N. 378 ORDINANZA 6 - 14 novembre 2006

Giudizio   sull'ammissibilita'   del   ricorso   per   conflitto   di
attribuzione tra poteri dello Stato.

Parlamento   -  Immunita'  parlamentari  -  Procedimento  penale  per
  diffamazione a mezzo stampa a carico di un deputato - Deliberazione
  di  insindacabilita'  delle opinioni espresse adottata dalla Camera
  di  appartenenza - Ricorso per conflitto di attribuzione fra poteri
  dello  Stato  proposto  dal Giudice per le indagini preliminari del
  Tribunale  di  Torino  -  Sussistenza  dei  requisiti soggettivo ed
  oggettivo  per  l'instaurazione  del conflitto - Ammissibilita' del
  ricorso - Comunicazione e notificazione conseguenti.
- Deliberazione  della  Camera  dei  deputati  25 luglio  2005  (doc.
  IV-quater, n. 117).
- Costituzione,  art. 68,  comma  primo;  legge 11 marzo 1953, n. 87,
  art. 37.
(GU n.46 del 22-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  per  conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato,
sorto  a  seguito  della  deliberazione della Camera dei deputati del
25 luglio    2005,   relativa   alla   insindacabilita',   ai   sensi
dell'art. 68,   primo   comma,  della  Costituzione,  delle  opinioni
espresse  dall'onorevole  Carlo  Taormina  nei  confronti del tenente
colonnello Luciano Garofano, nella qualita' di comandante del reparto
investigazioni  scientifiche  dell'Arma dei carabinieri, promosso dal
giudice  per  le  indagini  preliminari  del Tribunale di Milano, con
ricorso  depositato  in  cancelleria  il 29 marzo 2006 ed iscritto al
n. 13  del  registro  conflitti  tra poteri dello Stato 2006, fase di
ammissibilita'.
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'11 ottobre 2006 il giudice
relatore Francesco Amirante.
    Ritenuto  che  con  ricorso  del  20 marzo 2006 il giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Milano ha promosso conflitto di
attribuzione  tra  poteri dello Stato, nei confronti della Camera dei
deputati,  in  relazione  alla  delibera  del  25 luglio  2005  (doc.
IV-quater,  n. 117)  con  la  quale  -  in  conformita' alla proposta
adottata a maggioranza dalla Giunta per le autorizzazioni a procedere
-  e'  stato  dichiarato  che  i  fatti per i quali il deputato Carlo
Taormina  e'  sottoposto  a  procedimento  penale  per  il delitto di
diffamazione   a   mezzo   stampa  riguardano  opinioni  espresse  da
quest'ultimo  nell'esercizio  delle sue funzioni parlamentari e sono,
quindi,  insindacabili  ai  sensi  dell'art. 68,  primo  comma, della
Costituzione;
        che  il ricorrente premette che il tenente colonnello Luciano
Garofano,  nella  qualita'  di  comandante del reparto investigazioni
scientifiche   dell'Arma   dei   carabinieri,  aveva  presentato,  il
26 luglio  ed il 19 novembre 2004, due distinte querele nei confronti
del deputato Carlo Taormina, in conseguenza di ripetute dichiarazioni
ritenute  lesive della propria reputazione, riportate dagli organi di
stampa e dalla televisione;
        che,   instauratosi   il  relativo  procedimento  penale  nei
confronti  dell'onorevole  Taormina,  l'Assemblea parlamentare si era
espressa,  con  la delibera oggetto del presente conflitto, nel senso
dell'insindacabilita'   delle   opinioni  rese  da  quest'ultimo,  il
pubblico  ministero  aveva formulato la richiesta di archiviazione ma
il  querelante  si  era  opposto, sollecitando il giudice a sollevare
conflitto di attribuzione;
        che  il G.I.P. del Tribunale di Milano precisa che la vicenda
trae  origine  dal  processo  penale  in  corso  di  svolgimento  per
l'omicidio  di  Samuele Lorenzi, avvenuto a Cogne, processo nel quale
il deputato Taormina svolge il compito di difensore;
        che dai capi di imputazione emerge che il deputato avrebbe in
piu'  occasioni  leso la reputazione del tenente colonnello Garofano,
accusandolo  di  aver  manomesso  un  reperto utilizzato nel corso di
un'indagine peritale compiuta nel menzionato processo penale;
        che,  sentito dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera
dei  deputati, l'onorevole Taormina aveva evidenziato come l'omicidio
di  Samuele  Lorenzi  e le conseguenti indagini fossero stati gia' al
centro  del suo interessamento nella qualita' di parlamentare, ancora
prima che egli venisse officiato del mandato difensivo da parte della
madre della vittima, imputata dell'omicidio, in proposito richiamando
un'interrogazione  da lui rivolta al Ministro della giustizia in data
22 aprile 2002 nella quale si ipotizzava che i «soggetti interessati»
non   avessero   adottato,   nell'immediato,  le  necessarie  cautele
affinche'  il  luogo  del  delitto  venisse  preservato  da possibili
inquinamenti probatori;
        che  le  successive  dichiarazioni  rese  alla stampa ed alla
televisione,  pertanto,  non  sarebbero  state  altro  -  secondo  il
deputato  -  che  la divulgazione delle perplessita' a suo tempo gia'
esternate  in  sede  parlamentare,  con conseguente diritto di godere
dell'insindacabilita'   di   cui   all'art. 68,  primo  comma,  della
Costituzione;
        che  il ricorrente, dopo aver richiamato i principi affermati
dalla   consolidata   giurisprudenza  di  questa  Corte  in  tema  di
insindacabilita',  osserva  che,  nel  caso specifico, la prerogativa
invocata  dalla  Camera  dei  deputati non puo' trovare applicazione,
poiche'  non  sussiste  alcun  collegamento tra le frasi per le quali
l'onorevole  Taormina  e'  imputato di diffamazione e gli atti tipici
della funzione parlamentare;
        che  nell'interrogazione  parlamentare  del  22 aprile  2002,
infatti,  si  chiede  al  Ministro  della  giustizia  di  compiere  i
necessari  accertamenti  -  se  del  caso  anche  attivando  i poteri
disciplinari  -  in  ordine  ad  una  serie  di  fatti  connessi  con
l'omicidio  avvenuto  a  Cogne,  in particolare censurando la mancata
adozione,  da  parte  degli  investigatori,  delle dovute cautele per
proteggere il luogo del delitto da possibili inquinamenti probatori;
        che  le  dichiarazioni  per  le quali il deputato Taormina e'
imputato,  invece, riguardano tutt'altro aspetto della vicenda, ossia
il comportamento del tenente colonnello Garofano, incaricato dal P.M.
