N. 370 SENTENZA 6 - 14 novembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Consiglio delle autonomie locali - Istituzione e disciplina con legge
  ordinaria  della Provincia autonoma di Trento - Ricorso del Governo
  -  Eccezione  di  inammissibilita'  per  omesso esame dei parametri
  ricavabili dallo statuto speciale - Reiezione.
- Legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 2005, n. 7.
- Costituzione,   art. 123,   ultimo   comma;   legge  costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Consiglio delle autonomie locali - Istituzione e disciplina con legge
  ordinaria  della Provincia autonoma di Trento - Ricorso del Governo
  -  Denunciata  utilizzazione  della  fonte legislativa ordinaria in
  luogo   di   quella  statutaria  prevista  dall'art. 123  Cost.  ed
  applicabile  alle  Regioni a statuto speciale in forza dell'art. 10
  della legge cost. n. 3 del 2001 - Non fondatezza della questione.
- Legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 2005, n. 7.
- Costituzione,   art. 123,   ultimo   comma;   legge  costituzionale
  18 ottobre 2001, n. 3, art. 10.
Consiglio delle autonomie locali - Istituzione e disciplina con legge
  ordinaria  della  Provincia  autonoma  di  Trento - Attribuzione al
  Consiglio  del  potere  di formulare proposte legislative - Ricorso
  del  Governo  - Denunciata violazione delle disposizioni statutarie
  che   attribuiscono   la  potesta'  legislativa  esclusivamente  al
  Consiglio  regionale  e  ai  Consigli provinciali nonche' lamentato
  contrasto  con  la  natura consultiva del Consiglio delle autonomie
  locali  -  Intervenute  modifiche  legislative,  satisfattive delle
  censure - Cessazione della materia del contendere.
- Legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento 15 giugno 2005, n. 7,
  art. 8, comma 1, lettera c).
- Costituzione,   art. 123,  ultimo  comma;  d.P.R.  31 agosto  1972,
  n. 670, artt. 8, 9, 26, 47 e 60.
Consiglio delle autonomie locali - Istituzione e disciplina con legge
  ordinaria  della  Provincia  autonoma  di Trento - Previsione di un
  regolamento  interno  del  Consiglio  provinciale che disciplini la
  partecipazione  del  Consiglio  delle  autonomie locali all'iter di
  formazione   delle  leggi  provinciali  -  Ricorso  del  Governo  -
  Denunciata    violazione    delle   disposizioni   statutarie   che
  attribuiscono  la  potesta' legislativa esclusivamente al Consiglio
  regionale e ai Consigli provinciali nonche' lamentato contrasto con
  la  natura  consultiva  del  Consiglio delle autonomie locali - Non
  fondatezza della questione.
- Legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento 15 giugno 2005, n. 7,
  art. 8, comma 3.
- Costituzione,   art. 123,  ultimo  comma;  d.P.R.  31 agosto  1972,
  n. 670, artt. 8, 9, 26, 47 e 60.
(GU n.46 del 22-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel   giudizio  di  legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Provincia  autonoma  di  Trento  15  giugno 2005, n. 7 (Istituzione e
disciplina   del   Consiglio   delle   autonomie   locali),   nonche'
dell'articolo 8,  commi 1,  lettera c)  e  3,  della  medesima  legge
provinciale  n. 7  del  2005, promosso con ricorso del Presidente del
Consiglio   dei   ministri,  notificato  in  data  22 agosto  2005  e
depositato  presso la cancelleria della Corte il successivo giorno 24
ed iscritto al n. 78 del registro ricorsi 2005;
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10 ottobre  2006  il  giudice
relatore Alfonso Quaranta;
    Uditi  l'avvocato dello Stato Gaetano Zotta per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato  Giandomenico  Falcon  per la
Provincia autonoma di Trento.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato alla Provincia autonoma di Trento in
data 22 agosto 2005 e depositato presso la cancelleria della Corte il
successivo  giorno 24,  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato la legge della Provincia autonoma di Trento 15 giugno 2005,
n. 7 (Istituzione e disciplina del Consiglio delle autonomie locali),
per  violazione  dell'art. 123  Cost., in relazione all'art. 10 della
legge  costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3 (Modifiche al titolo V
della   parte  seconda  della  Costituzione),  nonche'  l'articolo 8,
commi 1,  lettera c),  e  3,  della  medesima  legge  provinciale per
violazione  degli  artt. 8, 9, 26, 47 e 60 del d.P.R. 31 agosto 1972,
n. 670  (Approvazione  del  testo  unico  delle  leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).
