N. 373 SENTENZA 6 - 14 novembre 2006

Giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato.

Conflitto  di  attribuzione  tra poteri dello Stato - Proposizione da
  parte  di  autorita'  giudiziaria  -  Atto introduttivo - Ordinanza
  anziche'  ricorso  -  Sussistenza  dei  requisiti  di  sostanza del
  ricorso - Ammissibilita' del conflitto.
Parlamento  -  Insindacabilita' - Giudizio civile per il risarcimento
  dei danni a seguito delle dichiarazioni rese al di fuori delle sedi
  assembleari  da  un  senatore  della  Repubblica,  riportate  su un
  periodico  -  Deliberazione  di  insindacabilita'  del Senato della
  Repubblica  -  Conflitto  di  attribuzione  tra  poteri dello Stato
  sollevato  dal  Tribunale  di Milano - Denunciata mancanza di nesso
  funzionale  tra  opinioni  espresse  ed  esercizio  delle  funzioni
  parlamentari   -  Mero  riferimento  ad  attivita'  parlamentare  e
  generica  inerenza  a  temi  dibattuti  in Parlamento - Irrilevanza
  della qualifica di parlamentare rispetto all'esercizio di diritti o
  di  doveri  non  richiedenti l'intermediazione della rappresentanza
  parlamentare  -  Non  spettanza  al  Senato  della Repubblica della
  potesta'    esercitata    -    Annullamento   della   delibera   di
  insindacabilita'.
- Deliberazione  del  Senato  della  Repubblica  23 luglio 2003 (doc.
  IV-quater, n. 13).
- Costituzione, art. 68, comma primo.
(GU n.46 del 22-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di attribuzione tra poteri dello Stato
sorto  a  seguito della deliberazione del Senato della Repubblica del
23 luglio    2003,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse   dal   senatore   Raffaele  Jannuzzi  nei  confronti  della
dottoressa  Anna  Maria  Leone, promosso con ricorso del Tribunale di
Milano,  sezione I civile, notificato il 25 novembre 2004, depositato
in  cancelleria il 14 dicembre 2004 ed iscritto al n. 30 del registro
conflitti 2004;
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24 ottobre  2006  il  giudice
relatore Franco Bile;
    Udito   l'avvocato  Giovanni  Pitruzzella  per  il  Senato  della
Repubblica.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Nel corso di un giudizio civile, promosso dalla dottoressa
Anna  Maria  Leone,  magistrato con funzioni di sostituto procuratore
generale  presso  la  Corte di appello di Palermo, contro il senatore
Raffaele  Jannuzzi,  il  Tribunale  di  Milano,  sezione I civile, in
composizione monocratica, con ordinanza emessa il 13 novembre 2003 (e
pervenuta  alla  Corte il 18 novembre 2003), ha proposto conflitto di
attribuzione  tra  poteri dello Stato avverso la delibera adottata il
23 luglio  2003 (doc. IV-quater, n. 13), con la quale il Senato della
Repubblica  ha dichiarato che i fatti oggetto di quel processo civile
concernono   opinioni   espresse  dal  convenuto,  quale  membro  del
Parlamento  nell'esercizio delle sue funzioni, ai sensi dell'art. 68,
primo comma, della Costituzione.
    Il  giudizio  concerne  la  richiesta  di risarcimento dei danni,
asseritamente  subiti  dall'attrice  in conseguenza di un articolo, a
firma   del   convenuto,   pubblicato  sul  settimanale  Panorama  il
22 ottobre  2002, con il titolo «Pressione bassa ed udienze infinite»
- riguardante il processo d'appello nei confronti del senatore Giulio
Andreotti,  all'epoca  in corso a Palermo, in cui la medesima attrice
sosteneva  il  ruolo di pubblico ministero d'udienza insieme ad altro
magistrato  -  nel  cui  contesto,  in  particolare,  si  riferiva di
un'abnorme  dilatazione  dei  tempi  processuali  conseguente  a mere
esigenze personali della stessa e ad un errore in cui sarebbe incorsa
nel  richiamare  l'appartenenza  politica  di un soggetto tra i molti
implicati nel processo.
