N. 331 SENTENZA 11 - 19 ottobre 2006

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato - Dichiarazione di
  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  da  un  parlamentare -
  Ricorso  della  Corte di appello di Milano, seconda sezione civile,
  nei  confronti  della  Camera dei deputati - Conflitto non proposto
  dal   giudice  di  primo  grado  -  Eccepita  inammissibilita'  del
  conflitto - Reiezione.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 26 gennaio 2000.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
Conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato - Deliberazione di
  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  da  un  parlamentare -
  Ricorso  della  Corte di appello di Milano, seconda sezione civile,
  nei confronti della Camera dei deputati - Eccepita inammissibilita'
  del conflitto per carente esposizione delle ragioni del conflitto e
  per  omessa riproduzione delle frasi oggetto della deliberazione di
  insindacabilita'  -  Allegazione  al  ricorso della relazione della
  Giunta   per   le   autorizzazioni  a  procedere  -  Sufficienza  -
  Affermazione   della   insussistenza   del   nesso   funzionale   -
  Integrazione  del  requisito  della  esposizione  delle ragioni del
  conflitto - Configurabilita' - Reiezione dell'eccezione.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 26 gennaio 2000.
- Costituzione,  art. 68,  primo  comma;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37;  norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
  costituzionale, art. 26.
Conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato - Deliberazione di
  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  da  un  parlamentare -
  Sopravvenienza   della   legge   n. 140  del  2003,  di  attuazione
  dell'art. 68,  Cost.  -  Ritenuta  necessita'  di nuova valutazione
  della  perdurante  sussistenza dei presupposti per l'elevazione del
  conflitto - Reiezione.
Parlamento - Immunita' parlamentari - Dichiarazioni rese nel corso di
  una   conferenza  stampa  da  un  deputato  nei  confronti  di  una
  giornalista  -  Giudizio  civile  per  il  risarcimento  del  danno
  promosso   nei   confronti  del  parlamentare  -  Deliberazione  di
  insindacabilita'   della   Camera   dei  deputati  -  Conflitto  di
  attribuzione  sollevato  dalla  Corte di appello di Milano, seconda
  sezione  civile  -  Insussistenza del nesso funzionale tra opinioni
  espresse   ed   attivita'   parlamentare  -  Rilevanza  degli  atti
  parlamentari  tipici  successivi  alle  dichiarazioni oggetto della
  deliberazione  di  insindacabilita'  o  da  parlamentari  diversi -
  Esclusione  - Non spettanza alla Camera dei deputati della potesta'
  esercitata - Annullamento della delibera di insindacabilita'.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 26 gennaio 2000.
- Costituzione, art. 68, primo comma.
(GU n.43 del 25-10-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria  FLICK, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
26 gennaio   2000,  relativa  alla  insindacabilita'  delle  opinioni
espresse dal deputato Umberto Bossi nei confronti di Ersilia Carbone,
promosso  con  ricorso  della  Corte  di  appello  di Milano, sezione
seconda   civile,   notificato   il  25  giugno 2003,  depositato  in
cancelleria  il  15 luglio  2003  ed  iscritto  al n. 27 del registro
conflitti 2003.
    Visto l'atto di costituzione della Camera dei deputati;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20  giugno 2006  il  giudice
relatore Giuseppe Tesauro;
    Udito l'avvocato Roberto Nania per la Camera dei deputati.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso del 24 aprile - 7 maggio 2002, pervenuto alla
cancelleria  della  Corte il successivo 9 maggio, la Corte di appello
di   Milano,  sezione  seconda  civile,  ha  sollevato  conflitto  di
attribuzione  nei  confronti  della Camera dei deputati, in relazione
alla  deliberazione  adottata  dall'Assemblea,  in  conformita'  alla
proposta  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere  (doc.
IV-quater,  n. 102),  nella  seduta  del  26 gennaio 2000, secondo la
quale  le  dichiarazioni  del  deputato  Umberto  Bossi,  oggetto del
procedimento  civile  per  risarcimento  danni  promosso  da  Ersilia
Carbone,  concernono  opinioni  espresse  da un membro del Parlamento
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  ai  sensi  dell'art. 68, primo
comma, della Costituzione.
