N. 409 ORDINANZA 4 - 7 dicembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Fallimento  e  procedure  concorsuali - Amministrazione straordinaria
  delle  grandi  imprese  in  stato  di  insolvenza  -  Procedura  di
  amministrazione    straordinaria    cosiddetta    «accelerata»    -
  Esperibilita'  delle azioni revocatorie fallimentari in costanza di
  un   programma   di   ristrutturazione  dell(impresa  -  Denunciata
  irragionevole  disparita' di trattamento rispetto alla procedura di
  amministrazione straordinaria «ordinaria», escludente l'esperimento
  delle  azioni  revocatorie  fallimentari  quando  sia perseguita la
  ristrutturazione  economica  e finanziaria dell'impresa insolvente,
  nonche'  ingiustificato  privilegio  con  effetto  distorsivo della
  libera  concorrenza fra imprese - Questioni identiche ad altre gia'
  dichiarate non fondate - Manifesta infondatezza.
- D.L.    23 dicembre   2003,   n. 347,   art. 6,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, come modificato
  dagli  artt. 4-ter  e  4-quater  del  d.l.  3 maggio  2004, n. 119,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2004, n. 166.
- Costituzione, artt. 3 e 41.
(GU n.49 del 13-12-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 6  del
decreto-legge   23 dicembre  2003,  n. 347  (Misure  urgenti  per  la
ristrutturazione   industriale   di   grandi   imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con modificazioni, nella legge 18 febbraio
2004,  n. 39,  come  modificato  dagli  artt. 4-ter  e  4-quater  del
decreto-legge  3 maggio  2004,  n. 119  (Disposizioni  correttive  ed
integrative   della  normativa  sulle  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 5 luglio
2004,  n. 166,  promossi  con ordinanze del 16 e del 23 febbraio 2006
dal Tribunale ordinario di Parma nei procedimenti civili vertenti tra
Parmalat  S.p.a.  in  amministrazione  straordinaria  e  G.E. Capital
Finance   S.p.a.   e  tra  Parmalat  Finance  Corporation  B.  V.  in
amministrazione  straordinaria  e  UBS  Limited ed altra, iscritte ai
numeri  162  e  163  del  registro  ordinanze 2006 e pubblicate nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 23,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2006.
    Visti   gli   atti   di   costituzione   di  Parmalat  S.p.a.  in
amministrazione straordinaria e di Parmalat Finance Corporation B. V.
in  amministrazione straordinaria, di G.E. Capital Finance S.p.a., di
UBS  Limited, nonche' gli atti di intervento di Parmalat S.p.a. e del
Presidente del Consiglio dei ministri.
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'8 novembre 2006 il giudice
relatore Romano Vaccarella;
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  due  giudizi civili, il Tribunale
ordinario  di  Parma,  con  distinte ordinanze di pressoche' identico
contenuto,  emesse l'una il 16 febbraio 2006 e l'altra il 23 febbraio
2006,  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  articoli 3  e  41 della
Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 6
del  decreto-legge  23 dicembre  2003,  n. 347 (Misure urgenti per la
ristrutturazione   industriale   di   grandi   imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con modificazioni, nella legge 18 febbraio
2004,  n. 39,  come  modificato  dagli  artt. 4-ter  e  4-quater  del
decreto-legge  3 maggio  2004,  n. 119  (Disposizioni  correttive  ed
integrative   della  normativa  sulle  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 5 luglio
2004, n. 166, nella parte in cui stabilisce che le azioni revocatorie
previste  dagli  artt. 49 e 91 del decreto legislativo 8 luglio 1999,
n. 270  (Nuova  disciplina  dell'amministrazione  straordinaria delle
grandi  imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della
legge  30 luglio  1998,  n. 274),  possono  essere  proposte anche in
costanza  di un programma di ristrutturazione dell'impresa sottoposta
ad amministrazione straordinaria;
        che  entrambe le ordinanze di rimessione premettono, in punto
di  fatto,  che  la  Parmalat  S.p.a., con decreto del Ministro delle
attivita' produttive del 24 dicembre 2003, e' stata assoggettata alla
procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge
n. 347  del  2003 e del decreto legislativo n. 270 del 1999, e che il
Tribunale  ordinario  di Parma, con sentenza del 27 dicembre 2003, ha
dichiarato  lo  stato  di  insolvenza  della  medesima  societa', con
estensione  della procedura concorsuale a Parmalat Finanziaria S.p.a.
