N. 391 SENTENZA 8 - 21 novembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Impiego  pubblico  - Impiego regionale e locale - Norme della Regione
  Friuli-Venezia  Giulia  in  materia  di contrattazione collettiva -
  Disciplina della partecipazione delle organizzazioni sindacali alla
  contrattazione   con  l'Agenzia  Regionale  per  la  Rappresentanza
  Negoziale  (ARERAN)  -  Ricorso del Governo - Denunciata violazione
  della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile
  nonche'  dedotto  contrasto  con la normativa statale in materia di
  diritti   sindacali   e  conseguente  violazione  dei  principi  di
  unitarieta'  ed uniformita' giuridica ed economica dell'ordinamento
  -  Eccezione  di  inammissibilita'  per  erroneita'  del  parametro
  evocato - Reiezione.
- Legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005, n. 19,
  art. 1, commi 7 e 8.
- Costituzione,  artt. 5,  117,  commi primo e secondo, lettera l), e
  120.
Impiego  pubblico  - Impiego regionale e locale - Norme della Regione
  Friuli-Venezia  Giulia  in  materia  di contrattazione collettiva -
  Disciplina della partecipazione delle organizzazioni sindacali alla
  contrattazione   con  l'Agenzia  Regionale  per  la  Rappresentanza
  Negoziale  (ARERAN)  -  Ricorso del Governo - Denunciata violazione
  della competenza statale esclusiva in materia di ordinamento civile
  nonche'  dedotto  contrasto  con la normativa statale in materia di
  diritti   sindacali   e  conseguente  violazione  dei  principi  di
  unitarieta'  ed uniformita' giuridica ed economica dell'ordinamento
  - Eccezione di inammissibilita' per la contraddittoria formulazione
  delle censure - Accoglimento.
- Legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005, n. 19,
  art. 1, commi 7 e 8.
- Costituzione, art. 117, commi primo e secondo, lettera l).
Impiego  pubblico  - Impiego regionale e locale - Norme della Regione
  Friuli-Venezia  Giulia  in  materia  di contrattazione collettiva -
  Disciplina della partecipazione delle organizzazioni sindacali alla
  contrattazione   con  l'Agenzia  Regionale  per  la  Rappresentanza
  Negoziale (ARERAN) - Ricorso del Governo - Lamentata violazione dei
  principi  di  unitarieta'  ed  uniformita'  giuridica  ed economica
  dell'ordinamento - Censura priva di motivazione - Inammissibilita'.
- Legge  della  Regione  Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005, n. 19,
  art. 1, commi 7 e 8.
- Costituzione, artt. 5 e 120.
(GU n.47 del 29-11-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 7
e  8, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005,
n. 19  (Norme  in  materia  di  comparto  unico  del pubblico impiego
regionale   e  locale  nonche'  di  accesso  all'impiego  regionale),
promosso  con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
notificato   il   17 ottobre   2005,  depositato  in  cancelleria  il
25 ottobre 2005 ed iscritto al n. 88 del registro ricorsi 2005;
    Visto    l'atto    di   costituzione   della   Regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24 ottobre  2006  il  giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Uditi   l'avvocato   dello  Stato  Massimo  Salvatorelli  per  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  l'avvocato Giandomenico
Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia.

                          Ritenuto in fatto

    1.  - Con ricorso notificato il 17 ottobre 2005 il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  ha  chiesto  alla  Corte  costituzionale di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 1, commi 7 e
8,  della  legge  della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005,
n. 19  (Norme  in  materia  di  comparto  unico  del pubblico impiego
regionale  e  locale  nonche'  di accesso all'impiego regionale), per
violazione  degli  artt. 5, 117, primo e secondo comma, lettera l), e
120 della Costituzione.