    1.1.  -  La ricorrente riferisce di essere investita dell'appello
proposto  dal  deputato  Umberto Bossi avverso la sentenza con cui il
Tribunale  di  Milano  lo  ha  condannato  al  risarcimento dei danni
cagionati  all'onore  della  giornalista  Ersilia  Carbone, con frasi
pronunciate il 16 settembre 1996 durante una conferenza stampa presso
la sede della Lega Nord di Milano.
    L'appellante  ha  dedotto,  tra  l'altro, che il giudice di primo
grado,  cui  la  deliberazione  di  insindacabilita' della Camera dei
deputati   era   stata   ritualmente   comunicata,   avrebbe   dovuto
uniformarvisi,  salva  la  possibilita'  di  esperire il conflitto di
attribuzione davanti a questa Corte.
    Cio'  premesso,  la  Corte  di appello di Milano assume che nella
specie  difettino i presupposti di applicabilita' dell'art. 68, comma
primo,  della  Costituzione  e che, pertanto, la Camera dei deputati,
con  la  deliberazione  impugnata, abbia illegittimamente interferito
nelle attribuzioni dell'autorita' giudiziaria.
    In   particolare,   non   sussisterebbe   quel  collegamento  con
l'attivita'  parlamentare  indicato  da  questa  Corte,  anche  nelle
sentenze  n. 51 e n. 52 del 2002, quale condizione necessaria ai fini
dell'operativita' della guarentigia dell'insindacabilita' rispetto ad
opinioni manifestate extra moenia.
    Invero,  le  affermazioni  del  deputato  Bossi,  descritte nella
relazione   del   consulente  tecnico  d'ufficio  e  riportate  nella
relazione  della  Giunta  per le autorizzazioni a procedere, rese nel
corso  di  una  conferenza  stampa  presso la sede della Lega Nord di
Milano,  esulerebbero  completamente  dall'esercizio  della  funzione
parlamentare,  consistendo  in  invettive  personali  e contestazioni
specifiche in ordine alla professionalita' della giornalista.
    1.2. - La ricorrente chiede, dunque, alla Corte di dichiarare che
non  spettava  alla  Camera dei deputati deliberare che i fatti per i
quali   pende  l'anzidetto  giudizio  civile  di  risarcimento  danni
concernono   opinioni   espresse   da   un   membro   del  Parlamento
nell'esercizio  delle  sue funzioni e, conseguentemente, di annullare
la deliberazione in tal senso adottata dall'Assemblea.
    2.  -  Il  conflitto e' stato giudicato ammissibile con ordinanza
n. 194 del 2003.
    A cura della Corte di appello di Milano, la predetta ordinanza e'
stata  notificata  alla  Camera  dei  deputati, unitamente al ricorso
introduttivo,  in  data 25 giugno 2003; gli atti sono stati inviati a
mezzo  del  servizio  postale, pervenendo nella cancelleria di questa
Corte il 15 luglio 2003.
    3.  -  Con  atto depositato il 15 luglio 2003 si e' costituita in
giudizio la Camera dei deputati, che ha concluso, in via preliminare,
per la improcedibilita' o inammissibilita' del ricorso.
    3.1.  -  Secondo la difesa della Camera il potere di sollevare il
conflitto di attribuzione si sarebbe consumato con la pronuncia della
sentenza  che ha definito il primo grado del giudizio: la delibera di
insindacabilita'  censurata  e'  stata  adottata  dalla  Assemblea  e
comunicata  all'autorita'  giudiziaria quando il procedimento pendeva
ancora  innanzi  al Tribunale di Milano e la determinazione di questi
di   rinunziare   ad   avvalersi  del  rimedio  offerto  dal  sistema
costituzionale   si   riverberebbe   con   effetto  preclusivo  nelle
successive fasi processuali.
    3.2.  -  In via subordinata, la Camera dei deputati ha chiesto di
dichiarare  l'inammissibilita'  del  ricorso  in relazione all'omessa
indicazione   del  contenuto  delle  dichiarazioni  del  parlamentare
incriminate,  indicazione  non  surrogabile dal rinvio alla relazione
del consulente tecnico d'ufficio e alla relazione della Giunta per le
autorizzazioni,   ovvero  in  relazione  alla  mancata  o  inadeguata
esposizione delle ragioni del conflitto.
