N. 399 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 2006

Ordinanza   emessa  l'8  maggio  2006  dal  tribunale  amministrativo
regionale  del Veneto sul ricorso proposto da Clothing Company S.p.A.
contro        Commissario        delegato       per       l'emergenza
socio-economico-ambientale della viabilita' di Mestre ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Controversie relative alla legittimita'
  delle  ordinanze  e  dei conseguenziali provvedimenti commissariali
  adottati  in  tutte  le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
  dell'art. 5,  comma 1,  della  legge  24 febbraio  1992,  n. 225  -
  Competenza,  in  via  esclusiva,  in  primo  grado,  attribuita  al
  Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  -  sede di Roma -
  Irragionevole  deroga  al  principio della competenza del Tribunale
  amministrativo  regionale  della Regione in cui il provvedimento e'
  destinato  ad  avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e
  del  principio di tutela giurisdizionale - Violazione del principio
  della  ragionevole  durata  dei processi - Violazione del principio
  del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa.
- Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter,
  2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111, 113 e 125.
(GU n.41 del 11-10-2006 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 491/2005,
proposto   da   Clothing   Company   S.p.A.  in  persona  del  legale
rappresentante  pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Enrico
Gaz ed Aurelio Bianchini d'Alberigo, con elezione di domicilio presso
lo studio del secondo in Venezia, Santa Croce n. 469;
    Contro  il  Commissario  delegato per l'emergenza socio economico
ambientale  determinatasi  nel settore del traffico e della mobilita'
nella  localita'  di  Mestre del Comune di Venezia, la Presidenza del
Consiglio   dei   ministri,  il  Comitato  interministeriale  per  la
programmazione  economica,  il Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ed
il  Ministero  per  i  beni  e le attivita' culturali, in persona dei
legali   rappresentanti   pro   tempore,   rappresentati   e   difesi
dall'Avvocatura  distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege; la
Passante  di Mestre Societa' consortile tra le imprese in persona del
legale  rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.
Vittorio Domenichelli, Guido Zago e Pier Vettor Grimani, con elezione
di  domicilio  presso  lo  studio  dell'ultimo  in Venezia, S. Croce,
466/g;  la Regione Veneto in persona del presidente pro tempore della
giunta  regionale, rappresentato e difeso dagli avv. Fulvio Lorigiola
ed  Alfredo  Biagini,  con elezione di domicilio presso lo studio del
secondo  in  Venezia,  S.  Croce, 466/g; e nei confronti di Impregilo
S.p.A.   -   Capogruppo  mandataria  A.T.I.  in  persona  del  legale
rappresentante  pro tempore, non costituita in giudizio; la Provincia
di  Treviso  in  persona  del  presidente  pro  tempore  della giunta
provinciale,  non costituita in giudizio; ed il Comune di Mogliano in
persona del sindaco pro tempore, in persona del legale rappresentante
pro  tempore,  non  costituito  in  giudizio;  per l'annullamento del
decreto   del   commissario  delegato  in  data  20  settembre  2004,
n. 12/2004;  del decreto del commissario delegato in data 19 novembre
2004,  n. 21;  della  comunicazione  del  Comitato delegato in data 4
novembre  2004;  della delibera del C.I.P.E. in data 7 novembre 2003,
n. 80;  dello  studio  di  impatto  ambientale (SIA), dei pareri resi
nell'ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale e di
approvazione   del   suddetto   progetto  preliminare  dal  Ministero
dell'ambiente  e della tutela del territorio in data 9 ottobre 2003 e
dal  Ministro  per  i beni e le attivita' culturali in data 21 luglio
2003;  del parere della Regione Veneto reso con la delibera in data 3
ottobre  2003,  n. 2912; della nota del presidente della g.r. in data
14 ottobre 2003; per il risarcimento del danno; ed in via incidentale
subordinata  sollevarsi,  ritenendole  rilevanti e non manifestamente
infondate, le questioni di legittimita' costituzionale, in parte qua,
degli  artt. 1, commi 1 e 2 della legge n. 443/2001, degli artt. 13 e
14  della legge n. 166/2002, degli artt. 1, comma 2, art. 3, commi 3,
5  e  7,  del  decreto  legislativo  n. 190/2002, in riferimento agli
artt. 3, 5, 97, 117, 18 e 120 della Costituzione.
