N. 629 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2006
Ordinanza emessa il 5 maggio 2006 (pervenuta alla Corte costituzionale il 27 novembre 2006) dal tribunale di Oristano nel procedimento civile promosso da Olcese Rita contro Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca ed altro. Impiego pubblico - Personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario statale (A.T.A.) - Trattamento economico - Previsione, con norma di interpretazione autentica, dell'attribuzione del trattamento economico annuo in godimento al 31 dicembre 1999 - Ingiustificato deteriore trattamento di detto personale, rispetto ai lavoratori A.T.A., a parita' di qualifica ed anzianita' di servizio - Violazione dei principi di certezza del diritto e di affidamento - Interferenza sulla funzione giurisdizionale. - Legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 218. - Costituzione, artt. 3, 101, 102 e 104.(GU n.4 del 24-1-2007 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato all'udienza del 5 maggio 2005 a seguito di eccezione sollevata dai ricorrenti la seguente ordinanza ex art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87, nelle cause, non riunite, promosse dalla sig.ra Atzei Linda (Proc. R.G. n. 683/05), Cadoni Barbarina (Proc. R.G. n. 684/05), Carta Antonella (Proc. R.G. n. 685/05), Cavalera Noemi (Proc. R.G. n. 686/05), Dessi' Peppina (Proc. R.G. n. 687/05), Rosa Laura Lutzu (Proc. R.G. n. 688/05), Olcese Rita (Proc. R.G. n. 689/05), Piras Lucilla (Proc. R.G. n. 690/05), Puliga Maria Assunta (Proc. R.G. n. 691/05), Sanna Graziella (Proc. R.G. n. 692/05), Sechi Lucia (Proc. R.G. n. 693/05), Serra Rossana (Proc. R.G. n. 694/05), Tolu Daniela (Proc. R.G. n. 695/05), Carta Loredana (Proc. R.G. n. 768/05), Atzeni Annalisa (Proc. R.G. n. 1282/05), Carrus Gianna (Proc. R.G. n. 1283/05), Carta Salvatore (Proc. R.G. n. 1284/05), Cordella Salvatorangela (Proc. R.G. n. 1285/05), Curcu Salvatore (Proc. R.G. n. 1286/05), Deidda Pasqualina (Proc. R.G. n. 1287/05), Deiola Maria Chiara (Proc. R.G. n. 1288/05), Demontis Francesca (Proc. R.G. n. 1289/05), Desogos Pracida (Proc. R.G. n. 1290/05), Dettori Elena (Proc. R.G. n. 1291/05), Figus Francesca (Proc. R.G. n. 1292/05), Frau Pietro (Proc. R.G. n. 1293/05), Licheri Maria Giuseppa (Proc. R.G. n. 1294/05), Loddo Maria Antonietta (Proc. R.G. n. 1295/05), Manias Renzo (Proc. R.G. n. 1296/05), Mele Giomaria (Proc. R.G. n. 1297/05), Mereu Rita (Proc. R.G. n. 1298/05), Murru Gervasio (Proc. R.G. n. 1299/05), Pinna Antonietta (Proc. R.G. n. 1300/05), Pinna Caterina (Proc. R.G. n. 1301/05), Pinna Irene (Proc. R.G. n. 1302/05), Pisu Giovanni (Proc. R.G. n. 1303/05), Porcu Martina (Proc. R.G. n. 1304/05), Sanna Maria Iose' (Proc. R.G. n. 1305/05), Sanna Rosaria Paola (Proc. R.G. n. 1306/05), Schirra Giuseppina (Proc. R.G. n. 1307/05), Tratzi Luigina (Proc. R.G. n. 1308/05), nei procedimenti su indicati, pendenti nanti codesto giudice contro il Ministero dell'istruzione universita' e ricerca. P r e m e s s o c h e 1. - I procedimenti calendati in epigrafe hanno ad oggetto, l'accertamento del diritto dei ricorrenti, per effetto del passaggio dagli EE.LL. nei ruoli del personale ATA dello Stato e previa declaratoria dell'illegittimita' dell'art. 3, Accordo ARAN-Sindacati del 20 luglio 2000, dell'art. 3, d.m. 5 aprile 2001, nonche' dell'art. 8, legge n. 124/1999, all'integrale riconoscimento dell'anzianita' maturata, ai fini giuridici ed economici, nei ruoli dell'ente locale di provenienza e pertanto ad essere inquadrati nella classe di anzianita' corrispondente prevista dal C.C.N.L. comparto scuola; 2. - La giurisprudenza della suprema Corte in diverse pronunce, condividendo l'indirizzo giurisprudenziale della gran parte dei tribunali di merito, ha riconosciuto che «al dipendente ATA, gia' in servizio presso gli enti locali, vanno applicati i trattamenti normativi ed economici stabiliti dal C.C.N.L. del comparto scuola, considerandolo come appartenente a detto comparto fin dalla costituzione del rapporto di lavoro con l'ente locale di provenienza» (Cass. civ. sez. lav. 15 aprile 2005, n. 7849; Cass. civ. sez. lav. 4 marzo 2005, n. 4722; Cass. civ. sez. lav. 3 marzo 2005, n. 4576; Cass. civ. sez. lav. 21 