    1.1.-  L'Avvocatura  premette  che  il  predetto art. 123, ultimo
comma,  Cost., introdotto dall'art. 7 della legge costituzionale n. 3
del  2001,  dispone  che  «in  ogni Regione, lo statuto disciplina il
Consiglio  delle  autonomie locali, quale organo di consultazione fra
la   Regione   e   gli   enti   locali».  Tale  norma,  pur  riferita
esclusivamente  alle Regioni a statuto ordinario, si applica, secondo
la  difesa  statale, anche alle Regioni a statuto speciale, in virtu'
della clausola contenuta nell'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del  2001,  secondo cui «sino all'adeguamento dei rispettivi statuti»
le  disposizioni  della  predetta  legge costituzionale «si applicano
anche  alle  Regioni  a statuto speciale ed alle Province autonome di
Trento  e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia
piu'  ampie  rispetto  a  quelle  gia'  attribuite».  Nel  ricorso si
puntualizza che «tali forme di maggiore autonomia sono, naturalmente,
riferite anche agli enti locali».
    Da  cio'  consegue che anche le Regioni a statuto speciale - «per
le  quali  non  sia intervenuto l'adeguamento dello statuto nel senso
dell'ampliamento  delle  autonomie  degli  enti  locali»  - sarebbero
tenute ad istituire il predetto Consiglio delle autonomie locali «con
fonte  statutaria  e  non con fonte legislativa ordinaria». Da qui la
richiesta   volta  ad  ottenere  la  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale della legge impugnata.
    1.2. - Il ricorrente impugna, inoltre, nello specifico, l'art. 8,
comma 1,  lettera c),  della  medesima  legge  provinciale,  il quale
dispone  che al Consiglio delle autonomie locali spetta, tra le altre
funzioni,  anche  «la  formulazione  di proposte legislative»; e che,
«ove  approvata  a  maggioranza  dei  due  terzi  dei  componenti, la
proposta  costituisce oggetto di apposito disegno di legge presentato
dalla  Giunta  provinciale  entro  trenta giorni dal ricevimento». Il
comma 3  dello  stesso  articolo  aggiunge  poi  che  «il regolamento
interno  del  Consiglio  provinciale  disciplina modalita', termini e
procedure  mediante  le  quali  il  Consiglio  delle autonomie locali
partecipa,  nel  rispetto  dello  statuto  di  autonomia, all'iter di
formazione   delle  leggi  presso  il  Consiglio  provinciale».  Tali
disposizioni,  secondo  il ricorrente, si porrebbero in contrasto con
gli  artt. 8,  9, 26 e 47 dello statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige,  che  attribuiscono  la potesta' legislativa esclusivamente al
Consiglio  regionale  e ai Consigli provinciali, nonche' violerebbero
l'art. 60  dello  stesso  statuto «in base al quale la disciplina del
diritto  di iniziativa legislativa e' rimessa, peraltro con esclusivo
riferimento all'iniziativa popolare, alla sola legge regionale (e non
provinciale)».
    1.3.  -  Infine,  il  ricorrente  assume  che i predetti commi 1,
lettera c),  e  3  dell'art. 8  della legge provinciale n. 7 del 2005
violerebbero   lo  stesso  art. 123,  ultimo  comma,  Cost.,  perche'
attribuiscono   al  Consiglio  delle  autonomie  locali  funzioni  di
iniziativa   legislativa,   «in   contrasto   con  la  qualificazione
costituzionale di detto organo come meramente consultivo».
    2.  -  Si e' costituita la Provincia autonoma di Trento chiedendo
che  il ricorso venga dichiarato, in via principale, inammissibile e,
in via subordinata, infondato.
    3. - Con memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica,
la  Provincia  osserva  che  il primo motivo di censura fondato sulla
violazione  dell'art. 123,  ultimo comma, della Costituzione dovrebbe
essere  dichiarato  inammissibile  per  insufficiente  motivazione in
ordine  all'applicabilita'  dell'art. 10  della  legge costituzionale
n. 3  del  2001,  cosi'  come  gia'  affermato da questa Corte con la
sentenza n. 175 del 2006 in relazione ad una analoga impugnazione che
ha  investito  la  legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005, n. 1
(Istituzione  del Consiglio delle autonomie locali e della Conferenza
permanente Regioni-enti locali).
    In  secondo  luogo,  la  difesa  della  Provincia  osserva, quale
ulteriore  ragione di inammissibilita' della censura, che nel ricorso
non  si chiarisce quale sia la «fonte statutaria» e cioe' se essa sia
lo   statuto   speciale  ovvero  la  c.d.  legge  statutaria  di  cui
all'art. 47  del  d.P.R.  n. 670 del 1972. In ogni caso, il parametro
sarebbe,  comunque,  inconferente:  «se in astratto si puo' concepire
che  esso  sia  invocato  (...) per affermare il dovere delle Regioni
speciali  di  istituire  il  Consiglio delle autonomie locali, non si
puo'  ammettere  che  esso sia invocato per affermare il dovere delle
Regioni speciali di usare (...) lo statuto ordinario».
    Secondo  la  Provincia  resistente,  nel  merito  il  ricorso e',
comunque, infondato per due diversi ordini (alternativi) di motivi.
