N. 289 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 2005
Ordinanza del 23 maggio 2005 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 luglio 2006) emessa dal giudice di pace di Ottaviano nel procedimento promosso da Napolitano Giuseppina contro Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia S.p.a. Concorrenza - Violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza tra imprese - Azioni di risarcimento del danno proposte da soggetti terzi - Devoluzione alla giurisdizione della Corte d'appello competente per territorio, anziche' al giudice amministrativo - Lesione del principio di ragionevolezza e del diritto di difesa. - Legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 33, comma 2. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.37 del 13-9-2006 )
IL GIUDICE DI PACE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia iscritta al Ruolo generale civile n. 3037/2004 tra Napolitano Giuseppina, rappresentata e difesa dall'avv. Alfredo Riccardi con studio in San Giuseppe Vesuviano (NA) alla via Pessone n. 44, presso il quale elett. te domicilia, giusta mandato a margine dell'atto di citazione, attore; Contro la S.p.A. Le Assicurazioni d'Italia, rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Napolitano, con studio in Napoli al viale Augusto n. 162, e domiciliata ex lege, ai sensi dell'art. 82 deI R.D. n. 37/1934, presso la cancelleria dell'ufficio del giudice di pace Ottaviano (NA), convenuto. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 12 novembre 2004 la sig.ra Napolitano Giuseppina, a mezzo del suo procuratore avv. Alfredo Riccardi, conveniva in giudizio innanzi l'ufficio del Giudice di pace di Ottaviano (NA) per udienza 12 gennaio 2005 la S.p.A. Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia per sentire accertare e dichiarare a responsabilita' extracontrattuale della compagnia convenuta per avere la stessa - a causa di un'intesa orizzontale anticoncorrenziale con altre compagnie - aumentato illegittimamente il costo dei premi assicurativi R.C. Auto del 20% nel periodo 1995-2000 e di conseguenza. per ottenere la condanna della stessa compagnia al risarcimento del danno procurato all'attore - titolare di un contratto di assicurazione R.C. Auto con la S.p.A. Assitalia nella misura di euro 40,97, gia' L. 79.328 oltre interessi legali dai singoli pagamenti dei premi e vittoria di spese del giudizio con attribuzione al difensore distrattario. A fondamento della propria domanda, l'attrice richiamava il provvedimento dell'Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato n. 8546/2000 con il quale veniva accertata l'esistenza di un'intesa orizzontale tra la S.p.A. Assitalia e altre compagnie assicurative, finalizzato, nel periodo 1995-2000, all'aumento anticoncorrenziale deI 20% del costo dei premi assicurativi per la R.C. Auto. L'attrice precisava che tale provvedimento, a seguito di impugnazione innanzi al giudice amministrativo, era stato confermato nei confronti della S.p.A, Assitalia prima con sentenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio-RM n. 6139/2001 e poi con sentenza del Consiglio di Stato n. 2199/2002. L'attrice, quindi, chiariva che la competenza per materia sulla presente controversia spettava al giudice di pace in virtu' dell'interpretazione restrittiva fornita dalla sentenza della Cassazione civile, sez. I, n. 17475/2002 dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, secondo cui la competenza per materia in prime cure della Corte d'appello sulle azioni di nullita' e di risarcimento del danno, nonche' sui ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione della normativa antitrust si sarebbe dovuta applicare soltanto alle imprese, e non anche alla domanda di risarcimento del danno proposta del singolo consumatore finale, che si fosse affermato leso dall'attivita' anticoncorrenziale delle imprese, configurandosi, questa domanda, come autonoma richiesta di risarcimento la quale, in quanto tale, avrebbe dovuto soggiacere ai principi generali della materia della responsabilita' civile. La causa veniva iscritta al Ruolo generale civile dell'Ufficio del giudice di pace di Ottaviano (NA) al n. 3037/2004 e veniva assegnata, per la trattazione e a discussione, al sottoscritto Magistrato. Si costituiva in giudizio, a mezzo dell'avv. Francesco Napolitano, la convenuta S.p.A. Le assicurazioni D'Italia la quale, nella