N. 613 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 aprile 2006
Ordinanza emessa il 27 aprile 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 24 novembre 2006) dal tribunale di Trani - Sezione distaccata di Molfetta, nel procedimento civile promosso da Fornari Ignazio contro Poste italiane S.p.A. Poste - Responsabilita' del gestore per i danni causati agli utenti del servizio postale - Esclusione totale nel caso di danni derivati da errata consegna (per colpa grave) di corrispondenza ordinaria - Privilegio irragionevole a favore della Poste Italiane S.p.A. - Ingiustificata disparita' di trattamento fra contraenti nell'ambito di negozi di carattere privatistico - Richiamo alla sentenza n. 254/2002 della Corte costituzionale. - Decreto del Presidente della Repubblica 29 marzo 1973, n. 156, art. 6; decreto legislativo 22 luglio 1999, n. 261, art. 19. - Costituzione, art. 3.(GU n.3 del 17-1-2007 )
IL TRIBUNALE Nel procedimento n. 18235/2002 R.G.C., pendente tra Fornari Ignazio, nato a Molfetta il 17 dicembre 1959 ed ivi domiciliato alla via Majer n. 44, attore, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo de Lillo e dall'avv. Giulio Guarino, nonche' elettivamente domiciliato presso lo studio dei medesimi difensori in Molfetta alla via Tattoli n. 6/O; Poste italiane S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore prof. E. Cardi, convenuta, rappresentata e difesa dall'avv. Stefano Pesante, nonche' elettivamente domiciliata presso l'Ufficio P.T. di Molfetta Centro, in piazza Principe di Napoli n. 1; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6 del d.P.R. n. 156/1973 e 19 del d.lgs. n. 261/1999 per i seguenti motivi. Premessa Con l'atto di citazione notificato l'11 ottobre 2002 Fomari Ignazio esponeva quanto segue: l'I.N.P.S. di Bari, dando mandato alla Banca 121, aveva inviato all'indirizzo di via Majer, 44, domicilio dell'istante dal giugno/luglio 2001, missive contenenti tre assegni intestati all'istante per complessivi euro 5.265,14; la corrispondenza, per cause ignote, era stata dirottata a Giovinazzo alla via Firenze, come sostenuto dal direttore dell'agenzia di Molfetta; l'addetto al servizio aveva giustificato l'iniziativa sulla base di una richiesta asseritamente avanzata dal Fornari, in realta' proveniente da soggetto non identificato con appositi documenti e priva di timbro attestante la data della ricezione, e comunque accolta sulla scorta della semplice esibizione di un certificato di residenza in Giovinazzo dal 1988; anche la corrispondenza successiva all'aprile 2002 era stata sempre recapitata in via Majer n. 44; ne era derivato un danno pari alle somme portate dai titoli, rimessi a soggetto diverso; obbligata al risarcimento era pertanto la Poste italiane S.p.A. Tanto premesso, l'attore citava in giudizio le Poste italiane S.p.A. per sentire accertare la responsabilita' per i fatti indicati e condannare al risarcimento del danno pari alla somma dinanzi citata, o a quella equa di giustizia una volta comunque rimesso quell'importo, oltre spese del giudizio da distrarsi a favore dei difensori anticipatari. La convenuta si costituiva in giudizio e chiedeva il rigetto della domanda. In particolare la societa' evidenziava le seguenti circostanze: presso l'ufficio postale di Molfetta era stata depositata una richiesta di cambio di domicilio sottoscritta dal Fornari per l'invio della corrispondenza a Giovinazzo in via Firenze n. 30; il responsabile della sportelleria, Di Gennaro Cataldo, aveva corretto la forma dell'istanza, alla quale era stato allegato un certificato di residenza del Fornari in Giovinazzo; il portalettere della zona 26 aveva siglato la richiesta il 4 aprile 2002; fino a quel momento tutta la posta era stata recapitata in via Majer a Molfetta; l'attore non aveva precisato chi avesse ricevuto la lettera ed incassato gli assegni; nessuna responsabilita' dell'ufficio postale ricorreva al di fuori dei casi e dei limiti fissati dall'art. 6 del codice postale approvato con d.P.R. n. 156/1973; la clausola limitativa della responsabilita' aveva superato il vaglio di costituzionalita' della Consulta. Rilevanza della questione e non manifesta infondatezza In punto di fatto non vi sono dubbi sugli accadimenti. L'I.N.P.S. di Bari, dando mandato alla Banca 121, aveva inviato all'indirizzo di via Majer, 44, domicilio dell'istante dal giugno/luglio 2001, missive contenenti tre assegni intestati all'istante per complessivi euro 5.265,14. La corrispondenza era stata invece consegnata all'indirizzo di Giovinazzo, via Firenze n. 30, in forza di una istanza rivolta in tal senso al direttore dell'ufficio