N. 572 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2006

Ordinanza   emessa   il   20   marzo   2006   (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  31  ottobre  2006)  dal  tribunale di Perugia nel
procedimento penale a carico di Chierchia Anna ed altra

Reati e pene - Prescrizione - Reati di competenza del giudice di pace
  -  Reati  puniti  con  pena diversa da quella detentiva e da quella
  pecuniaria  -  Termine  di  prescrizione  di  tre  anni  -  Mancata
  previsione  dell'applicazione  di  tale  termine  a tutti gli altri
  reati di competenza del giudice di pace - Irragionevolezza.
- Codice  penale, art. 157, comma quinto, come sostituito dall'art. 6
  della legge 5 dicembre 2005, n. 251.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.50 del 20-12-2006 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli atti del proc. pen. n. 10327/06 a carico di' Chierchia
Anna,  nata  a Gragnano (NA) il 10 giugno 1973, e di Sicignano Elena,
nata a Gragnano (NA) il 22 aprile 1956;
    Atteso  che le predette sono chiamate a rispondere con decreto di
citazione  diretta,  emesso  in data 20 aprile 2005, dei reati di cui
agli artt. 582 c.p., 594 c.p., commessi il 4 luglio 2000;
    Rilevato  che,  essendo  stato  il  dibattimento  aperto  in data
odierna,   possono   applicarsi,   ex   art. 10,  terzo  comma  legge
n. 251/2005,  ove piu' favorevoli, i termini di prescrizione previsti
dall'art. 157  c.p.,  come  novellato  dall'art. 6, legge n. 251/2005
cit.;
    Considerato  in  particolare  che  nel caso di specie deve aversi
riguardo  al disposto del nuovo art. 157, quinto comma c.p., in forza
del quale, allorche' per il reato la legge stabilisce pene diverse da
quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre
anni,  che  in  caso  di interruzione della prescrizione, puo' essere
aumentato di un quarto, fino a tre anni e nove mesi;
    Atteso  che tale previsione deve essere riferita ai reati oggi di
competenza  del  giudice  di  pace,  per  i quali in effetti ai sensi
dell'art. 52  d.lgs. n. 274/2000 puo' essere irrogata nei casi di cui
al  secondo  comma,  lettere  a)  seconda parte, b) e c), la sanzione
della   permanenza   domiciliare   o   del   lavoro  sostitutivo,  in
alternativa, alla mera pena pecuniaria;
    Rilevato  che tutti i reati per cui e' processo, stante il tenore
dell'imputazione,  sono  oggi di competenza del giudice di pace e che
dunque,  ai  sensi  dell'art. 2  c.p.,  essi  sono  soggetti  al piu'
favorevole  trattamento  sanzionatorio  dettato  dall'art. 52  d.lgs.
n. 274 cit.;
    Ritenuto  a tale stregua che in relazione al tipo di sanzione per
essi  prevista risulta corrispondentemente applicabile anche il nuovo
termine  di  prescrizione  come  sopra  indicato; atteso peraltro che
proprio  sulla  scorta di tale considerazione si appalesa rilevante e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 157,   comma   5   c.p.,   come  novellato
dall'art. 6,  legge  n. 251/2005,  per  violazione dell'art. 3 Cost.,
nella  parte  in  cui,  senza tener conto dell'effettiva gravita' dei
reati,  ma anzi in contrasto con la pena edittale prevista, contempla
irragionevolmente  termini di prescrizione diversi, a seconda che per
il   reato   siano  o  meno  irrogabili,  in  alternativa  alla  pena
pecuniaria, la permahenza domiciliare o il lavoro sostitutivo,
                 Osserva in particolare quanto segue
    Innanzi  tutto deve ritenersi che il disposto dell'art. 157 comma
5  c.p.,  risultante  dalle  modifiche  apportate  dall'art. 6  legge
n. 251/2005,  non  sia  riferibile  a reati diversi da quelli oggi di
corripetenza   del   giudice   di  pace,  puniti  con  la  permanenza
domiciliare  o  il  lavoro sostitutivo. Diversamente intesa, la norma
risulterebbe  inapplicabile, in quanto priva di qualsivoglia concreto
riferimento.
    D'altro  canto  nulla  rileva  che  l'art. 52  d.lgs. n. 274/2000
contempli  un  meccanismo  sanzionatorio  a  griglia,  prevedendo  al
secondo  comma  lett.  a),  seconda  parte,  lett.  b) e lett. c), in
alternativa alle altre, anche la mera pena pecuniaria.
    In  particolare  deve  escludersi  che,  per  il solo fatto della
possibilita'  di  irrogare  quest'ultima,  debba  aversi  riguardo al
termine  dettato  dall'art. 157,  comma 1 c.p., in forza del quale la
prescrizione  matura  in  almeno  sei  anni per i delitti e in almeno
quattro anni per le contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena
pecuniaria.
    Il  primo  comma infatti correla il termine alla natura del reato
mentre  il  quinto  comma al fatto in se' che la legge stabilisca una
pena diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria.
