N. 350 ORDINANZA 23 - 27 ottobre 2006

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione fra poteri dello Stato.

Parlamento  -  Immunita' parlamentari - Procedimento penale per falso
  ideologico   a   carico   di   un   deputato   -  Deliberazione  di
  insindacabilita'  delle  opinioni espresse adottata dalla Camera di
  appartenenza  -  Ricorso  per  conflitto di attribuzione fra poteri
  dello  Stato  proposto  dal  Tribunale  di Torino - Sussistenza dei
  requisiti soggettivo ed oggettivo per l'instaurazione del conflitto
  -  Ammissibilita'  del  ricorso  -  Comunicazione  e  notificazione
  conseguenti.
- Deliberazione della Camera dei deputati del 22 dicembre 2005.
- Costituzione,   art. 68,   comma 1;  legge  11 marzo  1953,  n. 87,
  art. 37.
(GU n.1000 del 2-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
22 dicembre   2005,   relativa   alla   insindacabilita',   ai  sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  condotte
attribuite  al  deputato Sandro Del Mastro Delle Vedove, promosso con
ricorso del giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Torino,
depositato  in  cancelleria  il 28 marzo 2006 ed iscritto al n. 8 del
registro   conflitti   tra   poteri   dello   Stato   2006,  fase  di
ammissibilita';
    Udito  nella camera di consiglio del 27 settembre 2006 il giudice
relatore Sabino Cassese;
    Ritenuto   che  il  Tribunale  di  Torino,  sezione  dei  giudici
dell'udienza   preliminare,  con  ricorso  dell'8 febbraio  2006,  ha
sollevato  conflitto  di  attribuzione nei confronti della Camera dei
deputati  in  relazione  alla  delibera  adottata  nella  seduta  del
22 dicembre  2005,  con  la  quale  e' stata dichiarata, ai sensi del
primo comma dell'art. 68 della Costituzione, l'insindacabilita' delle
dichiarazioni  del  deputato Sandro Del Mastro Delle Vedove, rispetto
alle quali pende un procedimento penale;
        che  il  Tribunale  ricorrente riferisce che l'on. Sandro Del
Mastro Delle Vedove e la giornalista Cristiana Lodi sono imputati, in
concorso tra loro, dei reati di falso ideologico perche' il deputato,
nella  sua  qualita'  di  membro  del  Parlamento, pubblico ufficiale
nell'esercizio  delle  sue  funzioni,  presentatosi il 10 agosto 2003
presso  la  Casa  circondariale  Le  Vallette di Torino, dopo essersi
qualificato  e  avere manifestato la propria intenzione di accedervi,
attestava   ai   pubblici   ufficiali   appartenenti   alla   polizia
penitenziaria,  addetti  al  controllo  degli accessi, inducendoli in
errore,  che  la  persona  in  sua compagnia, Cristiana Lodi, era una
propria  collaboratrice e la stessa Lodi dichiarava di non esercitare
la professione di giornalista; circostanze entrambe false, essendo la
Lodi  una  giornalista professionista che, in tale veste, scriveva un
articolo,   pubblicato  due  giorni  dopo  sul  quotidiano  nazionale
«Libero», relativo alle dichiarazioni che, proprio in occasione della
visita, avrebbe a lei reso il detenuto Igor Marini;
        che   il   Tribunale   ricorrente   riferisce  che,  in  data
22 dicembre  2005,  interveniva la delibera della Camera dei deputati
con   cui   veniva   approvata   la  proposta  della  Giunta  per  le
autorizzazioni  a  procedere  volta  a dichiarare che le affermazioni
dell'on.  Del Mastro Delle Vedove, oggetto del giudizio, concernevano
opinioni  espresse  da  un membro del Parlamento nell'esercizio delle
sue  funzioni a norma dell'art. 68, primo comma, Cost. Nella delibera
si   invocava   l'esistenza   del   collegamento  funzionale  tra  le
dichiarazioni   rese   dal   deputato   al  personale  della  polizia
penitenziaria ed il mandato parlamentare, collegamento avvalorato sia
dal  dettato  dell'art. 67  della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
privative  e  limitative  della  liberta),  sia dall'attivita' svolta
dallo  stesso  deputato  con  la richiesta di informazioni al Governo
circa le iniziative in ordine alla vicenda carceraria di Igor Marini,
allora  detenuto in Svizzera (interrogazione n. 3-02512 del 14 luglio
2003);
        che,  tanto  esposto,  il Tribunale ricorrente precisa di non
porre  in  discussione  il  contenuto  della disciplina penitenziaria
richiamata,  che  attribuisce  ai membri del Parlamento il diritto di
visitare   gli   istituti   penitenziari,   anche   in  compagnia  di
collaboratori,  ne'  la circostanza che l'on. Del Mastro Delle Vedove
si  era  occupato  della vicenda detentiva del Marini nel corso della
propria  attivita'  parlamentare,  anche  se  con  riferimento  ad un
periodo  antecedente rispetto a quello della detenzione del Marini in
territorio italiano;