    Trascritto   il  contenuto  dell'articolo  in  contestazione,  il
ricorrente  lamenta l'illegittimo esercizio del potere valutativo del
Senato, a motivo dell'inesistenza nella condotta del parlamentare del
necessario  nesso fra le opinioni da lui espresse e l'esercizio delle
sue funzioni, che non puo' essere ravvisato nel semplice collegamento
di   argomento   e   di   contesto   tra   attivita'  parlamentare  e
dichiarazione. Al contrario, il Tribunale ritiene che le affermazioni
contenute  nell'articolo in esame, pubblicato su di un settimanale in
una  rubrica  di  commenti,  devono  ritenersi  prive  di alcun nesso
funzionale   con   atti  rientranti  nel  mandato  parlamentare,  non
risultando  dagli  atti  di  causa  -  ed  in  particolare dagli atti
parlamentari  relativi  alla  discussione  ed  alla deliberazione del
Senato,  nonche'  dalle  difese  della  parte convenuta - che il loro
contenuto  corrisponda a dichiarazioni del senatore Jannuzzi espresse
in  sede  parlamentare,  ovvero  costituisca divulgazione di opinioni
espresse dal medesimo nell'ambito di atti parlamentari tipici.
    Affermata  dunque l'ammissibilita' del conflitto sotto il profilo
soggettivo ed oggettivo, il Tribunale di Milano, sospeso il giudizio,
ha  concluso  chiedendo che la Corte costituzionale: a) «dichiari che
non spettava al Senato della Repubblica il potere di qualificare come
insindacabili le dichiarazioni contestate al senatore Raffaele (Lino)
Jannuzzi,  in  quanto  esercitato  al di fuori delle ipotesi previste
dall'art. 68   primo   comma   Cost.»;   b)   «annulli   la  relativa
deliberazione  del Senato della Repubblica adottata in data 23 luglio
2003».
    2.  -  Il  conflitto  e' stato dichiarato ammissibile dalla Corte
costituzionale con ordinanza n. 337 del 10 novembre 2004.
    A  cura  del  Tribunale di Milano, la predetta ordinanza e' stata
notificata   al   Senato   della   Repubblica,   unitamente  all'atto
introduttivo,  in  data  25  novembre,  e,  ai  fini  del  prescritto
deposito,  gli atti sono stati inviati a mezzo del servizio postale e
sono  pervenuti  nella  cancelleria  della  Corte  il  successivo  14
dicembre.
    3.  -  Con  memoria  depositata in pari data, si e' costituito il
Senato   della   Repubblica,   concludendo  per  la  declaratoria  di
infondatezza del conflitto.
    Richiamata l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale sulla
ricorrenza  del  nesso  funzionale  in  tema  di  opinioni  rese  dal
parlamentare   extra  moenia  e  sottolineato  come  la  Corte  abbia
storicamente  evitato di darne una definizione stringente, preferendo
verificarne la ricorrenza caso per caso, la difesa del Senato afferma
che  l'attivita'  di  parlamentare  e giornalista svolta dall'autore,
dalla  quale  ha  avuto  origine  l'articolo  in  esame,  deve essere
considerata  come  parte  della  sua  piu'  ampia attivita' (rectius,
funzione)  politica  ed espressione, per quanto atipica, del relativo
ruolo  istituzionale;  con  la conseguenza dunque che non sembra piu'
opinabile  ormai  che  il  mandato elettorale si esplichi in tutte le
occasioni  in cui il parlamentare raggiunga il cittadino, illustrando
la propria posizione anche quando cio' avvenga al di fuori del luoghi
deputati  all'attivita' legislativa in senso stretto, estrinsecandosi
invece  nei  mezzi  di  informazione,  negli  organi  di stampa ed in
televisione.
    Pertanto,  in ragione di cio', la difesa del Senato (reiterate le
proprie  argomentazioni  in  una  memoria  illustrativa  di  udienza)
auspica  l'intervento  di  «un  ulteriore  -  ed  anche  stavolta non
dogmatico,  bensi'  attuale  -  aggiornamento  giurisprudenziale  del
concetto  di  nesso  funzionale  [che] risponderebbe meglio alle gia'
richiamate  esigenze  di  bilanciamento  fra  i valori costituzionali
implicati  e  confliggenti  nell'ambito del giudizio sul conflitto di
attribuzione  fra  poteri  dello Stato, con particolare riguardo alla
garanzia di cui all'art. 68, comma 1, della Costituzione».

