N. 4 ORDINANZA 8 - 19 gennaio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Corte costituzionale - Giudizio di legittimita' costituzionale in via
  incidentale  -  Legittimazione  del  giudice  tutelare  a sollevare
  questione di legittimita' costituzionale - Sussistenza.
- Legge 11 marzo 1953, n. 87, art. 23.
Capacita'  giuridica  e  di  agire  -  Amministrazione  di sostegno -
  Attivazione di tale misura e compimento dei singoli atti gestionali
  -   Mancata   subordinazione   al  consenso  o,  comunque,  mancata
  previsione  di efficacia paralizzante del dissenso dell'interessato
  -  Asserita  lesione della dignita' umana e della relativa sfera di
  liberta'  giuridica  -  Esclusione  -  Manifesta infondatezza della
  questione.
- Cod.  civ.,  artt. 407  e  410,  nel  testo  introdotto dalla legge
  9 gennaio 2004, n. 6.
- Costituzione, artt. 2 e 3.
(GU n.4 del 24-1-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano  VACCARELLA, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 407 e 410 del
codice  civile, promosso con ordinanza del 3 gennaio 2006 dal giudice
tutelare  del  Tribunale di Venezia - sezione distaccata di Chioggia,
sul  ricorso  proposto  da  F.M.  ed  altri,  iscritta  al n. 143 del
registro  ordinanze  2006 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 25 ottobre 2006 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.
    Ritenuto che, nel corso del procedimento civile promosso da F.M.,
F.S.,  F.M.  e  F.P. - i quali, con ricorso del 3 marzo 2005, avevano
chiesto  la  nomina  di  un  amministratore  di sostegno a favore del
fratello  F.M.,  deducendo le sue precarie condizioni di salute, tali
da  precludergli  la  possibilita'  di curare i propri interessi - il
giudice  tutelare  del  Tribunale  di Venezia - sezione distaccata di
Chioggia,   con  ordinanza  del  3 gennaio  2006,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 2  e  3  della  Costituzione,  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 407 e 410 del codice civile,
nel  testo  introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione
nel  libro  I,  titolo  XII,  del  codice civile del capo I, relativo
all'istituzione  dell'amministrazione  di  sostegno  e modifica degli
articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in
materia  di  interdizione e di inabilitazione, nonche' relative norme
di  attuazione,  di  coordinamento  e finali), nella parte in cui non
subordinano al consenso dell'interessato l'attivazione della predetta
misura  ed  il compimento dei singoli atti gestionali, o comunque non
attribuiscono efficacia paralizzante al suo dissenso in ordine a tale
attivazione e al compimento di tali atti;
        che  il  giudice  rimettente  premette  che,  dalla  disposta
perizia  medico-legale, e' emerso che il beneficiario aveva subito un
profondo   danno  cerebrale  a  causa  della  rottura  di  un'arteria
temporale,  con conseguente formazione di un vasto ematoma, cerebrale
che  aveva  causato  gravissimi  deficit  motori nonche' a carico del
linguaggio,  con  perdita  temporanea  della  capacita'  di parlare e
scrivere,  ma  con  una  residua capacita' cognitiva, tale da potersi
desumere  la possibilita' per lo stesso di comprendere il significato
di  alcuni  messaggi ed informazioni, anche di ordine economico, e di
comunicare,  sia  pure in modo non verbale, con le persone a lui piu'
vicine,  e  che la medesima perizia non ha escluso la possibilita' di
miglioramenti futuri per effetto di interventi riabilitativi;
        che  - aggiunge il rimettente - l'esame dell'interessato, pur
mostrando  la  ridotta  capacita'  di  F.M. di esprimere un eventuale
consenso  o  dissenso  rispetto ad atti giuridici da compiere nel suo
interesse  da  parte  di  un  amministratore di sostegno, ha peraltro
manifestato  una  consistente  vivacita'  reattiva  dello stesso alle
sollecitazioni  e  domande  del  giudice stesso con riguardo alle sue
attuali  condizioni,  al livello di solidarieta', materiale e non, di
cui poteva godere da parte della moglie, dei figli e dei fratelli, e,
soprattutto,  ha  fatto  emergere  la  contrarieta' del medesimo alla
nomina  di  un  soggetto  che  lo  rappresentasse  ufficialmente  nei
rapporti  con  l'ambiente  sociale, ed il suo desiderio che fosse sua
moglie,  con  lui  convivente  nella casa di proprieta' comune e gia'
delegata alla riscossione della pensione del coniuge, a continuare ad
