N. 367 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 2005
Ordinanza emessa il 6 ottobre 2005 (pervenuta alla Corte costituzionale il 21 agosto 2006) dal tribunale di Napoli nel procedimento civile promosso da Bellavia Germano contro Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Mancata o insufficiente indicazione di principi e criteri direttivi nella legge di delegazione - Illegittimita' derivata della disciplina introdotta dal legislatore delegato. - Legge 3 ottobre 2001, n. 366, art. 12; «per derivazione», decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76. In via subordinata: Societa' - Controversie in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria - Procedimento di primo grado dinanzi al tribunale in composizione collegiale - Disciplina introdotta dal legislatore delegato - Previsione di un rito del tutto nuovo, caratterizzato da una fase di formazione del thema decidendum e del thema probandum sottratta al controllo del giudice - Difformita' dai principi di «concentrazione del procedimento» e di «riduzione dei termini processuali», posti dalla legge delega n. 366/2001 con implicito riferimento al modello codicistico del processo di cognizione davanti al Tribunale - Eccesso di delega. - Decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17. - Costituzione, art. 76, in relazione all'art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366.(GU n.40 del 4-10-2006 )
IL TRIBUNALE Riunito in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile ascritta al n. 19645 del Ruolo Contenzioso civile dell'anno 2004, tra Bellavia Germano, elettivamente domiciliato in Napoli, via A. Falcone n. 72, presso lo studio dell'avv. Francesco Bordo, il quale lo rappresenta e difende, unitamente all'avv. Raffaela Gigli, in virtu' di procura a margine dell'atto di citazione, attore e Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., con sede in Siena, piazza Salimbeni n. 3, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Napoli, via dei Pretis n. 102, presso lo studi dell'avv. Andrea Moschiano, il quale la rappresenta e difende, unitamente all'avv. prof. Francesco Carbonetti e all'avv. Roberto Della Vecchia, in virtu' di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, convenuta. Premesso in fatto Con citazione ritualmente notifica Bellavia Germano esponeva che era stato indotto a sottoscrivere, nel giugno 2001, presso l'agenzia di Napoli del Monte dei Paschi di Siena, di cui era correntista, un piano finanziario denominato «4YOU»; il funzionari dirigente dell'Agenzia n. 7 di Napoli con il quale vi era rapporto fiduciario espressamente aveva assicurato trattarsi di un investimento privo di rischi simile ad un piano di accumulo di capitale, con possibilita' di uscire in qualunque momento senza penalizzazioni. Le insistenze del dirigente dell'agenzia avevano determinato l'esponente, senza che ne fosse stato adeguatamente informato poiche' non gli era stato consegnato alcun prospetto informativo, ad apporre piu' firme su un unico foglio che successivamente aveva appreso far parte di un contratto formato da piu' fogli separati contenenti il complesso delle clausole del contratto che si assumeva stipulato. I singoli fogli non erano ne' sottoscritti ne' siglati e quindi solo successivamente l'istante aveva avuto piena cognizione che si trattava sostanzialmente di un mutuo di durata di quindici anni che prevedeva l'acquisto di obbligazioni e fondi comuni con la provvista costituita dalla concessione del finanziamento di Euro 258.194,33 che restava garantito dai titoli acquistati di cui non si conosceva neppure il prezzo. Nei primi estratti conto il pagamento della rata era stato classificato come addebito per piano finanziario «4YOU» ma successivamente per finanziamento medio/lungo termine. L'esponente era un soggetto non avente propensione al rischio ed era privo di conoscenze anche elementari in materia di prodotti finanziari, tanto che le sue precedenti esperienze in materia erano limitate alle piu' semplici forme di investimento, quali pronti contro termine, fondi monetari e fondi bilanciati. L'esponente in ragione della sua attivita', ben nota alla banca, di attore teatrale con conseguente estrema variabilita' di reddito non era in condizione di assumere l'onere del pagamento di consistenti rate mensili per un periodo di cosi' lunga durata, circostanza su cui non gli era stata peraltro fornita alcuna informazione. Il funzionario della banca, venendo meno al dovere di diligenza, correttezza e trasparenza e senza per nulla preoccuparsi dell'interesse del cliente aveva proposto ugualmente l'investimento. Non solo, poi, non era stato consegnato il prospetto informativo di cui ai regolamenti Consob ma non risultava accertata effettivamente la propensione al rischio ne' dal contratto appariva che erano state assunte o