N. 433 ORDINANZA 6 - 19 dicembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo   penale  -  Citazione  diretta  a  giudizio  -  Rigetto  in
  dibattimento  della richiesta di giudizio abbreviato condizionato -
  Possibilita'   di   riproposizione   ad  altro  giudice  -  Mancata
  previsione  -  Denunciata violazione del diritto di difesa, nonche'
  dei  principi  di eguaglianza, di imparzialita' ed indipendenza del
  giudice   -  Eccezione  di  inammissibilita'  della  questione  per
  manifesta irrilevanza nel giudizio a quo - Reiezione.
Processo   penale  -  Citazione  diretta  a  giudizio  -  Rigetto  in
  dibattimento  della richiesta di giudizio abbreviato condizionato -
  Possibilita'   di   riproposizione   ad  altro  giudice  -  Mancata
  previsione  -  Denunciata violazione del diritto di difesa, nonche'
  dei  principi  di eguaglianza, di imparzialita' ed indipendenza del
  giudice - Esclusione - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., artt. 556, comma 2, e 34, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 101 e 111.
(GU n.51 del 27-12-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 34, comma 2,
e  556,  comma 2,  del  codice  di  procedura  penale,  promosso  con
ordinanza  del  2 febbraio  2004,  dal  Tribunale di Perugia, sezione
distaccata  di Foligno, iscritta al n. 432 del registro ordinanze del
2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1ª serie
speciale, edizione straordinaria del 3 giugno 2004;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera di consiglio dell'8 novembre 2006 il giudice
relatore Gaetano Silvestri;
    Ritenuto  che, con ordinanza del 2 febbraio 2004, il Tribunale di
Perugia,   sezione   distaccata   di  Foligno,  ha  sollevato  -  con
riferimento  agli  artt. 3,  24,  25,  101 e 111 della Costituzione -
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 556, comma 2, e
34,  comma 2,  del codice di procedura penale, nella parte in cui non
prevedono   che  l'imputato  tratto  a  giudizio  mediante  citazione
diretta,  dopo che il giudice dibattimentale abbia respinto in limine
litis   la  sua  richiesta  di  giudizio  abbreviato  subordinata  ad
un'integrazione probatoria, possa rinnovare detta richiesta avanti ad
un   diverso   giudice,   investito   del   procedimento   in   forza
dell'incompatibilita' sopravvenuta del primo;
        che  nel  giudizio  a  quo,  condotto  con rito monocratico a
citazione diretta, si procede alla celebrazione del dibattimento dopo
che  il  rimettente  ha  respinto,  per  ragioni non specificate, una
richiesta   condizionata   di   giudizio  abbreviato,  formulata  dal
procuratore speciale dell'imputato;
        che  il Tribunale premette come questa Corte, con la sentenza
n. 169  del  2003,  abbia ritenuto necessario che il provvedimento di
rigetto  della  richiesta  di accesso al rito abbreviato da parte del
giudice   dell'udienza   preliminare  non  determini  una  definitiva
preclusione,     dichiarando     conseguentemente    l'illegittimita'
costituzionale del comma 6 dell'art. 438 cod. proc. pen., nella parte
in  cui  non  prevedeva  che,  nel  caso appunto di rigetto della sua
domanda,   l'imputato  potesse  rinnovare  quest'ultima  prima  della
dichiarazione   di   apertura   del   dibattimento,   con   eventuale
celebrazione del rito speciale da parte del giudice dibattimentale;
        che,  secondo  il  rimettente, l'imputato perseguito mediante
citazione  diretta  sarebbe privo di una garanzia analoga, in quanto,
essendo  la  sua  richiesta di giudizio abbreviato proponibile per la
prima   volta   davanti   al   giudice   dibattimentale,  l'eventuale
provvedimento di rigetto non potrebbe essere sindacato, da un diverso
magistrato, nell'ulteriore corso del procedimento;
        che  il  Tribunale  rileva ulteriormente come questa Corte, a
proposito  dell'applicazione di pena su richiesta, abbia stabilito la
necessaria  incompatibilita'  a procedere al dibattimento del giudice
