N. 3 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 ottobre 2007
Ordinanza del 5 ottobre 2007 emessa dal Tribunale di Napoli - Sezione per il riesame nel procedimento penale a carico di Pianese Pietro Processo penale - Custodia cautelare all'estero in esecuzione del mandato d'arresto europeo - Computo anche agli effetti della durata dei termini ordinari di fase - Mancata previsione - Violazione dei principi di uguaglianza e di inviolabilita' della liberta' personale - Lesione del diritto di difesa - Richiamo alla sentenza n. 253/2004 della Corte Costituzionale. - Legge 22 aprile 2005, n. 69, art. 33. - Costituzione, artt. 3, 13 e 24.(GU n.7 del 6-2-2008 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. I n f a t t o In data 29 gennaio 2007 il G.i.p. presso il Tribunale di Napoli emetteva ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Pianese Pietro, per il reato di cui all'art. 73, legge droga (v. ff.ll. 19 e 173). Dal raffronto dell'imputazione per la quale era adottata la misura (fl. 173) con quella indicata in premessa dell'ordinanza (fl. 19 capo f), e dalla parte motiva dell'ordinanza stessa (fl.173), si evince chiaramente che il provvedimento restrittivo riguarda il reato nella sua ipotesi semplice (nonostante nella parte dispositiva del provvedimento sia stata mantenuta, ma solo nella indicazione della norma violata, l'indicazione dell'art. 7, legge n. 203/1991). Essendo il Pianese detenuto in Olanda per altra causa, lo stesso g.i.p. emetteva in pari data mandato d'arresto europeo, che veniva eseguito in data 28 febbraio 2007 (v. verb. d'arresto ex art. 21, primo comma, legge sulla consegna, in pari data, della Polizia di Brabant-Noord Distretto Aa&Bomme Team West, trasmesso e ricevuto in pari data il 5 marzo 2007). Risolvendo una questione di diritto intertemporale (v. fl. 14) in data 21 giugno 2007 il Tribunale del riesame, in altra composizione, pronunciandosi su un gravame proposto dal co-indagato Pianese Antonio gravato della medesima imputazione, fissava in mesi tre i termini (di fase) di custodia cautelare, disponendone la scarcerazione. In conseguenza di detta pronuncia, il 23 giugno 2007 anche Pianese Pietro chiedeva di essere scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare (fl. 12), essendo detenuto (all'estero) per la medesima imputazione dal 28 febbraio (l'indagato di fatto invocava altresi', attraverso un sia pur non pertinente riferimento all'effetto estensivo dell'impugnazione fondato su motivi non esclusivamente personale, art. 587 c.p.p., la parita' di trattamento derivante dall'esistenza di un giudicato cautelare o endo-processuale). La questione insorta a seguito di tale istanza non aveva ad oggetto la durata (mesi tre) dei termini di fase (v. ordinanza con la quale il g.i.p., pur rigettando la richiesta, da' atto di cio': fl. 175, «In primo luogo...»), bensi' la possibilita' di computare, a fini di decorrenza della custodia cautelare, la detenzione sofferta all'estero prima della consegna all'a.g. italiana. Il p.m. chiamato ad esprimere parere sull'istanza (fl. 18) assumeva che «la detenzione cautelare subita all'estero... non e' computabile agli effetti dei termini di durata della custodia cautelare, fin tanto che la persona richiesta non sia posta a disposizione della giurisdizione italiana», ed indicava a sostegno una pronuncia in tal senso della S.C. (Cass. pen., sez. VI, n. 7705 del 19 dicembre 2006). Il g.i.p. (fl. 175) rigettava l'istanza sul presupposto che «il periodo di custodia cautelare sofferto all'estero in esecuzione del mandato d'arresto europeo e' computato ai sensi e per gli effetti degli articoli 303, comma 4, 304 e 657 del codice di procedura penale», quindi «... solo ai fini dei termini massimi di fase... e non anche ai fini del computo dei termini ordinari di fase...», assumendo a sostegno di tale decisione la lettera della norma dell'art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69 (che disciplina appunto il mandato d'arresto europeo). Faceva