N. 675 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2006

Ordinanza   emessa   il   10   maggio   2006  (pervenuta  alla  Corte
costituzionale il 7 dicembre 2006) dal tribunale di Firenze - Sezione
distaccata  di  Empoli,  nel procedimento civile a carico promosso da
Fanti Fiorenzo ed altra contro Sadar costruzioni S.r.l. ed altra.

Procedimento  civile  - Procedimenti possessori - Fase interdittale -
  Accoglimento  della  domanda  possessoria - Potesta' del giudice di
  liquidare   le  spese  con  il  medesimo  provvedimento  -  Mancata
  previsione  -  Ingiustificato onere per il ricorrente vittorioso di
  richiedere  la  fissazione  dell'udienza  per  la  prosecuzione del
  giudizio  di  merito,  al  solo  scopo  di ottenere la condanna del
  soccombente  alle  spese  -  Disparita'  di trattamento rispetto al
  resistente  (a  favore  del quale le spese possono essere liquidate
  con  il  provvedimento  di  rigetto  dell'interdetto possessorio) -
  Lesione del diritto di azione.
- Codice di procedura civile, artt. 703 e 669-octies.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.6 del 7-2-2007 )
                            IL TRIBUNALE

    A  scioglimento  della  riserva  ritenuta  all'udienza  ai  sensi
dell'art. 669-sexies c.p.c., letti gli atti e le memorie delle parti,

                            O s s e r v a

    Emerge  dalle  produzioni  documentali  delle parti e rappresenta
circostanza  pacifica  tra  le  stesse  che  il  terreno  del quale i
ricorrenti  chiedono  la  reintegrazione  nel possesso (part. n. 503,
meglio descritta in atti), fu oggetto di un contratto sottoscritto in
data  18  marzo 2003 tra il ricorrente Fanti Fiorenzo da un lato e la
Sadar Costruzioni dall'altro. Nell'ambito di tale contratto (definito
dalle   parti  preliminare  di  compravendita-permuta),  si  stabili'
espressamente  che  il promittente alienante (Fanti) avrebbe concesso
immediatamente  alla stipula del preliminare l'immissione in possesso
da  parte  della Sadar del terreno in questione al fine di consentire
l'installazione  del  cantiere  (si  veda ultima pagina del contratto
agli atti).
    I  ricorrenti  in  sintesi  lamentano  che, in seguito al cattivo
esito  delle  pratiche  amministrative poste in essere dalla Sadar in
adempimento  del  preliminare,  decisero unilateralmente di «revocare
espressamente la propria disponibilita' all'immissione nel terreno in
questione»,  ma  ciononostante  la  Sadar invio' alcuni operai (della
Pucci  snc) sul terreno medesimo che provvidero alla recinzione della
particella  503  sconfinando con la rete metallica anche in un tratto
della  particella  502  (ove  e'  posta l'abitazione dei ricorrenti),
rendendo  cosi'  impossibile l'accesso dei ricorrenti alla particella
503 e la prosecuzione dei lavori di ristrutturazione del garage posto
in essere sulla particella 502.
    La  resistente Sadar contesta il ricorso, eccependo di aver avuto
legittimamente  il  possesso  del  terreno  in questione in forza del
preliminare  del  18 marzo 2003 e all'ultima udienza dichiara di aver
provveduto  a  spostare  la  recinzione  metallica rimuovendola dalla
particella   502  e  portandola  interamente  nella  particella  503,
circostanza questa confermata anche dai ricorrenti.
    Da  tutte  le  emergenze  processuali  raccolte  si  deve  trarre
l'insussistenza   dei   presupposti   per  il  positivo  accoglimento
dell'azione  di  spoglio intrapresa con riguardo alla particella 503,
mentre  il  ricorso dev'essere ritenuto virtualmente fondato per cio'
che concerne l'apposizione della rete metallica nella particella 502.
