N. 333 SENTENZA 11 - 19 ottobre 2006

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Enti.

Stupefacenti  e  sostanze psicotrope - Decreto del Vicepresidente del
  Consiglio   dei   ministri   concernente   le  linee  di  indirizzo
  amministrativo   in   tema  di  promozione  e  coordinamento  delle
  politiche,   per  prevenire  e  contrastare  il  diffondersi  delle
  tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate - Conflitto di
  attribuzione  sollevato  dalla Regione Umbria - Denunciato indebito
  esercizio  della  funzione  statale di indirizzo e coordinamento in
  materia   di   competenza  regionale  e  del  potere  di  controllo
  sull'attivita'   delle   Regioni   -  Sopravvenuta  modifica  della
  legislazione  statale  e  abrogazione  della  norma  istitutiva del
  Dipartimento   nazionale   per  le  politiche  antidroga  incidenti
  sull'oggetto  del  conflitto  -  Difetto  di interesse al ricorso -
  Inammissibilita' del conflitto.
- Decreto del Vicepresidente del Consiglio dei ministri del 31 maggio
  2004.
- Costituzione, artt. 114, 117, secondo, terzo e quarto comma, e 118.
(GU n.43 del 25-10-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito degli
artt. 2,  comma 1, lettere a), b), f) e i), e 3, comma 1, lettera g),
del  decreto  del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio
2004  (Linee  di  indirizzo  amministrativo  in  tema di promozione e
coordinamento   delle  politiche,  per  prevenire  e  contrastare  il
diffondersi   delle   tossicodipendenze   e   delle  alcooldipendenze
correlate),  promosso con ricorso della Regione Umbria, notificato il
3 agosto 2004, depositato in cancelleria il 7 agosto 2004 ed iscritto
al n. 12 del registro conflitti del 2004;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2006 il giudice relatore
Gaetano Silvestri;
    Uditi  l'avvocato  Giovanni  Tarantino  per  la  Regione Umbria e
l'avvocato  dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio
dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso,  notificato il 3 agosto 2004 e depositato il
7 agosto  2004,  la  Regione  Umbria,  in  persona del Presidente pro
tempore,  ha  proposto  conflitto  di  attribuzione nei confronti del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri in relazione al decreto del
Vicepresidente  del  Consiglio  dei ministri 31 maggio 2004 (Linee di
indirizzo  amministrativo in tema di promozione e coordinamento delle
politiche,   per   prevenire   e  contrastare  il  diffondersi  delle
tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate), per violazione
degli  artt. 114,  117,  secondo,  terzo  e quarto comma, e 118 della
Costituzione.
    1.1.  -  La  ricorrente,  dopo  aver  ricordato  che  il  decreto
impugnato  e'  stato adottato in conformita' alla delega conferita al
Vicepresidente del Consiglio dei ministri dal Presidente dello stesso
organo   con   d.P.C.m.   2 aprile   2004   (Delega  di  funzioni  al
Vicepresidente del Consiglio dei ministri, on. dott. Gianfranco Fini,
in  materia di politiche di contrasto e recupero al diffondersi delle
tossicodipendenze),   ricostruisce   l'evoluzione  normativa  che  ha
portato  all'istituzione  del Dipartimento nazionale per le politiche
antidroga.
    In  particolare,  la  Regione  evidenzia come il d.P.R. 9 ottobre
1990,  n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli
stupefacenti    e    sostanze   psicotrope,   prevenzione,   cura   e
riabilitazione   dei   relativi  stati  di  tossicodipendenza)  abbia
affidato  il  coordinamento  delle  politiche  nazionali per l'azione
antidroga  ad  un comitato interministeriale presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri. Lo stesso d.P.R. n. 309 del 1990 ha, inoltre,
istituito  un  Osservatorio  permanente  che verifica l'andamento del
fenomeno   della   tossicodipendenza,   acquisendo  periodicamente  e
sistematicamente  i  dati  necessari alla definizione delle politiche
nazionali in materia (art. 1, commi 7-11).
    A  questi  organi si e' aggiunto il Dipartimento per le politiche
nazionali   antidroga  che,  originariamente  previsto  dal  d.P.C.m.
15 novembre  2001,  e'  stato  dotato della necessaria organizzazione
interna  con  il d.P.C.m. 15 febbraio 2002. Esso e' stato configurato
come  «struttura  di  missione»  della  Presidenza  del Consiglio dei
ministri,  ai  sensi  dell'art. 7  del  decreto legislativo 30 luglio
1999,   n. 303   (Ordinamento  della  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).
