N. 23 ORDINANZA 22 gennaio - 2 febbraio 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Circolazione  stradale  -  Patente a punti - Obbligo del proprietario
  del  veicolo di comunicare i dati del conducente non immediatamente
  identificato  al  momento  dell'infrazione  - Sanzionabilita' della
  mancata  comunicazione - Asserita irragionevolezza - Sopravvenienza
  normativa  -  Necessita' di nuova valutazione sulla rilevanza delle
  questioni - Restituzione degli atti ai giudici a quibus.
- D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della strada), artt. 126-bis,
  comma 2,  introdotto  dall'art. 7,  comma 1,  del d.lgs. 15 gennaio
  2002,  n. 9,  modificato dall'art. 7, comma 3, lettera b), del d.l.
  27 giugno 2003,  n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge
  1°  agosto  2003,  n. 214,  e 180, comma 8, modificato dall'art. 3,
  comma 17,   del   d.l.   27 giugno 2003,  n. 151,  convertito,  con
  modificazioni, dalla legge 1° agosto 2003, n. 214.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.6 del 7-2-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Romano   VACCARELLA,  Paolo  MADDALENA,  Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso
QUARANTA,  Franco  GALLO,  Luigi  MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino
CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei   giudizi   di   legittimita'  costituzionale  dell'art. 126-bis,
comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della   strada),   introdotto   dall'art. 7,   comma 1,  del  decreto
legislativo   15 gennaio   2002,  n. 9  (Disposizioni  integrative  e
correttive  del  nuovo  codice della strada, a norma dell'articolo 1,
comma 1,  della  legge  22 marzo  2001,  n. 85), nel testo risultante
all'esito delle modifiche apportate dall'art. 7, comma 3, lettera b),
del  decreto-legge  27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni
al  codice  della strada), convertito, con modificazioni, dalla legge
1° agosto  2003, n. 214, nonche' dell'art. 180, comma 8, del medesimo
d.lgs.  n. 285  del  1992, promossi con ordinanze del 22 novembre dal
giudice  di  pace  di  Pisa nel procedimento civile vertente tra S.r.
Termotecnica  s.n.c.  e  il comune di Crespina e del 23 febbraio 2006
dal  giudice  di  pace  di Asola nel procedimento civile vertente tra
Artmarmo  di  Gelati  Ulisse  & C. s.n.c. e la Polizia municipale del
comune  di Casaloldo, iscritte ai nn. 63 e 185 del registro ordinanze
2006  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 11 e
25, 1ª serie speciale, dell'anno 2006.
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 10 gennaio 2007 il giudice
relatore Alfonso Quaranta.
    Ritenuto  che  il  giudice  di  pace  di  Pisa, con ordinanza del
22 novembre  2005,  ha  sollevato  - in riferimento agli artt. 3 e 24
della   Costituzione   -  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 126-bis,  comma 2,  del decreto legislativo 30 aprile 1992,
n. 285  (Nuovo codice della strada), introdotto dall'art. 7, comma 1,
del   decreto   legislativo   15 gennaio   2002,  n. 9  (Disposizioni
integrative  e  correttive  del  nuovo  codice  della strada, a norma
dell'articolo 1,  comma 1,  della  legge  22 marzo  2001, n. 85), nel
testo  risultante  all'esito  delle  modifiche apportate dall'art. 7,
comma 3,   lettera b),   del  decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni,   dalla   legge   1 agosto   2003,   n. 214,   nonche'
dell'art. 180, comma 8, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
        che  il  rimettente  deduce,  in  via  preliminare,  di dover
giudicare  del ricorso presentato da una persona giuridica alla quale
era stata contestata la violazione dell'art. 180, comma 8, del d.lgs.