    Ed   infatti,   gia'  dall'esposizione  dei  ricorrenti  e  dalla
produzione  del contratto 18 marzo 2003 intercorso tra le parti, deve
evincersi  che l'immissione nel «possesso» del terreno da parte della
Sadar  e  del  personale  dalla  stessa  inviato  non e' avvenuta ne'
clandestinamente  ne'  violentemente,  bensi' in forza di un'apposita
pattuizione sottoscritta dal proprietario Fanti Fiorenzo.
    L'eventuale  successivo  esito infausto del contratto preliminare
che  consentiva alla Sadar il possesso dell'area, non vale certamente
ex  se  a rendere violenta e clandestina la prosecuzione nel possesso
medesimo  (rectius,  detenzione)  e  meno  ancora  in  tal senso puo'
assumere    rilievo   l'iniziativa   del   ricorrente   di   revocare
unilateralmente  una  facolta'  concessa  pattiziamente in difetto di
risoluzione del contratto.
    I  ricorrenti affermano inoltre che lo spoglio sarebbe consistito
anche  nella  privazione  del  compossesso  da  costoro  goduto sulla
particella 503: la circostanza e' rimasta priva di prova certa.
    Ed  infatti,  i  sommari  informatori  indotti  dalle parti hanno
riferito  sul  punto  circostanze  contrastanti  (i testi indotti dai
Fanti affermano che questi ultimi utilizzavano il terreno di cui alla
particella 503 per il deposito di materiali, i testi indotti da Sadar
e da Pucci negano tale circostanza).
    La  stessa  documentazione  fotografica  prodotta  dai ricorrenti
all'ultima  udienza non chiarisce affatto la circostanza, non essendo
chiaro quanto rappresentato.
    A fronte di tale emergenza probatoria equivoca, deve considerarsi
che  appare  poco  plausibile  che  i  ricorrenti  abbiano da un lato
immesso nel possesso della particella la Sadar al fine di impiantarvi
un  cantiere  e  dall'altro, continuato ad utilizzare tale particella
per   depositarvi   materiali   propri.   Appare   quindi   implicito
nell'autorizzazione  concessa  alla  Sadar  di impiantare il cantiere
anche  il  permesso  di svolgere tutte quelle attivita' necessarie al
cantiere  medesimo  comprese quelle, ovviamente, incompatibili con un
diverso  utilizzo  da  parte  dei proprietari (come la recinzione del
cantiere stesso al fine di evitare pericoli a terzi).
    Non    puo'   conseguentemente   ritenersi   provato   l'invocato
compossesso  dei  ricorrenti  e  quindi il fatto di aver provveduto a
recintare  la particella da parte dei resistenti non costituisce atto
di  spoglio  per  mancanza  del  primo  presupposto  della stessa, il
possesso  in  capo  ai  ricorrenti (sui quali incombeva l'onere della
relativa  prova  e  a  danno  dei  quali  deve  pertanto ridondare la
relativa mancanza).
    A  conclusione  diversa deve invece giungersi per quanto concerne
la particella 502, atteso che la stessa non ha mai formato oggetto di
pattuizione tra le parti ed atteso che e' invece provato dalle stesse
ammissioni  dei  resistenti,  che  e'  stata parzialmente occupata da
questi ultimi con l'apposizione di rete metallica.
    Tale  atto, compiuto certamente contro la volonta' dei possessori
rappresenta  un  vero  e  proprio spoglio parziale del possesso sulla
particella 502 che pertanto avrebbe dovuto essere reintegrato.
    L'avvenuta  spontanea  reintegrazione,  ammessa  dai  ricorrenti,
dispensa dal prendere provvedimenti in tal senso.
    In  applicazione dell'art. 703 c.p.c., cosi' come riformato dalla
legge  n. 80/2005, non si provvede a fissare l'udienza per il merito,
rimessa  ormai,  in  via  del tutto eventuale, alla libera iniziativa
delle parti le quali potranno avanzare all'uopo apposita istanza.
    I  ricorrenti hanno chiesto la condanna dei resistenti alle spese
di lite anche della presente fase interdittale.
