N. 251 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2006
Ordinanza emessa il 20 marzo 2006 dalla Corte di appello di Torino nel procedimento penale a carico di Robella Daniele Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il pubblico ministero di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento - Preclusione - Inammissibilita' dell'appello proposto prima dell'entrata in vigore della novella - Contrasto con il principio di ragionevolezza - Violazione del principio di parita' delle parti nel processo - Disparita' di trattamento tra pubblico ministero e parte civile - Lesione del principio della ragionevole durata del processo. - Codice di procedura penale, art. 593, modificato dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46, art. 10. - Costituzione, artt. 3 e 111.(GU n.34 del 23-8-2006 )
LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale a carico di Robella Daniele, nato a Asti il 17 dicembre 1973, il quale in primo grado e' stato giudicato con sentenza in data 18 novembre 2004 dal tribunale di Asti ed assolto dai reati a lui scritti sub a) e sub b) per non avere commesso il fatto e dal reato sub c) perche' il fatto non sussiste; Rilevato che avverso tale sentenza ha presentato tempestivo appello il p.m. presso il tribunale di Asti richiedendo, tra l'altro, che, in riforma della sentenza appellata, fosse pronunciata sentenza di condanna nei confronti del predetto Robella Davide alla pena ritenuta di giustizia, previa eventuale rinnovazione dell'istituzione dibattimentale; Rilevato che e' stata pertanto fissata udienza pubblica innanzi a questa sezione della corte di appello per la trattazione dell'appello come sopra proposto; Rilevato che la corte di appello all'udienza del 15 dicembre 2005 ha disposto perizia grafotecnica e che all'odierna udienza il perito ha risposto ai quesiti proposti, previo deposito di relazione scritta; Sentita le parti nel corso dell'udienza odierna; Rilevato che il p.g. ha richiesto che la corte di appello pronunciasse ordinanza con cui dichiarasse rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 593 c.p.p. (cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46) e 10 della stessa legge con gli artt. 3 e 111 della Costituzione, mentre la difesa dell'imputato ha chiesto invece che l'appello del p.m. fosse dichiarato inammissibile in forza dell'art. 593 c.p.p., cosi' come modificato; osserva quanto segue. Viene invocata dal difensore dell'imputato l'applicazione della recente legge n. 46 del 20 febbraio 2006, entra in vigore il 9 marzo 2006, che ha modificato l'art. 593 c.p.p. nel senso di precludere in ogni caso al p.m. e all'imputato la facolta' di proporre appello avverso sentenze di proscioglimento, salva l'ipotesi che lo stesso p.m. nell'atto di appello abbia richiesto l'assunzione di una nuova prova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado che il giudice reputi decisiva (ipotesi questa che non ricorre nel caso di specie). La voluntas legis e' indubbiamente nel senso indicato dal difensore e non sembra che vi sia materia a questo riguardo per nessun dubbio esegetico. Infatti la norma transitoria prevista nell'art. 10 secondo comma della legge citata prescrive al giudice avanti il quale pende l'appello in seguito all'imputazione proposta dal p.m. prima dell'entrata in vigore della legge sopra richiamata di emettere ordinanza non impugnabile con la quale dichiarare l'inammissibilita' dell'appello stesso. Conseguentemente non v'e' certo spazio per ritenere priva di rilevanza nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale prospettata dal p.g. presso questa corte di appello sul presupposto che le norme impugnate siano in contrasto con le disposizioni degli artt. 3 e 111 della Carta costituzionale. Si tratta, pertanto, di stabilire se la questione prospettata e' manifestamente infondata. A parere di questo giudice non pare che essa possa essere dichiarata manifestamente infondata. Lo dimostrano le osservazioni qui di seguito sintetizzate. 1. - La carta costituzionale, come e' notorio, specifica i principi generali ai quali si deve adeguare la normativa processuale. Prescrive dunque, con il menzionato art. 111 secondo comma, che ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parita', davanti a giudice terzo ed imparziale. Soggiunge, inoltre, che la legge ne assicura la ragionevole durata. 