N. 91 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 luglio 2006
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 luglio 2006 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Imposte e tasse - Norme della Regione Sardegna - Imposta regionale sulle plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconda casa - Ricorso del Governo - Dedotta carenza di base costituzionale nello statuto regionale per inconferenza con la materia «turismo» - Dedotta inammissibilita' di una piena esplicazione della potesta' normativa tributaria delle regioni in carenza della legge statale contenente i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario - In subordine, contrasto con il principio del divieto di doppia imposizione e del principio di eguaglianza, nonche' dei principi fondamentali del diritto tributario statale e comunitario. - Legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4, art. 2. - Costituzione, artt. 3, 53, 117, primo comma, e 119; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Sardegna, art. 8, lett. i); trattato CE, art. 12. Imposte e tasse - Norme della Regione Sardegna - Imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico - Ricorso del Governo - Dedotta carenza di base costituzionale nello statuto regionale per inconferenza con la materia «turismo» - Dedotta inammissibilita' di una piena esplicazione della potesta' normativa tributaria delle regioni in carenza della legge statale contenente i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario - In subordine, contrasto con il principio del divieto di doppia imposizione e del principio di eguaglianza, nonche' dei principi fondamentali del diritto tributario statale e comunitario. - Legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4, art. 3. - Costituzione, artt. 3, 53, 117, primo comma, e 119; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Sardegna, art. 8, lett. i); trattato CE, art. 12. Imposte e tasse - Norme della Regione Sardegna - Imposta regionale sugli aeromobili e le unita' da diporto - Ricorso del Governo - Dedotta carenza di base costituzionale nello statuto regionale per inconferenza con la materia «turismo» - Dedotta inammissibilita' di una piena esplicazione della potesta' normativa tributaria delle regioni in carenza della legge statale contenente i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario - In subordine, contrasto con i principi della capacita' contributiva e della progressivita', di eguaglianza e ragionevolezza, nonche' dei principi fondamentali del diritto tributario statale e comunitario. - Legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4, art. 4. - Costituzione, artt. 3, 53, 117, primo comma, e 119; legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, art. 10; statuto della Regione Sardegna, art. 8, lett. i); trattato CE, art. 12.(GU n.38 del 20-9-2006 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma; Contro la Regione autonoma Sardegna, in persona del presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge regionale 11 maggio 2006, n. 4, Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo (B.U.R. n. 15 del 13 maggio 2006), negli articoli 2, 3 e 4. Della legge regionale non e' indicata la base costituzionale. Si deve, pertanto, procedere per ipotesi, per ritornare sull'argomento quando la regione avra' dato le precisazioni del caso. Si prenderanno, pertanto, in esame le possibili basi costituzionali, per poi verificare se la potesta' legislativa, nella ipotesi della sua sussistenza, sia stata esercitata correttamente. Si dovra', naturalmente, partire dallo Statuto regionale, precisamente dall'art. 8, lett. i). Vi sono disciplinate le entrate della regione. Le prime sette, tra quelle elencate, sono derivate. Dopo i canoni per le concessioni idroelettriche, nella lett. i), sono indicate le «imposte e tasse sul turismo e gli altri tributi propri che la regione ha facolta' di istituire con legge in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato». L'attribuzione, dunque, e' duplice: diretta, per le imposte e tasse sul turismo; indiretta per gli altri tributi, in quanto presuppone che la regione abbia la facolta' di istituirli, facolta' che non viene attribuita direttamente dalla norma statutaria, ma che deve trovare la sua fonte in norme apposite. Se poi nell'art. 8, lett. i) si dovesse vedere l'attribuzione diretta di potesta' amministrativa anche per altre imposte, sarebbero violati i principi del sistema tributario dello Stato, come si vedra' in seguito. Sono