occuparsi di lui;
        che  -  premette  ancora  il rimettente - i fratelli di F.M.,
sentiti  in  separata  sede, si sono detti contrari alla nomina della
moglie  quale  amministratore  di  sostegno,  in  considerazione  del
carattere  e  dello  stile  di  vita  della  stessa,  e  paventano la
possibilita'  che il loro congiunto si trasferisca con la famiglia in
Thailandia, terra di origine della donna;
        che,   cio'  premesso,  il  giudice  a  quo  osserva  che  le
infermita'  o  menomazioni,  fisiche  o psichiche, che incidono sulla
possibilita'   della   persona   di  curare  autonomamente  i  propri
interessi,  deprimendo,  talora  fino  ad  escluderla  del  tutto, la
propria  capacita'  di  intendere  o di volere, possono richiedere un
intervento  protettivo di natura anche limitativa, sinanco ablatoria,
della capacita' di agire;
        che, in tali ipotesi, il giudice e' chiamato a decidere quale
misura,  tra tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sia piu'
idonea  alle  esigenze di protezione del soggetto in difficolta' e di
cura ed amministrazione dei suoi interessi;
        che,  nell'operare  tale scelta, il giudice deve attenersi al
principio generale secondo il quale in nessun caso all'amministratore
di sostegno possono essere affidati integralmente i poteri tipici del
tutore (di rappresentanza legale dell'interdetto) o quelli tipici del
curatore  (di  assistenza,  in  funzione  integratrice della volonta'
dell'inabilitato), con la conseguenza che, ove la gravita' del quadro
clinico  incidente  sulla  capacita'  di  intendere  e  di volere del
soggetto  suggerisca  di  conferire  ad  un  amministratore di nomina
pubblica  un  potere di rappresentanza o di assistenza generalizzato,
esteso,  cioe',  a  tutti  gli atti di straordinaria amministrazione,
tale amministratore deve assumere la veste di tutore o di curatore, e
non  gia' quella di amministratore di sostegno, figura meno invasiva,
che  si  attaglia alla diversa ipotesi in cui il soggetto conservi un
consistente  grado  di  autonomia  psichica  nella  cura  dei  propri
interessi, tale da consentirgli in ogni caso di percepire l'eventuale
pregiudizio che si annidi negli atti compiuti per suo conto;
        che,  in tali ipotesi, non dovrebbe potersi imporre la misura
dell'amministrazione   di   sostegno   in  presenza  di  un  dissenso
dell'interessato,  in  quanto  essa  ne  conculcherebbe la liberta' e
l'autodeterminazione;
        che,  eccettuate  le ipotesi in cui le funzioni psichiche del
soggetto siano effettivamente compromesse in misura rilevante, si' da
escludere  la  capacita'  di intendere e di volere il legislatore non
puo' sostituire arbitrariamente le proprie valutazioni e scelte sulla
cura  degli  interessi  delle  persone  a quelle operate dagli stessi
interessati sulla base della propria personale ed insindacabile scala
di valori senza violare la dignita' della persona e la relativa sfera
di liberta' giuridica riconosciuta e tutelata dagli artt. 2 e 3 della
Costituzione,  non  potendo  il  sacrificio  di  tale liberta' essere
legittimato  semplicemente  dal  rischio  di  un  «pessimo uso» della
stessa;
        che,  se  e'  pur  vero,  conclude  il  rimettente, che, alla
stregua  della normativa censurata, il giudice deve tener conto delle
richieste  dell'interessato,  tale  doverosa considerazione riguarda,
peraltro,  il  solo caso in cui dette richieste siano compatibili con
l'interesse  del  beneficiario,  quale  ritenuto  dal giudice, e tale
compatibilita'  costituisce  altresi' il criterio guida al quale deve
attenersi  il  giudice  tutelare  nel  risolvere  ogni  contrasto tra
l'amministratore  di  sostegno ed il beneficiario medesimo, in ordine
ad un singolo atto gestionale da compiere;
        che   in   tal   modo,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  si
trasformerebbe  il  nuovo  strumento  di  protezione  dei soggetti in
difficolta'  in  una  sorta di interdizione camuffata, nella quale la
volonta'  della  persona  verrebbe  annullata  senza  una ragionevole
giustificazione  e  senza  le relative garanzie e cautele (patrocinio
obbligatorio, presenza obbligatoria del pubblico ministero, audizione
dell'interessato, decisione collegiale);
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
Stato,  che  ha  concluso per la inammissibilita' e, comunque, per la
manifesta infondatezza della questione.