propria comparsa di costituzione e risposta, eccepiva preliminarmente a incompetenza per materia del giudice di pace adito, indicando quale giudice competente la Corte d'appello ai sensi e per gli effetti dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287; nel merito, la convenuta societa' sollevava ulteriori eccezioni di nullita' dell'atto di citazione e di infondatezza della domanda spiegata. Nelle more del giudizio, e piu' precisamente in data 4 febbraio 2005, la Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza n. 2207/2005, contrariamente alla interpretazione precedente dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, affermava la competenza funzionale esclusiva della Corte d'appello per tutte le domande, proposte sia dagli imprenditori che dai consumatori finali, di nullita' e di risarcimento del danno, nonche' di provvedimenti di urgenza in relazione alla violazione della normativa antitrust. Allo prima udienza le parti ribadivano le proprie domande, eccezioni e deduzioni ed in particolare, la convenuta Assitalia S.p.A. riproponeva espressamente eccezione d'incompetenza per materia del giudice adito. La causa, su richiesta delle parti veniva rinviata per la precisazione delle conclusioni e per la discussione alla udienza del 27 giugno 2005. In data 11 aprile 2005 l'attrice Napolitano Giuseppina, a mezzo del suo procuratore, depositava in cancelleria istanza di parte per sollevare questione di legittimita' costituzionale in relazione all'art. 33, comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana nonche' istanza volta ad ottenere l'anticipazione della udienza fissata per la precisazione delle conclusioni. Con tale istanza, preliminarmente, l'attrice poneva in evidenza come con lo sentenza a sezioni unite n. 2207/2005, la Corte di cassazione riformando il precedente orientamento della I sezione della Corte di cassazione aveva affermato che la legge antitrust non sarebbe la legge dei soli imprenditori ma sarebbe la legge di tutti i soggetti del mercato, ivi compresi i consumatori finali. Secondo la corte, quindi, per tutte le domande, sia di nullita' che di risarcimento ai sensi dell'art. 23 comma 2 della legge 287/1990, vi sarebbe la competenza funzionale della Corte d'appello. L'attrice specificava come la pronuncia della Cassazione nella composizione a sezioni unite comportasse, in relazione al predetto articolo 33, comma 2 della legge n. 287/1990, la formazione di un autorevole «diritto vivente» il quale da un lato avrebbe escluso potenzialmente ulteriori «ripensamenti ovvero revisioni critiche» sulla scelta ermeneutica compiuta dalla giurisprudenza ma dall'altra avrebbe consentito - proprio perche' chiaramente individuata la norma di diritto attraverso un'hnterpretazione conforme ed autorevole - la possibilita' di sollevare questioni di legittimita' costituzionali sulla norma (Corte cost. n. 19/2003; Corte cost. n. 131/2002: Corte cost. n. 1/2002). Per tale motivo, l'attrice ritenendo che l'interpretazione data all'art. 33, secondo comma della legge n. 287/1990 nella nella parte in cui attribuisce, in materia antitrust, la competenza in prime cure alla Corte d'appello per qualsiasi domanda, tanto se spiegata dall'imprenditore quanto se spiegata dal consumatore, sarebbe in contrasto con l'art. 3 e con l'art. 24 della Costituzione, ha sollevato l'eccezione di incostituzionalita' di tale norma ed ha chiesto la sospensione del procedimento, nonche' la remissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione. Secondo la Napolitano Il fondamento della eccezione di incostituzionalita', dovrebbe ricercarsi nell'art. 3, primo comma della Costituzione che contempla il principio di ragionevolezza, naturale e logica espressione del principio di eguaglianza formale, secondo cui il legislatore, nel dettare norme differenti, deve giustificare logicamente e razionalmente l'esistenza di ragioni di fatto differenti, in mancanza di situazioni di differenza, la disparita' di trattamento determinata dal legislatore, deve ritenersi irragionevole e dunque viziata per eccesso di potere legislativo. L'attrice ha quindi ribadito come l'art. 33, comma 2, della legge n. 287/1990 deve ritenersi costituzionalmente illegittimo perche' in contrasto gli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana in quanto viola il principio di ragionevolena e il diritto di difesa. Piu' specificamente, l'attrice