n. 285  del 1992, per avere, il suo legale rappresentante, omesso «di
fornire i dati personali e della patente del conducente» (come invece
prescritto  dall'art. 126-bis del codice della strada), essendo stata
riscontrata,  a  carico  di  vettura aziendale, l'avvenuta violazione
dell'art. 142, comma 8, del medesimo codice;
        che riferisce, inoltre, il giudice a quo che la ricorrente ha
«prontamente   adempiuto  al  pagamento  della  sanzione  pecuniaria»
(prevista  per  l'infrazione  commessa  mediante  l'utilizzazione del
veicolo  di  sua proprieta), nonche' «tempestivamente comunicato alla
autorita' amministrativa procedente l'impossibilita' a fornire i dati
di  chi  si trovasse alla guida della vettura», essendo il veicolo in
questione  impiegato  «dai  dipendenti  nello  svolgimento delle loro
mansioni»;
        che,  cio'  premesso,  il  rimettente  assume  l'esistenza di
«giustificati   motivi»   per   ritenere   «il   combinato  disposto»
dell'art. 126-bis,  comma 2,  e 180, comma 8, del codice della strada
«viziato da illegittimita' costituzionale», segnatamente «nella parte
in  cui  detti  articoli  prevedono  quale  fattispecie di violazione
amministrativa  l'omissione  da  parte  del  proprietario del veicolo
della  comunicazione  dei  dati  del  conducente  non  immediatamente
identificato al momento della violazione commessa ed accertata»;
        che, quanto alla rilevanza, il giudice a quo evidenzia che la
stessa  emergerebbe  «da quanto gia' descritto», atteso che, «laddove
si  ritenga  ingiustificata  la  mancata  comunicazione  dei dati del
conducente  da  parte del proprietario del veicolo (ed incombendo sul
proprietario   stesso   l'onere   della   prova   della   incolpevole
impossibilita'  di effettuare tale comunicazione)», dovrebbe «trovare
applicazione   la  norma  qui  contestata,  non  risultando  peraltro
possibilita' di interpretazione adeguatrice della stessa»;
        che, in ordine alla non manifesta infondatezza, il rimettente
ipotizza,  in  primo  luogo,  «il  difetto  di  ragionevolezza» delle
disposizioni censurate, in quanto l'art. 126-bis, comma 2, del codice
della  strada  configura,  in  sostanza,  «un  obbligo di denuncia di
violazioni  di  tipo  amministrativo posto a carico della generalita'
dei cittadini»;
        che,   in   particolare,   l'irragionevolezza   della  scelta
legislativa emergerebbe dalla circostanza che «un obbligo di denuncia
di   tutti  i  reati,  e  quindi  di  fatti  quantomeno  in  astratto
configurabili  come  illeciti  di  natura  piu'  grave  rispetto agli
illeciti  di tipo amministrativo, risulta previsto esclusivamente per
i  pubblici  ufficiali  e gli incaricati di pubblico servizio», visto
che  al  cittadino si fa unicamente carico - sanzionandosi penalmente
soltanto  tale omissione - di provvedere alla «denuncia di un delitto
contro  la  personalita' dello Stato per il quale la legge stabilisce
la  pena  dell'ergastolo»,  con  esclusione,  invece,  di fattispecie
criminose «particolarmente gravi»;
        che, inoltre, ove «la norma contestata venga interpretata non
tanto come obbligo di denuncia (essendo l'autorita' gia' a conoscenza
del  fatto,  del  quale e' pero' sconosciuto l'autore) quanto come un
obbligo  di  rendere  testimonianza»,  essa presenterebbe «un secondo
profilo  di  incostituzionalita», in riferimento all'art. 24, secondo
comma, della Costituzione;
        che,   infatti,   se  indubbiamente  sussiste  -  osserva  il
rimettente  - un obbligo di rendere testimonianza, «e' anche vero che
nessuno  puo'  essere  chiamato  non  solo  a  testimoniare contro se
stesso,  ma  neppure  a  rendere  dichiarazioni  dalle quali potrebbe
scaturire  un  procedimento  sanzionatorio  a  suo  carico, e cio' in
relazione   al  principio  fondamentale  nemo  tenetur  se  detegere,
riconosciuto in giurisprudenza anche in ambito extrapenale»;
        che  infine,  ad  escludere la fondatezza della questione non
potrebbe  valere  la  sentenza  della  Corte costituzionale n. 27 del
2005,  essendosi  la  stessa  «limitata  ad esaminare la questione di
costituzionalita'   della  decurtazione  a  carico  del  proprietario
persona  fisica dei punti della patente, quale sanzione accessoria ad
altra  violazione,  mentre  nel  caso di specie viene sottoposto alla
Corte  il  giudizio  sulla  legittimita'  costituzionale della omessa
comunicazione quale autonoma fattispecie di violazione»;
        che   il   giudice  di  pace  di  Asola,  con  ordinanza  del
23 febbraio 2006, ha sollevato - sempre in riferimento agli artt. 3 e
24  della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale del
solo art. 126-bis, comma 2, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992;
        che    il    rimettente    premette    di   dover   conoscere
dell'opposizione proposta da una persona giuridica avverso un verbale
elevato  dalla polizia municipale del comune di Casaloldo, «a seguito
della violazione dell'art. 180, comma 8» del codice della strada;
        che,   difatti,   evidenzia  il  giudice  a  quo,  il  legale
rappresentante    dell'opponente,   sebbene   invitato   «a   fornire
informazioni  in merito al conducente del veicolo» a carico del quale
risultava  accertata  la «violazione di cui all'art. 142, comma 8» di
detto  codice,  «comunicava  di  non  essere in grado di fornire tali
informazioni»,  sicche'  veniva raggiunto da un nuovo verbale, con il
quale si contestava l'avvenuta violazione dell'art. 180, comma 8, del