osservare la difesa, nell'indicata istanza di revoca della misura e, piu' diffusamente, nell'atto di appello avverso l'ordinanza di rigetto della citata istanza, che in materia analoga il Giudice delle leggi ha sanzionato tale interpretazione. In effetti, la sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 21 luglio 2004 ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 722 c.p.p. «nella parte in cui non prevede che la custodia cautelare all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3 c.p.p.». Il g.i.p., sul punto, faceva osservare che la decisione della Corte riguarda l'art. 722 cit. che disciplina la custodia cautelare all'estero in pendenza di procedura di estradizione ed e' intervenuta (2004) prima dell'emanazione della legge (2005) relativa al mandato d'arresto europeo: a suo dire, se il legislatore non ne ha tenuto presente, evidentemente e' perche' non ha ritenuto di assumere la medesima disciplina per istituti sostanzialmente diversi. La difesa viceversa ha sostenuto che il presupposto delle due discipline (in sintesi, il pre-sofferto rispetto a due misure eseguite all'estero di cui l'una, quella eseguita in uno dei paesi estranei alla comunita' europea, vede decorrere la custodia cautelare sin dal momento in cui, con la richiesta di estradizione, lo stato richiedente e per esso l'a.g. titolare dell'azione penale sono formalmente a conoscenza dell'avvenuto arresto, all'estero, si da compiere quelle attivita' d'indagine e/o istruttorie che consentano di definire la fase processuale in corso prima della scadenza del relativo termine di custodia cautelare) e' comune ad entrambe le discipline (per il mandato d'arresto europeo l'esecuzione della misura, di cui l'a.g. procedente e' messa immediatamente al corrente come per ogn'altra misura eseguita sul territorio nazionale, non vi sarebbe ragione di far decorrere la custodia cautelare solo dal momento in cui l'arrestato viene materialmente messo a disposizione dell'a.g., e che dunque deve ritenersi che se il legislatore del 2005 non ha tenuto conto del dictum della Corte e' stato per una mera svista e comunque, ove cosi' non fosse, la norma dell'art. 33 della legge n. 69/2005 sarebbe incostituzionale perche' disciplina diversamente situazioni sostanzialmente analoghe, configgendo oltre che col principio di eguaglianza (sostanziale) dei cittadini di fronte alla legge (art. 3 Cost.), altresi' col diritto alla liberta' personale (art. 13 Cost.) e quello di difesa (art. 24 Cost.). Peraltro, osservava ancora la difesa, e' noto come la procedura di estradizione comporta tempi necessariamente lunghi (durante i quali matura, alla luce dell'intervento della Corte, la custodia cautelare): se ratio della norma (riformata) dell'art. 722 cit. e' quella di non gravare il catturato dei tempi di espletamento della procedura di estradizione, non si vede perche' altrettanto non debba valere per l'arrestato in relazione ai tempi di consegna. Sulla base delle argomentazioni anzidette la questione e' pervenuta all'esame di questo tribunale, investito del gravame avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di scarcerazione per scadenza dei termini di fase di custodia cautelare. Il tribunale ha ritenuto non manifestamente infondata la questione. I n d i r i t t o La sentenza della S.C. (sez. VI, n. 7705 del 2007, indicata dal p.m. a sostegno del proprio parere contrario all'accoglimento dell'istanza), dichiarando l'inammissibilita' del ricorso proposto dall'imputato avverso il provvedimento di rigetto dell'istanza di scarcerazione per scadenza dei termini di custodia cautelare, sul presupposto che al momento della proposizione dell'istanza il catturato si trovava tuttora detenuto in Brasile (e che solo a partire dal momento in cui sarebbe stato posto a disposizione dell'a.g. italiana avrebbe potuto far valere le sue ragioni sui termini di custodia cautelare), finisce col negare l'equivalenza tra detenzione cautelare all'estero in attesa di estradizione e custodia