    Si deve rilevare a questo punto che, ove nessuna delle parti opti
per  l'inizio  della  causa di merito nei termini di legge (art. 703,
comma   quarto),   il   presente   provvedimento   potrebbe  divenire
definitivamente  efficace  tra  le  parti  (pur  senza  mai  assumere
efficacia di giudicato in un diverso procedimento, operando anche per
i  provvedimenti  possessori  di  reintegrazione  e  manutenzione del
possesso,  giusta  il  richiamo  dell'art. 703,  comma 110 c.p.c., la
norma dell'art. 669-octies u.c.).
    E  tuttavia,  pur  a  fronte  di un provvedimento tendenzialmente
idoneo  ad  assumere  efficacia  definitiva,  dal  sistema  di  norme
introdotto   dalla  legge  di  conversione  del  decreto  c.d.  sulla
competitivita' (d.l. n. 35/2005), non e' stata prevista la necessita'
di  regolare le spese di lite ne' specificamente, per il caso che qui
interessa,  per i provvedimenti possessori ne', piu' in generale, per
i provvedimenti cautelari di accoglimento anticipatori della sentenza
di merito (di cui all'attuale art. 669-octies c.p.c.).
    A tale mancata previsione non pare che possa porsi rimedio in via
di   interpretazione   delle  norme,  per  quanto  costituzionalmente
orientata.
    Ed   infatti,  nella  disciplina  codicistica  dei  provvedimenti
cautelari,  l'unica  previsione della necessita' di regolare le spese
si  rinviene  nella  norma di cui all'art. 669-septies, comma secondo
c.p.c.  dettata  per  il  solo  e  specifico caso di provvedimento di
incompetenza  o  di rigetto della domanda cautelare pronunciata prima
dell'inizio della causa di merito.
    Ed   anche   in   tale   caso,   la  previsione  si  giustificava
evidentemente con la mancanza di una fase successiva del procedimento
che si chiudeva con il rigetto della domanda o con la declaratoria di
incompetenza.
    Tale  previsione,  proprio  perche'  specificamente dettata per i
provvedimenti di rigetto o di incompetenza, non appare estensibile in
via  di  interpretazione  anche  al  caso,  del  tutto  diverso,  dei
provvedimenti  di accoglimento delle domande di reintegrazione ovvero
di manutenzione nel possesso.
    Neppure  pare  che  alla mancata previsione in parola possa porsi
rimedio  con  il ricorso al principio generale di cui all'art. 91 del
codice di rito.
    Tale   norma,  che  prevede  la  necessita'  per  il  giudice  di
provvedere sulle spese di lite con la sentenza che chiude il processo
davanti   a  lui,  e'  stata  dalla  giurisprudenza  di  legittimita'
interpretata  estensivamente  come  operante  non  solo  nei  casi di
sentenza,  ma  anche  nel  caso  di  «altro provvedimento a contenuto
decisorio  emesso  a  definizione  del procedimento medesimo» (ad es.
Cass.,  sez.  3,  sentenza  n. 12104  del 19 agosto 2003). Non sembra
pero'  che il provvedimento di accoglimento della domanda possessoria
abbia natura decisoria paragonabile a quella della sentenza.
    Ed  infatti,  senza  dubbio,  sotto  il  vigore  della precedente
disciplina,  la giurisprudenza di legittimita' aveva qualificato come
avente  natura di sentenza il provvedimento di reintegra nel possesso
disposto  dal  giudice all'esito della fase interdittale - qualora lo
stesso giudice non avesse fissato l'udienza per la successiva fase di
merito  -  proprio  in  quanto lo stesso definiva il giudizio (Cass.,
sez.  un.,  sentenza  n. 24071  del  29 dicembre 2004, «Nonostante il
procedimento  possessorio  abbia struttura bifasica, il provvedimento
con cui il giudice, a conclusione della fase cosiddetta interdittale,
abbia  (accolto o) respinto il ricorso possessorio senza rimettere le
parti  davanti  a se' per la trattazione della causa di merito, cosi'
concludendo  definitivamente  il  giudizio,  ha  natura  di sentenza,
indipendentemente   dalla  diversa  definizione  (in  particolare  di
ordinanza)  datagli  dal  giudice,  ed e' quindi impugnabile mediante
appello»).