2. - Costituisce quindi un necessario corollario dell'enunciazione sopra riportata, in quanto la condizione di parita' costituisce uno dei principi che inspirano il giusto processo, che tale condizione deve essere assicurata con rigore, poiche' si deve ritenere che la tutela dell'accennata condizione realizzi il perseguimento di un valore a cui e' riconosciuto rango costituzionale. Occorre dunque risolvere obbligatoriamente, a questo punto, il quesito che impone di chiarire se, in quanto all'imputato spetta il diritto di appellare la sentenza di condanna, la correlativa possibilita' per l'organo del p.m. di proporre appello avverso le sentenze di assoluzione rappresenta un modo non rinunciabile attraverso il quale la predetta condizione di parita' deve immancabilmente trovare concreta attuazione. La corte di appello reputa di dare al quesito una risposta affermativa. E' vero che si e' autorevolmente osservato che l'attuazione delle condizioni di parita' deve avvenire nel processo, mediante il mezzo costituito dal contraddittorio delle parti, e non attraverso l'attribuzione al p.m. di una facolta' di impugnazione altrettanto estesa quanto quella che spetta all'imputato avverso le sentenza di condanna. Tuttavia l'argomento addotto non e' decisivo. Appare invece conforme alla portata che deve essere riconosciuta alla ricordata condizione di parita' ed alla finalita' di non vulnerare, appunto, la tutela dell'interesse costituzionale al quale essa e' preordinata, osservare che non si puo' aderire ad un'accezione cosi' angusta del dettato dell'art. 111 secondo comma della Costituzione senza che, in realta', venga pregiudicato un aspetto essenziale della stessa parita' che il legislatore costituzionale vuole che sia invece garantita senza riserve o eccezioni. 3. - Aderendo all'opinione contraria, sarebbe gravemente alterata la regolarita' del processo penale. In esso, infatti, si devono confrontare le ragioni di parti che, in quanto sono depositarie di interessi contrastanti che la Costituzione tutela attribuendo loro una pari rilevanza, non possono essere poste in posizioni di cosi' accentuata ineguaglianza di trattamento quale quella che deriva dalla previsione di inammissibilita' dell'appello del p.m. contro le sentenze di assoluzione. Occorre invero rilevare che nel processo il p.m. esercita la pretesa dello Stato alla punizione del colpevole che, a sua volta, deve essere messa in relazione con il principio costituzionale dell'obbligatorieta' dell'azione penale di cui all'art. 112 della Costituzione. Orbene, mentre l'imputato con la modifica della normativa della cui legittimita' costituzionale ora si controverte rimane titolare ad ogni effetto del potere di impugnare la sentenza di condanna a garanzia della pretesa di essere ritenuto innocente, il p.m. viene invece privato di un mezzo di primaria importanza al fine di ottenere che venga affermata nel processo la pretesa dello Stato alla punizione del colpevole, sebbene anche questa pretesa goda di una tutela costituzionale che e' di grado non minore di quella che viene riconosciuta all'opposto interesse dell'imputato. La disparita' di trattamento che ne deriva si pone percio' in contrasto con l'art. 111 secondo comma della Costituzione nella parte in cui prevede che il processo si svolga in condizione di parita' tra le parti, cioe' in una condizione di diritto che assicuri a ciascuna parte processuale eguali mezzi per raggiungere le finalita' che ad ognuna di esse spetta di perseguire. 4. - Non rileva che la normativa di cui si discute riduca anche i casi in cui le sentenze di proscioglimento possono essere appellate dall'imputato poiche' esclude dall'appello le sentenze di proscioglimento pronunciate perche' il fatto non costituisce reato, o perche' non e' punibile o perche' non e' procedibile. E' infatti innegabile che la riduzione della facolta' dell'imputato di appellare in tal modo operata non bilancia l'esclusione in toto del potere del p.m. di appellare qualunque sentenza di proscioglimento. Non rileva nemmeno che altre disposizioni in materia processuale abbiano in passato limitato la facolta' del p.m. di proporre impugnazione e che, in particolare, l'art. 443 terzo comma c.p.p. abbia escluso la facolta' del p.m. di appellare la sentenza di condanna pronunciata a seguito di giudizio abbreviato. Infatti la Corte costituzionale ha ritenuto con l'ordinanza n. 421/2001 che detta ultima limitazione non fosse in contrasto con i principi stabiliti nell'art. 111 della Costituzione con motivazione che non puo' essere estesa al caso in esame. E' noto che, con tale pronuncia, ha precisato che la Costituzione, mentre prevede la parita' delle parti nel processo, non attribuisce necessariamente a queste identiche facolta' nel processo. Tuttavia e' necessario soggiungere che l'ordinanza citata ha confermato, nell'occasione, che una disparita' di