N. 320 ORDINANZA 18 - 27 luglio 2006
Giudizio sull'ammissibilita' del ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Parlamento - Immunita' parlamentari - Procedimento civile nei confronti di un senatore per il risarcimento dei danni conseguenti a diffamazione aggravata - Deliberazione di insindacabilita' delle opinioni adottata dalla Camera di appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Tribunale di Roma - Sussistenza dei requisiti soggettivo e oggettivo per l'instaurazione del conflitto - Ammissibilita' del ricorso - Comunicazione e notificazione conseguenti. - Deliberazione del Senato della Repubblica del 30 giugno 2004. - Costituzione, art. 68, primo comma.(GU n.31 del 2-8-2006 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Franco BILE; Giudici: Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nella fase di ammissibilita' del giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del 30 giugno 2004 relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dal senatore Emiddio Novi, promosso con ricorso del Tribunale Roma - Sezione prima civile, depositato in cancelleria il 2 marzo 2006 ed iscritto al n. 5 del registro conflitti tra poteri dello Stato 2006. Udito nella Camera di consiglio del 5 luglio 2006 il giudice relatore Sabino Cassese. Ritenuto che con ricorso del 2 marzo 2006 (r. confl. n. 5 del 2006), il Tribunale di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica, in relazione alla deliberazione del 30 giugno 2004 con la quale e' stata dichiarata, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, l'insindacabilita' delle dichiarazioni del senatore Emiddio Novi, rispetto alle quali pende un giudizio civile; che il Tribunale romano, in funzione di giudice monocratico civile, riferisce che i dottori Del Gaudio Marco e altri, tutti magistrati con funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, con atto di citazione notificato l'8 aprile 2002 - assumendo di essere stati diffamati e danneggiati da alcuni articoli a firma del giornalista Roberto Paolo («La vendetta dei P.M. puniti - Contro Cordova la vendetta dei P.M. puniti» del 19 gennaio 2002; «Veleno in Procura - L'ultimo ricatto contro Cordova - I P.M. minacciano la fuga in massa» del 25 gennaio 2002; «Veleno in Procura - Ce l'hanno con Cordova perche' ha messo ordine» del 26 gennaio 2002; «Procura dei veleni - Caso Cordova, nuova spaccatura» del 3 febbraio 2002; «Procura dei veleni - Caso Cordova il bluff dei P.M. ribelli» del 7 febbraio 2002) e da un articolo a firma del senatore Emiddio Novi («Il Palazzo brucia e c'e' chi pensa a spargere veleni» del 7 febbraio 2002), tutti pubblicati sul quotidiano «Roma», edito dalla societa' Edizione di Roma, diretto da Luigi Casciello - hanno convenuto in giudizio i predetti giornalisti Roberto Paolo e Luigi Casciello, nonche' il sen. Emiddio Novi per sentirli condannare al risarcimento dei danni, al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 12 della legge 8 febbraio 1948, n. 47 (Disposizioni sulla stampa) e alla pubblicazione dell'emananda sentenza; che, costituendosi nel giudizio principale, i resistenti eccepivano l'esimente del diritto di cronaca per le dichiarazioni del giornalista Paolo e, relativamente alle dichiarazioni del senatore Novi, l'insindacabilita' delle medesime a norma dell'art. 68, primo comma, Cost. e, nel merito, chiedevano il rigetto della domanda; che il Tribunale di Roma osserva di aver ritenuto fondata l'eccezione di insindacabilita' in relazione a due articoli «Veleno in Procura - Ce l'hanno con Cordova perche' ha messo ordine» del 26 gennaio 2002, «Procura dei veleni - Caso Cordova il bluff dei P.M. ribelli» del 7 febbraio 2002 a firma del giornalista Paolo, posto che in detti articoli lo stesso si era limitato a trascrivere fedelmente alcuni brani delle due interpellanze parlamentari rivolte dal sen. Novi al Ministro della giustizia nel corso della seduta pubblica del Senato della Repubblica in data 25 gennaio 2002; che, al contrario, il Tribunale di Roma osserva di non aver ritenuto che tutte le opinioni espresse nell'articolo «Il Palazzo brucia e c'e' chi pensa a spargere veleni», sottoscritto dal sen. Novi, risultassero riferibili al contenuto delle stesse interpellanze e, per tale ragione, di aver trasmesso gli atti al Senato della Repubblica affinche' valutasse la ricorrenza della guarentigia dell'insindacabilita'; che il Senato della Repubblica, con deliberazione dell'Assemblea, adottata nella seduta del 30 giugno 2004, ha approvato la proposta della Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari volta a dichiarare che le affermazioni del sen. Novi, oggetto del giudizio, concernevano opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni a norma dell'art. 68, primo comma, Cost.; che dalla lettura della richiamata proposta risulta che la Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari, dopo aver rilevato che effettivamente non tutte le opinioni espresse dal Novi trovano riscontro nelle interpellanze a sua firma, tuttavia, aveva ritenuto che tali riscontri risultavano comunque ravvisabili in altri atti parlamentari dallo