    In  particolare, per cio' che attiene a tale ultimo profilo, alla
luce  della  giurisprudenza  della  Corte, la pretesa inesistenza del
nesso  tra  opinioni espresse ed attivita' funzionale non puo' essere
fondata  sulla  mera  constatazione  che  le frasi incriminate furono
enunciate   fuori   della   sede   parlamentare,   ne'  sul  semplice
travalicamento   del   limite  della  continenza,  essendo  piuttosto
necessario  che  il ricorrente chiarisca compiutamente le ragioni per
cui  ritiene  che  nelle  frasi  considerate non sia individuabile un
intento divulgativo di precedente attivita' parlamentare.
    3.3.    -   Ulteriore   ragione   di   inammissibilita'   sarebbe
rappresentata  dalla  sopravvenienza,  nelle more del giudizio, della
legge   20   giugno 2003,   n. 140   (Disposizioni  per  l'attuazione
dell'art. 68 della Costituzione nonche' in materia di processi penali
nei  confronti  della  alte  cariche  dello  Stato),  il  cui art. 3,
comma 1,  avrebbe  introdotto  nuovi criteri di valutazione in ordine
alla   estensione   della   garanzia   dell'insindacabilita'  e  alla
ponderazione  del  collegamento  tra  dichiarazioni  extra  moenia ed
attivita' parlamentare.
    3.4.  -  Nel merito, la parte costituita ha chiesto alla Corte di
dichiarare  l'infondatezza  del ricorso, evidenziando come proprio la
fisionomia  del  luogo  «esterno»  nel  cui  ambito  sarebbero  state
espresse   le   opinioni  deponga  a  favore  della  riconducibilita'
all'attivita' politico-parlamentare.
    Infatti,  la  conferenza  stampa era stata organizzata dalla Lega
Nord,  presso  la  sede  del  partito,  a  fini  di  divulgazione  di
iniziative  - in specie la manifestazione sul fiume Po, preludio alla
costituzione del cd. «governo della Padania» - assunte intorno a temi
da  sempre  al  centro  dell'azione  politica  del  partito e del suo
Segretario,   nonche'  oggetto  di  specifico  dibattito  nella  sede
parlamentare  (si vedano, le interrogazioni n. 3/240 del 19 settembre
1996 e n. 4/9418 del 28 aprile 1997, nonche' l'interpellanza n. 2/978
del 18 marzo 1998).
    Quanto  alle  frasi  rivolte  alla  giornalista, come esattamente
osservato  nella  delibera  di  insindacabilita', l'on. Bossi avrebbe
inteso  fornire  una  risposta  di  carattere politico ad un attacco,
altrettanto  politico,  che,  a  suo  giudizio,  gli  proveniva dalla
stampa,  in  relazione  alla  diffusione  di  dati  inesatti circa la
manifestazione sul fiume Po, sulla quale la conferenza verteva.
    Le  preoccupazioni  manifestate  dall'on.  Bossi  in  ordine alla
gestione del sistema dell'informazione pubblica troverebbero puntuale
riscontro  in  atti  tipici  posti  in essere nella sede parlamentare
(specificamente, le interpellanze n. 2/45 del 5 luglio 1994, n. 2/272
del  25 ottobre  1994,  n. 2/327  del  4  giugno 1997,  n. 2/462  del
23 dicembre  1997;  le  interrogazioni  n. 4/36  del  21 aprile 1994,
n. 4/991  del 21 luglio 1994, n. 4/1763 del 14 ottobre 1994, n. 3/386
del  14 dicembre 1994, n. 4/4131 del 27 aprile 1995, n. 4/1196 del 20
giugno 1996,  n. 2/2884 dell'8 agosto 1996, n. 4/15021 del 21 gennaio
1998,  n. 4/11071 del 26 maggio 1998, n. 4/25871 del 1° ottobre 1999,
n. 3RI/4466 del 19 ottobre 1999).