trattamento puo' essere ragionevolmente giustificata quando siano contemporaneamente preservate la speciale posizione del p.m. e dell'imputato e le esigenze che sono connesse con la corretta amministrazione della giustizia. Infatti ha chiarito che l'esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo trova attuazione nel giudizio abbreviato, poiche' questo giudizio consente di utilizzare senza procedere al filtro del dibattimento il materiale di prova acquisito dal p.m. nelle indagini preliminari. Conseguentemente la rinuncia da parte dell'imputato al contraddittorio nell'assunzione delle prove giustifica, alla stregua di quanto ha ritenuto il Giudice delle leggi, la disposizione dell'art. 443 terzo comma c.p.p. che, in ossequio all'esigenza di bilanciare divergenti interessi, esclude che il p.m. possa appellare la sentenza di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato. Nel caso in esame, per conto, l'esclusione della facolta' del p.m. di presentare appello contro le sentenze di proscioglimento non trova nessun corrispettivo in un correlativo atto compiuto dall'imputato che abbia l'effetto di contribuente alla ragionevole durata del processo. L'esclusione della facolta' di appellare in questo caso non trova, pertanto, giustificazione ed appare quindi manifestamente irragionevole, cosi' violato il disposto dell'art. 3 della Costituzione. 5. - Un distinto profilo sotto il quale la normativa esaminata appare causa di una possibile illegittimita' costituzionale deve essere ricercato nella disparita' di trattamento che viene introdotta tra il p.m. e la parte civile. Pare infatti che a quest'ultima parte, attraverso la soppressione nell'art. 576 primo comma c.p.p. dell'inciso con il mezzo previsto per il pubblico ministero, sia stato mantenuto il potere di appellare, come si evince dal rilievo che non e' stata modificata la disposizione dell'art. 75 c.p.p. che prevede il trasferimento dell'azione civile dal processo civile a quello penale. Si perviene in tal modo all'assurda conseguenza che alla parte civile, malgrado persegua degli interessi eminentemente privati, e' garantito un potere di appello che viene invece sottratto al p.m., sebbene questo sia titolare della pretesa punitiva dello Stato, cioe' di una pretesa che certamente non e' di minore rilievo ai fini del corretto perseguimento dei principi del giusto processo. 6. - All'opposto di quanto si potrebbe pensare sulla base di un esame superficiale, anche il principio della ragionevole durata del processo viene leso dalla norma di cui si eccepisce l'illegittimita' costituzionale. Infatti, solo in apparenza essa si traduce nell'eliminazione di giudizio nei casi in cui, secondo la disposizione che e' stata modificata, il p.m. poteva presentare appello avverso la sentenza di proscioglimento. Nella realta', invece, e' stata prevista una disciplina eccessivamente complessa in forza della quale la Corte di cassazione e' chiamata a valutare, a norma dell'art. 606, lett. e) c.p.p., la mancanza, la contraddittorieta' o la manifesta illogicita' della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. Non e' fuori luogo osservare che l'estensione del sindacato della Corte di cassazione alla conformita' al fatto della motivazione della sentenza di proscioglimento, mentre altera la natura del giudizio di legittimita' che viene cosi' dilatato incongruamente fino a valutare il fatto con stravolgimento della funzione della Corte di legittimita', per altro verso costituisce un'innovazione che puo' comportare un tale aggravio dei tempi del processo da concretare una lesione del principio della ragionevole durata. E', in altre parole, ragionevole pensare che dall'estensione del sindacato della Corte di legittimita' discendera' nell'applicazione concreta, quale prevedibile conseguenza, una dilatazione dei tempi del processo, cosi' causando una distinta lesione ad uno dei principi del giusto processo che sono tutelati dall'art. 111 secondo comma della Costituzione. La questione di legittimita' costituzionale non e', pertanto, manifestamente infondata e deve dunque essere sottoposta al vaglio della Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 593 c.p.p. (cosi' come modificato dall'art. 1 della legge 20 febbraio 2006, n. 46) e 10 della stessa legge per contrasto con gli artt. 3 e 111 della Costituzione; Pertanto dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso ed i termini di prescrizione dei reati; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e che essa sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Torino, addi' 20 marzo 2006 Il Presidente: Ogge' 06C0669