    In primo luogo, perche' l'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del  2001  consente  l'applicazione delle norme contemplate nel nuovo
titolo  V,  nella  misura  in cui queste ultime stabiliscono forme di
autonomia piu' ampie per le sole «Regioni e Province» e non anche per
gli enti locali. Diversamente argomentando vi potrebbero essere casi,
come   quello  in  esame,  in  cui  si  realizza  una  contraddizione
intrinseca  del  sistema: la previsione, infatti, di un dovere per la
Regione di istituire un «organo di consultazione tra la Regione e gli
enti locali» si risolverebbe in una limitazione della sua autonomia -
statutaria,  legislativa  e  amministrativa  -  considerato  che  per
determinati   procedimenti   si   dovrebbe   prevedere  la  fase  del
coinvolgimento  dell'organo  consultivo  attraverso l'utilizzo di una
specifica  «fonte».  Ne'  indicazioni contrarie possono essere tratte
dall'art. 1  della  legge impugnata nella parte in cui si afferma che
l'istituzione  del Consiglio delle autonomie locali e' effettuata «in
attuazione   dell'art. 123,   quarto   comma,  della  Costituzione  e
dell'articolo 10  della  legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3»:
si  tratterebbe, infatti, nella prospettiva della Provincia autonoma,
di  una mera dichiarazione di intenti che «rimane sul piano politico,
e non assume alcun rilievo giuridico».
    In  secondo  luogo,  si  osserva  come,  anche  a volere ritenere
applicabile l'art. 123, quarto comma, Cost. alla Provincia di Trento,
nondimeno  non  potrebbe  ravvisarsi  la violazione ne' dello statuto
speciale,  ne'  della  legge  statutaria.  In  relazione allo statuto
speciale,  la difesa provinciale osserva come lo stesso non sia nella
«disponibilita»    della    Provincia,   avendo   natura   di   legge
costituzionale  soggetta  a procedimento speciale. A cio' si aggiunge
che  l'attuale  statuto  non preclude, nella parte relativa agli enti
locali (Titolo IV), la possibilita' di una istituzione legislativa di
un  organo  di  raccordo  tra  Provincia ed enti locali. La Provincia
assume,  inoltre, che la previsione di una forma di consultazione tra
Provincia  ed  enti  locali  non  potrebbe  rientrare  nel  contenuto
obbligatorio   della  legge  statutaria,  di  cui  all'art. 47  dello
statuto,  non  afferendo  alla «forma di governo». In ultima analisi,
sarebbe,  dunque,  legittima  la  istituzione  e  la  disciplina  del
Consiglio delle autonomie locali con legge ordinaria.
    3.1.   -   Per   quanto   attiene   all'asserita   illegittimita'
dell'art. 8,  comma 1,  lettera c), la difesa della Provincia osserva
come  tale  disposizione sia stata sostituita dall'art. 7 della legge
provinciale  16  giugno 2006,  n. 3  (Norme  in  materia  di  governo
dell'autonomia  del  Trentino).  Secondo la originaria previsione, il
Consiglio delle autonomie locali formula «proposte legislative» e, se
la   proposta   «e'   approvata  a  maggioranza  dei  due  terzi  dei
componenti»,  essa  «costituisce oggetto di apposito disegno di legge
presentato  dalla  Giunta  provinciale al Consiglio provinciale entro
trenta  giorni  dal  ricevimento». La nuova disposizione - che non e'
stata  oggetto  di  impugnazione  -  stabilisce  che, ove la proposta
legislativa sia approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti,
«la  Giunta  provinciale  valuta  la proposta e formula un disegno di
legge  tenendo  conto dei contenuti della proposta medesima». Secondo
la  difesa  della  Provincia  autonoma, la modifica determinerebbe la
cessazione  della  materia del contendere. A ogni modo, si sottolinea
che  anche  nella  versione  precedente  la disposizione in esame non
attribuiva   al   Consiglio  delle  autonomie  locali  un  potere  di
iniziativa legislativa. L'art. 8, comma 1, lettera c), non vincolava,
infatti,  la  Giunta  a  recepire  la  proposta  del Consiglio: «tale
proposta  costituiva "oggetto" del disegno di legge giuntale, per cui
la  Giunta  poteva rielaborare liberamente la proposta del Consiglio,
che, pertanto, non poteva ritenersi titolare del potere di iniziativa
legislativa».  La  nuova formulazione riduce ulteriormente il vincolo
in   capo alla   Giunta,  in  quanto  l'attribuzione  del  potere  di
«valutazione»  della  proposta  implica  una  discrezionalita'  anche
sull'an  del  disegno  di  legge:  «la  proposta  del Consiglio delle
autonomie  locali  non  si  trasforma meccanicamente in un disegno di
legge  (per cui esso non e' titolare neppure di un potere "indiretto"
di iniziativa legislativa)».
    3.2.  -  In  relazione  alla  censura  che ha investito l'art. 8,
comma 3,  della  stessa  legge  impugnata  si osserva come anche tale
disposizione  non  conferisca alcun potere di iniziativa legislativa,
ma  implichi  soltanto «la partecipazione ad un procedimento attivato
da altri».