    La  difesa della Camera ha richiamato, inoltre, le interrogazioni
n. 2/391  del  10 febbraio  1997,  n. 4/8845  del  10 dicembre  1997,
n. 3/114  del  21 maggio  1997,  n. 3RI/1085  del  15 marzo  1997,  a
dimostrazione  della particolare attenzione riservata dal gruppo Lega
Nord  alle  esigenze  della popolazione allocata nella cd. Padania e,
piu'   in   generale,  ad  illustrazione  delle  finalita'  al  tempo
perseguite  dal partito «nonostante le interferenze anche di apparati
pubblici».
    4.   -   In  prossimita'  dell'udienza  la  parte  costituita  ha
depositato  una  memoria,  nella  quale  ha  ribadito le eccezioni di
inammissibilita' e improcedibilita' precedentemente svolte.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  conflitto  di  attribuzione  sollevato  dalla Corte di
appello di Milano, sezione seconda civile, nei confronti della Camera
dei  deputati  investe  la  deliberazione  con cui l'Assemblea, nella
seduta  del  26 gennaio  2000  (doc.  IV-quater  n. 102), su conforme
proposta   della   Giunta  per  le  autorizzazioni  a  procedere,  ha
dichiarato,  a  norma  dell'art. 68, primo comma, della Costituzione,
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse dal parlamentare Umberto
Bossi il 16 settembre 1996, nel corso di una conferenza stampa presso
la  sede  della  Lega  Nord,  in  ordine alle quali pende il giudizio
civile  per  risarcimento  danni  promosso  dalla giornalista Ersilia
Carbone.
    La conferenza stampa concerneva una manifestazione lungo il fiume
Po,  preludio  alla  costituzione del cd. «governo della Padania»; il
deputato,  alla  giornalista  che  gli  domandava  se  nell'occasione
avessero  dato  il  voto  anche i bambini, rispondeva: «Guardi che la
nazione  padana  non ha molta tolleranza per chi viene dal di fuori a
sporcare  la  nostra  gente. Stia attenta all'onesta'...ha capito? Ma
che giornale radio, cosa vuole giornaleradiare. Lei e' li' per motivi
politici,  perche'  ha trovato la via giusta che l'ha portata li'. E'
una leccapiedi del sistema e non e' arrivata certo perche' era brava,
ma  perche'  ha  trafficato per arrivare li'. Si vergogni, stia zitta
[...]».
    2.  -  Il ricorso e' stato dichiarato ammissibile con l'ordinanza
n. 194 del 2003, ritualmente notificata e depositata.
    3.  -  La  Camera dei deputati ha eccepito, in linea preliminare,
l'improcedibilita' o l'inammissibilita' del ricorso.
    3.1  -  Secondo  la difesa della Camera il potere di sollevare il
conflitto  si  sarebbe  consumato  con la pronuncia della sentenza di
condanna   da   parte  del  giudice  di  primo  grado,  al  quale  la
deliberazione di insindacabilita' era stata comunicata.
    L'eccezione  non  e'  fondata, in quanto il giudice d'appello, in
forza dell'effetto devolutivo dell'impugnazione, puo' affrontare ogni
questione  non  preclusa che ritenga rilevante ai fini del decidere e
la  legge  11 marzo  1953,  n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e sul
funzionamento  della  Corte  costituzionale)  non fissa alcun termine
decadenziale  per  la  proposizione  del ricorso (sentenze n. 235 del
2005, n. 116 del 2003).
    3.2  -  In via subordinata, la Camera dei deputati ha prospettato
una  carente  esposizione  delle  ragioni  del  conflitto,  anche  in
relazione  alla  omessa  riproduzione  delle  frasi  pronunciate  dal
parlamentare.
    Neppure tale eccezione e' fondata.
    E' ben vero che nell'atto introduttivo le dichiarazioni in ordine
alle  quali  pende  il  giudizio  civile  non  sono riportate in modo
testuale  e che, a colmare la lacuna, non possono soccorrere gli atti
del  procedimento irritualmente trasmessi dal Tribunale. Tuttavia, la
Corte  di  appello  di Milano, sul punto, ha fatto esplicito richiamo
alla relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ove si
rinviene  l'integrale  descrizione  delle  opinioni  manifestate  dal
deputato; tale documento e' allegato al ricorso.
