N. 271 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 marzo 2006

Ordinanza  emessa  il  24 marzo 2006 dalla Corte di appello di Trento
nel procedimento penale a carico di Matteotti Luciano

Processo penale - Appello - Modifiche normative - Possibilita' per il
  pubblico  ministero  di  proporre  appello  contro  le  sentenze di
  proscioglimento   -  Preclusione  -  Inammissibilita'  dell'appello
  proposto prima dell'entrata in vigore della novella - Irragionevole
  disparita' di trattamento tra le parti.
- Codice  di  procedura penale, art. 593, come modificato dall'art. 1
  della legge 20 febbraio 2006, n. 46; legge 20 febbraio 2006, n. 46,
  art. 10, comma 2.
- Costituzione, art. 111, comma secondo.
(GU n.35 del 30-8-2006 )
                         LA CORTE D'APPELLO

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza,  nel  processo di cui a
margine.
    Letti gli atti relativi all'appello proposto dal p.m. di Rovereto
avverso  la  sentenza  dell'11  maggio  2004  con  cui  il  Tribunale
monocratico  di  Rovereto  assolveva  Matteotti  Luciano dal reato di
falsa testimonianza perche' il fatto non sussiste;
    Rilevato  che  nelle  more  del  giudizio e' entrata in vigore la
legge  20 febbraio 2006, n. 46, il cui art. 1, comma 2 ha riformulato
l'art.  593  c.p.p.  stabilendo  che il p.m. puo' appellare contro le
sentenze  di  proscioglimento nella sola ipotesi che dopo il giudizio
di  primo  grado sopravvengano o siano scoperte nuove prove aventi il
requisito  aventi  il requisito della decisivita', ed il cui art. 10,
comma  2,  stabilisce  che  l'appello  proposto  dal  p.m.  contro la
sentenza  di proscioglimento prima dell'entrata in vigore della legge
dev'essere dichiarato inammissibile;
    Considerato che la novella, limitando la facolta' di appello alla
sola   ipotesi   marginale   e   di  rarissima  verificazione  teste'
specificata,   ha  praticamente  soppresso  il  potere  del  p.m.  di
appellare contro le sentenze di proscioglimento;
    Ritenuto  che  le anzidette disposizioni della nuova legge creano
disparita'  di  trattamento  tra  p.m.  e  imputato,  laddove si nega
soltanto  al primo la possibilita' di chiedere un controllo di merito
sulla   decisione   difforme  dalle  proprie  aspettative,  che  tale
asimmetria  tra  accusa  e difesa sembra travalicare i limiti fissati
dal secondo comma dell'art. 111 della Costituzione, a norma del quale
«ogni   processo  si  svolge  nel  contraddittorio  delle  parti,  in
condizioni di parita»;
    Ritenuto   altresi'   che   l'appello  nasce  storicamente  e  si
giustifica  giuridicamente  come  rimedio  per  correggere nel merito
l'erronea  decisione  del giudice; che il, giudice puo' sbagliare con
pari  probabilita'  sia  condannando  l'innocente  che  assolvendo il
colpevole;  che  l'interesse  pubblico  alla  punizione  del  reo  e'
meritevole   di   tutela  tanto  quanto  l'interesse  dell'  imputato
all'affermazione della propria innocenza; che pertanto una disciplina
che   prevede   un   contraddittorio  dimidiato,  in  cui  l'imputato
soccombente  puo'  appellare,  mentre il pubblico accusatore non puo'
farlo,  con la conseguenza che gli eventuali errori di fatto, in caso
di  assoluzione, diventano irrimediabili, istituisce un'irragionevole
disuguaglianza fra le parti necessarie del processo penale;
    Ritenuto  pertanto  non  manifestamente infondata la questione di
legittimita'  delle  sopracitate  disposizioni di legge per contrasto
con l'art. 111, secondo comma, della Costituzione;
    Ritenuto altresi' che la questione e' rilevante perche' dalla sua
soluzione dipende la decisione di questa corte di esaminare l'appello
del p.m. o dichiararlo inammissibile.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 234, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale  degli  artt. 593  c.p.p.  (cosi'  come
modificato  dall'art. 1  della  legge  20 febbraio 2006, n. 46) e 10,
comma  2  della  medesima legge per violazione dell'art. 111, secondo
comma,  della  Costituzione,  nei  termini  e  per  i motivi esposti.
Dispone    l'immediata    trasmissione    degli   atti   alla   Corte
costituzionale,  sospende  il  giudizio  in  corso  e  i  termini  di
prescrizione del reato.
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai   Presidenti   della  Camera  dei  deputati  e  del  Senato  della
Repubblica.
        Trento, addi' 24 marzo 2006
                       Il Presidente: Pagliuca
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