richiamate anche le tasse sul turismo, insieme alle imposte. Dalla formulazione si ricava che il potere impositivo della regione investe i servizi turistici, vale a dire quelle prestazioni un favore del turista durante la sua permanenza nella regione. Se ne ha una conferma nelle norme corrispondenti di altri Statuti speciali, quale, ad esempio, quello della Regione Trentino-Alto Adige, nel quale (art. 72) l'imposta analoga e' indicata come «di soggiorno, cura e turismo». A questa imposta, in linea di principio, sono soggetti anche i residenti in regione quando assumono la veste di turisti, quando, ad esempio, passano le loro vacanze in una struttura turistica fuori del comune di residenza. L'art. 8 dello Statuto non puo', pertanto, rappresentare la base costituzionale di nessuna delle norme impugnate perche' nessuna di esse, come si vedra' in seguito, e' riconducibile al turismo, secondo la nozione tradizionale in campo tributario. Per comodita' espositiva gli artt. 2 e 3 saranno esaminati separatamente dall'art. 4. Art. 2. Sono colpite le plusvalenze dei fabbricati adibiti a seconde case. La plusvalenza (art. 2.5) e' costituita dalla differenza tra il prezzo o il corrispettivo di cessione ed il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, con le altre detrazioni che vi sono indicate. L'imposta e' dovuta solo per i fabbricati situati entro tre chilometri dalla linea di battigia, destinati ad abitazione. Soggetto passivo e' l'alienante a titolo oneroso avente domicilio fiscale fuori dal territorio regionale o avente domicilio fiscale in Sardegna da meno di ventiquattro mesi. Sono previste alcune esclusioni (non si tratta di esenzioni, ma di esclusioni, nel senso che si e' fuori dalla sfera impositiva per l'assenza del presupposto), sia di natura oggettiva (fondata sulla ubicazione dei fabbricati oltre i tre chilometri dalla costa o per la loro utilizzazione, in quanto adibiti ad uso diverso dall'abitazione o ad abitazione del cedente o del coniuge per la maggiore parte del periodo intercorso tra l'acquisto, o la costruzione, e la cessione.), sia di natura soggettiva, per la qualita' del cedente (i nati in Sardegna e i rispettivi coniugi). Come si vede, non c'e' nessun rapporto con il turismo. L'imposta colpisce quelle che sono indicate come seconde case, anche se non sono state mai utilizzate e se il proprietario non ha mai passato le sue vacanze in Sardegna. Un sardo o un residente in Sardegna non e', invece, soggetto all'imposta anche se nella seconda casa trascorre le sue vacanze al mare come turista. La mancanza di rapporto con il turismo non potrebbe essere piu' evidente. L'imposta, secondo le distinzioni tradizionali, e' diretta perche' colpisce un valore capitale e non un consumo. E' anche reale, perche' colpisce la cosa, senza dare rilievo alla posizione personale contribuente. E' bene prevenire un possibile equivoco. La condizione personale del soggetto e' rilevante solo per l'individuazione delle sfera impositiva, vale a dire per accertare quando l'imposta e' applicabile. Una volta individuata questa sfera, la posizione personale non ha nessun rilievo nella liquidazione dell'imposta. Da qui la sua realita'. Per questi suoi caratteri l'imposta non puo' sicuramente essere considerata sul turismo. Si e' presa in considerazione solo l'ipotesi prevista nella lett. a) del comma. Per quella sotto la lett. b) le questioni si propongono in termini analoghi. Dalla lett. b) si desume che soggetti all'imposta sono i titolari del diritto di proprieta' o di altro diritto reale sui fabbricati (si deve, intendere, di godimento) non, dunque, chi ne ha solo il possesso (se ne trova la conferma nel comma 8, secondo il quale il debito sorge alla data dell'atto di cessione). Art. 3. L'imposta e' sulle seconde case ad uso turistico. I fabbricati alla quale l'imposta si riferisce ed i soggetti sono gli stessi dell'art. 2. Sul presupposto la legge e' un po' equivoca: al comma 2 indica il possesso dei fabbricati; al comma 3 indica come soggetti il proprietario o il titolare di diritto reale sugli stessi di usufrutto, uso abitazione. Non e' chiaro chi dovrebbe pagare l'imposta nel caso in cui possessore sia chi non e' titolare del diritto corrispondente. La questione, peraltro, puo' essere trascurata. L'imposta e' annuale, commisurata alle dimensioni del fabbricato; colpisce, dunque, il valore di godimento dell'immobile. L'imposta ha, pertanto, dal punto di vista che ora interessa, caratteri analoghi a quella sulle plusvalenze. Anche essa non