    A  tal proposito, proprio nell'ordinanza n. 129 del 2005, evocata
dalla  Camera  a sostegno della doglianza, questa Corte, come gia' in
altra occasione (ordinanza n. 264 del 2000), ha affermato che «e' nel
solo  atto  introduttivo e negli eventuali documenti ad esso allegati
che  devono  essere rinvenuti gli elementi identificativi della causa
petendi  e  del  petitum  relativi  al  conflitto di attribuzione tra
poteri dello Stato».
    Inoltre,  ai  sensi  dell'art. 26  delle  norme integrative per i
giudizi   davanti  alla  Corte  costituzionale,  il  ricorso  di  cui
all'art. 37   della   legge  11 marzo  1953,  n. 87,  deve  contenere
l'esposizione sommaria delle ragioni di conflitto.
    La  ricorrente,  una  volta  enucleato  il  caso concreto, con il
riferimento  al  contesto  in  cui  la  vicenda si e' consumata ed al
carattere meramente denigratorio delle dichiarazioni riprodotte nella
relazione  della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha escluso
la  sussistenza  del nesso funzionale. A conforto di tale assunto, ha
citato talune delle pronunce di questa Corte in cui si trova ribadito
che  la  garanzia costituzionale dell'insindacabilita' opera solo per
quelle    manifestazioni   verbali   che,   stante   la   sostanziale
corrispondenza   di   significato,   rappresentino   la  divulgazione
all'esterno    di    un'opinione    gia'    espressa   nell'esercizio
dell'attivita' parlamentare.
    Ne   consegue  che  l'atto  introduttivo  contiene  gli  elementi
indispensabili  per  l'identificazione  della causa petendi. In senso
opposto,  non  puo' sostenersi, come vorrebbe la Camera, che la Corte
di  appello  di  Milano  ha  omesso  di  motivare compiutamente circa
l'inesistenza   dell'intento   divulgativo  di  precedente  attivita'
parlamentare,  tanto piu' che ne' nella delibera di insindacabilita',
ne' nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere e'
fatta menzione di atti tipici compiuti dal deputato rispetto ai quali
si sarebbe potuto operare una verifica.
    3.3   -   In   relazione,   infine,  al  rilievo  concernente  la
sopravvenienza,  nelle  more del giudizio, della legge 20 giugno 2003
n. 140 (Disposizioni per l'attuazione dell'art. 68 della Costituzione
nonche'  in  materia  di  processi  penali  nei  confronti della alte
cariche  dello  Stato)  e  la conseguente necessita' di permettere al
giudice   una   nuova   valutazione  in  ordine  alla  esistenza  dei
presupposti  per l'elevazione del conflitto, e' sufficiente osservare
che,  contrariamente  all'assunto  della  difesa di parte costituita,
l'art. 3,  comma 1, della medesima legge non ha carattere innovativo:
gia'  questa  Corte ha affermato che, nonostante la nuova, piu' ampia
formulazione  lessicale, la norma costituisce attuazione del disposto
dell'art. 68 della Costituzione (sentenze n. 235 del 2005, n. 120 del
2004).
    4. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    La  Corte  e'  chiamata  ad accertare se le frasi pronunciate dal
deputato  durante  la  conferenza  stampa  presso la sede del partito
costituiscano   opinioni   espresse   nell'esercizio  della  funzione
parlamentare  e siano, pertanto, riconducibili alla previsione di cui
all'art. 68, primo comma, della Costituzione.
    Al  riguardo,  e' consolidato l'orientamento della giurisprudenza
di  questa  Corte,  secondo  cui, ai fini della sussistenza del nesso
funzionale,  non  basta  che  le  dichiarazioni  rese extra moenia si
inseriscano   in   un  contesto  genericamente  politico,  occorrendo
piuttosto  che  le  dichiarazioni stesse costituiscano, in ragione di
una  identita'  sostanziale di contenuto, la riproduzione all'esterno
di  attivita'  svolte nella qualita' di membro delle Camere (sentenze
n. 260 del 2006, n. 10 e n. 11 del 2000).