    Prevedono  le  impugnate  norme che, «in via transitoria, ai fini
della  definizione del primo contratto collettivo del comparto unico,
rispettivamente,   dell'area   del   personale   dirigenziale  e  non
dirigenziale,  l'A.Re.Ra.N.  ammette  alla  contrattazione,  con pari
dignita',   le   organizzazioni  sindacali  rappresentative  sia  del
comparto  del  personale  degli  enti  locali  della Regione, sia del
comparto  del  personale  regionale,  secondo la disciplina di cui ai
commi 7 e 9 dell'art. 16 della legge regionale n. 13 del 2000» (comma
7)  e  che  «l'A.Re.Ra.N.  sottoscrive il contratto di cui al comma 7
verificando   previamente,   sulla   base   della  rappresentativita'
accertata  per  l'ammissione  alle  trattative  ai sensi del medesimo
comma 7,  che  le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi
di  accordo,  indipendentemente  se  rappresentative nel comparto del
personale  degli  enti  locali  della  Regione  o  nel  comparto  del
personale regionale, rappresentino nel loro complesso il 51 per cento
del  totale della rappresentativita' definita dalla somma delle quote
di  rappresentativita'  ottenute,  per  ognuno  dei  comparti,  dalla
rideterminazione     della     rappresentativita'    delle    singole
organizzazioni sindacali in proporzione al rapporto intercorrente fra
il personale in servizio a tempo indeterminato nel singolo comparto e
il  numero  totale  del  personale  in servizio a tempo indeterminato
nell'intero  comparto  unico,  alla data del 31 dicembre 2001» (comma
8).
    Premette la difesa erariale che l'art. 4, numero 1, dello Statuto
speciale  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia, approvato con legge
costituzionale  31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia   Giulia),  attribuisce  alla  competenza  legislativa
esclusiva  della  Regione  la materia dell'ordinamento degli Uffici e
degli  Enti  dipendenti  dalla  Regione  e  dello  stato giuridico ed
economico  del  personale ad essi addetto, competenza da esercitarsi,
peraltro,  in  armonia  con  la Costituzione, con i principi generali
dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica,   con   le   norme
fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  e  con  gli obblighi
internazionali  dello  Stato,  nonche'  nel  rispetto degli interessi
nazionali e di quelli di altre Regioni.
    Ricordato quindi che, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera l)
della  Costituzione, la materia dell'ordinamento civile rientra nella
potesta'  legislativa  esclusiva  dello Stato, si duole il ricorrente
che la rappresentativita' delle organizzazioni sindacali ammesse alla
contrattazione  collettiva  venga  individuata, dall'art. 1, comma 7,
della  legge  regionale  n. 19 del 2005, in base a criteri diversi da
quelli stabiliti dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme
generali   sull'ordinamento   del   lavoro   alle   dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche), posto che, mentre l'art. 43 di tale fonte
esige,  per l'ammissione alla contrattazione collettiva nazionale, da
parte  dell'Agenzia  per  la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni  (ARAN),  una  «rappresentativita' non inferiore al 5
per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e
il  dato elettorale», la disposizione impugnata, attraverso il rinvio
all'art. 16,  commi 7 e 9, della legge regionale 3 luglio 2000, n. 13
(Disposizioni   collegate   alla  legge  finanziaria  2000),  ritiene
sufficiente,   per   l'ammissione   alla   contrattazione   da  parte
dell'Agenzia  regionale per la rappresentanza negoziale (A.Re.Ra.N.),
una  percentuale  di  rappresentativita',  «intesa quale media tra la
percentuale  delle  deleghe  rispetto  al  totale  delle  stesse e la
percentuale  dei  voti  rispetto  al  totale  dei voti espressi nelle
elezioni delle Rappresentanze sindacali unitarie», non inferiore al 4
per cento.
    Il  successivo  comma 8  della  medesima norma subordina, poi, la
sottoscrizione  del  contratto  collettivo, da parte dell'A.Re.Ra.N.,
alla verifica della rappresentativita' delle organizzazioni sindacali
aderenti,  calcolata,  ancora una volta, secondo parametri diversi da
quelli fissati nell'art. 43 del decreto legislativo n. 165 del 2001.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  le disposizioni impugnate sarebbero
illegittime perche', regolamentando i diritti sindacali e i requisiti
per  l'ammissione  delle organizzazioni sindacali alla contrattazione
collettiva,  inciderebbero  sulla  materia  dell'ordinamento  civile,
riservata  alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, piuttosto
che  su  quella  dello  stato giuridico ed economico del personale, e
cio'  tanto  piu'  che  lo  Statuto  speciale  nessuna competenza, in
materia di diritti sindacali, attribuisce alla Regione.
    Inoltre non sarebbe possibile la deroga ai principi stabiliti nel
d.lgs.  n. 165  del  2001,  posto  che gli stessi - espressione delle
istanze  di  unitarieta' e uniformita' desumibili dagli artt. 5 e 120
della    Costituzione   -   si   configurerebbero   quale   parametro
immodificabile  dalle leggi regionali, la cui violazione ben potrebbe
pertanto  essere  censurata  innanzi  al  Giudice  delle  leggi (come
ritenuto dalla sentenza n. 274 del 2003).
