N. 441 SENTENZA 6 - 22 dicembre 2006

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Caccia   -   Legge   della   Regione  Lombardia  -  Previsione  della
  possibilita'  di  detenzione  di  richiami  vivi privi di anello di
  riconoscimento   -   Questione  di  legittimita'  costituzionale  -
  Eccezione di inammissibilita' per difetto di rilevanza - Reiezione.
- Legge  della  Regione  Lombardia  16 agosto  1993,  n. 26, art. 26,
  comma 5, sostituito dall'art. 2 della legge della Regione Lombardia
  7 agosto 2002, n. 19.
- Costituzione,  artt. 97,  117,  commi  secondo,  lettere l) e s), e
  terzo.
Caccia   -   Legge   della   Regione  Lombardia  -  Previsione  della
  possibilita'  di  detenzione  di  richiami  vivi privi di anello di
  riconoscimento  -  Deroga  alla  norma  statale  che vieta l'uso di
  richiami   non   identificabili   mediante   anello  inamovibile  -
  Violazione  di  uno  standard di tutela uniforme della fauna valido
  per  l'intero  territorio  nazionale  -  Invasione della competenza
  legislativa   esclusiva   dello   Stato   in   materia   di  tutela
  dell'ambiente  - Illegittimita' costituzionale - Assorbimento degli
  ulteriori profili di censura.
- Legge  della  Regione  Lombardia  16 agosto  1993,  n. 26, art. 26,
  comma 5, sostituito dall'art. 2 della legge della Regione Lombardia
  7 agosto 2002, n. 19.
- Costituzione,  artt. 117,  comma  secondo, lettera s), in relazione
  alla  legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 5; (Cost. artt. 97, 117,
  comma secondo, lettera l) e terzo).
(GU n.51 del 27-12-2006 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 26, ultimo
comma,  della legge della Regione Lombardia del 16 agosto 1993, n. 26
(Norme  per  la  protezione  della  fauna  selvatica  e per la tutela
dell'equilibrio  ambientale  e  disciplina dell'attivita' venatoria),
sostituito  dall'art. 2  della  legge  della  Regione  Lombardia  del
7 agosto  2002, n. 19 (Modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993,
n. 26),  promosso  con  ordinanza  del  27 luglio  2004 dal Tribunale
amministrativo regionale della Lombardia, sul ricorso proposto da WWF
Italia  ed  altri contro la Regione Lombardia, iscritta al n. 923 del
registro  ordinanze  2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 2004.
    Visti  gli  atti  di costituzione del WWF Italia ed altri e della
Regione Lombardia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21 novembre  2006  il giudice
relatore Maria Rita Saulle;
    Udito   l'avvocato   Giuseppe   Franco  Ferrari  per  la  Regione
Lombardia.

                          Ritenuto in fatto

    1.   -   Con   ordinanza   del   27 luglio   2004,  il  Tribunale
amministrativo regionale della Lombardia ha sollevato, in riferimento
agli  artt. 97  e  117, commi secondo, lettere l) e s), e terzo della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26,
comma  5,  della  legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26
(Norme  per  la  protezione  della  fauna  selvatica  e per la tutela
dell'equilibrio  ambientale  e  disciplina dell'attivita' venatoria),
sostituito  dall'art. 2  della  legge  della  Regione  Lombardia  del
7 agosto  2002, n. 19 (Modifiche alla legge regionale 16 agosto 1993,
n. 26).
    Premette  il  rimettente che il giudizio principale ha ad oggetto
l'impugnazione  della  delibera  della Giunta della Regione Lombardia
con  la  quale  e'  stato adottato il regolamento di attuazione della
legge   sopraindicata  e,  in  particolare,  l'art. 12  del  suddetto
regolamento.
    I  ricorrenti  nel  giudizio  a  quo  lamentano  che  tale  norma
regolamentare,  nel dare attuazione all'art. 26 della legge regionale
n. 26  del  1993,  prevede,  in  contrasto  con  l'art. 5 della legge
11 febbraio  1992,  n. 157  (Norme  per  la  protezione  della  fauna
selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio),  la rimozione
dell'anello numerato identificativo dei richiami vivi per l'esercizio
venatorio,   con   il   solo  obbligo  per  il  cacciatore  di  darne
comunicazione  alla  Provincia  e,  per gli allevatori, di provvedere
direttamente alla registrazione di tale operazione.