cautelare in Italia. Pur comprendendosi le ragioni sottese a detta pronuncia, che fondano evidentemente sulla circostanza che, in quel caso, la durata della detenzione non era ricollegabile all'inerzia dell'autorita' giudiziaria nazionale, ritiene il tribunale che l'orientamento cosi' espresso appare pero' contrastare con la lettera della norma, che fa discendere dalla domanda di estradizione gli effetti sulla custodia cautelare (quella massima, nella stesura originaria dell'art. 722 cit., altresi' quella di fase, in quella riveduta e corretta dall'intervento della C. cost.), e comunque ne tradisce l'intenzione, nella parte in cui sancisce che «la custodia cautelare all'estero... sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3 c.p.p.» (in tal senso, v. Cass. pen., sez. IV, 7 ottobre 2004, n. 1687). Se, com'e' evidente, e' alla custodia cautelare all'estero in pendenza della procedura di estradizione che devesi avere riguardo per il computo dei termini (di fase come quelli di durata massima) di custodia cautelare, e' dunque alla presentazione della domanda di estradizione che la norma dell'art. 722 cit. fa risalire l'effetto della decorrenza dei termini di custodia cautelare (che, se avesse avuto riguardo al momento dell'esaurimento della procedura, con la consegna del catturato all'a.g. italiana, l'integrazione o modifica normativa non avrebbe avuto motivo di esservi, posto che col rientro dell'imputato in Italia e la sua messa a disposizione dell'a.g. procedente, la custodia cautelare -- anche per quanto concerne i termini di fase -- comincia a decorrere naturalmente). Di tanto deve essersi verosimilmente reso conto lo stesso g.i.p. impugnato, se e' vero che, omettendo qualsiasi riferimento alla pronuncia della S.C. (sez. VI), fonda il proprio convincimento sulla supposta sostanziale difformita' tra i due istituti (quello dell'estradizione e quello della consegna del detenuto arrestato dall'autorita' di uno dei paesi comunitari), a sua volta ricavata dalla sola circostanza che se il legislatore del 2005 non ha tenuto conto dell'intervento della C. cost. del 2004, lo ha evidentemente fatto su quel presupposto. Tanto rende necessario, a parere del tribunale, ripercorrere l'iter normativo dell'art. 722 cit. e la sua comparazione con la norma che ha introdotto la disciplina relativa al mandato di arresto europeo. L'art. 10, comma 1, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, in tema di criminalita' mafiosa, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, sostituiva l'originario art. 722 del cod. di proc. pen., affermando che la custodia cautelare all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato e' computata ai soli effetti della durata complessiva stabilita dall'art. 303, comma 4, fermo quanto previsto dall'art. 304, comma 4 (che, in presenza di una delle ipotesi di sospensione dei termini ordinari di fase di cui all'art. 303, commi 1, 2 e 3, fissa il termine di durata massima per ciascuna fase processuale, o termini massimi di fase). Vale precisare che le ipotesi di sospensione ex art. 304 cit. dei termini previsti dall'art. 303 cit. riguardano la sola fase del giudizio, non anche la fase delle indagini preliminari (art. 303, comma 1, lett. a). La modifica normativa del testo dell'art. 304, intervenuta con legge 15 agosto 1995, n. 332, ha spostato all'attuale comma 6 l'originario comma 4, sicche' la norma dell'art. 722 deve ritenersi riferita all'attuale comma 6 dell'art. 304, per il rinvio ricettizio, o materiale, al contenuto del comma vigente al momento della sua (cioe' dell'art. 722) modifica. Con la sentenza del 2004 la Corte cost. dichiarava «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 722 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che la custodia cautelare all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase...») sul presupposto che l'originaria impostazione della giurisprudenza di legittimita', conseguente alla valutazione fatta dal legislatore del 1992 -- stando