    2.  -  Si  e'  costituita la Regione Friuli-Venezia Giulia che ha
chiesto   il   rigetto   del  ricorso,  «in  quanto  inammissibile  e
infondato», riservandosi di esplicitarne successivamente le ragioni.
    3.  - Nella memoria depositata in data 4 ottobre 2006, la Regione
Friuli-Venezia  Giulia  -  premesso  che la legge regionale 11 agosto
2005,   n. 19,   e'   stata  emanata  nell'esercizio  della  potesta'
legislativa  primaria  in materia di ordinamento degli Uffici e degli
Enti  dipendenti  dalla  Regione  e  stato giuridico ed economico del
personale  ad essi addetto nonche' di ordinamento degli enti locali e
delle relative circoscrizioni (art. 4, numeri 1 e 1-bis dello Statuto
speciale) - sostiene che lo Stato non si sarebbe attenuto ai principi
fissati  dalla consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale,
la  quale  esige,  in  caso di impugnazione di leggi delle Regioni ad
autonomia  speciale,  una puntuale illustrazione delle ragioni per le
quali  non dovrebbe farsi riferimento alle disposizioni dello Statuto
speciale, bensi' alle norme che il Titolo V della Costituzione dedica
alle Regioni ordinarie.
    Il  ricorso  sarebbe  inammissibile,  inoltre, perche' l'asserita
violazione  dei  criteri  previsti dal d.lgs. n. 165 del 2001 sarebbe
contraddittoria  rispetto  alla  dedotta illegittimita' per invasione
della   sfera   dell'ordinamento   civile,   posto  che  quest'ultima
toglierebbe all'altra ogni rilievo.
    La  censura sarebbe peraltro generica perche' la difesa erariale,
a  ben  vedere,  non  avrebbe  affatto  sostenuto  la natura di norme
fondamentali  di  riforma economico-sociale delle disposizioni di cui
al  d.lgs.  n. 165  del  2001;  ne',  tanto  meno, avrebbe illustrato
ragioni  a  sostegno  di  tale qualificazione; ne', ancora, esposto i
motivi  della  ritenuta, perdurante operativita', pur dopo la riforma
del  Titolo  V,  del  suddetto limite. Del resto la stessa, lamentata
violazione  della  competenza  statale,  in  materia  di  ordinamento
civile,  sarebbe  stata dal ricorrente semplicemente affermata, senza
alcuna  argomentazione  volta a motivare l'appartenenza alla relativa
area,  piuttosto che a quella dello «stato giuridico ed economico del
personale», della disciplina impugnata.
    Inammissibile   sarebbe   altresi',   per  assoluta  mancanza  di
motivazione,  la  censura volta a sostenere la lesione «del principio
di  unita',  di  cui  agli artt. 5 e 120 Cost.», in conseguenza della
violazione  delle norme del d.lgs. n. 165 del 2001, tanto piu' che la
sentenza  n. 274 del 2003, richiamata in ricorso, si sarebbe limitata
a menzionare l'istanza unitaria, presente nella Costituzione, al solo
fine  di  argomentare  la  possibilita',  per lo Stato, di denunciare
qualsiasi  violazione,  da  parte  di  una  legge regionale, di norme
costituzionali;  principio  che, nella fattispecie, non e' affatto in
contestazione.
    In ogni caso le doglianze dell'Avvocatura sarebbero infondate nel
merito,  perche'  le  norme  impugnate  non atterrebbero alla materia
dell'ordinamento civile, ma a quella dell'ordinamento del personale.
    Sottolinea anche la Regione che il Presidente del Consiglio si e'
limitato  ad  impugnare  una  disciplina  transitoria  (e  non  anche
l'analoga   normativa   «a   regime»);  disciplina  transitoria  resa
necessaria  dalla  mancata  costituzione delle RSU e che e' dettata -
come  quella  a  regime  -  attraverso il richiamo di norme contenute
nella legge regionale n. 13 del 2000, mai contestata dallo Stato.