    Secondo  la difesa della Provincia autonoma, il motivo di censura
in esame sarebbe, inoltre, «oscuro».
    In  particolare,  l'art. 26  dello  statuto,  non  prenderebbe in
considerazione  le  leggi provinciali. Ma anche a volere ritenere che
la  norma si possa riferire alla competenza legislativa del Consiglio
provinciale,   cio'   non   sarebbe   sufficiente   a  dimostrare  la
illegittimita'  della  norma in esame, che non inciderebbe sul potere
deliberativo  finale  del Consiglio. Il Consiglio non sarebbe neanche
tenuto  a  inserire nell'ordine del giorno il disegno di legge che la
Giunta  abbia  in  ipotesi fondato sulla proposta del Consiglio delle
autonomie locali.
    Infine,  sarebbe  inconferente  il  riferimento all'art. 60 dello
statuto,  considerato che le norme impugnate non si occupano di leggi
regionali, ne' dell'iniziativa legislativa popolare.
    3.3. - Con il terzo motivo del ricorso si assume la violazione da
parte  dello  stesso  art. 8,  commi 1,  lettera c), e 3, dell'ultimo
comma  dell'art. 123  Cost.,  in  quanto attribuirebbero al Consiglio
delle   autonomie  locali  funzioni  di  iniziativa  legislativa  «in
contrasto  con  la qualificazione costituzionale di detto organo come
meramente consultivo».
    La  infondatezza  di  tale censura deriverebbe, da un lato, dalla
inapplicabilita',  per  le  ragioni  esposte,  dell'art. 123,  quarto
comma,  Cost.  alla  Provincia  autonoma  di Trento; dall'altro lato,
dalla  circostanza  che  le  norme  impugnate non attribuiscono alcun
potere di iniziativa legislativa al Consiglio delle autonomie locali.
In  ogni  caso  si  tratterebbe  di  un  mero  potere  di  impulso da
esercitarsi  nell'ambito  di  una  attivita'  di  consultazione senza
alcuna attribuzione di compiti deliberativi.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe il Presidente del
Consiglio dei ministri ha impugnato la legge della Provincia autonoma
di   Trento  15  giugno 2005,  n. 7  (Istituzione  e  disciplina  del
Consiglio  delle autonomie locali), con la quale e' stato istituito e
disciplinato,  in  ambito  regionale,  il  Consiglio  delle autonomie
locali.
    Con    tale    impugnazione    il    ricorrente   ha   sollevato,
sostanzialmente, due questioni: la prima investe l'intera legge sotto
il  profilo  della  violazione  dell'art. 123,  ultimo  comma,  della
Costituzione  e  dell'art. 10  della  legge costituzionale 18 ottobre
2001,   n. 3  (Modifiche  al  titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione), in quanto la istituzione del Consiglio delle autonomie
locali  sarebbe  avvenuta  con  legge  ordinaria  e  non  con  «fonte
statutaria»;  la  seconda e' relativa alle norme specifiche contenute
nel comma 1, lettera c), e nel comma 3 dell'art. 8 della stessa legge
provinciale,  che violerebbero gli artt. 8, 9, 26, 47 e 60 del d.P.R.
31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige), nonche' l'art. 123, ultimo comma, della Costituzione.
    2.  -  La Provincia autonoma di Trento, costituitasi in giudizio,
ha,   preliminarmente,   eccepito  la  inammissibilita'  della  prima
questione,  richiamando  la sentenza n. 175 del 2006 di questa Corte,
pronunciata  in  relazione  all'impugnazione proposta dallo Stato nei
confronti  di  analoga  legge della Regione Sardegna 17 gennaio 2005,
n. 1  (Istituzione  del  Consiglio  delle  autonomie  locali  e della
Conferenza  permanente  Regioni-enti  locali).  Nel  merito,  poi, la
difesa  della  Provincia  ha  dedotto  l'infondatezza  di entrambe le
questioni proposte.
    3.   -  Ha  carattere  preliminare  l'esame  della  eccezione  di
inammissibilita' sollevata dalla resistente.
    Tale eccezione non puo' essere accolta.
    E'  pur  vero  che,  in  una  fattispecie  che  presenta spiccata
analogia  con  quella  ora  in  esame,  questa  Corte,  con la citata
sentenza   n. 175   del   2006,  ha  dichiarato  la  inammissibilita'
dell'impugnazione  proposta  dallo  Stato  nei  confronti della legge
della  Regione  Sardegna  sopra  citata,  in  base  al rilievo che il
ricorrente non aveva preso in esame «anche i parametri costituzionali
ricavabili   dal   relativo   statuto,   al   fine   di  valutare  se
effettivamente   le  forme  di  autonomia  riconosciute  dalla  legge
costituzionale n. 3 del 2001 siano piu' estese rispetto a quelle gia'
risultanti dalle disposizioni statutarie».