di svolgere alcune indagini peritali;
        che    non    potrebbe   esservi   alcun   collegamento   fra
l'interrogazione   rivolta   al  Ministro  della  giustizia  al  fine
dell'eventuale promovimento dell'azione disciplinare - iniziativa che
avrebbe potuto avere come destinatari esclusivamente i magistrati del
Tribunale  di  Aosta  -  e l'operato di un ufficiale dei carabinieri,
direttore  del  reparto  investigazioni scientifiche, nominato perito
dal  P.M.,  sicche'  le  presunte  negligenze  in  grado  di favorire
l'inquinamento delle prove non potevano certamente essere riferite al
tenente colonnello Garofano, intervenuto in un secondo momento;
        che  cio'  sarebbe ancora piu' evidente in quanto il deputato
Taormina, sentito dalla Giunta per le autorizzazioni della Camera dei
deputati,  non  ha fornito alcuna risposta alla specifica domanda del
deputato  Gironda  Velardi  il  quale  gli  chiedeva proprio se fra i
«soggetti   interessati»,  autori  delle  presunte  negligenze,  egli
ricomprendesse anche il menzionato ufficiale dei carabinieri;
        che  la  mancanza  del nesso funzionale, infine, sarebbe resa
palese  dal fatto che le dichiarazioni asseritamente diffamatorie del
parlamentare,  oltre  ad  essere  successive  di due anni rispetto al
citato  atto  di funzione, trovano il proprio fondamento in una serie
di conoscenze specifiche che lo stesso non poteva possedere se non in
quanto  avvocato difensore nell'ambito del processo per l'omicidio di
Cogne,   ossia   a   titolo  privato  e  professionale,  senza  alcun
collegamento col mandato parlamentare.
    Considerato  che  in  questa  fase la Corte e' chiamata, ai sensi
dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
a  deliberare  se  il  sollevato conflitto di attribuzione tra poteri
dello  Stato sia ammissibile, valutando, senza contraddittorio tra le
parti,   se  ne  sussistano  i  requisiti  soggettivo  ed  oggettivo,
rimanendo  impregiudicata  ogni  definitiva decisione anche in ordine
all'ammissibilita';
        che,  quanto  al  requisito  soggettivo,  il  giudice  per le
indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Milano  e'  legittimato  a
sollevare    il    conflitto,   essendo   competente   a   dichiarare
definitivamente, in relazione al procedimento del quale e' investito,
la  volonta'  del  potere  cui  appartiene,  in  considerazione della
posizione  di  indipendenza,  costituzionalmente  garantita,  di  cui
godono i singoli organi giurisdizionali;
        che,  analogamente, la Camera dei deputati, che ha deliberato
l'insindacabilita'  delle  opinioni espresse da un proprio membro, e'
legittimata   ad   essere  parte  del  conflitto,  in  quanto  organo
competente  a  dichiarare  definitivamente la volonta' del potere che
rappresenta;
        che,  per quanto riguarda il profilo oggettivo del conflitto,
il   ricorrente  denuncia  la  menomazione  della  propria  sfera  di
attribuzione,  garantita  da  norme  costituzionali,  in  conseguenza
dell'adozione,   da   parte   della   Camera  dei  deputati,  di  una
deliberazione  ove  si afferma, in maniera asseritamente illegittima,
che   le   opinioni  espresse  da  un  proprio  componente  rientrano
nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in tal modo godendo della
garanzia  di  insindacabilita'  stabilita  dall'art. 68, primo comma,
della Costituzione;
        che,  pertanto,  esiste  la  materia  di  un conflitto la cui
risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo
1953,  n. 87,  il  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato
promosso  dal  giudice  per  le indagini preliminari del Tribunale di
Milano  nei  confronti  della  Camera  dei  deputati  con  il ricorso
indicato in epigrafe;
    Dispone:
        a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione
della presente ordinanza al ricorrente;
        b) che  l'atto  introduttivo e la presente ordinanza siano, a
cura  del  ricorrente,  notificati  alla Camera dei deputati entro il
termine  di  sessanta  giorni dalla comunicazione di cui al punto a),
per essere poi depositati, con la prova dell'avvenuta notifica, nella
cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni previsto
dall'art. 26,  comma 3, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Amirante
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 14 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
06C1016