    Visto  il  ricorso depositato presso la segreteria il 22 febbraio
2005 e successivamente notificato il 2 marzo 2005;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  16  marzo  2006 (relatore il
Consigliere  Angelo  De  Zotti)  gli avvocati: Bianchini per la parte
ricorrente, Cerillo per le PP.AA., Lorigiola e Biagini per la Regione
Veneto e Grimani per la societa' Passante di Mestre;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto.

                              F a t t o

    La  societa'  ricorrente  e' proprietaria, nel comune di Mogliano
Veneto,  di  un  compendio  immobiliare  -  costituito da terreni con
sovrastanti  fabbricati  -  nel  quale  hanno  sede, tra l'altro, gli
uffici amministrativi e la direzione dell'azienda.
    Tale  compendio  e'  interessato  dal progetto di costruzione del
Passante Autostradale di Mestre.
    Avendo appreso di tale progetto contestualmente alla notifica del
decreto  di  occupazione  d'urgenza dei terreni di sua proprieta', la
societa'  ricorrente  ha impugnato tutti gli atti del procedimento di
approvazione,  preliminare e definitivo, del Passante autostradale di
Mestre  e  ne  ha  chiesto l'annullamento con vittoria di spese oltre
alla   condanna  delle  amministrazioni  intimate  al  pagamento  del
risarcimento   del   danno   conseguente   alla  procedura  ablatoria
illegittimamente intrapresa.
    Nel   merito  la  ricorrente  deduce  una  serie  di  censure  di
violazione  di  legge e di eccesso di potere, sotto vari profili, ivi
compresa  la  incostituzionalita'  degli  artt. 1,  commi 1 e 2 della
legge  n. 443/2001  e dell'art. 1, commi 2 e 3 del d.lgs. n. 190/2002
in  relazione  agli  artt. 3,  5,  97,  117  e  118  e 120 Cost., che
supportano i provvedimenti impugnati.
    Si  sono  costituiti  in  giudizio, per resistere, il commissario
delegato, le amministrazioni statali intimate, la Regione Veneto e la
Societa'  di  progetto  «Passante  di  Mestre» che hanno contestato i
motivi del ricorso chiedendone la reiezione con vittoria di spese.
    Nella  discussione  conclusiva la Regione Veneto e la Societa' di
progetto   Passante   di   Mestre   hanno  eccepito  la  sopravvenuta
incompetenza  di questo Tribunale amministrativo regionale, deducendo
che   la  competenza  sulla  presente  controversia  spetta,  in  via
esclusiva,  ex  art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e 2-quater della legge
n. 21/2006 al Tribunale amministrativo regionale del Lazio e comunque
hanno   chiesto   che  l'incompetenza  del  Tribunale  amministrativo
regionale  adito  venga  rilevata  d'ufficio,  atteso  che  le  norme
anzidette «si applicano anche ai processi in corso».

                            D i r i t t o

    Costituiscono  oggetto  del  giudizio  il decreto del commissario
delegato  per l'emergenza socio economico ambientale della viabilita'
di  Mestre  con  cui  e'  stato  approvato il progetto definitivo del
Passante  Autostradale  di  Mestre, unitamente agli atti presupposti,
approvativi del progetto preliminare, e gli atti conseguenti, tra cui
il   decreto  di  occupazione  d'urgenza  dei  beni  interessati  dal
procedimento ablatorio.
    Si  tratta  di provvedimenti riconducibili ai poteri conferiti al
commissario  delegato  per  fronteggiare  lo  stato  di emergenza nel
settore  del  traffico  e  della mobilita' nella localita' di Mestre,
dichiarato   con  il  d.P.C.m.  28  febbraio  2003  emesso  ai  sensi
dell'art. 5, comma 1, legge n. 225/1992.