puo' essere ricondotta tra le imposte sul turismo. Per entrambe la base costituzionale non puo' essere trovata nell'art. 8, lett. i) dello Statuto regionale. La base costituzionale non puo', peraltro, essere trovata nemmeno negli artt. 117 e 119 Cost., in relazione all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001. In caso contrario, la potesta' legislativa sarebbe essere riconosciuta a tutte le regioni a statuto ordinario, con incidenza corrispondente sul sistema tributario nazionale. Codesta Corte ha da tempo messo in evidenza, e in piu' di un'occasione, che per l'attuazione del disegno costituzionale delineato nell'art. 119 e' necessario l'intervento integrativo del legislatore statale, anche per la definizione di una disciplina transitoria, che consenta il passaggio ordinato dal sistema attuale al nuovo sistema (in particolare sentenze n. 7 e n. 241 del 2004). Codesta Corte, in particolare, ha rilevato come, al contrario di quanto si verifica in altre sfere normative, i principi fondamentali per una legislazione tributaria regionale siano oggi assenti «perche' "incorporati,, per cosi' dire, in un sistema di tributi sostanzialmente governati dallo Stato» (sent. n. 37/2004). In altre parole, non si possono desumere i principi fondamentali per un sistema tributario nuovo dalle leggi del sistema precedente, fondato su principi del tutto diversi. Da cio' consegue - sono sempre parole di codesta Corte - che «non e' ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potesta' regionali in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale». Le norme impugnate sono costituzionalmente illegittime anche da altri punti di vista subordinati, vale a dire anche se si ritenesse che, ai sensi dell' art. 1.3 della legge n. 131/2003, si potessero desumere i principi fondamentali sul coordinamento del sistema tributario dalla legislazione tuttora in vigore. Andrebbero, pertanto, identificati questi principi per verificare se la normativa regionale vi si sia adeguata. Le plusvalenze immobiliari per la cessione di immobili a titolo oneroso sono gia' colpite dall'imposta statale (art. 67.1, lett.b) d.P.R. n. 917/l986). In mancanza di una norma statale che lo consenta, la regione puo' colpire la stessa materia gia' tassata dallo Stato in base ad una sua legge? Sorge una questione di doppia imposizione, da risolversi ai sensi dell'art. 53 Cost. Come codesta Corte ha gia' chiarito da tempo, nell'art. 53 Cost. trova applicazione nel settore tributario il principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3. La domanda da porsi e', pertanto, se, una volta individuata una certa situazione come indice ragionevole di capacita' contributiva, siano applicabili contemporaneamente piu' imposte, introdotte da piu' enti impositori, tra quelli indicati nell'art. 119 Cost. In parole diverse: lo stesso indice di capacita' contributiva puo' giustificare la sovrapposizione di piu' imposte? La risposta dovrebbe essere negativa. Nell'ordinamento statale, come e' stato strutturato sino ad oggi, ogni imposta ha avuto un suo presupposto autonomo. Tra due o piu' presupposti possono essere riscontrabili connessioni o vicinanze piu' o meno accentuate, ma le imposte hanno sempre colpito materie tassabili diverse. Questa distinzione, pertanto, deve ritenersi, gia' di per se', un principio generale, dal quale la legislazione regionale si e', invece, discostata. Nei casi che si stanno esaminando la questione assume aspetti ancora piu' preoccupanti. Sugli stessi fabbricati verrebbero ad incidere una serie di imposte: l'imposta statale, gia' richiamata, e quella regionale prevista nell'art. 2 impugnato, che colpiscono entrambe lo stesso valore capitale; ma anche l'ICI comunale e l'imposta regionale introdotta con l'art. 3 che colpiscono il valore di godimento. Quattro imposte finirebbero col gravare sullo stesso bene, anche se preso in considerazione da due diversi punti di vista economici. In caso di risposta affermativa, potrebbe prospettarsi la eventualita' che intervenga successivamente anche un'imposta provinciale. Una situazione del genere finirebbe con il pregiudicare anche le possibilita' di politica economica dello Stato, della quale uno degli strumenti principali e' quello tributario. Se questo primo ostacolo costituzionale fosse ritenuto superabile, se ne presenterebbe un altro. Ai sensi dell'art. 67.1, lett. b) d.P.R. n. 917/1986 le plusvalenze immobiliari sono tassabili a condizione che la cessione intervenga a non piu' di cinque anni dall'acquisto o dalla