N. 297 SENTENZA 5 - 20 luglio 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Istruzione  pubblica  -  Insegnanti  -  Concorso per l'immissione nei
  ruoli  degli  insegnanti  di religione - Limitazione ai docenti che
  hanno  prestato  servizio  continuativo per almeno quattro anni nel
  corso  degli  ultimi  dieci - Lamentata violazione del principio di
  ragionevolezza  e  assunta  disparita'  di  trattamento rispetto ai
  docenti  precari  con  periodi  di  insegnamento  non continuativi,
  complessivamente  piu' lunghi di quattro anni - Esclusione - Natura
  eccezionale  della  disciplina ed esercizio non irragionevole della
  discrezionalita' legislativa - Non fondatezza della questione.
- Legge 18 luglio 2003, n. 186, art. 5, comma 1.
- Costituzione artt. 3, 4, 51 e 97.
(GU n.30 del 26-7-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 5, comma 1,
della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo stato giuridico degli
insegnanti  di  religione  cattolica degli istituti e delle scuole di
ogni  ordine e grado), promossi con due ordinanze del 29 gennaio 2005
dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata
di  Lecce,  sui ricorsi proposti da Anna Rita Margiotta ed altra e da
Monica Grosso contro il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e
della  ricerca  ed  altro,  iscritte ai numeri 216 e 217 del registro
ordinanze 2005 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 17, 1ª serie speciale, dell'anno 2005.
    Visti  gli atti di costituzione di Anna Rita Margiotta ed altra e
di  Monica  Grosso, nonche' gli atti di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2006 il giudice relatore
Sabino Cassese;
    Udito  l'avvocato  Fausto  Buccellato  per Anna Rita Margiotta ed
altra e per Monica Grosso.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione
staccata  di  Lecce, con due distinte ordinanze (r.o. n. 216 e n. 217
del  2005)  ha sollevato - in riferimento agli articoli 3, 4, 51 e 97
della   Costituzione   -  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 1, della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo
stato   giuridico  degli  insegnanti  di  religione  cattolica  degli
istituti e delle scuole di ogni ordine e grado).
    La  disposizione  impugnata  prevede  che  il  primo concorso per
l'accesso  in  ruolo  degli  insegnanti  di  religione  cattolica  e'
riservato    esclusivamente    a    quelli    che   hanno   «prestato
continuativamente  servizio  per  almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci anni e per un orario complessivamente non inferiore alla
meta' di quello d'obbligo anche in ordini e gradi scolastici diversi»
e sono in possesso di altri requisiti.
    Dinanzi  al Tar pendono due giudizi promossi da docenti precari -
incaricati  dell'insegnamento  di  religione  cattolica  per  periodi
diversi,  ma  non  continuativi,  per  almeno  quattro  anni  - volti
all'annullamento   del  bando  di  concorso  (decreto  del  direttore
generale  del  Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e della
ricerca,  2 febbraio  2004),  adottato  in  applicazione  dell'art. 5
suddetto,  e dei decreti con i quali i ricorrenti erano stati esclusi
dalla procedura concorsuale per difetto del requisito del quadriennio
continuativo di servizio ed erano state annullate le prove sostenute.
La  domanda di sospensione di questi ultimi decreti e' stata accolta,
sino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale.
    Nelle  due  analoghe ordinanze di remissione, il giudice premette
che  i  ricorrenti  hanno  eccepito  l'illegittimita'  dell'art. 5 in
argomento.
    In  ordine alla rilevanza, il giudice sostiene che l'eliminazione
dalla norma in questione del requisito della continuita' del servizio
determinerebbe   la   caducazione   della  corrispondente  previsione
contenuta   nel   bando  di  concorso  e,  quindi,  l'ammissione  dei
ricorrenti al concorso riservato.
    Quanto  alla  non  manifesta  infondatezza,  precisato che non e'
contestato  che  i  ricorrenti  sono  in  possesso  del requisito del
servizio  almeno  quadriennale,  ma  non  continuativo, il rimettente
prospetta  la  violazione  degli  artt. 3, 4, 51 e 97 Cost., ad opera
della  norma  impugnata,  nella  parte in cui richiede il servizio di
insegnamento  prestato  in  maniera  continuativa  per un quadriennio
nell'ultimo  decennio  e  non  il  servizio  di  durata quadriennale,
comunque prestato nello stesso periodo.
