N. 583 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 maggio 2006
Ordinanza emessa il 19 maggio 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Sicilia - Sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da Ottimofiore Rosa ed altro contro Comune di Catania ed altro Giustizia amministrativa - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del diritto di difesa - Violazione del principio del decentramento territoriale della giurisdizione amministrativa - Violazione della norma statutaria che attribuisce al Tribunale amministrativo regionale Sicilia le controversie d'interesse regionale. - Decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3, 24 e 125; Statuto della Regione Sicilia, art. 23.(GU n.1 del 3-1-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi dell'art. 23, comma 2, legge n. 87/1953, sul ricorso n. 967/2006 R.G. proposto da Ottimofiore Rosa e Pepe Martino, rappresentanti e difesi da Condorelli Caff avv. Franceso, con domicilio eletto in Catania, largo R. Pilo n. 14, presso Condorelli Caff avv. Francesco; Contro il Comune di Catania in persona del sindaco pro-tempore, non costituito in giudizio, l'Ufficio speciale emergenza traffico e sicurezza sismica del Comune di Catania, non costituito in giudizio, per l'annullamento: del decreto di occupazione temporanea e d'urgenza numero 412/Dir./2006 del 3 marzo 2006; dell'atto di avviso con il quale i ricorrenti sono stati invitati a rilasciare per il 3 aprile 2006 la casa ove abitano, sita nel Comune di Catania, via San Giovanni Galermo; della deliberazione di Giunta municipale n. 419 del 23 marzo 2001. Visto il ricorso con i relativi allegati; Designato relatore per la camera di consiglio del 27 aprile 2006 il Referendario Maria Stella Boscarino; Sentito l'avvocato dei ricorrenti, come da verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o I ricorrenti impugnano gli atti con i quali il Comune di Catania ha disposto l'occupazione in via temporanea e d'urgenza, tra gli altri, del fabbricato ove i ricorrenti risiedono, nonche' gli atti presupposti, in particolare l'avviso di immissione in possesso e la deliberazione di approvazione del progetto. Il ricorso, affidato a cinque censure, e' stato notificato in data 1° aprile 2006, e poiche' con gli atti impugnati e' stata disposta l'immissione in possesso per il successivo 3 aprile 2006, i ricorrenti, dopo aver premesso di non avere mai avuto conoscenza degli atti volti a dichiarare la pubblica utilita' dell'intervento in questione nonche' del decreto di occupazione di urgenza, notificato, in uno con l'avviso di immissione in possesso, allo scopo di scongiurare il rilascio nella casa di abitazione entro pochi giorni, considerando che la ricorrente Ottimofiore Rosa, di anni 82, non sopravviverebbe al trauma, hanno chiesto preliminarmente la sospensione dell'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato con provvedimento presidenziale. Con decreto presidenziale n. 600/2006, depositato il 4 aprile 2006, e' stata sospesa l'immissione in possesso, fissando la Camera di consiglio del 27 aprile 2006 per la sottoposizione del decreto presidenziale cautelare al collegio. Il ricorso in epigrafe e' collegato ad altro ricorso, pendente avanti questo Tribunale, iscritto al n. 2890/2002 R.G, con il quale sono stati impugnati atti presupposti afferenti al PEEP in esecuzione del quale sono stati adottati gli atti oggi impugnati. Nella Camera di consiglio del giorno 27 aprile 2006 la causa e' passata in decisione. D i r i t t o Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti chiedono l'annullamento del decreto di occupazione temporanea e di urgenza di immobili, ricadenti nell'ambito del P.E.E.P. «San Giovanni Galermo», gia' oggetto di precedente impugnazione da parte degli stessi (e di altri) ricorrenti, pendente avanti questo Tribunale, iscritta al numero 2890/2002 R.G. Il decreto ha fatto seguito alla deliberazione G.M. n. 419 del 23 marzo 2001, di riapprovazione del progetto per la realizzazione di lavori di completamento dell'asse viario e delle opere di urbanizzazione nel piano di zona «San Giovanni Galermo» con dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed indifferibilita' dell'opera medesima. Con il ricorso vengono altresi' impugnati la deliberazione n. 419/2001 nonche' l'avviso di immissione in possesso. Tutti i citati atti sono stati notificati contestualmente ai ricorrenti ai sensi dell'art. 140 del codice di procedura civile in