richieste informazioni in ordine all'esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, situazione finanziaria, obiettivi di investimento e propensione al rischio. Nella realta', come si era appreso da altri correntisti del MPS, il prodotto era fortemente «spinto» dalla dirigenza con obbligo per i dipendenti di realizzare un determinato «budget» ed erano stati anche offerti premi consistenti a clienti o impiegati che fossero riusciti a procurare un certo numero di contratti. Il contratto sottoscritto il 25 giugno 2001 doveva ritenersi nullo, invalido ed inefficace perche' in violazione della normativa vigente in materia, in particolare del Regolamento Consob, del Testo Unico della Finanza, della legge n. 281/1998 e del codice civile in relazione agli artt. 1469-bis e segg. l'istante non aveva potuto procedere all'acquisto di un appartamento da destinare a propria abitazione in quanto gia' gravato di una rata mensile di mutuo di rilevante entita' ed in quanto nessun istituto di credito era disponibile a concedergli un mutuo, essendo egli gia' iscritto alla Centrale Rischi come conseguenza della sottoscrizione, contro la sua volonta', del contratto «4YOU». L'esponente, pur volendo estinguere anticipatamente il finanziamento, era stato costretto a rinunziarvi poiche', al contrario di quanto gli era stato assicurato, avrebbe ricevuto una rilevantissima penalizzazione derivante dall'applicazione di una formula matematica incomprensibile a qualunque persona di media cultura. Tanto premesso, il Bellavia conveniva in giudizio il Monte dei Paschi di Siena S.p.A. per sentir accogliere le seguenti conclusioni: dichiarare nullo, invalido ed inefficace il contratto di adesione al piano finanziario denominato «4YOU» sottoscritto il 21 giugno 2001 per i motivi esposti in premessa e per altri che si riservava di aggiungere; per l'effetto condannare il convenuto alla restituzione di tutte le somme versate per arte di mutuo, spese e quant'altro comunque collegato e dipendente dal contratto, oltre rivalutazione ed interessi dai singoli pagamenti al soddisfo; ordinare al convenuto di disporre, a sua cura e spese, tutti gli adempimenti necessari per l'esclusione dell'istante della Centrale Rischi; condannare il convenuto al risarcimento dei danni da lucro cessante, danno emergente, danni morali, esistenziali e qualsivoglia altro avente causa diretta o indiretta nel piano finanziario denominato «4YOU» nella misura complessiva di Euro 200.000,00 ovvero nella misura inferiore e superiore che il tribunale riterra'; condannare il convenuto al pagamento delle spese, diritti ed onorari del giudizio con la maggiorazione per spese forfettarie e con attribuzione ai sottoscritti procuratori. Si costituiva la convenuta la quale eccepiva preliminarmente che alla controversia era applicabile il c.d. «processo societario» di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, chiedendo, pertanto, a mente dell'art. 1, d.lgs. cit. la cancellazione della causa dal ruolo. Nel merito contestava in ogni suo punto la domanda attorea chiedendone il rigetto; contestava, per i motivi tutti esplicitati in comparsa la dedotta invalidita' dei contratti conclusi dall'attrice. All'esito dell'udienza di prima comparizione il giudicante, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 1, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, disponeva il mutamento del rito e la cancellazione della causa dal ruolo. L'attore notificava e depositava memoria di replica ex art. 6, d.lgs. n. 5/2003. La convenuta notificava l'istanza di fissazione di udienza. Designato il giudice relatore, lo stesso, con decreto del 20 luglio 2005, fissava l'udienza collegiale ai sensi dell'art. 12, decreto citato, provvedeva sulle richieste istruttorie, indicando alle parti la questione rilevabile d'ufficio in ordine alla costituzionalita' per eccesso di delega del decreto legislativo n. 5/2003. All'udienza collegiale del 5 ottobre 2005 il tribunale si riservava la decisione. Osserva in diritto Preliminarmente questo Tribunale ritiene di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 con riferimento all'art. 76 della Costituzione nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003, nonche', in via subordinata, degli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003 in relazione all'art. 76 della Costituzione, perche' difformi dai principi e dai criteri direttivi dettati dalla legge di delega n. 366/2001. Ed invero, quanto alla non manifesta infondatezza della prima delle questioni di legittimita' costituzionale sopra indicate, si osserva che l'art. 12 della legge n. 366/2001, dispone: «Il Governo e' inoltre delegato ad emanare norme che, senza modifiche della competenza per territorio e per materia, siano dirette ad assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti nelle seguenti materie: a) diritto societario, comprese le controversie relative al trasferimento delle partecipazioni sociali ed ai patti parasociali; b) materie disciplinate dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, e dal testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni. 2. - Per il perseguimento delle finalita' e nelle materie di cui al comma 1, il Governo e' delegato a dettare regole processuali, che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la mera facoltativita' della successiva instaurazione della causa di merito dopo l'emanazione di un provvedimento emesso all'esito di un procedimento sommario cautelare in relazione alle controversie nelle materie di cui al comma 1, con la conseguente definitivita' degli effetti prodotti da detti provvedimenti, ancorche' gli stessi non acquistino efficacia di giudicato in altri eventuali giudizi promossi per finalita' diverse; d) un giudizio sommario non cautelare, improntato a particolare celerita' ma con il rispetto del principio del contraddittorio, che conduca alla emanazione di un provvedimento esecutivo anche se privo di efficacia di giudicato; e) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modificazione o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite; f) uno o piu' procedimenti camerali, anche mediante la modifica degli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile ed in estensione delle ipotesi attualmente previste che, senza compromettere la rapidita' di tali procedimenti, assicurino il rispetto dei principi del giusto processo; g) le forme di comunicazione periodica dei tempi medi di durata dei diversi tipi di procedimenti di cui alla lettere precedenti trattati dai tribunali, dalle Corti di appello e dalla Corte di cassazione». Cio' posto, si rileva che l'art. 76 della Costituzione stabilisce che l'esercizio della funzione legislativa non puo' essere delegato al Governo se non con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un tempo limitato e per oggetti definiti. La migliore dottrina e la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale hanno da sempre interpretato tale norma nel senso che essa intende vietare non solo il trasferimento di pieni poteri dalle Camere al Governo, ma qualunque legge delegante che non operi una previa determinazione della portata e del tipo della disciplina delegata, cosicche' l'attivita' di Governo risulti sostanzialmente vincolata a realizzare con un circoscritto margine di scelta operativa una serie di risultati gia' precostituiti da parte delle Camere, assolvendo in sostanza le norme delegate una funzione attuativa delle norme deleganti. Conseguentemente il Legislatore ordinario deve stabilire principi e criteri cosi' specificati da far prevedere l'esito finale della delega, pena l'incostituzionalita' della legge delega per genericita' ed indeterminatezza. Orbene, ritiene questo tribunale che nel caso in esame il legislatore delegante non ha indicato con sufficiente determinazione i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare il legislatore delegato. Dal dettato dell'art. 12, legge n. 366/2001, infatti - escludendo il riferimento ai principi dettati in tema di giudizio cautelare che riguardano profili non rilevanti nel presente giudizio - sono estrapolabili i seguenti principi: 1) divieto di modifica della competenza per territorio e per materia; 2) necessita' di assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti; 3) possibilita' di dettare regole processuali che in particolare possano prevedere: a) la concentrazione del procedimento e la riduzione dei termini processuali; b) l'attribuzione di tutte le controversie nelle materie di cui al comma 1 al tribunale in composizione collegiale, salvo ipotesi eccezionali di giudizio monocratico in considerazione della natura degli interessi coinvolti; c) la possibilita' per il giudice di operare un tentativo preliminare di conciliazione, suggerendone espressamente gli elementi essenziali, assegnando eventualmente un termine per la modifica o la rinnovazione di atti negoziali su cui verte la causa e, in caso di mancata conciliazione, tenendo successivamente conto dell'atteggiamento al riguardo assunto dalle parti ai fini della decisione sulle spese di lite. Nella legge n. 366/2001, quindi, il Legislatore si e' limitato ad indicare le materie nelle quali il Governo sarebbe potuto intervenire, l'obiettivo di rendere piu' rapida ed efficace la definizione dei procedimenti, il divieto di modificare la competenza per territorio e per materia, la tendenziale collegialita' del procedimento, la possibilita' di valutare l'atteggiamento delle parti in sede di tentativo di conciliazione e la possibilita' di dettare regole che favorissero la riduzione dei termini e la concentrazione del procedimento. Nulla tuttavia la legge delega ha detto in ordine allo schema