    Men  che  mai,  stante  il  tenore  della  norma, potrebbe aversi
riguardo  al  tipo di trattamento in concreto irrogato, atteso che la
prescrizione e' correlata alla pena edittalmente prevista.
    Cio'  posto,  deve  prendersi  atto che vi sono reati attualmente
rientranti  nella  competenza  del  giudice di pace, in genere quelli
meno  gravi,  per  i  quali e' irrogabile la sola pena pecuniaria: si
tratta   dei   casi  contemplati  dall'art. 52,  primo  comma  d.lgs.
n. 274/2000,  cioe' dei reati originariamente puniti con la sola pena
pecuniaria, come la minaccia semplice di cui all'art. 612 c.p., e dei
casi  contemplati  dall'art. 52,  secondo comma lett. a) prima parte,
cioe'  dei  reati  per  i  quali  era  prevista la pena detentiva non
superiore  a  mesi sei alternativa a quella pecuniaria, come nel caso
dell'ingiuria di cui all'art. 594 c.p.
    Valutando il sistema delineato dal nuovo art. 157 c.p., commi 1 e
5,  deve necessariamente concludersi, non essendo possibile pervenire
a  soluzioni  interpretative  diverse, che i reati oggi di competenza
del  giudice di pace sono soggetti a termini di prescrizione diversi,
a seconda che siano puniti con la sola pena pecuniaria, nel qual caso
il  termine  e'  di  anni  sei per i delitti e di anni quattro per le
contravvenzioni,   ovvero,   in   alternativa,   con   la  permanenza
domiciliare  o  il  lavoro  sostitutivo,  nel qual caso il termine e'
sempre di anni tre.
    Ma  un siffatto meccanismo risulta platealmente irragionevole, in
quanto,  a  prescindere da qualsivoglia riferimento alla possibilita'
di  un  piu'  rapido  «oblio  sociale dell'illecito», si contempla un
termine prescrizionale piu' lungo per reati oggettivamente meno gravi
(talvolta  di gran lunga meno gravi), in quanto implicanti una minore
offesa  ad  uno  stesso  bene  ovvero  lesivi  di  un  bene  di rango
inferiore.
    E' sufficiente in proposito considerare che se taluno minaccia di
picchiare  un  altro  individuo  o lo percuote, i delitti di cui agli
artt. 612  e  581  c.p., puniti con pena pecuniaria, sono soggetti al
termine  prescrizionale  di  anni  sei, mentre se lo stesso individuo
passa  effettivamente  a  vie  di fatto, procurando lesioni lievi, il
reato,  punito anche con permanenza domiciliare o lavoro sostitutivo,
e' soggetto al termine di prescrizione di anni tre.
    Analogamente nel rapporto tra ingiuria e diffamazione.
    Ad  una  siffatta  irrazionalita', ascrivibile a malgoverno della
discrezionalita'  legislativa  e  non emendabile in malam partem, non
puo'  ovviarsi che con l'unificazione del termine di prescrizione per
tutti  i  reati  di competenza del giudice di pace, nel senso che sia
per  essi  indistintamente  applicabile  il termine di anni tre, come
previsto dall'art. 157, comma 5 c.p..
    Cio'  risponde  del  resto  all'eadem ratio della creazione di un
«diritto  mite»,  in  cui  la  mitezza  si  rifletta  non  solo,  nel
trattamento  sanzionatorio  ma  anche  nella  delimitazione del lasso
temporale entro il quale permane l'interesse alla punizione.
    La  questione  e' nella specie rilevante, in quanto alle imputate
sono  contestati il reato di lesioni personali lievi, per il quale e'
applicabile  il  termine  di  prescrizione  piu'  breve  e che dunque
potrebbe considerarsi gia' prescritto, e il reato di ingiuria, per il
quale   e'   teoricamente  applicabile  il  termine  di  prescrizione
ordinaria  di  anni  sei aumentabile di un quarto fino a anni sette e
mesi  sei, o, che e' lo stesso, il termine di anni cinque aumentabile
fino  ad  anni  sette  e  mesi sei, previsto dall'art. 157 c.p. nella
formulazione   anteriore   alle   modifiche  introdotte  dalla  legge
n. 251/2005,  ma  che  potrebbe  parimenti considerarsi prescritto in
caso   di   ritenuta   fondatezza  della  questione  di  legittimita'
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23 legge n. 87/1953;
    Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata per contrasto
con  l'art. 3  Cost.  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 157,  quinto  comma  c.p., come novellato dall'art. 6 legge
n. 251/2005,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  il termine di
prescrizione  di  anni tre si applichi, oltre che ai reati puniti con
pena  diversa da quella detentiva e da quella pecuniaria, a tutti gli
altri reati di competenza del giudice di pace;
    Sospende  il  processo  e  ordina la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale.
    Dispone  che  l'ordinanza, di cui e' data lettura in udienza alle
parti  presenti,  sia  notificata  al  Presidente  del  Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato della
Repubblica.
        Perugia, addi' 20 marzo 2006
                       ll giudice: Ricciarelli
06C1135