    Nella  questione  ora in esame, relativa alla legge emanata dalla
Provincia  autonoma  di  Trento, lo stesso legislatore provinciale ha
espressamente affermato che il Consiglio delle autonomie locali viene
istituito  «in  attuazione  dell'articolo 123,  quarto  comma,  della
Costituzione e dell'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3 (...)» (art. 1).
    In    tale   situazione,   pur   non   rivestendo   la   suddetta
autoqualificazione   una   importanza  decisiva  agli  effetti  della
individuazione  del  potere  in  forza  del quale la legge oggetto di
impugnazione  e'  stata adottata, trova tuttavia giustificazione, sul
piano  processuale, la prospettazione, da parte del ricorrente, quale
vizio  inficiante  la  legge  stessa,  della  sola  violazione  della
disposizione  costituzionale di cui all'art. 123, ultimo comma, Cost.
in relazione all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
    Non  puo',  dunque,  ritenersi sussistente la medesima ragione di
inammissibilita'  dell'impugnazione  rilevata  con la sentenza n. 175
del  2006,  atteso  che  appare  in questo caso sufficiente - ai fini
dell'ammissibilita'   del   ricorso -   il   richiamo   al  parametro
costituzionale indicato dallo stesso legislatore provinciale.
    4.  -  Nel  merito,  la questione di costituzionalita' involgente
l'intera legge impugnata non e' fondata.
    4.1.  -  E',  innanzitutto,  opportuno  sottolineare che l'ultimo
comma   dell'art. 123  della  Costituzione,  introdotto  dalla  legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  stabilendo che «in ogni Regione, lo
statuto  disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale organo
di  consultazione  fra  la Regione e gli enti locali», ha previsto un
organo  costituzionalmente  necessario  che  deve essere disciplinato
dallo statuto.
    La finalita' perseguita e' quella di garantire la presenza di una
nuova  forma  organizzativa  stabile  di raccordo tra le Regioni e il
sistema  delle  autonomie  locali  al fine di attuare il principio di
leale collaborazione nei rapporti infraregionali.
    Si  tratta,  dunque, di una disposizione da cui potrebbero trarre
vantaggio  gli enti territoriali minori, ai quali verrebbe assicurata
la   rappresentanza   dei   propri   interessi   in   un   organismo,
obbligatoriamente  istituito,  di coordinamento tra i diversi livelli
istituzionali di governo.
    4.2.  - Cio' precisato, ai fini della risoluzione della questione
di  legittimita'  costituzionale  posta  all'esame  di  questa Corte,
occorre  stabilire  se  la suddetta disposizione costituzionale possa
trovare    applicazione,    in   forza   dell'art. 10   della   legge
costituzionale  n. 3  del  2001,  anche nei confronti delle Regioni a
statuto speciale e delle Province autonome.
    Per  dare  risposta  a  tale  quesito,  e'  necessario stabilire,
prioritariamente,  quale  sia  la  portata  e il contenuto del citato
art. 10  e  se,  in  particolare,  lo  stesso  consenta  l'estensione
dell'ultimo  comma  dell'art. 123 della Costituzione al sistema delle
autonomie speciali.
    4.2.1.  - Il citato art. 10 prevede che «sino all'adeguamento dei
rispettivi  statuti»  le  disposizioni  del  novellato titolo V della
parte  seconda  della Costituzione «si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano per
le  parti  in  cui prevedono forme di autonomia piu' ampie rispetto a
quelle  gia'  attribuite».  Si  configura,  pertanto, «un rapporto di
preferenza,  nel  momento  della loro «applicazione», in favore delle
disposizioni   costituzionali»   che  prevedono,  appunto,  forme  di
autonomia   piu'   ampie  di  quelle  risultanti  dalle  disposizioni
statutarie (sentenza n. 314 del 2003).
    La   citata  disposizione  costituzionale  e'  caratterizzata  da
«assoluta  specialita»,  (cfr.  sentenza n. 383 del 2005) - il che la
rende   insuscettibile   sia  di  interpretazione  estensiva  che  di
applicazione   analogica   -   ed  ha  una  finalita'  essenzialmente
transitoria:  la  funzione  svolta  dalla norma in esame e', infatti,
quella  di garantire alle Regioni speciali e alle Province autonome -
attraverso  un  procedimento di adeguamento automatico e all'esito di
una  valutazione complessiva dei due sistemi in comparazione - quegli
spazi  di  maggiore  autonomia  previsti  dalle norme contemplate dal
nuovo  titolo  V,  in  attesa  della  revisione  dei  singoli statuti
speciali   attraverso   il   procedimento   introdotto   dalla  legge
costituzionale   31 gennaio   2001,  n. 2  (Disposizioni  concernenti
l'elezione  diretta dei presidenti delle Regioni a statuto speciale e
delle  Province  autonome  di  Trento  e  di Bolzano). Il legislatore
costituzionale  del  2001  ha,  pertanto, perseguito, con la norma in
esame, l'obbiettivo di evitare che il rafforzamento del sistema delle
autonomie  delle  Regioni ordinarie, attuato dalla riforma del titolo
V,  potesse  determinare  un  divario  rispetto  a quelle Regioni che
godono di forme e condizioni particolari di autonomia.
