N. 579 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 aprile 2006
Ordinanza emessa il 4 aprile 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 3 novembre 2006) dal Tribunale Amministrativo regionale della Sicilia - Sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da Palermo Salvatore ed altra contro Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ed altri. Giustizia amministrativa - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa e del principio del giudice naturale - Violazione del principio della ragionevole durata dei processi - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa - Violazione della norma statutaria che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Sicilia le controversie di interesse regionale. - Decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 111, primo comma, e 125; Statuto della Regione Sicilia, art. 23.(GU n.51 del 27-12-2006 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23 comma 2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 0527/06 R.G., proposto da Salvatore Palermo e Suzanne Vickery, rappresentati e difesi dall'avv. Pietro Paterniti La Via, domiciliato in Catania presso lo studio di quest'ultimo in viale XX Settembre n. 19; Contro la Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., in persona dell'amministratore delegato e/o legale rappresentante in carica; il direttore compartimentale dirigente incarica dell'Ufficio territoriale per la espropriazioni presso la Direzione compartimentale infrastruttura di Palermo della R.F.I. S.p.A. rappresentata e difesa dall'avv. Michele Ali', elettivamente domiciliata in Catania, via Crociferi 60; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del sig. Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, con domicilio ex lege presso gli uffici di quest'ultima in Catania, via V. Ognina; e nei confronti della Italferr S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica; del Comune di Catania, in persona del sig. sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Marco Petino, elettivamente domiciliato in Catania, via G. Oberdan n. 141; per l'annullamento del decreto del Direttore compartimentale dirigente in carica dell'Ufficio territoriale per le espropriazioni presso la Direzione compartimentale infrastruttura di Palermo della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. del 7 dicembre 2005, prot. n. 009, spedito per notifica il 15 dicembre 2005, con il quale, ai sensi degli artt. 22-bis e 49 del d.P.R. n. 327/2001, e' stata disposta l'occupazione anticipata di urgenza preordinata all'espropriazione e l'occupazione temporanea in via provvisoria di un immobile dei ricorrenti, interessato dai lavori di raddoppio ferroviario della linea Messina-Siracusa, tratta Catania Ognina-Catania Centrale; di ogni altro atto antecedente e successivo, ad esso comunque connesso e/o consequenziale; e per il risarcimento dei danni arrecati ai ricorrenti ed all'immobile che il provvedimento impugnato, se eseguito, determinera', nella misura che verra' determinata in corso di causa, in ragione anche della successiva esecuzione dei lavori di raddoppio della linea ferroviaria Messina-Siracusa, tratta Catania Ognina-Catania Centrale. Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione nel giudizio dell'Avvocatura di Stato, del Comune di Catania e della «R.F.I.» S.p.A.; Visti gli atti tutti della causa; Udito nella camera di consiglio del 9 marzo 2006 il relatore, referendario dott. Salvatore Gatto Costantino; Uditi altresi' gli avvocati delle parti, come da relativo verbale; Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue: I n f a t t o Espongono i ricorrenti che: I) con provvedimento n. 20 del 7 luglio 2003, il sindaco del Comune di Catania, quale commissario delegato (giusta O.P.C.M. n. 3259/2002) approvava, in variante al P.R.G. ed in deroga alle normative vigenti, il progetto relativo al completamento del raddoppio ferroviario Catania Ognina-Catania Centrale, redatto dalla «R.F.I.» S.p.A., con valore di dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' delle opere, nonche' con effetto sostitutivo di autorizzazioni, visti e pareri della legislazione derogata; II) i lavori previsti in progetto riguardavano, tra l'altro, il fabbricato di proprieta' dei ricorrenti (all'epoca in fase di ristrutturazione giuste concessioni edilizie nn. 22/4377 del 21 maggio 2002 e 22/91 del 24 ottobre 2002, ad oggi del tutto completata) rispetto al quale si prevedeva la demolizione e l'espropriazione della intera terrazza e di parte del fabbricato cui dovra' venire addossata in galleria la rete ferroviaria raddoppiata; III) avverso il provvedimento n. 20/2003 del sindaco-commissario delegato, i ricorrenti avevano sollevato il ricorso n. 4541/2003, tutt'ora pendente tra le parti, di fronte a questo Tribunale amministrativo regionale, lamentando i vizi di carenza di potere, incompetenza, violazione degli art. 7 della legge n. 