data 13 marzo 2006, con notificazioni che peraltro appaiono irregolari non risultando a completamento delle stesse la spedizione della raccomandata prevista dalla richiamata disposizione del codice di rito. Tra i vari motivi del ricorso i ricorrenti deducono appunto la intempestivita' delle notifiche, rispetto la data di immissione in possesso, disposta per il 3 aprile 2006. Data la prossimita' delle operazioni volte ad attuare l'intimata immissione in possesso, i ricorrenti, allo scopo di scongiurare il forzato rilascio della loro casa di abitazione nel giro di pochi giorni, fonte di irreparabile pregiudizio anche in considerazione della avanzatissima eta' di una dei ricorrenti, hanno chiesto la sospensione dell'avviso di immissione in possesso con provvedimento presidenziale, concesso con decreto n. 600/2006. Per completare il quadro, come si rileva dalle premesse del decreto di occupazione di urgenza, alla espropriazione in questione provvede il sindaco di Catania nella qualita' di Commissario delegato ai fini dell'attuazione degli interventi volti a fronteggiare l'emergenza nella citta' di Catania in relazione alla situazione del traffico, della mobilita' e degli interventi di riduzione del rischio sismico connessi e funzionali, giusta ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3259 del 20 dicembre 2002. Pertanto il Collegio, chiamato a decidere sulla domanda cautelare di sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati, deve affrontare d'ufficio la questione relativa alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio a conoscere della vicenda introdotta dalla legge n. 21/2006 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 23 del 28 gennaio 2006, che, all'art. 3, per quel che qui rileva dispone: ... omissis ... «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis, sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i comini 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un Tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». Osserva il Collegio che la fattispecie in esame e' attratta nell'applicazione della citata legge n. 21/2006, art. 3. Il collegio, pertanto, ritenendola rilevante ai fini della decisione da assumere in ordine alla predetta trasmissione degli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimita' costituzionale del predetto art. 3, e segnatamente del comma 2 nelle sottonumerazioni bis, ter, quater, come sara' esposto nei seguenti paragrafi e come gia' fatto in ordine ad altra fattispecie per la cui decisione e' venuta in rilievo la medesima norma (Tribunale amministrativo regionale Sicilia, I, ord. n. 90 del 7 marzo 2006). I) La rilevanza della questione ai fini della decisione da assumere e' di tutta evidenza. Il collegio sarebbe tenuto, sulla base della normativa sopravvenuta - ove non dubitasse della incostituzionalita' di essa e quindi non ritenesse necessario investire il giudice delle leggi della relativa questione - a trasmettere gli atti al Tribunale amministrativo regionale Lazio. II) Circa la non manifesta infondatezza e le ragioni che fanno sospettare le norme in esame di incostituzionalita', osserva il collegio che la normativa introdotta dal legislatore con l'art. 3, comma 2, da bis a quater, della legge n. 21/2006, contrasta innanzitutto con l'art. 125 della Costituzione, e segnatamente con il principio della articolazione su base regionale degli organi statali di giustizia amministrativa di primo grado ivi espressa («Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica») che implica il rilievo e la garanzia costituzionale della sfera di competenza dei singoli organi predetti. Non appaiono, all'evidenza, manifeste o comunque sufficienti ragioni logiche o di coerenza istituzionale per derogare a tale sfera di competenze costituzionalmente garantita nella materia di cui trattasi quando, come nel caso in esame, le singole situazioni di emergenza hanno rilievo spiccatamente locale con conseguente efficacia locale dei relativi provvedimenti adottati dai soggetti delegati alla cura delle varie situazioni emergenziali, anche se (arg. ex art. 2, comma 1, lettera c) della legge n. 225/1992, richiamato dall'art. 5, comma 1, legge citata) essi sono adottati per fare fronte a situazioni che «per intensita' ed estensione debbono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari». III) Anzi, sotto questo aspetto, la norma e' altresi' contraddittoria ed irrazionale in quanto sottopone al medesimo