costruzione, esclusi gli immobili acquistati per successione o donazione e gli altri casi che vi sono indicati. Per chi non svolge l'attivita' professionalmente, si richiedono condizioni che facciano presumere un intento speculativo. L'immobile e' una forma di investimento stabile. Con il suo acquisto si va incontro a piu' oneri tributari: si impiegano risorse, gia' al netto di imposte dovute per la loro produzione; si scontano le imposte di registro, catastale e di trascrizione; il reddito e' soggetto all'imposta statale personale; e' dovuta l'ICI. La plusvalenza e' stata dichiarata tassabile solo se realizzata in un termine breve. Per tempi piu' lunghi l'intento speculativo e' da escludersi (come va escluso in caso di successione e negli altri casi), e non si giustifica che chi ha fatto un investimento duraturo debba scontare un'imposta per l'incremento dei valori di mercato al quale lui stesso ha contribuito. La fissazione del termine del quinquennio si dovrebbe, pertanto, considerare anche esso principio fondamentale, al quale la norma regionale non si e' attenuta. Considerazioni analoghe valgono per l'imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico (art. 3 della legge regionale). L'imposta e' determinata in base alla superficie del fabbricato, senza tenere conto del loro valore. Poiche' l'imposta grava su tutti i fabbricati situati entro tre chilometri dalla linea di battigia marina, ad un immobile di pregio elevato, situato in zona amena in prima linea di fronte al mare, viene ad essere applicata la stessa imposta alla quale e' soggetto un altro, di pari estensione, di qualita' inferiore, situato in una zona non felice, privo della vista e di accesso agevole al mare, pur avendo valori di godimento non comparabili. La tassazione in base ai valori catastali, come avviene per l'imposta statale e per l'ICI, andrebbe comunque considerata come principio fondamentale in quanto consente di colpire valori medi, determinati per zone omogenee in rapporto analogo con i valori di mercato e, in ogni caso, variabili a secondo del pregio degli immobili. Le due norme tributarie regionali non sono nemmeno in coerenza tra di loro. L'imposta sulle plusvalenze (art.2) e' legata ai valori di mercato; quella sulle seconde case, ad un giudizio estimativo aprioristico e rigido della regione, del tutto svincolato dai valori correnti determinati in base al criterio catastale, che sembra condizionato solo dalle sue esigenze finanziarie. E' un dato di esperienza ricorrente che mano a mano che ci si allontana dalla spiaggia i vincoli urbanistici diventano meno rigidi ed i fabbricati aumentano in altezza. Non e' facile, pertanto, giustificare perche' per una villa con vista ed accesso diretti sul mare, in mezzo al verde, in posizione sopraelevata, di 100 metri quadrati, sia dovuta un'imposta minore di quella per un appartamento di 105 metri quadrati, situato in un fabbricato a tre chilometri dalla spiaggia, al piano terra ed in una zona senza vista. Una imposta del genere, inoltre, legata come e' al godimento dell'immobile, piuttosto che alla regione dovrebbe essere eventualmente lasciata all'Ente locale che deve fornire i servizi. Sui profili di illegittimita' costituzionale delle singole norme ci si e' soffermati anche se si confida che non saranno rilevanti per la ragione che le regioni non possono assumere iniziative in materia tributaria prima che intervenga quella legislazione statale che codesta Corte ha gia' dichiarato indispensabile. Le norme impugnate risultano illegittime anche ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost. Questo motivo di illegittimita' costituzionale non e' collegato alla base costituzionale che le norme hanno nel diritto interno. Andrebbe rilevato anche se codesta Corte ritenesse che trovino fondamento nello Statuto regionale. L' art. 12 del Trattato CE vieta ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalita'. «Si deve rilevare... che, secondo la giurisprudenza della Corte, le norme relative alla parita' di trattamento vietano non soltanto le discriminazioni palesi in base alla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, basandosi su altri criteri di distinzione, pervenga di fatto al medesimo risultato (sentenza 12 febbraio 1974, Sotgiu, punto 11 della motivazione, causa 152/73, Racc. pag. 153)». Si e' trascritto dalla sentenza della Corte di Giustizia 8 maggio 1990, Biehl, causa C-175/88, punto 13. In quell'occasione la Corte, decidendo un caso in cui era in discussione una norma sul rimborso