N. 436 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2006
Ordinanza emessa il 27 aprile 2006 dal tribunale di Reggio Emilia nel procedimento penale a carico di Saccheggiani Franco Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace - Reati puniti con la sola pena pecuniaria - Termine di prescrizione di tre anni - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto a reati piu' gravi (che godono di tale termine di prescrizione) - Violazione del principio di uguaglianza. - Codice penale, art. 157, comma 1, come sostituito dall'art. 6 della legge 5 dicembre 2005, n. 251. - Costituzione, art. 3.(GU n.1000 del 2-11-2006 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento penale n. 76/06 R.G. nei confronti di Saccheggiani Franco, imputato dei reati di cui agli artt. 594, 612 codice penale, alla pubblica udienza del 27 aprile 2006 ha pronunziato la seguente ordinanza. Nel presente giudizio, instaurato in seguito ad opposizione a decreto penale di condanna, si pone preliminarmente il problema, non essendo stato ancora aperto il dibattimento, di quali siano i termini di prescrizione applicabili ai reati contestati, posto che l'art. 10, legge n. 251/05, rende in tal caso applicabili i nuovi termini di prescrizione - previsti dalla stessa legge - se piu' brevi dei precedenti. Nella specie, i reati per cui si procede sono attualmente di competenza del giudice di pace, e percio' il Tribunale, che ne conosce in forza della disciplina transitoria, deve applicare le stesse pene che applicherebbe il giudice di pace (artt. 4, primo comma lett. a), 63 e 64 d. l.vo n. 274/2000). Orbene, il primo quesito cui va data risposta, in via generale, e' se i reati punibili con le sanzioni della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita' (artt. 52, 53 e 54 d.l.vo cit.) rientrino nella previsione del novellato art. 157, quinto comma codice penale, per cui «quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine [di prescrizione] di tre anni». Premesso che la presenza, accanto alle suddette pene, della pena pecuniaria, non e' influente ai fini della risoluzione del problema (poiche' dal precedente quarto comma si ricava il principio che quando la pena pecuniaria si accompagna - in via congiunta o alternativa - a pena di genere diverso e piu' grave, non rileva ai fini del termine di prescrizione), e premesso ancora che permanenza domiciliare e lavoro di pubblica utilita' sono certamente - per loro natura - «pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria», l'unico ostacolo all'applicabilita' dell'art. 157 quinto comma ai reati puniti con tali pene e' il disposto dell'art. 58 d.l.vo n. 274/2000, per cui «per ogni effetto giuridico la pena dell'obbligo della permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilita' si considerano come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria». Sennonche', qualora tale equiparazione formale dovesse valere anche ai fini della prescrizione, l'art. 157 quinto comma codice penale resterebbe privo di oggetto, non essendovi attualmente, nell'ordinamento penale, sanzioni diverse dalle pene detentive e pecuniarie. Si dovrebbe percio' ritenere che la norma sia stata dettata «a futura memoria», per completare il sistema in vista di una prossima (ed eventuale) introduzione di sanzioni penali diverse da quelle attualmente vigenti. Ma a questa conclusione - che priverebbe una norma in vigore di valore precettivo immediato - l'interprete non puo' giungere se non in presenza di elementi univoci (nella specie inesistenti) o in mancanza di ogni altra opzione ermeneutica. Sulla base di questi criteri, appare allora inevitabile ritenere che la legge n. 251/2005, novellando l'art. 157 codice penale, abbia derogato (in quanto legge posteriore e speciale), in parte qua, alla generale equiparazione di cui all'art. 58 cit. Se cosi' e', non vi e' dubbio che i reati di competenza del giudice di pace, punibili con la detenzione domiciliare o con il lavoro di pubblica utilita', si prescrivano nel termine di tre anni. La conclusione cui si e' giunti, peraltro, fa sorgere il nuovo e piu' grave problema del termine di prescrizione per i reati, sempre di competenza del giudice di pace, puniti, come nella specie, con la sola pena pecuniaria: cio' perche' il primo comma dell'art. 157 codice penale prevede, per tali reati, un termine di prescrizione non inferiore a sei anni se si tratta di delitti, e a quattro anni, se si tratta di contravvenzioni. Questo stesso Tribunale ha recentemente (sent. 9 marzo 2006, est. Ghini) ritenuto di poter superare la discrasia attraverso una lettura costituzionalmente orientata della norma, ed ha applicato il termine triennale di prescrizione a reati - di competenza del giudice di pace - puniti con la sola pena pecuniaria. Ad avviso dell'odierno giudicante, per contro, la lettera della legge non puo' essere superata in via interpretativa, e l'unico rimedio per ricondurre a razionalita' il sistema e' una pronunzia d'incostituzionalita' della norma di cui all'art. 157 primo comma codice penale, nel testo novellato dall'art. 6, legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui assoggetta ai piu' lunghi termini prescrizionali ivi previsti, anziche' al termine prescrizionale di tre anni, i reati di competenza del giudice di pace puniti con la sola pena pecuniaria. E' evidente infatti che, allo stato, nell'ambito di tale competenza, i reati dal legislatore considerati piu' gravi (tanto che la pena per essi prevista e' parificata in via generale a quella detentiva) godono della prescrizione di tre anni, mentre i reati meno gravi, puniti con sola pena pecuniaria, sono assoggettati a termini di prescrizione assai piu' lunghi, con palese irrazionalita' del sistema, e conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. E se e' vero (per prevenire possibili obiezioni) che la Corte costituzionale non puo' sostituirsi al legislatore e alla sua discrezionalita' nell'individuare il congruo termine di prescrizione per tale tipologia di reati, e' pur vero che, per ricondurre il sistema a un minimo di razionalita' - che consenta di ritenere rispettato il principio di uguaglianza - e' sufficiente che il termine di prescrizione per i reati puniti con sola pena pecuniaria di competenza del giudice di pace sia non maggiore di quello previsto per gli altri e piu' gravi reati rientranti nella medesima competenza. La rilevanza della questione e' poi indubbia, perche' solo in caso di accoglimento i reati risulterebbero gia' prescritti.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 7: a) dichiara non manifestamente infondata, e dunque solleva d'ufficio, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157, primo comma codice penale, come modificato dall'art. 6, legge 5 dicembre 2005, n. 251, nella parte in cui assoggetta ai piu' lunghi termini di prescrizione ivi previsti, anziche' al termine di prescrizione di tre anni, i reati di competenza del giudice di pace puniti con la sola pena pecuniaria, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione; b) sospende il giudizio in corso; c) dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; d) ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Reggio Emilia, addi' 27 aprile 2006 Il giudice: Fanile 06C0919