    A   sostegno   della  incostituzionalita',  il  Tar  richiama  la
giurisprudenza  della  Corte in ordine al controllo di ragionevolezza
delle  scelte operate dal legislatore, che ne ammette il sindacato in
caso  di «palese arbitrarieta' od irrazionalita» (sentenze n. 437 del
2002,  n. 431  e  n. 466  del  1997, n. 113 del 1996). Precisa che le
pronunce  relative all'accesso al pubblico impiego (sentenze n. 136 e
n. 205  del  2004) hanno evidenziato il nesso esistente con la regola
costituzionale del pubblico concorso di cui all'art. 97, terzo comma,
Cost.  In  particolare,  ricorda  che,  secondo la Corte, il concorso
pubblico  costituisce «la forma generale ed ordinaria di reclutamento
per  il  pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone
di  efficienza dell'amministrazione» (sentenze n. 34 del 2004, n. 194
del  2002  e  n. 1  del 1999) e che tale regola puo' dirsi rispettata
«solo  quando  le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed
irragionevoli   forme   di   restrizione   dell'ambito  dei  soggetti
legittimati  a  parteciparvi»  (sentenza  n. 205  del  2004). In tale
direzione,   recependo   le   argomentazioni  contenute  nei  ricorsi
introduttivi,   il   Tar  mette  in  luce  che  la  previsione  della
continuita'  del  servizio non risponde alla finalita' di selezionare
il  precariato  piu'  recente  e  conduce  all'ipotesi paradossale di
escludere  dal  concorso  chi  abbia comunque insegnato per otto anni
(con  due  interruzioni  annuali)  e,  quindi,  per un periodo doppio
rispetto  a  chi  abbia  il  requisito  quadriennale continuativo. In
definitiva,   secondo  il  giudice  remittente,  il  requisito  della
continuita'   del   quadriennio,  delimitando  il  periodo  temporale
ritenuto  idoneo  alla  partecipazione  al  concorso  di  soggetti in
possesso  di sufficienti requisiti di professionalita', determina una
arbitraria   ed  irragionevole  forma  di  restrizione  dei  soggetti
legittimati.
    2.  - In entrambi i giudizi, con atti analoghi, e' intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale dello Stato, chiedendo che la questione sia
dichiarata manifestamente infondata.
    La  difesa  erariale si sofferma sul contenuto dell'intera legge,
mettendone  in  evidenza  la  matrice concordataria, nel cui contesto
sono stati istituiti i ruoli degli insegnanti di religione cattolica.
Sottolineato  il  carattere  transitorio  della  norma impugnata, che
disciplina  i requisiti per l'accesso soltanto per il primo concorso,
l'Avvocatura sostiene che il servizio continuativo e' stato richiesto
«all'evidente   scopo   di   valorizzare  l'esperienza  professionale
acquisita   attraverso   una  maggiore  concentrazione  del  servizio
dimostrata  dalla  continuita'  senza soluzioni e per cio' stesso non
frammentaria  e  atomizzata».  Il  legislatore,  quindi,  avrebbe non
irragionevolmente   esercitato   il   proprio   potere  discrezionale
privilegiando  l'esperienza  professionale acquisita «con la maggiore
garanzia di consistenza, dimostrata, appunto, dal periodo di servizio
quadriennale ininterrotto», coniugato ad altri requisiti.
    3.  -  Si  sono  costituiti  con memorie distinte, ma analoghe, i
ricorrenti  dei  giudizi  principali,  chiedendo l'accoglimento della
questione.
    In  generale,  a  sostegno della irragionevolezza, sottolineano i
risultati  «aberranti»  cui  conduce  il requisito della continuita',
gia' messi in luce dalle ordinanze di remissione, nonche' la mancanza
di   ragionevolezza   di  una  delimitazione  temporale  continuativa
all'interno  di un periodo ampio, atteso che l'unico fine ragionevole
dovrebbe  essere  la  selezione a monte del precariato in possesso di
un'esperienza   piu'   consistente,   soddisfatta   pienamente  dalla
richiesta dei quattro anni nell'arco di dieci, visto che l'esperienza
discende dal numero di anni di servizio e non dalla loro continuita'.