postale di Molfetta e ad apparente firma di Fornari Ignazio. Operato il disconoscimento della sottoscrizione dell'istanza nel presente giudizio, non e' stata chiesta chiaramente una verificazione ed in ogni caso non e' stato prodotto l'originale, sicche' il documento non puo' assumere rilevanza probatoria. Si e' invero giustamente osservato in giurisprudenza che la norma di cui all'art. 2719 cod. civ. (che esige l'espresso disconoscimento della conformita' con l'originale delle copie fotografiche, cui legittimamente vengono assimilate quelle fotostatiche) e' applicabile tanto alla ipotesi di disconoscimento della conformita' della copia al suo originale (che, pur tendente ad impedire l'attribuzione della stessa efficacia probatoria dell'originale, non impedisce al giudice di accertare tale conformita' aliunde, anche tramite presunzioni), quanto a quella di disconoscimento della autenticita' di scrittura o di sottoscrizione (che, invece, preclude definitivamente l'utilizzabilita' del documento fotostatico come mezzo di prova, salva la produzione, da parte di chi ebbe a presentarlo ed intenda comunque avvalersene, del relativo originale, onde accertarne la genuinita' all'esito della procedura di verificazione - non ammessa per le copie - di cui all'art. 216 cod. proc. civ.). Delineati siffatti profili, occorre stabilire se in tale caso sia ravvisabile una responsabilita' dell'ufficio postale. Posto che il rapporto tra la societa' per azioni e l'utente (per utenti si intendono sia il mittente che il destinatario, come previsto dal d.lgs. n. 261/1999) si sviluppa non piu' con connotazioni, autoritative, rispetto all'Amministrazione originariamente in condizioni di monopolio nel servizio, ma in termini puramente contrattuali, per un servizio fornito dietro pagamento di un corrispettivo, consegue la assunzione della responsabilita' tra quelle di inadempimento derivato dalla «violazione dell'obbligo ex contractu di trasporto e consegna al destinatario del plico», «senza che sia evidentemente possibile introdurre una arbitraria quanto ingiustificata distinzione, facendone discendere una differente qualificazione (in termini "extracontrattuali o aquiliani") delle relativa responsabilita», sul piano delle conseguenze derivate dallo stesso inadempimento (v. per riferimenti Cass. civ., sez. I n. 4619/1998). L'art. 6 del codice postale e delle telecomunicazioni contiene, anche per i servizi postali, una regola generale volta a sancire l'esclusione di una responsabilita' delle Poste italiane S.p.A. «fuori dei casi e dei limiti espressamente stabiliti dalla legge». La Corte costituzionale ha riconosciuto che, in materia di responsabilita' per danni causati agli utenti del servizio postale, e' sempre possibile delineare «una disciplina speciale ispirata a criteri piu' restrittivi di quella ordinaria, in rapporto alla complessita' tecnica della gestione del servizio ed all'esigenza del contenimento dei costi». Tuttavia, proprio con la sentenza n. 254 del 20 giugno 2002, la stessa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6 nella parte in cui dispone che l'amministrazione ed i concessionari del servizio telegrafico non incontrino alcuna responsabilita' per il mancato recapito del telegramma. E' indubbio che siffatta pronunzia abbia tratto fondamento dalla considerazione che per i telegrammi non fosse normativamente prevista una limitazione di responsabilita' ma addirittura fosse sancita irragionevolmente «una totale esclusione delle responsabilita' del gestore nei confronti degli utenti del servizio», esclusione risultata dunque «in aperto contrasto con la definitiva perdita del carattere autoritativo degli atti con cui si estrinseca il rapporto tra il gestore e gli utenti». Ecco perche' la Consulta ha riconosciuto che quella esclusione di qualsiasi responsabilita' per il mancato recapito di un telegramma rappresentasse «un anacronistico privilegio... lesivo, al tempo stesso, del canone di ragionevolezza e del principio di eguaglianza» ed ha dichiarato l'illegittimita' della norma nella parte in cui escludeva, «in mancanza di speciali norme di legge», ogni tipo di responsabilita'. La chiusura della motivazione della sentenza appare illuminante, nella direzione considerata, contenendo la specificazione che «appartiene alla sfera di discrezionalita' legislativa apportare, per il caso suddetto, una deroga al diritto comune della responsabilita' civile che realizzi un ragionevole punto di equilibrio tra le esigenze proprie del gestore del servizio telegrafico e quelle, non meno importanti, degli utenti del servizio medesimo». Cio' vale a ritenere che sia