trattamento processuale situazioni disparate e differenti tra di loro. In questo quadro, l'art. 5 comma 1 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, richiama, ai fini della applicazione dell'intera disposizione normativa, i casi in cui (ex art. 2 comma 1, lettera c) della legge n. 225/1992) sia necessario fare fronte con mezzi e poteri straordinari alle calamita' naturali, catastrofi o gli altri eventi che richiedano tale intervento per intensita' ed estensione. La previsione di cui alla legge n. 21/2006 radica la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio in tutti i casi in cui sia dichiarato lo stato di emergenza ai sensi del comma 1 dell'art. 5 appena citato e quindi con esclusione dei casi di intervento di protezione civile per gli eventi che possano essere affrontati mediante interventi attuabili dai singoli enti e amministrazioni competenti in via ordinaria (art. 2, lettera a) e di quelli che richiedano intervento coordinato di questi ultimi (art. 2, lettera b). Quindi, il sistema della Protezione Civile e' articolato in vari livelli di intervento, contraddistinti dal corrispondente grado di ampiezza della situazione emergenziale. Quindi per ogni tipologia territoriale e «qualitativa» della situazione di emergenza e' chiamato ad intervenire in merito il «livello» di governo piu' vicino alla concreta dimensione delle comunita' colpite e della natura dell'emergenza, quindi secondo un chiaro criterio di sussidiarieta' e senza escludere - funzionalmente e residualmente - che determinate funzioni siano «trasversali» ossia comprendano le competenze di piu' amministrazioni o livelli di governo. A fronte di questa multiformita' possibile di manifestazioni concrete dell'esercizio del potere, la regola generale di ripartizione delle competenze delineata dagli artt. 2 e seguenti della legge Tribunale amministrativo regionale appresta una tutela coerente con l'art. 125 della Costituzione: derogando ad essa, l'art. 3 della legge n. 21/2006, contraddittoriamente ed immotivatamente assegna ex lege rilevanza nazionale a qualsiasi controversia insorga nell'esercizio del potere di protezione civile, facendo leva solo sulla necessita' che esso presupponga l'intervento extra ordinem e quindi a dispetto dell'articolazione del potere previsto dalla legge n. 225/1992, posto che assegna la competenza funzionale a conoscere delle relative questioni al Tribunale amministrativo regionale Lazio (e quindi spinge l'interprete a dover ritenere che il legislatore abbia cristallizzato una valutazione di rilevanza nazionale di qualsiasi questione inerente la Protezione Civile, richieda interventi extra ordinem). Appare utile rilevare, in questa sede, come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia espressamente riconosciuto che: con l'art. 5 della legge n. 225 del 1992, attribuito al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamita' naturali, ed a seguito della dichiarazione di emergenza, e per fare fronte ad essa, lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, il Ministro dell'interno possano adottare ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico; l'art. 107, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), a sua volta, chiarisce che tali funzioni hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale; queste ultime due previsioni, inoltre, sono gia' stata ritenute dalla Corte costituzionale (sentenza n. 327 del 2003) come espressive di un principio fondamentale della materia della protezione civile, sicche' deve ritenersi che esse delimitino il potere normativo regionale, anche sotto il nuovo regime di competenze legislative delineato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione). Alla luce di quanto sopra ricordato, la Corte ha dichiarato illegittimo l'art. 4, comma 4, della legge della Regione Campania n. 8 del 2004, nella misura in cui essa ha attribuito al sindaco di Napoli i poteri commissariali dell'ordinanza n. 3142 del 2001 del Ministro dell'interno, dopo la scadenza della emergenza alla cui soluzione tale ordinanza era preordinata, in quanto in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione (Corte cost. n. 82/2005). Tale ragionamento comporta che, in relazione alla legge n. 225/1992 ed all'art. 107 comma 1, lettere b) e c) d.lgs. n. 112/1998, possiedono rilievo nazionale «solamente» il potere di dichiarare lo stato di emergenza e quello, distinto dal primo seppure ad esso finalisticamente connesso, di