    1.1.  -  In  punto  di  rilevanza,  il  giudice a quo osserva che
l'art. 12, in attuazione dell'art. 26 della legge regionale n. 26 del
1993,  prevede  la  possibilita'  di  rimozione  del  suddetto anello
inamovibile,   di  talche',  a  parere  del  rimettente,  l'eventuale
dichiarazione    di   incostituzionalita'   della   norma   regionale
comporterebbe l'annullamento anche della disposizione regolamentare.
    1.2.  -  Quanto  alla  non manifesta infondatezza, il rimettente,
dopo aver osservato che la disciplina relativa all'individuazione dei
limiti  entro  cui  e' consentito l'esercizio venatorio rientra nella
competenza esclusiva dello Stato, ex art. 117, secondo comma, lettera
s),  della  Costituzione,  rileva  che  la norma impugnata si pone in
contrasto  con  quanto  disposto  dall'art. 5  della legge n. 157 del
1992,  che,  proprio  al fine di apprestare idonea tutela alla fauna,
prevede  l'inamovibilita'  dell'anello  identificativo  dei  richiami
vivi, impedendone in tal modo la cattura ed il commercio illeciti.
    Il  giudice  a  quo  ritiene  che  la  norma  regionale impugnata
violerebbe,  altresi',  l'art. 117,  secondo comma, lettera l), della
Costituzione, poiche' la condotta di chi caccia con richiami privi di
anello  inamovibile rientra nella ipotesi di esercizio dell'attivita'
venatoria  con  mezzi  vietati,  sanzionata  penalmente dall'art. 30,
lettera  h), della legge n. 157 del 1992. La norma impugnata, quindi,
nel  rimuovere  un  divieto afferente a comportamenti suscettibili di
sanzione  penale, interferirebbe sulla astratta fattispecie penale la
cui  individuazione  e'  riservata  alla  competenza  del legislatore
nazionale.
    Infine, il rimettente ritiene che l'art. 26, comma 5, della legge
regionale   n. 26   del   1993   violerebbe   anche  l'art. 97  della
Costituzione,  poiche'  il  sistema di controllo previsto dalla norma
impugnata  non garantirebbe la stessa tutela di quello previsto dalla
legge n. 157 del 1992.
    2. - Si sono costituite le associazioni WWF Italia, Legambiente e
la Lega per l'abolizione della caccia, ricorrenti nel giudizio a quo,
aderendo ai dubbi di costituzionalita' sollevati dal rimettente.
    3.  -Si e' costituita, altresi', la Regione Lombardia, resistente
nel  giudizio  a  quo,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata
inammissibile e/o infondata.
    3.1.  -  In  via preliminare, la Regione osserva che la norma che
consente   la   detenzione   dei   richiami   vivi  privi  di  anello
identificativo  e'  contenuta nell'art 26 della legge regionale n. 26
del  1993,  di  talche'  il giudizio principale sarebbe inammissibile
perche' rivolto contro un atto legislativo.
    3.2.  -  Nel  merito  la  Regione  rileva,  quanto  alla presunta
violazione  degli  artt. 117,  secondo comma, lettera s), e 97, della
Costituzione,  che la caccia rientra nella competenza normativa delle
regioni  essendo  soggetta soltanto al rispetto degli standard minimi
di tutela della fauna fissati dal legislatore nazionale che, nel caso
di  specie,  risultano rispettati. In particolare, la Regione osserva
che  la  norma impugnata non prevede una deroga al controllo mediante
anello  inamovibile  dei richiami disposto dal legislatore nazionale,
ma  sostituisce  questo  con  altro  sistema  parimenti  in  grado di
garantire la tutela degli animali utilizzabili quali richiami vivi.
    Anche   la  presunta  violazione  dell'art. 117,  secondo  comma,
lettera  l), della Costituzione sarebbe infondata, in quanto la norma
impugnata  prevede, in caso di sua inosservanza, l'applicazione delle
sanzioni  contenute  nella stessa legge regionale n. 26 del 1993 che,
sul  punto,  rinvia a quanto disposto dagli artt. 30 e 31 della legge
n. 157 del 1992.