stesso posti in essere al fine di «dimostrare il teorema secondo cui la Procura di Napoli risponde a motivazioni extra-giuridiche nella scelta dei procedimenti cui dare impulso, nel rallentamento degli altri e, piu' in generale, nel tentativo di creare le condizioni per l'incompatibilita' ambientale del procuratore Cordova»; che, secondo il Tribunale di Roma, tale prospettazione non e' condivisibile in quanto la prerogativa dell'insindacabilita' non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica, ma solo quelle legate da un nesso funzionale con le attivita' svolte nella sua qualita' di membro del Parlamento; che, inoltre, la semplice comunanza di argomento tra le dichiarazioni lesive e le opinioni espresse in sede parlamentare non e' idonea ad estendere alle prime l'immunita' prevista per le seconde e, che, in particolare, le allusioni presenti nello scritto del senatore, laddove lo stesso ebbe a dichiarare che i magistrati di Napoli erano arrivati a non incriminare ovvero ad assolvere non meglio specificati camorristi per evitare di dover indagare anche certi imprenditori legati ai partiti di sinistra («poi ci sono i maneggioni che insabbiavano o deviavano le inchieste sui rapporti tra sinistra imprenditrice e camorra»... «giudici che assolvono camorristi pur di non condannare qualche imprenditore legato alla sinistra»), configurano gravissime accuse alla magistratura napoletana, sia inquirente che giudicante, che non trovano alcun riscontro in nessuno dei passi di atti parlamentari che la Giunta delle elezioni e delle immunita' parlamentari ha addotto a fondamento del proprio giudizio d'insindacabilita'; che, pertanto, la delibera cosi' adottata configura un uso non corretto delle prerogative attribuite al Senato della Repubblica in tema di insindacabilita' delle opinioni dei propri membri e limita illegittimamente i poteri attribuiti dall'art. 102 della Costituzione all'Autorita' giudiziaria, impedendo l'esame della domanda di risarcimento da parte degli attori nei confronti del sen. Novi; che il Tribunale di Roma, sospeso il giudizio, solleva conflitto di attribuzione nei confronti del Senato della Repubblica e chiede che la Corte, previa delibazione di ammissibilita', annulli la deliberazione di insindacabilita' adottata dall'Assemblea del Senato nella seduta del 30 giugno 2004 in relazione all'articolo a firma del sen. Emiddio Novi intitolato «Il Palazzo brucia e c'e' chi pensa a spargere veleni», «quantomeno in riferimento all'opinione da questi espressa in ordine all'asserito mancato perseguimento penale da parte dei magistrati napoletani di alcuni camorristi asseritamente legati a non meglio precisati imprenditori vicini ai partiti di sinistra» e, conseguentemente, dichiari che non spetta al Senato della Repubblica deliberare che le suddette dichiarazioni concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle funzioni parlamentari ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. Considerato che in questa fase la Corte e' chiamata, ai sensi dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), a deliberare se il sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo ed oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche in punto di ammissibilita'; che, quanto al requisito soggettivo, il Tribunale di Roma e' legittimato a sollevare il conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito, la volonta' del potere cui appartiene, in considerazione della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui godono i singoli organi giurisdizionali; che, analogamente, il Senato della Repubblica, che ha deliberato l'insindacabilita' delle opinioni espresse da un proprio membro, e' legittimato ad essere parte del conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volonta' del potere che rappresenta; che, per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto, il Tribunale ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera di attribuzione, garantita da norme costituzionali, in conseguenza dell'adozione, da parte del Senato della Repubblica, di una deliberazione ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che le opinioni espresse da un proprio membro rientrano nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della garanzia di insindacabilita' stabilita dall'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, pertanto, esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetta alla competenza della Corte.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara ammissibile ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di Roma nei confronti del Senato della Repubblica con il ricorso indicato in epigrafe; Dispone: a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Roma; b) che l'atto introduttivo e la presente ordinanza siano, a cura del ricorrente, notificati al Senato della Repubblica entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto dall'art. 26, comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 2006. Il Presidente: Bile Il redattore: Cassese Il cancelliere:Fruscella Depositata in cancelleria il 27 luglio 2006. Il cancelliere:Fruscella 06C0715