    Detti  atti  rientrano, quindi, nella categoria dei provvedimenti
commissariali «consequenziali» alla suddetta ordinanza emergenziale e
sono  tali  da  ricadere,  come  rilevato in sede di eccezione, nella
previsione  dell'art. 3,  comma  2-bis,  della legge 27 gennaio 2006,
n. 21  (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 gennaio 2006, n. 23 ed
entrata  in  vigore  dopo  la  proposizione del presente ricorso), di
conversione  con  modificazioni del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, la
quale  recita:  «In  tutte  le  situazioni di emergenza dichiarate ai
sensi  dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta   in  via  esclusiva,  anche  per  l'emanazione  delle  misure
cautelari,  al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede
in Roma».
    Il  comma  2-ter, a sua volta, prescrive che «Le questioni di cui
al  comma  2-bis  sono rilevate di ufficio», diversamente dalla norma
processuale   vigente   in  tema  di  incompetenza  territoriale  dei
tribunali  amministrativi,  che  esclude  la  rilevabilita' d'ufficio
(art. 31,  legge n. 1034/1971: la parte che l'eccepisce deve proporre
apposito  regolamento  preventivo  davanti  al  Consiglio  di Stato).
Secondo  le  nuove disposizioni, il tribunale adito, territorialmente
incompetente,   non  puo'  in  ogni  caso  pronunciarsi  sull'istanza
cautelare,  diversamente  dal  normale  regime  processuale  che  non
preclude  tale  pronuncia,  se  non  sia  stato  ancora  proposto  il
regolamento preventivo di competenza.
    I citati tre commi dell'art. 3, legge n. 21/2006 si configurano -
ad   avviso  del  Collegio  come  norme  processuali  «intruse»  (che
sarebbero  vietate  secondo  la circolare di «drafting» 2 maggio 2001
della  Presidenza  del Consiglio dei ministri) in una legge che ha un
oggetto  (apparentemente)  limitato  all'emergenza  nel  settore  dei
rifiuti  nella  regione Campania (cosi' il titolo della legge). Anche
la  rubrica dell'articolo nel quale tali norme sono state inserite ha
un  oggetto  diverso  e  piu'  limitato  («Destinazione delle risorse
finanziarie e procedure esecutorie»).
    Tuttavia,  il  testuale  tenore delle disposizioni legislative in
commento  non  depone  affatto  a favore di un'interpretazione che ne
limiti  gli  effetti  ai  soli  provvedimenti  relativi all'emergenza
rifiuti nella Regione Campania.
    Infatti,  il  comma  2-bis  e' riferito a «tutte le situazioni di
emergenza  dichiarate  ai  sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24
febbraio 1992, n. 225».
    Inoltre,  la  formulazione  del  comma  2-ter,  secondo  periodo,
laddove prevede che «Davanti al giudice amministrativo il giudizio e'
definito  con  sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26,
della  legge  6 dicembre 1971, n. 1034», e quella del comma 2-quater,
secondo  periodo,  laddove  prevede  che  «L'efficacia  delle  misure
cautelari  adottate  da un tribunale amministrativo diverso da quello
di  cui  al  comma  2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da
parte  del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in
Roma,   cui   la   parte  interessata  puo'  riproporre  il  ricorso»
suggeriscono  una  valenza  generale dello spostamento di competenza,
perche'  altrimenti  non  si sarebbero usate le locuzioni «Davanti al
giudice  amministrativo»  e «un tribunale amministrativo diverso», ma
le  locuzioni  «Davanti al tribunale amministrativo della Campania» e
«il tribunale amministrativo della Campania».
    Anche se dai lavori parlamentari si evince che il Governo, autore
dell'emendamento  inserito  nella  legge  di  controversia, intendeva
limitare  lo  spostamento  di  competenza  giurisdizionale  alle sole
situazioni emergenziali dei rifiuti in Campania, tuttavia cio' non e'
sufficiente  ad  orientare il Collegio verso una tale interpretazione
delle   disposizioni  processuali,  perche'  si  dovrebbe  altrimenti
forzare il significato letterale delle parole.
    Com'e'  noto,  infatti,  ai  lavori preparatori puo' riconoscersi
valore  unicamente  sussidiario nell'interpretazione di una legge. Se
da essi possono trarsi elementi utili ai fini dell'individuazione del
significato  di  singole  disposizioni normative e della ratio che le
giustifica,  tale  operazione trova tuttavia un limite in cio' che la
volonta'  da  essi  risultante  non  puo'  sovrapporsi  alla volonta'
obiettiva  della  legge,  quale  emerge dal significato proprio delle
parole   secondo  la  connessione  di  esse,  e  dall'intenzione  del
legislatore  intesa  come  volonta'  oggettiva  della norma (voluntas
legis),  da  tenersi distinta dalla volonta' dei singoli partecipanti
al processo formativo di essa (voluntas legislatoris).