                       Considerato in diritto

    1. - Il Tribunale di Milano ha proposto conflitto di attribuzione
tra poteri dello Stato avverso la delibera adottata il 23 luglio 2003
(doc.  IV-quater,  n. 13), con la quale il Senato della Repubblica ha
dichiarato  che  i  fatti  oggetto del processo civile promosso dalla
dottoressa  Anna  Maria  Leone  contro  il senatore Raffaele Jannuzzi
concernono opinioni espresse da quest'ultimo nell'esercizio delle sue
funzioni  parlamentari,  ai  sensi  dell'art. 68,  primo comma, della
Costituzione.
    Nel giudizio pendente davanti al ricorrente, l'attrice ha chiesto
il  risarcimento dei danni, asseritamente subiti in conseguenza di un
articolo,  a firma del convenuto, pubblicato sul settimanale Panorama
il  22 ottobre  2002,  con  il  titolo  «Pressione  bassa  ed udienze
infinite» - riguardante il processo d'appello nei confronti di Giulio
Andreotti,  all'epoca  in corso a Palermo, in cui la medesima attrice
sosteneva  il  ruolo di pubblico ministero d'udienza insieme ad altro
magistrato  -  nel  cui  contesto si faceva riferimento ad un'abnorme
dilatazione   dei  tempi  processuali  conseguente  a  mere  esigenze
personali  e  di  salute  della  stessa e ad un errore in cui sarebbe
incorsa  nel  richiamare l'appartenenza politica di un soggetto tra i
molti implicati nel processo.
    Il  Tribunale deduce, in sintesi, l'insussistenza dei presupposti
della  affermata  insindacabilita', in assenza di un nesso funzionale
tra queste dichiarazioni rese extra moenia ed alcun atto parlamentare
tipico avente ad oggetto i fatti su cui verte il giudizio.
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto  sussistendone  i presupposti soggettivi ed oggettivi, come
gia' ritenuto da questa Corte nell'ordinanza n. 337 del 2004.
    Costituisce,  poi,  principio  consolidato  nella  giurisprudenza
costituzionale  quello secondo cui, riguardo ai conflitti proposti da
una  autorita'  giudiziaria,  non  ha  rilievo  il  fatto  che l'atto
introduttivo   abbia,   anziche'   la   forma   del  ricorso,  quella
dell'ordinanza,   qualora,   come  nella  specie,  possieda  tutti  i
requisiti  di  sostanza  necessari  per un valido ricorso (da ultimo,
sentenze n. 335 e n. 314 del 2006).
    3. - Nel merito, il ricorso e' fondato.
    Secondo   la   costante   giurisprudenza  di  questa  Corte,  per
l'esistenza  di  un  nesso funzionale tra le dichiarazioni rese da un
parlamentare  al  di  fuori della sede istituzionale e l'espletamento
delle  sue  funzioni di membro del Parlamento, e' necessario che tali
dichiarazioni    possano   essere   identificate   come   espressione
dell'esercizio di attivita' parlamentari (cfr. sentenze n. 10 e n. 11
del  2000),  ed  il compito di questa Corte e' limitato alla verifica
dell'esistenza  di  tale  nesso (sentenze n. 335, n. 329 e n. 317 del
2006).
    Nel  caso  in  esame,  ne' la delibera di insindacabilita' ne' la
proposta  della  Giunta  delle  elezioni e delle immunita' del Senato
contengono alcun riferimento ad atti tipici compiuti dal parlamentare
sul tema oggetto del pubblicato articolo.