d.lgs. n. 285 del 1992;
        che,  cosi'  ricostruita la vicenda sottoposta al suo vaglio,
il  rimettente  assume  che  l'art. 126-bis  del  codice della strada
darebbe  luogo  «ad  una  palese  disparita'  di  trattamento  tra  i
cittadini   destinatari   del  provvedimento»  da  esso  contemplato,
presentandosi tale norma in «contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.»;
        che  la  norma  denunciata,  in  particolare, per il «caso di
mancata  identificazione  del  conducente»  al momento dell'accertata
infrazione,  stabilisce «che la segnalazione» prevista «al fine della
decurtazione  del  punteggio  attribuito  alla patente di guida» vada
effettuata  «a  carico  del  proprietario  del  veicolo, salvo che lo
stesso  non  comunichi  entro  trenta giorni i dati personali e della
patente   del  conducente  al  momento  della  commessa  violazione»,
sanzionando,   inoltre,  «la  mancata  comunicazione  dei  dati»  con
l'applicazione  della  sanzione  di cui all'art. 180 del codice della
strada;
        che, dunque, la censurata disposizione - assume il rimettente
-  «crea  nella  pratica  corrente  una  ingiustificata disparita' di
trattamento», sia «tra coloro che sono privi di patente di guida ed i
proprietari  dei  veicoli  sanzionati  che ne sono muniti, risultando
solo gli ultimi di fatto punibili con la decurtazione del punteggio»,
sia,   inoltre,  «tra  i  cittadini  che  collaborano»  con  l'organo
accertatore e provvedono «diligentemente alle comunicazioni» (seppure
«solo  al fine di informarlo dell'oggettiva impossibilita' di fornire
i  dati  richiesti»)  e «coloro invece che omettano qualsiasi tipo di
comunicazione  rendendosi  colpevoli  di un comportamento volutamente
omissivo»;
        che   il   giudice  a  quo  deduce,  inoltre,  «la  manifesta
ingiustizia»  della norma denunciata, «in quanto per mezzo di essa il
proprietario  del veicolo per la stessa violazione subisce una doppia
sanzione»:   la   prima,   «in   quanto   responsabile   in   solido»
dell'accertata   infrazione  stradale,  la  seconda,  «per  non  aver
comunicato  i dati del conducente», e cio' «quando non sussiste alcun
obbligo  di  delazione  normativamente  imposto» e, comunque, «nessun
obbligo  di  registrazione  dei  dati» relativi all'utilizzazione dei
propri autoveicoli;
        che,   pertanto,   la   descritta   evenienza   integrerebbe,
simultaneamente,  «la  violazione  del  principio  costituzionalmente
garantito  del  diritto  di difesa», e del principio, «giuridicamente
rilevante, di eguaglianza e pari trattamento».
    Considerato  che  i  giudici  di  pace  di  Pisa e di Asola hanno
sollevato  -  in  riferimento  agli artt. 3 e 24 della Costituzione -
questione  di  legittimita'  costituzionale,  il primo, del combinato
disposto   dell'art. 126-bis,   comma 2,   del   decreto  legislativo
30 aprile  1992,  n. 285  (Nuovo  codice  della  strada),  introdotto
dall'art. 7,  comma 1,  del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9
(Disposizioni integrative e correttive del nuovo codice della strada,
a  norma dell'articolo 1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85),
nel testo risultante all'esito delle modifiche apportate dall'art. 7,
comma 3,   lettera b),   del  decreto-legge  27  giugno 2003,  n. 151
(Modifiche  ed  integrazioni al codice della strada), convertito, con
modificazioni,  dalla  legge 1° agosto 2003, n. 214, e dell'art. 180,
comma 8,   del   medesimo   d.lgs.   n. 285   del  1992,  il  secondo
esclusivamente della prima delle due disposizioni sopra menzionate;
        che,  data  la connessione esistente tra i due giudizi, se ne
impone la riunione ai fini di una unica pronuncia;
        che,  successivamente  all'emissione  delle  due ordinanze di
rimessione,  il  comma 164  dell'art. 2  del  decreto-legge 3 ottobre
2006,   n. 262   (Disposizioni   urgenti   in  materia  tributaria  e
finanziaria),      inserito      dalla      relativa     legge     di
conversione 24 novembre   2006,   n. 286,   ha  modificato  il  testo
dell'art. 126-bis,  comma 2,  del codice della strada, vale a dire la
disposizione censurata da entrambi i giudici rimettenti;
        che,  in forza di tale ius superveniens, le conseguenze della
mancata  comunicazione  dei  «dati  personali  e  della  patente  del
conducente al momento della commessa violazione» risultano oggetto di
una   nuova  disciplina,  atteso  che  in  base  al  novellato  testo
dell'art. 126-bis,  comma 2, del codice della strada il «proprietario
del   veicolo,   ovvero   altro   obbligato   in   solido   ai  sensi
dell'articolo 196,  sia  esso persona fisica o giuridica, che omette,
senza giustificato e documentato motivo, di fornirli e' soggetto alla
sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 250 a euro
1.000»;
        che,  pertanto, alla luce di tale sopravvenienza normativa si
impone  la  restituzione  degli  atti  ai giudici rimettenti, per una
rinnovata  valutazione  della  rilevanza delle questioni dagli stessi
sollevate.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina  la  restituzione degli atti al Giudice di pace di Pisa ed
al Giudice di pace di Asola.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 2007.
                         Il Presidente: Bile
                       Il redattore: Quaranta
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 2 febbraio 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
07C0121