    Il  d.P.C.m. 23 luglio 2002 (Ordinamento delle strutture generali
della   Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri)  ha  ulteriormente
precisato  le  funzioni  del  detto Dipartimento, attribuendogli, tra
l'altro,  i compiti di effettuare le attivita' istruttorie necessarie
ai  fini  dell'esercizio  del potere di indirizzo e coordinamento del
Governo; di predisporre, in applicazione degli indirizzi generali del
Governo, un piano triennale di contrasto alla diffusione del fenomeno
della  droga;  di  verificare  il  rispetto,  da  parte dei Ministeri
interessati  e  degli  altri soggetti pubblici e privati operanti nel
settore,  delle  linee  guida  e  degli obiettivi previsti dal Piano,
nonche'  di  ogni  ulteriore  provvedimento del Governo in materia di
recupero dei tossicodipendenti, sia per l'utilizzazione delle risorse
finanziarie che per l'attuazione degli interventi (art. 36).
    Nella  ricostruzione  dell'evoluzione  normativa  in  materia  la
ricorrente  si  sofferma,  poi,  sull'art. 3,  comma 83,  della legge
24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2004), che ha
introdotto  l'art. 6-bis  nel  testo  del d.lgs. n. 303 del 1999. Con
questa  norma  e'  stata  prevista  in  via permanente l'istituzione,
nell'ambito   della   Presidenza   del   Consiglio,  di  un  apposito
Dipartimento per il coordinamento delle politiche antidroga, al quale
«sono   trasferite  le  risorse  finanziarie,  strumentali  ed  umane
connesse   allo  svolgimento  delle  competenze  gia'  attribuite  al
Dipartimento  per  le politiche sociali e previdenziali del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali».
    La Regione Umbria evidenzia, al riguardo, come il citato comma 83
dell'art. 3   abbia   operato  «una  significativa  riduzione»  delle
funzioni   del   Dipartimento,   rispetto  a  quelle  precedentemente
attribuite dal d.P.C.m. 23 luglio 2002. A suo dire, si e' trattato di
«una  scelta  evidentemente  dettata  dalla necessita' di adeguare il
ruolo  ed  i compiti di tale struttura al mutato quadro istituzionale
dei rapporti tra lo Stato e le Regioni, a seguito della revisione del
Titolo  V  della Costituzione, con specifico riferimento alle materie
della tutela della salute e dell'assistenza sociale».
    Con   il  d.P.C.m.  15 marzo  2004  e'  soppressa  la  precedente
struttura  di  missione ed il Dipartimento nazionale per le politiche
antidroga  diviene una struttura generale permanente della Presidenza
del  Consiglio  dei ministri. Con il d.P.C.m., citato da ultimo, sono
mantenute in capo al Dipartimento le funzioni gia' conferitegli dalla
legge  n. 350  del  2003,  mentre  e' abrogato l'art. 36 del d.P.C.m.
23 luglio 2002.
    Infine,  la  ricorrente ricorda che con il d.P.C.m. 2 aprile 2004
sono  state delegate al Vicepresidente del Consiglio dei ministri «le
funzioni relative alla promozione ed al coordinamento delle politiche
per   prevenire,   monitorare  e  contrastare  il  diffondersi  delle
tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate».
    E'  proprio  in attuazione di questa delega che il Vicepresidente
del  Consiglio  ha  dettato,  con  proprio decreto 31 maggio 2004, le
«Linee   di   indirizzo   amministrativo  in  tema  di  promozione  e
coordinamento   delle  politiche,  per  prevenire  e  contrastare  il
diffondersi   delle   tossicodipendenze   e   delle  alcooldipendenze
correlate».
    1.2.   -  Passando  all'esposizione  delle  ragioni  dell'odierno
conflitto,  la  Regione  Umbria  sottolinea, in via generale, come il
Vicepresidente  non  si  sia  limitato  ad  individuare  le priorita'
politiche  e a definire gli indirizzi in materia, ma abbia provveduto
a  «ridefinire  integralmente  le funzione del Dipartimento nazionale
per  le  politiche  antidroga,  estendendone  i  compiti al di la' di
quanto  espressamente previsto dalla legge finanziaria e recuperando,
a   tal  fine,  funzioni  gia'  previste  dall'art. 36  del  d.P.C.m.
23 luglio 2002, espressamente abrogato dal d.P.C.m. 15 marzo 2004».
    Per  questo motivo, la difesa regionale ritiene che il decreto in
parola  sia  «gravemente  lesivo  delle  attribuzioni  garantite alle
Regioni  dal nuovo sistema costituzionale di riparto delle competenze
[...]  introdotto  con la revisione del Titolo V della Costituzione».