241/1990, 10 ed 11 della legge n. 865/1971 e 13 della legge n. 2359/1865; piu' precisamente, per quel che qui interessa, i ricorrenti avevano dedotto che la delega di protezione civile, in forza della quale il sindaco aveva approvato il progetto dell'opera e, soprattutto, aveva derogato alla legislazione vigente, contenuta nell'OPCM n. 3259/2003, non comprendeva la tipologia delle opere ferroviarie, essendo limitata all'emergenza «traffico» limitata alla viabilita' ed alla circolazione stradale; IV) successivamente, con decreto del 15 dicembre 2004, pubblicato nella G.U.R.S. n. 31 del 23 luglio 2004, il dirigente generale del Dipartimento regionale urbanistica, ai sensi e per gli effetti dell'art. 7 della l.r. 1° aprile 1981 n. 65, autorizzava in variante allo strumento urbanistico vigente del Comune di Catania il progetto della R.F.I. - Italferr - relativo ai lavori di completamento del raddoppio Catania Ognina-Catania Centrale, di cui alla determina commissariale n. 20 del 7 luglio 2003. Avverso tale provvedimento i ricorrenti proponevano motivi aggiunti nel ricorso n. 4541/2003 RG, deducendo in ordine ad esso, sia illegittimita' derivata da quella del provvedimento sindacale n. 20/2003, oggetto di ricorso, oltre che violazioni proprie dell'art. 7, l.r. 11 aprile 1981 n. 65 e O.P.C.M. n. 2359/2002; V) da ultimo, con i provvedimenti impugnati con il ricorso odierno, veniva pronunciata e disposta, ai sensi degli artt. 22-bis e 49 del d.P.R. n. 327/2001, l'occupazione d'urgenza preordinata all'espropriazione e l'occupazione temporanea di parte dell'immobile di proprieta' dei ricorrenti. Esponendo che tale immobile verra' irrimediabilmente danneggiato dai lavori in oggetto, i ricorrenti ne hanno quindi chiesto, previa sospensione cautelare, l'annullamento con il ricorso notificato in data 10 febbraio 2006 e depositato il 17 febbraio 2006, per le seguenti ragioni di diritto: 1) illegittimita' derivata dalla illegittimita' della dichiarazione di pubblica utilita'; 2) illegittimita' derivata dall'illegittima autorizzazione in variante al P.R.G. del progetto approvato con provvedimento sindacale n. 20 del 7 luglio 2003; 3) difetto dei presupposti conseguenti al mancato adeguamento del progetto dei lavori alle statuizioni disposte con provvedimento sindacale n. 23/2003. Contrasto tra progetto approvato con valore di dichiarazione di pubblica utilita' e progetto approvato variante al P.R.G.; 4) Incompetenza di R.F.I. relativamente all'adozione del decreto di occupazione. I ricorrenti hanno quindi chiesto il risarcimento dei danni conseguenti all'adozione del provvedimento impugnato ed all'esecuzione dei lavori cui esso e' preordinato. Si e' costituita l'Avvocatura di Stato, con memoria deposita il 23 febbraio 2006, chiedendo l'estromissione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal giudizio, non essendo rivolte censure contro di esso. Nella camera di consiglio del 9 marzo 2006 la domanda cautelare e' stata trattenuta per la decisione. D i r i t t o Le parti ricorrenti assumono che l'occupazione di urgenza preordinata all'espropriazione del loro immobile sia lesiva in quanto essenzialmente adottata in deroga alle garanzie di legge, specialmente partecipative, nonche' alle norme urbanistiche, in mancanza di un valido potere. Secondo i ricorrenti, infatti, l'esproprio sarebbe stato ordinato da autorita' del tutto carente di potere, in quanto il sindaco commissario delegato per l'emergenza traffico non sarebbe titolato ad approvare e disporre realizzazione di opere ferroviarie. I) Il ricorso e' rivolto avverso un provvedimento adottato all'esito di una procedura posta in essere dal sindaco di Catania nell'esercizio dei poteri a questo conferiti in qualita' di Commissario delegato di protezione civile per l'emergenza traffico. Pertanto, il Collegio deve affrontare d'ufficio la questione relativa alla competenza inderogabile recentemente attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio per la cognizione di vicende quale quella in esame. Tale competenza sorge per effetto della norma di cui alla legge n. 21/2006, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: ...omissis... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'articolo 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'articolo 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il Collegio che la fattispecie in esame e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3, in quanto il potere amministrativo posto in essere da parte del sindaco del Comune di Catania e' esercitato come delegato dell'emergenza traffico (O.P.C.M. 3259/2002), rientrante nel novero delle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e proprio l'esercizio di tale potere ed i suoi limiti costituiscono l'oggetto principale del ricorso poiche' una parte nega e l'altra afferma l'esercizio del potere di protezione civile. Il collegio, pertanto, ritenendola rilevante ai fini della decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater, come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine ad altra fattispecie per la cui decisione e' venuta in rilievo la medesima norma (Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006). I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e cio' per espressa disposizione della nuova disciplina che ne prescrive l'applicazione ai procedimenti pendenti e quindi anche per il procedimento odierno, trattenuto in decisione dopo l'entrata in vigore della disciplina in esame (la quale e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 23 gennaio 2006 ed e' entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione). Non vale a mutare la superiore considerazione il fatto che il giudizio sia stato chiamato ad essere trattato in camera di consiglio per la sua sola domanda cautelare, posto che la dichiarazione delle disposizioni in esame non lascia adito a dubbi e, per effetto del combinato disposto di cui all'art. 21 e 26 della legge Tribunale amministrativo regionale ivi richiamato, in sede della trattazione cautelare il Collegio dovrebbe con sentenza breve dichiarare la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio e concludere il giudizio, salva la riassunzione di esso di fronte al Tribunale amministrativo regionale competente, normativamente prevista. II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il Collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi espressa («Nella regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2 comma 1 lett. «c» della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5 comma 1, legge cit.) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». III) Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5, comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2, comma 1, lett. «c» della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2 lett. «a») e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2 lett. «b»). Quindi, il sistema della Protezione Civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Sicche' per ogni tipologia territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e ss della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio (e quindi spinge l'interprete a dover ritenere che il legislatore abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale di qualsiasi questione, inerente la Protezione Civile, richieda interventi extra ordinem). Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, e' attribuito al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale. queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' state ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre. 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'articolo 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107, comma 1, lettere b e c) d.lgs. n. 112/1998, possiedono rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell'ordinamento. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso trattamento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. Cio' vale sia per la fase transitoria in cui i giudizi pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sia per le future nuove controversie che secondo la nuova normativa dovrebbero essere ab initio instaurate presso detto Tribunale amministrativo regionale La Corte ha ritenuto, in un caso in cui il legislatore aveva disposto l'estinzione ope legis di giudizi pendenti (art. 10, comma primo, legge n. 425/1984), che siffatta disposizione, in quanto «preclude al giudice la decisione di merito imponendogli di dichiarare d'ufficio l'estinzione dei giudizi pendenti, in qualsiasi stato e grado si trovino alla data di entrata in vigore della legge sopravvenuta», percio' stesso «viola il valore costituzionale del diritto di agire, in quanto implicante il diritto del cittadino ad ottenere una decisione di merito senza onerose reiterazioni» (Corte costituzionale, sentenza n. 123 del 1987). Sebbene la fattispecie in esame sia diversa da quella oggetto della citata pronuncia, il principio tuttavia, ad avviso del Collegio, e' nello stesso modo applicabile. Accade infatti, nel caso presente, che chi abbia gia' un giudizio pendente davanti al Tribunale amministrativo regionale locale, ed addirittura abbia ottenuto una decisione cautelare, debba proseguire altrove nella propria iniziativa giudiziaria, addirittura (se ne parlera' piu' diffusamente infra) rimanendo esposto ad una seconda pronuncia cautelare sollecitata dalla parte soccombente davanti al giudice adito prima dell'entrata in vigore della legge in questione. V) Altro profilo di incostituzionalita' va ravvisato, inoltre, nella violazione del principio del giudice naturale precostituito per legge, di cui all'art. 25 della Costituzione. La norma costituzionale ora citata, stabilendo che «nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge», esclude, come la stessa Corte costituzionale afferma, «che vi possa essere