    Tale  qualificazione come sentenza del provvedimento con il quale
il  giudice accolga la domanda possessoria senza fissare l'udienza di
prosecuzione,  avvenuta  sotto il vigore della norma previgente e per
il  caso  patologico di errore del giudice (dal momento che il merito
possessorio  doveva  sempre seguire la fase interdittale), non appare
pero'  estensibile alla nuova previsione di cui al riformato art. 703
c.p.c.
    Ed  infatti,  tale  norma rinvia innanzitutto alle norme generali
previste  per  i  procedimenti  cautelari di cui agli artt. 669-bis e
seguenti  c.p.c.,  in  quanto  compatibili,  norme  tra  le  quali e'
compresa   quella   di   cui  all'art. 669-octies  ultimo  comma  che
letteralmente stabilisce che «l'autorita' del provvedimento cautelare
non  e'  invocabile  in un diverso processo», con cio' implicitamente
negando  natura  di  sentenza  al provvedimento di accoglimento della
domanda  cautelare o possessoria (e del resto tale conclusione sembra
avvolarata   anche   dal  rilievo  per  il  quale,  mentre  a  fronte
dell'ordinanza  conclusiva  della  fase  interdittale che non fissava
l'udienza per la prosecuzione del merito possessorio, sotto il vigore
delle  vecchie  norme,  non  era  previsto alcun rimedio, oggi con la
nuova previsione di cui all'art. 703 c.p.c. e' sempre data alle parti
la  possibilita'  di avanzare istanza per fissazione dell'udienza per
la prosecuzione del giudizio di merito).
    Deve  rilevarsi  che  la  norma  dell'art. 669-octies u.c. appare
applicabile  in  quanto  compatibile  con la natura dei provvedimenti
possessori:  la disciplina dettata per questi ultimi infatti e' ormai
identica   a  quella  prevista  per  i  provvedimenti  cautelari  che
anticipano  gli  effetti  della  sentenza di merito e dunque non v'e'
ragione   per   negare   l'applicazione   anche   dell'ultimo   comma
dell'art. 669-octies.
    Per   quanto   quindi  il  provvedimento  di  accoglimento  della
possessoria  sia  idoneo,  ove non seguito dall'istanza di fissazione
dell'udienza  per  il  merito,  ad assumere effetti definitivi tra le
parti,  lo  stesso non appare comunque idoneo ad assumere l'efficacia
di  una  vera  e  propria  sentenza  e dunque non appare avere natura
decisoria.
    Dal  che'  discende  l'impossibilita'  di fare applicazione della
norma generale di cui all'art. 91 c.p.c.
    Del resto l'impossibilita' di fare ricorso alla norma generale di
cui  all'art. 91  per  i  provvedimenti solo potenzialmente idonei ad
assumere  effetti  definitivi  appare  ricavabile  anche dal sistema.
Basti pensare in proposito alla disciplina dei provvedimenti monitori
di  cui  agli  artt. 633  e ss., i quali, se non seguiti da rituale e
tempestiva  opposizione, sono destinati a divenire esecutivi. Ebbene,
l'insussistenza dell'automatica operativita' per i decreti ingiuntivi
del  principio  generale di cui all'art. 91 c.p.c. appare ricavabile,
implicitamente,  dalla  specifica  previsione  di  cui  all'art. 641,
ultimo   comma   c.p.c.   (norma   questa   tra   l'altro  dichiarata
incostituzionale  con  sentenza  Corte  cost.  303/1986 proprio nella
parte  in  cui  escludeva  dal  novero dei provvedimenti monitori che
devono  essere  dotati  della  liquidazione  delle  spese,  i decreti
ingiuntivi  ottenuti  in  forza  di particolari titoli gia' dotati di
efficacia esecutiva).