ha sottolineato come la norma in esame, imponendo a chiunque di rivolgersi in prime cure alla Corte d'appello per le domande di nullita', di risarcimento e per i provvedimenti cautelari in materia antitrust. comporti una disparita' di trattamento rispetto alle regole generali sulla competenza per materia tale da determinare un significativo sacrificio del diritto di difesa: da un lato, infatti, secondo la Napolitano, si esclude all'attore la possibilita' di un secondo grado di giudizio di merito; dall'altro, si impedisce all'attore, per le controversie fino a Euro 516,46, di poter stare in giudizio personalmente senza obbligo di difesa tecnica, imponendo quindi una limitazione di possibilita' per le persone meno abbienti a poter esercitare il diritto di difesa. Per quanto innanzi, l'attrice ha sostenuto che se il legislatore, nella materia antitrust, ha previsto in via eccezionale una giurisdizione meno garantista - rispetto al sistema generale - (pur in considerazione del fatto che la Costituzione italiana non prevede ne' garantisce il diritto a tre gradi complessivi di giudizio o altrimenti al doppio grado di giudizio di merito e l'art. 111 comma 7 della Costituzione, assicura soltanto il diritto al ricorso per Cassazione per motivi di legittimita' contro le sentenze e i provvedimenti sulla liberta' personale) in ogni caso avrebbe dovuto assicurare il doppio grado di giudizio di merito e la possibilita' di autodifesa nei limiti di cui all'art. 82 comma 1 c.p.c. In effetti, tale scelta del legislatore, avrebbe dovuto essere sorretta da ragioni di stringente logica e ragionevolezzo, ovvero avrebbe dovuto giustificarsi con l'esistenza di una situazione di fatto che, secondo il principio di ragionevolezza, avrebbe consentito una limitazione dei presidi di garanzia assicurati dal legislatore nella generalita' delle controversie tanto piu' che la scelta discrezionale del legislatore finisce per incidere negativamente sulla garanzia costituzionale al diritto di difesa. Secondo l'attrice, la mancanza di ragioni differenzianti tali da legittimare una scelta normativa meno garantista, comportererebbe la palese irragionevolezza dell'art. 33, comma 2, legge n. 287/1990 e la conseguente violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana, non sussistendo, secondo la Napolitano ragioni che potessero giustificare la disparita' di trattamento e la conseguente limitazione dei principi di garanzia del diritto di difesa in relazione alla materia antitrust tanto da sorreggere con la ragionevolezza, la scelta operata dal legislatore con l'art. 33, comma 2 della legge n. 287/1990. L'attrice ha quindi posto all'evidenza del magistrato il contenuto della motivazione della sentenza della Cassazione a SS.UU. n. 2207/2005 che nell'affrontare il problema della legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2 della legge n. 287/1990 con riferimento alla riduzione a due gradi di giudizio per le domande di nullita' e di risarcimento in materia antitrust, si e' riferita ad una presunta corrispondenza del rito da seguire per queste controversie, con la struttura del giudizio amministrativo il quale e' articolato in due gradi cosi' come previsto dagli artt. 103, 111 e 125 cost. A parere della attrice tale ricostruzione, volta a dimostrare la ragionevolezza dell'accorciamento del giudizio di nullita' e/o risarcimento in materia antitrust per una presunta simmetria con la giurisdizione amministrativa, non puo' essere condivisa, in considerazione del fatto che la cognizione dell'azione risarcitoria assegnata al giudice amministrativo dal combinato disposto della sentenza della Cassazione a SS.UU. n. 500/1999 e dell'art. 7 della legge n. 205/2000, riguarderebbe solo gli interessi legittimi e non anche i diritti soggettivi; Considerato, invece, che il cittadino (imprenditore o consumatore) leso da una condotta anticoncorrenziale non puo' vantare verso l'impresa in trust un interesse legittimo, bensi' un diritto soggettivo, appare evidente che la simmetria delle azioni volte ad ottenere la tutela di chi (consumatore finale) sia stato leso da un comportamento illegittimo tenuto da Imprese assicuratrici (concretandosi proprio in una richiesta di tutela per la lesione di diritti soggettivi) non puo' ritenersi come sussistente neanche in potenza. In ogni caso, secondo l'attrice anche a voler ragionare in termini di diritto