    4.2.2.  -  Occorre  ora  verificare  se  il  citato art. 10 trovi
applicazione  soltanto  quando il meccanismo dallo stesso prefigurato
si  risolva  in una maggiore autonomia per le Regioni ovvero se, come
sostenuto   dal   ricorrente,   si   possa   applicare  anche  quando
l'adeguamento   garantisca   una   maggiore   autonomia   degli  enti
territoriali  minori.  In altri termini, si tratta di stabilire se le
norme  contenute  nel  titolo  V  possano  estendersi alle Regioni ad
autonomia  differenziata anche nell'ipotesi in cui il fine perseguito
e' quello di assicurare un apparato di piu' ampie garanzie al sistema
delle autonomie nel loro complesso.
    Questa  Corte  ritiene  che il meccanismo di estensione di cui al
citato   art. 10   possa  funzionare  soltanto  quando  esso  miri  a
garantire,   all'esito   di  una  valutazione  complessiva,  maggiore
autonomia all'ente Regione e non anche all'ente locale.
    La   restrizione   del   campo   di   operativita'  della  citata
disposizione   discende,   innanzitutto,  dalla  stessa  formulazione
letterale  della  norma  che  fa esclusivo riferimento alle Regioni a
statuto  speciale, non inserendo cosi' nel proprio ambito applicativo
gli  enti  territoriali  minori  che  -  godendo, dopo la riforma del
titolo  V,  di  una  sicura  sfera  di  autonomia  costituzionalmente
garantita  -  avrebbero altrimenti ricevuto una esplicita menzione da
parte del legislatore costituzionale.
    A  cio'  e' da aggiungere che, qualora si ritenesse che il citato
art. 10  postuli, ai fini della sua applicazione, una valutazione del
complessivo  sistema  delle  autonomie  sia  regionale che locale, si
potrebbe  verificare  il  caso  in  cui  ad  una  ipotetica  maggiore
autonomia dell'ente locale corrisponda una minore autonomia dell'ente
regionale.   Potrebbe,   infatti,   accadere  che  una  stessa  norma
costituzionale,  introdotta  attraverso  il meccanismo previsto dalla
legge  costituzionale  n. 3  del 2001, sia idonea ad incrementare gli
spazi  di  autonomia degli enti territoriali minori e contestualmente
ad incidere in negativo sull'autonomia regionale.
    Questa possibile valenza non univoca della direzione di una norma
costituzionale   contenuta   nel   titolo   V   impedisce  la  stessa
applicabilita' della clausola di equiparazione di cui all'art. 10, la
quale presuppone una comparazione tra «grandezze omogenee» (cfr., sia
pure   ad   altro  proposito,  sentenza  n. 314  del  2003).  E  tale
comparazione  non  e'  possibile  quando  la  confluenza  di elementi
divergenti  impedisce di stabilire se una disposizione costituzionale
introdotta  dalla legge costituzionale n. 3 del 2001 comporti o meno,
per gli enti destinatari, spazi di maggiore autonomia.
    Per  queste  ragioni  deve,  dunque,  ritenersi che l'adeguamento
automatico  previsto dal citato art. 10 operi esclusivamente a favore
delle autonomie regionali e non anche delle autonomie locali.
    E'  bene,  pero',  precisare che, come questa Corte ha piu' volte
affermato,  quando la competenza legislativa di una Regione a statuto
speciale  si  radica sulle norme contenute nella legge costituzionale
n. 3  del  2001  -  perche'  le  stesse  attribuiscono una competenza
legislativa  «piu'  ampia»  rispetto  allo  statuto - le disposizioni
contenute  nel  titolo  V  trovano  applicazione nella loro interezza
(cfr.  sentenza  n. 383  del  2005).  Il  che  significa che la legge
regionale  dovra'  regolamentare  il  settore  rientrante nell'ambito
della  propria  potesta'  legislativa nel rispetto dei limiti e delle
condizioni  che  la  suddetta  legge  costituzionale ha posto anche a
garanzia    delle   autonomie   territoriali   minori   espressamente
menzionate.
    5.  -  Tuttavia, anche a prescindere dai profili sopra esaminati,
l'art. 123,  ultimo  comma,  Cost. non e', comunque, estensibile alle
Regioni  speciali,  in virtu' della clausola contemplata dall'art. 10
della  legge  costituzionale  n. 3 del 2001, risultando, sotto questo
specifico  aspetto, ininfluente il richiamo operato dall'art. 1 della
legge impugnata alle suddette norme costituzionali.
    Il  citato  articolo 123,  ultimo  comma,  Cost. e', infatti, una
disposizione  che, per il suo contenuto precettivo, si puo' applicare
soltanto  nei  confronti delle Regioni a statuto ordinario, attesa la
non   comparabilita'  tra  le  forme  di  potesta'  statutaria  delle
autonomie regionali ordinarie e speciali.
