N. 598 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2005

Ordinanza   emessa   il   7   novembre  2005  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale  il  20  novembre  2006)  dal Tribunale Amministrativo
regionale della Campania - Napoli, sul ricorso proposto da Riaz Ahmad
contro Ufficio territoriale del Governo di Napoli.

Straniero  e apolide - Lavoratore straniero in posizione irregolare -
  Regolarizzazione  - Esclusione nell'ipotesi di accompagnamento alla
  frontiera  a  mezzo della forza pubblica - Violazione del principio
  di   uguaglianza   per   ingiustificato  uguale  trattamento  degli
  stranieri   accompagnati   alla  frontiera  in  quanto  socialmente
  pericolosi  e  di quelli colpiti dal provvedimento stesso in quanto
  trattenutisi  nel  territorio  dello  Stato  oltre  il  termine  di
  quindici  giorni  dall'intimazione  di  espulsione  oppure  entrati
  clandestinamente in Italia senza un valido documento di identita'.
- Legge   30 luglio   2002,   n. 189,   art. 33,  comma 7,  lett. a),
  modificato  dall'art. 2 del decreto legge 9 settembre 2002, n. 195,
  convertito in legge 9 ottobre 2002, n. 222.
- Costituzione, art. 3, primo comma.
(GU n.1 del 3-1-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso n. 6838/2004
proposto  dal signor Riaz Ahmad, rappresentato e difeso dall'avvocato
Lucio  Giarletta,  con  il  quale  e' domiciliato in Napoli presso la
segreteria del T.a.r per la Campania;
    Contro  l'Ufficio  territoriale del Governo di Napoli, in persona
del  prefetto  pro  tempore,  rappresentato  e difeso dall'Avvocatura
distrettuale  dello  Stato  di  Napoli  presso  la quale e' ope legis
domiciliato   alla   via   Diaz   n. 11,  per  l'annullamento  previa
sospensione  dell'esecuzione,  del  decreto  n. 56833 Area V Imm., in
data  26  novembre  2003,  notificato  in data 28 aprile 2004, con il
quale  il  Prefetto di Napopli ha rigettato la richiesta di emersione
di  lavoro  irregolare  presentata  dalla  signora  Cinzia Novello in
favore del ricorrente;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione dell'amministrazione resistente;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore,  all'udienza pubblica del 12 ottobre 2005 il ref. Carlo
Polidori;
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

                     F a t t o  e  d i r i t t o

    1.  -  Con  il  ricorso  in epigafe viene chiesto l'annullamento,
previa  sospensione  dell'esecuzione,  del  decreto  del  Prefetto di
Napoli  in  data  26  novembre  2003,  con  il  quale  la  domanda di
regolarizzazione  presentata  ai  sensi  dell'art.  33 della legge 30
luglio   2002,   n. 189   (Modifica  alla  normativa  in  materia  di
immigrazione  e di asilo), dalla signora Cinzia Novello in favore del
cittadino  pachistano  Riaz  Ahmad  e'  stata  respinta a seguito del
diniego  del prescritto nulla osta da parte della Questura di Napoli,
in   quanto   lo   straniero   risulta  precedentemente  espulso  con
accompagnamento alla frontiera.
    A sostegno del ricorso, oltre a dedurre il difetto di motivazione
e  l'insufficiente  conoscenza  della  lingua  italiana  da parte del
cittadino  extracomunitario, e' stato evidenziato che la disposizione
recante   la   causa   ostativa   invocata   dall'amministrazione  e'
costituzionalmente  illegittima  e che la relativa questione e' stata
gia' sollevata dinanzi alla Corte costituzionale.
    L'amministrazione   resistente   si  e'  costituita  in  giudizio
eccependo l'infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
    Con  ordinanza  cautelare,  pronunciata all'esito della camera di
consiglio  del  23  giugno 2004, il Collegio ha respinto l'istanza di
sospensione presentata in via incidentale dal ricorrente, ritenendo i
motivi  di  censura  dedotti non supportati da sufficiente fumus boni
iuris.