e ad altre societa' facenti parte di un unico gruppo;
        che,  nel  primo giudizio (n. 162 r.o. 2006), Parmalat S.p.a.
in   amministrazione   straordinaria,   in  persona  del  commissario
straordinario,  ha  convenuto in giudizio G.E. Capital Finance S.p.a.
per  ottenere  la revoca dei pagamenti eseguiti da Parmalat S.p.a., a
favore  della  convenuta,  nell'anno  precedente  alla  dichiarazione
giudiziale  dello  stato  di insolvenza per un importo complessivo di
euro   82.463.693,47,   ovvero,   in   subordine,   per  ottenere  la
declaratoria   di  inefficacia,  ai  sensi  dell'art. 7  della  legge
21 febbraio  1991,  n. 52  (Disciplina  della  cessione  dei  crediti
d'impresa), di cessioni di crediti per un importo complessivo di euro
62.062.693,40;
        che,  nel secondo giudizio (n. 163 r.o. 2006), il commissario
straordinario  di  Parmalat  Finance  Corporation  B.  V.,  anch'essa
sottoposta   alla  procedura  di  amministrazione  straordinaria,  ha
convenuto  in  giudizio  UBS  Limited  per  ottenere  la revoca degli
accordi  intercorsi tra la stessa Parmalat Finance Corporation B. V.,
Parmalat  S.p.a. e la convenuta UBS Limited in data 9 giugno 2003, e,
in  particolare,  dell'acquisto da parte della prima «delle CLN Banco
Totta»   e,   conseguentemente,  la  condanna  di  UBS  Limited  alla
restituzione della somma di euro 290.000.000,00;
        che, in entrambi i giudizi, le convenute hanno resistito alla
domanda,    eccependo    in    via   pregiudiziale   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art. 6  del  decreto-legge  n. 347 del 2003, per
contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost;
        che,  quanto  alla  rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale,  i  giudici  rimettenti  affermano che essa e' insita
«nella   proposizione  dell'azione  revocatoria»  fallimentare,  resa
ammissibile  anche  «in presenza di autorizzazione all'esecuzione del
programma   di   ristrutturazione»  proprio  in  virtu'  della  norma
censurata;
        che,  quanto  alla  non  manifesta  infondatezza, i giudici a
quibus,  riproducendo la motivazione di altra ordinanza di rimessione
pronunciata   dallo   stesso  Tribunale  in  data  18 novembre  2005,
osservano che l'amministrazione straordinaria cosiddetta «accelerata»
(introdotta  dal  decreto-legge  n. 347  del  2003) e la procedura di
amministrazione  straordinaria  «ordinaria»  (disciplinata dal d.lgs.