    Considerato  che  il  Giudice  tutelare del Tribunale di Venezia,
sezione   distaccata   di   Chioggia,   dubita   della   legittimita'
costituzionale  degli  artt. 407  e  410 del codice civile, nel testo
introdotto  dalla  legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione nel libro
I, titolo XII, del codice civile del capo I, relativo all'istituzione
dell'amministrazione  di sostegno e modifica degli articoli 388, 414,
417,  418,  424,  426,  427  e  429  del  codice civile in materia di
interdizione   e   di   inabilitazione,  nonche'  relative  norme  di
attuazione,  di  coordinamento  e  finali),  nella  parte  in cui non
subordinano  al  consenso dell'interessato l'attivazione della misura
dell'amministrazione  di  sostegno  ed il compimento dei singoli atti
gestionali,  o  comunque  non attribuiscono efficacia paralizzante al
suo  dissenso  in  ordine  a tale attivazione e al compimento di tali
atti, per violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione;
        che,  secondo il rimettente, le norme censurate si porrebbero
in  contrasto  con  gli  evocati  parametri  perche'  violerebbero la
dignita'  della  persona e la relativa sfera di liberta' giuridica, e
trasformerebbero  il  nuovo  strumento  di protezione dei soggetti in
difficolta'  in  una  sorta di interdizione camuffata, nella quale la
volonta'   della   persona  viene  annullata  senza  una  ragionevole
giustificazione e senza le relative garanzie e cautele;
        che  il giudice tutelare - secondo la costante giurisprudenza
di  questa  Corte  (v.  da  ultimo,  sentenza  n. 440  del 2005) - e'
legittimato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale;
        che   l'art. 407  del  codice  civile,  nel  disciplinare  il
procedimento  per  l'istituzione  dell'amministrazione  di  sostegno,
prevede   espressamente   che   il   giudice  tutelare  deve  sentire
personalmente  la  persona  cui  il  procedimento si riferisce e deve
tenere  conto  «compatibilmente  con  gli  interessi e le esigenze di
protezione  della  persona,  dei bisogni e delle richieste di questa»
(comma 2);
        che  tale  dato  normativo,  contrariamente  all'assunto  del
rimettente,  non esclude, ma anzi chiaramente attribuisce al giudice,
anche  il  potere di non procedere alla nomina dell'amministratore di
sostegno  in  presenza del dissenso dell'interessato, ove l'autorita'
giudiziaria,  nell'ambito della discrezionalita' riconosciutale dalla
norma   censurata,  ritenga  detto  dissenso  -  nel  contesto  della
fattispecie sottoposta al suo giudizio - giustificato e prevalente su
ogni  altra  diversa  considerazione, senza che la sottoposizione del
rilievo del dissenso alla condizione della sua compatibilita' con gli
interessi  e  con  le  esigenze  di  protezione della persona integri
violazione dei parametri costituzionali denunciati (artt. 2 e 3 della
Costituzione), i quali, invece, sono in questo modo realizzati;
        che,   alla   stregua   delle  suesposte  argomentazioni,  la
questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale degli artt. 407 e 410 del codice civile,
nel  testo  introdotto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6 (Introduzione
nel  libro  I,  titolo  XII,  del  codice civile del capo I, relativo
all'istituzione  dell'amministrazione  di  sostegno  e modifica degli
articoli 388, 414, 417, 418, 424, 426, 427 e 429 del codice civile in
materia  di  interdizione e di inabilitazione, nonche' relative norme
di  attuazione, di coordinamento e finali), sollevata, in riferimento
agli  artt. 2  e 3 della Costituzione, dal Giudice tutelare presso il
Tribunale di Venezia, sezione distaccata di Chioggia, con l'ordinanza
in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 gennaio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                      Il redattore: Finocchiaro
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 gennaio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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