    Le  prime  hanno, infatti, una potesta' di autoorganizzazione che
si  manifesta  mediante  l'emanazione  di  uno statuto che, a seguito
dell'entrata  in  vigore della legge costituzionale 22 novembre 1999,
n. 1  (Disposizioni  concernenti  l'elezione  diretta  del Presidente
della  Giunta  regionale  e l'autonomia statutaria delle Regioni), e'
una  fonte  regionale  sia  pure  caratterizzata  da  un procedimento
speciale di approvazione.
    Per  le  Regioni  speciali  e', invece, prevista, da un lato, una
fonte  statale,  quale  e'  lo  statuto  speciale approvato con legge
costituzionale,   ai  sensi  dell'art. 116  Cost.,  con  la  parziale
modifica   introdotta  dalla  legge  costituzionale  n. 3  del  2001;
dall'altro,  una  fonte di autoorganizzazione, quale e' la c.d. legge
statutaria, introdotta dalla legge costituzionale n. 2 del 2001 (cfr.
art. 47 dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige).
    Avendo  riguardo  al suindicato statuto speciale, e' evidente che
sussiste  una  incompatibilita'  strutturale  con  il disposto di cui
all'ultimo  comma  dell'art. 123  Cost.:  quest'ultima  disposizione,
imponendo  una espressa riserva statutaria, presuppone ovviamente che
la fonte regolatrice sia nella disponibilita' della Regione.
    Del  pari  e'  insostenibile  che  il  vincolo  statutario, posto
dall'ultimo  comma dell'art. 123 della Costituzione, debba intendersi
riferito   alle  c.d.  leggi  statutarie  e,  dunque,  ad  una  fonte
rientrante nella disponibilita' della stessa Regione o Provincia. Non
solo,  infatti,  la  legge  statutaria  e'  una fonte facoltativa, ma
sussistono  talune  diversita'  sostanziali  e  formali rispetto agli
statuti  delle Regioni ordinarie - afferenti all'oggetto, ai limiti e
al  procedimento  di  formazione  -  che non consentono l'adeguamento
automatico previsto dalla citata norma costituzionale.
    L'esistenza,  pertanto, di un articolato sistema eterogeneo - che
rende  non  comparabili  la  potesta'  statutaria  ordinaria e quella
speciale  -  implica  la  impossibilita' di ritenere applicabile alle
Regioni  ad autonomia differenziata e alle Province autonome l'ultimo
comma dell'art. 123 Cost.
    E'  bene,  da  ultimo,  precisare  che rimane, comunque, fermo il
potere  di  detti enti di prevedere, in armonia con le proprie regole
statutarie,  particolari modalita' procedimentali volte ad introdurre
nel  rispettivo  sistema  forme organizzative stabili di raccordo tra
l'ente   Regione  e  gli  enti  locali  ispirate  dalla  esigenza  di
assicurare  la osservanza del principio di leale collaborazione. Cio'
tanto  piu' se si considera che lo statuto speciale del Trentino-Alto
Adige  attribuisce  potesta'  legislativa  alla Regione in materia di
«ordinamento degli enti locali» (art. 4, numero 3).
    Per  le  ragioni  sin  qui esposte, deve, pertanto, ritenersi non
fondata  la questione di legittimita' costituzionale che ha investito
l'intera legge provinciale n. 7 del 2005.
    6.   -  Devono  ora  essere  esaminate  le  censure  rivolte  dal
ricorrente  nei  confronti  dell'art. 8, commi 1, lettera c), e 3 per
violazione  degli artt. 8, 9, 26, 47 e 60 del d.P.R. n. 670 del 1972,
nonche' dell'ultimo comma dell'art. 123 Cost.
    6.1.  -  L'art. 8,  comma 1, lettera c), attribuisce al Consiglio
delle autonomie locali il compito di formulare «proposte legislative»
che  possono costituire, ove approvate secondo le modalita' stabilite
dalla  norma  in  esame,  «oggetto  di  un apposito disegno di legge»
presentato  dalla stessa Giunta provinciale al Consiglio provinciale.
Il  ricorrente  assume che tale disposizione si porrebbe in contrasto
con gli evocati parametri costituzionali, in quanto inciderebbe sulla
funzione di iniziativa legislativa e sulle competenze legislative del
Consiglio   regionale  e  dei  Consigli  provinciali,  nonche'  sulla
qualificazione  del  Consiglio  delle  autonomie  locali quale organo
meramente consultivo.
    Successivamente  alla proposizione del ricorso e', pero', entrato
in  vigore  l'art. 7, comma 1, lettera c), della legge provinciale 16
giugno 2006,  n. 3  (Norme  in  materia di governo dell'autonomia del
Trentino),  che,  sostituendo  l'art. 8,  comma 1,  lettera c), della
legge  provinciale  n. 7  del  2005, ha previsto che, ove la proposta
legislativa  formulata  dal  Consiglio  delle  autonomie  locali  sia
approvata,  secondo  determinate  modalita',  «la  Giunta provinciale
valuta  la  proposta  e formula un disegno di legge tenendo conto dei
contenuti della proposta medesima».