che  abbia respinto la richiesta delle parti per ragioni non formali,
cioe' attinenti al merito dell'imputazione (e' citata in proposito la
sentenza n. 399 del 1992);
        che, a parere del rimettente, anche la mancanza di un'analoga
previsione  per  il  caso  di  rigetto  in limine litis della domanda
condizionata   di   giudizio   abbreviato   varrebbe  a  discriminare
ingiustamente  l'imputato  perseguito  mediante  citazione  diretta a
giudizio;
        che   l'attuale   disciplina,  quindi,  sarebbe  inidonea  ad
assicurare  per l'imputato due garanzie costituzionalmente dovute: la
possibilita'  di  proporre  per  una  nuova  valutazione la richiesta
condizionata   di  giudizio  abbreviato  e  l'esame  della  richiesta
rinnovata  da parte di un giudice diverso da quello che abbia assunto
il provvedimento di rigetto;
        che  la  normativa  vigente  si  porrebbe  in  contrasto,  in
particolare,  con  l'art. 3  Cost.  - data la sostanziale analogia di
posizione  tra  colui  che  venga  perseguito per citazione diretta e
colui che sia chiamato in giudizio attraverso l'udienza preliminare -
e  con  l'art. 24  Cost.,  non  essendo accordata la possibilita' «di
riproporre  avanti  ad  altro giudicante diverso da quello che si era
formato  un'opinione  precostituita,  la medesima istanza di giudizio
abbreviato condizionato»;
        che la disciplina in questione violerebbe anche i principi di
imparzialita'  e  indipendenza  del  giudice, riferiti dal rimettente
agli  artt. 25,  101  e  111  Cost., visto che gli stessi «rispondono
all'esigenza  di  evitare  che  una valutazione di merito del giudice
possa  essere,  o  possa  ritenersi condizionata dalla sua precedente
attivita' processuale»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  con  atto  depositato  il  17  giugno 2004,  chiedendo che la
questione  sia  dichiarata  inammissibile,  in  quanto manifestamente
irrilevante nel giudizio a quo;
        che  infatti,  secondo  la  difesa  erariale,  con il rigetto
dell'istanza  condizionata  di  giudizio  abbreviato,  il  rimettente
avrebbe  «superato  la  questione  oggetto del vaglio di legittimita'
costituzionale richiesto».
    Considerato  che  il  Tribunale di Perugia, sezione distaccata di
Foligno,  dubita  -  in  riferimento  agli artt. 3, 24, 25, 101 e 111
della   Costituzione   -   della  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 556,  comma 2,  e  34, comma 2, del codice di procedura penale,
nella  parte  in  cui  non prevedono che l'imputato tratto a giudizio
mediante  citazione diretta, dopo che il giudice dibattimentale abbia
respinto  in  limine  litis  la  sua richiesta di giudizio abbreviato
subordinata  ad  un'integrazione  probatoria,  possa  rinnovare detta
richiesta avanti ad un diverso giudice, investito del procedimento in
forza dell'incompatibilita' sopravvenuta del primo;
        che, in via preliminare, non puo' condividersi l'eccezione di
inammissibilita'  della  questione  formulata  dall'Avvocatura  dello
Stato,  in  quanto  il  giudice  rimettente, prospettando la parziale
illegittimita'  dell'art. 34 cod. proc. pen., sollecita una pronuncia
i  cui  effetti  inciderebbero  su  una  disposizione  immediatamente
applicabile  nel  procedimento  a quo, comportando l'incompatibilita'
del giudicante;
        che,   nel   merito,   la  questione  sollevata  muove  dalla
constatazione  che  nel giudizio a citazione diretta non puo' trovare
applicazione  il  meccanismo  di  «rinnovazione»  della  domanda gia'
rigettata  dal  giudice  delle  indagini  o dell'udienza preliminare,
introdotto  nell'ordinamento  per  effetto  della  sentenza di questa
Corte n. 169 del 2003;
        che, per altro, la continuita' della fase in cui si innestano
il  provvedimento  di  rigetto  e  la  conseguente  celebrazione  del
giudizio di merito osta, di per se', ad una emulazione del meccanismo
di reiterazione della domanda;
        che   di  tale  situazione  prende  atto  lo  stesso  giudice
rimettente,  il  quale  infatti  sollecita,  accanto ad un intervento