    In  particolare,  rispetto  alla violazione dell'art. 3 Cost., le
parti  private  sostengono  che  la  norma  impugnata  attribuisce un
trattamento  deteriore  agli  insegnanti  che  si troverebbero in una
situazione  piu'  meritevole,  avendo prestato servizio per piu' anni
non continuativi, ai fini della formazione della graduatoria, in base
alle previsioni dello stesso art. 5, secondo cui il servizio prestato
e'  titolo  valutabile  a  tali  fini  (allegato  n. 5  al  bando  di
concorso).  L'art. 4  Cost.  sarebbe  violato,  restando  limitato il
diritto   al   lavoro  dei  piu'  meritevoli.  Con  riferimento  alla
previsione  dell'art. 51 Cost., che garantisce il diritto all'accesso
agli impieghi pubblici in posizione di eguaglianza, sostengono che la
disposizione  impugnata  esclude  dal  concorso i soggetti che, sulla
base  della  stessa  norma, possiedono «merito concorsuale maggiore».
Quanto  alla  violazione  dell'art. 97  Cost., infine, lo sbarramento
alla  partecipazione al concorso «non costituisce certamente un mezzo
di selezione dei migliori».
    Da ultimo, secondo le parti intervenute, l'irragionevolezza della
disposizione  contestata  emergerebbe  anche dalla circostanza che la
stessa  costituisce  un  unicum  nell'intera  legislazione scolastica
concernente l'accesso in ruolo dei precari.

                       Considerato in diritto

    1.  - Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione
staccata  di Lecce, con due distinte ordinanze (r.o. n. 216 e 217 del
2005)  ha  sollevato  - in riferimento agli artt. 3, 4, 51 e 97 della
Costituzione  - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5,
comma 1,  della  legge  18 luglio  2003,  n. 186  (Norme  sullo stato
giuridico  degli  insegnanti  di religione cattolica degli istituti e
delle scuole di ogni ordine e grado).
    La  disposizione  impugnata  stabilisce che il primo concorso per
l'accesso  in  ruolo  degli  insegnanti  di  religione  cattolica  e'
riservato    esclusivamente    a    coloro    che   hanno   «prestato
continuativamente  servizio  per  almeno quattro anni nel corso degli
ultimi  dieci anni» e sono in possesso di altri requisiti. Il giudice
remittente  censura  la  norma,  rispetto ai parametri costituzionali
suddetti, nella parte in cui e' richiesto il servizio di insegnamento
prestato  in  maniera  continuativa  per  un  quadriennio nell'ultimo
decennio  e non il servizio di durata quadriennale, comunque prestato
nello stesso periodo.
    La  norma impugnata si inserisce, quale disposizione transitoria,
nella  legge  n. 186  del  2003,  con la quale lo Stato ha realizzato
l'intento  di  «dare una nuova disciplina dello stato giuridico degli
insegnanti   di   religione»;   intento   manifestato  nel  preambolo
dell'Intesa,   intervenuta   il   14 dicembre  1985  tra  l'autorita'
scolastica   italiana   e   la  Conferenza  episcopale  italiana  per
l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, resa
esecutiva  dal  decreto  del  Presidente della Repubblica 16 dicembre
1985,  n. 751  (Esecuzione  dell'intesa  tra  l'autorita'  scolastica
italiana e la Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della
religione cattolica nelle scuole pubbliche).
    Tale  legge  ha  istituito  i ruoli degli insegnanti di religione
cattolica,  assicurando  la  stabilita'  del rapporto di servizio del
docente,  prima  regolato mediante incarichi annuali. In particolare,
e'  stata stabilita la consistenza delle dotazioni organiche, pari al
settanta  per  cento  dei  posti  di insegnamento (art. 2), mentre il
restante  trenta per cento viene coperto mediante contratto di lavoro
a  tempo  determinato  (art. 3, comma 10); per i docenti di ruolo, e'
stata  prevista l'applicabilita' delle norme sullo stato giuridico ed
economico    del   decreto   legislativo   16 aprile   1994,   n. 297
(Approvazione  del testo unico delle disposizioni legislative vigenti
in  materia  di  istruzione,  relative  alle  scuole di ogni ordine e
grado)  e  della  contrattazione  collettiva, salve le norme speciali
previste  nella  stessa  legge  (art. 1);  sono state disciplinate le
modalita'  di accesso ai ruoli, mediante concorsi per titoli ed esami
senza  restrizioni (art. 3). In questo contesto, il legislatore si e'
occupato  del primo concorso, richiedendo per l'ammissione - oltre ai
requisiti  costituiti  dal  possesso  dei  titoli  professionali - la
continuita' dell'insegnamento per almeno quattro anni nel corso degli
ultimi dieci.