n. 270  del  1999)  si differenziano per quanto attiene alle «fasi di
ingresso»  ed  ai  requisiti  dimensionali  concernenti il numero dei
dipendenti   e   l'entita'  dei  debiti,  senza  che  le  innovazioni
introdotte  dal  decreto-legge  n. 347  del 2003 alterino i caratteri
comuni  a  quelli  della procedura disciplinata dal d.lgs. n. 270 del
1999;
        che  in  entrambe  le  procedure  e' prevista l'esperibilita'
dell'azione  revocatoria  fallimentare,  ma che essa, nella procedura
cosiddetta   «ordinaria»,   e'   consentita  «soltanto  se  e'  stata
autorizzata  l'esecuzione  di  un programma di cessione dei complessi
aziendali»  (art. 49,  comma 1,  del  d.lgs. n. 270 del 1999), e cio'
coerentemente  con  la  ratio dell'azione, che, secondo la concezione
indennitaria,  mira  a  ricostituire il patrimonio dell'imprenditore,
ovvero,   secondo   la   configurazione   antindennitaria,   tende  a
distribuire  le  perdite nell'ambito di una cerchia di creditori piu'
ampia  rispetto  a  quella che comprende soltanto i soggetti che sono
tali al tempo dell'apertura della procedura;
        che,  nonostante  questa  duplice  finalita', recuperatoria e
redistributiva,  non  sia  conciliabile con una procedura strumentale
alla    conservazione    dell'impresa,   la   norma   denunciata   ha
irragionevolmente  esteso a questa ipotesi l'ambito di applicabilita'
dell'azione  revocatoria fallimentare, interrompendo «immotivatamente
quel   legame   di  continuita'  [...]  tra  finalita'  concretamente
perseguita dalla procedura e strumenti alla stessa connessi»;
        che  l'ammissibilita'  dell'azione  nella fase di risanamento
dell'impresa  ha  «ampliato  il  sacrificio  dei terzi, ribaltando la
scelta  consapevolmente  operata con l'art. 49» del d.lgs. n. 270 del
1999,  in  violazione del canone di ragionevolezza, poiche' le azioni
disciplinate   dai   succitati  artt. 6  e  49  riguardano  procedure
analoghe, che coinvolgono interessi omogenei e perseguono il medesimo
obiettivo;
        che   non   vale   sostenere  la  compatibilita'  dell'azione
revocatoria  con  l'ipotesi  di  cessione  dell'attivita'  d'impresa,
realizzata  mediante un concordato, ad un soggetto terzo (l'assuntore
o una diversa societa), in quanto la norma impugnata prevede in linea
generale  la proponibilita' dell'azione revocatoria anche qualora sia
stato autorizzato il programma di ristrutturazione, indipendentemente
dalla  circostanza  che  questo  sia  realizzato secondo le modalita'
ordinarie (art. 4 del decreto-legge n. 347 del 2003), ovvero mediante
un  concordato, che puo' costituire uno degli strumenti del programma
di ristrutturazione (art. 4-bis, comma 1, del decreto-legge citato);
        che   «le  censure  di  illegittimita'  si  incentrano  sulla
disciplina  generale  della procedura» disciplinata dal decreto-legge
n. 347  del  2003,  «nell'ambito  della  quale l'epilogo naturale del
processo  di  risanamento e' costituito dal ritorno dell'imprenditore
all'ordinaria  operativita'  industriale, a conclusione del programma
di  ristrutturazione  con  qualunque  modalita'  attuato  (artt. 4  e
4-bis),  ivi  compreso  il concordato con assunzione, che costituisce
un'ipotesi  del  tutto  eventuale  e  residuale  di  conclusione  del
programma   di  ristrutturazione  dell'impresa,  cui  il  legislatore
assegna  la  sola  valenza  di determinare l'immediata chiusura della
procedura  rispetto  alla  fisiologica  durata  ed  al  suo  naturale
espletamento»;
        che,  in  riferimento  all'art. 41  Cost., i giudici a quibus
osservano   che   il   risanamento   dell'impresa   attuato  mediante