      Con  successiva  ordinanza  istruttoria,  pronunciata all'esito
dell'udienza  pubblica  del 3 febbraio 2005, il Collegio ha richiesto
documentati  chiarimenti  circa  l'avvenuta esecuzione dell'ordine di
accompagnamento alla frontiera del ricorrente. In ottemperanza a tale
ordinanza  la Questura di Napoli (Ufficio immigrazione), con nota del
23  maggio  2005, ha rappresentato che il provvedimento di espulsione
e'  stato  debitamente  notificato  al ricorrente in data 22 novembre
2001  senza  specificare,  tuttavia,  se tale provvedimento sia stato
effettivamente portato ad esecuzione.
    2.  -  L'art. 33, comma 7, lett. a), della citata legge 30 luglio
2002,  n. 189,  dispone  che le disposizioni sulla legalizzazione del
rapporto  di  lavoro  non  si applicano ai lavoratori extracomunitari
«nei  confronti  dei  quali  sia  stato  emesso  un  provvedimento di
espulsione  per  motivi  diversi  dal mancato rinnovo del permesso di
soggiorno,  salvo  che  sussistano  le  condizioni  per la revoca del
provvedimento   in  presenza  di  circostanze  obiettive  riguardanti
l'inserimento  sociale», fermo restando che la revoca non puo' essere
disposta  nei  casi di cui alle lettere b) e c) dello stesso art. 33,
comma  7,  e  «nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia
stato  sottoposto  a  procedimento penale per delitto non colposo che
non  si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il
fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo
ha  commesso,  ovvero  risulti  destinatario  di  un provvedimento di
espulsione  mediante  accompagnamento  alla  frontiera  a mezzo della
forza  pubblica,  ovvero  abbia lasciato il territorio nazionale e si
trovi  nelle condizioni di cui all'art. 13, comma 13, del testo unico
di   cui  al  decreto  legislativo  n. 286  del  1998,  e  successive
modificazioni».
    L'impugnato  decreto  prefettizio  costituisce,  quindi, una mera
applicazione   della   rigorosa   disposizione   normativa  contenuta
nell'art. 33,  comma 7, lett. a), della citata legge n. 189/2002, che
esclude  automaticamente dalla sanatoria i lavoratori extracomunitari
che  risultino  destinatari  di  un  provvedimento  di espulsione con
accompagnamento  coattivo  alla  frontiera,  in  quanto nei confronti
dell'odierno   ricorrente   e'   stata   disposta   l'espulsione  con
accompagnamento  coattivo  alla frontiera con decreto del Prefetto di
Napoli  del 22 novembre 2001, nella cui motivazione viene specificato
che  il  ricorrente «e' entrato nel territorio dello Stato in data 1°
ottobre  2000  attraversando il confine nella zona di Coste Calabresi
sottraendosi  ai  controlli  di  frontiera»  e che «sussiste concreto
pericolo  che lo stesso si sottragga all'esecuzione del provvedimento
poiche':  non  risulta  inserito  in  un contesto familiare sociale e
lavorativo».
    3. - La Corte costituzionale, gia' chiamata da numerosi tribunali
amministrativi  regionali  a  vagliare la legittimita' costituzionale
dell'art. 33, comma 7, lettera a), della legge 30 luglio 2002, n. 189
e  dell'art.  1,  comma  8, lettera a), del decreto-legge 9 settembre
2002,  n. l95  (Disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del
lavoro irregolare di extracomunitari), convertito, con modificazioni,
nella  legge 9 ottobre 2002, n. 222, nella parte in cui escludono (il
primo  per  i  c.d.  badanti e lavoratori domestici, il secondo per i
dipendenti  di  imprese) la regolarizzazione dei lavoratori che siano
stati  destinatari di provvedimenti di espulsione con accompagnamento
alla  frontiera,  si  e'  recentemente pronunciata con l'ordinanza 25
marzo  2005,  n. 126,  dichiarando  manifestamente  inammissibili  le
questioni sollevate.