    Nella relazione della Giunta per le autorizzazioni a procedere e'
chiaramente  esposto  che la proposta favorevole all'insindacabilita'
«e'   fondata   sulla  considerazione  del  contesto  complessivo  di
carattere  politico-parlamentare,  nell'ambito  del  quale i fatti si
sono  svolti».  Secondo la Giunta, infatti, il deputato, «con frasi e
con toni provocatori, certamente non condivisibili per quanto attiene
alla  forma,  intendeva fornire una risposta di carattere politico ad
un  attacco  altrettanto  politico,  che a suo giudizio gli proveniva
dalla  stampa nel suo complesso, nel momento in cui la medesima aveva
diffuso   dati  a  suo  giudizio  inesatti  con  riferimento  ad  una
manifestazione  di estrema importanza per il movimento politico [...]
atteso  che «l'indipendenza della Padania» costituisce a tal punto un
fine del movimento che a lui fa capo da figurare addirittura nel nome
del relativo gruppo parlamentare».
    Siffatte  argomentazioni,  fatte  proprie  dall'Assemblea  con la
deliberazione  impugnata,  non sono condivisibili. L'intento politico
delle  espressioni  incriminate  e  la collocazione del tema trattato
durante  la  conferenza stampa nel novero delle finalita' del partito
di   appartenenza   del  deputato,  in  virtu'  del  principio  sopra
richiamato,  sono  elementi  estranei  all'oggetto  delle guarentigie
parlamentari   ed   attengono   piuttosto   alla   verifica,  rimessa
all'autorita'  giudiziaria,  della  compatibilita'  con  i limiti del
diritto di critica politica.
    Peraltro,  questa  Corte  ha  ripetutamente chiarito che il nesso
funzionale  non  puo'  risolversi  in un generico collegamento con un
contesto politico indeterminabile, del tutto avulso dall'esercizio di
funzioni    parlamentari   suscettibili   di   essere   concretamente
individuate (sentenza n. 137 del 2001).
    Neppure  negli  atti  ispettivi evocati dalla difesa della Camera
dei   deputati   e'   rintracciabile   un   valido  fondamento  della
declaratoria di insindacabilita'.
    Gli  atti  di  funzione posteriori allo svolgimento dei fatti non
hanno rilievo ai fini del presente giudizio (sentenze n. 258 e n. 260
del  2006,  n. 347  del  2004).  Ne'  un  tal  rilievo hanno gli atti
attribuibili  a  deputati  diversi  dall'autore  delle  esternazioni,
seppur  appartenenti al medesimo gruppo parlamentare (sentenze n. 249
e 260 del 2006).
    L'unica  interpellanza  presentata  dall'onorevole  Bossi  in  un
momento  anteriore  alla  manifestazione  delle opinioni in questione
(n. 2/272  del  25 ottobre  1994)  riguarda,  in termini generali, la
gestione  del  sistema  dell'informazione  pubblica e le modalita' di
nomina  dei  direttori  di  rete  della  RAI,  ma  non  mostra alcuna
corrispondenza  di contenuto rispetto alle espressioni specificamente
rivolte dal deputato alla giornalista.
    5.  -  Si  deve, pertanto, concludere che la Camera dei deputati,
nel   valutare   l'insindacabilita'   delle   opinioni   oggetto  del
procedimento civile pendente innanzi alla Corte di appello di Milano,
ha  violato  l'art. 68, primo comma, della Costituzione, interferendo
illegittimamente  nelle  attribuzioni  dell'autorita' giudiziaria. Ne
consegue  che deve essere disposto l'annullamento della deliberazione
oggetto del conflitto.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che non spettava alla Camera dei deputati deliberare, a
norma     dell'art. 68,     primo    comma,    della    Costituzione,
l'insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  dal  deputato  Umberto
Bossi,  per  le  quali  e'  in corso davanti alla Corte di appello di
Milano il giudizio civile indicato in epigrafe;
    Annulla,  per  l'effetto,  la  deliberazione  di insindacabilita'
adottata  dalla  Camera dei deputati nella seduta del 26 gennaio 2000
(doc. IV-quater, n. 102).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Tesauro
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 ottobre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C0895