l'esperimento  dell'azione  revocatoria  fallimentare  costituisce un
ingiustificato  privilegio  per  l'impresa  ammessa  alla procedura e
realizza  un  effetto  distorsivo  della  concorrenza,  in  quanto il
ricavato  dell'azione revocatoria non e' destinato al soddisfacimento
dei  creditori,  ma  costituisce una forma di finanziamento forzoso a
favore dell'impresa insolvente ed a carico dei terzi;
        che  nel  primo  giudizio  (n. 162  r.o.  del 2006) dinanzi a
questa  Corte  si  e'  costituita  Parmalat S.p.a. in amministrazione
straordinaria,  in persona del commissario straordinario, la quale ha
concluso  per  l'inammissibilita'  o,  comunque, l'infondatezza delle
questioni,  richiamando  la sentenza di questa Corte n. 172 del 2006,
con la quale sono state dichiarate non fondate analoghe questioni;
        che,  nel  medesimo  giudizio, si e' costituita G. E. Capital
Finance  S.p.a.,  parte  convenuta nel processo principale, chiedendo
che   la  questione  sia  accolta,  in  quanto  l'art. 6  del  citato
decreto-legge   n. 347   del   2003,   consentendo   al   commissario
straordinario  di  «proporre  le  azioni  revocatorie  previste dagli
articoli 49  e  91  del  decreto legislativo n. 270 anche nel caso di
autorizzazione  all'esecuzione  del  programma  di  ristrutturazione,
purche' si traducano in un vantaggio per i creditori», e non soltanto
nel  caso  previsto  dall'art. 49  della «legge Prodi-bis», determina
disparita'  di  trattamento  «tra  le  imprese  (ed  i loro creditori
concorsuali)  che  possono  essere ammesse alla procedura di cui alla
legge Prodi-bis rispetto alle imprese che possono essere ammesse alla
procedura  di  cui  alla  legge  Marzano»; «tra un'impresa (ed i suoi
creditori  concorsuali)  ammessa  alla  procedura  di  cui alla legge
Prodi-bis,  su  istanze  dei creditori o d'ufficio, e altra impresa -
avente  le  stesse  caratteristiche  patrimoniali  e  dimensionali  -
ammessa  invece,  su istanza del debitore, alla procedura di cui alla
legge  Marzano»;  nonche'  «tra  i  terzi  che  hanno  contratto  con
l'impresa  insolvente  ammessa  alla  procedura  di  cui  alla  legge
Prodi-bis  rispetto  ai  terzi  che  hanno  contratto  con un'impresa
insolvente ammessa alla procedura di cui alla legge Marzano»;
        che,  secondo  G.  E.  Capital Finance S.p.a., la sentenza di
questa  Corte n. 172 del 2006 non ha considerato, in primo luogo, che
la   «legge  Prodi-bis»,  non  diversamente  dalla  «legge  Marzano»,
consente  che  il programma di ristrutturazione possa prevedere che i
creditori  siano  soddisfatti  mediante  un concordato proposto da un
terzo  assuntore (artt. 56, comma 3, e 78 del d.lgs. n. 270 del 1999)
e  cio' nondimeno vieta, anche in tal caso, la proposizione di azioni
revocatorie,  e, in secondo luogo, che, poiche' l'esperibilita' delle
revocatorie  sarebbe  ammissibile,  nell'ambito  della  procedura  di
amministrazione  straordinaria  di  cui alla «legge Marzano», ove sia
approvato  un  programma  di ristrutturazione mediante concordato con
assunzione,  sarebbe  necessario  che  tale concordato effettivamente
comporti  la  liquidazione del patrimonio dell'impresa insolvente con
trasferimento    ad   un   terzo   nuovo   imprenditore   dell'intera
organizzazione  produttiva  e la soddisfazione dei creditori mediante
pagamento di una percentuale prevista e accettata quale corrispettivo
del   trasferimento,   laddove   il  concordato  «Parmalat»  e'  solo
formalmente   orientato  in  senso  liquidatorio,  ma  «ha  tutte  le
caratteristiche tipiche di un "piano di ristrutturazione"»;