        che, secondo il Tribunale, pero', le attestazioni fornite dal
parlamentare   al  personale  di  polizia  penitenziaria  della  Casa
circondariale  di  Torino  e  concernenti la qualita' della Cristiana
Lodi,   oggetto   dell'imputazione   a   suo  carico,  esulano  dalla
guarentigia di cui all'art. 68, primo comma, Cost;
        che  la  norma  costituzionale,  riferendosi  alle  «opinioni
espresse  (...)  nell'esercizio  delle  loro  funzioni»,  e l'art. 3,
comma 1,   della  legge  20  giugno 2003,  n. 140  (Disposizioni  per
l'attuazione  dell'art. 68  della  Costituzione nonche' in materia di
processi  penali  nei  confronti  delle  alte  cariche  dello Stato),
indicando  «ogni  altra  attivita'  di ispezione, di divulgazione, di
critica  o di denuncia politica, connessa alla funzione parlamentare,
espletata  anche  fuori  dal  Parlamento»,  hanno inteso esprimere il
concetto  secondo  cui  tutti  gli  atti  in  questione devono essere
caratterizzati da una piu' o meno intensa «connessione dell'attivita'
con  la  funzione  parlamentare».  In  sostanza, secondo il Tribunale
ricorrente,  gli  atti indicati nel comma 1 del citato art. 3 possono
suddividersi  in  due  categorie:  da  un  lato,  quelli naturalmente
parlamentari,  disciplinati  dal  diritto  parlamentare;  dall'altro,
quelli   che,   non  essendo  espressione  di  funzioni  tipiche  del
Parlamento, necessitano, affinche' possano beneficiare della garanzia
dell'immunita', di un concreto e positivo riscontro dell'esistenza di
una  connessione con l'esercizio della funzione di rappresentante del
popolo,   riscontro  che  va  ricercato  in  relazione  alla  singola
attivita'   esplicata   dal   parlamentare.  Il  fondamento  di  tale
delimitazione, secondo il Tribunale, va individuato «nell'esigenza di
circoscrivere   in  modo  rigoroso  l'ambito  di  applicazione  della
garanzia   costituzionale  dell'insindacabilita',  enfatizzandone  la
natura   di   prerogativa   connessa,   non  gia'  alla  persona  del
parlamentare,  ma  alla  funzione  dallo stesso esercitata [...]; per
contro,  nel  caso  in  cui si esuli da atti o comportamenti inerenti
l'ufficio di parlamentare, la non punibilita' dello stesso per questi
(laddove  costituiscano  reato)  si  tradurrebbe  in un'inaccettabile
disparita'  di  trattamento  con  gli  altri  cittadini,  e dunque in
contrasto con l'art. 3 Cost.»;
        che,  pertanto,  osserva  il  Tribunale,  non  sembra  che le
attestazioni fornite dall'on. Del Mastro Delle Vedove agli addetti al
carcere torinese possano essere ricondotte ad uno degli atti previsti
dall'art. 68,  primo  comma,  Cost.,  ovvero  ad  attivita' di natura
strettamente  parlamentare,  oppure  ad  atti che in concreto possano
dirsi  connessi  funzionalmente  con  l'ufficio  di  parlamentare. In
particolare,  non  appare  possibile  qualificare  le attestazioni in
oggetto  come  atti  di  divulgazione,  critica  o denuncia politica,
trattandosi  di  dichiarazioni  rese  agli  addetti alla sorveglianza
dell'istituto  penitenziario  che  avevano  ad  oggetto  la qualifica
professionale  rivestita  dall'accompagnatrice  del  parlamentare  ed
erano  finalizzate a consentire agli agenti di polizia giudiziaria di
verificare  la  sussistenza dei presupposti, di cui al secondo comma,
dell'art. 67,   della  legge  n. 354  del  1975,  per  l'ingresso  di
accompagnatori  del parlamentare «per ragioni del loro ufficio»; ne',
secondo  il  Tribunale,  esse  appaiono riconducibili ad un'attivita'
ispettiva,  tenuto  conto che il parlamentare avrebbe potuto accedere
nell'istituto di pena senza necessita' di rendere false attestazioni;
        che  il  Tribunale  evidenzia, altresi', che l'on. Del Mastro
Delle Vedove non ha documentato di aver svolto attivita' parlamentare
successiva all'incontro con Igor Marini, in tal modo offrendo una non
equivoca  conferma  del  fatto  che la visita in questione, lungi dal
rientrare  nell'esercizio  del  diritto  di  ciascun  parlamentare di
ispezionare  le  carceri italiane al fine di verificare le condizioni
di  detenzione,  «si sia risolta in realta' in un mero espediente per
consentire  alla giornalista Lodi Cristiana di venire in contatto con
la fonte del suo articolo di stampa»;
        che, inoltre, secondo il Tribunale, non sembra ravvisabile un
collegamento  funzionale  tra  la  visita  in  esame  e  la pregressa
attivita'  svolta  dal  parlamentare con l'interrogazione n. 3-02512,
presentata  circa  un mese prima dell'incontro con il detenuto Marini
nel  penitenziario  torinese.  Del  resto,  aggiunge il Tribunale che
dalla  relazione  di maggioranza della Giunta per le autorizzazioni a