    E'   chiaro  dunque  che  la  possibilita'  che  il  procedimento
cautelare   o   possessorio   si   esaurisca   con   l'emissione  del
provvedimento   conclusivo   della  fase  cautelare  o  interdittale,
auspicabile  a fini deflattivi e certamente insista nella ratio delle
nuove  norme di cui all'art. 669-octies e 703 c.p.c., proprio a causa
della  mancata  previsione  della necessita' di liquidare le spese di
lite,  viene  ad  essere  certamente  ed irrimediabilmente frustrata,
trovandosi  la  parte  ricorrente vittoriosa costretta ad iniziare la
causa  di merito se vuole vedere riconosciute le proprie spettanze in
punto spese di lite.
    Tale  esito  necessitato dell'applicazione della norma in esame -
che  appare  tra  l'altro  dovuto  piu' ad una svista del legislatore
piuttosto che ad una meditata opzione in tal senso - non appare pero'
conforme ai principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 24 della
Costituzione.
    Ed  invero  la  mancata  previsione  della regolamentazione delle
spese  in  caso  di  accoglimento  di  domanda possessoria addossa al
ricorrente vittorioso il costo del procedimento possessorio medesimo,
costringendolo  di  fatto a richiedere - al solo scopo di ottenere la
condanna   della   parte  soccombente  alle  spese  -  la  fissazione
dell'udienza  per  il merito, pur ritenendosi soddisfatto gia' con il
provvedimento  interdittale,  esito questo che non appare conforme al
principio di cui all'art. 24 Cost.
    Non  puo' poi non rilevarsi che, in caso di rigetto della domanda
possessoria, tale costo, ai sensi dell'art. 669-septies c.p.c. (norma
che  proprio  all'esito della riforma appare compatibile anche con la
disciplina  dei  procedimenti  possessori),  non  e' sopportato dalla
parte resistente vittoriosa che si vede liquidate le spese.
    Tale  differente  trattamento  riservato  alla  parte  resistente
vittoriosa  da un lato e alla parte ricorrente vittoriosa dall'altro,
mentre  sotto  il  vigore  delle  vecchie norme si giustificava per i
procedimenti cautelari in considerazione della sostanziale differenza
di  disciplina  tra  il  provvedimento  di  accoglimento  e quello di
rigetto  della  domanda  cautelare (dal momento che solo il primo era
destinato  ad  essere  necessariamente  seguito dalla fase del merito
cautelare),  non  appare oggi piu' sorretto da alcuna giustificazione
logica  neppure nel settore dei provvedimenti possessori, atteso che,
all'esito  della  recente  riforma,  entrambi  i  provvedimenti  - di
rigetto  o  di  accoglimento  della  domanda possessoria - sono ormai
idonei  a  divenire definitivi (il primo in ogni caso, il secondo per
l'ipotesi,  ovviamente auspicabile, che non sia seguito da istanza di
fissazione di udienza nel termine previsto).
    E'  dunque  fondato a parere di questo giudice il dubbio circa la
legittimita'  costituzionale  delle  norme  di  cui  agli artt. 703 e
669-octies  c.p.c.  nella  parte  in  cui  non  prevedono che, con il
provvedimento  di  accoglimento della domanda possessoria, il giudice
debba provvedere anche sulle spese.
    Tale  questione e' rilevante nel presente procedimento atteso che
viene  ritenuta  fondata  una  delle domande possessorie avanzate dai
ricorrenti  ed  atteso  che  vi  e'  stata  la  domanda  da parte dei
ricorrenti  stessi  del  favore  delle  spese  di  lite  anche per la
presente fase interdittale. Dall'applicazione delle norme di cui agli
articoli  703  e  669  octies  c.p.c.  dovrebbe discendere infatti il
rigetto della domanda di liquidazione delle spese, esito quest'ultimo
che per tutto quanto detto appare non conforme ai richiamati principi
costituzionali.
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  703  e  dell'art. 669-octies
c.p.c. per contrasto con l'art. 3 e 24 Cost.;
    Sospende il processo e ordina l'immediata trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale;
    Dispone  che l'ordinanza sia notificata alle parti, al Presidente
del  Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e
del Senato della Repubblica.
        Empoli, addi' 10 maggio 2006
                          Il g.d.: Polidori
07C0097