di imposta, ha affermato che «.. il criterio che ricollega alla residenza nel territorio nazionale l'eventuale rimborso dell'imposta versata per eccesso, sebbene si applichi indipendentemente dalla cittadinanza del contribuente interessato, rischia di danneggiare in particolare i contribuenti cittadini di altri Stati membri, giacche' saranno spesso questi ultimi a lasciare il paese o a stabilirvisi durante l'anno». Le norme in esame violano, pertanto, anche i principi dell'ordinamento comunitario con entrambi i criteri adottati per l'applicazione dell'imposta: non essere nati in Sardegna, che attiene direttamente alla cittadinanza; avere il domicilio fiscale fuori del territorio nazionale, che attiene alla residenza. Entrambe le norme, in quanto determinano la loro sfera impositiva con criteri discriminatori che danneggiano i cittadini comunitari, vengono a risultare costituzionalmente illegittime anche ai sensi dell'art. 117, primo comma, Cost. Art. 4. L'imposta e' definita come imposta regionale sugli aeromobili e le unita' da diporto. Il presupposto non corrisponde alla definizione. E' dovuta, infatti, per lo scalo negli aerodromi del territorio regionale e per lo scalo nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio ubicati nel territorio regionale delle unita' da diporto. Ne sono soggetti la persona fisica o giuridica avente domicilio fiscale fuori del territorio regionale che assume l'esercizio dell'aeromobile o dell'unita' da diporto. Che l'imposta non attenga al bene, ma all'operazione di scalo e' confermato nel comma 4, ai sensi del quale per gli aeromobili l'imposta e' dovuta per ogni scalo, mentre sulle imbarcazioni da diporto e' dovuta annualmente. Anche questa imposta non puo' essere considerata sul turismo perche' la ragione dello scalo e' del tutto irrilevante cosicche' sara' dovuta anche se il viaggio sia fatto per ragione di affari. La sua base costituzionale non puo' essere trovata, pertanto, nell'art. 8 dello Statuto per le ragioni gia' esposte. Per come e' strutturata, la definizione come imposta viene ad essere impropria. Ammesso che possa rientrare tra le prestazioni imposte, previste nell'art. 24 Cost., si presenterebbe piuttosto come tassa. Per i soggetti non sembra necessario integrare quanto si e' gia' detto: decisivo e' il domicilio fiscale. Le societa' che hanno la loro sede in Sardegna e coloro che vi risiedono sono esclusi. Il fatto che non siano presi in considerazione i nati in Sardegna dipende, presumibilmente, dalle difficolta' applicative che ne sarebbero derivate. Per rendere piu' agevole l'esposizione, degli aeromobili e delle unita' da diporto si trattera' separatamente. Gli aeromobili, come noto, costituiscono uno degli indici, e tra i piu' significativi, del reddito dei soggetti che ne giustificano l'accertamento (art. 38 d.P.R. n. 600/1973). Il loro possesso, pertanto, e' indice di reddito. Per diventare materia tassabile dovrebbero esser presi in considerazione in quanto tali. L'imposta regionale si applica, invece, solo per il loro scalo all'interno del territorio sardo quindi, si deve presumere, per il fatto che vengono utilizzati gli impianti degli aerodromi. Se ne ha una conferma nel fatto che se l'aeromobile non atterra negli aeroporti sardi nessuna imposta e' dovuta e che, ai sensi del comma 4, l'imposta va commisurata alle capacita' di trasporto ed e' dovuta per ogni scalo. Una imposta (o, meglio, tassa) di questo genere dovrebbe essere in favore di chi ha a carico l'onere di manutenzione e gestione degli impianti aeroportuali, che vengono utilizzati nello scalo. Questi soggetti, peraltro, hanno gia' la possibilita' di rifarsi su chi esercita l'aeromobile attraverso il pagamento dei diritti aeroportuali, o diritto per l'uso degli aeroporti (legge n. 324/1976). Anche in questo caso si e' di fronte ad una duplicazione di imposta di tutta evidenza. In pratica la regione, non potendo tassare direttamente il bene, si e' voluta riservare un'imposta prendendo come presupposto un'operazione per la quale l'operatore gia' deve effettuare un pagamento remunerativo dei servizi che utilizza, servizi che, e' utile richiamarlo, vengono resi secondo criteri imprenditoriali di mercato, quindi con margine di utile. Una volta che anche per questa imposta fossero superate le difficolta' costituzionali che derivano dalla mancata attuazione dell'art. 119 Cost., ci si dovrebbe domandare se, cosi' come e' concepita, sia conforme ai principi fondamentali del sistema tributario, ammesso che questi siano