In  particolare,  la  ricorrente  rileva  come «l'attuale assetto dei
poteri   statali   nei   confronti   delle   Regioni  [sia]  ispirato
dall'intento  di eliminare tutti quegli istituti che meglio esprimono
un  rapporto  di  subordinazione  delle  Regioni,  quali  la funzione
statale  di  indirizzo  e  coordinamento e la previsione di controlli
sugli  atti  regionali».  Inoltre, i compiti affidati al Dipartimento
riguarderebbero l'esercizio di funzioni normative e amministrative in
ambiti  materiali di competenza delle Regioni: la tutela della salute
e  l'assistenza  sociale;  in  queste materie, allo Stato spetterebbe
soltanto la determinazione dei principi fondamentali, nel primo caso,
e   dei  livelli  essenziali  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma,
lettera m),   Cost.,   nel  secondo.  Competerebbe,  invece,  in  via
esclusiva  allo  Stato la lotta alla tossicodipendenza, limitatamente
ai profili concernenti la tutela dell'ordine pubblico.
    1.3.  -  In  merito  alle singole censure, la ricorrente ritiene,
innanzitutto,  che  le  disposizioni  di  cui  alle  lettere a)  e b)
dell'art. 2, comma 1, si pongano in contrasto con gli artt. 114, 117,
terzo e quarto comma, e 118 Cost. Le norme impugnate stabiliscono che
il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga ha, tra l'altro,
il  compito  di  «a) assicurare il necessario supporto amministrativo
alla  funzione di indirizzo e coordinamento del Comitato nazionale di
coordinamento   per  l'azione  antidroga»  e  di  «b)  effettuare  le
attivita' istruttorie necessarie ai fini dell'esercizio del potere di
indirizzo e coordinamento del Governo».
    La  Regione  Umbria, richiamando l'art. 8, comma 6, della legge 5
giugno 2003,  n. 131 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento
della  Repubblica  alla  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),
afferma  che  «il  Governo  non  ha  piu'  titolo all'esercizio della
funzione  di  indirizzo  e  coordinamento»,  in  quanto  si tratta di
materie  di cui al terzo e al quarto comma dell'art. 117 Cost. Ne', a
suo  dire,  tale titolo potrebbe ravvisarsi nelle disposizioni di cui
al   d.P.R.   n. 309   del   1990   che  fanno  espresso  riferimento
all'esercizio  da  parte  del  Governo  della funzione di indirizzo e
coordinamento. Esse, infatti, sarebbero «venute meno» a seguito della
citata  legge n. 131 del 2003, nonche' della sentenza n. 329 del 2003
di questa Corte.
    1.4.  -  Un  secondo  oggetto  di  censura  viene ravvisato dalla
ricorrente  nell'art. 2,  comma 1,  lettera f), del decreto in esame,
la'  dove  dispone  che  e' compito del Dipartimento nazionale per le
politiche  antidroga  «predisporre,  in  applicazione degli indirizzi
generali del Governo, un Piano di interventi pluriennale di contrasto
alla  diffusione del fenomeno della droga, nonche' ulteriori proposte
e   piani   operativi»;   unitamente  a  questa  viene  impugnata  la
statuizione   di   cui  alla  lettera g)  dell'art. 3,  comma 1,  che
individua,  fra  gli  obiettivi  che  il  Dipartimento avrebbe dovuto
conseguire  nel  2004,  l'aggiornamento  del  Piano  nazionale  degli
interventi  di  cui  sopra,  «anche  sulla  base dei contributi delle
regioni e del privato sociale».
    Al  riguardo,  la  Regione  Umbria  obietta  che si tratta di «un
potere   generale   di  pianificazione  che  limita  le  attribuzioni
generali,  senza essere sorretto da alcun fondamento normativo, visto
che  il  d.P.R.  n. 309 del 1990 non contiene nessuna disposizione in
materia».  Piu'  precisamente si tratterebbe di «funzioni e finalita'
che  riguardano  la  generalita'  delle  politiche antidroga e quindi
tutti  gli aspetti concernenti la materia della tutela della salute e
l'assistenza  sociale,  di  competenza  delle  Regioni ai sensi degli
artt. 117,  terzo  e  quarto  comma». In proposito, la ricorrente non
nega  che  lo  Stato  possa intervenire in materia, sia pure solo per
«individuare   i   principi  fondamentali  (tutela  della  salute)  e
determinare  i  livelli  essenziali  delle  prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali (tutela della salute e assistenza sociale)».