    Peraltro,    la    stessa    «tradizione   legislativa   statale»
confermerebbe  l'appartenenza  della  materia di riferimento all'area
dell'ordinamento  del  personale:  e  invero,  l'art. 2  della  legge
23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e
la  revisione  della  disciplina  in  materia di sanita', di pubblico
impiego,  di  previdenza  e  di finanza territoriale), avrebbe posto,
come   (unico)   vincolo  alla  potesta'  legislativa  delle  Regioni
speciali,  la necessita' di prevedere «criteri di rappresentativita',
ai fini dei diritti sindacali e della contrattazione, compatibili con
le  norme  costituzionali»,  e la stessa Corte costituzionale avrebbe
affermato,  nella  sentenza n. 2 del 2004 (punto 9 del Considerato in
diritto),  che  le  Regioni  ben  possono  disciplinare  procedure  e
modalita' della contrattazione collettiva.
    La  censura  di violazione dei criteri previsti dal d.lgs. n. 165
del  2001  sarebbe  infondata  sotto  molteplici  profili: anzitutto,
l'art. 1,  comma 3,  del decreto legislativo, dopo aver stabilito che
le disposizioni ivi contenute costituiscono «principi fondamentali ai
sensi  dell'art. 117 della Costituzione», e che «le Regioni a statuto
ordinario  si attengono ad esse, tenendo conto delle peculiarita' dei
rispettivi   ordinamenti»,  qualifica  come  «norme  fondamentali  di
riforma   economico   sociale  della  Repubblica»  esclusivamente  «i
principi  desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421,
e  successive  modificazioni,  e  dall'art. 11,  comma 4, della legge
15 marzo  1997,  n. 59»,  come  ribadito  del resto anche dal Giudice
delle leggi in numerose pronunce.
    Inoltre,  la  distonia tra l'art. 43 del d.lgs. n. 165 del 2001 e
le  norme  impugnate  sarebbe  giustificata dal fatto che il primo si
riferisce  ai  comparti  di contrattazione nazionali, mentre la legge
regionale  n. 19 del 2005 si riferisce al comparto unico del pubblico
impiego  regionale  e locale che, istituito dall'art. 127 della legge
regionale  n. 13  del  1998  (Disposizioni  in  materia  di ambiente,
territorio,  attivita'  economiche e produttive, sanita' e assistenza
sociale,   istruzione   e   cultura,   pubblico  impiego,  patrimonio
immobiliare  pubblico,  societa'  finanziarie regionali, interventi a
supporto   dell'Iniziativa   Centro  Europea,  trattamento  dei  dati
personali  e  ricostruzione  delle  zone  terremotate), e' totalmente
distinto dai primi.
    Infine,  da  un  lato, sarebbe errata la stessa qualificazione di
norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociali  attribuita  alle
disposizioni   del   d.lgs.   n. 165   del   2001,   in   materia  di
rappresentativita';   dall'altro,  il  limite  di  tali  riforme  non
varrebbe   piu'  per  le  Regioni  speciali,  nella  materia  di  cui
all'art. 4,  n. 1  dello  Statuto, come ripetutamente affermato anche
dalla Consulta.
    Quanto  alla censura volta a prospettare la lesione degli artt. 5
e   120   della  Costituzione,  essa,  oltre  che  inammissibile  per
genericita'  e  mancanza di motivazione, sarebbe del tutto infondata,
arbitrario  essendo  il preteso collegamento tra l'art. 43 del d.lgs.
n. 165 del 2001 e i parametri costituzionali evocati.
    4. - In data 10 ottobre 2006 anche il Presidente del Consiglio ha
depositato  una  memoria,  nella  quale  si contesta, in primo luogo,
l'eccezione  di  inammissibilita'  del ricorso, fondata sull'asserita
carenza di ogni riferimento ai parametri statutari, osservando che la
legge  regionale  e' stata impugnata sulla premessa che la materia da
essa regolata e' estranea a quanto previsto dall'art. 4 dello Statuto
della Regione Friuli-Venezia Giulia.
    Conseguentemente, essendo impossibile individuare una norma dello
Statuto  speciale  che  riconosca alla regione una qualche competenza
sul  punto, al di la' della previsione dell'art. 4 - che rimette alla
regione  la  ben  piu' circoscritta materia dell'organizzazione degli
uffici  -  l'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla resistente
non avrebbe fondamento.
    Parimenti   inconsistente,  a  giudizio  della  difesa  erariale,
sarebbe  il rilievo secondo cui il ricorso non chiarirebbe le ragioni
per  le quali la norma censurata inciderebbe sull'ordinamento civile,
piuttosto  che  sullo  stato  giuridico  ed  economico del personale,
trattandosi  di  argomentazione  basata sulla confusione tra l'ambito
regolamentato  -  la  contrattazione  in  materia  di  lavoro  - e il
profilo,   ad  essa  prodomico,  della  individuazione  dei  soggetti
legittimati a parteciparvi.