febbraio 2005, n. 3478; Cass. civ. sez. lav. 21 febbraio 2005, n. 3477; Cass. civ. sez. lav. 18 febbraio 2005, n. 3361; Cass. civ. sez. lav. n. 3357; Cass. civ. sez. lav. 18 febbraio 2005, n. 3356; Cass. civ. sez. lav. 17 febbraio 2005, n. 3225; Cass. civ. sez. lav. 17 febbraio 2005, n. 3224; Cass. civ. sez. lav. 17 febbraio 2005, n. 3223); 3. - Tuttavia, l'attuale Governo nell'elaborare il disegno di legge finanziaria 2006 ha introdotto un emendamento, comma 149-quater, con cui ha disposto che il secondo comma dell'art. 8 della legge n. 1234/1999 deve essere interpretato nel senso che l'inquadramento del personale ATA transitato dagli Enti locali allo Stato deve essere effettuato con il principio della temporizzazione anziche' mediante il riconoscimento integrale del servizio prestato nel ruolo di provenienza, fatti salvi i diritti di chi ha gia' impugnato il proprio inquadramento, maturati a seguito di sentenze passate in giudicato; 4. - La predetta disposizione e' stata trasfusa nel comma 218 della legge finanziaria 23 dicembre 2005; Tutto cio' premesso questo giudice, lette le note autorizzate depositate dalle parti, ritiene di accogliere l'eccezione di non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale del comma 218 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, di cui in premessa, per i seguenti M o t i v i 1. - Contenuto della norma di interpretazione autentica. L'art. 1, comma 218, della legge finanziaria 2006 «interpreta» l'art. 8, comma 2, della legge n. 124/1999. Preliminarmente, occorre precisare che la necessita' di effettuare l'interpretazione autentica di una norma di legge sorge solamente quando la norma in questione, a causa della ambigua formulazione, si presta ad essere interpretata diversamente, ingenerando confusione tra gli operatori del diritto. Invero, nel caso di specie dall'esame dell'art. 8 della legge n. 124 del 1999 si evince inequivocabilmente la chiarezza del disposto normativo. Il tenore letterale della norma, non lascia adito ad alcun dubbio interpretativo: dispone infatti, che nei passaggi dagli EE.LL. allo Stato, al personale ATA devono essere riconosciuti, ai fini giuridici ed economici, l'anzianita' maturata presso l'ente locale di provenienza, risultando inequivoca la volonta' del legislatore. La stessa giurisprudenza di legittimita' (V. sentenze citate in premessa), intervenuta in merito, ha suffragato ogni dubbio in merito alla portata precettiva della predetta norma. Pertanto, gia' alla luce di tali profili risulta piuttosto dubbia la valenza di norma di interpretazione autentica attribuita al comma 218 in commento. In ogni caso, dall'esame del contenuto della stessa si evince che oggetto dell'interpretazione e' il criterio di riconoscimento dei diritti quesiti da utilizzare ai fini dell'inquadramento del personale ATA, prima dipendente degli Enti locali e poi trasferito nei ruoli dello Stato. In realta', dal confronto fra il tenore letterale delle due norme, quella del 1999 e quella del 2005, risulta evidente che piu' di un'interpretazione si tratta di una sostituzione del criterio di riconoscimento. Infatti, mentre nella norma del 1999, tale riconoscimento era correlato, all'anzianita' maturata presso l'Ente locale di provenienza, nella norma del 2006 viene invece, riferito, al trattamento economico complessivo in godimento all'atto del trasferimento. Il criterio dell'anzianita' viene, quindi, sostituito con il criterio c.d. del «maturato economico», risultandone una reformatio in pejus nella situazione degli ATA (almeno per coloro che non abbiano ottenuto il riconoscimento dell'anzianita' maturata con sentenze gia' passate in giudicato, la cui esecuzione e' fatta espressamente salva dalla legge). Sia il contenuto della norma, sia i suoi effetti sui giudizi in corso e piu' in generale, sulle situazioni di diritto e di affidamento degli ATA, si prestano al dubbio di costituzionalita' per i profili di seguito esaminati. 