    Le   nuove   disposizioni,   dunque,   si   applicano  -  secondo
l'interpretazione del Collegio - anche alla presente controversia.
    Circa  la  rilevanza  della  questione ai fini della decisione da
assumere, essa appare evidente.
    Invero,  il  Collegio  sarebbe tenuto, sulla base della normativa
sopravvenuta - ove non dubitasse della legittimita' costituzionale di
essa - a dichiarare tout court inammissibile il ricorso, con sentenza
in forma semplificata ex art. 26, legge n. 1034/1971, come prescritto
dal  comma  2-ter  dell'art. 3  del  d.l.  n. 245/2005 conv. in legge
n. 21/2006.
    Della  costituzionalita' dei citati commi 2-bis, 2-ter e 2-quater
del  d.l.  n. 245/2005  conv.  in  legge  n. 21/2006,  in ordine alla
competenza  funzionale  del  Tribunale  amministrativo  regionale del
Lazio, il Collegio dubita, tuttavia, per diverse ragioni.
    Anzitutto,   si  evidenzia  il  contrasto  con  l'art. 125  della
Costituzione,  e  segnatamente  con  il principio del decentramento e
dell'articolazione   su   base  regionale  degli  organi  statali  di
giustizia amministrativa di primo grado, ivi espressa («Nella regione
sono  istituiti  organi  di  giustizia amministrativa di primo grado,
secondo  l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»), nonche'
col principio di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 Cost.
    La  previsione costituzionale dell'art. 125, attuata con la legge
n. 1034   del  1971  che  ha  istituito  i  tribunali  amministrativi
regionali,  implica che la sfera di competenza di questi ultimi abbia
rilievo  e  garanzia  costituzionali,  ne' si vede perche' essa debba
subire  una deroga generalizzata (pure in controtendenza alla riforma
del   titolo   quinto   della  Costituzione)  con  attribuzione  alla
competenza funzionale inderogabile al T.a.r del Lazio, allorquando le
singole   situazioni  di  emergenza  abbiano  rilievo  esclusivamente
locale.
    Una  deroga  generale  al principio derivante dall'art. 125 della
Costituzione,   secondo   cui   i  singoli  Tribunale  amministrativo
regionale  sono  posti  su  un piano paritario, con lo spostamento di
competenza   ad  un  tribunale  diverso  da  quello  territorialmente
competente,   non   si   giustificherebbe   nemmeno  facendo  ricorso
all'argomento  che  il  tribunale  locale sarebbe troppo sensibile ed
esposto  alle  tensioni  che  possono  sorgere  presso la popolazione
locale,  derivanti dagli eventi emergenziali e dai mezzi straordinari
impiegati per affrontarli.
    Anzitutto,  tale  ipotetica  finalita'  non  sarebbe  in assoluto
garantita  nemmeno  dalla concentrazione delle controversie di cui si
tratta presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, e cio'
relativamente a quelle situazioni di emergenza riguardanti la Regione
Lazio.
    Cio' che vale per i giudici operanti nei Tribunale amministrativo
regionale  regionali,  invero non puo' non valere, se l'idea di fondo
e'  quella  della sovraesposizione del giudice locale, per il giudice
che  ha  sede  nella  capitale  e  che decide cause che riguardano il
proprio territorio.
    E  comunque,  al perseguimento di tale esigenza, altri dovrebbero
essere  i  rimedi,  di  carattere  non  generale  ed  assoluto  ma da
applicarsi caso per caso ed in relazione a situazioni contingenti: ad
esempio,   lo  spostamento  di  competenza  potrebbe  avere  una  sua
ragionevolezza  se  fosse  concepito  e  disciplinato similmente alle
fattispecie di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p. (c.d.
«legittima suspicione») e non in via generale.