procedere   risulta  che  il  suddetto  atto  di  indirizzo  politico
concerneva  le  condizioni  di  salute  di  Marini allora detenuto in
Svizzera;
        che,  pertanto,  il Tribunale di Torino ritiene che nei fatti
in  esame  non  sia  rinvenibile  la  «riproduzione  all'esterno  del
contenuto»  della  menzionata interrogazione parlamentare, necessaria
affinche',   secondo   il   consolidato   orientamento   della  Corte
costituzionale,  possa rinvenirsi il nesso funzionale tra tale atto e
le   dichiarazioni   oggetto  del  procedimento  penale;  invero,  il
ricorrente  sottolinea  che  le  attestazioni  rese  dal parlamentare
afferivano  a  condizioni e qualita' personali della coimputata Lodi,
del  tutto  estranee  alla  tematica  della  garanzia  dell'immunita'
prevista dall'art. 68 Cost. per i membri del Parlamento;
        che,  in  conclusione,  il  Tribunale dubita, alla luce delle
modalita'   e  dei  tempi  di  svolgimento  della  visita  alla  casa
circondariale  di  Torino, che l'accesso del parlamentare all'interno
del  penitenziario  si  sia  sostanziato in un atto di ispezione; non
condivide  l'argomento,  sviluppato  nella  relazione  di maggioranza
della  Giunta per le autorizzazioni a procedere, secondo cui, ai fini
dell'attribuzione  della  qualifica  di collaboratore, e' irrilevante
che  questi  sia  formalmente incardinato nella struttura burocratica
del Parlamento; non ritiene, infine, che le attestazioni mendaci rese
dal   deputato   circa   la   professione  esercitata  dalla  propria
accompagnatrice  possano  essere  qualificate  come opinioni espresse
nell'esercizio  del  mandato  parlamentare e, ad ogni modo, non siano
collegate da alcun nesso funzionale con tale ufficio;
        che il Tribunale di Torino, sospeso il giudizio, ha sollevato
conflitto  di  attribuzione tra poteri nei confronti della Camera dei
deputati,  chiedendo  alla Corte costituzionale di dichiarare che non
spetta   alla   Camera   di  affermare  l'insindacabilita',  a  norma
dell'art. 68,  primo  comma, Cost., delle condotte attribuite all'on.
Del Mastro Delle Vedove e, conseguentemente, di annullare la delibera
adottata nella seduta del 22 dicembre 2005.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37,  terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87
(Norme   sulla   costituzione   e   sul   funzionamento  della  Corte
costituzionale),   ad   accertare   se   il  sollevato  conflitto  di
attribuzione tra poteri dello Stato sia ammissibile, valutando, senza
contraddittorio tra le parti, se ne sussistano i requisiti soggettivo
ed  oggettivo, restando impregiudicata ogni ulteriore decisione anche
in punto di ammissibilita';
        che,  quanto  al requisito soggettivo, il Tribunale di Torino
e'  legittimato  a  sollevare  il  conflitto,  essendo  competente  a
dichiarare definitivamente, in relazione al procedimento del quale e'
investito,  la  volonta' del potere cui appartiene, in considerazione
della posizione di indipendenza, costituzionalmente garantita, di cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che  analogamente  la  Camera dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il  Tribunale  ricorrente denuncia la menomazione della propria sfera
di  attribuzione,  garantita  da norme costituzionali, in conseguenza
dell'adozione,   da   parte   della   Camera  dei  deputati,  di  una
deliberazione  ove si afferma, in modo asseritamente illegittimo, che
le  opinioni  espresse  da un proprio membro rientrano nell'esercizio
delle  funzioni  parlamentari,  in tal modo godendo della garanzia di
insindacabilita' stabilita dall'art. 68, primo comma, Cost;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza della Corte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il conflitto di attribuzione proposto dal Tribunale di
Torino  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati  con  il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza al ricorrente Tribunale di Torino;
        b) che  l'atto  introduttivo e la presente ordinanza siano, a
cura  del  ricorrente,  notificati  alla Camera dei deputati entro il
termine  di  sessanta  giorni dalla comunicazione di cui al punto a),
per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella
cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto
dall'art. 26,  comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 ottobre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Cassese
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 27 ottobre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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