soggettivo ed anche volendo tener presente l'istituto della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non si potrebbe giungere a conclusioni diverse; In effetti l'attrice ha ribadito che la giurisdizione esclusiva - attraverso la quale il giudice amministrativo conosce di interessi legittimi e anche di diritti soggettivi nonche' delle collegate domande di risarcimento - inizialmente estesa significativamente dal d.lgs. n. 80/1998 e dalla legge n. 205/2000, sarebbe stata bruscamente ridimensionata proprio dalle sentenze n. 204 e 281 del 2004 della Corte costituzionale, e cioe' da quelle sentenze che, invece, la sentenza a SS.UU. n. 2207/2005 ha erroneamente ritenuto confermative dell'estensione della giurisdizione esclusiva, sottolineando come, in ogni caso, il diritto soggettivo vantato dal cittadino (imprenditore o consumatore) leso da condotte anticoncorrenziali non potrebbe mai rientrare in giurisdizione esclusiva, perche' non riguarderebbe la pubblica amministrazione. La prova di cio' sarebbe data dal fatto che l'art. 33, comma 1 della legge n. 287/1990 prevede gia' la giurisdizione esclusiva in materia antitrust una giurisdizione che coinvolgerebbe i diritti soggettivi delle imprese in trust nei loro rapporti con la pubblica amministrazione. In sintesi, secondo la Napolitano, anche il riferimento alla giurisdizione esclusiva non consentirebbe mai di sostenere un collegamento tra le domande di nullita' e risarcimento dei cittadini (imprenditori o consumatori) lesi dal trust con la giurisdizione amministrativa, tale da ritenere ragionevole l'accorciamento a due gradi di giudizio. L'attore ha quindi rappresentato come, non essendoci alcun collegamento tra giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria tale da giustificare un simmetrico accorciamento, in materia antitrust, del giudizio risarcitorio innanzi al giudice civile a due soli gradi di giudizio, la privazione dei presidi di garanzia del doppio grado di giudizio di merito e della possibilita' di autodifesa in giudizio - presidi garantiti invece per la generalita' delle controversie civili - comporterebbe una disparita' di trattamento e una discriminazione tale da determinare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana per lesione del principio di ragionevolezza e del diritto di difesa. Tenuto conto della istanza presentata dalla parte attrice, questo giudice anticipava la udienza per la precisazione delle conclusioni e per la discussione al 9 maggio 2005. In tale data, il procuratore della parte convenuta, preso atto della eccezione di illegittimita' costituzionale formulata dalla controparte chiedeva termine per il deposito di note. Il sottoscritto magistrato si riservava concedendo termine di gg. 7 per note. In data 16 maggio 2005 il procuratore della S.p.A. Assitalia, depositava note autorizzate e si opponeva alle richieste formulate dal procuratore dell'attrice. La societa' convenuta, preliminarmente faceva rilevare come il giudice di pace non sarebbe competente a decidere sulle questioni costituzionali, avendo il magistrato, la sola possibilita' o facolta' di rimettere gli atti alla competente Corte costituzionale. In ogni caso, secondo la societa' convenuta, fino a nuova o contraria pronuncia di Corti supreme, al magistrato non resterebbe altro da fare se non di applicare la normativa vigente. Tenuto conto della interpretazione data all'art. 33, della legge n. 287/1990 dalla Corte di cassazione a sezioni unite n. 2207/2005 la convenuta societa', quindi, chiedeva che in applicazione della legge vigente, il giudice ritenesse la propria incompetenza. Rappresentava la societa' convenuta, infatti, che le motivazioni dedotte dalla parte attrice, non potevano essere condivise, in considerazione del fatto che per i procedimenti quali quello in esame, trattandosi di materia contrattuale, non puo' che richiedersi al cittadino una difesa tecnica, per una migliore tutela dei propri interessi. Conseguentemente, a parere della societa' convenuta, il consumatore ed il cittadino, pur trattandosi di processi di valore esiguo, non potrebbero presiedere alla propria difesa personalmente in ragione dell'oggetto della domanda e delle norme poste a fondamento della domanda stessa. Secondo la societa' convenuta, quindi, la richiesta di una difesa tecnica dovrebbe essere intesa come una garanzia per il consumatore e non gia come una