alla quale «il computo del periodo di detenzione all'estero solo ai fini della durata complessiva della custodia cautelare e' giustificato dal fatto che le fasi precedenti alla procedura di estradizione sfuggono alla disponibilita' dello Stato italiano -- non teneva conto della modifica normativa dell'art. 304 intervenuta con la legge n. 332/1995, la quale ha introdotto i termini finali di fase, "con la conseguenza che, ai fini della durata della custodia cautelare all'estero... non sarebbe rilevante la distinzione tra termini finali di fase e termine finale complessivo..."». Motivava ancora la Corte cost.: «Le vicende legislative degli artt. 722 e 304, comma 6, cod. proc. pen., la decisione di questa Corte che, con riferimento all'art. 3 Cost., ha affermato, al fine di ritenere sussistente il legittimo impedimento a comparire, che la detenzione dell'imputato all'estero, concretando comunque un fatto materiale di impossibilita' a comparire, non puo' essere assunta a ragionevole presupposto di una diversita' di trattamento rispetto alla detenzione in Italia (sentenza n. 212 del 1974) la recente pronuncia (n. 21035 del 2003) con cui le sezioni unite della Corte di cassazione, conformemente a precedenti relativi alla piena fungibilita' tra la custodia cautelare sofferta in Italia e quella subita all'estero, hanno affermato che anche la detenzione all'estero a fini di estradizione costituisce legittimo impedimento a comparire... sono tutti elementi che concorrono a dimostrare l'illegittimita' della disciplina censurata». Sicche', concludeva la Corte, «In effetti, una volta affermata l'equivalenza tra detenzione cautelare all'estero in attesa di estradizione e custodia cautelare in Italia, evidenti motivi di razionalita' e coerenza interna del sistema impongono di applicare alla custodia cautelare all'estero la medesima disciplina prevista per la durata dei termini di custodia cautelare in Italia. In particolare, rientrando anche la detenzione all'estero tra i motivi di legittimo impedimento a comparire che determinano la sospensione del decorso dei termini di custodia cautelare previsti dall'art. 304, comma 1, lettera a), cod. proc. pen., non vi e' alcuna ragione che possa giustificare per la detenzione all'estero una disciplina diversa da quella prevista dagli artt. 303 e 304...». Cosi' ricostruito l'iter normativo dell'art. 722 c.p.p., va ora valutato se, alla luce delle considerazioni sottese alla modifica apportata dalla C. cost., la medesima disciplina debba ritenersi auspicabile (art. 3 cost., in relaz. al principio di eguaglianza, a sua volta riconducibile al principio di ragionevolezza della norma) in caso di restrizione all'estero a seguito di esecuzione di un mandato d'arresto europeo, la cui norma istitutiva limita alle sole ipotesi della durata complessiva della custodia cautelare ed ai termini massimi di fase gli effetti della restrizione all'estero o, il che e' lo stesso, se la legge del 2005, nella parte in cui non consente di computare la custodia cautelare all'estero anche ai fini dei termini ordinari di fase, non violi il diritto inviolabile alla liberta' personale (art. 13 Cost.) ed il diritto di difesa (art. 24 Cost.). Comune ad entrambi gli istituti, a giudizio del tribunale, e' l'esigenza che i tempi di custodia cautelare non vadano dilatati oltre i termini fisiologici stabiliti dal codice di rito, in conseguenza di uno stallo (quello conseguente all'esaurimento della procedura estradizionale, come quello relativo all'espletamento delle procedure di trasferimento dell'arrestato) che, se pure non ascrivibile ad inerzia del giudice o, comunque, dello Stato richiedente, non per questo puo' essere ascritto all'arrestato, ed i cui effetti possano conseguentemente essergli posti a carico. Fatta eccezione per il periodo necessario alla redazione della sentenza (art. 544 c.p.p.) e per i procedimenti particolarmente complessi quando si procede per uno dei reati di cui all'art. 407, comma 2, c.p.p., la regola generale