        che,  essendo nel caso di specie la scelta del concordato con
assunzione   dipesa   unicamente   dall'iniziativa   del  commissario
straordinario, «se fosse sufficiente, per caratterizzare la procedura
come  "liquidatoria",  la  decisione della procedura di utilizzare lo
strumento  tecnico  del  "concordato  con  assunzione"  e  la formale
interposizione   di  un  assuntore  creato  dalla  stessa  procedura,
indipendentemente  da  ogni  considerazione  circa l'effettiva natura
liquidatoria  della  procedura, la stessa ammissibilita' delle azioni
revocatorie  ex  art. 6 legge Marzano verrebbe a dipendere (del tutto
irrazionalmente)  dalla  mera  volonta' degli organi della procedura,
anziche' dalle caratteristiche sostanziali della procedura medesima»;
        che  nel secondo giudizio dinanzi alla Corte (n. 163 r.o. del
2006)  si  e'  costituita  UBS  Limited, parte convenuta nel processo
principale,  chiedendo  che  la  questione  sia  accolta, in quanto -
premesso   che  nel  decreto-legge  n. 347  del  2003,  e  successive
modificazioni,  la  funzione  legislativa sarebbe stata «piegata allo
scopo  di  offrire  posteriore legittimazione e sostegno giuridico al
contenuto   del   programma   di   ristrutturazione  predisposto  dal
commissario  del gruppo Parmalat, ossia al contenuto di uno specifico
atto  amministrativo,  onde consentirne l'approvazione da parte della
competente  autorita»  -  la norma censurata si porrebbe in contrasto
con  l'art. 49 del d.lgs. n. 270 del 1999, il quale vieta l'esercizio
delle   azioni   revocatorie  nella  procedura  di  ristrutturazione,
consentendole solo nella procedura di tipo liquidatorio;
        che  la  distinzione  fra  «risanamento  su base soggettiva»,
finalizzato  al salvataggio dell'imprenditore, e «risanamento su base
oggettiva»,  finalizzato al salvataggio dell'attivita' d'impresa, non
ha pregio, perche' nella procedura disciplinata dalla «legge Marzano»
si   attuano   entrambi   per   effetto   del   concordato,  previsto
dall'art. 4-bis  del  decreto-legge  n. 347  del  2003,  e  cioe' «si
realizza  la soddisfazione dei creditori e i debiti dell'imprenditore
insolvente  vengono  integralmente estinti permettendo a quest'ultimo
di  tornare  in  bonis  e,  qualora  desiderasse  farlo, di riavviare
l'attivita»;
        che  la  norma  denunciata  contrasterebbe,  altresi', con il
principio    di    ragionevolezza,    in    quanto    la   previsione
dell'esperibilita'  delle revocatorie nell'ambito di una procedura di
risanamento  dell'impresa  «e'  incompatibile  con  la  funzione e la
struttura   della   stessa  azione  revocatoria»,  e  il  «vittorioso
esperimento     di    un'azione    revocatoria    fallimentare    non
rappresenterebbe  altro  che  una  forma  di finanziamento forzoso (a
carico  delle  parti  che il commissario abbia deciso di convenire in
giudizio  con l'azione revocatoria) a favore dell'impresa insolvente,
atteggiandosi  a  strumento  di  reperimento  di  liquidita'  volto a
sovvenire   l'impresa   insolvente  e  a  favorirne  il  percorso  di
risanamento»;
        che  la  norma in questione colliderebbe con l'art. 41 Cost.,
sotto   il   profilo   della   liberta'  di  concorrenza,  in  quanto
determinerebbe effetti distorsivi sul mercato;
        che  si  e' costituita Parmalat Finance Corporation S.p.a. in
amministrazione    straordinaria,    in   persona   del   commissario
straordinario,   la  quale  ha  concluso  per  l'inammissibilita'  o,
comunque, l'infondatezza delle questioni;
        che  in  entrambi i giudizi dinanzi alla Corte e' intervenuta