    Neppure   sarebbe   condivisibile   l'assunto   secondo   cui  la
rappresentativita'   delle   organizzazioni  sindacali  e'  argomento
estraneo  ai  principi  di unitarieta' e uniformita' consacrati negli
artt. 5   e   120   della   Costituzione:   in  realta',  proprio  la
riferibilita'  della  natura del soggetto ammesso alla contrattazione
all'ambito    dell'ordinamento    civile    ne   solleciterebbe   una
regolamentazione  ispirata  ad  esigenze  di unitarieta', non essendo
accettabile  che  ogni  regione,  nell'ambito dello stesso territorio
nazionale,  fissi  autonomamente  i  requisisti  di  ammissione  alla
contrattazione in materia di pubblico impiego.
    Richiamate,  quanto  al  merito, le argomentazioni sviluppate nel
ricorso   introduttivo,   la   difesa  erariale  insiste  quindi  per
l'accoglimento del ricorso.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  impugna, in
riferimento  agli  artt. 117,  commi  primo  e  secondo,  lettera l),
nonche'  5  e  120  della  Costituzione, l'art. 1, commi 7 e 8, della
legge  Regione  Friuli-Venezia Giulia 11 agosto 2005, n. 19 (Norme in
materia  di  comparto  unico  del pubblico impiego regionale e locale
nonche' di accesso all'impiego regionale), nella parte in cui prevede
che,  «in  via  transitoria,  ai  fini  della  definizione  del primo
contratto  collettivo  del comparto unico, rispettivamente, dell'area
del  personale  dirigenziale e non dirigenziale, l'A.Re.Ra.N. ammette
alla  contrattazione,  con pari dignita', le organizzazioni sindacali
rappresentative  sia  del  comparto  del  personale degli enti locali
della  Regione,  sia del comparto del personale regionale, secondo la
disciplina  di  cui ai commi 7 e 9 dell'art. 16 della legge regionale
n. 13  del  2000»  (comma  7)  e  che  «l'A.Re.Ra.N.  sottoscrive  il
contratto di cui al comma 7 verificando previamente, sulla base della
rappresentativita'  accertata  per  l'ammissione  alle  trattative ai
sensi  del  medesimo  comma 7,  che  le  organizzazioni sindacali che
aderiscono    all'ipotesi    di    accordo,    indipendentemente   se
rappresentative  nel  comparto  del personale degli enti locali della
Regione  o  nel  comparto  del personale regionale, rappresentino nel
loro  complesso  il  51 per cento del totale della rappresentativita'
definita  dalla somma delle quote di rappresentativita' ottenute, per
ognuno  dei comparti, dalla rideterminazione della rappresentativita'
delle  singole  organizzazioni  sindacali  in proporzione al rapporto
intercorrente  fra il personale in servizio a tempo indeterminato nel
singolo comparto e il numero totale del personale in servizio a tempo
indeterminato  nell'intero  comparto unico, alla data del 31 dicembre
2001» (comma 8).
    Ad  avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, infatti, la
legge  regionale  censurata  disciplinerebbe  una  materia - «diritti
sindacali»  -  che,  gia'  diversamente  regolata  da  norme statali,
sarebbe  attinente  all'«ordinamento civile», e quindi riservata alla
potesta'  legislativa  esclusiva  dello  Stato  dall'art. 117,  comma
secondo,  lettera l),  della  Costituzione;  inoltre,  la  disciplina
impugnata,  in  quanto  contrastante  con  quella  dettata dal d.lgs.
30 marzo  2001,  n. 165  (Norme  generali sull'ordinamento del lavoro
alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), violerebbe le norme
costituzionali   (artt. 5  e  120)  che  assicurano  «le  istanze  di
unitarieta' ed uniformita» dell'ordinamento.
    2.  -  La  Regione  resistente  eccepisce  l'inammissibilita' del
ricorso  per  non  avere  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri
illustrato  le  ragioni  per  le  quali  lo scrutinio di legittimita'
costituzionale  della  legge regionale dovrebbe essere effettuato non
gia'  in  base  allo  Statuto di una Regione speciale, bensi' in base
alle  norme  che  il Titolo V della Costituzione dedica al riparto di
competenze tra Stato e Regioni ordinarie.