causa di discriminazione, anche in considerazione del fatto che applicandosi la normativa nei termini cosi' come precisati dalla Corte di cassazione, non si verrebbe a determinare una disparita' di trattamento tra i cittadini, i quali, invece, per la medesima materia, sarebbero tutti ed allo stesso modo costretti a rivolgersi al medesimo ufficio giudiziario, nei medesimi termini. Nel merito la S.p.A. Le Assicurazioni d'Italia, reiterava l'eccezione di infondatezza della domanda e quindi concludeva per la declaratoria di incompetenza funzionale dell'adito magistrato; per la declaratoria di nullita' dell'atto introduttivo e per l'accoglimento di tutte le eccezioni e conclusioni gia' rassegnate in udienza. Motivi della decisione Considerato che contrariamente a quanto ritenuto dal procuratore della S.p.A. Assitalia, ritiene questo magistrato che, effettivamente, alla luce della interpretazione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione, l'art. 33 della legge n. 287/1990 non appare conforme alle ripetute affermazioni della carta Costituzionale della Repubblica italiana sulla liberta' di adire l'autorita' giudiziaria per la tutela dei diritti e degli interessi legittimi del cittadino, senza restrizioni di sorta. In particolare, tenuto conto della interpretazione fornita dalla Corte suprema di cassazione a sezioni Unite, appaiono violati sia l'art. 3 della Costituzione, il quale sancisce il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di lingua, di razza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; sia l'art. 24 della Costituzione il quale sancisce che tutti possono stare in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e sancisce il diritto inviolabile alla difesa in ogni stato e grado del procedimento; sia infine l'art. 111 della Costituzione, che sancisce il diritto al giusto processo, che dovrebbe attuarsi nel contradditorio tra le parti in condizioni di parita' davanti ad un giudice terzo ed imparziale. Rilevato che sulla scorta della interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, la quale ha ritenuta di equiparare la posizione dell'imprenditore a quella del consumatore finale, si e' venuta a creare una disparita' di trattamento tra coloro che sono piu' abbienti rispetto a coloro che sono meno ricchi e non hanno la possibilita' di rivolgersi ad un avvocato per poter intentare un giudizio dinanzi alla Corte di appello al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti (come nel caso che ci occupa) a seguito della illegittima intesa operata dalla Imprese assicuratrici, proprio in danno dei consumatori. Ritenuto che la questione sollevata non appare manifestamente infondata, posto che dalla coordinazione delle norme di cui agli art. 3 e 24 della Costituzione puo' dedursi che costituisce principio consolidato nel nostro ordinamento che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi e che la difesa - diritto inviolabile in ogni stato e grado del giudizio - deve trovare attuazione uguale per tutti, indipendentemente da ogni differenza di condizioni personali e sociali, cosi' come innanzi detto. Tenuto conto del fatto che, si ripete, la necessita' di dover adire in prima cure la Corte di appello per il riconoscimento del diritto al risarcimento di somme anche esigue, ma comunque legittimamente dovute, si pone in stridente contrasto con i principi sanciti dagli articoli 3 e 24 della Costituzione: Con l'art. 3 Cost, perche' e' evidente la disparita' di trattamento che ne consegue tra colui che in virtu' delle proprie condizioni economiche puo' immediatamente adire l'autorita' giudiziaria ritenuta competente a decidere della controversia, rispetto a colui che pur avendo lo stesso diritto non ha la possibilita', in forza di una interpretazione estensiva dell'art. 33 secondo comma della legge n. 287/1990 che, invece, non puo' essere condivisa. Visto che le considerazioni di cui innanzi valgono a giustificare anche il richiamo alle norme contenute negli articoli 24 e 111 della Costituzione nei quali l'uso delle parole «tutti» o «giusto» ovvero «parita» ha lo scopo di ribadire l'eguaglianza di diritto e di fatto di tutti i cittadini per quanto concerne la possibilita' di richiedere e di ottenere la tutela giurisdizionale nei confronti di altri privati oltre che nei confronti dello Stato anche nei confronti di altri enti pubblici minori (cfr., art. 113 Cost.). Considerato