in materia di legittimo impedimento utile alla sospensione dei termini di fase della custodia cautelare, e' quello che esso sussiste ogni qual volta non sia esclusivamente riconducibile all'imputato od al suo difensore. Ne' si vede, a tale riguardo, come il periodo trascorso in detenzione all'estero in conseguenza di mandato d'arresto europeo possa essere ascritto all'arrestato, come conseguenza di una sua libera scelta di sottrarsi alle ricerche dell'autorita', se e' vero che tale eventualita' e' ipotizzabile anche laddove la cattura consegua ad una misura cautelare eseguita fuori dal territorio comunitario, rispetto alla quale, come detto, il pre-sofferto non viene ora estrapolato dai termini di durata (anche di fase) della custodia cautelare. Come ha giustamente osservato la difesa, anzi, a voler tracciare un discrimine tra le due procedure, esso pende - quanto alla questione oggetto di causa - tutto a favore della tesi sostenuta dall'attuale ricorrente. Ed infatti mentre la procedura di estradizione richiede, nella pratica, tempi lunghi e non e' di esclusiva competenza dell'a.g. italiana (passando attraverso l'intervento del Ministero di grazia e giustizia e di organismi internazionali), il mandato d'arresto europeo in virtu' della disciplina conseguente agli accordi presi in sede comunitaria (e che hanno poi determinato l'emanazione della legge del 2005 cit.) opera sotto il diretto controllo del giudice che emise la misura il quale, entro certi limiti, ne conserva la gestione (basti solo pensare alla facolta' di coordinare le operazioni di consegna, con l'autorita' dello Stato ove l'arresto e' stato eseguito). Sicche' se nel primo caso la custodia cautelare all'estero fa decorrere altresi' i termini ordinari di fase nonostante alcuna inerzia processuale possa essere ascritta al giudice che emise il provvedimento restrittivo, a maggior ragione cio' dovrebbe avvenire in presenza di una custodia cautelare all'estero in conseguenza di mandato d'arresto europeo. In realta', come pure fa osservare la difesa, l'art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69, ricalca in maniera sostanzialmente pedissequa l'originaria formulazione dell'art. 722 cit., restringendo ai soli termini massimi di fase (artt. 303, comma 4 e 304 c.p.p.) e non (quindi) ai termini ordinari di fase (art. 303, commi 1, 2 e 3, c.p.p.) la durata della custodia cautelare all'estero in virtu' di mandato d'arresto europeo, e cio' fa ipotizzare che il legislatore del 2005 abbia sostanzialmente ignorato la modifica normativa intervenuta a seguito dell'intervento della C. cost. La questione sollevata dalla difesa dell'indagato appare, oltre che non manifestamente infondata, altresi' rilevante posto che, come detto, nella fase delle indagini preliminari (art. 303, comma 1, lett. a: «La custodia cautelare perde efficacia quando dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio... tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni...» termine ordinario di fase) non opera ex art. 304 cit. la sospensione dei termini per impedimento dell'imputato, sicche' non e' automaticamente applicabile la norma dell'art. 304, comma 6 (termine massimo di fase) fin qui richiamato (unitamente al termine complessivo) dall'art. 33 della legge n. 69/2005, ne' la disapplicazione della norma sul mandato di arresto europeo puo' avvenire sulla base di un richiamo a situazioni analoghe che la C. cost. non ha inteso fare (ai sensi della legge).
P. Q. M. Letto l'art. 23, comma 2, legge 11 marzo 1953, n. 87, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, sollevata dalla difesa di Pianese Pietro nel procedimento n. 6273/07, della norma dell'art. 33 della legge 22 aprile 2005, n. 69, per violazione degli artt. 3, 13 e 24 della Cost., sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata all'imputato e al difensore, al p.m., al Presidente del Consiglio dei ministri, e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Napoli, addi' 5 ottobre 2007 Il Presidente: Spagna