Parmalat S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, la
quale  ha  svolto  argomentazioni  coincidenti con quelle di Parmalat
S.p.a.  in  amministrazione  straordinaria  e  ha formulato identiche
conclusioni;
        che nei medesimi giudizi dinanzi alla Corte e' intervenuto il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura    generale    dello    Stato,    che   ha   eccepito
l'inammissibilita'   e,  comunque,  l'infondatezza  delle  questioni,
richiamando  quanto  statuito  da questa Corte con la sentenza n. 172
del 2006, e ribadendo quanto dedotto nei precedenti giudizi (numeri 1
e 56 r.o. 2006), aventi il medesimo oggetto;
        che,   in   prossimita'  della  Camera  di  consiglio,  hanno
presentato memorie, nel giudizio n. 162 r.o. 2006, GE Capital Finance
S.p.a. e Parmalat S.p.a. in amministrazione straordinaria, unitamente
a  Parmalat  S.p.a.,  nel  giudizio  n. 163  r.o. 2006, UBS Limited e
Parmalat Finance Corporation S.p.a. in amministrazione straordinaria,
unitamente a Parmalat s.p.a;
        che GE Capital Finance S.p.a. riprende le argomentazioni gia'
svolte  nell'atto  di  costituzione,  mentre  UBS Limited aggiunge, a
quanto  gia'  rappresentato  nell'atto  di  costituzione,  che non e'
condivisibile  la  tesi,  sostenuta  nella  sentenza  di questa Corte
n. 172  del 2006, secondo cui la «legge Marzano» «non esclude affatto
che  la  procedura  si  evolva - fin dalla redazione del programma, o
anche  successivamente  -  verso  programmi aventi un indirizzo ed un
esito  diversi  da  quello  indicato  nella  sua istanza dall'impresa
insolvente»,  ovvero verso «esiti conservativo-liquidatori» propri di
un  programma di cessione dei complessi aziendali di cui all'art. 27,
comma 2,  del  d.lgs. n. 270 del 1999, giacche' simile evoluzione, ad
avviso  della  deducente,  «puo'  avvenire  solamente  a  seguito del
diniego   dell'autorizzazione   al   programma   di  ristrutturazione
originariamente proposto», ma «non puo' avvenire semplicemente per la
scelta   di  attuare  il  programma  di  ristrutturazione,  ai  sensi
dell'art. 4  della  "legge  Marzano", con la modalita' del concordato
con assuntore», come in concreto e' avvenuto nel caso della procedura
«Parmalat»,  essendo, sempre a suo avviso, il concordato «un elemento
assolutamente  neutro  rispetto alle finalita' cui si ispira e cui e'
volta   la  procedura»  e,  quindi,  «al  fine  della  qualificazione
dell'indirizzo della procedura concorsuale»;
        che  la citata sentenza n. 172 del 2006 - laddove afferma che
nel concordato con assuntore «le azioni revocatorie assolvono la loro
tipica  funzione redistributiva [...] e recuperatoria [...]; cio' che
deve a fortiori affermarsi quando i creditori chirografari accettino,
come  nella  specie,  di  essere  pagati  con  azioni  della societa'
assuntrice, e pertanto con la prospettiva, a parziale riduzione della
falcidia subita, di ricevere "vantaggio", quali azionisti, dall'esito
vittorioso  delle revocatorie» - non considera che non e' ammissibile
«che  il  vantaggio dei creditori venga individuato in una generica e
indeterminata  possibilita'  che  il valore delle azioni assegnate in
pagamento   del   credito   vantato   possa  aumentare,  in  funzione
eventualmente  anche  dell'esperimento  delle azioni revocatorie; ne'
puo' ritenersi che il vantaggio dei creditori consista nell'eventuale
distribuzione  di utili della nuova Parmalat S.p.a.», dal momento che
il  «vantaggio  dei  creditori»  deve  essere  «concreto  e immediato
nonche' predeterminato al momento dell'approvazione del concordato».