2. - I limiti delle norme di interpretazione autentica secondo la giurisprudenza costituzionale. La giurisprudenza costituzionale, pur riconoscendo al legislatore una significativa latitudine nella capacita' di ricorrere all'interpretazione autentica, pone alcuni limiti, che nel caso in esame, non sono stati correttamente rispettati. Rileva innanzi tutto, il rapporto che deve intercorrere fra la norma interpretata e la norma di interpretazione. Una norma di interpretazione autentica, per fermo e consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, deve limitarsi a chiarire il significato di una norma precedente, con la conseguenza che la norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata e non la sostituisce (Corte cost., sentenza n. 233/1988). Indipendentemente dalla qualificazione fornita dal legislatore, secondo la Corte costituzionale «va riconosciuto carattere interpretativo soltanto alla legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo, ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente» (Corte cost., sentenza n. 155/1990). Secondo l'orientamento della Corte costituzionale deve essere, invece, reputata illegittima una norma (sedicente) di interpretazione autentica che integra, con nuovi precetti, il contenuto della legge antecedente, di modo che «lo scrutinio di costituzionalita' della norma impugnata si sostanzia dunque nella valutazione riguardo alla sua compatibilita' con il tenore della norma interpretata» (Corte cost., 25 febbraio 2002, n. 29; Corte cost., 23 novembre 1994, n. 397; Corte cost., 4 aprile 1990, n. 155) e che la natura di legge interpretativa «va desunta da un rapporto fra norme - e non fra disposizioni - tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario» (Corte cost. n. 94/1995, n. 397/1994; n. 424/1993, n. 455/1992, n. 155/1990, n. 233/1988). Gia' sotto questo primo profilo, dunque, si palesa una prima ragione di fondatezza del dubbio di legittimita' costituzionale della norma introdotta con la legge finanziaria del 2006, in quanto appaiono violati i limiti che la giurisprudenza costituzionale, per fermo e consolidato orientamento, pone alle operazioni di interpretazione autentica. Nel caso in esame non abbiamo, infatti, due norme - l'una preesistente e l'altra sopravvenuta - che si saldano fra loro dando luogo ad un precetto normativo unitario, ma piuttosto una norma che dichiara di interpretare la norma preesistente, ma in effetti la sostituisce interamente, sostituendo al criterio di riconoscimento dell'anzianita' quello del trattamento economico complessivo. Invero, dalla mancanza di coerenza fra il contenuto della norma preesistente e il contenuto della norma di interpretazione, ne consegue che la norma di interpretazione si rivela come un espediente per aggirare il principio di irretroattivita' della legge. Se pure e' vero che tale principio ha dignita' costituzionale solo per quanto riguarda le leggi penali, e' altresi' vero che la giurisprudenza costituzionale pone condizioni rigorose perche' la norma interpretativa possa avere effetti retroattivi e fra queste condizioni ricorrono il rispetto del principio di ragionevolezza (Corte cost., n. 6/1994; n. 283 e n. 424/1993; n. 440/1992; n. 429/1991), la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto (Corte cost., n. 525/2000; n. 39 e n. 424/1993, n. 349/1985), la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (Corte cost., n. 6/1994, n. 429/1993, n. 822/1988). Come e' stato affermato, infatti, nella sentenza n. 525/2000: «In proposito questa Corte ha individuato, oltre alla materia penale, altri limiti, che attengono alla salvaguardia di norme costituzionali (V., ex plurimis, le citate sentenze n. 311 del 1995 e n. 397 del 1994), tra i quali i principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, quello della tutela dell'affidamento legittimamente posto sulla certezza dell'ordinamento giuridico, e quello del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (cio' che vieta di intervenire per annullare gli effetti del giudicato o di incidere intenzionalmente su concrete fattispecie sub iudice)». Nel caso di specie tali condizioni non sono state rispettate, verificandosi infatti, la violazione di alcuni parametri di legittimita' costituzionale, in quanto la norma interpretativa non si limita affatto ad interpretare, ma piuttosto introduce una nuova disciplina sostanziale, illegittima perche' irrazionale, incoerente e ingiustamente discriminatoria, con effetti retroattivi. 