puo' essere operata con un regolamento governativo, soprattutto quando, come nel caso, al regolamento e' lasciato un margine di discrezionalita' assai ampio. In effetti, la disposizione impugnata finisce con il rimettere al regolamento sia i limiti orizzontali della competenza della regione (attraverso la definizione «in negativo» dei suoi ambiti di competenza), sia i limiti verticali (attraverso la posizione di vincoli piu' o meno penetranti, destinati ad operare all'interno delle materie regionali interferenti con quelle statali). Ma questo compito deve essere assolto direttamente dalla legge o da un atto equiparato: lo impongono in primo luogo l'art. 117, commi 2-4, Cost., e il principio di legalita' che regola i rapporti Stato-regioni. 12. - Illegittimita' dell'art. 5, commi 7 e 9, per violazione dell'art. 117, commi 3 e 4, Cost. Le disposizioni impugnate consentono a tutte le stazioni appaltanti di adottare propri capitolati, oppure di far proprio il capitolato generale adottato dal Ministro delle infrastrutture (questo per gli appalti di lavori). Secondo il parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema del decreto, «non vi e' alcuna limitazione dei poteri regionali», stante la facoltativita' della previsione (cosi' con specifico riferimento all'ultimo comma dell'art. 5). Cio' e' vero per quanto riguarda la regione come stazione appaltante, mentre non e' affatto vero per le altre stazioni, le quali appaltino lavori pubblici «di interesse regionale». Le disposizioni impugnate escludono che la legge regionale possa prevedere la approvazione di un apposito capitolato generale, oppure la adozione da parte di tutte le stazioni appaltanti di schemi uniformi di capitolati speciali; in tal modo, pero', esse ledono la competenza legislativa spettante alla regione sui lavori pubblici «di interesse regionale», oltre che la competenza sulla organizzazione propria e degli enti da essa dipendenti. 13. - Incostituzionalita' dell'art. 253, comma 3, e comma 22, lettera a), per violazione degli artt. 117, secondo, terzo, quarto, quinto comma, e 118 Cost. L'art. 253, comma 3, primo periodo, dispone che «per i lavori pubblici, fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'art. 5, continuano ad applicarsi il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, e le altre disposizioni regolamentari vigenti che, in base al presente codice, dovranno essere contenute nel regolamento di cui all'art. 5, nei limiti di compatibilita' con il presente codice». Il comma 22, lettera a), del medesimo art. 253 stabilisce poi che, fino all'entrata in vigore del regolamento, i lavori in economia (di cui all'art. 125) sono disciplinati dal d.P.R. n. 554/1999 «nei limiti di compatibilita' con le disposizioni del presente codice». Le norme rinviano alla disciplina regolamentare statale per tutti i lavori pubblici «di interesse regionale». Esse sono quindi lesive delle competenze regionali per i motivi esposti ai precedenti nn. 4, 6, 8 e 9, qui integralmente richiamati, nella parte in cui richiamano le norme regolamentari «di attuazione» della disciplina primaria corrispondentemente denunciata in quei motivi di ricorso. 14. - Istanza di sospensione. Le ampie argomentazioni svolte ai punti che precedono hanno evidenziato l'illegittimita' costituzionale delle impugnate disposizioni del «Codice dei contratti pubblici». L'imminente entrata in vigore del Codice, prevista per il 1° luglio 2006, giustifica anche la richiesta di sospensione dell'esecuzione delle medesime disposizioni impugnate, che qui si formula ai sensi del combinato disposto degli artt. 35 e 40 della legge n. 87/1953. Al riguardo, va ricordato che la Regione Veneto, nel legittimo esercizio della potesta' legislativa alla stessa costituzionalmente attribuita, si e' dotata di una specifica disciplina in materia di «lavori pubblici di interesse regionale», contenuta nella legge regionale 7 novembre 2003, n. 27. L'applicazione dell'impugnato «Codice dei contratti pubblici» nell'ambito dell'ordinamento giuridico particolare della Regione Veneto, pertanto, determinerebbe una situazione di pressoche' assoluta incertezza normativa giacche' comporterebbe la sostanziale impossibilita' di individuare con ragionevole certezza la disciplina legislativa applicabile, nel Veneto, ai lavori pubblici di interesse regionale. In proposito, non vale a scongiurare tale paventato, gravissimo, pregiudizio il richiamo all'art. 4, comma 4, del codice, ai sensi del quale «nelle materie di competenza normativa regionale, concorrente o esclusiva, le disposizioni del presente codice si applicano alle regioni nelle quali non sia ancora in