    In  particolare  la Corte - dopo aver evidenziato che i Tribunale
amministrativo  regionale  remittenti «evocano tutti l'art. 3 Cost. e
sostengono  la illegittimita' delle suindicate disposizioni in quanto
riservano,  ai  fini  della regolarizzazione, lo stesso trattamento a
soggetti  che si trovano in posizioni diverse, accomunando lavoratori
colpiti da ordinanze di espulsione con accompagnamento alla frontiera
per  motivi  di  ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perche'
ritenuti  socialmente  pericolosi  ad  altri destinatari dei medesimi
provvedimenti per essersi trattenuti nel territorio dello Stato oltre
il  termine di quindici giorni dall'intimazione di espulsione, oppure
per  essere  entrati  clandestinamente  in  Italia privi di un valido
documento  di  identita',  ma  senza  essersi resi colpevoli di alcun
reato  o essere concretamente pericolosi per la sicurezza pubblica» e
che  «alcuni  remittenti  sollevano la questione anche in riferimento
agli  artt.  2,  4,  13, 16, 27, secondo comma, 29 e 35, primo comma,
Cost.,  sostenendo,  con riguardo a quest'ultimo, che il procedimento
di  emersione  e  il  provvedimento  di  regolarizzazione favoriscono
l'inserimento  sociale  dei lavoratori extracomunitari» - ha rilevato
che «nessuno dei remittenti riferisce compiutamente sulla fattispecie
oggetto  del  giudizio  davanti  a lui pendente e tutti omettono - in
particolare  -  di  precisare  le  motivazioni  dei  provvedimenti di
espulsione,  sicche' non e' possibile stabilire quale sia la concreta
situazione  in  cui  versa  ciascuno  dei  lavoratori  interessati ai
giudizi a quibus» e che «le suindicate carenze di motivazione privano
questa  corte  della  possibilita'  di ogni controllo sulla rilevanza
della questione nei giudizi di merito».
    3.  -  La necessita' di conoscere la «concreta situazione» in cui
versa ciascuno dei lavoratori interessati alla sanatoria, evidenziata
nell'ordinanza  n. 126/2005 - oltre ad incidere sulla rilevanza delle
suddette  questioni  di legittimita' costituzionale dell'articolo 33,
comma  7,  lettera  a),  della  legge  n. 189/2002  -  e'  gia' stata
valorizzata  dalla  stessa  Corte  costituzionale  nella  sentenza 18
febbraio   2005,   n. 78,   con   la   quale   e'   stata  dichiarata
l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  33, comma 7, lettera
c),  della  legge 30 luglio 2002, n. 189, e dell'articolo 1, comma 8,
lettera  c),  del decreto legge 9 settembre 2002, n. 195, nella parte
in  cui  fanno  derivare  automaticamente il rigetto della istanza di
regolarizzazione  del lavoratore extracomunitario dalla presentazione
di  una denuncia per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381
cod.  proc.  pen. prevedono  l'arresto  obbligatorio o facoltativo in
flagranza.
    In  particolare  i  giudici  della Consulta dopo aver rilevato in
motivazione che «la denuncia, comunque formulata e ancorche' contenga
l'espresso  riferimento a una o a piu' fattispecie criminose, e' atto
che  nulla  prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosita' del
soggetto   indicato   come  autore  degli  atti  che  il  denunciante
riferisce»,  hanno affermato le suindicate disposizioni si pongono in
contrasto con l'art. 3 Cost.
    Il  collegio  ritiene che valutazioni analoghe a quelle che hanno
deteriminato  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'  della causa
ostativa prevista dalla lettera c) dell'art. 33, comma 7, della legge
30  luglio  2002, n. 189, potrebbero valere per quella prevista dalla
lettera   a),   non   potendo   la   pericolosita'   sociale   essere
automaticamente  desunta  dal fatto che nei confronti del soggetto da
espellere    sia   stato   contestualmente   adottato   l'ordine   di
accompagnamento coattivo alla frontiera, circostanza che, di per se',
nulla  prova  in  ordine  alla  pericolosita'  sociale  del cittadino
extracomunitario.