    D'altra   parte,  aggiunge  la  Regione,  l'attribuzione  di  una
siffatta  funzione  di  pianificazione  generale  non e' disposta con
legge  secondo  le  procedure  e  nel rispetto del principio di leale
collaborazione,  come  indicato da questa Corte nella sentenza n. 303
del  2003.  Le disposizioni censurate, infatti, non specificherebbero
«in  quale  misura l'esercizio di tali compiti garantisca il rispetto
delle   prerogative  e  competenze  regionali,  che  potrebbe  essere
assicurato  solo  da  un'azione  concertativa  mediante  lo strumento
dell'intesa».
    1.5.  -  Viene,  infine, censurato l'art. 2, comma 1, lettera i),
del decreto, che assegna al Dipartimento il compito di «verificare il
rispetto,  da  parte  delle  amministrazioni dello Stato competenti e
degli  altri  soggetti pubblici e privati operanti nel settore, delle
indicazioni  previste  dal  Piano  di  interventi e da ogni ulteriore
provvedimento    del    Governo    in   materia   di   recupero   dei
tossicodipendenti, sia per l'utilizzazione delle risorse finanziarie,
sia per l'attuazione degli interventi».
    La   statuizione  in  parola  e'  impugnata  in  quanto  ritenuta
esorbitante  dalle  competenze dello Stato, innanzitutto perche', non
spettando  a  quest'ultimo  la competenza di carattere pianificatorio
nelle  materie  in  esame, non potrebbe essergli riconosciuta neanche
quella di esercitare poteri di controllo.
    Piu'  in  generale,  lo  Stato,  in  ossequio  alla pari dignita'
istituzionale  riconosciuta  dal  nuovo  testo  dell'art. 114 Cost. a
tutti gli enti costitutivi della Repubblica, non avrebbe alcun titolo
a  svolgere  controlli  sugli atti delle Regioni. Ne', d'altra parte,
potrebbe  giustificarsi  un  intervento sostitutivo del Governo al di
fuori  dei  casi  di cui all'art. 120 Cost. e senza il rispetto delle
procedure  espressamente  individuate  dall'art. 8 della legge n. 131
del 2003.
    A  detta  della  difesa  regionale,  la  previsione  di  cui alla
lettera i)  sarebbe  in contrasto con gli artt. 117 e 118 Cost. anche
con riferimento al potere di verifica del rispetto di «ogni ulteriore
provvedimento    del    Governo    in   materia   di   recupero   dei
tossicodipendenti». Infatti, trattandosi di interventi «senz'altro da
ricondurre    alla    materia    dell'assistenza    sociale»,    essi
costituirebbero  una  «parte fondamentale dei compiti delle Regioni»,
spettando  allo  Stato  solo la determinazione dei livelli essenziali
delle  prestazioni concernenti i diritti sociali inerenti al recupero
dei tossicodipendenti.
    1.6.  -  Per  le ragioni suesposte la Regione chiede che la Corte
dichiari  che  non  spettava  allo  Stato,  attraverso  la  struttura
organizzativa  del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga,
l'esercizio  dei  compiti  e  delle  funzioni  previste  nell'art. 2,
comma 1, lettere a), b), f) e i), e nell'art. 3, comma 1, lettera g),
del  decreto  del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio
2004, richiamato in premessa; la ricorrente chiede altresi' che venga
annullato  lo  stesso  nelle  parti  sopra  indicate  e per i profili
evidenziati nel ricorso.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, chiedendo che il ricorso sia rigettato in quanto infondato.
    Secondo   la   difesa   erariale   il   provvedimento   impugnato
disciplinerebbe  l'organizzazione  interna del Dipartimento nazionale
per  le  politiche antidroga, determinandone i compiti in conformita'
alla  delega  conferita  al  Vicepresidente  del  Consiglio. A questo
proposito,   il  resistente  rileva  che  l'elencazione  dei  compiti
affidati  al  Dipartimento  costituirebbe solo «una esemplificazione»
delle competenze gia' attribuite alla predetta struttura e «non gia',
come  evocato  dalla  ricorrente, una nuova allocazione di funzioni e
compiti  ai  sensi  dell'art. 118 della Costituzione ne', tanto meno,
una  diversa attribuzione di competenze rispetto al riparto delineato
dall'art. 117   della   Costituzione».   D'altra  parte,  osserva  il
Presidente  del  Consiglio,  il  provvedimento impugnato non potrebbe
rappresentare  uno  strumento  idoneo  per  il  conferimento di nuove
funzioni amministrative.
    Piu'   in   generale,  la  difesa  dello  Stato  sottolinea  come
l'attivita' di coordinamento, che il detto Dipartimento e' chiamato a
svolgere,   riguardi   pur   sempre   «azioni  gia'  attribuite  alle
amministrazioni dello Stato competenti».