processuale da adottare, lasciato non piu' alla scelta discrezionale, ma all'arbitrio del legislatore delegato, come emerge chiaramente dal d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003, che ha creato un nuovo modello di processo. Ed infatti, come indicato dalla stessa relazione della commissione ministeriale, il nuovo rito societario previsto per il processo di cognizione davanti al tribunale costituisce un vero e proprio nuovo modello processuale, che si distacca volutamente sia dal modello processuale del 1942, sia da quello del processo del lavoro del 1973 ed infine anche da quello delineatosi con riforma del 1990. Il nuovo rito di cognizione di primo grado davanti al tribunale in materia societaria prevede tutta la prima fase del processo senza l'intervento del giudice; nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 2 non e' piu' indicata l'udienza avanti al giudice ed il termine che l'attore fissa al convenuto per la comunicazione della comparsa di risposta e' fissato solo nel minimo, cosi' nella comparsa di risposta, ai sensi dell'art. 4, il convenuto puo' a sua volta fissare all'attore per eventuale replica un termine stabilito ancora una volta solo nel minimo e con lo stesso meccanismo l'art. 6 prevede la possibilita' di una replica da parte dell'attore e l'art. 7 la possibilita' di una controreplica da parte del convenuto e poi, ancora, ulteriori repliche e controrepliche. Solo a seguito dell'istanza di fissazione di udienza di cui all'art. 8 interviene il giudice in un momento pero' in cui sia il thema decidendum che il thema probandum si sono gia' definitivamente formati, totalmente al di fuori, quindi, del controllo del giudice. D'altra parte la stessa istanza di fissazione di udienza, con gli effetti preclusivi rilevantissimi stabiliti dall'art. 10, e' uno strumento lasciato nella totale disponibilita' delle parti o anche di una sola di esse, che puo' utilizzarlo a suo piacimento, nel momento ritenuto piu' opportuno. Ancora poi va segnalato l'art. 13 in tema di contumacia o di costituzione tardiva del convenuto, che introduce l'innovativo principio (di cui nella delega non vi e' traccia) per cui nel caso in cui il convenuto non notifichi la comparsa di risposta nel termine stabilito o anche solo si costituisca tardivamente «i fatti affermati dall'attore .... si intendono non contestati e il tribunale decide sulla domanda in base alla concludenza di questa». Emerge dunque chiaramente che il legislatore delegato, in forza di una delega assolutamente carente sotto il profilo dell'indicazione di criteri direttivi, ha potuto creare una disciplina interamente nuova per il processo societario di cognizione ordinaria, anticipando quel rito ordinario prefigurato dal testo redatto dalla commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Questo tribunale, quindi, ritiene che non possa andare esente da dubbi di costituzionalita' una legge di delega che nel consentire la creazione di un nuovo processo, seppur circoscritto a determinate materie, si limiti ad indicare un obiettivo, quello di «assicurare una piu' rapida ed efficace definizione di procedimenti», un divieto di «modifica della competenza territoriale e per materia», un preferenza per la collegialita', un rilevante ruolo del tentativo di conciliazione o un'indicazione di massima a favore della «concentrazione del procedimento e riduzione dei termini processuali». Di conseguenza ad avviso del Collegio, in quanto non manifestamente infondata, va rimessa la questione di costituzionalita' dell'art. 12 della legge n. 366/2001 nella parte relativa al procedimento ordinario di primo grado e, per derivazione, degli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003. La questione e', altresi' rilevante in quanto la presente controversia, rientrando tra quelle di cui alla lettera d) dell'art. 1 del d.lgs. n. 5/2003, e' stata promossa e va trattata secondo le norme previste dal predetto decreto - emanato in forza della suddetta legge di delega - disciplinante per l'appunto il giudizio di cognizione di primo grado davanti al tribunale in composizione collegiale nelle materie di cui all'art. 1 del decreto citato e, come e' evidente, dalla pronunzia della Corte costituzionale dipende l'applicabilita' della intera nuova disciplina processuale alla concreta fattiscpecie sottoposta al vaglio di questo tribunale. In subordine, e per l'ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere costituzionalmente legittimo l'art. 12 della legge n. 366/2001, questo tribunale ritiene che non sia manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' degli artt. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, in quanto emanati eccedendo dai principi e criteri direttivi dettati dalla legge n. 366 del 2001. Ed invero, per evitare il sospetto d'incostituzionalita' per indeterminatezza e genericita' dell'art. 12, legge citata, dovrebbe necessariamente leggersi la legge n. 366/2001, come gia' fatto da altri giudici ordinari (cfr. ordinanza del Tribunale di Brescia del 18 ottobre 2004 che ha rimesso la questione alla Corte costituzionale), facendo riferimento alla disciplina del vigente processo di cognizione davanti al tribunale, come contenuta nel libro II, titolo I, c.p.c., il rito cioe' che sino al 31 dicembre 2003 e' stato applicato anche alle controversie societarie. La disciplina del processo di cognizione davanti al tribunale contenuta nel codice di procedura civile prevede che il processo si svolga attraverso la successione di piu' udienze fisse e obbligatorie, in particolare quella di prima comparizione (art. 180 c.p.c.), quindi la prima udienza di trattazione (art. 183 c.p.c.), cui puo' seguire un'udienza per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184 c.p.c.) ed eventualmente una seconda udienza, su richiesta delle parti, sempre per la discussione e l'ammissione delle prove (art. 184, primo comma, seconda parte, c.p.c.) e quindi, all'esito un'ulteriore udienza di precisazione delle conclusioni (art. 189 c.p.c.). Se si volesse individuare una determinatezza dei criteri direttivi nella legge di delega, quindi, dovrebbe necessariamente ritenersi che il legislatore delegante, indicando il principio di «concentrazione del procedimento», abbia fatto evidentemente riferimento proprio alla suddetta scansione prevista nel processo ordinario. Ugualmente il processo ordinario vigente prevede che fra il giorno della notificazione e quello dell'udienza di comparizione debbano intercorrere termini liberi non minori di sessanta giorni, fissa il termine meramente ordinario di quindici giorni per la successione fra le varie udienze (art. 81 delle norme di attuazione c.p.c.), stabilisce ai sensi dell'art. 183 c.p.c., quinto comma, un termine massimo di trenta giorni per il deposito di memorie e di altri trenta giorni per le repliche, non prestabilisce nessun termine per il deposito delle memorie istruttorie ex art. 184 c.p.c., primo comma, seconda parte, prevede il termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di venti per eventuali repliche. Soltanto con il riferimento a tali termini potrebbe riempirsi di contenuto la generica indicazione del legislatore delegante del principio di «riduzione dei termini processuali». Solo questa lettura - estremamente riduttiva e per questo sottoposta in via subordinata rispetto all'altra - dei principi fissati dal Legislatore delegante, altrimenti invero generici, sarebbe possibile per evitare il dubbio di costituzionalita' della legge n. 366 del 2001. E' pero' evidente che in questo caso l'articolato contenuto negli artt. da 2 a 17, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, con cui si e' data attuazione alla delega, contrasterebbe con i principi fissati dal legislatore delegante per «eccesso di delega», alla luce delle caratteristiche del nuovo rito societario come gia' sopra sintetizzate. Il decreto legislativo n. 5/2003, infatti, non ha previsto un rito concentrato rispetto all'attuale rito ordinario disciplinato dagli artt. 163 ss. c.p.c., ma, come gia' sopra evidenziato, ha introdotto nell'ordinamento un'anticipazione del rito ordinario prefigurato dal testo della commissione ministeriale per la riforma del processo civile. Anche la questione di costituzionalita' proposta in via subordinata e' rilevante ai fini del presente giudizio per le stesse ragioni indicate per la questione proposta in via principale. Tanto premesso in fatto ed in diritto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione sulla questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, siccome rilevante e non manifestamente infondata, ed il presente giudizio va sospeso. Alla cancelleria vanno affidati gli adempimenti di competenza, di cui alla predetta norma.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 della legge n. 366/2001 nella parte in cui, in relazione al giudizio ordinario di primo grado in materia societaria, non indica i principi ed i criteri direttivi che avrebbero dovuto guidare le scelte del legislatore delegato e, per derivazione, degli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5/2003; In via subordinata, dichiara rilevante per il giudizio e non manifestamente infondata, in relazione all'art. 76 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5/2003 perche' difformi dai principi e criteri direttivi della legge delega n. 366/2001; Ordina alla cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati e alle parti del presente giudizio; Dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso. Si comunichi a cura della cancelleria. Cosi' deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 5 ottobre 2005. Il Presidente: Baldini 06C0820