    La   disposizione   legislativa   sopravvenuta   deve   ritenersi
satisfattiva   rispetto   alle   censure   fatte   valere   nell'atto
introduttivo del giudizio.
    Il  legislatore  provinciale,  attraverso  la modificazione della
norma  censurata,  ha,  infatti,  affermato chiaramente che la Giunta
provinciale ha il potere di valutare e rielaborare il contenuto della
proposta  ai  fini  della  sua  inclusione  in un apposito disegno di
legge.  E'  evidente,  pertanto, che soltanto tale procedimento ha il
valore   di   formale   iniziativa  legislativa,  avendo  l'attivita'
precedente  svolta  dal  Consiglio  delle  autonomie  locali una mera
funzione  consultiva  e propositiva - che non determina alcun vincolo
contenutistico   -   al   fine   di   facilitare  forme  di  raccordo
organizzative tra sistema regionale e sistema delle autonomie locali.
    Non  risultando  che  la  norma  impugnata  abbia  ricevuto medio
tempore  attuazione,  deve, pertanto, essere dichiarata la cessazione
della  materia  del  contendere  in  relazione  alla  censura  che ha
investito l'art. 8, comma 1, lettera c).
    6.2.  -  L'ultima  censura  investe  il  terzo comma dello stesso
art. 8 della legge provinciale.
    Tale disposizione demanda ad un regolamento interno del Consiglio
provinciale  di  disciplinare modalita', termini e procedure mediante
le  quali il Consiglio delle autonomie locali partecipa, nel rispetto
dello  statuto  di  autonomia,  all'iter  di  formazione  delle leggi
provinciali.
    Il  ricorrente  assume  che  anche in questo caso sarebbero stati
violati:
        gli  artt. 8,  9,  26  e 47 dello statuto speciale, in quanto
essi   attribuiscono   la   potesta'  legislativa  esclusivamente  al
Consiglio regionale e ai Consigli provinciali;
        l'art. 60  dello stesso statuto, in quanto «la disciplina del
diritto  di iniziativa legislativa e' rimessa, peraltro con esclusivo
riferimento all'iniziativa popolare, alla sola legge regionale (e non
provinciale)»;
        l'art. 123  Cost.,  il  quale  configura  il  Consiglio delle
autonomie locali quale organo meramente consultivo.
    La questione non e' fondata.
    La  norma  impugnata  si  limita ad attribuire al Consiglio delle
autonomie  locali  un  compito,  da  definire mediante il regolamento
interno  del  Consiglio  provinciale,  nella fase di formazione delle
leggi  provinciali,  che  comunque,  per  espressa  statuizione, deve
rispettare quanto previsto dallo statuto speciale e, quindi, non puo'
incidere   in   alcun   modo   sulla   titolarita'  della  iniziativa
legislativa,  ne' tantomeno sulle competenze legislative attribuite a
determinati organi dallo statuto stesso.
    Per   quanto   attiene,   invece,   alla  censura  di  violazione
dell'art. 60 del d.P.R. n. 670 del 1972, e' sufficiente rilevare come
la  disposizione  statutaria  richiamata  ponga  una riserva di legge
regionale,    ma    con   esclusivo   riferimento   alla   disciplina
dell'iniziativa  legislativa  popolare, mentre la legge impugnata non
solo  non  prevede,  in  generale,  poteri  afferenti  alla  fase  di
iniziativa  legislativa,  ma  non  si  occupa  neanche delle forme di
iniziativa legislativa popolare.
    In  relazione,  infine, alla censura di violazione dell'art. 123,
ultimo  comma, Cost., la stessa deve essere rigettata per le medesime
ragioni  che  hanno  condotto  a  dichiarare non fondata la questione
relativa all'intera legge provinciale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  cessata  la  materia  del  contendere  in  ordine  alla
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'articolo 8, comma 1,
lettera c),  della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  15
giugno 2005,  n. 7  (Istituzione  e  disciplina  del  Consiglio delle
autonomie  locali),  proposta, in riferimento agli articoli 8, 9, 26,
47  e  60  del  d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo
unico  delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per
il  Trentino-Alto  Adige),  nonche' all'art. 123, ultimo comma, della
Costituzione,  dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il
ricorso indicato in epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
della   medesima  legge  provinciale  n. 7  del  2005,  proposta,  in
riferimento  all'articolo 123,  ultimo  comma,  della  Costituzione e
all'articolo 10  della  legge  costituzionale  18 ottobre  2001, n. 3
(Modifiche  al  titolo V della parte seconda della Costituzione), dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
epigrafe;
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'articolo 8,  comma 3,  della predetta legge provinciale n. 7 del
2005,  proposta,  in  riferimento agli articoli 8, 9, 26, 47 e 60 del
citato  d.P.R.  31 agosto  1972, n. 670 e all'art. 123, ultimo comma,
della  Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il
ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C1008