    Il   resistente  conclude  rilevando  che  il  decreto  impugnato
contemplerebbe,  inoltre,  «un'attivita'  di  collaborazione  con  le
Regioni  nel  settore della prevenzione» e soprattutto espliciterebbe
«la  competenza  esclusiva dello Stato nelle attivita' concernenti la
lotta  alla  tossicodipendenza sotto il profilo riguardante la tutela
dell'ordine pubblico e della sicurezza».
    3.  - In prossimita' dell'udienza la Regione Umbria ha depositato
una  memoria  con  la quale insiste nella richiesta dell'accoglimento
delle conclusioni formulate nel ricorso.
    In  particolare,  la ricorrente contesta le argomentazioni svolte
dalla  difesa  erariale  nell'atto  di costituzione, ribadendo che il
decreto   impugnato   «ridefinisce   integralmente  le  funzioni  del
Dipartimento  nazionale  per  le  politiche antidroga, estendendone i
compiti  al  di  la'  di  quanto  espressamente  previsto dalla legge
[n. 350  del  2003] e recuperando, a tal fine, funzioni gia' previste
dall'art. 36  del d.P.C.m. 23 luglio 2002, espressamente abrogato dal
d.P.C.m. 15 marzo 2004».
    La difesa regionale, dopo aver ripreso molte delle argomentazioni
gia'  svolte  nel ricorso, pone a confronto le funzioni attribuite al
Dipartimento  dall'art. 6-bis  del  d.lgs.  n. 303  del 1999 e quelle
previste  nel  decreto  impugnato,  notando  come risulti «fin troppo
evidente che esse sono state notevolmente ampliate».
    Infine,   la   Regione  conclude  rilevando  l'impossibilita'  di
ricondurre  tutte  le  funzioni  elencate  nel  decreto  alla materia
dell'ordine  pubblico e sicurezza, trattandosi piuttosto di attivita'
funzionali alla tutela della salute.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  ricorso  notificato  il 3 agosto 2004 e depositato il
7 agosto  2004,  la  Regione  Umbria,  in  persona del Presidente pro
tempore,  ha  proposto  conflitto  di  attribuzione nei confronti del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  in  relazione  all'art. 2,
comma 1, lettere a), b), f) e i), ed all'art. 3, comma 1, lettera g),
del  decreto  del Vicepresidente del Consiglio dei ministri 31 maggio
2004  (Linee  di  indirizzo  amministrativo  in  tema di promozione e
coordinamento   delle  politiche,  per  prevenire  e  contrastare  il
diffondersi   delle   tossicodipendenze   e   delle  alcooldipendenze
correlate),  per  violazione  degli  artt. 114, 117, secondo, terzo e
quarto comma, e 118 della Costituzione.
    2.  -  Successivamente  alla  proposizione  del  ricorso e' stata
emanata  la  legge  17 luglio 2006, n. 233 (Conversione in legge, con
modificazioni,  del  decreto-legge  18 maggio  2006,  n. 181, recante
disposizioni  urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della
Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  e dei Ministeri. Delega al
Governo  per  il  coordinamento  delle  disposizioni  in  materia  di
funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri
e  dei  Ministeri),  la quale, modificando il comma 6 dell'art. 1 del
decreto-legge   convertito,   ha   cosi'   previsto:  «Sono  altresi'
trasferiti  al  Ministero della solidarieta' sociale, con le inerenti
risorse  finanziarie  e  con  l'Osservatorio per il disagio giovanile
legato  alle  tossicodipendenze  di  cui al comma 556 dell'articolo 1
della  legge  23 dicembre  2005,  n. 266,  i  compiti  in  materia di
politiche  antidroga  attribuiti  alla  Presidenza  del Consiglio dei
Ministri.  L'articolo 6-bis  del  decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 303,  e'  abrogato.  Il  personale in servizio presso il soppresso
dipartimento  nazionale  per le politiche antidroga e' assegnato alle
altre  strutture  della  Presidenza del Consiglio dei ministri, fatto
comunque salvo quanto previsto dall'articolo 12, comma 1, lettera c),
della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni».
    La  legge  n. 233  del  2006,  abrogando  la norma istitutiva del
Dipartimento  nazionale  per  le  politiche antidroga (art. 6-bis del
d.lgs.  n. 303  del  1999),  ha profondamente inciso sull'oggetto del
conflitto che verte sulle attribuzioni del soppresso Dipartimento.
    Ne  consegue  che, a seguito del predetto intervento legislativo,
il  conflitto  in  questione  deve  essere ritenuto inammissibile per
sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  inammissibile  il  conflitto  di attribuzione sollevato
dalla Regione Umbria con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 ottobre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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