derogare a norme dell' ordinamento. Ne consegue dunque che, sotto questo profilo, la norma in esame e' irragionevole per contraddittorieta' e disparita' di trattamento processuale, poiche' utilizza lo stesso trattamento per situazioni del tutto differenti quanto ad ambito territoriale e livello e qualita' degli interessi pubblici coinvolti, nonche' per contrasto con l'art. 117 della Costituzione, poiche' implicitamente, finisce per attribuire rilievo nazionale anche alle questioni riservate alla competenza regionale. IV) Ancora, l'aggravio della tutela giurisdizionale, soprattutto ove, come nella specie, esso non sia giustificato da una effettiva natura accentrata (o dall'efficacia estesa a tutto il territorio) dei provvedimenti sui quali deve esercitarsi la cognizione del Tribunale amministrativo regionale Lazio, comporta indubbia violazione dell'art. 24 della Costituzione, in particolare della possibilita' di tutela dei propri diritti ed interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne risulta minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare le relative azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio piuttosto che presso gli organi giurisdizionali localmente istituiti. L'aggravio appare piu' che evidente in una controversia quale quella in esame, nella quale i ricorrenti, a fronte del pericolo di essere spogliati della casa di abitazione nel giro di pochi giorni, avendo illegittimamente il Comune notificato gli atti volti a disporre l'occupazione d'urgenza contestualmente all'avviso di immissione in possesso, notifiche peraltro di piu' che dubbia regolarita' e comunque avvenute solo pochi giorni prima della preannunciata immissione in possesso, situazione nella quale l'unica chance di tutela effettiva e' rimessa all'intervento del decreto presidenziale cautelare inaudita altra parte, avrebbero dovuto propone ricorso avanti al Tribunale amministrativo regionale Lazio, con evidente vanificazione della tutela giurisdizionale, risultando oltremodo difficoltoso, per non dire impossibile, riuscire entro pochi giorni a contattare un legale a Roma, conferirgli la procura, notificare il ricorso a Catania e depositaria a Roma in tempo utile per l'intervento del decreto presidenziale. Si ricorda che nel caso specifico il ricorso e' stato notificato alle amm.ni intimate in data 1° aprile 2006 e depositato due giorni dopo, con richiesta di decreto cautelare allo scopo di scongiurare l'immissione in possesso intimata per il successivo 3 aprile 2006. V) Altri profili di incostituzionalita' vanno ravvisati, inoltre, nella violazione del principio del giusto processo di cui all'art. 111 della Costituzione e del principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, che, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta, nella parte della disciplina in questione (comma 2-quater), che consente una riforma dei provvedimenti assunti, in sede cautelare, nei giudizi pendenti, e cio' ad opera di un organo giurisdizionale pariordinato a queffi di provenienza (trattasi di giudici tutti di primo grado, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio non essendo un «super-Tribunale amministrativo regionale»). Cosi' facendo, in sostanza, il legislatore ha introdotto un rimedio inedito, che non e' di secondo grado e che finisce per costituire un doppione del gia' espletato giudizio (cautelare) di primo grado, senza alcuna possibilita' di inquadramento tra i rimedi noti e tipizzati (appello, revocazione, reclamo). Atteso che il principio del doppio grado di giudizio nella giustizia amministrativa, sia in sede cautelare sia in sede di merito, riceve garanzia costituzionale dall'art. 125 della Carta (cfr. Corte cost., sentenza n. 8 del 1982), si configura un ulteriore profilo di violazione di detta norma. Viene infatti ad essere introdotto, per le controversie introdotte avanti al Tribunale amministrativo regionale locale, un anomalo percorso che stravolge l'ordinario iter giudiziario. La regola e' che ad un giudizio di primo grado segua, ove la parte soccombente appelli, un giudizio di secondo grado, sia che si tratti di giudizio cautelare, sia che si tratti di giudizio di merito; giammai e' prevista una doppia pronuncia sulla stessa materia da parte di due diversi giudici di primo grado, uno dei quali abilitato a riformare la decisione del primo giudice. Orbene, ad avviso del collegio, siffatta disciplina integra altresi' violazione del principio del «giusto