    L'eccezione non e' fondata.
    Ai  fini  dell'ammissibilita'  dell'impugnazione proposta avverso
una  legge  di  Regione  a Statuto speciale e' necessaria, secondo la
giurisprudenza  di questa Corte, l'illustrazione delle ragioni per le
quali  non  trovano  applicazione nel caso in esame le norme speciali
statutarie,  ma  quelle  «ordinarie» del Titolo V della Costituzione:
illustrazione  che,  ove non sia condivisa da questa Corte perche' la
materia  disciplinata e' viceversa riconducibile a quella contemplata
da  una  norma statutaria, da' luogo ad una pronuncia di infondatezza
per erroneita' del parametro costituzionale evocato.
    Discende  da cio' che, poiche' non si puo' ridurre tale requisito
di  ammissibilita' a mera, formalistica enunciazione dell'inesistenza
di qualsiasi norma statutaria contemplante la materia, esso va inteso
nel senso che dal contesto del ricorso (la cui interpretazione, quale
domanda  giudiziale,  compete  a  questa  Corte) deve emergere, anche
implicitamente,   l'esclusione   della  possibilita'  di  operare  il
sindacato   di  legittimita'  costituzionale  in  base  allo  Statuto
speciale,  essendo  esso  possibile  solo ai sensi del Titolo V della
Costituzione.
    Nel   caso   di   specie,   la   natura  del  parametro  indicato
(«ordinamento  civile», ma lo stesso sarebbe a dirsi di altre materie
contemplate  nell'art. 117,  comma  secondo,  della  Costituzione) e'
indice  inequivoco  della  consapevolezza  di  quella impossibilita',
essendo evidente che il parametro costituzionale evocato (a torto o a
ragione;  ma  questo  attiene  alla  fondatezza)  esclude  di per se'
l'utilita'  di uno scrutinio alla luce delle norme statutarie. A cio'
si  aggiunga  che,  nel caso di specie, la riconduzione della materia
disciplinata dalla legge regionale a quella dell'«ordinamento civile»
si   accompagna   all'esame   -   sintetico,   ma  adeguato  ai  fini
dell'ammissibilita'  -  della norma statutaria (art. 4, n. 1) in tesi
piu'  prossima  (ordinamento  degli  uffici  e  stato  giuridico  del
personale  dipendente  dalla  Regione)  al  tema della contrattazione
collettiva.
    3.  -  Fondata,  invece,  e'  l'eccezione di inammissibilita' del
ricorso, proposta dalla Regione sotto altri profili.
    3.1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, infatti, pur
deducendo  l'inesistenza  di qualsiasi potesta' legislativa regionale
in  materia  di  «ordinamento  civile»  -  materia alla quale sarebbe
riconducibile  la  norma  censurata - contraddittoriamente ravvisa la
violazione  della  riserva  statale  di  potesta'  legislativa  nella
divergenza tra la disciplina statale di cui al d.lgs. n. 165 del 2001
e   la  norma  regionale  censurata:  ne  discende  che  non  potendo
coesistere - se non in un rapporto di subordinazione, non dedotto nel
ricorso   -   una   censura   attinente   sia  all'ansia  al  quomodo
dell'esercizio   della   potesta'   legislativa,   la   questione  e'
inammissibile.
    3.2.  -  Rilevato  che l'art. 117, comma primo, Cost., e' evocato
senza  motivazione  di sorta, deve dichiararsi inammissibile anche la
questione   sollevata   in  riferimento  agli  artt. 5  e  120  della
Costituzione:  mancando  nel ricorso ogni illustrazione delle ragioni
per  le  quali  la  disciplina  contenuta  nel d.lgs. n. 165 del 2001
sarebbe  «espressione  delle  istanze  di  unitarieta' ed uniformita'
espresse»  da  quelle norme costituzionali, la questione sollevata si
risolve, in realta', nel ribadire - solo apparentemente sotto diverso
profilo - la prima, inammissibile censura sopra scrutinata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 1,  commi 7  e  8,  della  legge  regionale
11 agosto  2005,  n. 19  (Norme  in  materia  di  comparto  unico del
pubblico  impiego  regionale  e locale nonche' di accesso all'impiego
regionale),   della   Regione  Friuli-Venezia  Giulia  sollevata,  in
riferimento  agli  artt. 117,  commi primo e secondo, lettera l), 5 e
120 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con
il ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 novembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 novembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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