    La   relazione  della  Giunta  (cui  fa  rinvio  la  delibera  di
insindacabilita)   -   sottolineato   «ancora  una  volta  che,  data
l'evoluzione  che  la  figura  del  politico-parlamentare ha subito e
continua   a   subire,   non   sembra  nello  spirito  del  principio
costituzionale   restringere   le   prerogative  di  insindacabilita'
esclusivamente alle discussioni che si tengono all'interno delle Aule
e  che siano intimamente connesse alla funzione stessa» - ritiene che
«il  mandato  elettorale  [...]  si esplica in tutte quelle occasioni
nelle  quali  il  parlamentare  raggiunge il cittadino ed illustra la
propria posizione anche, e forse tanto piu', quando questo avvenga al
di  fuori  dei  luoghi  deputati  all'attivita'  legislativa in senso
stretto  e si esplichi invece nei mezzi di informazione, negli organi
di  stampa  e  in televisione». E conclude nel senso che, anche nella
specie,  sia  ravvisabile l'insindacabilita' trattandosi «di opinioni
espresse  nel  quadro  di  quelle  attivita' che, nel loro complesso,
possono  ritenersi  facenti  parte  dell'attivita'  parlamentare, dal
momento  che  si tratta dell'estrinsecazione, in un organo di stampa,
della  posizione  di  un  senatore  in  relazione  a  rilevanti fatti
pubblici».
    Ma  -  secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  -  il mero
riferimento all'attivita' parlamentare o comunque all'inerenza a temi
di rilievo generale (pur anche dibattuti in Parlamento), entro cui le
dichiarazioni  si  possano  collocare,  non  vale in se' a connotarle
quali  espressive  della  funzione,  ove  esse,  non  costituendo  la
sostanziale  riproduzione  di  specifiche  opinioni  manifestate  dal
parlamentare  nell'esercizio  delle  proprie  attribuzioni, siano non
gia'  il  riflesso  del  peculiare  contributo che ciascun deputato e
ciascun  senatore  apporta alla vita parlamentare mediante le proprie
opinioni  e i propri voti (come tale coperto dall'insindacabilita', a
garanzia  delle  prerogative  delle  Camere  e  non di un «privilegio
personale  [...]  conseguente  alla mera "qualita'" di parlamentare»:
sentenza n. 120 del 2004), ma un'ulteriore e diversa articolazione di
siffatto  contributo,  elaborata  ed  offerta  alla pubblica opinione
nell'esercizio  della libera manifestazione del pensiero assicurata a
tutti  dall'art. 21  della Costituzione (sentenze n. 329 e n. 317 del
2006 e n. 51 del 2002).
    In  tale  prospettiva,  va  anche disatteso l'assunto del Senato,
secondo  cui  «l'attivita' di parlamentare e giornalista, dalla quale
ha  avuto  origine  l'articolo de quo, [puo] essere considerata ormai
come parte della piu' ampia attivita' (rectius, funzione) di politico
ed   espressione   -   per   quanto  atipica  -  del  relativo  ruolo
istituzionale»:  questa  Corte  ha,  infatti,  gia'  ritenuto  in se'
irrilevante  (al  fine  d'affermare  la  sussistenza  dei presupposti
dell'insindacabilita)   la   qualifica   rivestita   dal  membro  del
Parlamento  rispetto  all'esercizio  di  diritti  o di doveri che, in
quanto    spettanti    a    tutti   i   cittadini,   non   richiedono
l'intermediazione  della  rappresentanza parlamentare (cfr., sentenze
n. 329 e n. 286 del 2006).
    Le  dichiarazioni  contenute  nell'articolo di stampa a firma del
parlamentare   non  rientrano,  pertanto,  nell'esercizio  della  sua
specifica   funzione  e  non  sono  garantite  dall'insindacabilita'.
Conseguentemente, l'impugnata delibera del Senato della Repubblica ha
violato  l'art. 68, primo comma, della Costituzione, ledendo con cio'
le  attribuzioni dell'autorita' giudiziaria ricorrente, e deve essere
annullata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non  spettava al Senato della Repubblica affermare
che  i  fatti  oggetto del processo civile, proposto dalla dottoressa
Anna  Maria  Leone  contro  il  senatore  Raffaele  (Lino) Jannuzzi e
pendente  davanti  al  Tribunale  di  Milano,  sezione  I  civile, in
composizione    monocratica,    concernono   opinioni   espresse   da
quest'ultimo    nell'esercizio   delle   sue   funzioni,   ai   sensi
dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
    Annulla,  per l'effetto, la delibera di insindacabilita' adottata
dal  Senato  della  Repubblica  nella seduta del 23 luglio 2003 (doc.
IV-quater, n. 13).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
                   Il Presidente e redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C1011