3. - I parametri di legittimita' violati. 3a. - Violazione dei parametri di ragionevolezza ed uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. Nel caso di specie, risulta violato, infatti, il parametro di ragionevolezza, desumibile dall'art. 3 della Costituzione, dal quale e' desumibile, altresi' il parametro di uguaglianza. E' evidente, che la norma, intervenendo a ben sei anni di distanza dalla norma di riferimento, modifica i criteri di riconoscimento di una pretesa giuridica, in capo a ciascun ATA, compiutamente definita dalla legge, come emerge con chiarezza anche dalle pronunce della Corte di cassazione in materia. Si crea, cosi', una situazione di disparita' fra soggetti che la norma precedente aveva trattato unitariamente e uniformemente e tale disparita' non trova alcuna ragione giustificatrice. Al contrario, la ratio della norma del 1999 era sicuramente individuabile anche nella definizione di un regime unitario e uniforme per tutti gli ATA sottoposti al trasferimento, di modo che la norma di interpretazione si pone in contrasto con la finalita' della norma interpretata e anche sotto questo profilo rileva la violazione dell'art. 3 Cost. Anche l'effetto evidentemente retroattivo della norma in esame palesa la fondatezza del dubbio di costituzionalita', in quanto la modifica retroattiva di situazioni giuridiche in senso peggiorativo puo' essere ammessa solo ove la retroattivita' non finisca per «trasmodare in regolamento irrazionale ed arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti» (Corte cost., sentenze n. 822/1988, n. 283/1993, n. 6/1994). Giova rilevare, peraltro, che persino quando la giurisprudenza costituzionale riconosce la possibilita' di modificare sfavorevolmente per i beneficiari - sempre purche' in modo non irrazionale o arbitrario - «la disciplina di determinati trattamenti economici in precedenza garantiti», tale riconoscimento si riferisce a trattamenti, come quelli previdenziali, che vengono modificati dal legislatore per i futuri beneficiari e non certo per soggetti che hanno gia' usufruito del beneficio o ai quali il beneficio e' stato specificamente riconosciuto in relazione ad una condizione imposta dalla legge, e cioe' il trasferimento da un datore di lavoro ad un altro; 3b. - Violazione della tutela del legittimo affidamento e della certezza dei rapporti preteriti. L'effetto retroattivo e peggiorativo della norma in questione rileva anche quale elemento di violazione del parametro costituzionale del legittimo affidamento, da ricondurre anch'esso al principio di ragionevolezza ed all'art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale ha infatti affermato che «l'irretroattivita' costituisce un principio generale del nostro ordinamento (art. 11 preleggi) e, se pur non elevato, fuori della materia penale, a dignita' costituzionale (art. 25, secondo comma, Cost.), rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema a cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillita' dei cittadini» (Corte cost., sentenza n. 155/1990; v. anche sentenza n. 424/1993). Nel caso di specie, proprio la tutela dell'affidamento e la certezza dei rapporti verrebbe meno, in quanto vi sarebbero soggetti il cui trasferimento dagli enti locali allo Stato avverrebbe secondo il criterio dell'anzianita' maturata, secondo il disposto della norma del 1999 e soggetti il cui trasferimento avverrebbe, invece secondo il criterio del «maturato economico», secondo la norma del 2005, senza che sia individuabile una ragionevole causa giustificatrice. Ne' tale causa potrebbe individuarsi nelle ragioni di finanza pubblica - che se pur implicitamente sembrano essere alla base dell'ultimo intervento del legislatore - posto che occorrerebbe, comunque, giustificare il fatto che tali ragioni finiscono per incidere solo sugli ATA e non sulla fiscalita' generale e, in secondo luogo e sotto altro profilo, perche' tali ragioni inciderebbero in misura discriminatoriamente differenziata sugli stessi ATA, concentrandosi il peso della reformatio in pejus solo su coloro che ancora non hanno intentato un giudizio o che, piu' restrittivamente, non hanno ottenuto una sentenza passata in giudicato. Il parametro di uguaglianza vale anche, quindi, per il caso di