    D'altronde,   se   questa   fosse   la   ratio  inespressa  delle
disposizioni  in  esame,  che  peraltro  rivelerebbe  una  ben scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale   periferici,   la   loro   introduzione   resta  di  fatto
inspiegabile,   anche   se   considerata   essa   stessa  una  scelta
emergenziale,  perche'  situazioni di questo tipo (tensione presso le
popolazioni   coinvolte   che   si   sia   riverberata   sui  giudici
amministrativi  locali,  minandone  la  serenita' di giudizio) non si
sono  finora registrate e comunque anche in questa prospettiva esiste
la  immediata devoluzione della questione al giudice d'appello che e'
certamente  in  grado  di correggere questa possibile distorsione del
giudizio sin qui del tutto virtuale.
    Se   invece,   com'e'   anche   possibile  ipotizzare,  la  ratio
sottostante  delle  disposizioni  legislative  in  questione fosse da
ricercarsi   nell'esigenza   di   assicurare   un   sistema  vieppiu'
«rafforzato»  di  protezione  civile,  si  dovrebbe concludere che la
finalita'  surrettizia  delle disposizioni in esame sarebbe quella di
evitare  che,  di  fronte all'imminenza ed alla gravita' del pericolo
per   l'integrita'   di   beni  fondamentali  dell'uomo,  il  giudice
amministrativo   periferico   possa   utilizzare  con  leggerezza  lo
strumento   cautelare,   paralizzando   l'efficacia   di  urgenti  ed
indilazionabili interventi di protezione civile.
    Senonche',  tale  esigenza sembra gia' garantita dalla previsione
che   ai   processi   si  applicano  le  norme  di  accelerazione  ex
art. 23-bis,  comma  2  e  ss., legge n. 1034/1971 (come previsto dal
comma  2-ter, secondo periodo, dell'art. 3, d.l. n. 245/2005 conv. in
legge n. 21/2006).
    Ma  soprattutto, se questa e' l'esigenza sottesa alle norme sullo
spostamento   di   competenza,   anch'essa   rivela  una  ben  scarsa
considerazione  per  la professionalita' e la dignita' dei magistrati
amministrativi   in   servizio   presso  i  Tribunale  amministrativo
regionale  periferici,  del  tutto  ingiustificata  perche'  la  loro
qualificazione,  la  loro  esperienza  e  lo  svolgimento  della loro
carriera  sono  perfettamente  identici  a  quelli  dei magistrati in
servizio presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
    Tale  ratio rivela, poi, un disegno, irrazionale ed incompatibile
col  dettato  costituzionale dell'art. 125 Cost., inteso a modificare
l'assetto  ordinamentale  della giustizia amministrativa, sia creando
un'asimmetria  tra  il  Tribunale amministrativo regionale centrale e
quelli  periferici  che  va  ben  oltre l'attuale criterio di riparto
delle  competenze  basato sull'efficacia (regionale o ultraregionale)
dei   provvedimenti   delle   autorita'  centrali  dello  Stato,  sia
diversificando le funzioni dei magistrati amministrativi, secondo che
prestino  servizio  presso  il  t.a.r  centrale o presso un Tribunale
amministrativo regionale periferico.
    Peraltro,  lo  spostamento  della competenza su questa materia e'
irrazionalmente  solo  parziale,  poiche' il regime derogatorio sulla
competenza esclusiva del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
riguarda    le    ordinanze   ed   i   consequenziali   provvedimenti
commissariali,  ma  non i decreti governativi che dichiarano lo stato
di  emergenza.  Questi  ultimi,  infatti,  non essendo nominati dalle
norme   in   questione,   continuano  a  rientrare,  paradossalmente,
nell'ordinaria  competenza  dei  Tribunale  amministrativo  regionale
presso  la  regione  in  cui  i provvedimenti sono destinati ad avere
efficacia.
    A  cio'  si  aggiunga che il comma 2-quater dispone: «Le norme di
cui  ai  commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso.
L'efficacia   delle   misure   cautelari  adottate  da  un  tribunale
amministrativo  diverso  da quello di cui al comma 2-bis permane fino
alla  loro  modifica  o  revoca da parte del Tribunale amministrativo
regionale  del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo'
riproporre il ricorso».