    3.3.  -  In  prossimita'  dell'udienza  la  Regione  Lombardia ha
depositato  memoria  con  la  quale  ha  ribadito  le  argomentazioni
contenute nell'atto di costituzione.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  Tribunale  amministrativo  regionale  della  Lombardia
dubita, in relazione agli artt. 97 e 117, commi secondo, lettere l) e
s),  e  terzo  della  Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art  26,  comma 5, della legge della Regione Lombardia 16 agosto
1993,  n. 26  (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la
tutela   dell'equilibrio   ambientale   e  disciplina  dell'attivita'
venatoria),   sostituito   dall'art. 2   della  legge  della  Regione
Lombardia  del  7 agosto  2002, n. 19 (Modifiche alla legge regionale
16 agosto  1993,  n. 26),  nella parte in cui prevede che «I richiami
vivi  possono  essere  tenuti  privi di anello. Per la loro legittima
detenzione  fa  fede,  per  i  richiami di cattura, la documentazione
esistente  presso  la  Provincia e, per i richiami di allevamento, la
documentazione propria del cacciatore».
    La norma impugnata, a parere del rimettente, sarebbe in contrasto
con  i  parametri  costituzionali  evocati  e, in particolare, con la
legge statale 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della
fauna  selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che fissa il
nucleo  minimo  di  salvaguardia  della  fauna  selvatica  valido per
l'intero  territorio nazionale e, pertanto, riservato alla competenza
esclusiva dello Stato (sentenze n. 311 del 2003 e n. 536 del 2002).
    2.  -  La  Regione  Lombardia,  resistente  nel  giudizio  a quo,
eccepisce,  preliminarmente, il difetto di rilevanza della questione,
assumendo  che  il rimettente avrebbe dovuto dichiarare inammissibile
il  giudizio principale in quanto, in realta', diretto contro un atto
legislativo e, quindi, privo di incidentalita'.
    2.1.  -  L'eccezione  va  disattesa,  in  quanto  prospettata  su
argomentazioni  gia'  valutate  dal giudice del merito e dallo stesso
non implausibilmente ritenute non fondate.
    3. - Nel merito la questione e' fondata.
    L'art. 26  della  legge  regionale  n. 26  del  1993, al comma 5,
prevede  la  possibilita'  per i cacciatori di detenere richiami vivi
privi  di  anello  di  riconoscimento,  detenzione che e' considerata
legittima, per i richiami di cattura, sulla base della documentazione
esistente presso la Provincia e, per i richiami di allevamento, sulla
base della documentazione in possesso del cacciatore.
    Tale  disciplina  si  pone  in contrasto con l'art. 5 della legge
n. 157  del 1992, il quale prevede, al comma 7, che «E' vietato l'uso
di richiami che non siano identificabili mediante anello inamovibile,
numerato  secondo  le  norme  regionali  che  disciplinano  anche  la
procedura  in materia» e, al successivo comma 8, che la «sostituzione
di  un  richiamo puo' avvenire soltanto dietro presentazione all'ente
competente del richiamo morto da sostituire».
    La  norma  statale sopra riportata, nel disciplinare le modalita'
di esercizio della caccia, fissa standard minimi e uniformi di tutela
della  fauna  la  cui determinazione appartiene in via esclusiva alla
competenza  del  legislatore  statale  ex  art. 117,  secondo  comma,
lettera s), della Costituzione (sentenza n. 313 del 2006).
    Da  cio' consegue che l'impugnata norma regionale nel consentire,
seppure  previa tenuta di apposita documentazione, la possibilita' di
rimuovere  il  suddetto  anello  introduce  una  deroga  alla  citata
disciplina  statale,  deroga che contrasta con la finalita' di tutela
da  quest'ultima  perseguita,  non  potendosi  in alcun modo ritenere
fungibile  il  sistema  di controllo previsto dall'art. 5 della legge
n. 157 del 1992 con quello introdotto dal legislatore regionale.
    4. - La declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma
impugnata comporta l'assorbimento di ogni ulteriore e diverso profilo
di censura prospettato dal rimettente.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 26, comma 5,
della  legge della Regione Lombardia 16 agosto 1993, n. 26 (Norme per
la  protezione  della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2006.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Saulle
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 22 dicembre 2006.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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