sacrificio di situazioni soggettive determinato da ragioni connesse alla finanza pubblica: come ha affermato la Corte costituzionale «anche a voler considerare che la norma in questione sia stata dettata dall'esigenza della contrazione della spesa pubblica, tale esigenza non potrebbe porsi a carico di determinati soggetti, piuttosto che sulla generalita' degli interessati» (sentenza n. 311/1995). E' da rilevare peraltro come le ragioni di tutela della finanza pubblica siano solo ipotizzabili, in quanto nel convulso procedimento di approvazione della legge finanziaria non e' dato rintracciare le ragioni ispiratrici della norma in esame; 3c. - Violazione degli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione per invasione della sfera riservata al potere giudiziario. La norma in questione si palesa altresi' illegittima in quanto essa, pur facendo salva l'esecuzione dei giudicati gia' formatisi, e' comunque diretta ad incidere su giudizi ancora in corso e tale circostanza e' riconosciuta dalla Corte costituzionale come una ragione di illegittimita' (sentenza n. 155/1990: viola gli artt. 101, 102, e 104 della Costituzione una norma che «sia intenzionalmente diretta ad incidere sui giudizi in corso»; V. anche sentenza n. 525/2000 e n. 397/1994). L'interpretazione autentica incontra, infatti, un ulteriore limite nel rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario e la Corte «ha in precedenti occasioni affermato che il legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quando intervenga per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155 del 1990); b) quando la legge sia intenzionalmente diretta ad incidere su concrete fattispecie sub iudice» (sentenze n. 6/1994; n. 480/1992; n. 91/1988; n. 123/1987; n. 118/1957). E' evidente nel caso in esame la volonta' del legislatore di incidere concretamente e direttamente sui giudizi in corso per determinarne l'esito, con conseguente invasione della sfera riservata al potere giudiziario, oltre che con violazione dei gia' menzionati parametri di ragionevolezza, di uguaglianza e di legittimo affidamento. Al contrario, la possibilita' per il legislatore di emanare norme che abbiano incidenza diretta sui giudizi in corso e' da riconoscersi nel caso in cui l'intervento sia finalizzato risolvere situazioni di disparita' di trattamento e non certo a crearle ex novo (sentenza n. 29/2002). Sotto questo profilo, la norma della legge finanziaria 2006 produce un ulteriore causa di discriminazione contro gli ATA in quanto si pone in diretto contrasto con l'art. 2112 del codice civile, che regola in via generale il mantenimento dei diritti dei lavoratori - e in particolare dell'anzianita' maturata - nel passaggio da impresa cedente ad impresa cessionaria. Tale articolo, richiamato dall'art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 per quanto riguarda i rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, puo' essere derogato solo con specifica abilitazione legislativa (Cass., sez. lavoro n. 4052/2004): e certo tale qualificazione non puo' essere attribuita ad una norma interpretativa sopravvenuta. Anche sotto questo profilo si palesa dunque l'illegittimita' costituzionale della norma per irragionevolezza, violazione del legittimo affidamento e del principio di stabilita' e coerenza nella disciplina generale dei rapporti di lavoro. 5. - Altresi', risulta evidente la rilevanza della norma de quo ai fini della decisione dei singoli giudizi in corso, posto che le pretese avanzate nel corso del giudizio dai ricorrenti, non possono essere valutate se non alla luce della norma sopravvenuta in commento; 6. - Dall'insieme delle su esposte circostanze si evince la sussistenza delle ragioni di rilevanza e di fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. l, comma 218, della legge finanziaria 2006.
P. Q. M. Dichiara la non manifesta infondatezza e la rilevanza della questione di legittimita' del comma 218, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sollevata con da parte ricorrente e, per l'effetto, sospende i giudizi in corso e dispone mediante la presente ordinanza, l'immediata rimessione degli atti alla Corte costituzionale. Oristano, addi' 5 maggio 2006 Il giudice: Della Casa 07C0031