    In  tal modo, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non
assume  soltanto  una  nuova competenza funzionale esclusiva di primo
grado,  ma  sembra  configurarsi anche come vero e proprio giudice di
appello sulle decisioni cautelari di un tribunale periferico, potendo
«modificare»  o «revocare» le misure cautelari da questo concesse, in
contrasto  con la sua natura di organo di giustizia amministrativa di
primo grado.
    Altri profili di irragionevolezza emergono, poi: a) dal fatto che
viene  imposta ai tribunali periferici (dal comma 2-ter) la pronuncia
declinatoria  di  competenza  con  sentenza succintamente motivata ai
sensi  dell'art. 26  della  legge  n. 1034/1971  (cio'  che  rientra,
invece,  nella  discrezionalita' del giudicante) e contemporaneamente
viene    prescritta   l'applicazione   dei   commi   2   e   seguenti
dell'art. 23-bis  della  stessa legge n. 1034/1971, che riguardano un
diverso  e piu' complesso modo di procedere in giudizio (dimezzamento
dei  termini,  fissazione  accelerata  dell'udienza;  possibilita' di
emanazione  di  ordinanze  cautelari  in  caso di estrema gravita' ed
urgenza);  b)  dal fatto che la mancata riproposizione - per la quale
non  e'  previsto  un  dies  a quo - del ricorso davanti al Tribunale
amministrativo regionale del Lazio (come previsto dal comma 2-quater)
quando  siano  state  emanate  pronunce  cautelari  da  un  Tribunale
amministrativo   regionale  periferico,  comporta  la  permanenza  di
efficacia  di  tali  pronunce  nonostante  la  norma  preveda la loro
modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio.
    Sotto  i  profili appena esposti emerge, quindi, un contrasto con
l'art. 125  Cost.  nonche' un'intrinseca irragionevolezza delle norme
in   questione,   in  contrasto  col  postulato  fondamentale  recato
dall'art. 3 della Costituzione.
    In  secondo  luogo,  le  nuove  norme  recano un grave disagio ai
ricorrenti,  non  giustificato dalla natura accentrata della pubblica
amministrazione   o  dall'efficacia  estesa  a  tutto  il  territorio
nazionale  dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione
del  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, secondo il normale
criterio  di  riparto  della  competenza tra Tribunale amministrativo
regionale del Lazio e tribunali periferici.
    Cio'   comporta   una  violazione  degli  artt. 24  e  113  della
Costituzione,  in quanto riduce le possibilita' di tutela dei diritti
e  degli  interessi  legittimi,  per  la  maggiore  difficolta'  ed i
maggiori  costi  che  devono  essere sopportati dagli interessati per
esercitare  l'azione presso il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  piuttosto  che  presso gli organi giurisdizionali periferici,
nonche' in via derivata una disparita' di trattamento con conseguente
violazione dell'art. 3 Cost.
    Infine,  la  concentrazione  presso  il  Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio  di  queste  controversie  potrebbe  influire
negativamente  sui  tempi  dei  processi  e, sotto questo profilo, la
scelta  del  legislatore  e' illogicamente antitetica al principio di
ragionevole  durata dei processi (art. 111, comma 1, Costituzione) la
cui corretta applicazione vorrebbe invece che le controversie fossero
normalmente   distribuite  presso  ciascun  Tribunale  amministrativo
regionale periferico.
    Sotto  gli  anzidetti  profili,  il Collegio ravvisa un contrasto
dell'art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater, del d.l. n. 245/2005
conv.  in legge n. 21/2006, con gli artt. 3, 24, 111, 113 e 125 della
Costituzione.
    Il  giudizio  va pertanto sospeso e gli atti vanno trasmessi alla
Corte costituzionale.
                              P. Q. M.
    Ritiene  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 3,   commi   2-bis,   2-ter
e 2-quater  del d.l. 30 novembre 2005, n. 245, convertito in legge 27
gennaio 2006, n. 21.
    Sospende  quindi  il  giudizio ed ordina l'immediata trasmissione
degli atti alla Corte costituzionale.
    Dispone  che,  a cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Venezia, in Camera di consiglio, addi' 16 marzo
2006.
                       Il Presidente: Amoroso
L'estensore: De Zotti
06C0854