che l'interpretazione dell'art. 33 secondo comma della legge n. 287/1990 si pone in contrasto con l'art. 3, primo comma della Costituzione, anche con riferimento al principio di ragionevolezza, sulla scorta del quale il legislatore, nel dettare norme differenti, deve giustificare logicamente e razionalmente l'esistenza di ragioni di tatto differenti, che altrimenti determinano una disparita' di trattamento tra i cittadini, la quale deve quindi ritenersi irragionevole e dunque viziata per eccesso di potere legislativo. Ritenuto quindi che deve condividersi il rilievo mosso dalla parte attrice di incostituzionalita' dell'art. 33, comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287/1990, nella parte in cui prevedendo la competenza per materia della Corte d'appello sulle domande di nullita', di risarcimento e di provvedimenti cautelari in materia antitrust, comporta una disparita' di trattamento in quanto sacrifica il diritto a due gradi di giudizio di merito e quindi sacrifica la possibilita' dell'autodifesa che sono generalmente garantiti nel sistema generale delineato dal legislatore. Tenuto altresi' conto del fatto che la predetta disparita' di trattamento e la conseguente limitazione delle garanzie al diritto di difesa costituzionalmente garantito appaiono, a parere di questo giudice, non sorrette da motivi di ragionevolezza; in particolare, non appare convincente il presunto collegamento con il giudizio amministrativo richiamato dalla sentenza della Cassazione a SS.UU. n. 2207/2005 - che giustificherebbe l'accorciamento di un grado del giudizio civile in considerazione del fatto che la situazione giuridica soggettiva vantata dal cittadino (imprenditore o consumatore) nei confronti delle imprese in trust e' una situazione di diritto soggettivo e non gia', di interesse legittimo. (Tale situazione soggettiva, peraltro, non potrebbe rientrare mai neanche nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto trattasi di diritto soggettivo vantato nei confronti di privati e non nei confronti della pubblica amministrazione). Considerato infine che, per tutto quanto innanzi in materia di antitrust, stante l'indipendenza del giudizio civile rispetto al giudizio amministrativo, appare non manifestamente infondato il rilievo dell'attore secondo il quale l'art. 33, comma 2 della legge n. 287/1990, sacrificando i tre gradi di giudizio (di cui due di merito) e la possibilita' di autodifesa per le controversie di modesta entita' prevista dall'art. 82 comma 1 c.p.c., garantito per la generalita' delle controversie, comporta una disparita' di trattamento la quale non essendo giustificata da specifici motivi, determina la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana per lesione del principio di ragionevolezza e del diritto di difesa. Posto che la decisione della questione di legittimita' sollevata, appare quindi rilevante ai fini della decisione del presente giudizio, tenuto conto del fatto che dalla decisione di tale questione dipende la decisione sulla eccezione di incompetenza funzionale sollevata dalla S.p.A. Assitalia la quale ha richiesto l'applicazione dell'art. 33, comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287.
P. Q. M. Sciogliento la riserva; Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1; Visto l'art. 134 Cost.; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33 comma 2 della legge 10 ottobre 1990 n. 287 per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione italiana; Sospende il presente giudizio iscritto ai n. 3037/04 RG; Ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, secondo comma della legge del 10 ottobre 1990 n. 287 per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione della Repubblica italiana, nella parte in cui prevede la competenza funzionale della Corte di appello per tutte le azioni, ivi comprese quelle proposte dai consumatori finali e volte ad ottenere la ripetizione dell'indebito ovvero il risarcimento dei danni derivante dalla illegittima partecipazione delle imprese assicuratrici ad una intesa vietata volta a praticare in maniera illegittima dei prezzi piu' cari ...; Manda alla cancelleria di provvedere alla immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa ed al presidente del Consiglio dei ministri; Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Ottaviano, addi' 21 maggio 2005 Il giudice di pace: Cuomo 06C0739