N. 478 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 giugno 2005
Ordinanza emessa il 23 giugno 2005 (pervenuta alla Corte costituzionale il 10 ottobre 2006) dalla Commissione tributaria provinciale di Udine sul ricorso proposto da De Anna Giuseppe contro l'Agenzia delle Entrate - Ufficio di Udine. Imposte sui redditi - Oneri deducibili dal reddito complessivo (imponibile ai fini IRPEF) - Deducibilita' dell'assegno corrisposto in unica soluzione al coniuge separato o divorziato - Mancata previsione - Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza - Ingiustificata diversita' di regime rispetto all'assegno corrisposto in forma periodica, di cui e' ammessa la deduzione - Contrasto con il principio della capacita' contributiva - Richiesta alla Corte costituzionale di riesaminare il dictum della ordinanza n. 383/2001 - Richiamo alle sentenze di incostituzionalita' nn. 142/1982 e 245/1982. - Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, art. 10, comma 1, lett. c). - Costituzione, artt. 3 e 53.(GU n.45 del 15-11-2006 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la presente ordinanza sul ricorso n. 267/05 del 17 febbraio2005, proposto dal sig. Giuseppe De Anna, nato a Udine il 10 dicembre 1951 ed ivi residente in via della Roggia n. 51, rappresentato e difeso dal prof. avv. Mario Nussi, presso il cui studio in via Poscolle n. 11 a Udine ha eletto domicilio. Il sig. De Anna in data 17 febbraio 2005 ha ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Udine contro l'Agenzia delle entrate di Udine, specificatamente a verso il ruolo n. 2004/150169, di cui alla cartella di pagamento n. 115 2004 00266822 63, comunicata a mezzo lettera raccomandata e ricevuta in data 11 gennaio 2005. L'Agenzia delle entrate di Udine, con atto n. 03097920189 progr. lista 004135450 del 3 dicembre 2003, notificato in data 24 febbraio 2004, ha comunicato al sig. De Anna di aver provveduto al controllo formale della dichiarazione dei redditi per l'anno d'imposta 2000 ai sensi dell'art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973 e di procedere al recupero degli importi relativi a: assicurazione vita, infortuni e contributi volontari, contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori, assegno periodico al coniuge. In data 24 marzo 2004 il sig. De Anna ha provveduto a depositare istanza di autotutela, allegando copia dei versamenti effettuati al coniuge e della documentazione afferente le altre riprese a tassazione. In data 9 aprile 2004 l'Ufficio ha comunicato di aver provveduto all'autoannullamento parziale dell'atto n. 03097920189, riconoscendo la detraibilita' degli oneri relativi ai contributi obbligatori, all'assicurazione sulla vita ed alla deducibilita' degli assegni corrisposti al coniuge per un importo di lire 10.908.000. Ha confermato l'indeducibilita' dell'importo di lire 50.000.000, motivando tale recupero a tassazione in quanto si tratterebbe di somme versate in unica soluzione e facendo rinvio alla sentenza n. 16462/2002 della Corte di cassazione e all'ordinanza n. 383/2001 della Corte costituzionale, con conseguenti maggiori imposte, interessi e relative sanzioni. In data 29 giugno 2004 il sig. De Anna ha presentato all'Ufficio istanza di autotutela, chiedendo l'annullamento dell'atto impositivo nella parte afferente le sanzioni conseguenti alla ripresa fiscale operata, in ragione del principio del legittimo affidamento di contribuente come espresso nell'art. 10, comma 3, legge n. 212/2000. In data 7 luglio 2004 l'Agenzia delle entrate di Udine ha confermato il dispositivo sanzionatorio, non considerando nlevante il contrasto giurisprudenziale quanto all'interpretazione della norma sulla indeducibilita' dell'assegno corrisposto una tantum al coniuge e sostenendo di aver «...definitivamente risolto le controversie instaurate ed instaurande...», cosi' come rilevato dall'ordinanza della Corte costituzionale n. 383/2001. Sarebbe stato, inoltre, temporalmente possibile accedere al ravvedimento di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 472/1997. In data 11 gennaio 2005 la S.F.E.T. S.p.a. di Udine (Societa' Friulana Esazione Tributi) ha proceduto a notificare al sig. De Anna la cartella di pagamento di importo pari ad euro 15.071,59 comprensiva di imposte, interessi e sanzioni. In sostanza l'Ufficio non ha riconosciuto la deducibilita' della somma di 50 milioni delle vecchie lire, corrisposta nell'anno 2000 dal sig. De Anna alla moglie tramite assegno, ritenendo che tale atto non rientra nella previsione di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) TUIR, ai sensi del quale dal reddito si deducono «...gli assegni periodici corrisposti al coniuge ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorita' giudiziaria...». L'Ufficio ha richiamato l'ordinanza della Corte costituzionale n. 383 del 6 dicembre 2001, con la quale ha negato che la mancata previsione di deducibilita' dell'assegno corrisposto in unica soluzione violi gli artt. 3 e 53 della Costituzione. Il giudice della Corte costituzionale sostiene che il contrasto con l'art. 3 sarebbe escluso in base alla considerazione che «... la deducibilita' o meno di oneri e spese dal reddito imponibile del contribuente non e' generale ed illimitata, spettando