effettivamente rilevabili. Presupposto di imposta non e' la proprieta' o il possesso del bene, ma solo l'utilizzo di impianti situati all'interno della regione, utilizzazione per la quale il soggetto gia' paga un corrispettivo che ne copre integralmente il costo. La domanda da porsi sarebbe questa: se costituisca capacita' contributiva, ai sensi dell'art. 53 Cost., lo svolgimento di un'operazione per la quale, comunque lo si voglia definire, si paga un prezzo che copre il costo del servizio reso, con margine di utile. La risposta non potra' essere che negativa. Oggetto possibile di imposta potrebbe essere, a tutto concedere, il bene di per se', in quanto, ad esempio, considerato di lusso, ma in questo caso l'imposta dovrebbe essere a carico di tutti, anche di quelli che hanno il domicilio fiscale nella regione, perche' quel carattere non ha nessun condizionamento territoriale. La utilizzazione del mezzo non puo' costituire indice di capacita' contributiva aggiuntiva perche' e' contro ogni principio di ragionevolezza l'ipotesi che venga acquistato un aeromobile per non utilizzarlo. Se nella utilizzazione si usufruisce di servizi, o si applica una tassa o si prevedono dei prezzi determinati con criteri di mercato. E' contro ogni principio che possano essere previsti entrambi. Argomenti analoghi valgono per le imbarcazioni da diporto. Per esse l'imposta e' dovuta annualmente (comma 4). Questo significa che basta fare scalo in Sardegna una sola volta per pagare l'intera imposta, valida si' per tutto l'anno, ma dovuta per l'intero anche se lo scalo dura una sola notte. L'effetto e' che, piu' si utilizzano le strutture portuali, minore, proporzionalmente e' l'onere dell'imposta che, in questo modo, viene ad avere carattere regressivo. La tariffa e' poi articolata in modo tale che passando da una lunghezza di m. 19,99 a 20 l'imposta viene maggiorata di mille euro, da m. 23,99 a 24 di duemila, da 29,99 a 30 di cinquemila. Il carattere regressivo dell'imposta trova la sua migliore espressione nel comma 5 dell'art. 4 per il quale non sono soggette all'imposta le unita' da diporto che sostano tutto l'anno nelle strutture portuali regionali. In altre parole, l'imposta non e' dovuta da chi utilizza al massimo le strutture portuali. L'imposta, piu' che a colpire una capacita' contributiva, sembra rivolta a penalizzare chi utilizza i porti sardi solo saltuariamente. La norma e', peraltro, illegittima anche da un diverso punto di vista. L'art. 4.2 lett. b) prende in considerazione lo scalo, oltre che nei porti, negli approdi e nei punti di ormeggio. Salvo che codesta Corte non ne fissi una interpretazione diversa, stando alla sua formulazione, e' considerato imponibile lo scalo anche se effettuato in zona non attrezzata, in uno specchio di mare ridossato, dove l'ormeggio sia effettuato a terra, utilizzando la struttura naturale della spiaggia. Il mare non e' bene della regione ed e' soggetto solo al potere statale entro i limiti del mare territoriale. La regione, pertanto, avrebbe individuato come presupposto di imposta l'utilizzo di un bene naturale, sul quale non puo' esercitare poteri, che di per se' non e' indice di nessuna specifica capacita' contributiva, senza che siano in qualsiasi modo interessate opere dell'uomo, tanto meno eseguite dalla regione stessa, il cui uso possa comportare il pagamento di una tassa. I criteri seguiti dalle nome regionali impugnate sono contrari ai principi ai quali si ispira il sistema tributario attuale. Di conseguenza verrebbero a risultare costituzionalmente illegittime anche se se ne volesse vedere la base nell'art. 8, lett. i) dello Statuto, che impone il rispetto dei principi del sistema tributario dello Stato. Si e' gia' visto, peraltro, come lo Statuto regionale non sia un valido supporto delle norme e come non possano esserlo gli artt. 117 e 119 Cost., attraverso l'art. l0 della legge costituzionale n. 3 del 2001: perche' la regione non poteva istituire imposte proprie prima che le leggi statali dessero attuazione all'art. 119 e perche', in ogni caso, avrebbe dovuto rispettare i principi fondamentali desumibili dall'ordinamento tributario. Le norme impugnate, infine, anche a volerle esaminare di per se', indipendentemente dalla base costituzionale, hanno dato all'imposta una struttura del tutto irragionevole.
P. Q. M. Si conclude perche' le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime. Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006. Il vice Avvocato generale dello Stato: Glauco Nori 06C0717