    Inoltre,   non  avendo  la  Questura  di  Napoli  specificato  se
l'accompagnamento  alla  frontiera sia stato effettivamente eseguito,
nei  confronti  del ricorrente non puo' comunque trovare applicazione
nel caso in esame la ulteriore causa ostativa alla revoca del decreto
di  espulsione,  prevista  dallo  stesso  art. 33, comma 7, lett. a),
costituita  dal rientro non autorizzato nel territorio dello Stato da
parte  di soggetti in precedenza espulsi (la quale configura altresi'
il  reato  previsto  dall'art. 13,  comma 13, del decreto legislativo
n. 286/1998).
    4.  -  Cio'  posto,  il  collegio  ritiene  doveroso sollevare la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 7, lett.
a),  della  citata  legge  30 luglio 2002, n. 189, perche' lo stesso,
escludendo    automaticamente    dalla    sanatoria    i   lavoratori
extracomunitari  che  risultino  destinatari  di  un provvedimento di
espulsione  con accompagnamento coattivo alla frontiera, sembra porsi
in  insanabile  conflitto  con  il  principio  di eguaglianza sancito
dall'art. 3  della  Costituzione,  che  vieta  di  trattare  in  modo
identico situazioni tra loro diverse.
    Infatti,  come  gia'  evidenziato  nelle  ordinanze di rimessione
sulle  quali  la Corte si e' pronunciata con l'ordinanza n. 126/2005,
la predetta disposizione riserva lo stesso trattamento a soggetti che
si  trovano  in  posizioni diverse, accomunando lavoratori colpiti da
decreti  di  espulsione con accompagnamento alla frontiera per motivi
di  ordine  pubblico,  o di sicurezza dello Stato, o perche' ritenuti
socialmente   pericolosi,   ad   altri   destinatari   dei   medesimi
provvedimeti  per  il solo fatto di essersi trattenuti nel territorio
dello  Stato  oltre il termine di quindici giorni dall'intimazione di
espulsione,  oppure di essere entrati cladestinamente in Italia privi
di  un valido documento di identita', ma senza essersi resi colpevoli
di  alcun  reato  o  essere concretamente pericolosi per la sicurezza
pubblica.
    5.  -  In  merito  alla  rilevanza della questione di legittimita
costituzionale,  il collegio ritiene necessario puntualizzare innanzi
tutto  che,  come gia evidenziato in precedenza, l'odierno ricorrente
e'  stato espulso con accompagnamento coattivo alla frontiera perche'
risultava  entrato  clandestinamente  nel  temtono  dello Stato e per
scongiurare   il   pericolo  che  si  sottraesse  all'esecuzione  del
provvedimento.  Non  risulta  invece  che  lo  stesso  si  fosse reso
colpevole  di reati o fosse concretamente pericoloso per la sicurezza
pubblica.
    Inoltre  si  deve  ribadire  che,  non  avendo  l'Amministrazione
specificato  se  l'ordine di accompagnamento alla frontiera sia stato
effettivamente   eseguito   nei  confronti  del  ricorrente,  non  e'
possibile  ritenere  che  nella  fattispecie  in esame debba comunque
trovare  applicazione  la  diversa  causa  ostativa  alla  revoca del
decreto  di  espulsione,  costituita  dal rientro non autorizzato nel
territorio  dello  Stato  da  parte  di  chi  sia stato in precedenza
espulso.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art.  23  della  legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta la
rilevanza  e  la non manifesta infondatezza della sollevata questione
di  legittimita' costituzionale, ordina la sospensione dell'ulteriore
corso  del  giudizio  iniziato  con il ricorso indicato in epigrafe e
deferisce    alla   Corte   costituzionale   la   definizione   della
costituzionalita',  in  parte qua, dell'art. 33, comma 7, lettera a),
della  citata  legge 30 luglio 2002, n. 189, in relazione all'art. 3,
comma 1, della Carta costituzionale.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
ministri  e  comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del
Senato della Repubblica.
    Cosi'  deciso in Napoli, nella Camera di consiglio del 12 ottobre
2005.
                      Il Presidente: D'Alessio
L'estensore: Polidori
06C1215