conciliabile con i principi costituzionali una limitazione della responsabilita' e che l'incompatibilita' sussista solo in presenza di una esclusione totale della stessa responsabilita'. Proprio tali argomentazioni sono servite alla medesima Corte per giustificare, «tenendo conto del basso prezzo di un servizio non destinato al trasporto di oggetti di valore», l'esclusione del risarcimento dei danni, oltre la misura dell'indennita' commisurata al diritto di raccomandazione, in caso di perdita di una lettera raccomandata (sentenza n. 50/1992). Nella sentenza n. 463/1997 la Corte costituzionale ha ribadito che in siffatta ipotesi «non vi e', dunque, una esclusione di responsabilita' ma la predeterminazione dell'indennizzo in rapporto ad un danno non prevedibile da parte del debitore e che viene tipicamente commisurato al prezzo di un servizio non destinato al trasporto di valori»; «per quest'ultimo, invece, e' richiesta l'assicurazione obbligatoria, che implica la dichiarazione del valore del contenuto della corrispondenza e, sollecitando una adeguata diligenza, determina l'assunzione di responsabilita' dell'Amministrazione per l'importo corrispondente al valore reale o dichiarato». Cio' chiarito, posto che nella specie l'errata consegna e' avvenuta in relazione a corrispondenza ordinaria (lettera semplice) e non a plico raccomandato o assicurato, l'art. 6 dovrebbe imporre una totale esclusione di responsabilita' in assenza di una disciplina specifica diretta a sancire limitazioni di responsabilita' e cio' si porrebbe in palese contrasto con il criterio di ragionevolezza ed il principio di eguaglianza tracciati dall'art. 3 Cost. Nel percorso motivazionale, quindi, devono rimanere fermi due pilastri interpretativi: sono ammesse limitazioni della responsabilita' della societa' incaricata del recapito di una lettera, ma non e' compatibile con la Costituzione una esclusione totale di responsabilita'; la responsabilita' della societa' opera unicamente sul piano contrattuale, anche nel rapporto con terzi beneficiari in quanto destinatari dei plichi. Partendo da siffatti spunti ermeneutici, comunque necessari per una valutazione globale del caso, occorre ora tornare a monte del problema e chiedersi se sia imputabile alla convenuta una responsabilita' per il recapito errato di una lettera. Non vi e' dubbio che il recapito di una lettera in un luogo diverso da quello indicato dall'utente all'ufficio postale incaricato della consegna valga a delineare una responsabilita' della societa' convenuta per il caso, riscontrato nella specie, di incasso di somme portate da assegni contenuti nel plico affidati a soggetti non legittimati al ritiro. L'esistenza di corresponsabilita' di terzi (prenditore del plico e banca che ha consentito a terzi l'incasso dei titoli non trasferibili) non esclude poi la possibilita' di agire per l'intero nei confronti della sola convenuta, stante il vincolo di solidarieta' tra coobbligati. La violazione, legata a colpa grave (per la consegna della lettera in un luogo non autorizzato e nelle mani di soggetti diversi da quelli legittimati alla ricezione) comporta obblighi risarcitori e non puo essere edulcorata dal privilegio disegnato dall'art. 6 del d.P.R. n. 156/1973 e dall'art. 19 del d.lgs. n. 261/1999 di attuazione della direttiva 97/67/CE, concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualita' dei servizi. L'art. 19 richiama appunto le responsabilita' dell'art. 6 del codice postale. La normativa del d.lgs. n. 261 si applica alle Poste italiane S.p.A., come da decreto del 17 aprile 2000 del Ministero delle comunicazioni. Da quanto esposto possono trarsi alcune conclusioni: la responsabilita' della convenuta, con riferimento al servizio di corrispondenza ordinaria non raccomandata o assicurata, e' stata esclusa dal legislatore ingiustificatamente, assegnando un privilegio irragionevole e creando una disparita' di trattamento tra contraenti in seno a negozi di carattere privatistico (anche alla luce del disposto dell'art. 1229 c.c.); siffatta disciplina non appare conforme ai principi costituzionali secondo le indicazioni rivenienti dalle precedenti pronunzie della Corte costituzionale.
P. Q. M. Rimette la causa sul ruolo e, visto l'art. 23 delle legge n. 87/1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6 del d.P.R. n. 156/1973 e 19 del d.lgs. n. 261/1999 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. Sospende il processo ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia comunicata alle parti, notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Molfetta, addi' 26 aprile 2006 Il giudice: Gadaleta 07C0012