additivo  sull'art. 556,  comma 2,  cod. proc. pen., che introduca la
possibilita'   di   «rinnovazione»   della   domanda  rigettata,  una
dichiarazione di parziale illegittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma 2,  dello  stesso  codice, tale da collegare alla deliberazione
del  provvedimento  negativo  una  sopravvenuta  incompatibilita' del
giudice  procedente, e dunque l'investitura di un diverso magistrato,
avanti al quale detta «rinnovazione» sarebbe possibile;
        che,  a parere del giudice a quo, una variazione siffatta del
quadro  normativo attuerebbe anche la necessaria parificazione fra il
trattamento  dell'imputato  che  si  veda  respingere  una  richiesta
condizionata  di  giudizio abbreviato e quello dell'imputato al quale
venga   negata   l'applicazione  della  pena  su  richiesta  a  norma
dell'art. 444 cod. proc. pen;
        che    tale   prospettazione   istituisce   un   accostamento
ingiustificato  tra  la  situazione  in  esame e quella, ben diversa,
conseguente  ad  un provvedimento negativo del giudice dibattimentale
sulla richiesta di patteggiamento (ordinanza n. 101 del 2002);
        che,  d'altra  parte,  la  soluzione  prospettata dal giudice
rimettente   condurrebbe   all'assurda   conseguenza  di  una  catena
potenzialmente infinita di provvedimenti di rigetto e di sopravvenute
incompatibilita'  del  giudice di volta in volta procedente: prova ne
sia  che,  nello  stesso  procedimento  di applicazione della pena su
richiesta,  l'incompatibilita'  del  giudice dibattimentale che abbia
rigettato  la  relativa  domanda,  ed  il conseguente mutamento della
persona   chiamata   all'ulteriore  celebrazione  del  giudizio,  non
preludono ad una «rinnovazione» della richiesta di patteggiamento, la
quale  anzi  risulta  espressamente  preclusa  dalla legge (art. 448,
comma 1, cod. proc. pen.);
        che,  alla  luce dei rilievi che precedono, risulta del tutto
fisiologica   una  eterogeneita'  dei  meccanismi  di  sindacato  sui
provvedimenti  che  regolano  l'introduzione dei riti speciali quando
l'azione  penale viene esercitata secondo modalita' che consentono al
pubblico ministero l'accesso diretto alla sede dibattimentale;
        che  la  celebrazione del procedimento nelle forme ordinarie,
per  effetto del provvedimento negativo assunto in limine litis sulla
richiesta  di rito abbreviato, non esclude che debba essere valutato,
in  esito al giudizio, se sia legittima una commisurazione della pena
senza la diminuente prevista dall'art. 442, comma 2, cod. proc. pen.;
        che,  infatti,  nella  giurisprudenza  di  legittimita' si e'
affermato  il  principio  secondo  cui  il fondamento della decisione
preclusiva  deve  essere  valutato in ogni successiva occasione nella
quale il giudice determini o verifichi la quantificazione della pena,
a  partire  dalla  deliberazione  della sentenza di condanna ad opera
dello stesso giudice dibattimentale per proseguire, eventualmente, in
fase di gravame;
        che,  dunque,  risulta  erroneo il presupposto interpretativo
essenziale  dell'ordinanza  di rimessione, e cioe' che nel giudizio a
citazione diretta l'ordinanza di rigetto della richiesta condizionata
di  giudizio abbreviato sarebbe sottratta ad ogni forma di sindacato,
ed  in  particolare  al  vaglio  di  un giudice diverso da quello che
l'abbia deliberata;
        che,  pertanto,  le  questioni  proposte  sono manifestamente
infondate in relazione a tutti i parametri evocati dal rimettente.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale degli artt. 556, comma 2, e 34, comma 2,
del  codice  di procedura penale, sollevata dal Tribunale di Perugia,
sezione  distaccata  di Foligno, in riferimento agli artt. 3, 24, 25,
101 e 111 della Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Silvestri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 dicembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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