al legislatore la sua individuazione in considerazione del necessario collegamento con la produzione del reddito, con il gettito generale dei tributi e con l'esigenza di adottare le opportune misure atte ad evitare evasioni d'imposta, secondo scelte che in questa materia appartengono alla discrezionalita' legislativa, col solo limite del rispetto del generale principio di ragionevolezza...». In ordinanza si legge come «...le due forme di adempimento, cioe' quella periodica e quella una tantum, ... - pur avendo entrambe la funzione di regolare i rapporti patrimoniali derivanti dallo scioglimento o dalla cessazione del vincolo matrimoniale - appaiono sotto vari aspetti diverse, e tali sono considerate dal legislatore nella disciplina dettata in materia ...». Diversamente, conclude la Corte, si «...finirebbe col rendere deducibile dal reddito un trasferimento squisitamente patrimoniale...», con la conseguente necessita' di regolare la corrispondente obbligazione tributaria in capo al percipiente. Allo stesso modo non si verifica alcuna lesione del principio di capacita' contributiva, «...lesione che, al contrario, potrebbe configurarsi qualora si ammettesse la deducibilita' della somma corrisposta una tantum, che appare come conseguenza di un assetto complessivo degli interessi personali, familiari e patrimoniali dei coniugi, non direttamente correlata al reddito percepito dal contribuente nel periodo d'imposta...». Il Collegio ritiene che quanto affermato dal giudice costituzionale possa e debba essere rivisto perche' in contrasto con gli oggettivi motivi di seguito riportati. E' infatti da osservarsi come ai sensi dell'art. 5, comma 8, legge n. 898/1970 «...su accordo delle parti la corresponsione puo' avvenire in unica soluzione...». L'accordo delle parti vale quindi a determinare il «modo» di estinzione dell'obbligazione, ma non ne muta la natura. E' lo stesso Legislatore che mostra, nella summenzionata norma, di considerare il pagamento in unica soluzione come un modo di procedere alla corresponsione dell'assegno periodico. Essendovi dunque una perfetta equivalenza sotto il profilo giuridico e funzionale tra l'assegno periodico e quello corrisposto in unica soluzione, l'esclusione per quest'utimo della deducibilita' di cui all'art. 10, comma 1, lettera c) appare manifestamente iniqua ed irragionevole. Ininfluente sarebbe osservare che l'accordo intervenuto tra coniugi per la corresponsione in unica soluzione abbia natura transativa e sia quindi un mero accordo tra privati. Nessuna influenza esplica infatti sulla natura giuridica e sulla finalita' dell'assegno corrisposto al coniuge separato o divorziato la circostanza che il relativo importo venga stabilito non iussu iudicis, ma a seguito di accordo tra le parti. Medesima e' la ratio delle due forme di adempimento - l'aiuto del coniuge economicamente piu' debole - medesimo il fondamento normativo dell'onere in questione, che in ogni caso presuppone «a monte» uno specifico provvedimento giurisdizionale. La differente disciplina tra i due regimi tributari finisce irragionevolmente per disincentivare, creando svantaggi di ordine economico, il ricorso ad un istituto previsto dalla legge, riducendo di fatto la facolta' di scelta dei coniugi in sede di divorzio delle modalita' di tutela dei loro legittimi interessi economico-patrimoniali. Accanto al principio di uguaglianza e ragionevolezza, e' ravvisabile anche un mancato adeguato rispetto del principio di capacita' contributiva dal momento che ogni prelievo tributario deve trovare la propria causa giustificatrice in indici o presupposti concretamente rilevatori di ricchezza. Ed evidentemente l'esborso di denaro come corresponsione al coniuge una tantum ridimensiona l'entita' degli eventuali presupposti rilevatori di ricchezza al pari di un esborso periodico. Appare non chiaro, non solo la conclusione cui giunge il Giudice costituzionale nell'ordinanza n. 383/2001, ma anche l'iter logico-giuridico seguito. Il generale richiamo alla discrezionalita' legislativa in uno stato di civilta' giuridica non puo' certo essere il velo dietro cui mascherare scelte capricciose ed avventate. Non si vede come il disconoscimento della deducibilita' delle corresponsioni una tantum possa venire giustificato «in considerazione del necessario collegamento con la produzione di reddito, con il gettito generale dei tributi e con l'esigenza di adottare le opportune misure atte ad evitare le evasioni di imposta». Come peraltro riconosciuto nello stesso provvedimento, limite alla discrezionalita' legislativa deve pur sempre rimanere il principio di ragionevolezza, principio che non puo' dirsi rispettato nelle considerazioni della Corte costituzionale. Questa, infatti, al fine di giustificare la disparita' di trattamento, opera un distinguo palesemente ed esclusivamente formalistico. La presenza dietro la corresponsione una tantum di un accordo tra privati, i quali decidano di capitalizzare la somma dovuta da uno all'altro, non puo' essere sufficiente per disconoscere il fatto che a monte vi sia, come per l'assegno periodico, un provvedimento giudiziario che dispone tanto l'obbligo della corresponsione quanto l'entita' della stessa. L'esigenza per l'erario di assicurarsi