    Considerato   che  il  Tribunale  ordinario  di  Parma,  con  due
ordinanze  di  contenuto  pressoche'  identico,  solleva questioni di
legittimita'  costituzionale,  in riferimento agli artt. 3 e 41 della
Costituzione,  dell'art. 6 del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347
(Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese
in  stato  di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella legge
18 febbraio 2004, n. 39, come modificato dagli artt. 4-ter e 4-quater
dal  decreto-legge  3 maggio 2004, n. 119 (Disposizioni correttive ed
integrative   della  normativa  sulle  grandi  imprese  in  stato  di
insolvenza),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 5 luglio
2004,  n. 166,  nella  parte in cui consente l'esercizio delle azioni
revocatorie,  previste dagli articoli 49 e 91 del decreto legislativo
8 luglio   1999,   n. 270   (Nuova   disciplina  dell'amministrazione
straordinaria  delle  grandi  imprese in stato di insolvenza, a norma
dell'articolo 1  della  legge 30 luglio 1998, n. 274), in costanza di
un   programma   di   ristrutturazione   dell'impresa  sottoposta  ad
amministrazione straordinaria;
        che  i  due  giudizi,  avendo  ad oggetto la medesima norma e
ponendo identiche questioni, devono essere riuniti;
        che  le  sollevate questioni sono sostenute da argomentazioni
del tutto coincidenti con quelle che questa Corte ha gia' esaminato e
disatteso con la sentenza n. 172 del 2006, dichiarando l'infondatezza
di analoghe questioni;
        che,  conseguentemente,  deve  essere dichiarata la manifesta
infondatezza,  non  essendo  le  considerazioni  svolte  dalle  parti
private  intervenute  idonee  a  far pervenire questa Corte a diverse
conclusioni;
        che,  infatti,  -  ribadito  che  entrambe  le  procedure  di
amministrazione  straordinaria,  «accelerata»  ed  «ordinaria», hanno
finalita' «conservativa del patrimonio produttivo», anche quando sono
adottati  programmi  liquidatori - non ha pregio dedurre il carattere
di  risanamento di una procedura dalla circostanza che resti integro,
nel  caso  di  programma  che  contempli  ab initio un concordato con
assuntore, il «patrimonio produttivo»;
        che  il  concordato  di  cui all'art. 56, comma 3, del d.lgs.
n. 270  del  1999 non puo' che essere compatibile con la procedura di
ristrutturazione,  nella  quale  -  eventualmente e, comunque, sempre
successivamente   alla  formulazione  del  relativo  programma  -  si
inserisce,  sicche'  esso  puo',  in  ipotesi,  assumere la figura di
concordato con assuntore solo a seguito dell'insuccesso del programma
di  ristrutturazione  e  del passaggio dalla fase conservativa ad una
liquidatoria  (cosi'  anche  Cass.  10 marzo  2006, n. 5301, la quale
sottolinea  che  «di  un risultato di risanamento, senza liquidazione
dei  beni,  puo'  parlarsi  solo  quando  sia  il medesimo originario
imprenditore a riprendere l'attivita' produttiva e/o di scambio»);
        che,  a  prescindere  dalla  loro condivisibilita', i rilievi
svolti  relativamente alle modalita' di soddisfacimento dei creditori
sono  irrilevanti in giudizi il cui oggetto non e' l'omologazione del
concordato, con il quale quelle modalita' sono state stabilite.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
        Dichiara   la   manifesta  infondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'art. 6 del decreto-legge 23 dicembre
2003,  n. 347  (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di
grandi   imprese   in   stato   di   insolvenza),   convertito,   con
modificazioni,  nella  legge 18 febbraio 2004, n. 39, come modificato
dagli  artt. 4-ter e 4-quater del decreto-legge 3 maggio 2004, n. 119
(Disposizioni  correttive ed integrative della normativa sulle grandi
imprese in stato di insolvenza), convertito, con modificazioni, nella
legge   5 luglio   2004,   n. 166,  sollevate,  in  riferimento  agli
articoli 3 e 41 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Parma,
con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Vaccarella
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 7 dicembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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