vigore la normativa di attuazione»: giacche' tale previsione normativa, che sembrerebbe, prima facie salvaguardare la citata legge regionale veneta n. 27/2003, e' in realta' contraddetta e vanificata dal disposto di cui al precedente comma 3 del medesimo art. 4, il quale vieta in modo assoluto alle regioni di «prevedere una disciplina diversa da quella del presente codice» in relazione ad un'ampia gamma di «oggetti» riconducibili alla complessiva disciplina dei «contratti pubblici». Risulta pertanto del tutto evidente che l'applicazione del decreto legislativo n. 163/2006 renderebbe in concreto impossibile individuare e scindere, nell'ambito del corpus normativo della legge regionale veneta n. 27/2003, le disposizioni da considerarsi implicitamente abrogate, in quanto disciplinanti in modo difforme dal codice gli «oggetti» elencati dal citato comma 3 dell'art. 4, e le disposizioni che potrebbero invece rimanere in vigore in quanto conformi alla sopravvenuta fonte statale, o comunque riconducibili ad ambiti di competenza normativa regionale concorrente o esclusiva. L'esecuzione delle impugnate disposizioni del codice comporterebbe pertanto il «rischio» di un «irreparabile pregiudizio», innanzitutto, «all'ordinamento giuridico», in quanto determinerebbe, come detto, una situazione di totale incertezza normativa in merito alla individuazione della disciplina applicabile ai «lavori pubblici di interesse regionale», con conseguente gravissimo vulnus per il fondamentale principio della «certezza del diritto». In secondo luogo, vi sarebbe il rischio di un irreparabile pregiudizio anche per l'«interesse pubblico» sotteso alla disciplina degli affidamenti pubblici, in quanto la situazione di incertezza normativa conseguente all'applicazione del codice si ripercuoterebbe inevitabilmente sull'affidamento e sull'esecuzione dei contratti pubblici, pregiudicando di conseguenza, piu' in generale, l'efficienza ed il buon andamento della pubblica amministrazione. Da ultimo, i ricordati effetti sulla «certezza del diritto» che deriverebbero dall'esecuzione delle impugnate disposizioni normative potrebbero comportare un grave pregiudizio agli stessi «diritti dei cittadini», ovvero, piu' precisamente, dei soggetti che intendano partecipare ad una procedura di affidamento di un appalto pubblico, ovvero abbiano in essere un rapporto contrattuale con una pubblica amministrazione. In definitiva, dunque, sembrano ricorrere, nel caso di specie, tutti i presupposti ai quali il citato art. 35 della legge n. 87/1953 subordina l'adozione, da parte di codesta Corte, dell'ordinanza di sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati di cui all'art. 40 della medesima legge n. 87. Ad ulteriore riprova di cio', consideri infine la Corte che i ricordati pregiudizievoli effetti conseguenti all'applicazione del Codice interverrebbero in un settore fondamentale e trainante dell'economia veneta ovvero quello dei lavori pubblici: settore che coivolge, ad un tempo, i rilevantissimi interessi pubblici riconnessi alla realizzazione delle opere e delle infrastrutture pubbliche, e gli altrettanto rilevanti interessi privati facenti capo ai soggetti esecutori delle opere medesime (ed in ultima analisi alla stessa collettivita', che di tali opere fruisce). La situazione di assoluta e grave incertezza normativa che conseguirebbe all'applicazione delle impugnate disposizioni rischierebbe pertanto di paralizzare questo vitale settore dell'economia, pregiudicando la programmazione e l'esecuzione dei lavori pubblici in una regione che, forse piu' di ogni altra in questo momento, vede dipendere il mantenimento della sua economia e le sue condizioni di vita, anche sotto il profilo ambientale, proprio dalla realizzazione di un'adeguata e moderna rete di opere infrastrutturali.
P. Q. M. Chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale, previa sospensione dell'esecuzione, dichiari la illegittimita' costituzionale delle disposizioni indicate in epigrafe. Si depositano i seguenti documenti: 1) deliberazione della giunta regionale n. 1885 del 13 giugno 2006 di autorizzazione al ricorso; 2) deliberazione integrativa della giunta regionale n. 2065 del 27 giugno 2006 di autorizzazione al ricorso; 3) artt. 4 e 5 dello schema di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri il 13 gennaio 2006 (atto n. 606 Senato della Repubblica); 4) parere 9 febbraio 2006 della Conferenza unificata reso sullo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei miniastri il 13 gennaio 2006. Padova-Venezia-Roma, addi' 30 giugno 2006 Avv. Prof. Vittorio Domenichelli - Avv. Romano Morra - Avv. Luigi Manzi 06C0659