processo», di cui all'art. 111, comma primo, della medesima Carta («La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge»). Infatti, la parte soccombente nel giudizio cautelare verrebbe ad essere fornita di uno strumento giurisdizionale anomalo e atipico a tutela della propria (legittima, ma da esercitare in modi conformi ai principi costituzionali) aspirazione ad ottenere una pronuncia favorevole in secondo grado (che deve tuttavia essere un vero giudizio di secondo grado, e non, si ribadisce, un inedito duplicato del giudizio di primo grado). Cio' comporterebbe altresi' una evidente violazione del principio del ne bis in idem, che, se pure non espressamente contemplato dalla Carta costituzionale, deve ritenersi corollario del medesimo generale principio del «giusto processo» teste' richiamato. VI) Da ultimo, secondo un aspetto diverso che si riconnette al tema del giudice naturale, la norma in esame viola l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia (legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948) a norma del quale: «Gli organi giurisdizionali centrali avranno in Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione. Le Sezioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti svolgeranno altresi' le funzioni, rispettivamente, consultive e di controllo amministrativo e contabile. I magistrati della Corte dei conti sono nominati, di accordo, dai Governi dello Stato e della Regione. I ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, saranno decisi dal Presidente della regione sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato». Tale norma e' stata «interpretata» dall'art. 5 del D.lgs 6 maggio 1948, n. 654, contenente norme per l'esercizio delle funzioni spettanti al Consiglio di Stato nella Regione Sicilia, il quale prevede che il Consiglio di giustizia esercita le attribuzioni devolute dalla legge al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale nei confronti di atti e provvedimenti definitivi «dell'amministrazione regionale e delle altre autorita' amministrative aventi sede nel territorio della Regione». Osserva il Collegio che gia' con «la sentenza della Corte cost. in data 12 marzo 1975, n. 61, dichiarando l'illegittimita' costituzionale delle limitazioni poste dall'art. 40, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, alla competenza del Tribunale amministrativo regionale Sicilia, e' stato ritenuto che siano state a quest'ultimo conferite tutte le controversie d'interesse regionale considerate tali dall'art. 23, comma 1, d.-l. 15 maggio 1946, n. 455, comprendendosi in tale categoria le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale ovvero concernenti pubblici dipendenti in servizio nella regione siciliana» (Consiglio Stato, sez. VI, 26 luglio 1979, n. 595). Quindi la legge n. 21/2006, in esame, e' costituzionalmente ilegittima anche nella sua parte in cui, in violazione dell'art. 23 dello Statuto regionale, sia nella sua formulazione letterale, che nella interpretazione pacifica che di esso ha maturato la giurisprudenza, anche costituzionale, riserva al Consiglio di giustizia amministrativa ed in primo grado al Tribunale amministrativo regionale Sicilia, la competenza a conoscere circa le controversie sorte da impugnazione di atti amministrativi di autorita' centrali aventi effetti limitati al territorio regionale. VII) Per tute le esposte considerazioni, deve sollevarsi la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125 e 24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello Statuto della Regione Sicilia. Deve pertanto essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio , sia nelle presente fase cautelare che nel merito instaurato con il ricorso in epigrafe, fino alla restituzione degli atti da parte della medesima Corte.
P. Q. M. Solleva, ritenutala rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2-bis, comma 2-ter, comma 2-quater, legge n. 21/2006, per contrasto con gli artt. 3, 125 e 24 della Costituzione e per contrasto con l'art. 23 dello statuto della Regione Sicilia. Dispone, a norma dell'art. 23/2, legge n. 87/1953, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Il giudizio , sia nelle presente fase cautelare che nel merito resta sospeso sino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale. Manda alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Catania, in camera di consiglio, in data 27 aprile 2006. Il Presidente: Messina L'estensore: Boscarino 06C1176