un gettito generale di tributi di una certa consistenza non puo' certo essere giustificato di un cosi' palese disconoscimento della capacita' contributiva. Affermare che la corresponsione una tantum integri un trasferimento squisitamcnte patrimoniale puo' essere un modo elegante per dare una giustificazione apparentemente razionale ad una irrazionale disparita' di trattamento. La locuzione verbale diviene mero schermo per occultare quello che invero e' un decurtamento tout court della sfera economica del soggetto. Decurtamento che va a ridurre il reddito al pari di una corresponsione periodica. Perplessi lascia, peraltro, anche il modulo comparativo adottato, ovvero il richiamo al «necessario collegamento con la produzione del reddito». Vero e' che il TUIR non contiene norma che preveda espressamente la tassabilita' di assegni inglobanti una corresponsione una tantum tra coniugi, ma tale rilievo non puo' certo dirsi significativo. Affermare che la deducibilita' di un tale assegno, non disposta espressamente da alcuna norma, non sia possibile perche' non esiste norma che assoggetti lo stesso a tassazione per il percipiente, non prova nulla. Se, come affermato dalla Corte, nella mentalita' del Legislatore imponibilita' e deducibilita' vanno di pari passo, e' logico che la mancata previsione di deducibilita' sia accompagnata dalla mancata previsione di imponibilita'. Quello che viene contestato e' il diverso trattamento fiscale che viene riservato ad un assegno una tantum piuttosto che ad un assegno periodico. Nel chiedere la declaratoria di incostituzionalita' della mancata previsione di deducibilita', implicitamente viene richiesto anche la declaratoria di incostituzionallita' della mancata previsione di imponibilita'. Il ragionamento della Corte si traduce evidentemente in una petizione di principio che nulla prova. La Corte costituzionale, in quanto giudice delle leggi, non limita la sua funzione ad un controllo circa la mera congruenza interna tra norme. Tanto piu' in questo caso laddove la deducibilita' e l'imponibilita', per quanto collocate in disposizioni diverse, rispettivamente art. 10, lettera c) TUIR e art. 47, comma 1, lettera i) TUIR, sono riconducibili al medesimo principio di cui rappresentano immediata estrinsecazione, integrando le due facce della medesima medaglia. Nulla osta afflnche' la Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale tanto della mancata previsione di deducibilita', come da sempre esplicitamente chiesto, quanto, con consequenzialita' inevitabile, la mancata previsione di imponibilita'. Peraltro, anche in altre occasioni la Corte costituzionale ha riconosciuto la deducibilita' di oneri indipendentemente dalla simmetrica imponibilita' del provento. Con le sentenze n. 142 del 27 luglio 1982 e n. 245 del 29 dicembre 1982 la Consulta ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale delle norme di cui all'art. 10, lettera f), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597 e alla lettera d) del medesimo articolo come modificato sia dall'art. 5 della legge n. 114/1977, sia dall'art. 5 del d.l. n. 693/1980, nella parte in cui riconoscevano la deducibilita' delle spese mediche solo se sostenute nel territorio dello Stato. Ai sensi degli artt. 3 e 32 Cost., diversamente si creerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento fiscale, tenuto conto del fatto che ci sono cure e interventi per i quali e' necessario ricorrere all'estero. «Ove poi si voglia sottolineare - motiva la Corte - essere preferibile che la spesa sia sostenuta in Italia al fine di poterla tassare in capo ai percipienti, cio' non puo' costituire un motivo ditale rilievo da eliminare il fondamento della deducibilita' che sta, ripetesi, nel riconoscimento accordato, in ossequio al precetto costituzionale, alla esigenza di salvaguardia della salute, e quindi alla liberta' di scelta, da parte dell'ammalato, di cure e interventi, a sue spese al di fuori della struttura sanitaria alla quale potrebbe ricorrere in Italia». La Corte sembra quindi sostenere, ai fini del riconosimento o meno della deducibilita', la necessita' di analizzare la ratio della spesa, la sua interna ragionevolezza, indipendentemente da ogni simmetrica imponibilita'. In conclusione il Collegio osserva che nulla vieta che la Corte possa riesaminare una questione gia' vagliata ed esprimere un altro giudizio, tenendo conto di nuovi motivi e diversi profili.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestatamente infondata la questione di legittimita' costituzionale in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione per la mancata previsione nell'art. 10, comma 1, lett. c) TUIR della deducibilita' degli assegni relativi alle corrisponsioni tra coniugi in un'unica soluzione. Manda alla segreteria per quanto di sua competenza. Dispone la comunicazione della presente ordinanza ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, nonche' la notificazione della stessa al Presidente del Consiglio dei ministri. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone la sospensione del presente procedimento. Dispone la comunicazione alle parti della presente ordinanza. Udine, addi' 22 giugno 2005 Il Presidente: Don Il relatore: Del Forno 06C0996