    La   questione   sottoposta   alla  Corte  censura,  appunto,  la
disposizione  che  fissa  il  requisito  del servizio continuativo in
quattro  anni.  Il giudice remittente sostiene l'irragionevolezza del
suddetto  criterio,  volto  a  restringere  il  numero  dei  soggetti
legittimati  a  partecipare al primo concorso per l'accesso in ruolo.
Tale  criterio non troverebbe giustificazione «nella volonta' di dare
prevalenza  all'attivita'  di  insegnamento  espletata  in  data piu'
recente»,  atteso che la continuita' quadriennale puo' risalire anche
al   primo   quadriennio   del   decennio.   Inoltre,   comporterebbe
l'esclusione dei docenti con maggiore professionalita', quale sarebbe
quella acquisita mediante un servizio in ipotesi di durata largamente
superiore   rispetto   a   quella   quadriennale  richiesta,  ma  non
continuativa.
    2.  -  Le  ordinanze  di remissione pongono identica questione di
costituzionalita'   rispetto   alla  stessa  disposizione  di  legge;
conseguentemente,  i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi
con unica pronuncia.
    3. - La questione non e' fondata.
    Nel valutare la conformita' a Costituzione della norma impugnata,
occorre  tener  conto  del  suo  carattere  eccezionale  rispetto  al
contesto  normativo  in cui e' inserita. Essa, infatti, disciplina il
primo  inquadramento  in  ruolo di una categoria di insegnanti che ha
operato  tradizionalmente  con  un  rapporto  di  servizio costituito
mediante incarico annuale e non in base a concorso. Solo in virtu' di
tale carattere eccezionale, la norma in questione sfugge al dubbio di
costituzionalita',  che deriva dalla riserva di tutti i posti ai soli
incaricati  annuali  che  la  stessa norma ammette al concorso (sent.
n. 205 del 2004).
    Secondo  il  costante  orientamento di questa Corte, la scelta di
introdurre  norme  del  genere  «e'  espressione  di discrezionalita'
legislativa,  non  censurabile  sotto  il  profilo  del  principio di
parita'  di trattamento di cui all'art. 3 Cost., se non esercitata in
modo  palesemente  irragionevole»  (sentenze n. 136 e n. 35 del 2004,
nonche' n. 208 del 2002, e ordinanza n. 168 del 2001).
    I  tre  criteri  prescelti  nel  caso  in  esame (il quadriennio,
l'ambito  dell'ultimo  decennio  e  la  continuita)  sono tra di loro
congruenti   e,   nell'insieme,  non  palesemente  irragionevoli.  Il
legislatore  -  nell'ambito  delle possibilita' di scelta compatibili
con  i  principi  costituzionali  -  ha  ritenuto  che l'espletamento
continuativo,     nell'ultimo    decennio,    per    quattro    anni,
dell'insegnamento della religione cattolica costituisce indice di una
piu' sicura professionalita' e, su tale base, ha delimitato l'accesso
al  concorso  per la copertura dei primi posti nel ruolo organico dei
docenti in argomento (analogamente sentenza n. 412 del 1988).
    Data  la  stretta  connessione  con cui i vari profili di censura
sono  stati  formulati, le considerazioni che precedono comportano la
dichiarazione  di  non  fondatezza  della  questione in riferimento a
tutti i parametri evocati.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, comma 1, della legge 18 luglio 2003, n. 186 (Norme sullo
stato   giuridico  degli  insegnanti  di  religione  cattolica  degli
istituti  e  delle  scuole  di  ogni  ordine  e grado), sollevata, in
riferimento  agli  articoli 3,  4,  51  e  97 della Costituzione, dal
Tribunale  amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di
Lecce, con le ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2006.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Cassese
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 luglio 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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