una designazione tanto da parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a regole generali, quanto da altri soggetti, dopo che la controversia sia insorta (sentenze n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del 1967»; il principio e' in tali termini, e con tali citazioni dei precedenti, richiamato nella sentenza della Corte n. 393 del 2002). Come la Corte ha insegnato, perche' tale principio possa considerarsi rispettato occorre che «... la regola di competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia» (sentenza n. 193 del 2003); e basta scorrere le numerose decisioni della Corte costituzionale in materia di principio del giudice naturale per rilevare che e' proprio la preesistenza della regola che individua la competenza rispetto al giudizio il criterio fondamentale in base al quale sono state valutate le questioni sollevate. Tale profilo di incostituzionalita' si apprezza particolarmente, ad avviso del Collegio, nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater), che non solo ne dispone l'applicazione ai processi pendenti, ma addirittura consente una riforma dei provvedimenti assunti, in sede cautelare, in tali giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a quelli di provenienza (trattasi di giudici tutti di primo grado, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non essendo un «super-Tribunale amministrativo regionale»). Cosi' facendo, in sostanza, il legislatore ha introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un doppione del gia' espletato giudizio (cautelare) di primo grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo). Pertanto, anche l'art. 25 della Carta costituzionale risulta vulnerato dalla normativa denunciata dal collegio; e se ne trae conferma da una recente decisione della Corte costituzionale, che, sebbene in relazione a disciplina totalmente diversa, ha avuto modo di affermare un principio generale, che e' quello della appartenenza della competenza territoriale alla nozione del giudice naturale precostituito per legge. Precisamente, la sentenza n. 41 del 2006 afferma, anzi, ribadisce (come testualmente essa si esprime, citando sentenze precedenti in termini), che «alla nozione del giudice naturale precostituito per legge non e' affatto estranea "la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore alla istituzione del giudizio" (sentenze n. 251 del 1986 e n. 410 del 2005)». Per altro, atteso che il principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta (cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore profilo di violazione di detta norma. Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie pendenti, un anomalo percorso (su cui gia' il Collegio ha poco prima espresso i propri dubbi di incostituzionalita) che stravolge l'ordinario iter giudiziario. La regola e' che ad un giudizio di primo grado segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice. Orbene, ad avviso del collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione del principio del «giusto processo», di cui all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»). Sempre con riferimento ai processi pendenti, infatti, la parte soccombente nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi conformi ai principi costituzionali) aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado). Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio del ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato. VI) Da ultimo, secondo un aspetto diverso che si riconnette ancora al tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal presidente della regione sentite le sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dell'art. 5 del d.lgs. 6 maggio 1948 n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di Giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della regione». Osserva il Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost. in data 12 marzo 1975 n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.l. 15 maggio 1946 n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella Regione Siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente illegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello Statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, riserva al Consiglio di Giustizia Amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale. VII) Per tutte le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
P. Q. M. Solleva, ritenutala rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125, 24 e 25 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia. Dispone, a norma dell'art. 23/2 legge n. 87/1953, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Il giudizio resta sospeso sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Manda alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catania, in Camera di consiglio, in data 9 febbraio 2006 e 9 marzo 2006. Il Presidente: Zingales L'estensore: Gatto Costantino 06C1172